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NONA SERIE

AVVERTENZA

Il presente volume, ottavo della nona serie, comprende il materiale relativo al periodo intercorrente tra l'indomani della dichiarazione di guerra italiana agli Stati Uniti d'America (12 dicembre 1941) ed il ritorno a Roma di Mussolini dal viaggio in Africa Settentrionale, il 20 luglio 1942. Quel viaggio aveva avuto lo scopo di consentire al capo del governo l'ingresso, alla testa delle truppe italo-tedesche, ad Alessandria d'Egitto ed al Cairo che rappresentavano l'obiettivo strategico dell'offensiva iniziata il 26 maggio. Il mancato proseguimento dell'avanzata oltre El-Alamein costrinse Mussolini, dopo molti giorni di attesa, a rientrare a Roma. Egli pensava d'essere in grado di tornare in Africa Settentrionale quando l'offensiva fosse stata ripresa, ciò che non si verificò più. Il luglio 1942 è quindi emblematicamente la data del maggior traguardo militare raggiunto sul fronte dove l'Italia aveva combattuto dal momento del suo intervento nel conflitto, ed anche quella dell'inizio del definitivo declinare delle fortune militari, che nel volgere di quattordici mesi doveva portare all'armistizio.

La documentazione inclusa in questo volume si riferisce pertanto all'ultima fase positiva della partecipazione italiana alla seconda guerra mondiale, ma tale circostanza ha scarsi riverberi sul piano politico. I rapporti con la Germania restano inquadrati nel modello di subordinazione instauratosi dall'autunno del 1940, come è puntualmente riscontrabile negli incontri diretti ad alto livello (visita di Goering a Roma a fine gennaio 1942 e incontro Mussolini-Hitler e Ciano-Ribbentrop a Salisburgo nell'aprile successivo) e nel quotidiano rapporto diplomatico. Quelli con il Giappone rimangono, come in precedenza, poco attivi, nonostante i dissapori tra Berlino e Tokio, di cui gl'italiani vengono messi al corrente dai giapponesi. Nemmeno la natura dei rapporti con gli alleati minori del Tripartito registra significativi mutamenti se si eccettua una più marcata freddezza nei confronti della Romania, per effetto della perdurante controversia con l'Ungheria, verso la quale va la solidarietà dell'Italia. Nell'area di più diretta pertinenza italiana, la Croazia, il dato saliente è costituito dalle difficoltà interne causate al nuovo Stato dal movimento di resistenza, contro il quale il comune sforzo militare italo-tedesco produce risultati limitati. È solo riguardo alla politica verso i paesi arabi che le pressioni italiane portano all'impegno delle potenze dell'Asse in favore dell'indipendenza dei paesi arabi sottoscritto nello scambio di lettere Ciano-Mufti-Gailani del 28 aprile 1942, rimasto peraltro segreto, mentre la parallela dichiarazione in favore dell'indipendenza indiana viene bloccata dalla ritrosia giapponese. Il 3 luglio seguirà, sempre su iniziativa italiana, la dichiarazione dell'Asse sull'indipendenza e la sovranità dell'Egitto.

I rapporti con i paesi neutrali, la Spagna in primo luogo, non presentano rilevanti novità: la stessa visita di Serrano Sufi.er in Italia, nel maggio 1942, ha un aspetto prevalentemente protocollare, non essendosi nemmeno sfiorato il tema della neutralità spagnola. Un certo impegno viene posto dalla diplomazia italiana, più che dal governo, nel tentativo di influire sulle decisioni della conferenza panamericana di Rio de Janeiro del gennaio 1942. I risultati sono tuttavia assai magri, poiché il mantenimento della neutralità del Cile, peraltro solo temporaneo, e dell'Argentina, più prolungato, sono principalmente effetto di fattori diversi dall'azione diplomatica ita~<ana e degli alleati del Tripartito.

Infine i rapporti colla Francia, dopo l'incontro Ciano-Darlan del 10 dicembre 1941, non hanno che sviluppi negativi, nunostante l'invio di un rappresentante politico italiano a Parigi. La questione dell'utilizzazione dei porti tuoisini, per i rifornimenti da inviare in Africa Settentrionale, si conclude nel febbraio 1942 per la netta resistenza della Francia di Vichy a farsi coinvolgere in una politica di collaborazione coll'Asse. L'unica via marittima che viene attivata è quella con la Grecia, dove viene consentito dai belligeranti che la Croce Rossa Internazionale provveda con navi svedesi a far giungere rifornimenti alimentari che allevino la difficile situazione di quel paese.

La scelta del materiale relativo a tutti questi argomenti è stata effettuata secondo i criteri generali che ispirano la raccolta. Merita di essere solo ricordato che intorno alla notizia contenuta nel documento pubblicato al n. 491 non si sono reperiti altri particolari né circa la sua provenienza né circa l'eco avuta a Roma.

2. Quanto allo stato della documentazione archivistica su cui è basato questo volume, come si è detto nelle due avvertenze precedenti, esso è soddisfacente, dopo l'opera di restauro e inventariazione dei fondi di gabinetto, né vi sono lacune che abbiano inciso sulla scelta del materiale.

I fondi dell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri da cui provengono i documenti pubblicati sono i seguenti: a) Archivio del Gabinetto del Ministro, sia della sezione ordinaria che di quella segreta; b) Archivio segreto dell'Ufficio di Coordinamento del Gabinetto; c) Archivio dell'Ufficio ArmistizioPace del Gabinetto; d) Archivio generale degli Affari Politici; e) Archivio degli Affari Commerciali; f) Raccolta dei telegrammi delle serie ordinarie (R. e P.R.) e della serie segreta (S.N.D.). L'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito -il cui direttore, generale Pierluigi Bertinaria, si ringrazia per la collaborazione prestata -ha fornito alcuni documenti di natura politicomilitare; mentre l'Archivio Centrale dello Stato ha consentito di completare in particolare la corrispondenza Mussolini-Hitler attraverso il fondo «Carte della valigia di Benito Mussolini », messo a disposizione, insieme ad altri fondi, con sollecitudine dal sovrintendente dott. Mario Serio e dai suoi collaboratori, che ugualmente si ringraziano. Dei documenti conservati in questi due archivi esterni al Ministero si è indicata ogni volta in nota la provenienza.

Una parte di questo materiale aveva visto la luce precedentemente nelle seguenti pubblicazioni non ufficiali:

-Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, a cura di V. Zincone, Milano, Rizzoli, 1946;

-L'Europa verso la catastrofe: 184 colloqui ... verbalizzati da Galeazzo Ciano,

Verona, Mondadori, 1948.

Di ciò si è data indicazione nelle note. facendo risaltare, quando esistevano, le differenze con gli originali qui utilizzati, mentre sono state trascurate altre

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pubblicazioni minori, e gli studi che hanno riportato brani dai documenti ora pubblicati in questo volume. Nessun riferimento è stato fatto ai paralleli documenti tedeschi <Akten zur Deutschen Auswartigen Politik 1918-1945, Serie E: 1941-1945, voll. I, II, III), salvo che nel caso di rinvio ad essi per qualche specifico documento, essendo tale raccolta ben nota agli studiosi come pure nota è la sua complementarità con quella italiana per molti argomenti.

3. Nella preparazione di questo volume sono stato validamente aiutato per la ricerca del materiale dal dott. Andrea Edoardo Visone, dalla dott. Micaela Di Gennaro e dalla dott. Maria Laura Piano Mortari, alle quali si deve anche la preparazione dei documenti per la stampa e la redazione dell'indice-sommario. La dott. Emma Ghisalberti ha rivisto l'intero dattiloscritto e ha predisposto la tavola metodica. La compilazione dell'indice dei nomi è stata opera della dott. Luana Micheli. La correzione delle bozze è stata effettuata dalla signora Fiorella Giordano e dalle dottoresse Antonella Grossi e Alessandra Raffa. A tutti il mio più sentito ringraziamento.

GIUSEPPE VEDOVATO


DOCUMENTI
1
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MINISTRI A BUCAREST, BOVA SCOPPA, E A BUDAPEST, TALAMO

T. 48458/639 (BUCAREST), 579 (BUDAPEST) P. R. Roma, 12 dicembre 1941, ore 0,15.

Vogliate recarvi immediatamente da codesto Ministro degli Affari Esteri e, a nome del Governo italiano, fargli presente come in seguito allo scoppio delle ostilità tra l'Italia e gli Stati Uniti d'America vengono a determinarsi le condizioni previste dal Patto Tripartito. Il Governo italiano fa appello a codesto Governo, come agli altri Stati che hanno aderito al Patto Tripartito perché esso voglia associarsi alla lotta comune che abbiamo intrapreso dichiarando guerra agli Stati Uniti d'America.

Codesto Ministro di Germania ha avuto analoghe istruzioni. Procedete pertanto d'accordo con lui e telegrafate (l).

2

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 11741/1052 R. Sofia, 12 dicembre 1941, ore 14 (per. ore 19,40).

Mio collega Germania ha ricevuto istruzioni telegrafiche intervenire immediatamente d'accordo con me presso questo Governo perché a norma del Tripartito il Governo bulgaro dichiari anche esso di trovarsi in istato di guerra con

S.U.A. e conseguentemente con l'Inghilterra.

Aggiungesi che il passo dato estrema urgenza dovrà avvenire senza attendere che il Rappresentante Diplomatico giapponese riceva da Tokio istruzioni analoghe.

In assenza istruzioni non ancora pervenutemi da Roma (2) appoggerò passo lasciando al mio collega tedesco di leggere in mia presenza a questo Ministro degli Affari Esteri telegramma a lui giunto da Berlino. Aggiungerò che non appena mi saranno arrivate le istruzioni di V. E. attese da Roma le confermerò.

(l) -Per la risposta di Talamo, vedi DD. 6 e 15; per quella di Bova Scoppa, vedi D. 5. Analoghe istruzioni vennero inviate con T. 48459/c del 12 dicembre 1941, ore l, alla legazioni a Sofia, Zagabria e Bratislavia. Per la risposta di Magistrati vedi DD. 2, 3 e 10; per quella di Casertano vedi D. 19 e per quella di Roncalli vedi D. 7. (2) -Vedi D. l, nota l.
3

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. U. S. N. D. 11740/1053 R. Sofia, 12 dicembre 1941, ore 14 (per. ore 19,40).

Seguito a mio telegramma n. 1052 (1).

Passo previsto è stato fatto ora presso questo Ministro degli Affari Esteri il quale si è fatto rilasciare copia delle istruzioni pervenute al mio collega tedesco da Berlino. È impossibile Popoff ha eccepito che contenuto della comunicazione sia immediatamente portato a conoscenza Re Boris che si trova attualmente in provincia e del Governo e ha assicurato che risposta sarà data al più presto.

Abbiamo tratto Impressione che essa non potrà essere che positiva, dopo eventuali prese di contatto di altri Stati minori del Tripartito. Quanto alla situazione tra Russia e Bulgaria essa rimarrà per ora con probabilità senza variazioni dato anche che per adesso nulla appare mutato tra Giappone e Russia (2).

4

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 11768/1182 R. Bucarest, 12 dicembre 1941, ore 23 (per. ore 7 del 13).

Telegramma di V. E. n. 635 (3).

Ho fatto al Conducator comunicazione del Duce. II Maresciallo Antonescu mi ha detto che egli è molto grato al Duce per il suo caldo messaggio. Egli farà tutto quanto è possibile per contribuire alla vittoria comune. Fin da questo mese spera portare a 30 mila numero tonnellate nafta per nostra flotta. Per 1 mesi seguenti mediante forti restrizioni che saranno messe al consumo interno spera aumentare sempre più tale quoziente. Qualora la Germania potesse costituire un deposito in Romania di 50 mila tonnellate carbone e potesse inviare una media di tre-quattro treni al giorno di tale combustibile egli potrebbe cederci fino a 60 mila tonnellate di « pacura » al mese cioè la quasi totalità della disponibilità esportabile. Prega tener presente:

1°) sacrifici che Romania farà, dato riscaldamento, ferrovie e navigazione romeni sono a base nafta;

2°) che importazione carbone tedesco produrrà crisi nella produzione della lignite romena con conseguente disoccupazione minatori;

D. -843).

3°) che la maggiore esportazione di nafta è destinata ridurre disponibilità petrolio distillato.

Naturalmente possibilità di un invio cosi cospicuo nafta deve tenersi conto anche del problema dei trasporti. Ferrovie romene hanno merci per 50 mila vagoni che non hanno potuto essere trasportate da un distretto all'altro all'interno del paese con conseguente crisi economica che si fa vivamente sentire.

Precisa che al sacrificio che farà non ha posto condizioni. Egli confida solo nella comprensione del Duce e di V. E. perché sua situazione personale venga sostenuta. Per quanto egli abbia appoggio dell'Esercito e di buona parte opinione pubblica, tuttavia opposizione capitanata da Maniu lo accusa di avere abbandonato terre puramente romene per una conquista all'Est di terra estranea al cuore romeno.

Egli confida perciò che la Germania e l'Italia lo sosterranno perché se egli fosse rovesciato e si determinasse una crisi in Romania, ciò farebbe il gioco degli anglosassoni.

Maresciallo mi ha infine precisato che egli, per quanto non abbia ricevuto richieste di concorso militare dalla Germania, sta curando ricostruzione di circa venti divisioni che desidera avere pronte per l'inizio primavera. Cura con particolare riguardo formazioni nuovi quadri dato gravi perdite umciali subite.

Per quanto riguarda fornitura materiali di guerra per rimettere tali divisioni a punto ha già ricevuto promesse di forniture dai tedeschi e confida che non gli mancherà concorso italiano. In tal modo egli potrà disporre per la causa comune di circa venti grandi unità con soldati già esperimentati alla guerra e che hanno fatto ottima prova.

Maresciallo, nel congedarmi, mi ha pregato di trasmettere al Duce ed al Suo rappresentante il suo più caldo messaggio di amico e di fedele alleato.

(l) -Vedi D. 2. (2) -In riferimento al telegramma circolare 48459 (vedi D. l) Magistrati telegrafò ancora alle ore 19,50 (T. s.n.d. 11750/1054 r. quanto segue: «Come ho informato con telegramma odierno 1053 passo è stato compiuto congiuntamente stamane da me e mio collega tedesco. Telegrafo non appena avremo risposta bulgara. Domani per le ore 12 è convocato in seduta straordinaria Il Parlamento bulgaro. È prevista una dichiarazione del Governo». Vedi D. 10. (3) -T.u.s.n.d. 48170/635 p.r. del 10 dicembre, ore 15, con Il quale D'Ajeta comunicava a Bova Scappa la risposta di Mussollni al maresciallo Antonescu (vedi serle IX, vol. VII,
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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 11742/1183 R. Bucarest, 12 dicembre 1941, ore 14,30 (per. ore 19,40).

Questo Ministro di Germania mi ha chiesto stamane associarmi ad un passo da farsi presso il Governo romeno per indurlo in armonia all'articolo 3° del patto Tripartito a dichiarare guerra agli S.U.A. Mi sono associato (1).

Il Presidente Antonescu nell'aderire all'invito rivoltogli ha dichiarato che Romania aveva legato il suo destino a quello delle potenze dell'Asse e che quindi essa non si sarebbe solamente limitata rompere relazioni diplomatiche con gli S.U.A. ma avrebbe senz'altro proceduto ad una regolare dichiarazione di guerra.

(l) Vedi D. l.

6

IL MINISTRO A BUDAPEST, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELEFONO 11731/674 R. Budapest, 12 dicembre 1941, ore 15.

Telegramma di V. E. n. 579 (1).

Mentre compivo stamane con questo Incaricato d'Affari Germania passo prescrittomi con telegramma sopracitato, stampa pubblicava comunicato ufficiale deliberazione Governo ungherese rompere relazioni diplomatiche con gli

S.U.A. e dichiarava solidarietà Ungheria con le Potenze Asse, ciò che Governo stesso ha già comunicato a questa Legazione nord-americana.

Pertanto Bardossy, anche tenuto conto avvenuto incrocio tra istruzioni circa passo in argomento e predetto comunicato Governo ungherese, ha dichiarato all'Incaricato d'Affari Germania e a me che questo Governo, considerata inverosimiglianza, del resto espressamente ammessa dalle istruzioni inviate a questa Legazione di Germania, di un apporto militare ungherese nella circostanza, riteneva aver già compiuto, per quanto può concernerlo, propri obblighi appoggio politico come pure economico già da tempo ampiamente dato [secondo gli accordi] sanciti dall'articolo 3 del Patto al quale richiesta Roma-Berlino riferiscesi. Ha altresì tenuto sottolineare assoluta spontaneità e prontezza con cui Governo ungherese nel giorno medesimo delle dichiarazioni italiane e tedesche ha voluto prendere posizione. Tanto Incaricato d'Affari Germania che io abbiamo assicurato Presidente del Consiglio che non avremmo mancato segnalare ai nostri Governi quanto dichiaratoci, pur fatte, con opportuno linguaggio, riserve del caso, specie in previsione che appoggio altre Potenze europee nella circostanza debba assumere forma unanime dichiarazione di guerra, nel qual caso peraltro Presidente Bardossy ha dichiarato riesaminerebbe posizione ungherese.

7

L'INCARICATO D'AFFARI A BRATISLAVA, REVEDIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 11744/107 R. Bratislava, 12 dicembre 1941, ore 15,40.

Telegramma di V. E. n. 48459/C (2).

Trovandosi Ministro Roncalli e collega Germania ospiti del Presidente della Repubblica Tiso nei Carpazi, ho fatto immediatamente insieme al Segretario di Legazione di Germania passo di cui al telegramma di V. E. sopracitato.

Tuka ha dichiarato che in seguito a passo suddetto Slovacchia si considera in stato di guerra con l'Inghilterra e S.U.A. a partire da oggi. Notizia verrà diffusa oggi stesso Camera dei rappresentanti con comunicato speciale. Codesto Ministro di Slovacchia riceverà istruzioni di conferma di quanto precede.

(l) -Vedi D. l. (2) -Vedi D. l, nota l.
8

IL MINISTRO A BANGKOK, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11846/179 R. Bangkok, 12 dicembre 1941, ore 20,25 (per. ore 19,45 del 14).

Governo Thai diramato comunicato per annunciare popolazione concluso nuovo accordo col Giappone basi seguenti:

l) Thailandia Giappone hanno stretto alleanza offensiva difensiva;

2) Thailandia darà Giappone cooperazione militare a ciò necessaria incluso passaggio truppe nipponiche ed altre facilitazioni;

3) Giappone garantisce rispetto indipendenza sovranità onore Thailandia. Governo Thai chiarisce aver stipulato accordo seguito maturo esame ritenendolo migliore soluzione interesse paese. Popolazione viene , assicurata Giappone amico Thailandia e comune cooperazione diretta maggiori destini paese.

9

L'INCARICATO D'AFFARI A BOGOTA, CHIOSTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11842/121 R. Bogotà, 12 dicembre 1941, ore 23,08 (per. ore 23,40 del 13).

Vostro telegramma 408/C (1).

Ho provveduto fare comunicazione questo Ministro degli Affari Esteri il quale aveva ricevuto simile comunicazione Ministro di Germania. Fatta comunicazione verbale, colloquio lungo cordiale esposto considerazioni che mi sembrano aver destato interesse specialmente per quanto concerne grande possibilità favorire mantenimento Stati Sud America fuori conflitto e garanzia rappresentata dalla presenza Italia nell'Asse. Mi ha espresso desiderio migliore possibilità riferire essenzialmente Presidente della Repubblica riassumere breve promemoria punti essenziali colloquio, ciò che ho ritenuto opportuno non rifiutare.

Impressione avuta è, come del resto già riferito, che questo Governo, pur avendone desiderio, non avrebbe possibilità sottrarsi direttive Washington e quindi intravvederebbe difficoltà rimanere estraneo eventi. Quanto riguarda decisione nostri confronti nutresi speranza poter dilazionare fino attendere deliberazioni conferenza Ministri Esteri Sud America che dovrebbe riunirsi prima decade gennaio p.v. purché non intervenga altra volontà come nel caso Giappone cui confronti non sarebbe stata presa alcuna decisione prima riunione del Consiglio mentre decisione rottura dei rapporti sarebbe stata presa per

intervento questo Ambasciatore S.U.A. seconda riunione del Consiglio e cioè stesso giorno 8 corrente.

Per mio conto non tralascio esternare in ogni occasione questi concetti formulati direttive V. E. ma qui non si tratta convincere elementi già convinti utilità rimanere estranei conflitto ma sovvertire situazione di fatto determinata da rottura comunicazioni Europa che mette questo Paese mercè Potenza vicina la quale approfittando situazione impone sua volontà; censura è sue mani, direttive propaganda derivano da lei per cui si proibisce in modo assoluto giusticare atteggiamento Tripartito valutare suoi successi per valutare invece con ogni sorta menzogne attività o inesistenti successi Potenze democratiche. Tra larghi strati sociali è sensazione grave pericolo questa politica dedizione, però tranne qualche timida eccezione nessuna reazione Governi per preoccupazioni economiche relative prestiti americani, mercato caffè, importazioni ecc.; politici timorosi per influenza dollaro perdere loro posizione; commercianti, industriali per lista nera; giornali per non perdere prebende o forniture carta.

Rapidità grande successo Giappone sembra aver dato luogo qualche meditazione ed è da sperarsi che altri maggiori avverandosi, soprattutto periodo ante inizio Conferenza e influenza Stati a politica più indipendente possano far prevalere senso pericolo avvenire sopra preoccupazioni interesse immediato.

(l) Vedi Serle IX, vol. VII, D. 848, nota l, p. 865.

10

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11782/1058 R. Sofia, 12 dicembre 1941, ore 23,10 (per. ore 7,30 del 13).

Questa sera Ministro degli Affari Esteri ha convocato me e mio collega tedesco (l) e ci ha comunicato che [per] decisione di Re Boris e del Governo unanime Bulgaria si considererà da domani in stato di guerra con Inghilterra e [Stati Uniti]. Annunzio ne sarà dato domani a mezzogiorno al Parlamento convocato in seduta straordinaria e dinanzi al quale Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro degli Affari Esteri faranno dichiarazioni. In mattinata verrà anche consegnato passaporto a questo Ministro degli Stati Uniti.

Ministro degli Affari Esteri ci ha anche pregato di far presente ai nostri Governi opportunità che Ambasciatori dell'Italia e della Germania ad Ankara non manchino di porre in rilievo presso Governo turco che entrata in guerra della Bulgaria non ha alcun significato anti-turco ed è invece applicazione integrale del Patto Tripartito. Non si vorrebbe infatti che belligeranza della Bulgaria si prestasse a qualche speculazione ad Ankara la quale è tuttora legata da alleanza all'Inghilterra. Governo bulgaro dà a sua volta istruzioni nello stesso senso al suo Ministro ad Angora. Ho espresso al signor Popoff sensi apprezzamento del R. Governo per la decisione della Bulgaria.

(l) Vedi D. 3, nota 2.

11

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 11860/0162 R. Belgrado, 12 dicembre 1941 (per. il 15).

Mio telegramma per corriere n. 0158 in data 5 corrente (1).

In conversazione odierna mio collega di Germania ha espresso anche dal canto suo opinione che situazione in Serbia può considerarsi ormai notevolmente migliorata sia dopo operazioni militari in Serbia occidentale, sia dato rafforzamento politico Generale Nedic, raggiunto anche con sconfitta o fuga Draza Mihajlovic che secondo stessa espressione di Benzler era «solo uomo che potesse essere posto di fronte a Nedic in Serbia ».

Ha notato tuttavia che mentre massa principale ribelli, per quanto si conosce, è uscita o sta tentando di uscire dal territorio, rastrellamento di quest'ultimo non si è potuto effettuare in modo completo, né sarà possibile di farlo, evidentemente, durante stagione invernale.

Ha particolarmente insistito sul fatto che attività comunisti non sarà per cessare e anzi è prevedibile che sarà intensificata durante stagione invernale. Benzler prevedeva che compito principale autorità germaniche in Serbia (e in parallelo delle autorità italiane, germaniche, croate e bulgare nei territori limitrofi) sarà sistematica azione anticomunista preventiva e repressiva, individuando e paralizzando capi comunisti, bande a loro fedeli, emissari, centri di propaganda e di irradiazione, che passano da un territorio all'altro e che sono da ritenere non soltanto mobili nei territori interconnessi della penisola balcanica, ma diretti e controllati nel loro movimento e nella loro azione dal nemico. Nel precisare tutto ciò, Benzler non ha detto certo nulla di nuovo, ma ha ripetuto una situazione che, esposta man mano nei suoi elementi e nelle possibili deduzioni, diviene ora attuale. Concordo pienamente, per quanto concerne i territori sotto nostro controllo, in tali previsioni, confermando quanto precedentemente riferito.

Ma intanto, mentre operazioni militari in Serbia vengono proclamate finite, possibilità che «i briganti» (questo è nuovo nome che vien dato ai nuclei di ribelli rimasti più o meno, in una forma o nell'altra, in tutto il paese) entrino nella città e nei vari centri abitati.

In Belgrado sono visibili vaste azioni di polizia. Un bando del Prefetto di Polizia commina severe sanzioni fino alla pena di morte a chi non denunci

-o dia rifugio a ribelli che entrino nella città. Ebrei non ancora arrestati vengono concentrati, tutti -uomini, donne e bambini -in speciali località, in attesa di altre destinazioni. Timore azione comunisti nei centri abitati va diffondendosi largamente anche nella popolazione. Secondo concetto generale (confermato anche da Ministro di Germania) azione comunista dovrebbe svolgersi sopratutto mediante attentati isolati, a mezzo di « troike » (gruppi di tre).

E ancora, mentre operazioni militari in Serbia vengono proclamate finite, è annunciata azione divisione germanica in Bosnia orientale, ave, secondo giudizio dello stesso nuovo Comandante Militare Serbia, «situazione va diventando critica» (mio telegramma n. 449 del 10 corrente) (1). Afflusso ribelli nei territori limitrofi in conseguenza operazioni germaniche era stata ampiamente prevista. Ma giova ripetere che non soltanto mancò a tali operazioni fase accerchiamento, cattura e distruzione ribelli, ma un minimo di tale fase che impedisse esodo maggioranza nelle zone limitrofe già in stato di effervescenza o di ribellione.

È difficile prevedere in quali altre direzioni si orienteranno i ribelli, nei loro ben noti sistemi di guerriglia, quando [come] annunciato continueranno deflusso ed azione in zone di minore pressione. Appare ovvia conclusione che sarà difficile avere nettamente ragione dei ribelli nei vari territori balcanici collegati e interdipendenti fra dì loro sinché non vi sia sistematica e coordinata azione tra autorità e forze in controllo nei territori stessi. Ogni azione separata non potrà che rinnovare nuovo deflusso verso altre zone.

Rafforzamento politico Generale Nedic deve essere a mio parere da parte nostra accuratamente seguito. Nella drammatica situazione serba esso è certo un elemento di molta importanza per autorità occupazione.

Ma voci smembramento Serbia (segnalato da alcune RR. Rappresentanze a codesto R. Ministero -e successivamente smentito) non solo non trovano oggi riscontro di sorta in questi ambienti germanici, ma sono nettamente in contrasto con speranze, e si potrebbe dire presupposti essenziali permanenza al potere Generale Nedic e appoggio che gli vien dato da quella che ancora oggi è una minoranza della popolazione serba.

Tali speranze e più esattamente tali aspirazioni (che variano sulle varie zone limitrofe) sono tutte, anche se Nedic è per il momento non il più moderato ma il più opportunista fra gli uomini politici serbi, sono tutte territoriali.

Il mio esame su atteggiamento autorità germaniche verso tali aspirazioni è necessariamente circoscritto a quelle periferiche, cioè a quelle locali. In base ai dati disponibili ne ho già riferito. Ho anche spesso avuto campo di rilevare -ad esempio nel settore economico -che esso apparve in contrasto con stesse direttive Governo di Berlino.

Di fatto, per il Kossovo facente parte Serbia, atteggiamento Comando Militare Serbia, scarsamente può dar luogo a dubbi. A complemento precedenti rapporti ritengo dover riferire recente caratteristico episodio. Aggravandosi situazione Novi Bazar vi furono vari contatti fra nostri Comandi interessati e Generale Bi:ihme, Comandante Militare Serbia. A tempestiva precisazione da parte nostra per immediata protezione Novi Bazar, Generale Bohme, dopo non poco imbarazzo, rispose che «anche per ragioni di prestigio » intendeva provvedere egli stesso.

Non è ancora chiaro, e credo che meriti, se possibile, di essere chiarito, se sia esatta o meno informazione insistente da varie fonti, secondo la quale

seguaci Draza Mihajlovic -durante una delle vicende delle assai poco chiare trattative -Draza Mihajlovic-Nedic -mossero verso Novi Bazar ad istigazione di quest'ultimo, per impedire che vi avanzassimo noi. Ciò avvenne esattamente in quei giorni. In ogni caso immediatamente dopo Generale Bohme effettivamente occupò con sue truppe Novi Bazar.

Debbo osservare, come dato di fatto, che «ragioni di prestigio )) non sembra abbiano mai preoccupato Comando Militare Serbia per ciò che riguarda ferrovia sulla frontiera bulgara e Nis. Come è noto, in tale zona collaborazione bulgara è da Comando Germanico bene accetta, e si svolge in territorio serbo per protezione ferrovia dalla frontiera a Nis, con reparti bulgari in questa stessa città.

(l) -Con T. per corriere 11590/0158 del 5 dicembre 1942 (per. il 9), Mameli, delineava la situazione in Serbia, non ancora pacificata da un punto di vista politico né r!soltas!, da un punto d! vista militare, con la completa eliminazione del ribelli.

(l) Non pubblicato.

12

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3681/1561. Roma, 12 dicembre 1941.

Negli ambienti vaticani si critica oramai senza reticenze l'atteggiamento di Roosevelt che, non solo non si è adoperato per evitare l'estensione del conflitto ad altri paesi, ma colla sua politica ha finito per portare in guerra il suo stesso paese. Tanto più appare condannabile questa condotta, in quanto Roosevelt, che nel Natale del 1939 stabilì contatti personali col Vaticano, lo fece sulla base di un programma diretto precisamente ad evitare l'allargamento della guerra ed a procurare, in tutti i modi, di favorire ed agevolare le possibilità di pace.

Si ritiene che l'entrata in guerra dell'America possa prolungare ancora la durata del conflitto.

L'estensione della guerra al Pacifico ed all'Estremo Oriente. tocca la Santa Sede in uno dei punti più sensibili e delicati perché quello è il campo più vasto delle missioni, ancor più vasto di quello che offre l'Africa.

Quanto al Giappone, appare come provvidenziale il fatto che proprio in quest'anno la Chiesa Cattolica si sia ivi organizzata su basi completamente indigene, mediante la sostituzione dei Vescovi non giapponesi con altri, presi dal clero indigeno, e che la Corporazione della Chiesa cattolica sia stata riconosciuta -unica tra le confessioni cristiane -dal Governo imperiale ed in tal modo ammessa a tutti i diritti civili.

Anche per la Cina, quantunque molti Vicariati Apostolici siano ancora affidati a Vicari e missionari cinesi, pure i Vescovi indigeni sono molti ed hanno un clero sul quale si può fare affidamento.

La preoccupazione più grave è per i missionari delle nazionalità con le quali i rispettivi Paesi sono in guerra. Per questi che, specialmente in alcuni ambienti, resterebbero esposti alle violenze di elementi irresponsabili, la mi

5 --Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

gliore soluzione pratica --benché la misura in sè stessa sia dolorosa -è ancora ritenuta dal Vaticano quella del loro internamento che li porrebbe in tal modo sotto la salvaguardia delle autorità (1).

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IL MINISTRO A BUDAPEST, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 11787/675 R. Budapest, 13 dicembre 1941, ore 3 (per. ore 14).

Mio telegramma n. 672 (2) e mio telespresso 9988/2038 del 10 corrente (3).

Questo Incaricato di Affari Germania che ha avuto oggi una conversazione con Arciduca Alberto è venuto riferirmi che questo, senza peraltro pregiudiziare sue note pretese dinastiche trono Ungheria, gli ha esplicitamente confermato sue attuali aspirazioni successione Reggenza.

Mentre notizie salute Reggente Horthy risultano ,stasera alquanto migliorate, Arciduca Alberto ha assicurato suo interlocutore che stato salute Capo dello Stato Ungherese sarebbe stato espressamente esagerato allo scopo di impostare in forma risolutiva questione successione.

Valutazione Arciduca Alberto anche a parere Incaricato d'Affari Germanico sembrerebbe tanto più attendibile che come sono andato segnalando questione stessa è stata certamente in questi ultimi tempi, seppure con dimessa prudenza, attualizzata, e che ha avuto testè qualche ripercussione pur in parlamento mediante interrogazione del l o corrente, rimasta peraltro senza risposta, del deputato nazional-socialista indipendente, Mezgo che ha esplicitamente indicato Stefano Horthy come eventuale successore.

Incaricato di Affari Germania mi ha fatto intendere che per quanto Berlino non abbia finora preso posizione nella questione, candidatura Arciduca Alberto alla reggenza non sarebbe ivi mal vista. mentre anche in suo recente colloquio con questo Ministro di Germania Fuhrer non si sarebbe mostrato proclivo candidatura Stefano Horthy.

Poiché predetto Incaricato d'Affari ritiene questione potrebbe essere posta da un momento all'altro, e in considerazione evidente convenienza politica Ungheria, qui attribuita da molti, risolverla non senza una opportuna intesa con Roma e con Berlino, mi ha detto che telegrafa genericamente proprio Governo per conoscerne pensiero, pregandomi per mia parte fare altrettanto.

Soggiungo per opportuna conoscenza di V. E. che stesso Incaricato d'Affari mi ha fatto accenno eventualità soluzione totale questione trono con unione personale corona croata e ungherese in un Principe italiano, soluzione già d'altra parte a suo tempo prospettata come segnalai con mio telegramma per corriere n. 0202 del 20 maggio scorso (4). Mi sono astenuto rilevare accenno.

lO

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussol!ni. (2) -T.u. 11683/672 r. dell'H dicembre. ore 19,05, non pubblicato: riferiva circa lo stato di salute di Horthy, ricoverato in clinica. (3) -Non rinvenuto. (4) -Vedi Serle IX. vol. VII, D. 145.
14

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11824/617 R. Buenos Aires, 13 dicembre 1941, ore 13,59 (per. ore 7,30 del 14).

Ho fatto a questo Ministro degli Affari Esteri comunicazione di cui al telegramma di V. E. n. 407/C (l) nella forma e nel tono prescritto. Ministro degli Affari Esteri ne ha preso atto e mi ha detto che Governo argentino avrebbe questa sera o domani emanato un decreto nel quale sarebbe stato stabilito che nel conflitto fra S.U.A. e Potenze del Patto Tripartito, S.U.A., in virtù degli impegni assunti nelle varie conferenze panamericane, sarebbero stati considerati «non belligeranti », mentre alle Potenze non americane si sarebbe applicato decreto di neutralità del settembre 1939.

Ho osservato che non mi pareva che per semplice dichiarazione stato di guerra fra S.U.A. e Italia dovessero entrare in gioco accordi panamericani giacché Italia nel dichiarare di «considerarsi» in stato di guerra con S.U.A. non aveva commesso alcun atto di aggressione. Mi ha risposto che risoluzioni Avana non solo contemplavano aggressioni vere e proprie ma anche tutto ciò avrebbe potuto condurre a atti di ostilità. Ha poi aggiunto: «Ciò che noi sopratutto desideriamo è che guerra non sia, sotto alcuna forma, portata in Argentina. Vogliamo che numerosa e stimata colonia italiana che gode qui di larga ospitalità e simpatia continui a mantenere una condotta degna e obiettiva. Non vogliamo che movimenti interni, dimostrazioni, organizzazioni di quinte colonne ecc. ci procurino malintesi con altro Paese continente. Se cosi sarà credo che situazione attuale non sarà affatto modificata». Ho risposto che per quanto era in me potevo assicurarlo che ero sicuro della correttezza della grandissima maggioranza miei connazionali ma che d'altra parte volevo poter continuare a informare V. E. che Governo argentino persisteva a una linea di condotta obiettiva e neutrale. Egli mi ha detto che ne era sicuro e che sperava che avremmo potuto insieme continuare a fare opera efficace di collaborazione fra i due Paesi. Quanto alla conferenza di Rio de Janeiro il signor Ruiz Guinazu mi ha detto che fino a questo momento la sua data precisa non era stata ancora stabilita ma che credeva che essa avrebbe avuto luogo prima decade di gennaio. Circa ordine del giorno della stessa non aveva avuto ancora comunicazione ufficiale ma che se possibile appena in suo possesso me ne avrebbe fatto prendere visione confidenziale.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELEFONO 11788/678 R. Budapest, 13 dicembre 1941, ore 17,40.

Mio telegramma n. 674 (2). Presidente del Consiglio che ho visto stamane, mi ha dichiarato che anche

tenuto conto pos1z10ne assunta altri Stati aderenti Patto Tripartito, ha dato istruzioni Ministro d'Ungheria Roma e Berlino precisare rispettivi Governi che Governo ungherese interpreta propria dichiarazione solidarietà con Potenze Asse nei confronti Stati Uniti d'America nel senso più lato e cioè inclusiva dichiarazione di guerra Ungheria contro confederazione nord-americana. Mi ha espressamente pregato darne esatta conferma R. Governo.

Ho informato quanto precede mio collega Germania di ritorno oggi da Berlino che, a seguito istruzioni suo Governo cui lasciavami di unirmi, avrebbe dovuto compiere oggi stesso nuovo passo per sollecitare dichiarazione di guerra Ungheria contro Stati Uniti d'America, superato ormai, da precisazioni Presidente del Consiglio sopracitate.

(l) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 848. (2) -Vedi D. 6.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.s.N.D. 11812/926 L Madrid, 13 dicembre 1941, ore 18,15 (per. ore 20,30).

Mio rapporto :n. 9224/3211 (1).

Ministro Affari Esteri che ho visto oggi mi ha detto come non si attendesse per ora improvvisa dichiarazione di guerra Giappone e come ne sia stato pertanto sorpreso ed anche preoccupato per motivi già enunciati nel mio rapporto succitato. Ora però egli considera situazione con calma ed ottimismo. È certo infatti:

l) che Inghilterra con entrata Giappone conflitto riceve maggior colpo che abbia avuto dall'inizio della guerra;

2) che convogli armi e viveri ad essa diretti da America diraderanno o cesseranno del tutto; 3) che a Russia non potranno pervenire altro che aiuti saltuari ed insufficienti; 4) che truppe Caucaso non potranno essere dislocate su altri fronti;

5) che flotta americana dovendo proteggere coste americane non potrà unirsi alla britannica;

6) che australiani dovranno difendere loro terra e non più combattere 1n Cirenaica ed altrove. Atmosfera londinese già riflette nuova situazione ed Incaricato d'affari spagnuolo Londra afìerma nei suoi telegrammi che se per il passato popolazione si è mantenuta calma dando prova grande coraggio adesso è abbattuta e sfiduciata vedendo che cerchio che stringe Gran Bretagna a poco a poco inesorabilmente si chiude.

Passando poi a questo paese, Serrano ha dichiarato che al momento opportuno Spagna è in grado far sentire sua voce e dettare condizioni. A tale riguardo ha detto Ambasciatore degli U.S.A. che, come spesso ho rilevato nei rapporti

e telegrammi miei, è stato intransigente ed anche insolente, si mostrava invece grandemente sconfortato nel portare ieri a Ministero Affari Esteri nota verbale con cui comunicava ufficialmente stato di guerra tra Asse e sua Nazione.

Quanto ad eventuale blocco America, che verrebbe impedire rifornimento Spagna in benzina ed altre materie prime, Serrano ha detto in tal caso sarà possibile trasportare petrolio grezzo da Venezuela e farlo raffinare nelle raffinerie che Spagna possiede nelle Canarie. Circa grano che dovrebbe pervenire da Argentina Ministro Affari Esteri ha affermato speranza che Stati Sud America non entrino in guerra ed ha rilevato come tali Nazioni già abbiano dato un passo indietro e non si dimostrino oggi così propense accordarsi politica nord americana.

Ho chiesto infine a Serrano se e come egli consideri che recenti avvenimenti possano influire su posizione Spagna di fronte conflitto. Egli mi ha detto che, almeno in un primo tempo, nuova situazione non dovrebbe modificare atteggiamento Spagna, ma che evidentemente questo Paese non potrà sottrarsi fronte unico europeo, quando rviluppi guerra su fronte medesimo lo esigeranno.

(l) Non rinvenuto.

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L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11847/342-344 R. Santiago, 13 dicembre 1941, ore 20,02 (per. ore 18 del 14).

V. -E. n. 407/C (l) mi ha assicurato che egli rendesi completamente conto motivi nostra dichiarazione di guerra S.U.A., confermandomi che egli conosce da tempo manovre provocatrici Roosevelt (mio telegramma n. 341) (2).

Mi ha detto che pressioni nord-americane allo scopo di ottenere che il Governo cileno faccia qualche cosa di più oltre dichiarazione sua solidarietà e non riconoscimento belligeranza S.U.A. (mio telegramma n. 333) (2) divengono giornalmente più energiche e più dure sotto minaccia privare Paese rifornimenti essenziali, dei quali già scarseggia perché imprevidentemente non è stata sino ad ora presa alcuna misura a questo riguardo per conservare riserve merci materie prime. Inglesi e nord-americani giuocano su tale pericolo che si fa già sentire in zone minerarie, ove, se lavori dovessero sospendersi, migliaia operai resterebbero senza lavoro e senza mezzi mettendo tn serio pericolo ordine pubblico. Egli assicurami che sino ad ora è riuscito superare tali pressioni e che cerca guadagnare tempo. A tale scopo e perché ogni decisione in materia sia presa con massima prudenza e ponderazione ha già ottenuto che eventuali decisioni futura conferenza Cancellieri non possano essere esecutive Cile senza approvazione del Capo dello Stato. Credo cosi poter giungere fino a gennaio sperando che nel frattempo Giappone riesca distruggere buona parte potenza nord-americana Pacifico sminuendo così loro pretese verso America del Sud.

Intanto ha disposto che decreto relativo non belligeranza che sarà pubblicato in seguito entrata in guerra Asse Roma-Berlino con S.U.A., sia, a differenza di quello fatto per Giappone, privo di qualsiasi motivazione e apprezzamento che possa apparire non amichevole o scortese verso noi ed ha convinto sino ad ora suo Governo astenersi, contrariamente a quanto è stato fatto in Brasile e che teme sia fatto anche in Argentina, bloccare crediti sudditi dell'Asse Roma Berlino.

Se tutto si svolge secondo i suoi piani egli crede poter ottenere che Cile, e forse anche Argentina, non si allontanino anche in seguito Conferenza Cancellieri da attuale loro posizione verso Asse Roma Berlino. Mi ha pregato altresì ripetere V. E. che per sua profonda affezione e simpatia verso Italia, indirizzerà sempre sua opera Governo a conservazione perfetti cordiali rapporti fra l'Italia ed il Cile (l).

(342) -Rossetti cui ho fatto comunicazione contenuta nel telegramma di (l) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 848. (2) -Non pubblicato.

(344) Da qui ad allora cercherà tenere a bada S.U.A. con qualche concessione formale, come ha fatto per recente ratifica accordi interamericani cui non poteva più esimersi. e che del resto Cile ha ratificati per ultimo.

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IL MINISTRO A LA PAZ, MARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11838/82 R. La Paz, 13 dicembre 1941, ore 21,36 (per. ore 9 del 14).

Telegramma circolare 408 (2).

Atteggiamento questo Governo cauto nei primi tempi già non si può considerare neutrale. Anche secondo autorevolissimo informatore amichevole decisione subisce influenza maggioranza questi Rappresentanti diplomatici America Latina generalmente concordi nel dichiarare azione giapponese ha reso inevitabile applicazinone accordo Avana.

Dal canto suo è spinto da nota dottrina due agosto o da tradizionalismo questa politica estera; necessità rapporti di commercio con gli S.U.A.; promessa prestito americano e speranza ottenere vantaggi prossima conferenza panamericana.

Dai miei colloqui con questo Ministro degli Affari Esteri emerge:

0 ) vivo rammarico per la nuova situazione con l'Italia verso la quale permangono simpatie tanto [che] militari sperano ancora poter conservare nucleo ufficiali;

2°) già possibile sforzo è stato fatto resistendo pressione americana diretta far rompere subito relazioni e rinviando decisioni in proposito dopo la conferenza Rio De Janeiro;

3°) sua opinione che tale riunione porterà almeno generale rottura relazioni diplomatiche.

Continuo comunque azione secondo direttive.

(l) -Vedi la. risposta di Ciano al D. 30. (2) -Vedi Serie IX, vol. VII, D. 848, nota l, p. 865.
19

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. u. s. N. D. 11811/701 R. Zagabria, 13 dicembre 1941, ore 23 (per. ore 7 del 14).

Riferimento telegramma circolare 48459 del 12 dicembre (1). Conforme istruzioni ricevute mi sono recato ieri dal Poglavnik con Ministro di Germania per esporgli richiesta di cui al telegramma di V. E. sopracitato.

Poglavnik ha aderito senz'altro e deciso dare particolare significativa forma alla dichiarazione di guerra all'Inghilterra e Stati Uniti d'America. Domani mattina infatti ore 10,30 egli riunirà Consiglio dei Ministri che procederà dichiarazione di guerra, approvando seguente mozione:

«In seguito continui attacchi Stati Uniti d'America contro grandi potenze Patto Tripartito è stato dichiarato 8 dicembre stato di guerra tra Giappone da una parte e Stati Uniti, come pure Gran Bretagna, dall'altra, e dal 10 ultimo scorso anche Germania e Italia si trovano in stato di guerra con Stati Uniti d'America. Governo Stato Indipendente Croazia, fedele alla lettera e allo spirito Patto Tripartito, cosciente della necessità di una completa solidarietà che lega strettamente Stati europei nella lotta contro tentativo delle plutocrazie inglese e americana di ridurre Europa in schiavitù, e tenendo conto atteggiamento ostile Governo Gran Bretagna e Stati Uniti nei riguardi popolo e Stato, si stringe alle grandi Potenze del Patto Tripartito e dichiara che da oggi Stato Indipendente Croazia si considera in stato di guerra con Gran Bretagna e con Stati Uniti».

Subito dopo Poglavnil{ scenderà nella sottostante piazza e passerà in rassegna legione volontari croati destinata fronte russo e partente per l'Italia.

Detta legione si troverà schierata con reparti d'onore italiani, germanici e croati. Da parte italiana interverrà una compagnia Camice Nere del battaglione «M» di Karlovac.

Poglavnik terrà allocuzione e assisterà quindi allo sfilamento delle predette formazioni militari.

20

IL MINISTRO A LIMA, CAPANNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11852/252 R. Lima, 13 dicembre 1941, ore 23,15 (per. ore 20,45 del 14).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 407/C (2).

Giovedì 11 corrente con nota ufficiale ho informato questo Governo che l'Italia si considera in stato di guerra con gli Stati Uniti d'America ed oggi ho esposto verbalmente a questo Ministro Affari Esteri considerazioni conte

nute nel telegramma citato. Il Ministro ha mostrato gradire in modo particolare nostri sentimenti lealtà per il continente latino-americano e mi ha assicurato che il Perù per parte sua non ha motivo e non intende adottare atteggiamento che sostanzialmente vada a nostro danno; ha tenuto confermarmi che la stima meritatamente goduta nel paese dagli italiani residenti ed il loro attuale ottimo comportamento ha reso possibile non dover disporre alcuna speciale misura restrittiva (parziale blocco bancario disposto per i sudditi giapponesi non è stato esteso agli italiani e tedeschi), ed infine mi ha informato che non è ancora prevista eventualità cambiamento relazioni con l'Italla e gli italiani. Le affermazioni del Ministro degli Affari Esteri trovano finora conferma nei fatti: Ambiente appare tranquillo e nulla d'importante sembra per ora mutato nei riguardi nostri. Stampa quotidiana autorevole si è limitata stigmatizzare così detta [aggressione] Giappone e mettere in evidenza solidarietà Perù con Stati Uniti e desiderio collaborare difesa continente in base accordi Avana mentre soltanto stampa estremista richiede venga assunto contegno nettamente bellicoso contro le potenze Asse. Conoscendo posizione difficile Perù di fronte forti pressioni nord americane (senza conferma si assicura divisione navale sia ferma in prossimità acque territoriali Perù) sono convinto che questo Governo non potrà evitare far sue le decisioni che vengano prese prossima riunione Rio Janeiro e che oltre cooperare con Stati Uniti d'America concedendo eventuale uso porti basi militari, Perù dovrà dare a Washington impressione di una più stretta collaborazione assumendo almeno formalmente posizione più rigida

o più ostile nei nostri rapporti anche se in definitiva cercherà di far sì che la situazione di fatto resti per noi la stessa nei limiti del possibile (1).

(l) -Vedi D. 1 nota 1. (2) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 848.
21

IL MARESCIALLO DEL REICH, GOERING, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. (TRADUZIONE). Berlino, 13 dicembre 1941.

Vi ringrazio molto sinceramente per la Vostra dettagliata lettera (2) relativa alla nota questione che in tal modo ha trovato la sua completa sistemazione. Vi ringrazio specialmente per l'energia con cui Voi avete così rapidamente svolto l'inchiesta sulla cosa (3).

22

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S. N. D. 48699/752 P. R. Roma, 14 dicembre 1941, ore 2.

Questa Ambasciata del Giappone ha informato che suo Governo ha dato istruzioni a tutte le sue Rappresentanze dell'America Latina (eccettuati gli Stati

dell'America Centrale) di svolgere ogni opportuna azione per persuadere rispettivi Governi presso cui sono accreditati della necessità di mantenere neutralità. Ambasciata ha richiesto che istruzioni siena date anche alle nostre Rappresentanze allo scopo di fiancheggiare azione e passi giapponesi al riguardo.

Ciò premesso, informate codesto Ministero Esteri che tutte le nostre Rappresentanze nell'America Latina (ad eccezione Messico, Uruguay, e America Centrale) hanno già avuto istruzioni (l) di svolgere ogni possibile azione in questo senso, in collaborazione coi loro colleghi giapponesi (2).

(l) -Vedi la risposta d! Ciano al D. 28. (2) -Vedi serle IX. vol. VII, D. 816. (3) -Il presente documento reca Il visto di Mussolini.
23

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 414/753 R. Roma, 14 dicembre 1941, ore 12.

In occasione entrata in guerra Giappone, Governo mancese si è, come vi è noto, limitato a redigere e pubblicare una semplice dichiarazione solidarietà con Impero nipponico.

Vi è anche noto che da parte nostra e tedesca è stata immediatamente sollecitata presso tutti gli Stati aderenti al Tripartito una presa di posizione nei confronti degli Stati Uniti identica a quella adottata dall'Italia e dalla Germania: cioè una dichiarazione di stato di guerra (3).

Ciò premesso, effettuate subito, d'accordo con vostro collega tedesco, che ha ricevuto istruzioni analoghe, un passo presso Ministro Esteri Togo, cui prospetterete convenienza che anche Manciukuo assuma una più netta presa di posizione e che sia svolta in conseguenza da parte nipponica ogni opportuna azione e pressione in questo senso presso Governo Hsin-King.

Non sfuggirà al Governo giapponese l'importanza di un perfetto allineamento di tutte le Potenze aderenti al Tripartito in una politica comune nei confronti degli Stati Uniti e la conseguente necessità di provocare anche da parte del Manciukuo l'adozione di quello stesso atteggiamento che Roma e Berlino hanno immediatamente suggerito agli aderenti europei del Patto stesso.

Datemi notizia telegrafica dell'esito dei vostri passi (4).

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IL MINISTRO A Ql!ITO, SCADUTO MENDOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11863/83 R. Quito, 14 dicembre 1941, ore 19,56 (per. ore 14,30 del 15). Telegramma circolare di V. E. n. 408 (5).

Ho rimesso questo Ministero Affari Esteri comunicazione circa stato di

(-4) Per la risposta di Indelli vedi D. 32.

guerra tra l'Italia e U.S.A. e nella lunga amichevole conversazione seguita mi sono espresso secondo le istruzioni di V. E. accennando anche contraddizioni tra tesi antiaggressionista U.S.A. e sua mancata applicazione conflitto Equatore-Perù.

Ministro Affari Esteri ha ringraziato della comunicazione e mi ha esposto punto di vista ufficiale questo Governo il quale considera Giappone aggressore ed Equatore obbligato contribuire difesa continente ed è dolente che l'Italia si sia unita Giappone contro cui Equatore ha già preso misure precauzionali quali internamento sudditi qui residenti per impedire temuti atti di sabotaggio. Ho replicato sottolineando provocazioni U.S.A. e rilevando che comunque è fuori questione pretesa aggressione continente la sola considerata dagli impegni interamente americani.

Dopo aver svolto argomentazioni di V. E. e trattato aspetti particolare situazione Equatore-Perù, ho riportato impressione che questo Ministro Affari Esteri resistendo forti pressioni americane e violenta campagna stampa cercherà limitarsi per il momento adesione massima S.U.A., procrastinando decisioni sostanziali fino Conferenza Rio de Janeiro gennaio p.v. a meno che pressioni di cui sopra fiancheggiate da dimostrazioni piazza e larvate minaccie stabilità Governo non lo facciano recedere da queste linee di condotta che mirano anche portare Rio Janeiro sua vertenza col Perù.

Sebbene questo Governo sembra proporsi approfittare situazione per risolvere vertenza Perù, stamane ha ritenuto doveroso dare parziale soddisfazione

U.S.A. sopprimendo giornali pro-totalitari e Agenzia Transocean e non è da escludere che a Rio de Janeiro finiscasi col cedere pressioni U.S.A. contentandosi ancora una volta vaghe promesse.

Conto rivedere presto Ministro Affari Esteri e intanto continuo svolgere ogni possibile azione presso alcuni altri membri Gabinetto e Commissioni Affari ESTERI,

(l) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 848. (2) -Per la risposta di Indelll vedi D. 31. (3) -Vedi D. l e D. l, nota l. (5) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 848, nota l, p. 865.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. U. U. PER TELESCR. 11866/2297 R. (l). Berlino, 15 dicembre 1941, ore 17,30.

Dopo un breve colloquio tra il Ministro Von Ribbentrop l'Ambasciatore Oshima e il sottoscritto, al quale in un secondo tempo hanno preso parte il Maresciallo Keitel, il Grande Ammiraglio Raeder e il Maresciallo Milch, ha avuto luogo una riunione plenaria con l'intervento di numerosi alti ufficiali e funzionari del Ministero degli Affari Esteri nonchè delle Sottocommissioni militari ed economiche dei tre paesi.

Le Sottocommissioni italiane erano composte come segue: per la parte militare generale Marras, il comandante De Angelis, il Colonnello Teucci e il Maggiore Casperi, per la parte economica il Barone Schmidt-Mueller, il Comm. Notarangeli ed il Maggiore Perego. Le Sottocommissioni tedesche erano presie

dute rispettivamente dal Vice Ammiraglio Groos e dal Direttore ministeriale

Wiehl.

La cerimonia, svoltasi nel nuovo salone centrale dell'Auswartiges Amt, ha

rivestito un carattere di solennità. Il Ministro Von Ribbentrop ha pronunciato

un breve discorso di introduzione, rivolgendo un saluto al Giappone, testé en

trato in lotta a fianco delle Potenze dell'Asse, e sottolineando l'importanza del

lavoro che le commissioni del Patto Tripartito sono chiamate a svolgere, allo

scopo di sviluppare la collaborazione itala-tedesco-giapponese nello stesso senso

di quella italo-tedesca, già in atto da un anno e mezzo.

Il Maresciallo Keitel ha rivolto un caloroso saluto alle forze armate nippo

niche, mettendo in rilievo i grandiosi successi riportati in questi primi giorni

di guerra.

Invitato dal Ministro Ribbentrop a parlare a mia volta, ho sottolineato come la collaborazione fra i tre paesi, la quale risulterà potenziata dall'attività della commissione del tripartito, riunisca idealmente i diversi fronti della guerra in uno solo, in quanto il comune nemico viene contemporaneamente combattuto in Russia, nel Mediterraneo, in Libia e nell'Oceano Pacifico.

Infine l'Ambasciatore Oshima, nel ringraziare il Ministro degli Affari Esteri del Reich, il Maresciallo Keitel, e me, ha espresso la sua certezza nell'esito favorevole della guerra, dichiarando che il suo Paese non cesserà la lotta prima di aver conseguito la vittoria definitiva.

Successivamente il Ministro Von Ribbentrop ha preso nuovamente la parola, definendo come segue i compiti della Commissione. La Commissione del Patto Tripartito, composta dal Ministro degli Esteri e dai due Ambasciatori, ha lo scopo di trattare in sede politica i problemi inerenti alla condotta comune della guerra. Le sottocommissioni militari ed economiche fungono da organi consultivi della commissione. Occorre quindi aver cura che esse non interferiscano con l'attività degli organi tecnici cui spetta la responsabilità delle decisioni nei diversi campi. Ciò anche allo scopo di evitare doppioni ed eccessivo lavoro burocratico e di conservare viceversa ai lavori un carattere essenzialmente pratico.

Il Ministro Von Ribbentrop ha concluso annunciando che da parte sua farà immediatamente predisporre da parte delle sottocommissioni tedesche una serie di proposte concrete sull'attività da svolgere. Su mia proposta è stato deciso che altrettanto faranno le sottocommissioni italiana e giapponese. Il risultato di questo lavoro preliminare sarà sottoposto nel più breve tempo possibile al Ministro Von Ribbentrop, all'Ambasciatore Oshiu.:t ed a me.

Da parte tedesca è stato espresso anche il desiderio che il coordinamento dei lavori delle commissioni delle tre Capitali alleate sia fatto a Berlino. L'Auswartiges Amt invierà un verbale della riunione all'Ambasciatore Von Mackensen, che lo rimetterà a V. E.

Da parte mia, mentre mi riservo di riferire più dettagliatamente per corriere, sarò grato a V. E. se vorrà farmi pervenire le istruzioni del caso, in relazione alle proposte che le sottocommissioni italiane dovranno presentare.

Dopo la cerimonia ha avuto luogo alla R. Ambasciata una colazione, cui ha partecipato fra gli altri l'Ambasciatore Oshima. Il Maresciallo Keitel si è scusato di non potervi partecipare, dovendo partire immediatamente per ragioni del suo ufficio.

(l) Il numero di protocollo di part,cnza registrato sul telegramma (2291) è chiaramente errato.

26

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON IL CAPO DEL GOVERNO CROATO, PAVELIÉ (l)

VERBALE (2). Venezia, 15 dicembre 1941, ore 16-18 <3).

Durante il colloquio con Pavelié sono stati discussi i seguenti argomenti:

Situazione del Governo di Pavelié. Il Poglavnik ha detto che nelle zone non infestate dalla guerra, i poteri dello Stato si stanno gradualmente organizzando ed affermando. I problemi più urgenti vengono affrontati e principale tra essi quello degli ebrei. Questi che, alla presa del potere da parte degli Ustascia erano 35 mila, adesso sono ridotti a non più di 12 mila (il giovane Kvaternik spiega questa diminuzione con la parola << emigrazione » accompagnata da un sorriso che non lascia adito a dubbi). A parte il movimento comunista e l'azione dei cetnici di cui si parlerà oltre, Pavelié vede con relativa tranquillità l'atteggiamento della popolazione. Il clero cattolico, particolarmente influente in Croazia, tiene un atteggiamento molto favorevole nei suoi bassi ranghi e meno nelle più alte gerarchie. Alcuni fra i Vescovi sono apertamente ostili.

Rapporti con la Germania. Ho messo al corrente Pavelié di quanto mi era stato detto da Ribbentrop nel recente colloquio di Berlino (4). Il Poglavnik ha dichiarato che Ribbentrop si era espresso analogamente anche col Ministro Lorkovic. In realtà in questi ultimi tempi l'azione ufficiale della Germania in Croazia è di gran lunga diminuita di intensità: in certi settori può dirsi scomparsa. La Gestapo ha confinato la sua attività alla sorveglianza di elementi tedeschi e anche la missione militare residente in Zagabria, numericamente ridotta a termini esigui, non svolge alcuna attività preoccupante. Il Poglavnik si dimostra quindi meno preoccupato nei confronti della Germania di quanto non lo fosse una volta e ciò può dargli mano maggiormente libera per la sua politica nei confronti dell'Italia.

Mi ha parlato anche della questione delle minoranze tedesche. Egli esclude che lo Statuto loro concesso possa metterle in condizioni di costituire uno Stato nello Stato e comunque di formare un polo di attrazione verso elementi croati non di origine tedesca. A suo dire si verificherebbe il contrario e cioè che rappresentanti di molti villaggi abitati da popolazioni etnicamente germaniche sono andati da lui per essere esentati dal far parte delle minoranze tedesche.

Rapporti con Paesi vicini. L'Ungheria, dopo la presa di possesso del Medjomurje, continua a svolgere una politica non amichevole verso la Croazia. È evidente che nella mente degli Ungheresi vive ancora l'idea della Corona di Santo .Stefano. È di pochi giorni il discorso del Cardinale Seredji nel quale è stato detto che un giorno non lontano si farà l'unione di tutti gli ungheresi di lingua non magiara: con queste parole si confermano le rivendicazioni sui territori della Corona di Santo Stefano, a cominciare naturalmente dalla Croazia. Ciò è assurdo, perché nessuna forza al mondo potrebbe fare accettare al

popolo croato una soluzione del genere: Pavelié dice che se egli stesso parlasse di una incorporazione della Croazia nella Corona di Santo Stefano, non resterebbe al potere nemmeno ventiquattro ore.

Con la Bulgaria i rapporti sono buoni e altrettanto buoni sono con la Romania e con la Slovacchia, paese col quale esistono particolari e tradizionali vincoli di affinità e di solidarietà.

Relazioni con l'Italia. Il Poglavnik ha lungamente parlato sulla questione dei poteri civili nella seconda zona. Egli ritiene che la retrocessione, almeno parziale, di tali poteri alle autorità croate varrebbe ad intensificare l'azione di avvicinamento tra la Croazia e l'Italia. Mentre egli esprime gli elogi più vivi del comportamento e dell'azione delle nostre truppe, non ritiene che molti ufficiali, particolarmente di grado subalterno, abbiano la capacità per esercitare poteri civili in paesi di cui non conoscono né persone, né lingua, né costumi. Aggiungo però che su questi argomenti il Poglavnik più che avanzare delle richieste precise si è limitato ad esporre quello che è il suo punto di vista sulla situazione. Indipendentemente però dal fatto dei poteri civili, egli è convinto della necessità di usare la maniera forte nei confronti dei cetnici e dei comunisti e di procedere nei loro riguardi ad operazioni decisive durante il corso dell'inverno: ritardando ulteriormente, si arriverebbe all'epoca in cui i boschi si raffoltiscono, diventando asilo naturale e comodo per qualsiasi reparto ribelle e rendendo le operazioni estremamente difficili e costose per chi volesse affrontarle. Egli raccomanda inoltre di rafforzare i nostri contingenti militari sopratutto nella zona della Bosnia meridionale e del Montenegro, perché è là che egli attende le più pericolose sorprese.

Nessun cambiamento, per quanto concerne la questione monarchica. Pavelié, e con lui l'assoluta maggioranza dei Croati, è convinto della necessità della monarchia ed è contento che la Corona sia affidata ad un Principe di Casa Savoia. Ritiene che bisogna scegliere con molta prudenza il momento dell'arrivo del Re a Zagabria. Per ora non è il caso di parlarne. Il Re dovrà giungere in Croazia quando lo Stato avrà cominciato a funzionare attraverso i suoi organi normali. Forse il momento più indicato sarebbe il giorno della pace, ma poiché tutto ormai lascia prevedere una guerra di lunga durata, si potrà considerare l'utilità di accelerare l'avvento del Sovrano. Comunque non è il caso di parlarne fino alla prossima estate.

Pavelié ha parlato infine di quanto viene fatto nei differenti settori per determinare un crescente avvicinamento della Croazia all'Italia. Su alcuni punti riferirò verbalmente. Questione principale è per il momento l'introduzione della lingua italiana, accanto alla lingua tedesca, quale lingua obbligatoria nelle scuole croate. Ciò è già stato fatto in numerosi Istituti. All'Accademia Militare il 65% degli allievi ha optato per la lingua italiana ed il 35 per la tedesca.

Un problema difficile è rappresentato dalla scarsità di insegnanti. Pavelié desidererebbe che ne venissero mandati dall'Italia purché si trattasse di elementi di razza italiana e non di croati dell'Istria o peggio ancora di sloveni.

Per le molte questioni economiche, commerciali, ecc., che hanno formato oggetto di discussione nei successivi colloqui con Pavelié e con i suoi collaboratori, è tenuta nota in un distinto verbale Ol.

ALLEGATO

RIUNIONE DELLE DELEGAZIONI ITALIANA E CROATA

VERBALE (1). Venezia, 15 dicembre 1941, ore 18-19,30.

Sono presenti da parte italiana:

il Conte Galeazzo Ciano, Ministro degli Affari ESTERI,

il Conte Giuseppe Volpi, Presidente della Commissione Permanente Economica Italo-Croata; il Ministro Plenipotenziario no b. Luca Pietromarchi; il R. Ministro a Zagabria Raffaele Casertano;

Sono presenti da parte croata:

il Dr. Ante Pavelic, Poglavnik di Croazia;

l'Ecc. Mladen Lorkovic, Ministro degli Affari ESTERI,

l'Ecc. Vladimiro Kosak, Ministro delle Finanze;

l'Ecc. Mirko Puk, Ministro della Giustizia;

l'Ecc. Stjepo Peric, Ministro di Croazia a Roma.

Il Poglavnik, accennando alla attuale scarsità di mano d'opera in Croazia, dichiara che sono stati mandati in Germania ben 70 mila operai. In genere essi sono soddisfatti del trattamento che ricevono; si lamentano però che non hanno molto da mangiare. Al momento del loro invio in Germania v'era in Croazia parecchia disoccupazione: adesso invece occorrerà fare ritornare una parte degli operai che si trovano in Germania.

Viene chiesto ai croati a quanto ammonti la loro circolazione monetaria. Viene indicata la cifra di 7 miliardi e mezzo di cune. Il Conte Volpi osserva che si tratta di una massa notevole, dato che essa è stata emessa nel giro di soli quattro mesi. Il Ministro delle Finanze Kosak fa rilevare che l'emissione è avvenuta tutta al momento del cambio del dinaro, che è stato cambiato alla pari. La Jugoslavia con circa 16 milioni di abitanti aveva una circolazione di 16 miliardi e mezzo di dinari; la Croazia, con 7 milioni di abitanti, ha una circolazione di 7 miliardi e mezzo di cune. Attualmente la cuna è cambiata a dinari 1,40. Questo miglioramento della cuna è dovuto in gran parte al successo del prestito interno di 2 miliardi di cune, che è stato sottoscritto in quattro ore.

I croati presentano una serie di domande e precisamente:

l) -di autorizzare l'invio di materiali bellici secondo una lista da essi trasmessa. Il Conte Ciano risponde che, in conformità alle direttive del Duce, è in linea di massima d'accordo. Solo per talune categorie. ed in particolare per la fornitura di carri armati e di camions, di cui l'Italia stessa aveva urgente bisogno, si incontrano delle difficoltà a dar corso alle richieste croate.

I croati hanno sopratutto insistito per la fornitura di 50 mila uniformi in linea di massima già commissionate ad una ditta italiana, la quale attende l'autorizzazione delle Autorità italiane competenti. Per quanto riguarda carri armati, artiglieria, autocarri, ecc., i croati sarebbero disposti a fornire all'Italia il quantitativo di ferro necessario delle miniere croate nonché rottami di rame e di bronzo. Il Poglavnik accenna anche che farebbe fondere le campane delle chiese ortodosse disertate dai fedeli passati al cattolicismo.

2) -Il Poglavnik chiede di limitare per quanto è possibile le spese dei soldati della 2a Armata nei territori di occupazione. Essi fanno rialzare i prezzi di una grande quantità di generi di cui la Croazia ha s~arsa disponibilità. Il Conte Ciano risponde che da parte italiana si sarebbe veduto di attuare nei territori occupati lo stesso sistema che ha dato ottimi risultati in Spagna tra i Legionari del C.T.V. i quali erano pagati solo per una piccola parte del loro soldo in pesetas, mentre per la parte in lire erano accreditati su libretti di risparmio in Italia.

3) -Particolare interesse annettono i croati a che siano autorizzate le navi mercantili croate ad innalzare la bandiera croata. Viene risposto che la questione è già stata risolta favorevolmente, ma che comunque sarebbero state sollecitate le autorità competenti ad eliminare ogni indugio a tale riguardo.

4) -n Poglavnìk accenna alla situazione economica di pensionati di nazionalità croata residenti nei territori recentemente annessi all'Italia nonché alla situazione, parimentì difficile, di ex insegnanti anch'essi di nazionalità croata residenti nelle nuove Provincie italiane. A tutti costoro la Croazia vorrebbe far pervenire il regolare pagamento dì pensioni o dì una buonuscita una volta tanto. Il Poglavnìk esprime il desiderio dì venire ad un accordo con gli organi competenti italiani per regolare tale questione e concretare le modalità dì pagamento. La questione è rinviata allo studio della Commissione Permanente ìtalo-croata.

5) -Infine il Poglavnìk consegna un promemoria (l) sulla questione del Medjomurje.

Da parte italiana vengono avanzate ai croati le seguenti richieste:

l) -I croati hanno preparato un bando contenente disposizioni assai larghe di condono nei riguardi dei profughi e dei ribelli che, su invito delle Autorità Militari italiane, hanno fatto ritorno alle loro sedi nei territori occupati. Il Comando della 2a Armata ha chiesto dì apportare al bando delle lievi modifiche per precisarne meglio la portata. Viene chiesto ai croati dì accettarle. Da parte croata non sono state fatte difficoltà al riguardo.

2) -Nella terza zona (tra la fascia demilitarizzata e la linea di demarcazione) il Comando della 2a Armata non ha assunto i poteri civili; ha solo i poteri dell'occupante. Dato l'accentuarsi dì infiltrazioni ribelli in tale zona con la connivenza delle popolazioni, sì rende necessario un aumento àì potere delle Autorità Militari italiane. Da parte italiana sì chiede perciò che sì addivenga ad una stretta collaborazione tra le Autorità civili croate ed i Comandi dei Presidi italiani. Il Governo croato dovrebbe far pervenire istruzioni al riguardo agli Zupanì e ai Vice Zupanì della zona. Inoltre là dove un'istruttoria sì renda necessaria, quando cioè non sì è in presenza di reati flagranti che danno luogo ad immediata esecuzione, dovrebbe essere consentito il funzionamento dì nostri Tribunali Militari. I croati accolgono il principio della collaborazione, ma, per quanto riguarda i Tribunali, rispondono che la cosa potrà essere esaminata sul posto fra le Autorità civili croate, che sono più in grado dì condurre le predette istruttorie, i Comandi delle formazioni ustasce e le Autorità Militari italiane.

3) -Viene chiesto da parte italiana ai croati di consentire lo sfruttamento de1 boschi dei territori occupati a mezzo di imprese italiane per ricavarne legname da opera e da ardere nonché carbone dolce. Il Poglavnìk acconsente chiedendo però che si provveda da parte italiana alla sicurezza degli operai, come pure che si mandino sul posto imprese bene attrezzate e si provveda ai trasporti. Il Poglavnik precisa che si può procedere allo sfruttamento del Gosti Kotar e della Lika che fanno capo a Fiume, della ~ona che gravita su Spalato e di quella che fa capo a Metcovic. Converrà affrettare durante l'inverno il lavoro di taglio per effettuare i trasporti in primavera. Il Poglavnìk incaricherà il Ministro delle Ferrovie Ferkovic di concretare gli accordi. Per il carbone il Poglavnik fa presente che ne sono già disponibili 500 vagoni. Occorre che da parte italiana sì provveda ai trasporti ferroviari. In tal senso sarà interessato il Ministero italiano delle Comunicazioni. La soluzione concordata per il legname e per il carbone apre le più vaste prospettive. Se si potranno organizzare adeguati trasporti, si potrà trarre dalla Croazia un quantitativo di qualche centinaia di migliaia di metri cubi dì legname. È questa la risorsa principale della Croazia e su di essa sopratutto dovranno orientarsi gli sforzi italiani dì penetrazione.

Il Poglavnik accenna anche all'esistenza di m1mere di lignite presso Zagabria che vedrebbe volentieri gestite da ditte italiane. Anche per questa questione incaricherà il Ministro Ferkovic di prendere accordi con le competenti Autorità italiane.

4) -Per agevolare gli approvvigionamenti in Dalmazia viene chiesto da parte italiana che sia lasciato libero il passaggio di merci senza registrazione e senza formalità dalla Croazia in Dalmazia e viceversa fino a quando non saranno stati costituiti gli Uffici Misti di Registrazione in via di organizzazione. Il Pogla vnik ha dato ordine che i doganieri croati ricevano istruzioni di lasciar passare le merci senza limitazione né formalità.

5) -Fra le questioni minori viene accennato allo scambio di un fonte battesimale dell'VIII sec. del Re Croato Venceslao che trovasi in Italia contro due pannelli del Carpaccio esistenti in Zagabria. Inoltre si stabilisce che verrà riservato un padiglione alla Croazia nella prossima Biennale di Venezia che si inizierà nel giugno 1942.

(l) -Ed. in G. CIANo, L'Europa verso la catastrofe, Verona, Mondadori, 1948, pp. 703-706. (2) -Il verbale è stato redatto da Ciano. (3) -Il dattiloscritto con le correzioni autografe di Ciano è senza data; quello definitivo è datato 16 dicembre. · (4) -Vedi serie IX. vol. D. 786.

(l) Vedi allegato.

(l) Il verbale è stato redatto eia! ministl'O Pietromarchi.

(l) Non pubbllc·ato.

27

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI

L. uu. s. 23584/AG. Torino, 15 dicembre 1941 (per. il 17).

Ti rimetto, qui unita, copia della lettera che l'Ecc. il Presidente ha inviato in data 14 corrente al gen. Vogl, Presidente della C.T.A., sulla nota questione delle basi tunisine che si fa sempre più urgente.

Il gen. Vacca Maggiolini ti prega di darne immediata visione all'Ecc. il Ministro: è stato egli a pregarmi di farti recapitare questa mia a Venezia con un corriere speciale (1).

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE TEDESCA DI ARMISTIZIO, VOGL

L. s. 28836/PR. Torino, 14 dicembre 1941.

Come vi è noto, la situazione militare della Libia si fa di giorno in giorno più grave per le nostre forze.

Abbandonata Tobruck, la difesa si sta organizzando sul Gebel cirenaica, ma la scarsa disponibilità di forze, di mezzi e di rifornimenti rende problematica la possibilità di resistere.

Mentre gli inglesi hanno possibilità di continui rifornimenti, anche recentissimamente sono affondati due nostri piroscafi che trasportavano dall'Italia in Libia due battaglioni di carri armati, uno italiano ed uno tedesco, sui quali si faceva grande assegnamento.

Di fronte a questa situazione, il Capo di Stato Maggiore Generale mi ha fatto nuovamente vive pressioni affinché venga risolta con ogni urgenza la questione dell'avviamento in Libia di rifornimenti attraverso le basi tunisine. Sullo stesso argomento il Capo di Stato Maggiore Generale ha anche intrattenuto l'addetto militare tedesco a Roma, generale Rintelen affinché facesse i passi del caso con l'O.K.W.A.

Ch1aro intendimento strategico del Governo inglese è di impossessarsi di tutta l'Africa. Le forze inglesi operano dall'Egitto per conquistare tutta la Libia; forse opereranno poi dal Marocco e dall'Africa occidentale, col probabile concorso delle forze americane e degolliste per occupare anche l'Africa francese e congiungersi con le forze provenienti dall'Egitto.

Questa situazione va dunque attentamente considerata. Se riuscisse il piano inglese, l'esito della guerra sarebbe seriamente compromesso per le forze dell'Asse. Nel colloquio avvenuto il giorno 10 corrente fra il conte Ciano e l'ammiraglio Darlan (l) è stata occasionalmente sfiorata anche la nota questione delle basi tunisine.

L'ammiraglio Darlan non ha fatto opposizione al desiderio espressogli che le forze dell'Asse dispongano dei porti della Tunisia per avviare rifornimenti in Libia, ma ha accennato soltanto ad adeguate contropartite politiche; al che il conte Ciano ha immediatamente risposto che la Francia ha un evidente ed essenziale interesse a che gli inglesi non arrivino -conquistando la Libia -al confine tunisino per non far cadere tutto il Nord Africa nell'orbita anglo-sassone.

Perciò la cessione delle basi tunisine non dovrebbe, almeno per il momento, comnortare particolari contropartite politiche, ma anzi tale cessione dovrebbe essere considerata dalla Francia come un cordiale concorso alla difesa del suo stesso impero africano.

Vista sotto questa luce la situazione generale, mi rivolgo personalmente a Voi -Eccellenza -per rinnovarVi la preghiera di fare in modo che si ottenga al più presto l'utilizzazione dalla Francia delle basi tunisine.

Le trattative a tre, che si stanno svolgendo a Wiesbaden (2), procedono molto lentamente per motivi di cui mi rendo conto. Stimo che occorra accelerarle in modo da arrivare nei prossimi giorni a conclusioni veramente redditizie per noi.

Dai giorni di Gardone (settembre) (3) ad oggi la situazione, come Voi sapete quanto me, è molto cambiata. « Hostis est ad portas », e quindi è necessario di prendere quegli urgentissimi provvedimenti che la nuova situazione consiglia. Evidentemente nulla osta da parte italiana che vengano concessi alla Francia subito ed in blocco tutti i rinforzi per l'Africa occidentale e per il Nord Africa che essa desidera.

Forse una trattativa aperta coi francesi nella Francia stessa con la presenza Vostra e mia e di Alte personalità francesi potrebbe portare a quelle rapide decisioni che è nostro sommo interesse di raggiungere.

La nuova situazione creatasi con l'entrata in guerra del Giappone e con la conseguente entrata in guerra della Germania e dell'Italia contro gli Stati Uniti dovrebbe ancor più sollecitare la Francia a prendere netta posizione per l'Europa; e se non lo facesse, o se addirittura parteggiasse per gli anglo-sassoni, ben saprebbe il Governo francese a quali gravi rischi esporrebbe il suo territorio metropolitano e la Corsica.

Anche sotto il riflesso della guerra con gli Stati Uniti, mi sembra dunque che la Francia abbia tutto l'interesse di accordarsi presto con noi.

(l) Ciano si trovava a Venezia per incontrarsi con Pave!lé.

28

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A LIMA, CAPANNI

T. 48948/135. P. R. Roma, 16 dicembre 1941, ore 1.

Vostro 252 (4).

Comunicate a codesto Ministro degli Esteri che il Duce ha letto con molto interesse dichiarazioni fattevi in occasione nostro intervento contro Stati Uniti. Ditegli ch'Egli segue con particolare attenzione atteggiamento adottato dal Governo peruviano e che vivamente si augura che il Perù continui ad esercì

6 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

tare, sopratutto prima e durante la prossima Conferenza interamericana di Rio de Janeiro, un'azione che valga a mantenere il suo Paese in particolare e L'America Latina in generale, in quella linea di neutralità che offre certamente l vantaggi reciproci più certi.

Il Governo peruviano è certamente al corrente che a Rio, Buenos Aires, Santiago, ci sono state fatte in complesso assicurazioni tranquillizzanti (l). Noi contiamo che anche il Perù si schieri fra quegli Stati che, nonostante le avverse pressioni nordamericane, vogliano e sappiano contrastarle, per salvaguardare quel patrimonio latino, cattolico, razziale che è comune nostro compito difendere e per preservare effettiva indipendenza Continente Latino-Americano (2).

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 845. (2) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 838. (3) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 575. (4) -Vedi D. 20.
29

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL SEGRETARIO DI GABINETTO, FARACE

T. s. N. Roma, 16 dicembre 1941, ore 12,40.

Prego comunicare S. E. (3) quanto segue che ritengo opportuno portare tempestivamente a conoscenza. Nel corso rapporto odierno, Duce ha parlato lungamente della Croazia esprimendo vari concetti che riassumo qui di seguito nelle linee principali:

Manomissione della Croazia da parte della Germania diventa sempre più grave. Ciò avviene tanto nel campo economico quanto in quello militare e politico; minoranza germanica, cui è stata riconosciuta una situazione di netto privilegio nello Stato croato e che dal punto di vista etnico ammontava a 150 mila individui, va gradatamente aumentando con adesioni che non hanno nulla vedere con questioni razziali. I minoritari germanici sarebbero infatti diventati ora 300 mila e si vanno infiltrando nei settori direttivi del nuovo Stato in particolare nel campo economico; nostri tentativi incontrano situazioni pregiudicate da invadenza tedesca. Accennando ai diversi organi italiani che a vario titolo riferiscono sulla situazione croata, si è espresso in specie sfavorevolmente nei riguardi dirigente missione fascista rilevando necessità di azione unitaria che dovrebbe essere svolta unicamente da rappresentante diplomatico.

30

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI

T. 49034/151 P. R. Roma, 17 dicembre 1941, ore 2.

Vostri 342, 344 ( 4). Fate sapere Rossetti che il Duce ha letto con molto interesse le dichiarazioni fattevi in occasione del nostro intervento contro gli Stati Uniti.

Ditegli che Egli segue da tempo sua azione di governo e che apprezza molto opera sin qui da lui svolta per mantenere il Cile in particolare e l'America Latina in generale su quella linea di neutralità che solo può assicurare vantaggi politici certi.

Qualunque ulteriore comunicazione egli vorrà farci sull'attività che il Governo Cileno si propone di svolgere nei giorni che ancora ci separano dalla conferenza di Rio, per controbattere e neutralizzare le avverse pressioni nordamericane, sarà da noi vivamente apprezzata.

Naturalmente, ricorderemo il cordiale spirito di collaborazione e di amicizia di cui il Cile e il suo Ministro degli Esteri hanno dato e danno prova nel nostri confronti {l).

(l) -Vedi per Buenos Aires e Santiago DD. 14, 17, 36, 37. La risposta da Rio non è stata rinvenuta. (2) -Per la risposta di Capanni vedi D. 42. (3) -Ciano si trovava ancora a Venezia per la parte protocollare dell'incontro con Pave!lé (4) -Vedi D. 17.
31

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 11942/830 R. Tokio, 17 dicembre 1941, ore 8,35 (per. ore 19,15).

Telegramma di V. E. 752 (2). Conformemente istruzioni ricevute ho assicurato questo Ministero Esteri che ho preso atto ringraziando.

Situazione nei riguardi Stati America Latina quale risulta Tokio è ancora confusa e incerta. Risulta ufficialmente che Costarica Panama e Haiti hanno dichiarato guerra e che Messico ha interrotto relazioni diplomatiche. Guatemala Honduras Salvador Nicaragua Cuba e San Domingo avrebbero dichiarato guerra ma governo giapponese non ne ha avuto ancora ufficiale notificazione. Quanto agli altri Stati, comunicazioni fin ad ora pervenute a questo Ministro Affari Esteri da parte rappresentanti giapponesi sono intonate ad un certo pessimismo anche per quanto riguarda Argentina Brasile Cile. Si ritiene in generale che attuale incerto atteggiamento possa permanere fino alla riunione della progettata conferenza di Rio Janeiro, in seguito alla quale sarà decisa attitudine definitiva Stati Sud America i quali per altro, qui si giudica difficilmente potranno sottrarsi pressioni Washington basate su impegni Avana e preponderante influenza economica.

32

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11943/837 R. Tokio, 17 dicembre 1941, ore 8,35 (per. ore 21).

Vostro 753 (3). Prima di compiere passo formale prescrittomi ho ritenuto opportuno, d'ac

cardo mio collega tedesco, sondare preventivamente intenzione di questo Ministero Affari Esteri per quanto concerne posizione Manciukuo nei riguardi degli S.U.A. Premesso che Manciukuo non è Stato aderente Tripartito, che sue possibilità azione sono direttamente ed esclusivamente determinate da Tokio, che la quasi totalità forze militari nipponiche mobilitate in direzione URSS si trova in territorio mancese, ho avuto impressione che un nostro passo nel senso prospettato non incontrerebbe qui favore. Nel pensiero di Tokio governi Hsin King e Nanchino non sono destinati assumere posizioni estere autonome che non siano decise esclusivamente secondo le convenienze governo giapponese. In particolare per quanto concerne Manciukuo si vuole evitare tutto ciò potrebbe rendere più gravosa situazione nipponica che si fa invece sul momento tutto il possibile per alleggerire e, secondo quanto mi viene riferito, con buona speranza.

Credo che Ambasciatore di Germania riferirà nello stesso senso a Berlino.

Ho creduto utile far presente quanto sopra prima compie,re passo presso Toga in attesa eventuali riservate istruzioni (l).

(1) -Per la risposta di De Rossi, vedi D. 38. (2) -Vedi D. 22. (3) -Vedi D. 23.
33

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 11932/2305 R. Berlino, 17 dicembre 1941, ore 13,20 (per. ore 13,30).

Mentre lo slancio controffensivo di cui le forze sovietiche hanno dato qualche manifestazione nelle scorse settimane si è ora completamente spento, la vasta operazione germanica di riassetto delle linee, iniziata il 7 dicembre è tuttora in corso (2). Tale operazione, che comporta il ritiro delle punte avanzate dai salienti, è particolarmente visibile sul fronte di Mosca oltremodo frastagliato. Le truppe tedesche, ritirate finora di una quarantina di chilometri dagli estremi punti avanzati raggiunti sembra agosto scorso, nel fronte centrale perfezionano linea Twer-Volokalamak-Malojaroslavez-Kaluga-Oral-Kursk. Il movimento germanico si svolge con assoluto dominio della situazione e pieno controllo dell'avversario che tenta talora di esercitare una certa pressione.

Sul fronte di Rostoff gli attacchi russi sono stati nettamente stroncati. Viva ammirazione riscuote in questi circoli militari il comportamento del nostro corpo di spedizione che subito in questi giorni e vittoriosamente respinto dl peso degli attacchi avversari (3).

n. -15917) rispettivamente sul significato politico-militare dell'arresto della campagna d! Russia e sulle rlpercusstonl avute da tale evento nell'opinione pubblica tedesca, che non sono stati rinvenuti nell'Archivio Storico e che non figurano nemmeno nell'indice della Corte del Gabinetto (Archivio segreto dell'Ufficio di coordinamento), dove invece è registrato un altro rapporto dl Alfieri (del 22 dicembre 1941, n. 16034) «circa l'opinione pubblica germanica verso l'Italia», che non sl pubblica perché, essendo gravemente deteriorato dall'umidità, è llleglblle In molte parti essenziali, ciò che rende poco comprensibile anche Il senso generale del documento. Copie dei tre documenti si trovano !n A.C.S., Carte Alfieri, busta 6.
(l) -Per la risposta di Ciano vedi D. 58. (2) -Vedi Serle IX, vol. VII, D. 828. (3) -In appendice alle memorie dl Alfieri (Due dittatori di fronte Milano, Rlzzoll, 1948, pp. 367-370) sono riprodotti due suo! rapporti (del 17 dicembre 1941, n. 15476 e del 19 dicembre 1941,
34

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11969/763 R. Ankara, 17 dicembre 1941, ore 19,16 (per. ore 13 del 18).

Saracoglu in un colloquio avuto con von Papen ieri mi ha detto che come nel giugno scorso egli aveva avvertito l'Ambasciata di Inghilterra che l'Inghilterra commetteva un errore associandosi con l'U.R.S.S., così doveva ora comunicare a lui che la dichiarazione di guerra dell'Asse all'America gli sembrava un errore, tn quanto con essa si preclude ogni possibilità dì pace. Avendogli von Papen obbiettato che le continue provocazioni di Roosevelt e tutta la sua politica portavano fatalmente alla guerra non certo voluta né dal Giappone né dall'Asse, Saracoglu ha finito col riconoscere che militarmente la situazione dell'Asse è migliorata con l'intervento del Giappone.

Circa l'atteggiamento della Turchia Saracoglu ha ripetuto a von Papen che esso resta strettamente neutrale. All'osservazione di von Papen che la neutralità turca sembra alquanto compromessa dall'accettazione dei benefici della legge americana sugli affitti e prestiti, Saracoglu ha risposto che la Turchia sarebbe disposta ad accettare eguali concessioni da parte dell'Asse.

Von Papen ha anche fatto notare a Saracoglu che la dislocazione dell'esercito turco dimostra tuttora come la Turchia veda un pericolo soltanto dal lato della Tracia, cioè dell'Asse, mentre la frontiera siriana è pressoché sguarnita.

Saracoglu ha risposto che la frontiera verso la Siria è indifendibile e che in caso di attacco inglese da quella parte le forze turche dovrebbero ritirarsi sulle montagne del Taurus; ma in questo caso -ha soggiunto Saracoglu «l'Asse verrebbe a darci aiuto e perciò noi siamo tranquilli».

Ha continuato che le forze turche sono state ritirate anche dalle immediate vicinanze della frontiera bulgara, mentre sono state notevolmente aumentate verso l'est.

Saracoglu ha infine detto a von Papen che la Turchia è più che mai interessata alla totale sconfitta del bolscevismo.

35

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11947/1072 R. Sofia, 17 dicembre 1941, ore 20,30 (per. ore 0,45 del 18).

Telegramma di V. E. n. 587 (1).

Questo Ministro degli Affari Esteri mi [ha detto che] Ministro di Bulgaria ad Angora al quale erano state inviate istruzioni di illustrare al Governo turco motivi e portata dell'entrata in querra della Bulgaria ha avuto conversazione

con Segretario Generale di quel Ministero Affari ESTERI, Questo pur dichiarando comprendere spiegazione e di non dare quindi alla informazione confidenziale Bulgaria un peso anti-turco non ha mancato di osservare «come in definitiva atto compiuto leghi sempre più Sofia all'Asse Roma-Berlino con conseguenza che è oggi difficile prevedere».

Ha insistito poi nel chiedere per quale motivo Bulgaria non si decida dichiarare guerra anche alla Russia. Gli è stato risposto che ciò naturalmente avverrebbe se la Russia attaccasse Giappone provocando una nuova applicazione del Tripartito. Ma oggi nella situazione attuale di pace tra Mosca e Tokio non si vedrebbe motivo di una iniziativa della Bulgaria. Anche mio collega turco è venuto chiedere a questo Ministro Affari Esteri notizie sulla situazione esistente tra Russia e Bulgaria ed ha domandato se fosse vero un rifiuto opposto da Sofia a Be,rlino e Roma di dichiarare guerra a Mosca. GH è stato risposto netta smentita.

(l) Con T. 48789/587 p.r. del 14 dicembre 1941, ore 23. non pubblicato, Ciano aveva informato Magistrati di aver chiesto a Berlino di accogliere ia richiesta bulgara di cui al D. 10.

36

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 11965/631 R. Buenos Aires, 17 dicembre 1941, ore 23,45. (per. ore 11 del 18).

Tanto nella mia conversazione con questo Vice Presidente Repubblica O) quanto in quella col Ministro Affari Esteri (2) ho avuto l'impressione che l'accenno da me fatto d'ordine di V. E. all'Italia quale Potenza latina e cattolica ha maggiormente attirato l'attenzione dei miei interlocutori. Non ho alcun elemento per affermarlo in maniera positiva ma forse balena mente attuali governanti Argentina di poter ad un momento dato rendersi utili in collaborazione con Vaticano ad eventuali futuri negoziati di pace. In ogni modo Argentina è un Paese profondamente cattolico ed attuale Governo ha eccellenti rapporti con Santa Sede, ciò che mi induce a pensare che, qualora V. E. nel suo alto giudizio lo stimasse possibile ed opportuno, non sarebbe forse del tutto improduttivo se il Vaticano facesse da parte sua giungere una parola a questo Gove,rno per indurlo mantenere una politica di resistenza e di moderazione di fronte agli S.U.A. e loro satelliti tanto alla Conferenza èi Rio de Janeiro che in ogni altra riunione panamericana.

37

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11966/632 R. Buenos Aires, 18 dicembre 1941, ore 1,50 (per. ore 11).

Ho creduto opportuno ripetere personalmente a questo Vice Presidente Repubblica comunicazione di cui al mio telegramma n. 617 da me fatta per ordine

di V. E. a Ministro degli Affari Esteri (1). Dr. Castilo mi ha ringraziato perché -ha detto -«gli davo ora occasione di ripetermi che situazione croata da stato di guerra tra Italia e S.U.A. non modificava situazione esistente tra Italia e Argentina che era sua ferma intenzione mantenere egualmente quella oggi esistente».

« Argentina -ha continuato -ha dovuto in virtù degli accordi panamericani dichiarare «non belligerante» S.U.A. ma essa desidera mantenersi assolutamente estranea guerra e continuare nella sua neutralità di fronte all'Italia cui la legano vincoli di sangue e di razza». Gli ho domandato se mi autorizzava a telegrafare quanto precede a V. E. ed egli mi ha risposto vi consentiva con massimo piacere. Avendogli allora detto speravo che Argentina come la più importante Potenza latina e cattolica del continente americano avrebbe esercitato un'azione moderatrice sul bellicismo di tanti grandi e piccoli paesi latino-americani nella pross-ima conferenza di Rio de Janeiro mi ha detto avrebbe dato istruzioni in tal senso Delegazione Argentina ma mi ha lasciato chiaramente intendere che non credeva che conferenza di Rio de Janeiro avrebbe avuto importanza eccessiva dal punto di vista politico. Sullo stesso argomento credo utile riferire che signor Malbran è stato ricevuto da stesso Vice-Presidente cui ha chiesto (e me lo ha riferito confidenzialmente) se egli gli consigliava di raggiungere nuovamente Roma. Castillo gli avrebbe risposto di ripartire tranquillamente perché era sua ferma decisione che rapporti con Italia continuassero ad essere quelli che sono attualmente. Pertanto mi permetto imdstere presso V. E. affinché sia facilitato ritorno in Italia con LATI a Malbran, che ha fatto direttamente interessare Governo brasiliano a non porre intralci ed a facilitare viaggio di un apparecchio LATI che dovrebbe venire qui, e al quale farei fornire benzina fino a Recife.

(l) -Vedi D. 37. (2) -Vedi D. 14).
38

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11995/357-360-363-366 R. Santiago, 18 dicembre 1941, ore 13,40 (per. ore 7 del 19).

Rossetti, cui ho comunicato lusinghiera approvazione Duce per sua opera di Governo e sue direttive politica internazionale, mi ha incaricato assicurare Duce e V. E. che egli continuerà seguire ora e in conferenza Rio de Janeiro tali direttive allo scopo mantenere senza alcuna variazione e cedimento Cile in attuale situazione giuridica innanzi conflitto.

Egli seguita aver fiducia essere-secondato in tale intento da Argentina e forse ben più da Brasile, ad onta impegni che possano avere già con gli S.U.A.

Ma se anche dovesse restare solo a sostenere tesi che Stati Sud America non debbano assumere in compimento accordi inter-americani esistenti altri impegni verso S.U.A., oltre quelli già dichiarati circa solidarietà intercontinentale e non belligeranza, egli non recederà, poiché è convinto, a parte sue simpatie per l'Italia, che posizione assoluta neutralità corrisponde supremi interessi Cile.

Anche la pressione nord-americana gli sembra più debole e tale da non dargli per il momento serie preoccupazioni. Anzi in considerazione di tale situazione egli si è astenuto persino dal pubblicare sino ad ora decreto non belligeranza in seguito dichiarazione di guerra Italia e Germania a S.U.A. di cui al secondo periodo mio telegramma n. 344 (1).

Rossetti mi ha detto che effettivamente Governo americano aveva chiesto

che misure finanziarie fossero prese verso i Giapponesi in Cile, ma non (dico

non) verso gli Italiani e Tedeschi.

Egli aveva risposto agli Stati Uniti che non aveva modo di dar corso qualsiasi misura a riguardo poiché Giappone non aveva qua che scarsi interessi dopo di esse,rsi assicurato e aver dato ogni facilitazione affinché Giapponesi locali ritirassero dalle banche cilene circa 50 milioni che vi avevano in deposito.

Non mi ha escluso, infine, che gli Stati Uniti facciano il possibile per assumere completo controllo Conferenza Rio Janeiro, ma che poteva assicurarmi che per ora egli conservava completo controllo sua iniziativa.

S. -U.A., che in Conferenza dei Cancellieri egli cercherà fare trionfare e affermare sua tesi che lo singolarizzerà e lo distinguerà fra la massa uomini politici che converranno colà, i quali, fatte ben poche eccezioni, saranno figure incolori e anonime al servizio imperialismo nord-americano.

(357) Telegramma di V. E. n. 151 (2).

(l) -Vedi D. 14. (2) -Vedi D. 30.

(360) Rossetti è convinto che il momento più pericoloso delle decisioni irriflesse e imponderate sia ormai superato e che in tutte Cancellerie americane sia subentrata certa calma in modo permettere a tutti di giudicare con maggiore serenità sulle conseguenze presenti e future conflitto.

(363) Ho chiesto a Rossetti quale fondamento potessero avere informazioni fiduciarie pervenutemi, in base alle quali pareva che Stati Uniti stessero pressando Cancellerie Sud America allo scopo ottenere che tutte adottassero misure finanziarie ristrettive verso cittadini italiani, tedeschi e giapponesi e che Governo americano si adoperasse con azione singola presso varie Cancellerie Sud-americane per fare sua e controllare completamente sua iniziativa conferenza Cancellieri, cercando sopratutto concretare e fare accogliere suo [punto di vista su] questioni che dovranno essere discusse tale Conferenza.

(366) -Poiché Rossetti si rende perfettamente conto che da sua attitudine e da suo successo in Conferenza di Rio Janeiro dipende suo avvenire politico, non dubito, indipendentemente sue simpatie per noi e da sua convinzione che mantenimento neutralità corrisponda supremi interessi Cile e aspirazioni popolazione cilena, assolutamente aliena della guerra e lungi simpatizzare con gli

(l) Vedi D. 17.

39

IL MINISTRO AD ASSUNZIONE, TONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 11979/84 R. Assunzione, 18 dicembre 1941, ore 19,41 (per. ore 7,30 del 19).

Ho intrattenuto questo Ministro degli Affari Esteri ed altri membri del Governo sul contenuto del telegramma di V. E. n. 408 (l) e nella prossima settimana vi intratterrò anche questo Presidente della Repubblica (2). Le forti pressioni Nord-americane trovano ostacolo nell'elemento militare più spiccatamente a noi favorevole il quale è riuscito in questi ultimi giorni a fare orientare il Paraguay sull'atteggiamento Argentina piuttost,o Brasile.

Invitato dal Governo Argentino questo Ministro degli Affari Esteri si recherà Buenos Aires alla fine del mese da dove proseguirà per Rio Janeiro insieme Cancelliere Argentino.

Durante conferenza di Rio Janeiro questo Ministro degli Affari Esteri sarà affiancato da un tecnico militare.

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IL COMANDANTE DELLA SECONDA ARMATA, AMBROSIA, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO (3)

PROMEMORIA (4). Palazzo Venezia, 18 dicembre 1941, ore 20.

Il Duce informa che l'addetto militare germanico a Roma, generale von Rintelen, gli ha presentata una domanda del Comando Supremo germanico intesa a conoscere se, ritirando la Germania le sue truppe dalla Croazia, l'Italia sarebbe stata disposta ad assumersi l'incarico di ripristinare e mantenere l'ordine, occupando colle sue truppe l'intera Croazia. La risposta del Duce, dopo aver sentito il generale Roatta e il sottoscritto, sarà favorevole.

Il sottoscritto, prima di entrare nel campo strettamente operativo, ha fatto presente al Duce essere necessario che la Germania ritiri non solo le sue truppe, ma anche il presidio aeronautico di Zagabria, tutte le varie formazioni palesi ed occulte agenti ne·l paese, le autorità militari germaniche risiedenti a Zagabria ed in altri centri, i rappresentanti nei vari ministeri, ecc... in modo da dare all'Italia tutte le maggiori possibilità di impadronirsi della Croazia, non solo militarmente, ma anche politicamente ed economicamente. li Duce è rimasto silenzioso.

A questo punto è intervenuto S. E. Roatta per esprimere il suo avviso (basato su dati informativi) e cioè che la Germania, malgrado sia stata pronun

ziata la frase -Croazia spazio vitale dell'Italia -sia dal Fuhrer, sia dal von Ribbentrop, non intenda affatto rinunciare a tutto il lavoro già fatto nel campo economico e che solo per le necessità derivantele, a causa della rivolta in Serbia, di aumentare colà le sue truppe, sia addivenuta a tale offerta all'Italia. Il sottoscritto ha soggiunto che le ultime informazioni, personalmente richieste al colonnello germanico, dell'ufficio collegamento presso la 2• Armata, dicevano che la divisione e i pochi battaglioni territoriali germanici dislocati in Croazia, in questi prossimi giorni, si sarebbero concentrati fra Tuzla e Serajevo, ad est della ferrovia Brod-Serajevo.

S. E. Roatta ha fatto poi presente che, verificandosi una data eventualità, l'impegno in Croazia ci avrebbe fatto trovare in difficoltà di truppe per altri compiti. Ma il Duce non giudica debba verificarsi tale eventualità, e ha chiuso questa discussione dicendo che l'Italia doveva basarsi sulla richiesta fatta dall'Alto Comando germanico e che probabilmente gli ordini per lo sgombero non potevano ancora essere noti alle dipendenti autorità germaniche dislocate in Croazia.

Sulla questione, (per il sottoscritto di molto importanza) dell'esodo, colle truppe, anche delle varie altre formazioni germaniche, sia militari, che politiche od economiche, nulla è più stato detto. Ma sarà questione che si dovrà riprendere (dagli organi centrali) e ar ~he subito se si vorranno avere delle possibilità in Croazia.

Il sottoscritto, richiesto del come intendeva operare per raggiungere lo scopo di pacificare ed occupare tutta la Bosnia, ha anzitutto fatto un succinto quadro della situazione militare politica della Croazia e particolarmente delle due zone di nostra occupazione, per dedurne che gli accorrevano le seguenti truppe:

-due comandi di corpo d'armata

-cinque nuove divisioni di fanteria complete

-notevole rinforzo di automezzi

-rinforzo di aviazione da osservazione e da mitragliamento

-potenziamento adeguato dell'Intendenza,

e ciò, indipendentemente dalle forze già richieste e concesse il giorno 15 corrente e cioè: due legioni CC.NN. e un gruppo di 3-4 battaglioni alpini complementi, (armati di solo fucile e di qualche fucile mitragliatore), dato che queste ultime forze avrebbero unicamente dovuto dare la possibilità a qualche divisione (più ancorata al terreno dai molti presidi) di disporre di elementi mobili per attaccare o rintuzzare attacchi ribelli nelle zone d'occupazione.

Con le cinque divisioni richieste, il sottoscritto ha fatto conoscere essere suo intendimento di agire con tre di esse da sud e precisamente sulla zona di Serajevo e poi sulla fronte Banialuca-Doboi-Tuzla: colle rimanenti due, da nord, dalla Sava verso la fronte suddetta. Quindi azione concentrica, intesa ad eliminare radicalmente le formazioni ribelli e non solo azione di rastrellamento.

Per rendere effettivamente concentrica la complessa operazione, il sottoscritto ha pure considerato il concorso verso levante (per quanto ad azione limitata) delle truppe, che eventualmente si potessero sganciare dai presidi della terza zona. A parere del sottoscritto, non potendosi forse per ragioni di adunata e logistiche, iniziare contemporaneamente l'azione sia da nord che da sud, devesi far procedere l'azione dal mezzogiorno, poiché l'occupazione di Serajevo e zona circostante eserciterebbe sicuramente un'influenza notevole, sia sulla massa dei ribelli, sia anche sui Croati, verso noi diffidenti. Infine il sottoscritto ha fatto presente essere suo intendimento impiegare nelle operazioni le sue divisioni già allenate e rotte alla guerriglia e sostituirle nelle loro attuali occupazioni territoriali, colle nuove divisioni provenienti dall'Italia. Ha soggiunto che tra l'esodo dei tedeschi e l'ingresso delle nostre truppe oltre la linea di demarcazione non avrebbe dovuto sussistere alcun intervallo di tempo.

L'esposizione del sottoscritto ha avuto la piena approvazione del Duce e del Capo di S. M. dell'Esercito.

Circa le comunicazioni da farsi al governo croato, S. E. Ciano ha espresso l'avviso che sarà bene attendere che tutta la macchina sia montata e pronta a scattare. Sarà questo compito di S. E. Casertano, il quale dovrà diplomaticamente preparare la mentalità dei dirigenti croati ad accettare quest'occupazione, che, in fondo, tornerà a tutto loro vantaggio.

Infine il sottoscritto ha voluto ancora richiamare l'attenzione del Duce sulla situazione che si va maturando nei territori nord-orientali della 3" zona (situazione già accennata all'inizio della riunione), soggiungendo d'aver già dato ordine al comandante il Corpo d'Armata, da qualche giorno, di sgombrare il presidio di Kalinovich. Successivamente è giunta a noi una specie di intimazione da parte dei serbi ribelli di abbandonare tale presidio. Questo fatto, congiunto alla prospettiva delle operazioni che si dovranno svolgere a breve scadenza verso Serajevo, costringe il sottoscritto a dare elasticità a tale suo ordine, nel senso che il Comandante del Corpo d'Armata sarà giudice se e quando sgombrare il presidio oppure non sgombrarlo, tenendo ben presente che l'autorità italiana può trattare con i ribelli serbi unicamente allo scopo (dato che ciò sia possibile) di essere agevolata nel suo compito di occupazione della Bosnia orientale. A tale scopo forse potranno e.~sere utili i contatti colle due note personalità di Spalato.

Il Duce nulla ha avuto da osservare a quanto sopra ed ha sciolto la riunione.

S. E. Casertano e il generale Magli non hanno interloquito.

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 848, nota l, p. 865. (2) -Vedi D. 83. (3) -Da Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (4) -Il promemoria è firmato da Ambrosia. Alla riunione presso Mussollni parteciparono anche il ministro degli Esteri Ciano, il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Roatta, il ministro a Zagabria, Casertano e il generale Magli del Comando Supremo.
41

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 11977/947 R. Madrid, 18 dicembre 1941, ore 21,05 (per. ore 24).

Ieri mattina [Nicolas] Franco è giunto Madrid recando proposte Salazar per concertare con Serrano comune piano azione per staccare paesi Sud America da politica nord-americana ed evitare loro partecipazione guerra.

Secondo proposta Salazar, Portogallo dovrebbe agire esclusivamente Brasile, e Spagna su altri Stati di lingua spagnuola.

Piano si ricollegherebbe con nota azione ispanista di cui vorebbesi rappresentare un primo tentativo di realizzazione pratica su terreno politico.

Questo mio collega Portogallo, nel confermarmi tali segnalazioni, si è mostrato tuttavia scettico circa possibili risultati progettata azione, anche perché non ritiene che Spagna sia attualmente in grado di esercitare influenza su paesi Sud-Americani che estrema suscettibilità questo Governo ha sino ad ora sottovalutato trattandoli sovente come fossero ancora sue colonie.

Inoltre, secondo Ambasciatore, stato d'assedio decretato in Argentina com~ plica situazione e potrebbe riservare spiacevoli sorprese.

Egll per parte sua insisterà perché finalmente [sia] effettuato incontro Franco-Salazar, progetto costì noto, e che riterrebbe utile anche per perfezionare detto piano per ora solo allo stato progetto.

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IL MINISTRO A LIMA, CAPANNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12002/255 R. Lima, 18 dicembre 1941, ore 21,15 (per. ore 7,30 del 19).

Ministro degli Affari ESTERI, cui ho esposto argomenti contenuti nei telegramma n. 135 (1), mi ha ripetuto assicurazioni tranquillizzanti circa intenzioni di questo Governo confermando analogia vedute Perù Argentina Brasile Cile che prenderanno definitive decisioni alla Conferenza Rio de Janeiro. Se si eccettua ordine di chiusura Società ricreativa tedesca, situazione appare immutata.

Questo Incaricato d'Affari Giappone informa di avergli manifestato questo Segretario Generale degli Affari Esteri che posizione del Perù nei riguardi Giappone in particolare e del conflitto in generale dovrebbe necessariamente essere riconsiderata nel caso eventuale interruzione, in seguito atto bellico nipponico, del Canale di Panama che sarebbe vitale interesse per le economie delle Repubbliche sud Pacifico.

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 12139/0168 R. Belgrado, 19 dicembre 1941, (per. il 22).

Mio telegramma per corriere n. 0166 in data 12 corrente (2). Facile previsione che nonostante ripetute affermazioni operazioni militari in Serbia non erano finite all'atto trasferimento Generale Bohme ha avuto

immediata conferma con annuncio operazioni nella zona di Vranje, che per forze impiegate, appaiono certamente tra quelle di maggior stile impegnate in Serbia nel dopoguerra. Informazioni attendibili indicano del resto che in tal zona ribelli avevano avuto tempo e modo di costituire vero e proprio sistema fortificazioni.

Trasferimento Generale Btihme più che da fine operazioni militari in Serbia appare pertanto determinato da opportunità impiego truppe alpine in altro settore.

Annunciate operazioni in Bosnia non sono del resto -più che una continuazione -che una diretta conseguenza operazioni in Serbia e sistemi con cui furono condotte.

Era stato continuamente previsto che pressi<me su ribelli in Serbia avrebbe provocato loro deflusso verso zone limitrofe. Così esattamente avvenne. Da Sud-Est e Nord-Ovest ribelli si sono concentrati e premono oggi sulla frontiera bulgara, su quelle dell'Albania, del Montenegro e in Bosnia. In Bosnia -secondo dichiarazioni Comando Militare Serbia -situazione si aggrava ogni giorno.

In base a comunicazioni odierne, specialmente per il fatto che su truppe croate non può essere fatto che scarsissimo affidamento. Un'azione era stata pertanto annunciata in Bosnia orientale da Nord a Sud, con impiego di una divisione germanica. Ma alla domanda che nostre truppe chiudessero passaggi sulla Drina da Visegrad a Foça, Comandante ga Armata ha risposto a Comando Militare Serbia di non essere in grado di farlo. Va notato, per incidenza, che tale domanda può essere connessa con informazione che Comando germanico si era assicurato chiusura passaggi Drina a valle Visegrad affidandola ai cetnici. Questi cetnici che furono già di Draza Mihajlovic sarebbero in particolare accordo con Generale Nedic e loro pressione verso Serajevo sarebbe stata da questi prevista. È una delle fasi meno chiare dei rapporti già così poco chiari Nedic-Draza Mihajlovic. Poco chiari particolarmente nei riguardi nostri. Va anche confermato che stesso Comando germanico riconosce che Draza Mihajlovic ha considerevole ascendente non solo su ribelli ma in generale su popolazioni questa zona. Ciò mi è stato indicato in conversazione odierna da stesso Generale Bader. Il quale è ritornato su argomento per precisare che ritiene che Draza Mihajlovic si sia rifugiato in montagne Bosnia, in zona da noi occupata. È soltanto un'impressione e come tale la riferisco, ma impressione nettissima, condivisa da me e da miei collaboratori militari, che Comando Serbia dubiti che noi siamo veramente disposti a catturare Draza Mihajlovic per consegnarglielo.

Comunque piano operazioni germaniche ha subito non poche variazioni. Mi riferisco in proposito a miei successivi telegrammi. Fu limitato dopo primo annuncio, e poi gradatamente aumentato. Oggi non è chiaro se direzione Nord-Sud sia mantenuta o se non si tratti di azione concentrica. Obbiettivo Serajevo sembra evidente. Forze previste ammontano già a dieci battaglioni senza contare quelle non precisate di cui al mio telegramma odierno n. 468 (1).

Senza entrare in particolari tecnici che esorbiterebbero evidentemente sia dalla mia competenza che dall'ambito del presente rapporto, ritengo mio do

vere di insistere che esperienza continua di vari mesi ha dimostrato che operazioni parziali in una di queste zone hanno costantemente portato all'afflusso dei ribelli in quelle limitrofe, e quasi invariabilmente sulle nostre posizi:mi. Domande successive Comando germanico di «fare muraglia » sulle nostre linee di demarcazione mentre esso attaccava, non sono apparse aderenti alla realtà per chi conosca il terreno. Scarsamente .può ormai essere dubbio che soltanto azione sistematica e coordinata, come altre volte segnalato, potrebbe aver ragione ribelli che passano da una zona all'altra a seconda della pressione su essi esercitata e spesso si riformano al tergo delle stesse truppe attaccanti.

In conclusione se azione germanica in Bosnia contempla piano accerchiamento esso potrà risolvere situazione in quella zona con evidente e positiva ripercussione in quelle limitrofe. In caso contrario si riprodurranno casi sbandamento, deflusso, concentramento e pressione su altre zone.

Quanto a territorio serbo, situazione può essere oggi così riassunta: operazioni in maggiore e minore stile continuano praticamente su tutto il territorio, ad opera reparti regolari germanici e reparti volontari serbi. È previsto provvedimento per rastrellamento armi su tutto il territorio. È pure prevista intensificazione lotta anti-comunista.

In Belgrado situazione permane tranquilla, benché non manchino attentati che sembrano attualmente contemplarsi contro soldati reparti russi bianchi in formazione. Situazione rifornimenti della Capitale, assai grave nelle ultime settimane, sembra avviarsi a graduale miglioramento. Ora coprifuoco è stato portato per sabato e domenica dalle 19 alle 20.

(l) -Vedi D. 28. (2) -Con T. s.n.d. per corriere 11964/0166 del 12 dicembre 1941 (per. 11 18), non pubbllcato,Mamell informava dell'esistenza In Uzlce di un centro del movimento comunista serbo che doveva organizzare sommosse e disordini in Bulgaria, Grecia, Montenegro, Albania e Croazia.

(l) T.s.n.d. 44871/468 del 19 dicembre 1941, ore 19,55 (per. ore 22,30), non pubblicato.

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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12098/3522 R. Lisbona, 20 dicembre 1941, ore 13,40 (per. ore 2,15 del 21).

Presidente Salazar fatto oggi all'Assemblea Nazionale annunziate dichiarazioni, consistite in una dettagliata esposizione trattative iniziatesi 4 novembre scorso per iniziativa Governo britannico tra quest'ultimo, Governo olandese e Governo portoghese e culminate avvenimenti Timor.

Salazar, cui dichiarazioni sono state calorosamente sottolineate dall'Assemblea nei loro punti salienti e più chiaramente polemici, preoccupatosi specialmente dare rilievo fermezza con cui Governo portoghese respinto ripetutamente espedienti insistenti pressioni britanniche perché offerta aiuti divenisse operante anche in caso minaccia anziché unicamente nella eventualità di un effettivo atto di aggressione. Salazar ha inteso in altri termini sottolineare anche in questa occasione quanto Portogallo sia anzitutto ansioso evitare ogni atto inconciliabile con propria neutralità. Egli terminato esposizione cronistoria trattative dichiarando che nello stesso momento in cui Ambasciatore britannico tentava convincere Governo portoghese accettare collaborazione forze straniere anche in caso semplice minaccia sua sovranità, a Timor avevano già inizio operazioni sbarco truppe australiane ed olandesi, malgrado rifiuto autorizzazione sbarco opposto da Governatore.

Dichiarazioni Salazar, limitandosi annunziare che «Governo informerà paese del seguito che sarà necessario dare questione», sono sostanzialmente lungi dal costituire energica presa di posizione contro Governo aggressore, cui imputato non potrebbe avere «perduta calma necessaria per distinguere tra precipitazione e prudenza», ed aprono piuttosto la via a qualche formula di compromesso suscettibile salvare a un tratto alleanza con Inghilterra e osservanza obblighi derivanti al Portogallo da suo stato neutralità.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 12081/2324 R. Berlino, 20 dicembre 1941, ore 16,50.

Il riassetto dello schieramento germanico al fronte russo prosegue ordinatamente. Sembra ormai confermarsi che la linea su cui il Comando germanico intende fermare l'esercito sul fronte centrale è quella indicata nel mio telegramma n. 2305 (1). In tal modo l'Alto Comando tedesco, pur rinunziando ai territori la cui conquista ha costituito oggetto delle più dure lotte durante l'offensiva d'autunno, riuscirà ad accorciare notevolmente il fronte e ad assicurarsi utili basi di partenza per la futura azione di primavera. Momentaneamente da parte dei Russi si va esercitando una continua e abbastanza sensibile pressione, il che provoca violenti scontri di retroguardia. Le perdite di materiali e sopratutto di mezzi meccanizzati da parte tedesca sembra siano piuttosto forti.

Il fronte meridionale è ormai pienamente riassettato.

Da due giorni le forze germaniche stanno attaccando la piazzaforte di Sebastopoli la cui caduta potrà rappresentare un utile successo di carattere politico e faciliterà notevolmente l'ulteriore svolgimento delle operazioni nel Mar Nero.

46

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.U.S.N.D. PER TELESCR. 12093/2329 R. Berlino, 20 dicembre 1941. ore 18,30.

Mio telegramma 2322 (2).

A questo Ministero degli Affari Esteri mi è stato detto che si preferisce trasmettere il testo della lettera che Ribbentrop intende inviare al primo Mini

stro Gailani e chiedere di conoscere intenzioni in proposito di codesto Ministero attraverso quest'Ambasciata anziché attraverso codesta Rappresentanza germanica.

Trasmetto il testo integrale tradotto con telegramma a parte (1).

L'Auswartiges Amt, nel portare quanto sopra a conoscenza di V. E., desidera conoscere, con cortese urgenza, se, tenuto anche conto della differente posizione dell'Italia di fronte al Governo Gailani, codesto R. Ministero abbia qualche obiezione da avanzare e se sia disposto a far comunicare al signor Gailani che anche da parte dell'Italia gli verrà rilasciata una lettera analoga od uguale.

(l) -Vedi D. 33. (2) -Non pubblicato: con tale telegramma (T. 12068/2322 r. del 20 dicembre 1941, ore 12,30)Alfieri aveva informato essere stato «comunicato al sig. Gailani che il FUhrer aveva aderito alla proposta che Il ministro Ribbentrop gli inviasse la nota lettera». Per essa, vedi serie IX, vol. VII, D. 799.
47

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. 12119/370-372 R. Santiago, 20 dicembre 1941, ore 20,43 (per. ore 11,20 del 21).

Sempre allo stesso scopo sarebbe opportuno che nostra stampa non si occupasse tale questione, per conservarle carattere puramente interamericano.

(370) Amico di Rossetti, che è tramite fiduciario per farmi conoscere notizie che lo interessano, mi ha detto che Rossetti è assai preoccupato posizioni partigiane che potranno assumere a conferenza di Rio de Janeiro Stati Sud Americani che hanno già rotto relazioni diplomatiche con Asse Roma Berlino e Giappone. Egli è d'avviso che se a Rio Janeiro fosse deciso che risoluzioni circa neutralità dovessero essere prese per voto, tali Paesi non dovrebbero avere diritto a voto, dato che oramai hanno già partigianamente e precedentemente mostrato loro direttive politiche al riguardo. Rossetti avrebbe espresso desiderio che sopratutto Paesi interessati si facessero con ogni mezzo parte dirigente per sostenere tale tesi. Poiché altrimenti Cile e pochi Paesi che lo seguissero in principio mantenimento neutralità sarebbero indubbiamente in minorità a Rio Janeiro, con rischio anche di vedere i Paesi per ora dubbi, quali Perù, Equatore e Venezuela, Bolivia, Paraguay aderire senz'altro a tesi S.U.A.

(372) Mentre ho già preso disposizioni afil.nché attraverso stampa tale concetto possa affermarsi in opinione pubblica locale, vedrà V. E. se non crede opportuno interessare RR. Rappresentanze in Paesi Sud Americani ancora in rapporti diplomatici con noi, ma soprattutto a Buenos Aires e Rio Janeiro, afil.nché si adoperino perché suindicata tesi possa trovare appoggio e sostegno tali Governi in conferenza Rio Janeiro, non facendo, beninteso, parola che esso è auspicato da Rossetti per non comprometterlo (2).

(l) -È !l successivo T. 2330, non pubblicato. Il testo della lettera è !n Akten zur Deutschen Auswti.rtigen Politik, 1918-1945, serle E, Band I, D. 41. (2) -Vedi D. 59.
48

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12133/3533-3534 R. Lisbona, 20 dicembre 1941, ore 22,20 (per. ore 20,15 del 21).

Mio telegramma n. 3522 (1).

Formula con cui Salazar concluse esposiziOne fatti culminati invasione Timor, impegnandosi informare Paese ulteriori sviluppi avvenimenti, lascia chiaramente intendere che Portogallo interpreta incidente Timor come vertenza che può e deve essere risolta nel quadro propri rapporti alleanza con Gran Bretagna, e spera pertanto e intende che vertenza possa essere risolta nel corso ulteriori negoziati.

Ciò facendo, questo Governo sembra voler escludere che questione possa altrimenti porre in disagio propria posizione neutralità nei confronti altri Stati. Allo scopo meglio chiarire situazione, è necessario mettere a punto seguenti elementi di fatto, risultanti da dichiarazione Salazar.

0 ) Questo Governo, pur ravvisando <<improbabilità», per ragioni strategiche oltre che per la natura sue relazioni col Giappone, della ipotesi contemplata dal Governo britannico, ha accettato «per un eccesso di prudenza e dato il giuoco dell'alleanza britannica>> che contatti venissero presi a Singapore con quell'Alto Comando britannico per concertare un comune piano d'azione in vista della difesa di Timor.

2°) Nell'istruzione inviata il 12 dicembre al Governatore di Timor, veniva attirata attenzione quest'ultimo sul fatto che «pur rimanendo principio generale difendere territori Portogallo se attaccati, doveva essere tenuto presente, nel caso in questione, importanza che difesa Timor rivestiva per sicurezza Impero britannico.

In altri termini, a giudizio Governo portoghese rapporti alleanza resa opportuna anzi necessaria preventiva consultazione in vista anche di specifici interessi strategici dell'alleato belligerante.

A tali vincoli di alleanza Governo portoghese dimostra ancora conferire solidità tale da passare sopra ad una aperta, effettiva, violazione sua sovranità perpetrata in vista di una minaccia ipotetica eventualmente derivante da un altro belligerante.

Da tutto quanto precede è giustificata la conclusione che neutralità Portogallo, anziché integrale come qui ripetutamente e insistentemente si afferma, deve essere considerata come condizionata da obblighi alleanza con un belligerante. Sembra quindi che venga così a porsi la questione della eventuale revisione dei suoi rapporti con le altre potenze belligeranti che, nell'assenza di un'eventuale denunzia dell'alleanza da parte del Governo portoghese, sarebbero qualificate a subordinare il riconoscimento del pieno stato di neutralità

7 -Dnnumenti diplnmatici -SN!c IX -Vol. VIII

del Portogallo ad una rev1s10ne delle posizioni rispettive per quanto concerne la cosidetta «difesa» dei territori portoghesi in quanto che rivestenti una importanza strategica.

Noto infine incidentalmente che non mi risulta che Governo portoghese abbia proceduto alle consultazioni previste dall'accordo addizionale al trattato !uso-spagnolo firmato il 29 luglio 1940 (1), che faceva obbligo al Governo portoghese, secondo l'interpretazione comune dei due Governi, (rapporto di questa Legazione n. 1094/200 del 26 dicembre 1940) (2) di informare il Governo di Madrid anche se avesse solo il sospetto o il dubbio che si tramasse o si preparasse un'azione lesiva della neutralità Portogallo. Rilevo al riguardo che riferendosi al sorvolo di Timor da parte di aerei australiani, lo stesso Salazar ha parlato di «violazione ingiustificabile del territorio portoghese» e di «evidente pericolo della neutralità Portogallo >>.

(1) Vedi D. 44.

49

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 12090/367 R. Roma, 20 dicembre 1941 (per. il 20).

Appresa oggi la notizia della rottura di relazioni da parte della Colombia, ho voluto recarmi in Vaticano per sentire se anche quegli ambienti la conoscessero e quale portata le attribuissero.

Il Cardinale Segretario di Stato --che ho visto questa sera -mi ha detto che anche al Vaticano, proprio nella mattinata, l'ambasciatore di Colombia aveva confermato la notizia e ciò con un senso di dolorosa sorpresa, dato che egli stesso era !ungi dall'aspettarsi dal suo Governo una determinazione simile.

A richiesta del Cardinale, l'Ambasciatore a v eva però esplicitamente dichiarato che la decisione non significa guerra bensi soltanto non belligeranza, adattata ad una cornice di solidarietà americana.

Ho chiesto anche al Cardinale se e quali sviluppi prevedesse in altre parti del Sud America. Egli mi ha risposto che secondo esplicite dichiarazioni dei Rappresentanti dell'Argentina, Brasile, Cile e Perù, questi paesi, che sono i più importanti, sarebbero rimasti neutrali.

La invasione inglese di Timor ---come del resto mi diceva a gran voce ieri nell'anticamera di Maglione lo stesso Ambasciatore del Portogallo -era venuta in buon punto per aprire gli occhi ai paesi Sud America. La prossima conferenza panamericana, quindi, avrebbe, secondo le previsioni più accreditate, affermato una solidarietà difensiva, ma mai una solidarietà offensiva.

La misura presa dall'Argentina -dichiarazione di stato d'assedio -non doveva trarre in errore: essa mirava solo a rafforzare il Governo, sottraendolo alle pressioni di parte. E alla attitudine dell'Argentina e del Brasile -or

mai nota -si sarebbe certo ispirata anche quella degli altri paesi Sud Americani più importanti.

Incidentalmente e senza bisogno che io ne lo richiedessi, il Cardinale Maglione mi ha anche detto che -per quanto con le dovute cautele e sotto forma di «speranza >> e di «augurio » -il Vaticano aveva agito ed agiva in tutto il Sud America in senso favorevole al mantenimento della neutralità.

(l) -Vedi serie IX, vol. V, D. 326. (2) -Vedi serle IX, vol. VI, D. 358.
50

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. S. 24155/AG. Torino, 20 dicembre 1941 (per. il 26).

Seguito ns. del 16 corrente n. 23650 AG. (l). Si rimette, qui unito, copia del rapporto n. 29170/Pr. in data 19 corrente, inviato da questa Presidenza al Comando Supremo.

Si attira l'attenzione del R. Ministero su quanto detto a pag. 3 circa rapporti tra la Francia e l'America e l'eventuale convenienza di mantenere i traffici tra gli Stati Uniti e il Nord Africa francese. L'ipotesi del gen. Vacca Maggiolini è confermata dai telegrammi-cifra nn. 68 e 69 in data 13 e 16 corrente del barone Confalonieri (2).

Circa le conclusioni cui giunge il Presidente nel suo rapporto allegato, è da rilevare la constatazione che per le basi tunisine, la C.I.A.F. ha già fatto tutto quanto era in suo potere per indurre la C.T.A. ad accogliere il nostro punto di vista, ma trattandosi di questione fondamentale che investe tutta la direzione politico-militare della guerra, essa non può venir risolta se non da contatti diretti del Governo fascista con quello del Reich e tra i due Comandi Supremi .

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. S. 29170/PR. Torino, 19 dicembre 1941.

Riferimento mio foglio 28843/Pr del 14 dicembre u.s. (3).

· In attesa della risposta da me indirizzata al generale Vogl, di cui al foglio sopra citato -nota che è stata oggetto di comunicazione all'O.K.W. -qui di seguito riporto alcune considerazioni sul pensiero della C.T.A. in merito allo sviluppo dei rapporti tra la Germania e la Francia e delle trattative per la utilizzazione delle basi tunisine per i rifornimenti in Libia.

4.3

l) Rapporti Germania -Francia.

Il Governo del Reich si è sempre opposto a discutere col Governo francese sul terreno politico, mantenendosi fermo sulla decisione di condurre le trattative con i francesi nel campo militare entro i limiti fissati dal protocollo di Parigi nel maggio 1941 (1).

Due sono da ritenere le ragioni fondamentali di questo atteggiamento:

a) la Germania era troppo impeg11ata sul fronte russo, per far valere, nel corso delle discussioni, tutto il peso della sua potenza. La parte francese avrebbe perciò potuto valorizzare oltre misura il proprio apporto, mentre le Potenze dell'Asse non sarebbero state in grado di intervenire direttamente onde proteggere la Francia da eventuali aggressioni inglesi in Africa e nel Mediterraneo.

b) La situazione interna francese appariva troppo labile per basarvi una presa di posizione definitiva.

Nei riguardi del punto a) la campagna di Russia 1941 è oggi sospesa. Non è stata raggiunta la soluzione conclusiva che si sperava, ma l'ordinamento difensivo in via di adozione consentirà il ricupero di notevoli forze, specialmente aeree, per l'impiego, durante il periodo invernale, su altri teatri di operazione: anzitutto sul teatro mediterraneo.

Sotto questo punto di vista dunque lo sviluppo della situazione potrebbe consentire di affrontare i colloqui politici rifiutati in passato.

Nei riguardi del punto b) e cioè della situazione interna francese e soprattutto dell'apprezzamento sulla solidità del Governo Pétain-Darlan, si giudica a Berlino che molto è stato ottenuto con il collocamento a riposo del generale Weygand. Molto, però, resta da fare, anche entro lo stesso Gabinetto di Vichy, dove gli attesisti hanno ancora un valore non trascurabile. Moltissimo poi resta da fare per condurre il paese a sentire e seguire la politica della collaborazione. Si tratta di un processo di evoluzione appena avviato e che non può essere accelerato oltre una certa misura.

Devesi altresì considerare che la nuova situazione generale determinatasi ora con l'intervento giapponese ed americano nel conflitto viene anch'essa ad influenzare, e notevolmente, l'atteggiamento tedesco.

L'aperta ostilità con l'America accentua il carattere europeo della guerra e spinge al rinsaldamento del blocco continentale intorno alle Potenze dell'Asse.

Non è ancora apprezzabile, però, in quale campo si svilupperà, nell'immediato futuro, l'azione anglo-americana. Non è noto, cioè, se il loro sforzo principale verrà compiuto nello Estremo Oriente, ovvero nell'Atlantico-Mediterraneo.

Nel primo caso è verosimile che l'America continuerà ad evitare di rompere i rapporti con la Francia: anche l'Inghilterra non passerà ad atti di ostilità veri e propri. Corrispondentemente, potrebbe convenire all'Europa di manteuere aperta il più a lungo possibile la via di comunicazione con l'America, almeno per il rifornimento dell'Africa del Nord.

Nel secondo caso, la Francia sarà obbligata a scegliere pro o contro le Potenze dell'Asse.

I fattori di indecisione sopra accennati verranno probabilmente eliminati in breve tempo; si avranno pertanto altri elementi per giudicare, in linea generale, della convenienza di accelerare o rinviare ancora l'inserimento della Francia nel fronte europeo.

Si può quindi concludere che nella attuale situazione, mentre alcune delle ragioni che hanno finora indotto il Governo del Reich ad una politica temporeggiante di fronte aìle premure collaborazioniste di Darlan hanno visto scemare o addirittura capovolgere il loro valore, altre invece permangono più o meno immutate.

2) Utilizzazione basi tunisine per rifornimenti in Libia.

Il problema dei rifornimenti per la Libia viene dalla C.T.A. apprezzato, in senso assoluto, nel suo pieno valore. Può tuttavia riscontrarsi una divergenza, rispetto all'apprez

zamento italiano, nella determinazione del suo valore relativo, in rapporto alla situazione politico-strategica generale, come sopra esposto.

Ritengo, tuttavia, che, specialmente ora che l'attenzione principale dell'O.K.W. viene ad essere distolta dal teatro di operazioni orientale, si faccia strada il concetto del valore preminente del Mediterraneo per la vita europea, e quindi per la resistenza contro l'attacco anglo-americano.

L'OK.W. ritiene -ma non è escluso che, anche a questo riguardo, il suo pensiero si stia in questi giorni modificando -che la comunicazione diretta Sicilia-Libia possa essere riaperta ed assicurata con adeguato impiego di forze aeronavali. Preferisce pertanto fornire i mezzi per raggiungere questo fine, anziché correre il rischio, precipitando gli eventi nei riguardi della Francia e della possibile reazione inglese, di perdere altri territori preziosi (essenzialmente l'A.O.F.) per salvare l'Africa Settentrionale. E rimane pur sempre viva la riluttanza tedesca -che, in linea di massima, dobbiamo riconoscere coincidente coll'interesse italiano di una realizzazione integrale delle nostre rivendicazioni -a valorizzare la Francia ed il suo apporto alla vittoria.

Si ritrova dunque anche qui una concezione strategico-operativa che non appare perfettamente coincidente con l'italiana, mentre meno discoste appaiono le concezioni politiche.

La completa coincidenza dei due punti di vista non può essere raggiunta evidentemente che mediante uno scambio diretto di opinioni fra Governi e Comandi supremi.

È però, anche in questo particolare argomento, da notare che i prossimi sviluppi della guerra negli Oceani, allontanando o accentuando le minacce anglosassoni nell'A.O.F., varranno a fissare con maggior precisione la visione tedesca sulla questione mediterranea. Ed è solo da augurarsi che tale più preciso orientamento del pensiero militare tedesco non riesca troppo tardivo, nei riguardi degli sviluppi della situazione in Libia.

(l) -Non pubblicato: conteneva le osservazioni della C.I.A.F. relative alle trattative di Wiesbaden. (2) -T. 11830/68 r. del 13 dicembre 1941, n. 18,40 e T. 11905/ r. del 16 dicembre 1941. ore 12,55, non pubblicati, riferivano circa la proposta americana di mantenere in vigore l'accordo con la Francia per l'Africa occidentale. (3) -Si tratta della ritrasmissione al Comando supremo del D. 27, allegato.

(l) Vedi serie lX, vol. Vll, DfJ. 142, 184, 295.

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IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO

L. s. 05227. Roma, 20 dicembre 1941.

Ho sottoposto la tua lettera all'Ecc. il Ministro (l), il quale ben volentieri ti incarica di dare notizia al Ministro Serrano Sufier dei principali argomenti trattati nelle recenti conversazioni itala-francesi di Torino (2).

Queste, che si sono svolte in una atmosfera di cordialità, non hanno avuto altro significato che quello di una ripresa di contatti politici diretti fra Italia e Francia. Come sai i rapporti itala-francesi erano fino ad ora unicamente tenuti dalle competenti Commissioni militari e sempre unicamente sul piano degli accordi di armistizio.

Nulla di concreto è risultato da questo incontro, all'infuori di una migliore conoscenza reciproca degli elementi dirigenti dei due Paesi e di un breve giro di orizzonte sulla situazione generale.

I punti salienti del colloquio sono stati i seguenti:

l") riconoscimento da parte di Darlan degli errori compiuti dai precedenti Governi francesi;

(-2) Vcdi serie IX, vol. VII, D. 845.

2°) dichiarazione da parte dell'Ammiraglio Darlan che la Francia intende prendere parte attiva alla costruzione del nuovo ordine europeo << dopo aver pagato i suoi debiti»;

3°) decise dichiarazioni di Darlan contro l'Inghilterra, che egli afferma di odiare specialmente dopo aver visto la condotta dei britannici nelle Fiandre;

4°) riconoscimento comune della convenienza di ristabilire rapporti regolari mediante l'istituzione in un prossimo futuro di una qualche rappresentanza diplomatica.

Naturalmente l'incontro si è svolto a piena conoscenza degli alleati germanici, e l'Eccellenza il Ministro ha esplicitamente confermato a Darlan che in tutto si procederà -anche per quanto è detto al punto 4o -in totale accordo con loro.

Ti aggiungo ad ogni buon fine che nel colloquio non è stato toccato alcun argomento che potesse interess::~re in modo particolare la politica spagnola (1).

(l) -In tale lettera, del 12 dicembre 1941, Lequio, ricordato quanto «ogni tentativo di avvicinamento tra Germania e Francia interessi questo paese che teme sempre sia a discapito delle sue rivendicazioni >>, riferiva che Serra•1o Sufler era «tornato ad accennare all'argomento a proposito dell'incontro di Torino>>.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO. ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 12132/2333 R. Berlino, 21 dicembre 1941, ore 22.

Mi risulta decisione sospendere operazioni fronte orientale è stata adottata dal Fiihrer soltanto in seguito a pressanti insistenze dell'Alto Comando fondate principalmente sulla necessità procedere ad una profonda riorganizzazione delle armate duramente provate da due mesi di ininterrotta offensiva e dal rigore della stagione invernale.

Di fronte alla vastità ogni giorno più palese del movimento di riassetto che, come precedentemente ho riferito (2), impone forti perdite di materiali e l'abbandono di una parte dei territori conquistati durante l'offensiva di ottobre-novembre il ... (3), mostrerebbe tuttavia profondo disappunto in confronto degli organi che hanno sostenuto con fermezza la necessità della manovra. Il Maresciallo Rundstedt Comandante gruppo eserciti costretto a suo tempo dovere evacuare Rostof è stato esonerato comando e sostituito da Von Reichenau. Altri analoghi provvedimenti sarebbero in corso nei riguardi di comandanti di unità del fronte centrale.

Confermo che situazione militare quantunque presenti aspetti negativi è pienamente controllata dall'Alto Comando Germanico (4).

(l) -Con T. s.n.d. 43515/969 p.r. del 28 dicembre 1941, ore 16, non pubblicato, Lequio riferì di aver comunicato a Serrano Sufier il contenuto clelia lettera. (2) -Vedi D. 45. (3) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Manca •>. (4) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T.s.N.D. 49868/2027 P .R. Roma, 21 dicembre 1941, ore 23,30.

Vostri telegrammi 2329 e 2330 (1). Nessuna obiezione da parte nostra circa testo lettera von Ribbentrop a Gailani. Potrete far sapere all'Auswartiges Amt che, quando Gailani verrà a Roma, gli sarà rimessa lettera analoga (2).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.s.N.D. 12170/2334 R. Berlino, 22 dicembre 1941, ore 23,34 (per. il 23).

Cambio guardia Comando Supremo ha suscitato a Berlino vivissima sorpresa e profonda impressione.

Come ho segnalato a V. E. col mio telegramma 2333 (3) l'allontanamento di taluni Comandanti di grandi unità era ritenuta probabile per una data più o meno lontana. Non veniva, tuttavia, neppure affacciata l'ipotesi sostituzione Comandante Supremo Esercito in persona.

Decisione del Fiihrer e momento scelta per essa -mentre cioè è in pieno sviluppo difficile manovra per riassetto fronte -rivela al pubblico importanza di tale operazione e permette di constatare esistenza di una diversità di vedute che palesatasi, a quanto si afferma, fin dal momento in cui campagna di Russia venne strategicamente concepita, si sarebbe confermata più profonda allorquando si trattò ai primi del corrente mese di rinunziare all'attacco su Mosca e di decidere ritirata delle truppe sulle posizioni previste per lo sverno. L'andamento non completamente soddisfacente di queste ultime operazioni deve evidentemente aver convinto Fiihrer della necessità di trovare agli occhi del pubblico un capro espiatorio e di assumere al tempo stesso personalmente la responsabilità diretta della campagna (4).

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IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. PER CORRIERE 12270/0775 R. Sofia, 22 dicembre 1941 (per. il 26).

Mio telegramma n. 1072 (5) e telegrammi dell'E. V. nn. 602 e 604 (6).

r. -11934/758 p.r. e 44708/764 p.r., relativi alle reazioni turche alla dichiarazione di guerra bulgara alla Gran Bretagna cd agli Stati Uniti.

Ho avuto occasione di parlare nuovamente con questo Ministro degli Esteri circa la situazione esistente tra Sofia ed Ankara, a seguito dell'avvenuta dichiarazione di stato di guerra tra la Bulgaria e l'Inghilterra, alleata della Turchia.

Le interessanti comunicazioni del R. Ambasciatore in Ankara confermano quanto qui, sia attraverso i telegrammi del Ministro di Bulgaria ad Ankara, sia per le pubblicazioni dei giornali turchi, è risultato circa l'atteggiamento e le impressioni del Governo di Turchia. A questo evidentemente. che è sempre in sostanza sospettoso nei riguardi dei futuri programmi germanici da queste parti, il nuovo passo in avanti compiuto dalla Bulgaria, anche se destinato a rimanere, almeno per ora, sulla carta, non è troppo piaciuto. E se ne è avuta una prova nell'immediato nervosismo della stampa turca che da una parte ha cercato di svalorizzare l'entrata in guerra di Sofia, dichiarandola priva di qualsiasi effetto pratico, e dall'altra non ha mancato di risollevare l'interrogativo della mancata rottura bulgaro-sovietica: interrogativo che rivela sempre il desiderio turco di vedere una buona volta la Bulgaria ingaggiata in qualche modo a settentrione e nel Mar Nero e nell'impossibilità di mantenere intatte le proprie forze.

In seguito, è sopravvenuta una maggiore riflessione ed una maggiore calma, a conseguenza anche delle assicurazioni date al Ministero degli Esteri turco, su istruzioni di Sofia, dal Ministro bulgaro ad Ankara, Kirov, e di un articolo dell'organo sofiota Utro che aveva per scopo di dichiarare false tutte le voci relative a pretese intenzioni della Bulgaria ai danni della Turchia; articolo che ha trovato, come è noto risonanza e risalto in grande parte della stampa turca.

Quanto al mancato passo comune rassicurativo degli Ambasciatori di Italia e di Germania ad Ankara presso il Governo turco, è risultato oramai chiaramente (mio telegramma n. 1089) (l) che l'assenza di istruzioni da Berlino a von Papen è stata dovuta ad una mancata comunicazione di questo mio collega alla Wilhelmstrasse. A tale riguardo il Ministro degli ESTERI, Popoff, ha aggiunto che di una tale mancata trasmissione della richiesta bulgara si era avuta sensazione anche a Berlino dove era stato in proposito interpellato quel Ministro di Bulgaria il quale ha avuto ora da qui istruzione, per quanto si tratti di cosa oramai sorpassata nel tempo, di chiarire l'origine della domanda di Sofia.

(l) -Vedi D. 46. (2) -Vedi D. 254. (3) -Vedi D. 52. (4) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (5) -Vedi D. 35. (6) -Con tali telegrammi Buti rit.rasmettcva a Magistrati tre telegrammi da Ankara (11784/751
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 16043/4373. Berlino, 22 dicembre 1941 (per. il 26).

Mellini prega comunicare quanto segue: «Il Signor Gailani, dopo conosciuta la decisione del Governo tedesco di rilasciargli la nota lettera a firma del Ministro von Ribbentrop (2), è passato.

con il facile estremismo proprio del carattere arabo, dal più nero pessimismo al più roseo ottimismo.

Egli pensa che sia ormai rimosso il più pericoloso ostacolo alla conclusione dell'auspicato Patto e relativi accordi tra Iraq e le Potenze dell'Asse e vede già spianato il cammino per una immediata collaborazione degli iracheni con quelli che egli già considera i suoi alleati.

A commento delle notizie recentemente diffuse dalla radio circa atti di sabotaggio da parte degli iracheni alle linee ferroviarie utilizzate dagli inglesi, egli ha detto non essere questo che l'inizio di un largo piano di sabotaggi da lui già predisposto prima di partire da Istanbul ed al quale ritiene poter dare efficace sviluppo. Egli conta farsi raggiungere presto da alcuni Ministri del suo Gabinetto che si trovano ad Istanbul e da alcuni alti ufficiali dell'esercito iracheno che si trovano attualmente a Bagdad ma che, secondo egli dice, sarebbero in grado di lasciare clandestinamente il paese e di raggiungerlo in Europa.

Nell'esporre questi suoi rosei piani, il Signor Gailani ha detto che in una recente riunione di personalità dei vari paesi arabi, tenutasi ad Istanbul nella sua casa prima della sua partenza per qua, è stata preparata una lettera programma, firmata dai presenti, che egli ha portato al Gran Mufti. In tale lettera 1 Capi arabi avrebbero dato al Signor Gailani pieno mandato di rappresentarli nelle trattative con l'Italia e la Germania.

Di tale lettera l'Emiro Adel Arslan (fratello di Scekib Arslan) che è uno dei firmatari, avrebbe inviato copia, attraverso le Autorità tedesche in Turchia, al Signor Grobba. Questi però, non me ne ha fatto parola. Nè, per ora, me ne ha fatto parola il Gran Mufti. Sarebbe forse interessante aver conferma e maggiori dettagli in proposito -se non possibilmente copia della lettera -dal

R. Console Generale in Istanbul. Nello sviluppo degli avvenimenti sembra ora venirsi a delineare la seguente situazione:

Il Grande Mufti, come capo dell'organizzazione segreta nazionalista araba, e ritenendosi l'animatore spirituale della lotta ed il più alto ed autorizzato rappresentante del mondo arabo, ha ricercato e ricerca impegni da parte dell'Asse con i vari noti paesi della Mezzaluna fertile (Iraq, Siria, Palestina, Libano, Transgiordania).

Dopo la doccia fredda del rifiuto da parte del Fiihrer a rilasciare la <<dichiarazione», egli non rinuncia al suo programma. Forse pensa che, dimostrando alla Germania spirito di collaborazione e le sue possibilità, potrà arrivare ad ottenere in futuro o la dichiarazione od il patto. Peroiò si presta, sia pure con cautela, ad entrare nel giuoco di questo Ministero Affari Esteri che, attraverso un Ministro e cinque funzionari occupati esclusivamente per la questione araba e per le personalità arabe che trovansi in Germania, attraverso larghezze di mezzi ed attenzioni di ogni genere, attraverso le varie associazioni culturali politiche militari ed economiche arabe od islamiche che la Germania non da oggi possiede, attraverso i numerosi ed influenti Arabi e Mussulmani che in Germania da tempo risiedono o che recentemente si sono qui rifugiati per trovarvi una ospitalità larga e generosa, non manca di fargli sentire il peso e l'importanza della potenza tedesca.

Il Mufti spera forse anche così, oltre raggiungere 1 suoi fini, di mettere definitivamente fuori causa Fauzi el Khaugi e di neutralizzare i contatti esistenti tra funzionari tedeschi ed altri capi arabi. Ma spera forse anche di mettere definitivamente in una luce secondaria alla sua propria, la personalità di Gailani che su di lui, il cui ascendente è prevalentemente religioso e di animatore dietro le quinte della rivolta araba contro l'Inghilterra al servizio primo di tutto della Palestina, ha il vantaggio pratico di essere un Capo di Governo.

Il Signor Gailani, spirito più pratico, preoccupato principalmente dell'Iraq e della responsabilità da lui incorsa nel portarlo alla guerra, pur non scevro d'altra parte da ambizioni politiche anche rispetto agli altri paesi arabi della Grande Siria, ha una immensa devozione per il Mufti, di cui riconosce la personalità superiore ed è disposto ad assecondarlo ed a seguirne consigli e direttive. Ma ritiene che i piani del Mufti siano, per ora, di difficile realizzazione nè sente gli alti ideali che animano il Mufti, su di un piano più vasto e più alto, per creare, attraverso sacrifici nuovi e maggiori ed attraverso una profonda e non soltanto occasionale c politica collaborazione con l'Asse, le premesse per l'avvenire di un futuro grande Stato arabo. Gailani, sebbene più intransigente del Mufti nel campo religioso, è più materialista e, con visione più limitata, preferisce invece lavorare per ora per l'Iraq con la speranza di riuscire poi a riunire all'Iraq gli altri paesi arabi con quelle dovute cautele che rendano la cosa possibile ed accetta tanto all'Iraq quanto agli altri paesi.

Probabilmente, nel suo cuore, Gailani vede anche, in questa seconda procedura, una maggiore sicurezza che egli sarà il futuro <<Duce» -come egli stesso si è qualificato -certamente dell'Iraq e possibilmente di un Iraq più vasto. Per capo del futuro SLato egli pensa all'attuale reggente Sceriffo Sceraf -ora in mano inglese -a cui è legato da devozione e da riconoscenza e che gli dà affidamento di essere un docile istrumento nelle sue mani.

Il Mufti vede invece nell'Iraq il Piemonte della causa araba. accarezza forse il sogno di essere non più l'Eminenza grigia, ma il capo riconosciuto del futuro Stato arabo, ma sarebbe pronto a sacrificare se stesso e Gailani se ciò fosse utile a raggiungere l'ideale che da t:mti anni il popolo arabo tenacemente persegue: indipendenza ed unità.

La Germania si è dimostrata sinora, in sostanza, più interessata all'Iraq ed ai suoi petroli: perciò forse ha riconosciuto senza difficoltà la posizione di Gailani ed è disposta ad entrare con lui in accordi concreti. Gailani, da tempo amico ed ammiratore della Germania, non credeva -come molti altri capi arabi influenzati dalla propaganda inglese -di trovare nell'Italia favorevoli disposizioni verso i paesi arabi. Il Mufti, mettendolo al corrente dettagliatamente dell'accoglienza e dei colloqui avuti in Italia con il Duce e con il Conte Ciano (1), lo ha pienamente rassicurato. Così rassicurato fin dai primi giorni del suo arrivo qua, Gailani non ha molto gradito che lo si sia fatto attendere a Berlino vari giorni, senza essere ricevuto dal Ministro von Rib

bentrop, prima di dargli assicurazioni circa la posizione che gli veniva riconosciuta. Ora egli si attende anche di essere ricevuto dal Fiihrer.

Intanto ha ripetuto in questi giorni varie volte che, dopo ricevuta la lettera del Ministro von Ribbentrop, egli chiederà al Mufti di partire insieme per Roma al fine anche di gettare le prime basi del patto e relativi accordi tra l'Iraq e le Potenze dell'Asse. Egli ha detto confidenzialmente che, se il patto potrà essere concluso con tutti i noti paesi arabi, secondo i desideri del Mufti, egli sarà soddisfatto. Altrimenti, e forse così preferisce, chiederà un patto tra le Potenze dell'Asse e l'Iraq, insistendo perché in un articolo di esso si accenni alla indipendenza degli altri Paesi arabi della Mezzaluna fertile ed alla possibilità che essi, se lo vogliono, siano riuniti all'Iraq.

Tale per ora appare lo stato d'animo dei due personaggi. Ma, come è noto, l'Arabo è, alla superficie almeno, mutevole come le forme della sabbia dei suoi deserti sotto le raffiche di vento ».

(l) -Riferimento errato. (2) -Vedi DD. 46 e 53.

(l) Vedi serie IX, voi VII, DD. 673 e 676. Del colloquio che il Mufti ebbe con Mussolini fu data notizia col seguente comunicato: «Il Duce ha ricevuto nei primi di dicembre il Gran Muiti di Palestina e lo ha intrattenuto in un lungo e cordiale colloquio. Nel corso della conversazione sono state più. specialmente esaminate le questioni interessanti il futuro dei Paesi Arabi del Vicino Oriente ».

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L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI (l)

PROMJ<:MORIA 1623/S. Berlino, 22 dicembre 1941.

La particolare situazione derivante dal distacco di spazio e dalle grandi distanze come pure dalla difficoltà delle trasmissioni determina nella cooperazione militare delle tre Potenze impedimenti di carattere evidente i quali richiedono tempestivi accordi. Questi accordi devono necessariamente essere presi in un campo vasto, avere la dovuta elasticità e sopratutto richiedono molto spirito di previsione dato che nella maggior parte dei casi il loro effetto non può risentirsi a breve scadenza.

Lasciando da parte l'aspetto politico della condotta comune della guerra, sembra che l'attenzione debba portarsi essenzialmente sui seguenti punti:

2°) Necessità che gli alti comandi delle tre Potenze siano reciprocamente orientati sulla situazione militare e su quella politica, per regolare opportunamente la loro azione e prendere tempestivamente i necessari accordi;

3°) Convenienza di concordare l'attività della propaganda ai fini militari.

Elemento di base, il quale richiede pronta attuazione e costante contatto, è l'orientamento reciproco circa la situazione militare e politica dei tre Stati.

Attualmente, per quanto risulta, tale orientamento si può dire quasi esclu.;1vamente basato sui comunicati ufficiali. È troppo poco. Sembra questo il punto sul quale conviene insistere inizialmente.

La collaborazione per quanto riguarda gli altri elementi richiede un certo lavoro di preparazione, che converrebbe avviare.

Per quanto riguarda la collaborazione operativa l'intervento giapponese si è verificato in tempo opportuno, data la situazione militare generale dell'Asse. Anche le direttrici di operazione delle forze armate giapponesi sembrano orientate in modo rispondente ai nostri interessi militari, in quanto sono destinate a richiamare aliquote importanti delle forze dell'Australia, della Nuova Zelanda, dell'India e delle forze navali.

l 0 ) Possibilità di coordinare le grandi operazioni militari nel tempo e nello spazio regolandone la contemporaneità o successione e in qualche caso anche la direzione. È questo il campo nel quale occorre lasciare maggior ampiezza agli accordi e prendere gli accordi stessi con larghissimo anticipo;

(l) In Archivio <lcll'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, carte Marras. Non sono stati rinvenuti in tale archivio altri documenti utili per la peparazione della Convenzione militare del 18 gennaio 1042, per la quale vedi D. 169.

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 49971/775 P.R. Roma, 23 dicembre 1941, ore 0,30.

Vostro 837 (1).

Condivido vostra opmwne. Date le circostanze, un passo formale nel senso precedentemente prescrittovi non avrebbe che poche o nessuna probabilità di successo. Potete conseguentemente astenervene. Anche vostro collega tedesco riceverà istruzioni analoghe da suo Governo che concorda col nostro punto di vista.

59

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, A RIO DE JANEIRO, SOLA, AD ASSUNZIONE, TONI, A LA PAZ, MARIANI, E A QUITO, SCADUTO MENDOLA

T. S.N.D. 422 R./C. Roma, 23 dicembre 1941, ore 1,15.

Come Vi è noto, alcuni Stati dell'America Centrale ci hanno notificato di considerarsi in stato di guerra con Italia, Germania e Giappone, altri (Messico e Colombia) hanno rotto con noi le relazioni diplomatiche. È questa una preventiva e partigiana presa di posizione che non tiene affatto conto dell'atteggiamento di attesa assunto dalla stragrande maggioranza degli Stati dell'America Latina e della decisione da questi adottata di discutere liberamente nella prossima Conferenza di Rio una questione di così vasta portata che impegna evidentemente la responsabilità e l'avvenire non solo dei singoli Stati,

ma sopra tutto quella di tutto il Continente Sudamericano. Parrebbe conseguentemente giusto che, qualora alla Conferenza di Hio le risoluzioni circa la neutralità dovessero essere prese per voto, quegli Stati che già hanno deciso di precorrere arbitrariamente gli eventi, assumendo direttive politiche unicamente inspirate a interessi e esigenze particolari, fossero preclusi dalla votazione. È altresì noto che gli stessi Stati hanno agito e agiscono per imposizione degli Stati Uniti. Hanno cioè una libertà di movimenti e di azione inesistente o gravemente minorata. Ciò che, per ragioni ovvie, dovrebbe rafforzare la tesi della loro esclusione da ogni votazione.

AdoperateVi, nei modi che riterrete più opportuni, perché tale tesi possa trovare l'appoggio e il sostegno di codesto Governo alla prossima Conferenza di Rio, allo scopo che eventuali decisioni di maggioranza non incidano gravemente sull'atteggiamento, gli interessi, i propositi degli Stati più grandi, più responsabili, più indipendenti dell'America Latina (1).

(l) Vedi D. 32.

60

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 45209/3567-3568 P.R. Lisbona, 23 dicembre 1941, ore 3,50 (per. ore 17).

Mio telegramma n. 3535 (2).

Nicolas Franco, parlandomi oggi avvenimenti Timor, messomi a parte di quanto personalmente confidatogli dallo stesso Salazar. Secondo quest'ultimo, vecchie aspirazioni Australia su Timor, risvegliate da ristabilimento linea aerea Giapponese Palau-Dili e qcutizzate da più recenti sviluppi conflitto, hanno originato forti pressioni Canberra su Governo Londra per ottenere consenso e collaborazione ad atto di forza su quel possedimento portoghese, anche come compenso del contributo militare australiano allo sforzo bellico della Gran Bretagna nel Medio Oriente. Non devesi inoltre escludere che con decisione effettuare sbarco Governo australiano abbia voluto forzare la mano a Londra.

In vista della vivace e profonda ripercussione che imposizione da parte Gran Bretagna ritiro truppe sbarco provocherebbe Australia, Franco ritiene assai dubbio che incidente sia di fatto suscettibile tale soluzione.

A suo avviso è piuttosto da prevedere una formula compromissoria contenente impegno evacuazione quando circostanze lo permettessero e assicurazione platonica rispetto sovranità portoghese.

Avendogli io chiesto se protocollo addizionale trattato !uso-spagnolo 29 luglio 1940 (3) fosse stato operante nella circostanza, e accennato a voce qui corsa di un incontro tra Salazar e Caudillo, Franco smentitomi categoricamente quest'ultima voce e aggiuntami che consulti previsti Protocollo Addizionale concernono soltanto territorio portoghese metropolitano, Azzorre Canarie

Capo Verde. Eventualmente consulti po:.rebbero estendersi anche Angola e Mozambico egli ha aggiunto. data intenzione questo Governo costituire provincie

trrritori predetti.

(1) -Per le risposte di Sola e Boscarelli, vedi DD. 65 e 66; delle legazioni è stata rinvenuta solo la risposta da Assunzione per la quale vedi D. 83. (2) -T. 12138/3535 r. del 21 dicembre 1941, ore 17, non pubblicato. (3) -Vedi sPrie IX, vol. V, D. 326.
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L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.RR.S.N.D. 12225/399-400 R. Shanghai, 23 dicembre 1941, ore 7,30 (per. ore 7 del 24).

Da buona fonte tedesca apprendo e riferisco ad ogni buon fine che, su recenti istruzioni di von Ribbentrop, Stahmer durante attuale sosta a Tokio svolgerebbe una prima azione ufficiosa parallela ma più profonda di quella di Ott, intesa a precisare apporto rispettivo dell'Asse e del Giappone nel conflitto mondiale, a coordinare gli sforzi ad uno stesso fine, a salvaguardare i rispettivi interessi, a definire anche per il futuro le rispettive sfere d'azione.

Nella convinzione di von Ribbentrop un tale complesso problema dovrebbe essere affrontato subito e con assoluta franchezza ai fini urgenti dell'economia della guerra e ad evitare quei malintesi che inevitabilmente derivano da ogni collaborazione della quale non siano precisati i limiti e la portata.

Una questione base sarebbe quella delle Indie Olandesi sulla cui sorte e sulle cui materie prime Berlino intenderebbe far valere i diritti del Reich attraverso quello della madrepatria.

Caso di riuscita trattative su tale delicata materia Tokio si asterrebbe a meno di assoluta necessità strategica dall'attaccare tutte le isole dell'arcipelago coperte dalla bandiera olandese.

In più Stahmer cercherebbe di far rivivere attraverso nuove intese gli interessi creati dalla Germania dal 1920 in poi in Insulindia ed in Cina.

Si ritiene a Berlino, malgrado il contrario avviso di qualche agente tedesco in Cina, che Giappone non potrà fare a meno del contributo dell'Asse per dare alle enormi zone che controllerà in Cina una struttura solida ed efficiente.

Ed è probabile che durante soggiorno di Stahmer a Tokio si torni a parlare del progetto da lui sostenuto e che riaffiora oggi, forse come punta di assaggio, in base informazioni agenzia Domei, di una mediazione dell'Asse, con un simulacro di garanzia, tra Nanchino e Chung-King. A molti non sembra da escludersi che Chang-Kai-Shek tagliato da Hong-Kong e da Rangoon, scosso dalle vittorie giapponesi, colpito dagli avversari con l'accusa di essere il solo asiatico oggi alleato con le plutocrazie sfruttatrici dell'Asia possa un giorno cedere il posto ad un capo militare (che potrebbe essere il Generale Chang-Chung si e no legato a Chang-Kai-Shek da patto di sangue) al quale non sarebbe difficile, chiedendo l'interessamento dell'Asse, di iniziare negoziati, per una pace cosidetta onorevole sulla [base] ideale dell'emancipazione dell'Asia.

Da rilevare che sembra accertato nel settembre dell'anno 1940 Matsuoka

lasciò nettamente cadere accenni di Stahmer alla possibilità dei buoni uffici

del Reich per soluzione dell'incidente cinese; alcuni caratteri della recentissima politica giapponese in Cina sui quali riferirò ulteriormente farebbero supporre che Tokio sarebbe oggi meglio disposto a questo proposito e aggiungo che qualche elemento di Chung-King del gruppo favorevole ad un compromesso guarda oggi all'Italia. Non vi è dubbio che se tale ancora vaga ipotesi avesse a verificarsi essa sarebbe il primo passo per una effettiva collaborazione tra Asse e Giappone in Estremo Oriente.

Ma l'azione tedesca presso il Governo di Tokio tende progressivamente ad uno scopo superiore che tutti gli altri comprende: quello di mantenere per una Europa intorno all'Asse il posto che ancora le spetta in Asia.

Soltanto infatti politica di intesa e di collaborazione dell'Asse potrà salvare un minimo di prestigio della razza bianca in Asia e impedire che questo Continente si coalizzi in funzioni anti-europee il che, caduto il bastione dell'Australia, confinerebbe l'Europa sulla sponda africana.

Che gli scambi di vedute ai quali ho accennato già trovino una certa comprensione in Giappone si dovrebbe dedurre dall'asserzione di questo Incaricato d'Affari del Giappone che cioè il suo Governo non considera attuali azioni della guerra nippo-americana come limitate al Pacifico, bensì inquadrate nel più grande conflitto, a trionfare nel quale, per stabilire un ordine nuovo e duraturo, Giappone Italia e Germania debbono mettere insieme le loro risorse e perfettamente coordinare i loro sforzi per impegnare contemporaneamente il comune nemico su tutti i fronti.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 12187/2348 R. Berlino, 23 dicembre 1941, ore 19,05.

Truppe germaniche procedendo nella manovra di riassetto del fronte ora ... (l) in alcuni punti linea prestabilita per lo sverno. Tale linea secondo quanto comunicato dall'Alto Comando è la seguente per quanto riguarda fronte centrale: Lago Ilmen-Rjew-Kaluga-Orel-Kursk-Karkow. L'arretramento delle unità in confronto alle posizioni più avanzate raggiungerà, a movimento ultimato, da un massimo di centocinquanta chilometri a un minimo di quaranb.

63

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. 05294. Roma, 24 dicembre 1941.

A seguito della mia comunicazione per telescrivente con cui ti è stata comunicata la nomina dell'Ambasciatore Buti a R. Plenipotenziario in Pa

rigi, desidero darti qualche maggiore ragguaglio sulle circostanze che hanno condotto alla riapertura di una nostra Rappresentanza diplomatica in Francia.

La decisione di massima venne presa nei colloqui del Conte Ciano con Darlan a Torino (l) nei quali fu accennato all'opportunità di avviare, per quanto possibile, le relazioni tra i due Paesi verso una più normale ripresa dì contatti.

Il Governo germanico, al quale fu data subito conoscenza integrale dei colloqui di Torino ha fatto subito conoscere, per tramite dell'Ambasciatore Mackensen che riteneva utile che l'Italia riaprisse la sua Rappresentanza Diplomatica a Parigi con relativo invio di un funzionario diplomatico a Vichy per mantenere il collegamento con il Governo francese.

Nello stesso giorno fu nominato Buti il quale si propone di partire quanto prima. Ritengo verso il 10 gennaio. Ti prego di considerare quanto sopra riservato alla tua personale conoscenza.

(l) Nota dell'Ufficio Cifra: «Manca».

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L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, MACKENSEN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

PROMEMORIA. Roma, 24 dicembre 1941.

Alla fine del suo colloquio con Darlan (2), il Maresciallo del Reich Goring invitò i Francesi a presentare, eventualmente in colloqui militari. dei precisi piani dì difesa. Senza esatta conoscenza dei piani militari francesi e delle possibilità non possono esaminarsi rinforzi di truppe e di materiale.

Con riferimento a questo invito del Maresciallo del Reich, il Governo Francese poco dopo ha offerto che il Ministro francese delle Colonie Platon, ed il Comandante in Capo francese dell'Africa del Nord, Generale Juin, facciano visita al Maresciallo del Reich Gèiring per sottoporgli quei precisi piani di difesa. Il Maresciallo del Reich ha in seguito fatto sapere al Governo Francese, che egli sarebbe disposto a continuare i colloqui militari, ma che egli non ritiene opportuno che in questo momento vengano a Berlino due sì alte personalità coloniali francesi. Se ciò venisse saputo a Londra, potrebbe darsi che, dopo il precedente incontro Goring-Darlan. la cosa potrebbe avere, presso i Governi Inglese e Nordamericano, l'effetto di un segnale d'allarme che siano imminenti intese con il Governo Francese su misure militari germaniche nell'Africa dell'Ovest e nell'Africa del Nord. Un tale segnale d'allarme potrebbe forse indurre i Governi Inglese e Nordamericano ad effettuare subito quel colpo di mano su Dal{ar e Casablanca che da tempo il Governo Francese teme. Per questa ragione il Maresciallo del Reich ritiene sia meglio che venga soltanto il Generale Juin. Inoltre dovrebbero essere prese tutte le misure perché il viaggio dei Generale Juin resti segreto. Era questa anche la ragione per cui la Commissione d'Armistizio Germanica venne tenuta fuori dai preparativi della visita, perché abbiamo fatta l'esperienza che delle cose segrete vengono

da certe personalità francesi a Wiesbaden trasmesse a falsi indirizzi. Il viaggio di Juin a Berlino venne poi combinato per altra via.

Il Maresciallo del Reich ha ricevuto il Generale Juin il 20 di dicembre per un ampio colloquio informativo. Il Maresciallo del Reich stesso sin dal principio non aveva l'intenzione di stabilire accordi di sorta. Pure il Generale Juin ha sottolineato di non essere autorizzato ad accordi di sorta, ma che le sue comunicazioni hanno soltanto carattere informativo. Il contenuto essenziale del colloquio era, che il Generale Juin sottopose nei particolari i desideri francesi sul riarmamento personale e materiale dell'Africa del Nord e dell'Africa dell'Ovest. Queste comunicazioni non hanno portato nulla di nuovo a chi di competenza militare. I desideri sottoposti da Juin corrispondono ai desideri francesi di riarmamento da molto tempo noti alla Commissione d'Armistizio germanica ed alla Commissione d'Armistizio italiana. Il Maresciallo del Reich, di fronte a questi desideri, ha posto la premessa che la Francia assuma prima un atteggiamento chiaro e positivo di fronte ai desideri germanici ed italiani riguardanti Tunisi e particolarmente Biserta. All'occasione il Maresciallo del Reich ha riconosciuto che vogliamo pretendere dalla Francia l'aperto rifornimento attraverso Biserta soltanto quando la Francia sarà abbastanza protetta contro un colpo di mano inglese od americano al suo possesso coloniale africano. Ma già prima è possibile e necessario un rifornimento camuffato attraverso Biserta. Fintanto il Governo Francese non soddisfi a questa premessa, egli non è disposto a proporre al Flihrer di soddisfare i desideri francesi.

Dopo questo colloquio il Generale Juin è ripartito immediatamente. Se ed in quale forma il Governo .risponderà alle dichiarazioni deJ Maresciallo del Reich, è ancora aperto. Il Ministero degli Affari Esteri ne terrà ulteriormente informato il Conte Ciano. Per le ragioni suesposte, a noi preme che su questi colloqui vengano informati soltanto il Conte Ciano ed il Duce.

(l) -Vedi serle IX. vol. VII, D. 845. (2) -Vedi Sf'rie IX, vol. VII, D. 8"0.
65

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 12296/450 R. Rio de Janeiro, 26 dicembre 1941, ore 20,03 (per. ore 7 del 27).

In relazione Vostro telegramma circolare 422 (l) informo V. E. che tesi in questo momento qui prevalente può riassumersi così: questioni procedurali possono essere decise a maggioranza di voti, quelle sostanziali devono essere decise all'unanimità. È impossibile escludere dalle votazioni nazioni belligeranti, facendo esse parte di diritto della conferenza Panamericana. Comunque loro voti non avrebbero peso nelle questioni sostanziali riservandosi ogni nazione diritto di conformità proprio voto.

8 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

(l) Vedi D. 59.

66

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12295/662 R. Buenos Aires, 26 dicembre 1941, ore 21,25 (per. ore 7 del 27).

Telegramma di V. E. n. 422 del 23 dicembre (1).

Essendosi presentata occasione ho intrattenuto questo Ministro degli Affari Esteri sull'atteggiamento di estremo e affrettato bellicismo assunto da alcuni piccoli paesi dell'America Latina di fronte alle Potenze del Patto Tripartito, facendogli osservare come dr.tto atteggiamento avrebbe potuto incidere sugli interessi e sulle decisioni dei grandi Paesi latino-americani. Ministro degli Affari Esteri senza rispondermi direttamente ci ha detto che irrequietezza e pretese di alcuni piccoli paesi erano diventate veramente eccessive in queste ultime settimane ma che egli non era disposto a lasciarsi trascinare dalla loro agitazione né prima né durante la prossima Conferenza di Rio de Janeiro.

Sullo stesso argomento ho appreso da ottima fonte che questo Ministro

S. Domingo ha avuto ieri un colloquio col Ministro degli Affari Esteri Argentina per chiedergli d'ordine del suo Governo quale sarebbe stata linea di condotta Argentina a Rio de Janeiro. Ministro degli Affari Esteri gli avrebbe risposto che, pure essendo Governo argentino disposto a tener fede agli accordi panamericani, non av,rebbe potuto prescindere da grandissima importanza che collettività italiana e spagnola avevano avuto ed hanno nella vita politica argentina e che era pertanto molto difficile che a Rio de Janeiro Argentina avrebbe potuto fare maggiori concessioni a panamericanismo di quelle già fatte in occasione entrata in guena S.U.A.

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. D. N. PER CORRIERE 12352/0174 R. Belgrado, 26 dicembre 1941 (per. il 29).

Mio telegramma n. 482 in data 23 corrente (2).

Nessuna ulteriore comunicazione ci è stata fatta da Comando Militare Serbia, il quale sembra del resto deciso -e lo ha fatto apertamente comprendere -a che vacanze Natale siano per quanto è possibile osservate.

Confrontando successive comunicazioni Comando Militare Serbia, con informazioni provenienti da R. Legazione in Zagabria, sembra lecito dedurre che progettate e annunciate operazioni nella Bosnia adiacente alla Serbia siano per il momento non tanto dilazionate, quanto assorbite in un quadro più

generale, determinato tanto da altri fattori anche politici inerenti Croazia e Serbia, quanto da situazione prettamente militare. Tale quadro e cioè nuova dislocazione forze germaniche in Croazia ivi e specialmente compresa Bosnia è caratterizzato da occupazione da parte truppe tedesche capisaldi di interesse economico e strategico zona germanica in Croazia. Non esclude ed anzi prevede operazioni militari, quelle qui annunciate od altre, se necessario, in Bosnia. Ma da elementi disponibili appare evidente come ciclo operativo contemplato sia circoscritto tanto da chiara volontà di non parlo in atto che nelle dosi giudicate strettamente indispensabili, quanto da limitazioni imposte da stagione invernale in questa zona.

Frattanto, secondo quanto stesso Ministro di Germania mi ha detto, ribelli che sotto pressione germanica in Serbia occidentale erano defluiti nelle varie direzioni già segnalate (e sia sottolineato ancora una volta, specialmente contro nostre posizioni) cominciano a riaffluire dalla Bosnia orientale nella Serbia.

Tutta la zona balcanica che oggi può essere osservata da Belgrado è sempre in effervescenza. Da Nord a Sud una guerriglia con speciali metodi è in atto, con alterne vicende, da oltre sei mesi. Azioni in forza ne hanno avuto ragione ogni tanto, sia localmente che in zone più o meno vaste, ma immancabile risultato è stato costantemente defiuenza ribelli in zone minore pressione, e ripresa guerriglia. I capi sono quasi sempre gli stessi. Passano da una zona all'altra, e riprendono la lotta.

Vi è indubbiamente in atto fenomeno comunista ed è anzi in primo piano. È diffuso in tutta la penisola balcanica, con centri che da tempo sono conosciuti: Montenegro in primo luogo, Belgrado e zone serbe, Dflllmazia, fascia bulgaro-serba. Vi sono centrali negli Stati adiacenti, alcune delle quali individuate da tempo, emissari, invio di mezzi e di uomini.

Ma accanto a questo fenomeno prettamente comunista, vi è quello del fronte nazionalista, che sarebbe errore non valutare, e che si interseca, si innesta e spesso si confonde con quello comunista, che è certamente il più attivo. Tutte queste forze a noi contrarie, che si irradiano in tutta la penisola balcanica, ma specialmente nella zona che grosso modo potrebbe essere indicata dal Danubio all'Adriatico sono non solo ispirate dalla propaganda nemica, ma esattamente dirette dal nemico, da Mosca, per ciò che concerne la non mai sopita influenza panslava di Mosca-Londra-Washington per direttive nell'azione dei ribelli.

Azione nemica punta oggi specialmente su temporaneo arresto offensiva germanica sul fronte orientale e su assunzione Comando germanico da parte Fuehrer in sostituzione Von Brautisch. Tali circostanze, ampiamente adoperate con varie interpretazioni e illazioni da propaganda nemica, hanno indubbie ed evidenti ripercussioni su queste popolazioni con particolare riguardo azione comunista.

In Serbia e presumibilmente nelle zone limitrofe, con stag,ione invernale, si affaccia più intensa minaccia comunista. Montagne diventano per i ribelli man mano sempre meno temibili, crescono infiltrazioni negli abitati.

Attentati si moltiplicano, sulle linee di comunicazione e nella stessa Bel-· grado. Sono segnalati centri comunisti, arresti e fucilazioni. Vengono accentuati i provvedimenti che segnalo separatamente della lotta anticomunista (speciali documenti per chi voglia allontanarsi dai centri di residenza, conferma e inasprimento provvedimenti controllo estranei che arrivano a Belgrado).

Fase invernale scarsamente potrebbe essere definita di stasi. È piuttosto di preparazione, [da] parte nemica. E ritengo savebbe grave errore non prevedere che al momento massimo sforzo bellico parte nostra, in primavera, corrisponderà massimo sforzo anche da parte nemica per moltiplicare difficoltà contro di noi in questo settore, in terreno da anni preparato e manovrato e generalmente ancora oggi anche troppo propenso ai nostri avversari.

Contro tale prevedibile azione, per quanto di qui è possibile osservare e prevedere, credo debba essere ad abundantiam ma precisamente ripeto che appare essenziale contrapporre sin d'ora:

-sistematica e coordinata azione anticomunista in tutte le zone balcaniche, individuando, paralizzando centri direttivi, emissari, capi delle bande, ecc.;

-in parallela sistematica azione di controllo e repressione individui e bande aderenti, per fini sedicenti nazionali, a movimento comunista;

-coordinamento operazioni militari prevedibili a suo tempo, ivi e sopratutto comprese quelle di rastrellamento sistematico di uomini ed armi da parte tutte le Potenze in controllo rispettive zone e in tutte le zone. Credo che valga la pena di rilevare ancora una volta come esperienza dimostri che non è passibile aver ragione con separate azioni di tal genere guerriglia, diretta e sistematicamente riaccesa dal nemico, profittando di ogni circostanza.

(l) -Vedi D. 59. (2) -Riferimento errato: non è stato rinvenuto il T. con la comunicazione di cui si parla.
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IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. uu. 24531/AG. Torino, 26 dicembre 1941 (per. il 29).

Seguito ns. del 23 corrente n. 24329 AG (1). Si rimette, qui unito, copia del rapporto n. 29510/Pr. in data 25 corr., rimesso dall'Ecc. il Presidente al Comando Supremo.

Al rapporto è allegato il memorandum presentato dalla Delegazione francese di Wiesbaden alla C.T.A. il 21 corr., e l'esposto verbale fatto, in quell'occasione, dall'Ammiraglio Michelier, Presidente della Delegazione francese presso la C.T.A.

Il rapporto qui unito è stato redatto prima del colloquio del Gen. Vacca Maggiolini col Duce, avvenuto ieri 25 corr. (2).

p. -175 e G. CIANO, Diario 1939-1943, Milano, Rizzol!, 1946, p. 571.

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. 29510/PR. Torino, 25 dicembre 1941.

Faccio seguito al mio foglio n. 29334/Pr del 22 dicembre (l) trasmettendo:

l. copia dell'esposto verbale fatto dall'~tmmiraglio Michelier alla seduta del 21 dicembre c.a. (all. l);

2. copia del « memorandum » presentato dallo stesso ammiraglio dopo l'esposto verbale (all. 2).

In sostanza, la Francia intende subordinare ogni decisione sulle questioni in esame (fase I/A del primo stadio del protocollo di Gardone) (2) al preventivo raggiungimento di accordi politici.

Di conseguenza le trattative sono state sospese; la C.T.A. ha rimesso il memorandum all'O.K.W., le questioni in esame sono presso a poco al punto in cui erano il luglio scorso quando vennero interrotte a seguito di analogo atteggiamento francese.

* * *

Tutto questo non sorprende certo questa Presidenza, la quale a più riprese, e con insistenza, ha fatto presente alla C.T.A. che il metodo da essa voluto seguire -e non condiviso dalla C.I.A.F. -non avrebbe portato alle conclusioni desiderate.

Nel corso della seduta del giorno 21 è stato fatto rilevare dal rappresentante italiano che, mentre le trattative sono a tre, il memorandum contiene invece questioni che concernono unicamente i rapporti Germania-Francia, e precisamente questioni economichepolitiche relative essenzialmente alla Francia occupata. Nel memorandum stesso si parla dell'incontro di St. Florentin tra il Maresciallo Goering e il Maresciallo Pétain, e non si fa il minimo accenno all'Italia e all'incontro conte Ciano-Ammiraglio Darlan (3).

L'Ammiraglio Michelier ha risposto spiegando come nel corso delle predette riunioni di Wiesbaden si sia determinata una superficie di attrito esclusivamente franco-tedesca in quanto verteva sull'applicazione del protocollo di Parigi (28 giugno 1941) (4). Per questa ragione il memorandum odierno è da considerarsi diretto esclusivamente alla parte tedesca ed è stato comunicato soltanto a titolo di informazione, e per cortesia, alla parte italiana.

Ed anzi l'Ammiraglio ha voluto sottolineare che in questi ultimi tempi i rapporti tra Italia e Francia hanno assunto un aspetto molto soddisfacente. In sintesi, con l'avvenuta sospensione delle trattative a tre, restano pur sempre da definire:

a) la questione della cessione del tonnellaggio mercantile;

b) la questione dei rifornimenti in Libia, via Tunisi.

La prima potrebbe essere eventualmente risolta per via ultimativa usando del diritto al risarcimento per le navi francesi che hanno mancato all'obbligo di autoaffondamento intimato da parte delle Commissioni di armistizio, e non mai effettivamente respinto dal Governo francese, che si è limitato a muovere obiezioni su questioni di dettaglio. Ma il momento non appare opportuno per fare questa intimazione.

La seconda invece esula dai rapporti armistiziali. Un mezzo di pressione potrebbe essere esercitato respingendo ogni nuova richiesta francese e ritirando eventualmente

(-4) Vedi serie IX, vol. VII, DD. 142, 184, 295.

alcune delle concessioni fatte. Ma questo sistema offre scarse probabilità di efficacia e può avere dannose ripercussioni sul morale delle forze armate francesi; e perciò è da scartarsi.

In pari tempo restano pure sospesi i rafforzamenti militari che C.T.A. e C.I.A.F. stavano per concedere in A.O.F. e in Nord Africa; la C.T.A. ha però rappresentato all'O.K.W. come non convenga rinviare ulteriormente le concessioni per l'A.O.F., per le note ragioni di precarietà dei rapporti marittimi con quel territorio. E la C.I.A.F. condivide questo parere.

* * *

Esposta così la situazione, ogni ulteriore intervento per la prosecuzione delle trattative, ricade nella competenza dei Comandi Supremi e dei Governi.

Il punto di vista francese è il solito, e ben noto da tempo.

La Francia per stabilire la «collaborazione» in funzione della quale potrebbero essere cedute le basi tunisine desidera:

a) risolvere alcune questioni economico-politiche franco-tedesche (riduzione delle spese di occupazione e delle somministrazioni in natura per le truppe di occupazione, restituzione dei dipartimenti del Nord al complesso amministrativo francese, restituzione dei prigionieri, aumento del contingente carburante e carbone, alleggerimento del regime della linea di demarcazione, ecc.);

b) uscire possibilmente dal regime armistiziale vero e proprio per entrare in un regime che potrebbe chiamarsi « preliminare » di pace.

Il punto a) riguarda la Germania, ed è quello a cui si riferisce il memorandum di cui si è qui parlato il punto b) riguarda Germania e Italia e coinvolge alte questioni politiche e militari.

Da quanto si può arguire, raccogliendo notizie presso la C.T.A., è da ritenere che il Ftihrer non sia propenso ad accogliere i desideri francesi. Certo è che se accordi politici non verranno raggiunti tra Francia e Asse, le trattative militari in discussione non avranno, con ogni probabilità, alcun esito.

In attesa di decisioni superiori, la C.I.A.F. sta -come noto -attivando per proprio conto quei rifornimenti in Libia, via Tunisia, che è possibile realizzare, e per i quali il Governo francese -occorre avvertirlo -dimostra buona volontà nei nostri riguardi.

ALLEGATO I

ESPOSTO DELL'AMMIRAGLIO MICHELIER

Après avoir, à plusieurs reprises, pris contact dans le courant de Novembre, !es trois Gouvernements Allemand, Italien et Français ont convenu de régler par une négociation tripartite diverses questions en suspens. Parmi celles-ci, comme le mentionne la lettre 2508/41 du 24 Novembre 1941 du Général Vogl, convoquant la Délégation Françai.sc, figurait essentiellement l'examen des voeux français tendant au renforcement des moyens de défense des territoires français d'Afrique.

Les deux premières séances ont eu lieu le 27 Novembre et le 6 Décembre. Dès le début, les pourparlers ont été placés, suivant les déclarations mèmes du Colone! Bohme, en marge de l'application de la Convention d'Armistice, ce qui permettait aux représentants français d'exposer en toute clarté leurs arguments pour arriver à « négocier un accord » acceptable pour les deux parties.

Dans cet esprit, les représentants français se sont constamment efforcés de traiter chacun des points en cause avec le désir d'aboutir, et ils avaient l'espoir de trouver une solution satisfaisante, malgré les difficultés rencontrées en cours de route.

Une de ces difficultés réside dans le partage de la négociation en tranches successives, chacune étant subordonnée à l'achèvement de la précédente, suivant la méthode de travail fixée par le Colone! Bohme. Il ne saurait échapper, en effet, que seuls Ies négociateurs allemand et italien connaissent l'ensemble des tranches, alors que les représentants français l'ignorent.

Cette situation laisse peser ainsi sur les pourparlers une inconnue, qui n'est pas un élément favorable à l'heureux aboutissement de la négociation.

La Représentation française a pris connaissance du memorandum allemand du 6 Décembre indiquant les satisfactions que, du còté des Puissances de l'Axe, on serait disposé à accorder pour la défense de l'A.O.F.

Elle ne peut dissimuler la déception que lui a causée la lecture de ce document. Comme elle l'a exposé à chaque séance, la défense de l'A.O.F. est si pauvre en moyens de combat modernes qu'une attaque ennemie ne pourrait etre contenue que pendant une courte période. Sans entrer dans des détails, on peut affirmer que les moyens énumérés dans le memorandum du 6 Décembre n'améliorent pas, d'une façon appréciable, cette situation dangereuse, alors que son amélioration était, ainsi qu'il a été exposé ci-dessus, une des raisons memes des entretiens en cours.

Bien que le Colone! Bohme ait soutenu un point de vue tout à fait différent, le danger subsiste pour nos colonies, après camme avant l'e>ntrée en guerre des Etats-Unis. Des menaces toutes récentes, qui seraient suivies d'effet si l'exécution du Protocole était poussée plus avant, confìrment ce danger.

Le 12 décembre, le Colone! Bohme a imprimé aux négociations un caractère nouveau en plaçant la discussion sur l'unique terrain du Protocole de Paris, et, en meme temps, sur le plan de la politique générale.

Je lui en ai fait alors la remarque dans les termes suivants: Les propositions formulées par le Colone! Bohme constituent un élément tout à fait nouveau dans la discussion. Par leur importance, elles débordent le cadre principal fixé pour la négociation. Elles doivent etre nécessairement soumises à l'examen du Gouvernement Français et il n'est pas possible de préjuger de la décision que prendra celui-ci. « La question est en effet passée sur un pian de politique générale, qui est affaire de Gouvernements beaucoup plus qu'affaire de Délégations ». Ainsi, je me suis trouvé dans l'obligation de faire part à mon Gouvernement du changement constaté dans les négociations, au cours desquelles était de plus en plus fréquemment évoquée la position qu'il avait été amené à prendre le 28 Juillet et le 8 Aoiìt. Le point de vue du Gouvernement Français, en cette circonstance, est exprimé ci-après.

ANNESSO li

MEMORANDUM

21 décembre 1941.

(l) -Non pubblicato: necessità di un accordo nel campo politico con la Francia; con convenienza per l'Asse d! un perdurare del «modus vivendi » franco-americano. (2) -Per tale colloquio si veda U. CAVALLERO, Comando Supremo, Bologna, Cappell1, 1948, (l) -Non pubblicato: relativo alle trattative a tre di Wiesbaden. (2) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 575. (3) -Vedi rispettivamente serie IX, vol. VII, DD. 830. 845.
1

L'évolution des pourparlers de Wiesbaden et les déclarations faites au cours de la séance du 12 décembre par les représentants Allemands et Italiens tendent à faire passer la négociation du plan strictement technique et militaire sur le plan de la politique générale.

Sans doute ne s'agit-i! toujours que de l'exécution des clauses du Protocole de Paris, adaptée, en principe, aux possibilités du moment. Toutefois, les négociateurs allemands ont souligné que la bonne volonté du Gouvernement Français en la matière témoignerait de l'orientation générale qu'il entend donner à sa politique.

Le Gouvernement Français ne songe pas à s'élever contre une telle remarque. Bien au contraire, il estime que les divers arrangements qui pourront etre pris dans le domaine militaire doivent s'inserire dans un cadre politique nettement défini.

Telle est d'ailleurs la thèse qu'il a toujours soutenue. Il croit devoir insister encore une fois, de la façon la plus pressante, sur le fait que le Protocole de Paris, camme le spécifie sans ambage son préambule, a été établi et signé «dans le cadre de négociations politiques en cours ». Il ne s'est jamais départi de cette conception fondamentale et ne s'est engagé, fort loin déjà, dans l'exécution du Protocole, au prix de certaines

conséquences douloureuses, qu'avec la certitude de recevoir des satisfactions parallèles dans l'ordre politique ou économique. Son attente, sur ce point, n'a pas été réalisée jusqu'ici. C'est ainsi, par exemple, que le projet d'accord sur une réduction des frais d'occupation, qui avait fait l'objet de deux lettres les 3 et 21 Juillet, entre les Délégations Allemande et Française pour l'Economie, n'est jamais entré en application.

Le Gouvernement Français reconnait bien volontiers que la plupart des engagements pris par le Haut Commandement Allemand dans la Partie II du Protocole ont été tenus. Il a lui-méme d'ores et déjà satisfait à plusieurs de ses propres engagements. Il déclare à nouveau qu'on ne saurait, en toute équité, en exiger de lui l'exécution intégrale sans tenir compte du cadre politique dans lequel il était assuré de les avoir souscrits et qui n'existe pas encore.

11

Le Gouvernement Français, ainsi qu'il n'a cessé de le répéter et de le prouver depuis un an, demeure entièrement acquis à une politique de collaboration avec le Reich Allemand. Il reste persuadé, de plus, et il s'estime fondé à croire que telle est bien aussi la conception allemande, que sa collaboration avec l'Allemagne ne peut correspondre à une attitude de perpétuelle et totale soumission, mais que, méme dans la situation résultant pour la France de la défaite militaire dont elle ne songe pas à nier !es conséquences, un véritable régime de collaboration ne s'établit que par une série de concessions mutuelles.

Le Gouvernement Français ne croit pas que, vue sous cet aspect, cette collaboration puisse se réaliser sans qu'un plan d'ensemble soit établi, embrassant à la fois !es domaines politique économique et militaire, et il lui semble que des conversations fragmentaires, entamées et poursuivies en l'absence de tout plan de ce genre, conduiront malaisément à des résultats substantiels et satisfaisants pour !es deux parties.

Au cours de la récente entrevue de Saint-Florentin, le Maréchal de France, Chef de l'Etat, a suggéré au Reichsmarschall Goering l'établissement d'un te! pian et il lui est apparu que le Reichsmarschall ne refusait pas son acquiescement à cette proposition. Le Gouvernement Français a méme pensé depuis lors que l'appel à Berlin du Général Juin apportait un précieux témoignage à l'appui de cette impression.

111

Après avoir ainsi rappelé sa position de principe quant à l'exécution du Protocole de 28 Mai, le Gouvernement Français tient à marquer que sa déception de voir ajournée l'ouverture des négociations politiques qui devaient encadrer les engagements souscrits par lui, ne l'a pas empéché de s'engager dans la voie des réalisations, afin d'affirmer nettement toute sa bonne volonté.

C'est ainsi, pour parler seulement de la Partie II du Protocole, qu'il a consenti à la vente de camions et de matériel d'artillerie lourde; c'est ainsi encore qu'il ne s'oppose pas à la cession de tonnage maritime, dont il demande seulement que la quantité soit discutée en fonction de ses possibilités et des risques qu'il court, et bien que le Protocole envisage un affrétement et non une cession; c'est ainsi enfin qu'il consent au transit à travers la zone libre de son territoire d'un nombre important d'embarcations de combat.

Bien plus, il vient d'accepter de prélever sur !es stocks d'Afrique du Nord, contre restitution effectuée en France, une appréciable quantité d'essence-auto et d'essenceavion au bénéfice de l'Afrika-Korps, donnant ainsi, de son désir de compréhension, une preuve d'autant plus manifeste qu'il n'y était tenu par aucun texte contractuel.

Le Gouvernement Français se refuse à penser qu'il doive renoncer à l'espoir de rencontrer chez ses interlocuteurs une égale compréhension quant à ses difficultés et aux risques qu'il court. Il lui a paru pourtant qu'au cours des pourparlers de Wiesbaden, ces difficultés et ces risques étaient volontiers minimisés.

A cet égard si, comme il persiste à l'espérer, !es négociations étant au préalable replacées dans leur cadre politique, la discussion se poursuit à propos du transit à travers la Tunisie, il tient à déclarer que, dans la situation politique actuelle, ce transit devra rester rigoureusement camouflé. Il est formellement avisé, en effet, que l'utilisation par l'Axe d'une des bases françaises d'Afrique entrainerait, de la part du bloc anglo-saxon, une réaction immédiate dirigée par !es Etats-Unis con tre toutes nos possessions.

Ce fait, à lui seul, apporte une démonstration nouvelle que, de toutes parts, des considérations d'ordre politique s'enchevetrent étroitement avec les considérations d'ordre militaire et qu'il est vain de prétendre les dissocier.

IV.

Le Gouvernement Français espère fermement que l'exposé qui précède retiendra toute l'attention du Gouvernement du Reich et que celui-ci ne s'opposera pas à réintégrer les pourparlers de Wiesbaden dans un pian général de négociations, permettant d'asseoir la politique de collaboration désirée par les deux parties sur de bases sumsamment larges et stables.

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L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 12312/851-852 R. Tokio, 27 dicembre 1941, ore 6 (per. ore 20,30).

Ho chiesto a Togo suo pensiero circa presumibili intenzioni sovietici nei riguardi Giappone. Mi ha risposto che per il momento Governo di Mosca non dava segni di voler modificare situazione creata col patto neutralità (1). Coll'occasione ha tenuto a smentirmi voci che qui ed altrove hanno insistentemente circolato in questi ultimi tempi di un'azione giapponese intesa favorire pace separata fra Asse ed U.R.S.S. Ha aggiunto che a suo avviso situazione generale non offriva molte speranze di successo per un'azione del genere. Ma ho avuto netta impressione che questa sua dichiarazione fosse piuttosto una interrogazione. Togo mi ha chiesto infatti quale mi risultasse essere in proposito pensiero del Governo fascista e se potessi fornirgli qualche generica indicazione circa direzione presumibile della futura ripresa delle operazioni militari sul fronte russo. Gli ho risposto in base agli elementi di cui dispongo, mettendo in particolare rilievo importanza decisiva dei futuri sviluppi del conflitto nei riguardi settore Mediterraneo orientale per quanto concerne futuri assetti europei ed asiatici.

Interrogativi postimi da Togo, come sondaggi che è presumibile egli abbia fatto fare a Berlino come a Roma, ritengo rispondano alla poco chiara visione che qui si ha della portata della stasi attuale operazioni militari in Russia e nel tempo stesso dei precisi scopi e limiti che, nei riguardi dell'U.R.S.S., sono nei piani di Berlino e del Comando Supremo tedesco.

Per spiriti eminentemente realistici, quali sono i giapponesi, campagna di Russia, coll'immensità territorio che è dinanzi linee tedesche, non ha un ben chiaro punto di arrivo. Togo, che è stato di recente Ambasciatore a Mosca, trova quindi motivo pe,r seguire note tendenze mediatrici di Matsuoka e per far balenare possibilità di un eventuale intervento nipponico fra Asse ed

U.R.S.S. Un ,successo, egli mostra di ritenere, dovrebbe servire evitare pericolose incognite dell'azione tedesca in Russia, garantire sicurezza Giappone e finalmente assicurare sospirato collegamento fra Asse e Giappone. Comunque sondaggi di Togo mirano ad accertare che attuale stasi operazioni in Russia non sia per offrire eventuale occasione ad un diretto compromesso fra Asse ed U.R.S.S., mentre Giappone è già così fortemente impegnato nel sud e d'altra parte non è garantito nel caso russo né dal Tripartito né dall'Accordo di Berlino dell'll corrente (1).

Non escluderei che nel frattempo -secondo da fonte confidenziale mi viene riferito, si starebbe qui lavorando -Giappone non cerchi ottenere dall'U.R.S.S. una qualche pubblica e formale dichiarazione che confermi reciproche situazioni Paciftco.

(l) Vedi serle IX, vol. VI, DD. 899 e 900.

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L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12329/455 R. Rio de Janeiro, 27 dicembre 1941, ore 21,20 (per. ore 7,35 del 28).

Presidente Vargas mi ha fatto ripetere nella maniera più esplicita che « solidarietà » Brasile con Stati Uniti va interpretata come puramente « platonica >>: mi ha fatto inoltre assicurare che egli non è disposto ad andare più lontano nella collaborazione attiva con gli Stati Uniti.

Ha qui prodotto molta impressione dichiarazione ufficiale (che poteva essere agevolmente evitata) di «neutralità» del Brasile nel conflitto fra la Gran Bretagna e Giappone. So che Ambasciatore degli Stati Uniti ha manifestato più grande sorpresa e dato segni di nervosismo per tale dichiarazione cui è stato attribuito significato, se non di passo indietro, per lo meno di <<messa a punto» della posizione giuridica e diplomatica assunta dal Brasile.

In contrasto, tuttavia, con le assicurazioni date, e con gesto sopra riferito, stanno seguenti fatti:

!O) Per espresso ordine governativo viene intensificata più violenta campagna di stampa locale e radio contro paesi Tripartito, e si fa anche luogo ad una vera e propria preparazione dell'opinione pubblica ad una collaborazione meno platonica fra Brasile e Stati Uniti d'America.

2°) Ogni giorno vengono adottati nuovi provvedimenti che limitano vita spirituale nostra collettività. Sospese nostre radiotrasmissioni, vietati bollettini notiziari diramati da Consolati, repressa ogni nostra libertà di parola nostri giornali ed esercitata censura più assurda sui notiziari Stefani, Domei e Transoceanica.

3°) Senza neanche avvertire Rappresentanti diplomatici è stato vietato Consoli « potenze totalitarie » (sic) chiedano e ricevano telegrammi in cifra

e altrettanto per Addetti Navali, Addetti Aeronautici delle Potenze non americane.

In conclusione nella politica del Brasile due direttive si possono scorgere: quella sostanzialmente neutralista del Presidente della Repubblica e quella interventista del Ministro degli Affari ESTERI,

È mio convincimento che la seconda, col prolungarsi della guerra, è destinata a prevalere.

(l) Vedi serie IX, vol. VII, D. 851.

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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12341/3646-3647 R. Lisbona, 27 dicembre 1941, ore 22,55 (per. ore 20,45 del 28).

Stato odierno questione Timor.

Secondo dichiara questo Ministero Esteri sono tuttora in corso trattative che si svolgono a Londra. Governo portoghese ha chiesto senz'altro ritiro truppe alleate di occupazione assicurando rinforzare in cambio guarnigione portoghese Timor (attualmente composta 300 uomini) per meglio garantire neutralità quel territorio. Rinforzi portoghesi come stesso Presidente Salazar ha accennato a colleghi questo Corpo Diplomatico, partirebbero da Lourenço Marques non appena possibile. Richiesta portoghese nei termini di cui sopra non risulta però sia stata fino ad oggi accettata da Governo britannico che cercherebbe far valere altre soluzioni onde in realtà mantenere controllo su territori portoghesi. Risultandomi da buona fonte portoghese che ad ogni modo contingente destinato a Timor non potrebbe partire da Lourenço Marques che nel mese di marzo p.v., ne ho tenuto parola a questo collega del Giappone che mi ha dichiarato non aver Tokio alcuna fretta, dato scarso valore strategico isola Timor e operazioni in corso contro Singapore su cui attualmente concentrasi attenzione e attività Giappone. D'altra parte, egli ha aggiunto, come intendesi da testo nota presentata al Governo Lisbona (mio telegramma

n. 3583) (l) forze militari nipponiche interverrebbero senz'altro se in qualsiasi momento dovesse verificarsi alcunché contro nostri interessi colà e sicurezza quei nostri connazionali, che in tutto sono 14 compresi Consoli e Cancellieri che per ora «devono aver pazienza rimanere chiusi nel Consolato».

Stato d'animo in Portogallo può intanto considerarsi così: sentimento anglofilo, se per un momento scosso, ha oggi riguadagnato maggioranza che spera in favorevole soluzione incidente con Londra; stampa, nella linea indicata dal Governo, ha omesso parlare dell'accaduto ed ha attutito i toni, in generale, su ogni questione politica; propaganda britannica cerca istillare ostilità verso Giappone rappresentando pericolo vittoria razza gialla. Ho altra volta detto quali siano tendenze Governo e sua preoccupazione evitare rottura con Inghilterra; Parlamento, come è stato ora osservato, presentasi a maggioranza pro

alleati e così Consiglio di Stato. Signor Salazar, da parte sua, se comprensibilmente afflitto e nello stesso tempo irritato per situazione creata al suo paese dall'Inghilterra ritiene, verosimilmente, doversi tuttavia adattare a quello che, secondo il suo giudizio, considera il meno peggio; e d'altronde non gli sarebbe forse facile agire in modo diverso per le condizioni del Paese e dell'opinione pubblica.

(l) T. 12215/3583 r. del 23 dicembre 1941 ore 22,12, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12328/978 R. Madrid, 28 dicembre 1941, ore 2,45 (per. ore 7,10).

Mio 947 (1).

A proposito progetto Salazar tendente tenere Sud America fuori del conflitto, Serrano mi ha detto che non nutre fiducia nell'efficacia dell'azione ispanoportoghese in tale senso. Spagna, ha precisato Serrano, è troppo lontana da Paesi Ibero-Americani per poter esercitare influenza capace contrastare pressioni anglo-sassoni. D'altra parte, politica di ispanità non ha ancora avuto modo svilupparsi e Governi e partiti politici America Latina sono tutti infeudati a S.U.A. per interessi finanziari e per ragioni ideologiche.

Secondo Serrano atteggiamento predetti Stati dipenderà in gran parte da ciò che faranno Paesi nemici e da andamento conflitto. Egli ritiene tuttavia che, se ostilità dovessero durare a lungo, Nazioni Americane non potranno resistere a pressioni S.U.A. e finiranno per schierarsi definitivamente e apertamente con democrazie.

Ministro degli Affari Esteri ha concluso aggiungendo che Governi Madrid e Lisbona continuano tenersi in contatto per seguire, nello spirito protocollo consultazioni, sviluppi situazione Atlantico.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 12331/2359 R. Berlino, 28 dicembre 1941, ore 13,20.

Secondo notizie raccolte stamane negli alti ambienti dello Stato Maggiore germanico forze britanniche sono ieri sbarcate in un fiordo della Norvegia nella regione di Narwick riuscendo mantenervisi.

Dato imponente dispositivo difensivo germanico sulle coste norvegesi tentativo britannico è qui considerato destinato a rapido insuccesso.

(l) Vedi D. 41.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, A RIO DE JANEIRO, SOLA, A SANTIAGO, DE ROSSI, E AI MINISTRI AD ASSUNZIONE, TONI, A CARACAS, DI GIURA, A LA PAZ, MARIANI, A LIMA, CAPANNI, A MONTEVIDEO, BONARELLI, E A QUITO, SCADUTO MENDOLA

T. 423/C R. Roma, 29 dicembre 1941, ore 3.

Per Vostra norma personale Vi informo che Cardinale Segretario di Stato Maglione ha di sua iniziativa detto al R. Ambasciatore presso la Santa Sede che -per quanto con le dovute cautele -il Vaticano aveva agito ed agiva in tutto il Sud-America 1n senso favorevole al mantenimento della neutralità (1).

È del resto ovvio l'interesse della Chiesa Cattolica sia a mantenere il continente latino-americano estraneo al conflitto, sia a contrastarne il progressivo asservimento da parte degli Stati Uniti.

È, cioè, questo un terreno ove i nostri interessi e quelli specifici della Santa Sede coincidono perfettamente ed ove potrebbe in conseguenza essere svolta con vantaggio reciproco un'azione concorde e parallela, intesa a raggiungere gli stessi risultati e gli stessi fini.

Tenete presente quanto precede, sopra tutto alla vigilia della Conferenza di Rio, in quell'azione che codesta Rappresentanza svolge per controbattere avverse pressioni nord-americane ed illustrare in codesti ambienti vantaggi mantenimento neutralità. Agite, in questo settore, sempre che Vi parrà opportuno, e possibile, ed ove le circostanze locali lo consentano, anche in collaborazione o d'intesa con codesti ambienti cattolici in genere e con codesti organi vaticani in particolare (2).

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 12372/2361 R. Berlino, 29 dicembre 1941, ore 19,40.

Mio telegramma n. 2359 (3).

Tentativo di colpo di mano britannico in Norvegia si è 'svolto nella regione del Westfjord e del Nordfjord. Piccole unità da guerra ed alcuni piroscafi hanno sbarcato alcune centinaia di soldati che dopo aver sopraffatto una piccola guarnigione germanica si sono reimbarcati sotto violenta reazione delle arti

Per le risposte di Sola, Scaduto Mendola, Toni e Bonarelli, vedi DD. 77, 93, 90, 91. Altre risposte non risultano pervenute.

glierie da costa portando seco alcuni prigionieri nonché alcuni civili norvegesi.

Analogamente alle precedenti anche questa operazione britannica mira evidentemente a mantenere desta l'agitazione anti-germanica piuttosto vivace tra la popolazione civile norvegese.

(l) -Vedi D. 49. (2) -Nel dare comunicazione ad Attol!co di questo telegramma Ciano aggiunse: «Con riferimento a quanto il Cardinale Maglione ebbe a dirVi qualche giorno fa sull'azione in corso da parte della Santa Sede per il mantenimento della neutralità nell'America Latina, potete, nella forma che riterrete migliore, fare cenno di quanto precede al Cardinale Segretario di Stato. Lascio a Voi giudicare se convenga sottolineare l'opportunità che da parte Vaticana tale azione sia rafforzata e intensificata in questi giorni che ancora ci separano dalla Conferenza di Rio, fissata, com'è noto, per il 15 gennaio prossimo» (T. 424 r. del 29 dicembre 1941, ore 8).

(3) Vedi D. 73.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 12379/2363 R. Berlino, 29 dicembre 1941, ore 19,20.

Situazione militare fronte russo a quanto risulta sembra essersi in questi ultimi giorni alquanto aggravata. Le forze sovietiche che si limitavano fin'ora seguire movimento di riassetto delle truppe germaniche con lentezza e cautela sembrano avere preso iniziativa di forti attacchi. La pressione è particolarmente forte nel settore Leningrado; al centro nei settori Rjef Kaluga Kursk e Karkow. Linea di resistenza prevista dall'Alto Comando tedesco (telegramma di questa Ambasciata n. 2348) (l) è stata in più punti superata dalle truppe russe. Negli ambienti di questo Stato Maggiore si ritiene sarà opportuno fissare schieramento definitivo su linea più arretrata e cioè su quella tenuta all'incirca prima della offensiva del due ottobre. Settore meridionale attacchi russi per quanto violentissimi sono stati vittoriosamente respinti dalle forze dell'Asse ed è ferma intenzione di questo Alto Comando evitare ulteriori arretramenti. Due delle tre teste di ponte che i sovieti erano riusciti a stabilire in Crimea sono state prontamente eliminate e si prevede imminente la liquidazione dell'ultima presso sud di Kerc.

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L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12392/462 R. Rio de Janeiro, 29 dicembre 1941, ore 20,54 (per. ore 7,30 del 30).

Telegramma Circolare 423 (2).

Assicuro sto agendo in conformità. Mi tengo in contatto con Nunzio Apostolico il quale, pur con la cautela derivante dalla speciale situazione Santa Sede, va esercitando ogni possibile azione in senso moderatore.

Segnalo positiva e forte influenza che il Cardinale Leme potrebbe esercitare su Vargas. Incontrerò Sua Eminenza al suo ritorno immediato Rio Janeiro. Una parola a lui personalmente diretta da Roma riuscirebbe di eccezionale efficacia (3).

(l) -Vedi D. 62. (2) -Vedi D. 74. (3) -Nel ritrasmettere ad Attolico questo telegramma aggiunse: «Potrete, nella forma che riterrete migliore e più opportuna e nel quadro delle istruzioni già datevi con telegramma in alto citato, far cenno presso la Segreteria di Stato dell'indubbia efficacia che potrebbe avere, ai fini comuni e nell'attuale fase della situazione, una qualche iniziativa o suggerimento della Santa Sede nel senso prospettato dal R. Ambasciatore a Rio» (T. 137 p.r. del 3 gennaio 1942, ore 8).
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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 12366/376 R. Roma, 29 dicembre 1941 (per. il 29).

Il Cardinale Maglione mi ha informato che, secondo una comunicazione fatta dal Ministro d'Inghilterra presso la Santa Sede alla Segreteria di Stato, gli accordi per il rimpatrio dall'Africa Orientale dei civili italiani sarebbero ormai a buon punto. Il Governo italiano avrebbe consentito ad inviare, al più presto, quattro navi per le operazioni di imbarco ed il Governo britannico, da parte sua, accorderebbe a queste navi tutte le facilitazioni possibili per i rifornimenti di viveri e le provviste di combustibile.

La nota britannica aggiunge che, a seguito di questi accordi ed in vista della scarsezza di trasporti terrestri in Etiopia, il trasferimento della popolazione civile italiana dall'interno verso i punti di imbarco è già cominciato.

Il Cardinale Maglione, nel darmi verbalmente notizia di quanto sopra mi ha pregato di raccomandare a titolo puramente personale, di sollecitare, al più presto possibile, l'invio di dette navi perché, egli mi ha detto, l'Inghilterra pare sia in procinto di ritirare tutte le sue truppe dall'Africa Orientale, e la situazione della popolazione bianca potrebbe divenire preoccupante.

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IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH. HITLER (l)

L. P. (2). Roma, 29 dicembre 1941.

Quattro mesi sono passati da quando ebbi la felice occasione di incontrarmi con Voi al Vostro Quartier Generale (3) e da allora molti avvenimenti si sono svolti, sui quali mi sarebbe grato di parlare con Voi.

Ma ve ne sono due di estrema urgenza sui quali mi permetto di richiamare la Vostra attenzione:

Libia. l) La battaglia svoltasi in queste ultime settimane in Cirenaica è terminata senza vinti e vincitori. Noi avremmo certamente vinto, se avessimo potuto trasportare gli uomini e i mezzi necessari per alimentare la battaglia. L'esito della battaglia fu compromesso sul mare, non sulla terra. Gravissima fu la perdita dell'intero convoglio di sette navi il giorno 9 novembre, ma non meno grave fu la perdita di due navi -il giorno 14 dicembre -navi che portavano reparti tedeschi e italiani di carri armati: e furono affondate da un sottomarino nel golfo di Taranto. L'ultimo convoglio di quattro navi è arri

vato, ma per proteggere il viaggio di 20 mila tonnellate abbiamo impiegato 100 mila tonnellate di navi da guerra. Ciò impone un tale consumo di nafta da renderei ormai proibitiva l'alimentazione della semplice resistenza in Tripolitania, se non ci apriremo la via di Tunisi che sotto questo aspetto è infinitamente più economica (1).

2) Nel momento in cui vi scrivo, non è dato conoscere le intenzioni del nemico. Si contenterà del successo ottenuto e data la situazione in Estremo Oriente si limiterà a rafforzarsi, oppure tenterà di sfondare il nostro nuovo schieramento -appena imbastito -per puntare su Tripoli? (2).

3) Per evitare i pericoli che si profilano, per permetterei di garantire la Tripolitania e di riprendere l'iniziativa, il problema delle basi tunisine è assolutamente fondamentale (3).

4) Non ho bisogno di illustrarvi gli enormi vantaggi che verrebbero all'Asse dalla utilizzazione completa delle basi tunisine. Io affermo che la situazione strategica dell'Asse verrebbe capovolta. Mentre il nostro traffico di uomini e di armi sarebbe quasi indisturbato, il traffico nemico sarebbe letteralmente strozzato. Le conseguenze di ciò sarebbero incalcolabili, come incalcolabili sarebbero le conseguenze della perdita della Tripolitania.

5) Non vi sono che due vie per raggiungere il nostro scopo che è quello di potere liberamente disporre delle basi francesi in Tunisia: o la via degli accordi o quella della forza.

6) Naturalmente bisogna fare tutto il possibile per realizzare ciò, attraverso un accordo. La Francia non darà nulla per nulla. Chiederà delle contropartite in sede di armistizio e certe facilitazioni (4) di ordine militare per difendersi. Credo fermamente che il gioco valga queste candele. Attraverso le basi tunisine noi potremmo portare in Africa tutte le forze necessarie per riprendere la marcia verso l'Egitto e per eventualmente cooperare con la Francia di fronte a rappresaglie anglo-americane nel Marocco francese. Se i francesi respingessero qualsiasi accordo -anche il più generoso -io vi dichiaro, Ftihrer, che preferisco portare le mie divisioni corazzate in Tunisia, piuttosto che vederle sparire in fondo al mare sulla rotta di Tripoli. In tesi generale io penso che bisogna trovare il modo di chiarire l'atteggiamento della Francia nei nostri riguardi.

Sarò lieto, Ftihrer, di conoscere le vostre idee in proposito.

Ora con un solo porto, sarà difficile alimentare le nostre truppe sulla difensiva, ma impossibile preparare una contro-offensiva». Nella copia dell'originale spedito questo paragrafo è stato soppresso e di conseguenza sono stati scalati i numeri dei punti seguenti.

p. -158. (-4) In precedenza era scritto «garanzie », poi corretto in «facilitazioni ».

Balcania. Bisogna prima della primavera eliminare ogni focolare di rivolta. Altrimenti corriamo il grave rischio di avere un supplemento di guerra balcanica nel 1942. La prima zona da pacificare è la Bosnia, poi la Serbia e il Montenegro. Le operazioni devono essere condotte con decisione estrema e devono condurre al disarmo effettivo e totale delle popolazioni, unico mezzo per evitare sorprese nel futuro. Qui è necessaria la collaborazione delle nostre forze armate -su un piano comune -in modo da evitare dispersione di energie e di ottenere il risultato voluto, col minimo impiego necessario di uomini e armi.

Avrei, Fiihrer, altre cose da esporvi, in un rapido giro di orizzonte. Ma sarà per una prossima volta.

Voglio dirvi soltanto che l'assunzione da parte vostra del diretto comando dell'Esercito è stata perfettamente compresa in Italia e avrà -io credo ottime conseguenze. Nonostante le privazioni e l'inverno, la Stimmung del popolo Ualiano è buona (l) e si prepara per il 1942 allo sforzo che sarà richiesto dalla situazione.

Vogliate, Fiihrer, credere al mio profondo cameratismo e ricevere i miei cordiali e amichevoli saluti.

(l) -Ed. in Hitler e Mussolini, Lettere e documenti, Milano, Rizzoli, 1946, pp. 116-118. (2) -Minuta autografa. La lettera, su carta intestata del Comando Supremo, fu inviata 3 Berlino tramite l'addetto militare tedesco, von Rintelen. (3) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 511. (l) -Questa frase non figura nella minuta autografa, ma solo nella copia dell'originale spedito, che Mussolini ha firmato. (2) -La minuta autografa prosegue in questo modo: «3) -Anche ammesso che il nemico non abbia in mente l'obiettivo di Trlpoli la situazione delle nostre truppe è molto delicata. La situazione è sintetizzata in queste parole: non disponiamo che di una base quella di Tripoli e non potremo d'ora innanzi utilizzare che una sola rotta -quella di ponente -che data la vicinanza di Malta è la più pericolosa. (3) -Su tale questione, il capo di Stato Maggiore Generale, Cavallero, aveva già presentato il 3 dicembre 1941, un progetto di lettera da inviare a Hitler cui Mussolini non aveva però dato seguito. Il testo di tale progetto è conservato nell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Cavallero fa un cenno al suo contenuto in Comando Supremo, cit.,
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IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

L. P. (TRADUZIONE) (2). Quartiere Generale del Fiihrer, 29 dicembre 1941 (3).

L'inizio dell'anno nuovo mi dà l'occasione di indirizzarvi questa lettera la quale, accanto ad uno sguardo retrospettivo sugli ultimi mesi trascorsi e ad un giudizio sulla situazione come io la vedo oggi, deve anzitutto trasmettervi i miei più cordiali auguri per l'anno che viene. Sono gli auguri di un uomo il cui destino personale, come quello del suo popolo, sono così strettamente collegati col Vostro e con quello dell'Italia fascista che veramente anche in avvenire non si potrà parlare che di un'unica gioia e di un unico dolore.

Per quanto dura sia stata la decisione che io ho dovuto prendere lo scorso anno e per quanto difficile possa anche essere stata, in particolare, la sua effettuazione, io ringrazio tuttavia, alla soglia del nuovo anno, la Provvidenza che mi ha fatto trovar la forza per questa decisione che è stata la più dura della mia vita. Soltanto ora sono completamente consapevole dello spaventoso pericolo nel quale si trovavano non soltanto il Reich germanico, ma anche l'intera Europa. Se ancora questa volta si è potuta evitare la minacèia di annientamento del nostro Continente, ciò è veramente accaduto all'ultimo minuto.

Io posso ormai, Duce, rappresentarVi del tutto brevemente la situazione al fronte orientale così come essa è e così come la vedo per l'anno che viene. La lotta in oriente ha trovato un avversario che, da parte sua, stava

9 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. Vlll

provvedendo ad effettuare gli ultimi concentramenti dei suoi Immensi mezzi di attacco contro la Germania ed anche contro l'Europa. Ciò nonostante si è riusciti ad abbattere questo potentissimo organismo militare, in parte ad annullarlo, in parte a dissolverlo, ed in ogni caso a d[sarmarlo nella più grande misura.

Se la lotta non è venuta ad una decisiva conclusione ciò non è dipeso dalla insufficienza del comando o da mancanza delle truppe alleate, e neppure dalla vastità dello spazio, ma esclusivamente dalle sfavorevoli condizioni atmosferiche che, sui sei mesi necessari per l'offensiva ci ha[nno] condannato praticamente a più di tre mesi di quasi completa immobilità.

Quando io feci iniziare l'ultima offensiva contro la zona di Donez, contro Mosca e attraverso Tichwin, sarebbe stato sufficiente avere altri otto o dieci giorni di tempo secco; non vi è dubbio che in tal caso non soltanto sarebbe caduta nelle nostre mani tutta la zona del Donez, ma anche Mosca sarebbe stata conquistata. Parimenti, non ho alcun dubbio che anche l'attacco di Tichwin, al tergo del fronte russo di Wolcow, avrebbe condotto ad un successo. Fu in questo momento che sopravvenne di nuovo la stagione fangosa che già con la sola paralisi dei rifornimenti impedì la prosecuzione dell'attacco. Quando poi sembrò finalmente essere sopraggiunto di nuovo un breve periodo asciutto, si verificò quel cambiamento di clima che ci portò nel settore settentrionale e centrale fino a temperature notturne di quasi oltre 38 gradi sotto zero. In queste circostanze non si poteva più pensare ad una prosecuzione dell'attacco sul fronte orientale. Uomini, animali e materiali dovettero cedere, e ciò costrinse alla decisione definitiva di sospendere l'offensiva e di passare, per l'inverno, ad una guerra di posizione che risparmiasse le forze. Era naturale che questo passaggio dall'offensiva alla difensiva non poteva essere compiuto sulle linee che le truppe avanzate avevano raggiunto in parecchie Jocalità del fronte. Non soltanto perché con ciò si sarebbe avuta una insopportabile lunghezza nel fronte, ma anche in considerazione dell'ammassamento delle formazioni germaniche determinato in alcuni punti di attacco dall'offensiva e, quindi, per la debolezza di altri grandi settori nei riguardi di una possibile difesa.

Io ho quindi ordinato di andare progressiv,amente su posizioni che, in conseguenza del loro carattere rettilineo, come pure della loro maggiore vicinanza alle nostre basi di approvvigionamento, consentono non soltanto di tenere il fronte per la durata dell'inverno, ma di economizzare lentamente quelle forze che sono necessarie per la ripresa dell'offensiva nella prossima primavera e debbono quindi esser trattate con cura. Che questo allineamento deJ fronte sia stato straordinariamente difficile e lo sia ,in parte anche ora, dipende semplicemente, da un lato, dalle gigantesche distanze, come pure, dall'altro, dalla difficile situazione dei trasporti. A prescindere da ciò io mi sono tuttavia deciso ad effettuare le previste ritirate sulla più corta linea di difesa, anche colà dove si tratta solamente di pochi chilometri, sempre però sostanzialmente combattendo. Che il russo nelle ultime settimane si sia valso per attaccarci di tutto ciò che egli ha potuto faticosamente racimolare di nuovo impiego, ciò sarà per la prossima primavera una grande fortuna per quanto presentemente possa talvolta sembrare sgradevole. Poiché con i suoi attacchi, anche colà dove noi ora ancora cediamo, esso guadagnerà solamente pochi chilometri di spazio, mentre perderà formazioni su formazioni. Io spero quindi fermamente essere in primavera nuovamente a posto con quelle divisioni che effettueranno una vittoriosa ripresa della nostra offensiva fino al definitivo annientamento di questo nemico.

Riassumendo posso fissare i seguenti punti circa il fronte orientale:

l) Per quanto riguarda la Crimea ho ordinato di conseguire ad ogni costo la conquista di Sebastopoli. La caduta della fortezza sarà quindi, secondo la mia persuasione, una questione di breve tempo. Il tentativo di sbarchi di truppe russe presso Kersch, condurrà solamente all'annientamento delle truppe da sbarco e del loro materiale da trasporto. La Crimea sarà con ciò un sicuro pilastro d'angolo del nostro fronte al Sud.

2) Gruppo d'Armate del sud. Qui, in sostanza, è stata raggiunta la presa di possesso di posizioni definitive. Con il ritiro dell'ala destra da Rostov dietro il settore del Miuss, è stato prevenuto ogni pericolo di accerchiamento. Gli ultimi attacchi del nemico sono qui falliti definitivamente da per tutto. Dietro al fronte sono tenute pronte delle divisioni di impiego, specialmente dopo l'arrivo delle formazioni restate libere in Crimea, mentre la messa in libertà delle truppe motorizzate allo scopo di rimetterle in efficienza come anche di completarle con nuovo materiale è già stata, almeno in parte, compiuta. Non soltanto gli ultimi attacchi dei russi, diretti anzitutto contro il corpo italiano sono stati respinti, ma si è anche, in parte, risposto ad essi con eccellenti contrattacchi che hanno portato ad un ulteriore miglioramento e cioè all'accorciamento della nostra linea di fronte.

3) Il Gruppo Armate del centro comprendeva le Armate che avevano maggiormente avanzato nell'attacco. Qui si è dovuto anzitutto liberare dal nemico e ritirare entrambe le branche della tenaglia che stava serrando Mosca. Il nemico ha qui impiegato tutte quelle forze che gli è stato possibile di portare dal Volga e dagli Urali come anche dall'Estremo Oriente. Esso ha sofferto nei suoi continui attacchi le più sanguinose e gravi perdite e molte delle sue nuove divisioni sono annientate. Poiché le nostre sostituzioni di truppe sono giornalmente -in media -circa il quadruplo delle perdite, si verifica qui, necessariamente, un sempre più efficace rafforzamento del nostro fronte. Anche qui io spero di essere già tra pochi giorni in quelle linee che saranno tenute come definitive. Perdite di materiale si sono qui verificate soltanto a causa deU'improvviso sopravvenire di una temperatura gelida di 38 gradi, che purtroppo ha reso inservibile un gran numero dei nostri autocarri e trattori per il congelamento dei radiatori. Tutte queste perdite vengono però compensate in breve tempo con i materiali di sostituzione che stiamo inviando nella misura che riteniamo necessaria per l'inverno al fronte avanzato.

4) Il gruppo d'Armate del N ord è già da molte settimane -nella sua parte essenziale -su posizioni immutate, che saranno anche mantenute. Soltanto il gruppo che era destinato ad avanzare attraverso Tichwin verso Wolchowstroj ha ricevuto l'ordine di ritornare sulla sua antica posizione, perché -date le condizioni climatiche da superarsi -non si potrebbe pensare ad una ulteriore prosecuzione dell'attacco. La posizione che ormai è stata colà da ieri definitivamente presa sarà mantenuta in qualsiasi modo. Attendo già fra poco il tentativo dei bolscevichi di stabilire in questa zona un collegamento con Leningrado. Questo tentativo, per il cui respingimento abbiamo preso e continueremo a prendere tutte le predisposizioni, condurrà ad una sanguinosa sconfitta dei bolscevichi. Per quanto si riferisce al nostro gruppo di armate settentrionale ci è già ora riuscito di ritirare dal fronte tutte le formazioni motorizzate e le divisioni corazzate per rimetterle in efficienza e provvederle di nuovo materiale e -se necessario -di tenerle pronte come riserve di impiego.

5) In Finlandia. È sopraggiunta una sospensione delle operazioni, tranne che per l'Armata finlandese, che nella prosecuzione della guerra invernale vede una particolare grande possibilità grazie all'addestramento datole a tale scopo come pure per l'esemplare contegno dei suoi soldati. Io ho ordinato che le formazioni germaniche che si trovano colà vengano in generale poste alle dipendenze dei finlandesi, che ci sono superiori per esperienza.

6) Situazione dei rifornimenti e degli approvvigionamenti. La situazione dei rifornimenti e degli approvvigionamenti migliorerà sempre più nel corso delle prossime settimane per effetto dei numerosi provvedimenti che sono stati adottati. È però inutile che io vi dica, Duce, che questo è un lavoro per il quale non si può essere -in modo assoluto -sufficientemente a punto. Infatti le ferrovie del Reich germanico hanno già in esercizio, in questa zona, oltre 35 mila chilometri di linee ferroviarie il cui rendimento deve essere ancora molto migliorato con numerosi singoli perfezionamenti.

7) Il russo. Negli ultimi mesi il comando dell'Esercito sovietico ha gettato subito nella lotta anche reparti -formati solo da pochi giorni. Esso consuma con ciò tutte quelle truppe organizzate che potrebbero essere gettate contro di noi in primavera. Questo è un giuoco di «banco», che otterrebbe il suo risultato soltanto se esso conducesse ad una disfatta germanica. Ma così verrà nel prossimo maggio-giugno il momento in cui noi con divisioni nuove o riposate e recentemente completate potremo effettuare la definitiva resa dei conti col bolscevismo. A quel momento sarà inoltre perfettamente ordinato l'organismo del traffico e saranno liquidate le bande dei partigiani. Attualmente vanno verso l'est ininterrotti trasporti di nuove divisioni germaniche che prendono posizione e sono destinate a dare il cambio a divisioni consumate dalla lotta. In primavera allora, con la riunione di tutte le forze nei punti più importanti, forzerò in un modo o nell'altro la decisione.

Ma su questi problemi spero, Duce, di potere ancora comunicarVi personalmente i miei concetti nel corso di questo inverno. Tutto sommato credo di potere fissare in conclusione i seguenti punti:

l) Il gigantesco esercito bolscevico ha ricevuto in quest'anno tali inauditi colpi di annientamento che non potrà riaversene mai più né dal punto di vista del personale né da quello del materiale.

2) Al fronte orientale il trapasso dalla guerra di movimento a quella di posizione, sempre difficile di per sé, è da considerarsi in sostanza concluso e quindi riuscito.

3) I preparativi per la prosecuzione della guerra di annientamento in primavera sono in corso.

Ritengo il totale annientamento di questo nemico, Duce, come una delle più decisive premesse per la definitiva vittoria di questa guerra. Vi sono quindi molto grato, Duce, che mi abbiate spontaneamente offerto di impiegare altri due corpi italiani al fronte orientale. Si avrà così la possibilità di costituire una completa armata italiana alla quale, eventualmente, sottoporrò anche le necessarie formazioni tedesche. Mi permetto, però, Duce, già da ora di suggerirvi qualche cosa: e cioè che il trasporto di queste divisioni dovrebbe aver luogo in un momento che fosse ancora anteriore all'inizio dello scioglimento delle nevi perché, con questo ~nizio, sarà impossibile qualsiasi movimento per un periodo da quattro a circa sei settimane.

Ritengo invece necessario di riprendere l'offensiva immediatamente all'ini2lio della stagione asciutta.

Io ho ora nel corso di queste poderose decisioni effettuato alcuni cambiamenti di persone che da un lato sono stati determinati dalla necessità di sottoporre a me direttamente, e senza intermediari, l'esercito come l'elemento più essenziale della lotta, ma anche dalla necessità di mettere in libertà alcuni dei miei più vecchi Feldmarescialli per concedere a loro almeno un breve tempo di necessaria quiete e riposo. Perché tanto il Feldmaresciallo von Rundstedt come anche il Feldmaresciallo von Bock sono fra i miei migliori comandanti. I miei rapporti personali con loro sono basati su un'inequivocabile e fedele devozione. Io stesso li stimo straordinariamente. Però tanto il Feldmaresciallo von Rundstedt che il Feldmaresciallo von Bock erano già nell'anno 1939 entrambi sofferenti. Il Feldmaresciallo von Bock è stato fra la fine dell'offensiva ad occidente e l'inizio della lotta ad oriente gravemente ammalato a letto per dei mesi. Il Feldmaresciallo von Rundstedt che -come il Feldmaresciallo von Bock -è un comandante del tutto eccezionale, si trovava già prima dello scoppio della guerra a riposo ed ha bisogno a qualsiasi costo di un riposo di più mesi per essere nuovamente impiegabile, mentre, nel caso del Feldmaresciallo von Bock io credo che anche poche settimane di distensione renderanno possibile il suo reimpiego. Al posto di questi due uomini sono stati nominati i seguenti ufficiali da me stesso promossi nel corso della guerra a Feldmarescialli GeneraH: il Feldmaresciallo Generale von Reichenau e il Feldmaresciallo Generale von Kluge, che debbono essere contati fra i più qualificati comandanti dell'esercito. Sono comandanti di truppa ed eccezionalmente energici, più che idonei al loro compito.

Ma a prescindere da ciò, Duce, una gran parte del mio Comando Superiore ha assoluto bisogno di riposo in se~uito ai sei mesi di guerra ad Oriente e a una forma di dissenteria che ne è conseguita per lunghi mesi.

Secondo che le circostanze lo permetteranno io invierò alternativamente ora l'uno ora l'altro di quegli Ufficiali in licenza di quattro o sei settimane, per far loro riacquistare quella energia che la primavera richiederà. Il Feldmaresciallo Generale Brauchitsch, che da anni è sofferente di cuore, mi ha da più tempo fatto ripetutamente sapere di aver bisogno assoluto di riposo. Ho aderito ora a tale richiesta tanto più che credo che i preparativi per il passaggio alla guerra di posizione e per la ripresa dell'offensiva in primavera rendano necessario un Comando Centrale e particolarmente energico.

In generale, però, in conseguenza anche dello stato di salute di molti ufficiali superiori, procederò ormai a ringiovanire i Comandi, tanto più che due anni di guerra hanno rivelato talenti di eccezionale portata. Sono infatti deciso a dare la preferenza agli Ufficiali che hanno dimostrato attitudini di comandanti in guerra senza riguardo all'anzianità dell'età o del servizio oppure alla discendenza. Poiché la guerra non deve soltanto uccidere, ma essere rigeneratrice di vita. Sono molto lieto della constatazione fatta che anche nell'esercito -cosi come nell'arma aerea -molti Utllciali relativamente giovani, intrepidi e coraggiosi si sono fatti valere in modo che io posso guardare con la maggiore fiducia all'ulteriore sviluppo delle cose, specialmente per quanto si riferisce alla disponibilità di quadri.

Io sono particolarmente felice del fatto che finora non si è avverato nessun caso in cui uno dei miei alti comandanti o dei Feldmarescialli non si sia dimostrato degno della fiducia in lui riposta.

Non disconosco le difficoltà che sorgeranno di nuovo in Oriente nella primavera prossima. Sono però fermamente convinto che il nuovo anno porterà con sé il crollo definitivo del mostro bolscevico.

Ed ora vorrei esprimere, Duce, il mio punto di vista, sull'Africa Settentrionale. Anzitutto concordo pienamente con voi che i caposaldi di Bardia e sul porto di Sollum debbono essere mantenuti fino a tanto che ciò sia umanamente pensabile. Sono del pari convinto che alla fine riusciremo anche colà a dominare la sorte e ripristinare la situazione. E qui, Duce, l'entrata in guerra del Giappone metterà l'Inghilterra e l'America di fronte a compiti quasi insolvibili. Ritengo escluso che l'Inghilterra possa combattere con successo contemporaneamente su due o tre fronti. Ogni ulteriore afflusso di forze inglesi, che si diriga verso il Mediterraneo, deve essere necessariamente sottratto all'Estremo Oriente, poiché si tratta non tanto di problemi di uomini o di materiali, quanto, ed in prima linea, di trasporti.

Sono felice, Duce, che il continuo aumento numerico dei sottomarini tedeschi mi renda possibile di distaccarne un numero sensibile nel Mediterraneo. Sono convinto che alle nostre forze unite aeree e navali riuscirà alla fine di sprangare definitivamente questo mare per gli inglesi. L'Inghilterra subirà sempre maggiori perdite in navi da guerra ed in tonnellaggio mercantile; mentre invece in Atlantico la guerra non soltanto sarà mantenuta grazie al nuovo affluire di sommergibili germanici che avrà luogo specialmente a partire dal gennaio prossimo, ma troverà il suo naturale potenziamento nell'alleggerimento che ci viene dall'entrata nel conflitto degli Stati Uniti. Guardo in questo colla fiducia più completa nell'avvenire.

In tali circostanze considero, Duce, come cosa della massima importanza che nel Mediterraneo i rifornimenti per la Libia e la Tripolitania vengano organizzati in modo che i piroscafi di grande tonnellaggio trasportino sopratutto carri armati, veicoli ed in genere altri materiali ingombranti, come artiglierie, ecc., mentre i rifornimenti di vettovaglie, munizioni di piccolo calibro -e soprattutto di combustibile -vengano, se mai possibile, assicurati a mezzo di piccole navi e specialmente di navi celeri. Se mi fosse concesso di darVi, Duce, un consiglio, esso sarebbe il seguente: destinate la maggior parte dei vostri sottoma-rini, e sopratutto quelli più grandi, esclusivamente al trasporto dei mezzi di approvvigionamento, combustibile e munizioni. E ciò perché i vostri sommergibili, in virtù specialmente della loro maggiore portata, hanno una capacità di carico molto sul)€riore a quella dei nostri sottomarini, che sono più piccoli. Ciò non toglie che durante la campagna di Norvegia nel 1940 abbia fatto trasportare per settimane e settimane dai sottomarini esclusivamente materiali.

È indifferente con quali mezzi ci si aiuta; decisivo è soltanto che ora si vinca la guerra. I marinai lo fanno a malincuore, perché sembra recar scapito al loro prestigio il dover trasportare conserve, benzina o munizioni invece di siluri.

Ho disposto, Duce, che continuamente nuovi carri armati vengano trasportati a NapO'li per essere inviati al vostro fronte nordafricano. Si tratta essenzialmente di fare affluire mezzi bellici di attacco, e specialmente quelli motorizzati. Se noi provvediamo le nostre comuni forze in Africa delle necessarie armi corazzate e motorizzate, potremo avere in un tempo sorprendentemente breve un cambiamento di scena, che il Signor Churchill forse oggi non sogna neppure. Poiché le linee di rifornimento degli inglesi divengono ormai sempre più lunghe e vulnerabili, specialmente quando l'arma subacquea e quella aerea cominceranno sempre più ad intaccare il tonnellaggio della flotta ingles,e nel Mediterraneo. L'ulteriore meta dev'essere la eliminazione di Malta. Anche qui la situa:ilione cambierà certamente presto.

Del resto il Comando e gli uomini delle formazioni itala-tedesche nell'Africa settentrionale hanno fatto tutto ciò che era umanamente possibile.

Francia: Le condizioni della lotta africana in Tripoli ed in Libia ci riconducono sempre ad esaminare fino a che punto la Francia con la cessione di porti, l'abolizione di convogli, ecc., può efficacemente cooperare. Lasciate, Duce, che io Vi dica con ogni sincerità il mio pensiero al riguardo.

Io non credo che la Francia potrà essere indotta a darci un aiuto realmente attivo ed efficace. Non si tratta qui dell'opinione di Pétain e neppure di quella dell'Ammiraglio Darlan, ma piuttosto dell'intera mentalità di quei circoli che ancora oggi rappresentano l'odierna Vichy. In questi circoli vi è l'intenzione non di aiutare in qualche modo la Germania e l'Italia, ma invece di ricavare il maggior vantaggio possibile per la Francia da un'eventuale situazione di necessità dei nostri due Paesi. In questi circoli si spera di liberare la Francia dalle conseguenze della sconfitta senza assumere praticamente alcun impegno definitivo, mentre io sono dell'opinione che l'alleggerimento della situazione fra-ncese può essere solo la conseguenza di un concreto aiuto pratico che essa ci dia. Però di fronte a questo concreto aiuto l'intera Francia indietreggia e non solamente per la profonda antipatia o persino per il segreto sentimento di vendetta contro i nostri due popoli, ma anche per la paura delle conseguenze che possono derivare da parte dell'America e dell'Inghilterra. Infatti, Duce, per ottenere il consenso francese per trasportare a Biserta, armi, munizioni, ecc. la Germania ha già adempiuto ai suoi impegni, mentre la Francia al contrario viene sempre avanti con nuove richieste. Si tratta in breve di questo: la Germania e l'Italia posseggono nella loro lotta decisiva soltanto una sicura garanzia che la Francia non pensi di attuare un cambiamento contro di noi della sua posizione esterna, e questa sicura garanzia è esclusivamente l'attuale debolezza della Francia. Questa debolezza è determinata

0 ) dalle condizioni territoriali della Convenzione di Armistizio;

2°) dalle clausole militari della Convenzione di Armistizio, e

3°) dal numero dei prigionieri di guerra che ancora oggi rappresenta il più prezioso ostaggio che si trova nelle mani tedesche.

Quando io parlo di ostaggio non si deve, Duce, ritenere che tali uomini sono trattati male! Al contrario! Io credo che la maggior parte di essi ritorna in Francia con delle idee completamente diverse da quelle con le quali è venuto. Però il solo fatto che essi si trovano in Germania significa per numerose famiglie francesi un avvertimento e inoltre la speranza che uno sviluppo inamichevole delle relazioni con i nostri due paesi non produca un aggravamento della situazione dei prigionieri di guerra.

Inoltre devo dire ancora quanto segue: su di un milione e novecentomila prigionieri francesi, io ne ho già liberati, Duce, circa ottocentomila, senza che ciò abbia portato ad un cambiamento veramente sensibile dell'atteggiamento francese. Io non sono nella situazione di riprendere di nuovo questi ottocentomila prigionieri. La liberazione del restante milione non rafforzerebbe sotto nessun aspetto la nostra situazione, Duce, ma esclusivamente la situazione del Governo francese che un giorno sarà di fronte a noi più libero.

Attualmente si sta esaminando fino a che punto sia possibile inviare nell'Africa del nord dei trasporti mascherati. Non ho bisogno di sottolineare che io stesso non posso avere che un solo desiderio e cioè: portare nell'Africa del Nord e portarlo in modo sicuro il materiale di rifornimento necessario non solo per i vostri ma anche per i miei soldati. Però noi abbiamo fatto con le assicurazioni francesi tante diverse esperienze -senza che io voglia nei singoli casi renderne responsabile la cattiva volontà del Governo francese -che la coscienza del mio dovere e la ragione mi porranno in guardia dall'andare troppo avanti finché da una decisione clamorosa e definitiva non sia provato che la Francia riconosce infine il suo destino come europeo e si leghi quindi con gli interessi di quegli Stati che oggi difendono l'Europa contro la più deplorevole coalizione di tutti i tempi.

Ho già accennato, Duce, all'entrata in guerra del Giappone. Io considero questo avvenimento come uno dei più decisivi della storia del nuovo tempo. Non è sopravalutarlo dargli il significato di un'epoca. Qualsiasi cosa possano fare l'Inghilterra e l'America, alle forze riunite degli anglo-sassoni e dei rimanenti sovietici sta di fronte la forza riunita della Germania, dell'Italia e del Giappone oltre quella della maggior parte della restante Europa. La mia sicurissima fede in una vittoria completa in questa guerra è stata soltanto rafforzata da ciò. Hong Kong è caduta. Le Filippine saranno in poche settimane perdute per l'America. Singapore sarà il prossimo obiettivo dell'attacco giapponese. Io non credo alla possibilità di una resistenza di lunga durata. Ogni meta conseguita mette a disposizione del Giappone nuove forze. L'uomo, che senza alcun motivo, spinto dai suoi istigatori giudei, capitalisti e massoni cominciò questa guerra darà all'Impero britannico il colpo più mortale della sua storia. Verrà anche il momento in cui il Signor Churchill dovrà salvarsi dal suo proprio popolo ma noi qui dobbiamo constatare soltanto una cosa: bisogna colpire ciò che è maturo per cadere. Io ho la speranza che verrà allora per l'Europa un lungo periodo di pace e quindi di ricostruzione, un periodo che darà proprio ai nostri due popoli un grande compito a noi nel nord e nel nord est ed a Voi ed al Vostro popolo, Duce, in quegli spazi che già una volta sono stati aperti da Roma alla civiltà.

Sopratutto, Duce, mi sembra sovente che nei 1500 anni lo sviluppo dell'umanità ha subito solt:mto una interruzione e ora è nuovamente sul punto di ritornare sui binari di un tempo. Che il destino abbia dato a noi due in questa lotta una così eminente posizione, mi lega di anno in anno più strettamente a Voi. Io non posso quindi chiudere questa lettera che con l'augurio di cuore che Voi, quale creatore del nuovo Stato Romano possiate restare sano! Tutto il resto andrà allora per quella via che la Provvidenza ha segnato chiamando la Vostra persona.

Accogliete per Voi, per i Vostri soldati e per tutto il popolo italiano i più cordiali auguri per l'inizio dell'anno nuovo.

(l) -Aveva scritto precedentemente «ottima», poi corretta in «buona». (2) -L'originale tedesco manca. (3) -Non risultano gli estremi di trasmissione della presente lettera.
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IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

L. s. R. Roma, 29 dicembre 1941.

Il Generale Ambrosia è stato chiamato a Roma per ricevere nuove direttive dal Duce. Tu sai che i Tedeschi dopo averci dato mano libera per l'occupazione dell'intera Croazia (1), anzi dopo aver concordato con noi, a mezzo del Generale Rintelen, persino le modalità per il ritiro dei loro reparti, ci hanno fatto all'improvviso sapere che restano annullate le precedenti loro comunicazioni; che si propongono essi di procedere all'occupazione della Croazia fino alla nostra linea di demarcazione, e ci hanno chiesto di mettere a loro disposizione delle nostre truppe (2). Pare, a quanto risulta in questi ambienti militari, che il cambiamento sia dovuto a pressioni fatte in tal senso dagli stessi Croati, ai quali il Generale Glaise aveva avuto ordine di dare comunicazione della cosa.

In conseguenza di ciò, il Generale Ambrosia ha ricevuto istruzioni dal Duce di astenersi dalla progettata occupazione. I Tedeschi inizieranno le ope

razioni il 15 corrente con due divisioni (quella che hanno in Croazia e una che verrebbe dalla Serbia). Noi ci rafforzeremo sulla linea di demarcazione. Tu sai che si stava ventilando l'idea di ritirare i nostri presidi da gran parte della terza zona, date le difficoltà di vettovagliarli. Adesso viceversa non solo verranno mantenuti ma rinforzati.

La parte più delicata e importante delle direttive impartite dal Duce al Generale Ambrosia riguarda l'atteggiamento da tenere nei territori occupati. Ho pregato Castellani di venirtele a riferire a voce costà il che egli farà subito dopo Capodanno. Io ne accennerò al Ministro, ma della cosa dovremo riparlare tra noi.

(l) -Vedi D. 40. (2) -Il 24 dicembre, il gen. Rintelen aveva comunicato che «dal Comando delle Forze del Sud-Est si richiede non più la sostituzione delle forze germaniche da parte di quelle italiane in tutta la Croazia, ma la collaborazione delle forze italiane per stroncare definitivamente ogni attività dei ribelli».
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L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12407/464 R. Rio de Janeiro, 30 dicembre 1941, ore 12,22 (per. ore 20,50).

Man mano che si avvrcma conferenza Panamericana Rio Janeiro questo Ministro degli Affari Esteri che la presiederà va adoperando nelle sue conversazioni private ed in quelle con alcuni diplomatici di sua fiducia un linguaggio sempre più interventista.

Nella stampa da lui orientata cominciano apparire seguenti tesi:

0 ) Recente dichiarazione brasiliana di «neutralità » nel conflitto Giappone-Gran Bretagna fu «un errore » perché Brasile non può essere solidale con gli Stati Uniti d'America nella loro guerra col Giappone e neutrale tout court in quella tra il Giappone e Inghilterra che è alleata Stati Uniti d'America.

2°) Dichiarazione di semplice (sic) solidarietà Brasile con Stati Uniti d'America è in contraddizione con gli impegni presi Avana per i quali aggressione di un Paese americano deve essere considerata come diretta contro tutti e ciascuno.

Si delinea perciò un atteggiamento Brasile in seno alla conferenza Panamericana tendenzialmente interventista, cosicché formulata solidarietà di questo Paese con gli Stati Uniti d'America andrà prendendo sempre più corpo conformemente quanto illustravo col mio telegramma n. 417 (l) malgrado la resistenza del Presidente e quelle probabili di alcune delle Delegazioni sud-americane.

(l) Con T. 11630/417 r. del 10 dicembre 1941, ore l (per. ore 10,15) Sola aveva riferito che, nonostante le assicurazioni fattegli pervenire dal presidente Vargas, egli riteneva suo «dovere Insistere nel concetto che il Brasile, se la guerra si prolungherà, sarà fatalmente portato a confondere sua politica con quella degli U.S.A., sottostandone buona parte pretese ».

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IL MINISTRO AD ASSUNZIONE, TONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 12429/86 R. Assunzione, 30 dicembre 1941, ore 13,50 (per. ore 7 del 31).

Mio telegramma n. 84 (1).

Ho intrattenuto utilmente questo Presidente della Repubblica su quanto cortesemente comunicatomi col telegramma n. 422 (2) e precedenti. Il Generale mi ha manifestato tutto il suo sincero disprezzo per la politica Nord Americana augurandosi che l'Asse potrà assestare un buon colpo nel Mediterraneo prima della Conferenza di Rio Janeiro. Mi ha inoltre assicurato il suo Governo farà ogni possibile sforzo per mantenere la neutralità del Paraguay e che in tal senso si è già espresso con questo «Consiglio della Difesa)). Più riservato si mantiene invece questo Ministro degli Affari Esteri nonostante la speciale simpatia che sempre mi dimostra. Egli giungerà a Buenos Aires il 4 gennaio insieme ad un tecnico militare spiccatamente contrario agli S.U.A. e ad un esperto economico a noi molto favorevole. Proseguirà quindi per Rio de Janeiro insieme al Cancelliere Argentina.

Pur essendo il Paraguay già orientato verso atteggiamento Argentina, agiranno non di meno su di lui le decisioni Brasile dato il tipo similare di Governo attualmente esistente nei due Paesi

84

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 12400/2371 R. Berlino, 30 dicembre 1941, ore 20.

Negli ambienti di questo Alto Comando si dichiarava oggi che la pressione nemica, nel settore centrale del fronte russo mantiene un ritmo crescente. Mentre a sud di Mosca, superata Kaluga le unità rosse accennano ad una decisa puntata verso est, e sembra delinearsi fra Twer e Rjef a nord della capitale un vasto tentativo bolscevico di manovra avvolgente.

Mi risulta che per controbattere questo attacco sono in corso trasporti di grandi unità germaniche dal fronte meridionale, sebbene si ritenga probabile che i russi si preparino anche da questa parte a ritentare un'azione offensiva.

Al fine di sbloccare Sebastopoli il Comando russo cerca frattanto di riprendere piede in ogni modo in Crimea, ed è oggi riuscito a sbarcare alcune unità nel porto di Theodossia che il presidio germanico è stato costretto ad evacuare.

(l) -Vedi D. 39. (2) -Vedi D. 59.
85

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO

T. S. N. D. 50891/966 P.R. Roma, 30 dicembre 1941, ore 21,45.

Personale per Lequio.

Informate confidenzialmente Serrano Sufier, a mio nome personale, che a sua richiesta -ho ricevuto in questi giorni, per pochi minuti il Generale Queipo de Llano.

Nel corso della breve conversazione Queipo de Llano non ha fatto alcun accenno di carattere politico e si è limitato a chiedermi agevolazioni presso le Autorità Militari per poter compiere in automobile il viaggio sino alla frontiera italiana.

È bene che Serrano Sufier sia informato di quanto sopra in relazione a possibili voci o interpretazioni che sulla predetta conversazione potessero giungere al suo orecchio (1).

86

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI

L. s. 24778/AG. Torino, 30 dicembre 1941.

Il Generale Vacca Maggiolini ha trasmesso direttamente a te e a d'Ajeta copia della nota verbale (2) consegnatagli dall'Ammiraglio Duplat al termine del colloquio avvenuto stamane.

Per quanto riguarda l'argomento principale in discussione, circa il quale il gen. Vacca Maggiolini ha riferito direttamente senza darmene copia, ti posso dire che l'Ammiraglio Duplat, a quanto mi ha detto il Presidente della C.I.A.F., si è mostrato personalmente favorevole ad una pronta definizione della questione dell'uso delle basi tunisine. Egli ha detto che, a suo avviso, la Francia doveva por fine alla politica di « attesismo », e decidersi nel senso della collaborazione coll'Asse. Per altro, Duplat non ha ritenuto di doversi recare personalmente a Vichy, e si limiterà, almeno per ora, a riferire per iscritto al suo Governo.

Il gen. Vacca Maggiolini, per parte sua, ha rilevato che un accordo anche

parziale, in questioni di carattere militare, può rivelarsi più efficace se concluso

rapidamente.

Mi riservo di riferirti quegli ulteriori elementi di cui potrò essere a cono

scenza.

(l) -Lequio rispose con T. s.n.d. 1/991 r. del 31 dicembre 1941, ore 23.05, quanto segue: «Serrano nuovamente infermo. Assicuro V. E. che farò comunicazione non appena sarà in grado ricevermi ». Vedi D. 97. (2) -Vedi D. 87, allegato.
87

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. Torino, 30 dicembre 1941.

Stamane appena finito coll'amm. Duplat di trattare, in un'atmosfera di reciproca cordiale comprensione, l'importante argomento che ben conoscete, su cui Duplat riferirà sollecitamente a Vichy, l'ammiraglio stesso mi consegnò la nota, di cui Vi accludo copia, mentre le dò corso per via regolare d'ufficio.

Nel presentarmela l'amm. Duplat mi ha detto che il nostro comunicato Stefani (l) aveva fatto spiacevole impressione a Vichy, soprattutto perché, così come il comunicato si esprimeva, quella parte dell'opinione pubblica francese che è già ostile al ravvicinamento coll'Italia, poteva concludere che non si trattava già di una favorevole conseguenza dei colloqui di Torino, ma di una nuova imposizione tedesca a danno della Francia.

Comunque, mi osserva l'amm. Duplat, il rammarico francese e la conseguente nota non avevano alcuna relazione colla sostanza del provvedimento comunicato dalla Stefani, ma semplicemente sulla forma data al comunicato (2).

ALLEGATO

LA DELEGAZIONE FRANCESE ALLA COMMISSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO CON LA FRANCIA

NoTA VERBALE. Torino, 29 dicembre 1941.

A la date du 23 décembre dernier, l'agence «Stefani » a publié un communiqué annonçant que, d'accord avec le Gouvernement du Reich, le Gouvernement italien avait décidé de nommer un Plénipotentiaire politique à Paris, et avait désigné pour ce poste Monsieur l'Ambassadeur Gino Buti. La note «Stefani » ajoutait que cette décision avait été portée à la connaissance du Gouvernement Français.

La Président de la Délégation Française à la Commission Italienne d'Armistice croit devoir rappeler que la décision du Gouvernement Royal annoncée par le communiqué « Stefani », et dont le Général Vacca Maggiolini lui avait donné connaissance le 22 décembre au soir, résulte d'un accord intervenu au cours de l'entretien que l'Amiral Darlan a eu avec le Comte Ciano à Turin, le 10 décembre, et en vertu duquel des délégations de caractère diplomatique devraient etre échangées.

Il avait été notamment entendu au cours de cet entretien, qu'il y aurait équilibre dans les situations et qu'une délégation française serait installée à Rome au moment où une délégation italienne s'établirait à Vichy.

Le communiqué de l'agence otncielle italienne ne semble donc pas donner une impression exacte, puisqu'il laisse entendre seulement qu'il s'agit d'un accord italoallemand qui a été simplement notifié au Gouvernement français. Ce dernier n'a pas d'ailleurs d'objection de principe à l'installation d'une mission italienne à Paris, bien qu'il n'ait été question à Turin que de l'envoi d'une délégation à Vichy.

A cette occasion, le Président de la Délégation française a été chargé d'insister sur l'importance particulière que le Gouvernement français attacherait, dépuis l'état de guerre entre l'Italie et les Etats-Unis, à pouvoir disposer en Italie d'une représentation qualifiée pour assumer la protection des intéréts français qui n'est confiée à la Légation de Suisse à Rome qu'à titre tout à fait provisoire.

L'amiral Duplat serait reconnaissant au Général Vacca Maggiolini de bien vouloir soumettre cette question au Gouvernement Royal et lui faire connaitre aussitéìt que possible la réponse que celui-ci aura estimé pouvoir donner.

(l) -Il testo del comunicato, steso da Ciano, era del seguente tenore: «D'intesa col Governo del Reich, è stato deciso che l'Italia, come la Germania, faccia risiedere un Ambasciatore a Parigi. È stato designato l'Ambasciatore Gino Buti. Di quanto precede è stata data comunicazione al Governo di Vichy ». (2) -Accanto al timbro «visto dal Duce» c'è l'annotazione: «non è possibile» forse di Ciano.
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IL VICE DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 31 dicembre 1941.

In seguito ad invito del Governo germanico hanno avuto luogo a Berlino delle conversazioni sulle questioni concernenti l'India ed i Paesi del Medio Oriente. Esse sono state organizzate dal Console Generale Wtister, Direttore Generale della « Information Abteilung » del Ministero degli Affari Esteri e sono state dirette dal Segretario di Stato Keppler. Vi hanno partecipato numerosi funzionari dell'Auswartiges Amt, due rappresentanti del Comando Supremo germanico, il sig. Subhas Chandra Base, il sig Gulam Siddiq Khan e il sig. Iqbal Schedai. Oltre ai Rappresentanti del Ministero degli Esteri era presente un Ufficiale Superiore del SIM.

Le conversazioni sono state precedute da una riunione riservata ai soli italiani e tedeschi allo scopo di giungere ad una previa precisazione dei due punti di vista. Una quasi completa identità di vedute su quasi tutti i problemi è stata subito constatata in tale riunione. Ciò è stato dovuto in gran parte all'opera preparatoria compiuta, già da mesi, dal Gabinetto e dalla Direzione Generale Affari Transoceanici con l'Ambasciata germanica a Roma. Le conversazioni di Berlino sono state da un Iato il coronamento di tale opera e dall'altro l'inizio di una aperta e chiara collaborazione in materia.

Nelle conversazioni destinate alle questioni indiane sono stati esaminati i seguenti punti:

0 ) Istituzione di Uffici. È stato preso atto dell'istituzione in Italia di uno speciale Ufficio, dipendente dalla D.G.A.T., di cui fanno parte i rappresentanti del Ministero degli Affari ESTERI, del SIM e del Ministero della Cultura Popolare, nonché un gruppo di agenti indiani diretti dal signor Iqbal Schedai. Tale Ufficio ha il compito di accentrare tutte le questioni relative all'India ed ai Paesi del Medio Oriente.

Da parte germanica è stata comunicata l'istituzione di un « Ufficio India » composto però escLusivamente di agenti indiani capeggiati dal Signor Base. È stato accennato alla probabilità che tale Ufficio sia in avvenire trasformato e riconosciuto come una specie di rappresentanza dell'« India Libera » in Germania. Il Signor Bose insiste evidentemente presso il Governo germanico per

ottenere tale personale riconoscimento ma da parte germanica si è deciso di rinviare ogni determinazione in proposito al momento della dichiarazione dell'indipendenza dell'India. Non ho per parte mia fatto alcuna dichiarazione in proposito. Il nostro Uftlcio India è esclusivamente italiano e il Signor Schedai non viene considerato che come un collaboratore tecnico. Ove tuttavia si giungesse a Berlino alla determinazione di riconoscere al Signor Base la qualità di «Rappresentante » dell'India, non si potrebbe da parte nostra non riconoscere analoga qualità al Signor Schedai che è da anni un nostro fedele e leale amico e la cui opera si è dimostrata in questi ultimi tempi veramente preziosa. Aggiungasi che il Signor Schedai è musulmano e che a noi interessa forse maggiormente avere un musulmano quale primo rappresentante a Roma della futura India.

2°) Propaganda. Ho esposto il lavoro compiuto nel campo propagandistico già da circa un anno. Ho fatto rilevare che i risultati migliori in tale campo sono stati ottenuti con emissioni radiofoniche, uftlciali e clandestine, che hanno avuto il più vivo successo. Sopratutto la radio clandestina, diretta dal Signor Schedai ed alimentata con appropriate notizie fornite regolarmente dal R. Ministro a Kabul, ha provocato vivaci reazioni in India dove è attentamente seguita. Le Autorità britanniche, pur avendo dubbi intorno a tale trasmissione, non ne hanno ancora precisato l'ubicazione ed è tuttora diffusa la convinzione che la stazione sia situata nel Waziristan.

Tanto i rappresentanti germanici quanto quelli indiani hanno durante le conversazioni vivamente elogiato le nostre trasmissioni radio e si è da parte tedesca deciso di imitarle inviando prossimamente alcuni tecnici a Roma per le necessarie informazioni.

Ho altresì dato notizia dei contatti riservati che hanno permesso al R. Ministro a Kabul di svolgere una seconda forma di propaganda mediante la diffusione di opuscoli e di manifestini appositamente colà inviati dall'Italia.

Il Signor Wiister ha informato che, oltre alle trasmissioni radio ed alla diffusione materiale propagandistico vario, l'« Uftlcio India» di Berlino curerà la pubblicazione di un foglio di informazioni indiane che assumerà gradatamente la veste di un vero e proprio giornale e che sarà redatto in lingua hindostana ed in inglese. Esso sarà diffuso il più largamente possibile in tutto il mondo, compatibilmente con le attuali diftlcoltà di comunicazioni.

3°) Legione indiana. Il rappresentante dell'O.K.W. ha dichiarato che è allo studio la creazione di una legione indiana che sarà composta di prigionieri opportunamente selezionati e rieducati. Tale rieducazione sarà effettuata in Germania ad opera di uftlciali tedeschi che conoscono la lingua inglese ed a lato dei quali saranno posti degli uftlciali indiani ugualmente scelti fra i prigionieri. Tali truppe non saranno evidentemente destinate ad un vero e proprio apporto militare ma ad essere appunto una espressione propagandistica. Esse saranno dotate di armi speciali di vario genere in misura maggiore di quanto non siano normalmente dotati i reparti germanici di fanteria. Non sembra per ora possibile organizzare più di un battaglione, ma altre unità saranno organizzate appena crescerà il numero dei prigionieri. La Legione sarà destinata ad operare sul futuro fronte caucasico.

Ho espresso il desiderio che anche al fronte libico siano destinate delle aliquote di tali legioni, ma il Signor Bose si è opposto dicendo che i soldati indiani combatteranno più volentieri se avranno l'impressione di marciare in direzione del loro Paese. Ho per parte mia insistito, appoggiato dai tedeschi, e si è convenuto che alcuni elementi, se non veri e propri reparti, potranno essere avviati in Africa Settentrionale.

Un rappresentante del Servizio Informazioni germanico ha esposto un succinto e generico programma di attività diretto al sabotaggio, al lancio di paracadutisti, all'invio di agenti ecc.

Ho dato notizia dei riservati contatti da noi avuti con il Fachiro di Ipi, sottolineando la buona impressione che abbiamo avuto di lui, dei suoi programmi e della sua attività, ed ho raccomandato di far pervenire al Fachiro, il quale si è spontaneamente dichiarato nostro «alleato», qualche tangibile segno del nostro apprezzamento e qualche aiuto. Il Fachiro stesso ha comunicato di essere in grado di approntare uno speciale campo di aviazione atto a ricevere aeroplani dell'Asse.

Tanto i tedeschi quanto gli indiani hanno riconosciuto che il territorio controllato dal Fachiro può essere un ottimo « Stutzpunkt » per future operazioni di carattere militare oltreché per lancio di materiale di propaganda.

4°) Dichiarazione d'indipendenza dell'India. La questione della dichiarazione dell'indipendenza dell'India ha rappresentato il punto più importante delle conversazioni (1). Su di esso ha parlato a lungo, ed in modo indubbiamente convincente, il Signor Base. Egli ha detto che l'aiuto migliore che l'Asse può dare alla causa indiana è appunto quello di una ufficiale, pubblica, e solenne dichiarazione dei Governi dell'Asse affermante il preciso intendimento di fare domani dell'India uno Stato libero ed indipendente. Egli ha detto che la propaganda britannica ha un ottimo gioco e vivo successo presso le masse indiane con l'affermare che la Germania e l'Italia avanzano verso l'India per liberarla dagli Inglesi ma per soggiogarla a loro volta ed in modo ben più duro. Tale convincimento si va diffondendo e si va facendo sempre più profondo. Nello stesso animo dei patrioti indiani che vivono all'estero e che cercano di lavorare per la vittoria dell'Asse esiste innegabilmente questo dubbio. Solo una contraria, solenne dichiarazione dell'Asse può dissiparlo ed impedire che domani le nostre Forze Armate si trovino di fronte ad un'India compatta agli ordini di Londra, ben decisa a difendersi fino all'ultimo sforzo.

Anche il Signor Schedai ha espresso lo stesso fermo avviso ed ha ricordato quanto grave possa essere la piena disponibilità da parte inglese delle ricchezze indiane e del suo quasi inesauribile materiale umano.

Il Segretario Keppler ha risposto dicendo che si rende pienamente conto dell'importanza e della validità degli argomenti esposti dagli amici indiani ma che è stato superiormente deciso di rinviare la dichiarazione relativa all'indipendenza dell'India ad un momento più propizio. Numerose ragioni di carattere generale e particolare, politiche e militari, consigliano tale rinvio. Le Potenze dell'Asse, ha aggiunto il Dr. Keppler, non desiderano imitare l'esempio britannico della vana distribuzione di preventive ed inconsistenti garanzie a favore di Paesi e di popoli. Solo quando le Potenze dell'Asse potranno avere

la precisa sicurezza di essere in grado di mantenere le loro promesse, e di recare un effettivo aiuto, tali garanzie saranno date.

L'esempio dell'Iraq, la cui insurrezione è stata prematura ed il cui apporto alla causa dell'Asse avrebbe potuto essere, se più tempestivo, tanto importante, insegna a non precipitare situazioni che non siano effettivamente mature. Il Dr. Keppler ha confidenzialmente aggiunto che la decisione del rinvio della dichiarazione d'indipendenza è stata presa dal Duce e dal Ftihrer durante il loro ultimo incontro.

Ho per parte mia espresso lo stesso convincimento associandomi alle dichiarazioni ed alle considerazioni del Dr. Keppler.

Il Signor Bose ed il Signor Schedai hanno vivamente replicato, facendo presente che un nuovo importantissimo elemento ha modificato la situazione in questi ultimi giorni; l'improvvisa entrata in guerra del Giappone, i primi importanti successi nelle operazioni militari da esso intraprese e l'affacciarsi delle armate ai confini dell'India.

Era evidente, tanto nelle affermazioni del Signor Bose quanto in quelle del Signor Schedai, una particolare e viva preoccupazione relativa agli intendimenti del Giappone nei riguardi dell'India. Non vi è dubbio infatti che se sussistano dei timori indiani circa le reali intenzioni dell'Asse verso l'India, tali timori sono ben più profondi nei riguardi delle intenzioni giapponesi. E quale prima prova della bontà e della sincerità dei nostri intendimenti gli indiani presenti alla riunione hanno chiesto appunto quella dichiarazione dell'Asse relativa all'India che valga anche, anzitutto, come garanzia verso il Giappone.

Il Dr. Keppler ha riconosciuto la fondatezza delle ragioni indiane, pur senza fare alcun accenno ad eventuali pericoli da parte giapponese. Ha però ammesso esistere oggi una situazione radicalmente diversa da quella esistente il giorno in cui il Duce e il Ftihrer decisero il rinvio della dichiarazione ed ha dichiarato che un nuovo quesito ad esso relativo sarà da parte tedesca presentato al Ftihrer. Mi sono associato dicendo che tutte le considerazioni svolte sulla questione sarebbero da me state esposte a Roma per una loro presentazione al Ministro degli Affari ESTERI,

Alla fine della discussione relativa alla dichiarazione di indipendenza ho chiesto se, in attesa di un eventuale riesame della questione e di nuove superiori decisioni, non potrebbe frattanto esser cercato di ovviare agli evidenti inconvenienti dell'attuale silenzio delle Potenze dell'Asse nei riguardi dell'India, impartendo istruzioni alla stampa ed alla radio delle due Potenze affinché cerchino di dare l'impressione di un sincero interesse dell'Asse per l'indipendenza indiana. L'intensificazione della propaganda nei riguardi dell'India sarebbe infatti indispensabile per controbattere l'aumentata propaganda inglese. I rappresentanti tedesco ed indiano hanno pienamente approvato la proposta dicendo che essa sarebbe stata sottoposta al Ministro von Ribbentrop. Ho l'impressione che il Ministro von Ribbentrop abbia approvato la proposta e che istruzioni in tal senso siano già state date alla stampa germanica poiché da qualche giorno appaiono su di essa, ed anche sulla nostra, per le note connessioni, copiose notizie sull'India ed articoli favorevoli alla causa dell'indipendenza indiana.

IO -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

La riunione si è infine conclusa con la decisione di mettere al corrente le Ambasciate del Giappone in Berlino ed in Roma del lavoro svolto nei riguardi dell'India con preghiera di voler segnalare tale opera al Governo di Tokio, chiedendo di conoscerne il pensiero e sottoponendogli il quesito relativo alla questione della dichiarazione di indipendenza.

Conformemente a tale decisione al mio ritorno da Berlino, ho messo al corrente di quanto precede, pur senza scendere in dettagli, il Consigliere dell'Ambasciata del Giappone, Sig. Ando, il quale ha dimostrato molto interesse per le varie questioni espostegli, assicurando che l'Ambasciata le avrebbe telegraficamente segnalate a Tokio. Nessuna risposta è finora pervenuta dal Governo nipponico, ma le agenzie telegrafiche giapponesi hanno dato notizia di riunioni di indiani tenute a Tokio ed a Shanghai per iniziativa delle Autorità nipponiche, nonché della costituzione di Comitati indiani e birmani, che hanno subito lanciato appelli per l'indipendenza dei loro Paesi.

Tali immediate iniziative giapponesi non hanno mancato di preoccupare il Governo tedesco che si rende oggi pienamente conto della necessità di procedere, senza ulteriori dilazioni, a qualche affermazione ufficiale dell'Asse nei riguardi dell'India e dei Paesi del Medio Oriente. Il Ministro Von Ribbentrop ha presieduto una riunione in data 30 corr. per esaminare la questione.

5°) Situazione in Afghanistan. Una speciale riunione è stata tenuta per esaminare la situazione in Afghanistan. Il Signor Gulam Siddiq Khan, ex Ministro degli Affari Esteri di Re Amanullah, persona intelligente, capace ed assai stimata dai tedeschi, ha espresso il convincimento che la nazione afghana sia pronta ad insorgere contro gli inglesi ed a iniziare una pericolosa guerriglia in tutto il Paese ed alla frontiera dell'India, malgrado l'anglofilismo del Primo Ministro e del Governo, notoriamente influenzato dalle rupie generosamente ed accortamente distribuite dal Governo di Delhi. Egli ha tuttavia aggiunto che la concessione inglese al Governo afghano di lasciare tuttora sussistere in Kabul le due Legazioni dell'Asse serve a dare l'impressione al Paese che esso è tuttora indipendente mentre in realtà non lo è. È un'opera di morftnizzazione che, con denaro raggiri ed intrighi, il Governo di Delhi sta compiendo in Afghanistan. Ma se i Paesi dell'Asse -sostiene Gulam Siddiq Khan ritirassero improvvisamente le loro Legazioni, affermando pubblicamente che il Paese ha perduto la sua indipendenza, che il Re e il Governo sono strumenti di Londra e che una nuova e vera indipendenza sarà data dall'Asse al Paese, questo certamente insorgerebbe in armi contro gli odiati britannici.

Tale concezione è certamente interessante e non manca di intelligenza, ma è lecito domandarsi se veramente il Paese insorgerebbe nel caso prospettato dal Sig. Gulam Siddiq Khan ed in quale vastità e misura.

Sembra dubbio che il popolo afghano abbia ad insorgere per il solo fatto del ritiro delle due Legazioni dell'Asse. Una vera e propria insurrezione non si produrrebbe forse che in caso di invasione anglo-russa del Paese. Ma anche in tale caso è lecito domandarsi se il Governo attuale, benché corrotto dal denaro inglese, non si opporrebbe esso stesso con le armi rifugiandosi sulle montagne e guidando esso stesso la guerriglia.

Il Sig. Gulam Siddiq Khan esclude completamente tale ultima ipotesi, ma, anche volendo dargli ragione, il proposto ritiro delle due Rappresentanze sembra davvero insufficiente a creare una sì violenta reazione. D'altro lato le due Rappresentanze sono oggi estremamente utili poiché forniscono regolarmente quel materiale informativo e propagandistico senza il quale saremmo completamente all'oscuro della situazione indiana. È infine lecito chiedersi se il Sig. Gulam Siddiq Khan non sia un po' troppo spinto dal desiderio e dalla fretta personali di ottenere quel pubblico riconoscimento da parte dell'Asse che da anni il Re Amanullah ed egli stesso attendono.

Sembra guisto, in conclusione, il voler esaminare con la maggiore cautela la questione ed attendere lo sviluppo di ulteriori avvenimenti, sopratutto di carattere militare. Se le forze dell'Asse si affacceranno nella prossima primavera al Caucaso e se si avranno allora più chiari segni di prossime e reali rivolte del popolo afghano, i suggerimenti del Signor Gulam Siddiq Khan potranno essere accolti ed attuati. Tutto ciò ho ritenuto di far presente durante la riunione, ed i rappresentanti tedeschi si sono dichiarati perfettamente d'accordo.

È stato tuttavia deciso di seguire la situazione in Afghanistan con la massima attenzione allo scopo di intervenire nel migliore momento.

La questione afghana non può essere dissociata dalla questione indiana. L'una è strettamente connessa con l'altra. E se il fatto nuovo dell'entrata in guerra del Giappone e dell'avanzata delle truppe giapponesi indurranno una precisa presa di posizione dell'Asse circa la questione indiana, una dichiarazione nei riguardi dell'Afghanistan non potrà molto tardare. Re Amanullah, che da anni abbiamo aiutato e che rappresenta certamente un'ottima carta nelle nostre mani, potrà al momento opportuno essere da noi riconosciuto quale nuovo Re dell'Afghanistan e nuovo Capo di quello Stato mussulmano deJ Medio Oriente che da tanto tempo gli afghani vanno sognando e che noi dobbiamo volere strettamente connesso al nostro sistema mussulmano-coloniale.

6°) Ritengo opportuna qualche considerazione circa la persona del Signor Bose.

Il Signor Bose, che ha lasciato l'India e che è giunto in Europa unicamente per merito nostro (1), ha forse ritenuto che a Roma non gli sia stata data sufficiente importanza. In realtà noi siamo stati con lui aperti e gentill, ma abbiamo ritenuto, e riteniamo tuttora, che il suo apporto alla causa dell'India, ed a quella comune, non vada molto più in là di quello che può significare il suo nome. Il Signor Schedai ha fatto al riguardo interessanti segnalazioni alle quali mi rimetto e nelle quali pienamente concordo.

Ciò non significa che il Signor Bose non debba essere trattato con tutti i riguardi e che la collaborazione con lui non abbia a continuare inalterata. Ma è al Signor Schedai che dobbiamo noi qui fare capo, soprattutto perché egli è mussulmano.

I tedeschi, pur avendo dato al Signor Bose denaro, ville ed automobili, pensano sostanzialmente di lui come noi pensiamo. Egli è certo un uomo intel

ligente, che è riuscito, con la creazione del Forword Bloc in seno al Congresso, ad uscire dalla negativa politica gandhista, oggi per noi controproducente e dannosa. Ed al suo nome potranno domani far capo le nuove realizzazioni propugnate dall'Asse per l'India. In attesa però di quel momento, uomini pm pratici, più coraggiosi e più tenaci, quali il Signor Schedai, sono certo di più immediata utilizzazione.

Ritengo opportuno segnalare il vivissimo interesse dimostrato dai tedeschi per le questioni trattate durante la riunione. Essi hanno tenuto a sottolineare il fatto che l'inizio della trattazione di tali questioni, e la loro giusta impostazione, sono stati effettuati a Roma. Ed hanno affermato il vivo desiderio di una più stretta collaborazione nella trattazione delle questioni concernenti il Medio Oriente.

Per tale riconoscimento, per il completo esame delle questioni effettuate e per le decisioni prese, le conversazioni di Berlino sono state pertanto indubbiamente utili.

(l) Vedi serie IX, vol. VI, D. 787 e vol. VII, D. 68.

(l) Vedi serie IX, vol. VI, D. 781.

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IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 47/l-2 R. Gedda, 1° gennaio 1942, ore 12 (per. ore 17 del 2).

Ministro delle Finanze Abdalla Suleiman, venuto ieri mattina appositamente da Mecca, mi ha invitato nel suo ufficio e in presenza del suo capo ufficio mi ha esposto verbalmente il contenuto della seguente comunicazione che dietro mia richiesta, egli ha poi dettato al Commendator Dafer:

«n nostro Paese ha bisogno -come voi sapete -di rivolgersi all'estero per i suoi rifornimenti. Esso nel passato importava da vari paesi: inglesi, arabi ed altri, nell'ultimo tempo i rifornimenti venivano forniti da tre paesi, dei quali India è il più importante, e gli altri sono Iran e Egitto. In questi ultimi tempi i due Governi iracheno ed egiziano hanno imposto divieto all'esportazione dei viveri, e particolarmente dei cereali, dei quali il nostro Paese ha stretto bisogno. Nello scambio conversazioni con quei due Governi non è stato dato retta alle nostre richieste. In questo ultimo temno il Governo inglese ci ha comunicato che il danno da esso subito per la presenza della Legazione d'Italia a Gedda e le proteste delle Autorità Militari inglesi contro i rifornimenti ai paesi arabi, costringono esso Governo inglese a comunicare Saudiano che si trova nella necessità vietare l'esportazione dei viveri dai propri paesi verso i porti arabosaudiani. A causa di questi motivi di forza maggiore V. E. si rende conto che possiamo essere perdonati se cerchiamo la via per allontanare da noi questo divieto, perché con tale divieto il nostro paese sarà assediato da tutte le parti e il nostro popolo non può sopportare questa situazione. Noi siamo pienamente convinti che amico Governo Italiano non consentirà che noi si venga a subire questi danni. Perciò preghiamo V. E. trovare una soluzione per questo problema e proponiamo di trovare e concretare l'organizzazione di un itinerario sicuro per

V. E., nella piena convinzione che V. E. interpreterà questa soluzione come forza maggiore. V. E. sa che quando non eravamo costretti dagli avvenimenti non abbiamo pensato a questo, ma le cose hanno assunto un carattere superiore alle nostre forze. V. E. dovrà essere sicuro che ciò è stato determinato da forza maggiore e da nessun'altro motivo, e se avessimo trovato un'altra soluzione non avremmo mai parlato di questo e non abbiamo mai ascoltato nessuno, ma il fatto di impedire i danni a se stessi precede ogni altra cosa 1>.

Nella esposizione verbale Abdalla Suleiman aveva anche detto che pressioni inglesi, iniziate da tempo, sono state in questi ultimi tempi intensificate fino al divieto di esportazione di generi alimentari per la Saudia dall'Egitto e dall'Iraq, ciò che ha fatto temere ai saudiani che presto simile divieto possa essere esteso alle merci provenienti India. Inglesi hanno inoltre fatto presente che l'esistenza della Legazione d'Italia a Gedda può dare modo ad essa di intese con persone qui affluenti da tutte le parti, a danno degli interessi inglesi. A mia richiesta su quale motivo Legazione d'Inghilterra basasse tale pretesa, Abdalla Suleiman ha risposto che non ne discerneva nessuno, e che il Governo saudiano si sottometteva alla richiesta inglese per forza maggiore. A mia richiesta ha chiarito che la partenza sarebbe permessa ai funzionari della Legazione e non agli internati.

Ho richiesto al Ministro Abdalla Suleiman di poter riferire telegraficamente a V. E. ed avendo egli subito accolto tale richiesta, gli ho rimesso un telegramma fittizio di pari numero. Converrà che mi sia fatto pervenire per stesso tramite un telegramma fittizio ministeriale quale presunta risposta al mio.

Prego telegrafarmi istruzioni anche per quanto riguarda sorte dei sedicenti civili qui internati. Unica rappresentanza che potrebbe qui assumere tutela nostri interessi è Legazione Turchia (1).

90

IL MINISTRO AD ASSUNZIONE, TONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 75/1 R. Assunzione, 2 gennaio 1942, ore 13,JO (per. ore 7,15 del 3). Mio telegramma n. 86

Gli argomenti, usati negli ambienti ufficiali locali da questo Arcivescovo e da questo Vescovo ausiliario entrambi paraguayani ed amici, contenuti nel telegramma di V. E. 423 (3), hanno favorevolmente agito su questo Ministro degli Affari Esteri che come è noto è cattolico osservante.

Prima imbarcarsi per Buenos Ayres in viaggio Rio Janeiro, egli mi ha detto durante quattro giorni di sosta nella Capitale argentina si intervisterà con quel Cardinale Primate e con quel Nunzio Apostolico.

(2). (l) -Per la risposta di Ciano, vedi n. 98. (2) -Vedi D. 83. (3) -Vedi D. 74.
91

IL MINISTRO A MONTEVIDEO, BONARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 51/2 R. Montevideo, 2 gennaio 1942, ore 14,02 (per. ore 1 del 3).

Diffusione direttive di V. E. di cui al telegramma n. 423/C (l) trovano purtroppo in questo Paese -come è ben noto a V. E. -campo di azione quanto mai limitato e malfido.

Massa dei cattolici infatti è qui distribuita tra vari partiti politici tradizionalmente tutti -come è noto -più o meno avversi alla causa del totalitarismo ed asserviti quasi tutti ai postulati di una politica panamericana.

Quanto al partito cattolico vero e proprio che ha seguito relativamente assai modesto anche esso travasi in mano di alcuni. esponenti totalmente ossequienti alla causa della democrazia e questo Nunzio Apostolico mi ripeteva stamane che incontra gravi ditllcoltà di collaborare coi predetti «energumeni» e con direzione loro unico giornale El Bien Publico che rendesi spessissimo interprete iniziative e atteggiamenti apertamente disapprovate dal rappresentante Vaticano.

Tuttavia malgrado scarsa possibilità offertami non mancherò dal continuare contatti agendo nel senso da V. E. prescritto.

92

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 48/1 R. Madrid, 2 gennaio 1942, ore 17,51 (per. ore 21).

Mio telegramma per corriere 0164 del 4 dicembre u.s. (2) Ambasciatore di Germania mi ha detto aver saputo da Weizsacker e da Ambasciatore di Spagna a Berlino che travasi qui da qualche giorno per passarvi feste che progetto visita Serrano Sufier alla Divisione Azzurra sul fronte russo è stato rinviato a data da fissare. Inoltre neppure lo permetterebbero attuali condizioni salute di Serrano Sufier che per la seconda volta ha avuto seria ricaduta influenza (mio telegramma n. 991) (3).

93

IL MINISTRO A QUITO, SCADUTO MENDOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 86/89 R. Quito, 2 gennaio 1942, ore 21,05 (per. ore 19,40 del 3). Telegramma di V. E. n. 423 (l).

Questo Nunzio Apostolico delle cui favorevoli disposizioni avevo già appro

fittato per influire su elementi cattolici mi ha ora assicurato che d'intesa con

me intensificherà azione persuasiva.

Parallelamente mantengo contatti col Ministro degli Affari Esteri altri

membri Governo e Commissione Affari Esteri sottolineando interesse Equatore

conservare neutralità oltre che da punto di vista generale anche in relazione

sua vertenza col Perù per definire la quale conviene Equatore assuma atteg

giamento attesa almeno fino a quando principi anti-aggressionisti americani

non siano applicati suo favore.

Attiva campagna tale senso si sta facendo anche nei giornali specialmente

quelli di destra.

Senonché situazione tende diventare più difficile con proposta accordo pre

liminare Equatore Perù presentato da mecliatori.

Sussiste peraltro corrente, che d'int.esa col Nunzio Apostolico mi adopero rafforzare, resistere forti pressioni americane e distinguere tra Potenze Tripartito come indica fatto che giapponesi sono stati tutti internati ed alcuni tedeschi espulsi mentre nessun provvedimento è stato preso finora contro italiani.

(l) -Vedi D. 74. (2) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 818. (3) -Vedi D. 85, nota l.
94

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 98/01 R. Belgrado, 2 gennaio 1942 (per. il 5).

Mio telegramma n. l in data di ieri (1).

Città di Kraljevo è compresa nella zona di occupazione militare bulgara. Osservata sulla carta, secondo dati fornitici da Comando Militare Serbia (territorio all'incirca compreso tra 21 o meridiano e 44° parallelo) zona comprende insieme parte Serbia del Sud (caratteristicamente escludendo Kossovo serbo, che, come già riferito, rimane sotto occupazione germanica) e Serbia centro-orientale. Con Kraljevo e Jagodina giunge a 80 Km. circa da Belgrado. In sostanza Bulgaria occuperà più che un buon quarto attuale territorio Serbia, in tale computo comprendendo Banato. Nessun accenno è stato pubblicato sinora da questa stampa.

In conversazione odierna mio collega di Germania mi ha confermato notizie, precisando che accordo «esclusivamente avvenuto tra rispettivi Comandi militari» mira ad assicurare normale traffico linee comunicazione verso il Sud, in pari tempo dando impiego truppe Bulgaria belligerante, e disimpegnando unità germaniche per altri scopi.

Benzler ha insistito che tale sistemazione è «provvisoria » precisando e confermando che non costituisce variante linea demarcazione e che nel territorio militarmente occupato dai bulgari giurisdizione rimane alla Germania e amministrazione civile ad autorità periferiche serbe.

È appena necessario insistere che in tale sistemazione «provvisoria», e per raggiungere scopi disimpegno truppe germaniche dalla Serbia, Comando Militare, perseguendo politica più volte segnalata, si è ben guardato dal sollecitare occupazione italiana, che apparirebbe corollario diretto e naturale, del Kossovo serbo che è adiacente zona affidata Bulgaria, come a Kossovo albanese.

Ministro Germania mi ha anche da parte sua confermato che prime notizie occupazione militare bulgara producono impressione grave e completamente negativa in ambienti serbi « i quali non sembrano rendersi conto necessità spostamenti e occupazione truppe Asse nei Balcani secondo interessi generali superiori condotta guerra e non di quelli particolari singoli territori ». Ha lasciato comprendere che dimissioni Nedic Cil quale evidentemente da occupazione bulgara riceve colpo gravissimo) sono state presentate, ma che questione è aperta. Ha accennato che Nedic ha «abitudine di presentare con qualche frequenza dimissioni» concludendo con una certa fermezza che attualmente questione interessa principalmente serbi. Se Nedic insisterà nelle sue dimissioni, difficilmente potrà essere sostituito, anche perché da parte germanica non si vede un altro serbo che abbia sufficiente seguito nel paese. Ma probabilmente Nedic potrà essere indotto a riflettere che suo allontanamento lascerebbe Serbia in condizioni «ancora peggiori».

Concetti e indicazioni Benzler sono indubbiamente sinceri e dal suo punto di vista esatti. Per precisa valutazione elementi situazione e possibili previsioni giova tuttavia ricordare che raramente, e anzi quasi mai, giudizio politico, propositi e azione Rappresentante Ministero Esteri e Comando Militare sono stati concordi. In più di una occasione, al contrario furono in netto contrasto.

Per quanto si può dedurre oggi localmente da estensione occupazione mllitare bulgara in questa zona, per qualche cosa come 10 mila Kmq. e a prescindere da ripercussioni che può avere in tutta la zona balcanica. possono essere fatte seguenti prime osservazioni:

-Nedic personalmente e suo Governo si trovano improvvisamente, dopo un periodo di relativo e fittizio miglioramento, in situazione di gravità senza precedenti. Per autorità occupazione sembra indifferente e forse meglio irrilevante se Nedic o un qualsiasi Governo serbo rimanga o no.

-Non meno esautorato si trova di colpo vecchio capo cetnico, Kosta Pecanac, che anche se con talune riserve e personali atteggiamenti, ha tuttavia, dallo scoppio della ribellione in Serbia, mantenuto contegno fedele al comando militare e a Nedic, tranne alcuni particolari che scivolano tra i due. Oggi la zona sotto il suo controllo militare passa sotto controllo militare bulgaro, vale a dire sotto controllo secolare nemico Serbia e maggiore nemico nazionalisti e ultra nazionalisti serbi di cui Kosta Pecanac è esponente.

-Esodo serbi armati è già segnalato da zone occupazione bulgara verso Kossovo, Montenegro e Bosnia. Prevedibilmente molti di tali elementi andranno ad ingrossare fila ribelli. Ancora una volta deflusso si dirige contro nostre posizioni.

-Opinione generale osservatori locali, serbi e non serbi è che esercito bulgaro -che passa esso stesso per essere non poco inquinato da comunismo non sembra più indicato per contenere minaccia comunista in zona così vasta della Serbia già inquinata essa stessa da comunismo che si innesta con legami e in situazione ripetutamente segnalata nel fronte nazionalista contro l'occupante.

(l) Con T. s.n.d. 52/1 p.r., del Jo gennaio 1942 ore 15,30 (per ore 18,20), non pubblicato, Mameli confermava l'inizio delle operazioni in Bo~nia per il 15 gennaio con la partecipazione di due divisioni tedesche ed una italiana.

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IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N.D. PER CORRIERE 252/03 R. Sofia, 2 gennaio 1942 (per. il 12).

Come ho telegraficamente informato (1), le truppe bulgare dislocate nella zona nord-occidentale del Paese hanno iniziato, la mattina del 30 dicembre, un movimento in avanti in territorio Serbo per collaborare all'azione che il Comando germanico ha intrapreso per riportare l'ordine nelle zone tuttora minacciate dalle bande di dissidenti.

Tale collaborazione, che è destinata a svolgersi sotto guida e sotto direttive tedesche, troverà il suo campo di azione nella fascia compresa all'incirca tra il ventunesimo meridiano ed il quarantaquattresimo parallelo ed avrà quale scopo principale la liberazione delle minaccie, sempre frequenti, dei ribelli serbi, al tracciato ferroviario, che tanto interessa bulgari e tedeschi, Pirot-Nisc-Skopje. Per tale protezione è prevista anche una azione nella zona a settentrione di Nich e che, effettuata dalle truppe della Divisione bulgara di Vratza, finirà per formare una puntata bulgara abbastanza profonda in vero e proprio territorio serbo.

I bulgari, circostanza di un certo interesse, hanno tenuto e tengono per ora l'azione da loro intrapresa in grande silenzio. Non soltanto non si nota per ora alcuna comunicazione alla stampa ma nel Paese si è evitata in proposito qualsiasi diffusione di informazioni. A quanto pare, verrà soltanto pubblicato nei prossimi giorni un breve comunicato. Si cerca anzi di minimizzare la iniziativa, che riveste invece notevole importanza, e, col fare agire le truppe, il cui numero, nel complesso, può calcolarsi a 30-40.000 uomini in tre gruppi diversi e sotto il comando di ufficiali di grado non molto elevato, si cerca di evitare che questa marcia in avanti prenda l'aspetto di una « campagna » o di una «spedizione » e si tende ad identificarla con un'azione di semplice polizia: tattica questa che, mentre pone praticamente lo sviluppo delle operazioni completamente nelle mani del Comando germanico, risponde del resto, perfettamente alla << linea >> sempre seguita dal Governo di Sofia che evita per quanto possibile di dare al Paese l'impressione di guerreggiare.

In realtà, dato il numero limitato dei ribelli e la situazione nella quale essi si trovano, non si prevedono combattimenti di un qualche rilievo. Resta invece e resterà il problema dei rapporti tra le truppe bulgare e la popolazione locale che è indubbiamente, nelle zone in questione, del tutto di origine serba. Non è

quindi difficile prevedere, dati i tradizionali rapporti di astio esistenti tra serbi e bulgari, che si verificheranno episodi di durezza e di violenza. Cosa questa, per altro, che non credo dispiaccia oramai ai tedeschi i quali, disillusi dell'atteggiamento della popolazione della Serbia occupata, sembrano orientarsi verso la necessità di rimettere l'ordine a qualunque costo e con qualunque mezzo. Ciò spiega la decisione, finalmente presa, di usare i reparti dell'Esercito bulgaro che sono usi alla guerra, classicamente balcanica, delle bande e dei comitagi e che quindi combatteranno i ribelli serbi con i loro stessi sistemi e secondo la loro stessa mentalità.

(1) Con T.s.n.d. 12424/1087 r. del 30 dicembre 1941 non pubblicato, Magistrati riferiva sull'inizio delle operazioni condotte dalle truppe bulgare nella Serbia sud-orientale. Le forze armate impiegate consistevano in 35.000 uomini circa sotto il comando superiore tedesco, in azione per un periodo di due settimane.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

T. PER TELESCR. 83/13 R. Berlino, 3 gennaio 1942 (ore 18,30).

Rispondo telegramma di V. E 2076 (1).

Riassumo qui di seguito le notizie che ho potuto ottenere all'Auswaertiges Amt circa quanto richiesto da V. E. in merito nomina plenipotenziario politico a Parigi e di un Console Generale a Vichy.

0 ) Per quanto riguarda ripartizione funzioni tra Commissione Tedesca di Armistizio e Plenipotenziario tedesco a Parigi, risulta che tutte le questioni militari che derivano dall'applicazione delle clausole della convenzione di armistizio sono di competenza della Commissione Armistizio. Per tutte le altre questioni politiche, è competente plenipotenziario tedesco a Parigi.

Per quanto si riferisce ai tedeschi, vi è un particolare, in quanto esiste a Parigi anche una specie di Delegazione tedesca, in seno sempre Commissione Armistizio, delegata a trattare questioni economiche, sempre nel quadro però della Convenzione Armistizio.

2°) Plenipotenziario tedesco a Parigi tiene normali contatti con Governo francese tramite Sig. De Brinon, il quale, come è noto, è il rappresentante del Governo francese presso il «Militaer Refehlshaber in Frankreich » Von Stulpnagel, col quale però tratta unicamente di questioni militari della zona occupata. Il Sig. Benoist-Méchin ha pure un piccolo ufficio a Parigi e il Sig. Abetz è in relazione anche con lui. Talvolta poi, ciò che sembra avvenire assai spesso, il Sig. Darlan si reca Parigi e naturalmente ha rapporti con plenipotenziario tedesco.

3°) Il Console Generale tedesco a Vichy avrebbe istruzioni precise di non trattare mai questioni politiche, Sig. Krug von Nidda, come mi ha detto Sig. Woermann, non è altro che un « Brieftraeger ». Predetto funzionario, cioè, riferisce tutto quanto gli viene comunicato dal Ministero degli Affari Esteri fran

cese e viceversa comunica ciò che il proprio Ambasciatore a Parigi gli ordina di portare a conoscenza di quel Ministero. In sostanza quindi il Console Generale tedesco a Vichy non avrebbe alcuna funzione politica, ma servirebbe unicamente quale collegamento rapido con Governo francese di Vichy.

La denominazione tedesca dell'ufficio tedesco a Vichy è la seguente: «Zweigstelle dell'Ambasciata di Germania a Parigi».

(l) Con T. 51007/2076 p.r. del 1o gennaio 1942. ore 13, d'Ajeta, «in relazione alla nomina di un plenipotenz!ario politico italiano a Parigi e d! un console generale a V!chy », aveva chiesto di «conoscere come sono ripartite a un dipresso le funzioni fra Pleinipotenz!ario politicotedesco e Commissione tedesca di Armistizio. Inoltre se plenipotenziario politico tedesco tiene contatti con Governo francese e per quali tramiti e di conseguenza quali sono mansioni affidate Console Generale tedesco a Vichy rispetto Governo di Vichy e rispetto Abetz ».

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L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 284/7 P.R. Madrid, 3 gennaio 1942, ore 24 (per. ore 7,30 del 4).

Soltanto stasera ho potuto fare a Serrano comunicazione di cui al telegramma di V. E. 966 (1). Ministro è tuttora influenzato e non sarà in condizioni riprendere servizio se non tra qualche giorno. Mi ha incaricato esprimerVi suoi più vivi ringraziamenti per continue prove di amicizia di cui è profondamente commosso. Parlandomi di Queipo de Llano mi ha detto che questi si trova attualmente a Madrid. Ha soggiunto che, pur non dimenticando passato errore politico del Generale, egli deve riconosce,rne incontestabilmente merito di patriota e di comandante e che perciò spera di trovare modo di intendersi dissipando malumori che fino ad ora li dividevano.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI

T. 12/7 R. Roma, 4 gennaio 1942, ore 4.

Vostri telegrammi l e 2 (2).

Si premette che il telegramma fittizio da voi preannunciato non è sinora pervenuto a questo R. Ministero, e che quindi non è per ora il momento di interessare il Governo turco ad assumere la tutela degli interessi italiani in Saudia. È frattanto opportuno che fin da ora intratteniate codesto Governo esponendo, come di vostra iniziativa od a titolo personale non avendo potuto comunicare con Roma, le seguenti considerazioni:

Pur rendendovi conto che Governo saudiano si sottopone a malincuore alla pressione britannica, è da deplorare che la Gran Bretagna obblighi colla violen

za la Saudia, Stato indipendente e neutrale, ad interrompere i rapporti fra due Paesi che nessun interesse separa e fra i quali era stata mantenuta costante amicizia, che Italia aveva dato tante prove di voler rendere sempre più intima e cordiale. La pressione britannica mostra all'Arabia Saudia chi siano i suoi amici ed i suoi nemici.

Vorrete aggiungere che la chiusura della Legazione a Gedda vi preoccupa in modo speciale in relazione agli italiani e tedeschi costà internati; e che ritenete essere vostro dovere, salvo diverse istruzioni che aveste a ricevere da Roma, di non partire se non con tutti detti internati, tanto militari quanto civili. Potete al riguardo far presente constarvi che:

2°) Quando la Gran Bretagna ha rappresentato al Governo afgano pretesi pericoli di maneggi anti-inglesi da parte degli italiani e dei tedeschi in Afganistan, il Governo afgano ha posto come condizione che la Legazione italiana a Kabul rimanesse aperta, e che agli italiani in Afganistan fosse fornito da parte inglese un regolare salvacondotto nonché i mezzi per rimpatriare: come di fatto è avvenuto (2).

Invocando questi precedenti fate presente, sempre a titolo personale, che attendete dal Governo saudiano un atteggiamento non diverso e consono ai rapporti di amicizia fra Italia e Saudia, e cercate di ottenere che insieme con i funzionari della Legazione possano partire anche tutti gli internati italiani e tedeschi, od almeno in via subordinata gli internati italiani e tedeschi civili (fra cui sono naturalmente da comprendere i sedicenti civili). Fate al riguardo presente che i civili in base alle norme diritto internazionale avrebbero dovuto già essere lasciati liberi di rimpatriare, come avete già chiesto a codesto Governo.

Nel caso che non sia possibile ottenere la partenza di tutti (dico tutti) gli internati italiani e tedeschi, sondate, sempre a titolo personale, se codesto Governo consentirebbe che presso la Legazione che assumerà la tutela degli interessi italiani in Saudia, resti qualche persona a titolo privato (ad esempio Mochi, ovvero il Dr. Putzolu e il Comm. Dafer, con personale d'ordine) che si occupi dell'assistenza degli internati che avessero a rimanere costà. Tali persone verrebbero naturalmente a perdere i privilegi diplomatici.

Telegrafate il risultato delle vostre argomentazioni e dei vostri sondaggi (3).

(l) -Vedi D. 85. (2) -Vedl D. 89.

l 0 ) Quando a seguito delle pressioni anglo-sovietiche sul Governo di Teheran, questo è stato costretto a rompere le relazioni diplomatiche con l'Italia, i Governi inglese e sovietico hanno consentito che i funzionari della Legazione partissero insieme con tutti (dico tutti) gli italiani residenti nell'Iran (1). Fra gli italiani erano anche comprese alcune centinaia di marittimi appartenenti a navi italiane ferme nel Golfo Persico e già internati, marittimi dei quali una parte soltanto ha potuto raggiungere Teheran in tempo per rimpatriare col personale della Legazione.

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, D.D. 528, 542, 543, 547, 550 e 552. (2) -Vedi serie IX, vol. VII, DD. 642, 659 e 711. (3) -Vedi D. 106.
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L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. s. N. D. 99/4 R. Ankara, 4 gennaio 1942, ore 15 (per. ore 7 del 5).

Sono informato che alcuni giornali della Siria e dell'Egitto qui giunti nella seconda decade di dicembre ,riportano una notizia AFI da Ankara secondo la quale l'Italia avrebbe chiesto alla Turchia di concludere un patto di amicizia analogo a quello turco-tedesco: la Turchia avrebbe rifiutato date le mire imperialistiche dell'Italia nel Mediterraneo. Dispongo per la ricerca dei giornali e l'invio a codesto Ministero dei relativi ritagli. Dalle mie comunicazioni a codesto Ministe,ro (telegrammi del 23 giugno n. 370 (l), del l o luglio 396 (2) telegramma per corriere del 23 luglio n. 75 (3), telespresso del 10 ottobre n. 1953/1059 (4)) risulta che governanti turchi benché lusingati dall'invito fatto a suo tempo dall'E. V. all'Ambasciatore di Turchia a Roma non dimostrano nessuna premura di iniziare concrete conversazioni politiche. Nei miei colloqui sull'argomento sia con Saracoglu sia con Menemencoglu sia con l'Ambasciatore Baydur ho avuto cura di tenermi sempre sulle generali essendomi reso conto che il Governo di Ankara cercava di procrastinare l'aggiornamento dei rapporti politici con l'Italia. Ho quindi accennato con essi sopratutto alla convenienza di esaminare la situazione in vista della scadenza nell'aprile prossimo del trattato neutralità e conciliazione del 1928. Debbo anche aggiungere:

0 ) che l'Ambasciatore Baydur sia nella visita di congedo fatta a Stambul a fine ottobre sia nella conversazione avuta con lui a Roma nel novembre (5) non mi ha parlato d'altro che della possibilità di migliorare i nostri rapporti commerciali;

2°) che nessun accenno alle relazioni politiche fra i nostri due paesi mi è stato fatto dal mio ,ritorno in sede né da Saracoglu né da [Menemencoglu].

La pubblicazione a cura dell'Agenzia degaullista sui giornali arabi e egiziani della notizia di cui sopra (non riprodotta da nessun giornale locale) è certamente dovuta a una indiscrezione di qualche alto funzionario di questo Ministero degli Affari Esteri fatta alla rappresentanza diplomatica dell'Inghilterra. Non ritengo che valga la pena di rilevarla o di darle comunque seguito, ma essa va registrata come una implicita conferma della volontà di questo Governo di mantenere ottime relazioni con l'alleata Inghilterra e denota anche che gli atteggiamenti della politica turca sono determinati soltanto da minaccie e pericoli reali e imminenti e che soltanto pericoli e minaccie reali e imminenti possano modificarli.

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 300. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 417. (4) -Non rinvenuto. (5) -Di tali conversazioni non vi è traccia nella corrispondenza telegrafica.
100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 274/15 P.R. Roma, 4 gennaio 1942, ore 18,45.

Vostro n. 6 (1).

Fate presente a codesto Ministero Esteri che nello stesso interesse dell'Asse non conviene, a nostro avviso, modificare l'attuale stato di cose per quanto concerne i rifornimenti svizzeri. Come argomenti da sviluppare a voce, a sostegno della nostra tesi, Vi segnalo quanto segue:

0 ) Oggi l'Europa, assediata da ogni lato ha tre piccolissimi polmoni (Svizzera, Portogallo e Spagna) da cui riesce ad avere -e con grandi sforzi -un po' di materie prime tanto necessarie alle nostre industrie di guerra.

2°) Se noi limitiamo con nuove norme i traffici della Svizzera, renderemo più difficili i rifornimenti di detto Paese il quale dovrà quindi cercare in Europa quei prodotti che noi stessi gli impediamo di procurarsi oltre Atlantico e si aggraverà così la nostra situazione alimentare e industriale.

3°) Stringendo troppo i freni intorno alla Svizzera, l'America e l'Inghilterra finiranno per dichiarare la Repubblica Elvetica territorio « sotto l'influenza nemica » con tutte le conseguenze che ne deriveranno, conseguenze tutte dannosissime per noi.

Infatti ancora oggi la maggior parte delle fabbriche svizzere lavora per l'Asse, e la Svizzera è l'unico nostro banchiere il quale ci fornisce ancora un po' di oro per potere acquistare le materie prime per le nostre industrie belliche.

Per non perdere quindi tali vantaggi a noi conviene se non rallentare i freni al commercio svizzero, per lo meno lasciare invariato l'attuale stato di controllo per dare la sensazione all'America e all'Inghilterra che la Svizzera conserva ancora la sua indipendenza.

101

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, FECIA DI COSSATO, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA.

T. PER TELESCR. 393/20 P.R. Berlino, 5 gennaio 1942, ore 18,10.

Telegramma di V. E. n. 10 (2) incrociatosi con quello di questa ambasciata

n. 13 (3).

Questa mattina ho chiesto altri dettagli a questo Ministero degli Affari Esteri circa nomina del Console Generale Krug von Nidda a Vichy. Mi è stato detto che predetto funzionario è stato nominato non in seguito ad un accordo

D. -96 nota l, chiedeva di specificare «in base a quale accordo» era stato distaccato a VichyIl console generale Krug von Nidda.

col Governo francese, bensì in base ad una comunicazione da parte del Governo

tedesco al Governo francese con la quale si informava della determinazione da

parte germanica di addivenire alla creazione a Vichy di una sezione distaccata

dall'Ambasciata tedesca a Parigi, nominando in pari tempo il Console Generale

von Nidda quale capo di detta sezione.

Risulta che Signor von Nidda ha con sé qualche funzionario e qualche im

piegato. Mi riservo però di far sapere il loro numero esatto. In passato il Go

verno francese era in trattative per nomina a Berlino di un proprio rappresen

tante, ma poi tale progetto è èaduto nel vuoto. Attualmente si pensa unicamente

di permettere a Signor Scapini di risiedere a Berlino come Delegato Speciale in

Germania per i prigionieri di guerra e gli operai francesi occupati nel Reich.

Per quanto riguarda la dipendenza dei Consolati tedeschi nella Francia

non occupata (attualmente ne esiste solo uno al Marocco), mi è stato detto che

questi Uffici non dipendono da Vichy, ma sempre dall'Ambasciata di Germania

a Parigi.

(l) -100/6 p.r. del 2 gennaio 1942, ore 17,30, non pubblicato: intenzione del Governo germanico di introdurre alcune restrizioni alla concessione d! salvacondotti alle navi addette ai rifornimenti svizzeri. (2) -Con T. 176/10 p.r. del 4 gennaio 1942, ore n,l5, d'Ajeta, sollecitando la risposta al (3) -Vedi D. 96.
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IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. s.1N. D.· ~411/11 P.R. Roma, 5 gennaio 1942, ore 19.

Strettamente personale per Casertano.

Codesto Capo Polizia Kwaternik ha confidenzialmente informato nostre Autorità Polizia che programma per visita Ecc. Ciano dovrebbe venir preparato in modo da evitare il più possibile permanenza Ministro Zagabria data agitazione che vi regna da qualche giorno. Kwaternik ha anche accennato al riguardo ai combattimenti svoltisi contro cetnici a Pisavorina a circa venti chilometri da costì.

Tenuto presente tutto ciò, nonché situazione da te segnalata con tuo telegramma n. 7 (l) per fronteggiare la quale è stato richiesto intervento nostre forze, e tenuto conto altresì recente atteggiamento elementi irredentistici che, pur senza volere attribuire loro eccessivo peso, potrebbero prendere occasione da visita per inscenare qualche manifestazione politica pro Dalmazia, mi sembrerebbe, sotto ogni punto di vista, opportuno rinviare a momento più favorevole progettata visita. Prima comunque che siano prese superiori decisioni in tal senso ti prego precisarmi tuo parere sulla situazione esistente costà e sulla convenienza che, in relazione a tale situazione, il Ministro effettui il suo viaggio proprio in questo momento.

Pregoti telegrafare (2).

Pregati darne comunicazione costì nella maniera che riterrai più opportuna».

103.

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 140/03 R. Zagabria, 5 gennaio 1942 (per. il 7).

Gli annunziati movimenti insurrezionali che avrebbero dovuto aver luogo tra il Natale e il capo d'anno in questa Capitale si sono risolti in alcuni scontri tra Polizia e comunisti, durante i quali, nella pubblica via, hanno trovato la morte tre comunisti e una decina sono rimasti feriti.

La repressione che ha preceduto e ha seguito tali avvenimenti è stata così energica che, secondo quanto affermano i dirigenti croati, ha tolto agli avversari dell'ordine una veilleità di maggiori inziative.

Nei giorni precedenti il Natale sono stati operati a Zagabria 300 arresti.

Una ventina di capi comunisti sono stati giustiziati. La Polizia ha messo le mani su una tipografia nella quale si preparava materiale di propaganda comunista, ed ha scoperto che in alcuni esercizi pubblici si organizzavano manifestazioni contro il Governo ustascia. Tali manifestazioni avrebbero dovuto avere duplice carattere comunista e irredentista.

Come fatto nuovo nella situazione è da segnalare la tendenza a incontrarsi sul terreno dell'opposizione al Governo dei nazionalisti intransigenti e dei sovversivi che sognano un ritorno dell'unità jugoslava o l'avvento al potere dei seguaci di Macek.

In merito a questi ultimi, ho avuto anche una interessante conversazione col Poglavnik, il quale mi ha informato di aver ricevuto negli scorsi giorni alcuni esponenti macekiani che sono fra i pochissimi non ancora ammessi nel movimento ustascia: trattasi dei fratelli Kosutic, uno dei quali veniva fino a qualche tempo fa considerato come il braccio destro di Macek, e l'unico capace di succedergli. Il Poglavnik mi ha detto che costui non avrebbe altro desiderio che di inserirsi nell'attuale regime, riconoscendo egli stesso come non vi sia più alcuna possibilità di ripresa per il partito rurale, dato che il tempo lavora a vantaggio dell'attuale Governo.

L'ottimismo del Poglavnik si estende anche a considerare senza carattere di gravità alcune manifestazioni di malcontento che diventano sempre più frequenti nelle file dell'esercito, particolarmente tra gli ufficiali. Egli ha tenuto a spiegarmi che il suo programma di procedere gradualmente alla sostituzione dell'esercito con la milizia ustascia è ormai chiaro, e quindi non può soddisfare i quadri massimi e medi dell'esercito. D'altra parte il Poglavnik esclude che egli possa contare su generali e ufficiali superiori legati ad una tradizione che non è quella dell'indipendenza né quella della rivoluzione ustascia, bensì fatta di ricordi jugoslavi e autro-ungarici.

Tuttavia la gradualità sembra indispensabile al Poglavnik per addivenire alla eliminazione dell'esercito, che a lui ancora serve, mancandogli quadri per allargare le basi della milizia. Il processo di eliminazione potrà durare -secondo quanto egli mi ha detto -sei mesi o due anni, ma è certo che la fiducia che ispirano nel popolo le legioni rivoluzionarie è pari alla sfiducia che l'opinione pubblica intera nutre per l'esercito regolare, che si è mostrato anche incapace, per impreparazione spirituale, durante gli scontri coi ribelli. La struttura che ho data alla mili7.ia (formazione di compagnie e al massimo, di battaglioni), mi permette di non aver bisogno di molti generali e di poter fare assegnamento sopratutto sulla gioventù educata nel clima della proscrizione e della rivolu7.ione.

(l)Non pubblicato: con tale telegramma (94/7 r. del 4 gennaio 1942) Casertano comunicava l'intenzione del Poglavnik di procedere al rastrellamento dei ribelli nella zona del Pekova-Goza, con un'azione eseguita, sotto il comando italiano, da compagnie regolari Ustascla ed unità italiane.

(2) Con T. 573/16 p.r. del 7 gennaio 1942, Casertano rispose: «Come tu giustamente hai rilevato dalle mie segnalazioni telegrafiche oltre che dalle riserve che ti risulta avere manifestato questo Capo Polizia Kwaternik a nostre Autorità Polizia, situazione non è tale da consigliare che progettata visita abbia luogo prossimamente. Sarà quindi opportuno rinviarla a momento più favorevole» il lO gennaio 1942 d'Ajeta telegrafò (T. 789/23 p.r.: «In relazione a quanto da te fatto presente, informati che Eccellenza Ministro ha deciso rinviare suo viaggioZagabria.

104

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 153/6 R. Shanghai, 6 gennaio 1942, ore 6 (per. ore 21,40).

Riferisco ad ogni buon fine avere Ambasciatore Cina a Tokio informato suo Governo che a Tokio si stava esaminando possibilità di assaggi a Mosca per un intervento giapponese che potesse facilitare trattative di pace tra URSS e Asse (1).

105

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 131/11 R. Tukio, 6 gennaio 1942, ore 8,20 (per. ore 19).

Vostro 792 (2).

A questo Ministero degli Affari Esteri si è avuto sentore ma nessuna proposta formale di un progetto di adesione del Siam al Tripartito. Qui del resto l'idea non potrebbe trovare favore. A Tokio si considerano nettamente fissate dal Patto le zone di responsabilità a direttiva del nuovo ordine in Europa ed in Asia Orientale. E per quanto concerne quest'ultima, nel pensiero di Tolda, è il solo Giappone che, agli effetti del Tripartito, ha la direzione dell'organizzazione della zona che include Cina, Manciukuo ed ora anche Siam, né intenderebbe condividerla con alcun altro stato.

106

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 133/20 R. Gedda, 6 gennaio 1942, ore 17 (per. alle 22).

Telegramma di V. E. n. 7 (3).

Ho intrattenuto stamane Ministro Suleiman, che mi ha ricevuto solo, secondo le istruzioni di V. E., accentuando lo spirito di amicizia che mi spingeva a fare questo passo personale, e mettendo in rilievo che ritengo mio dovere non partire se non insieme con tutti gli internati italiani e tedeschi. Ministro Suleiman

12 ~Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. Vlll

mi ha ringraziato per passo da me fatto e mi ha confermato disposizioni amichevoli del governo Saudiano nei riguardi nostri, ripetendo le ragioni difensive forza maggiore che hanno costretto questo governo a farmi le comunicazioni precedenti. Mi ha anche ringraziato per l'informazione dei due precedenti concernenti gli italiani dell'Iran e Afganistan dandomi impressione di considerare di alta importanza precedenti predetti. Dovendo riferire in merito mio passo al Principe Faisal, per mancanza istruzioni attuali, Ministro Suleiman mi ha promesso di interessarsi favorevolmente alla mia richiesta circa rimpatrio di tutti indistintamente gli internati italiani e tedeschi.

Sembrandomi opportuno attendere risposta relativa tale richiesta, non ho fatto per ora cenno a subordinate richieste di cui al telegramma di V.E. Per quanto disposizioni di questo governo mi sembrino buone, tuttavia esito qualunque nostro passo non potrà che dipendere dalla resistenza che questo governo riterrà di fare alla volontà e alle previsioni degli inglesi.

(l) -Vedi D. 69. (2) -T. 50776!792 p.r. del 29 dicembre 1941 con cui Prunas ritrasmetteva Il T. da Bangkok 12342/190 del 28 dicembre 1941, non pubblicato, con Il quale Crolla riferiva l'intenzione del Governo di Bangkok di effettuare con sollecitudine le procedure di adesione al Tripartito. (3) -Vedi D. 98.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 28. Budapest, 6 gennaio 1942 (per. il 10).

Ho fatto ieri la prima visita a questo Presidente del Consiglgio Ministro degli Affari Esteri cui ho rimesso la copia delle credenziali che presenterò giovedì 8 corrente al Reggente d'Ungheria.

Bardossy mi ha riservato accoglienze cordialissime ed ha tenuto a manifestarmi la sua gioia per il Vostro prossimo arrivo in Ungheria (1). Mi è parso che le sue parole uscissero dal quadro formale di simili manifestazioni protocollari in quanto il Primo Ministro ha voluto ricordare gli scambi di idee con Voi avuti durante il Vostro comune soggiorno a Berlino (2) sottolineando i sentimenti di amicizia per la Vostra persona. Nella lunga conversazione, Bardossy non ha toccato nessun argomento di speciale rilievo limitandosi ad accennare alla situazione sul fronte sovietico dove ---egli stesso ha rilevato -l'attività delle truppe magiare è quasi nulla. Egli ha naturalmente parlato delle preoccupazioni sorte in queste ultime settimane per i sussulti che lo schieramento tedesco ha subito in seguito agli aspri attacchi sovietici, pur concludendo con l'esprimere la sua sicura fede nella superiorità delle truppe germaniche.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA

T. S. N. D. 592/28 P. R. Roma, 8 gennaio 1942, ore 1.

Ministro Esteri cileno Rossetti ha assicurato R. Ambasciatore a Santiago (3) che non mancherà, appena giunto a Rio de Janeiro, di prendere contatto con

Voi. Agite, anche da parte Vostra, nello stesso senso. Rossetti, le cui origini italiane vi sono note, ci ha dato in questi ultimi mesi, prove di amicizia e di buona volontà, di cui, allo stato dei fatti, non avremmo ragione di dubitare. Giunge a Rio col proposito, che sembra fermo, di battersi per difesa neutralità, che considera unica situazione che risponda interessi Cile in particolare, America Latina in generale. Il Duce gli ha fatto recentemente pervenire assicurazione che Egli segue, con simpatia e interesse, sua azione di Governo (1). Di ciò si è mostrato particolarmente sensibile. Mostratevene in via riservata al corrente. Un argomento che ha sempre raccolto con compiacimento è che responsabilità delle relazioni future, della preservazione della pace, fra il continente americano e l'Europa è oggi affidata ai Latini d'America e ad essi soli. Sarà o non sarà cioè guerra di continenti a seconda che i Latini d'America seguiranno o non seguiranno l'America del Nord. Riprendete argomentazione e insistetevi. Cercate, in generale, nella misura del possibile e nelle forme che Vi sembreranno più opportune, di sostenerlo e di incoraggiarlo (2).

(l) -Vedi D. 176. (2) -Vedi serle IX, vol. VII. D. 786. (3) -Si riferisce al T. 123/17 r. del 5 gennaio 1942, ore 21,20, per. a Roma il 6 alle 12.15, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BERNA, TAMARO

T. S. N. D. 595/15 P. R. Roma, 8 gennaio 1942, ore 1.

Strettamente personale per Tamaro.

Vi è noto che da tempo si è qui dovuto con rincrescimento rilevare come atteggiamento Ministro Ruegger non corrisponda in alcun modo a cordialità dei rapporti italo-svizzeri.

Recentemente, orientamenti signor Ruegger e dei suoi familiari hanno acquistato carattere sempre più avverso all'Italia ed al Regime dimostrando in modo definitivo che questo Ministro di Svizzera non è persona idonea a svolgere utilmente missione diplomatica affidatagli.

R. Governo, animato dal desiderio di evitare una formale richiesta di richiamo del signor Ruegger quale persona «non grata» gradirebbe che Governo Federale, rendendosi conto dello spirito amichevole col quale viene qui impostata la questione, prendesse esso stesso al più presto l'iniziativa di sostituire suo Ministro a Roma con altro e più adatto rappresentante.

Di quanto precede intrattenete subito e nella maniera che riterrete più opportuna codesto Dipartimento Federale, mettendo in particolare rilievo significato amichevole nostro passo, che è determinato dall'intenzione di avere in Roma nel rappresentante della Svizzera persona in tutto adatta ad assicurare il mantenimento dei tradizionalmente amichevoli rapporti tra i nostri due Paesi. Nel caso incontraste difficoltà, vi autorizzo allora a dichiarare senza meno il signor Ruegger persona non grata.

Attendo riscontro telegrafico (3).

(-3) Per la risposta di Tamaro vedi D. 123.
(l) -Vedi D. 30. (2) -Per la risposta di Sola vedi D. 122.
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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'l'. S. N. D. 189/16 R. Bucarest, 8 gennaio 1942, ore 20,40 (per. ore 13,30 del 9).

Maggiore Engel, Aiutante Militare Fuehrer, venuto qui a donare Mercedes di lusso al Conducator a nome del Cancelliere del Reich ha presentato Maresciallo Antonescu una nota con cui Hitler chiede Governo romeno di aver pronto per inizio primavera massimo possibile truppe per offensiva contro URSS. Richiesta tedesca... (l) su massimo 700 mila uomini. In assenza Antonescu ammalato ho parlato della cosa col Segretario Generale degli Affari Esteri Davidescu. Egli mi ha detto che risposta Maresciallo a questa richiesta è stata precisa. Romania si impegnerà mettere in linea -secondo intese già corse venti divisioni e cioè circa 300 mila uomini. Non è possibile al Governo romeno fare sforzo maggiore, dal momento che a Budapest apertamente si dice che Ungheria dovrà avere per fine guerra pronto un milione e mezzo di uomini e che colà si afferma pubblicamente come «non si debbano ripetere errori anno 1918 » e persino negli indirizzi uomini politici al Reggente Horthy in occasione suo onomastico si è parlato di reintegrazione Ungheria nei suoi vecchi confini. L'Ungheria ~-mi ha detto Davidescu ---che si era impegnata a concorrere alla guerra contro Soviet con 50 mila uomini vi ha partecipato di fatto con 30 mila di cui soltanto 14 mila combattenti. Essa conserva intatto suo potenziale bellico e ha avuto scarsissime perdite. Inoltre con ingresso truppe bulgare in Serbia abbiamo ora bulgari non solo al Sud ma anche all'Ovest e minacciamo di essere accerchiati. In tali condizioni dobbiamo essere estremamente prudenti di fronte alle nuove richieste di concorsi militari che ci vengono da Berlino e il Conducator ha fatto chiaramente comprendere quanto precede all'inviato del Fuehrer.

Ho chiesto a Davidescu se era esatto che intanto fossero già cominciati dei richiami alle armi. Egli ha risposto affermativamente. Assenza qui di un Addetto Militare che si prolunga da circa un mese e mezzo, malgrado mie ripetute sollecitazioni, mi impedisce di fornire al riguardo dati più precisi (2).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'l'. S. N. D. PER TELESCR. 177/35 R. Berlino, 8 gennaio 1942, ore 21,50.

Da un esame riassuntivo della situazione al fronte orientale, che ho compiuto immediatamente dopo il mio ritorno in sede attraverso contatti con ele

JOH

menti seri traggo l'impressione che la situazione stessa presenti momento attuale aspetto di particolare interesse in funzione dell'ulteriore sviluppo della campagna:

l o -Nel settore settentrionale si delinea lo sgombero da parte germanica dell'attuale fronte di Leningrado e il riassetto lungo una linea Peterhof-Nowgrod. Tale manovra, se permetterà ai Russi di vantare un successo di carattere propagandistico, darà modo ai tedeschi di costituire una linea assai più facilmente difendibile e agevolmente utilizzabile per lo sbalzo futuro su Leningrado. È tuttavia prevedibile che, in conseguenza di tale operazione, le forze finlandesi siano destinate a trovarsi di fronte ad una più dura pressione sovietica il che accadrà nel delicato momento in cui la Finlandia avrà già iniziato la parziale smobilitazione.

2° -Al centro sono in corso violentissimi combattimenti nel triangolo Rjew (occupata ma non superata dai Russi) Mojaisk-Wiasme. Non si comprende ancora se tali battaglie mirino a facilitare il ripiegamento delle forze tedesche che stanno schierandosi sulla linea di resistenza oppure se tengano a arrestare definitivamente l'offensiva sovietica e a mantenere il caposaldo fortificato di Meiaisk come base avanzata per le future offensive. Comunque, si ha la netta impressione che la crisi attraversata dalle forze tedesche possa su questo fronte considerarsi superata e che il Comando sovietico può ottenendo vantaggi territoriali di scarsa importanza strategica e catturando parecchio bottino non sia riuscito ad infliggere in questo settore una vera e propria sconfitta alle forze che hanno dato prova attraverso incredibili difficoltà -di una indiscutibile superiorità manovriera.

3° -La situazione è invece sempre considerata preoccupante nel settore meridionale. L'Alto Comando germanico si attende un'azione offensiva sovietica sull'attuale linea di Tagamrog e non si nasconde le difficoltà che potrebbero derivarne. Contemporaneamente la situazione si è andata aggravando in Crimea dove forze russe sono sbarcate, oltreché a Tuak avanzando successivamente su Sinferopoli, anche a Ewpatoria sulla costa occidentale della penisola. Non viene escluso di conseguenza da parte dell'Alto Comando germanico, lo sgombero della Crimea e la formazione di una linea sull'istmo di Perecop. La pressione sovietica nel settore meridionale è considerata adunque intensa e crescente. Essa mira evidentemente allo scopo di allontanare i tedeschi dal Caucaso ed impedire ad essi la formazione di solide basi per l'avanzata in tale regione prevista per la primavera.

4° -Il punto principale su cui concentrasi l'attenzione degli organi competenti germanici nell'attuale momento non sembra tanto quello della difesa dei territori conquistati e delle contromanovre forze sovietiche che, soprattutto a nord e al centro si ritengono quasi esaurite, bensì quello della riorganizzazione delle unità per le quali sarà necessario un periodo di riposo in zone lontane dal fronte. Tale riorganizzazione per le difficoltà inerenti alla sostituzione delle unità stesse e al loro trasporto sembra presentare difficoltà gravissime. Si aggiunge che per ragioni di politica interna non si ritiene opportuno trasferire le truppe provenienti dalla Russia nel territorio del vecchio Reich.

Dai risultati di tale riorganizzazione e dalla situazione al fronte meridionale, a quanto si dice negli ambienti vicini a questo Alto Comando, verranno tratti nel frattempo gli elementi di giudizio necessari per le direttive strategiche della campagna di primavera.

5° -Confermo quanto espresso verbalmente, che la pesantezza dell'attuale stato d'animo, sensibile in tutti gli ambienti tedeschi, sembra trovare la sua giustificazione in un sentimento di orgoglio ferito piuttosto che nella effettiva gravità situazione. Tale atmosfera non incide comunque sulla sostanza e saldezza della compagine nazionale germanica.

6° -Debbo ancora una volta sottolineare i sinceri favorevoli calorosi riconoscimenti che da ogni parte mi vengono espressi per il comportamento delle nostre truppe in uno dei più delicati settori del fronte orientale.

(l) -Annotazione dell'Ufficio Cifra: «Gruppo indecifrabile». (2) -Con successivo T. s.n.d. 809/20 p.r. del 9 gennaio, ore 17, Bova Scoppa comunicò quanto segue: «Da buona fonte mi si dice che Maresciallo Antonescu avrebbe fatto capire a Berlino che egli sarebbe anche disposto accogliere richiesta del FUhrer di mettere in linea 700 mila uomini per la prossima primavera a condizione che il governo tedesco si impegni riesaminare questione della Transilvania ».
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA

'l'. 703/31 P. R. Roma, 8 gennaio 1942, ore 23,15.

Sono state date istruzioni al R. Ambasciatore a Tokio di prospettare al Governo giapponese opportunità che Rappresentante nipponico a Rio si tenga prima e durante Conferenza panamericana in stretto contatto con Voi (1). È bene che Vostra azione e quella dei Vostri colleghi delle Potenze amiche ed alleate procedano, durante il corso della Conferenza stessa, con quella rapidità e uniformità di indirizzo che potrà essere richiesta dalle circostanze e giovare ai fini comuni. Tali azioni dovrebbero, nella misura del possibile, restare distinte e parallele, sopra tutto per evitare impressione intimidatoria che passi collettivi potrebbero indubbiamente provocare ed operare ciascuna in quel settore ove iniziative particolari sembrino più efficaci. TeneteVi anche da parte Vostra in contatto con codesto Rappresentante nipponico, fornendogli, ove occorra, collaborazione e consiglio (2).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 706/16 P. R. Roma, 8 gennaio 1942, ore 24.

Vostro 10 (3). Secondo le nostre informazioni dal Sud America, Argentina e Cile dovreb

bero, alla prossima Conferenza di Rio, sostenere tesi mantenimento neutralità. Meno sicuro appare atteggiamento Brasile, in cui sono, come è noto, in contrasto politica Presidente Vargas (che ci ha recentemente assicurato non essere disposto andare oltre generica solidarietà panamericana) (l) e quella suo Ministro degli ESTERI, nettamente favorevole agli Stati Uniti. Ne è agevole prevedere quale delle due politiche finirà in definitiva col prevalere. Fra i piccoli Stati, il Perù, il Paraguay, la Bolivia dovrebbero favorire tesi Argentina, gli altri piuttosto quella nordamericana. Com'è noto, tutti gli Stati dell'America Centrale si sono d'altra parte dichiarati con noi in stato di guerra e la Colombia, il Messico e il Venezuela hanno rotto le relazioni diplomatiche. Aggiungo che, da parte nostra, abbiamo intensificato, in tutti i settori ove ci è possibile intervenire utilmente, la nostra azione presso i Governi latino-americani per persuaderli della necessità mantenersi estranei al conflitto. I tedeschi svolgono dal canto loro una azione analoga. Altrettanto gli spagnoli e i portoghesi. Sappiamo che i rappresentanti giapponesi nel Sud America hanno ricevuto istruzioni nello stesso senso, e, sempre che ciò è sembrato necessario, sono stati da parte nostra fiancheggiati e sostenuti. Abbiamo comunque preferito, piuttosto che procedere a passi comuni coi rappresentanti delle Potenze amiche ed alleate, mantenere nostra azione distinta e parallela. Ciò sia per evitare impressione intimidatoria che passi collettivi avrebbero indubbiamente dato, sia per la constatata opportunità di operare ciascuno in quel settore ove azione particolare può dare risultati più utili.

Portate quanto precede a conoscenza codesto Governo. Aggiungete che è nostro desiderio tenerci in stretto contatto anche nel campo quotidiano del lavoro diplomatico e procedere, sempre che parrà opportuno, a quello scambio di informazioni e notizie che possano reciprocamente giovare a una migliore e più completa valutazione delle singole situazioni.

Gioverebbe indubbiamente se il rappresentante nipponico a Rio ricevesse istruzioni di mantenersi in stretto contatto con Sola, durante tutto il corso della Conferenza ormai imminente (2).

(l) -Vedi D. 113. (2) -Per la risposta di Sola, vedi D. 122. (3) -Con T. s.n.d. 127/10 r. del 6 gennaio 1942, ore 7,40 (per. alle 19,30) Indelli aveva riferito tra l'altro: «Qui si ritiene che dalla Conferenza dl Rio de Janeiro possa risultare confermato un atteggiamento di neutralità benevola nei confronti degli U.S.A., ciò che è eventualltà più favorevole sulla quale possa farsi assegnamento».
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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

~'. PER CORRIERE 172/7 R. Roma, 8 gennaio 1942 (per. l'8).

Telegramma di V. E. n. 424 del 29 dicembre e 137 del 3 gennaio (3).

Ho attirato l'attenzione del Cardinale Segretario di Stato sulle notizie che sono pervenute dell'accentuata pressione politica nord-americana sugli ambienti sud-americani per ottenere che quei paesi nella prossima riunione di Rio si dichiarino per la guerra.

Memore delle parole dettemi dal Cardinale (mio telegramma n. 367) (4) ho fatto presente se non sembrasse opportuno alla Santa Sede qualche nuovo passo

specialmente nei confronti del Brasile, diretto a preservare la pace in quel settore. Il Cardinale Maglione ha dichiarato che molte delle voci correnti in materia, specie quelle diffuse dalla radio, rappresentano amplificazioni propagandistiche, mentre le recenti notizie in suo possesso confermano quanto già ebbe a dirmi sull'atteggiamento delle grandi Repubbliche sud-americane aliene dall'entrare in guerra. Proprio a proposito del Brasile, ha aggiunto, in via riservatissima, essergli pervenute ieri l'altro assicurazioni da Rio nello stesso senso.

Ciò premesso il Cardinale ha detto di non vedere quale altra azione della Santa Sede possa convenire oltre quella già svolta e ancora in atto, sia presso gli Ambasciatori e Rappresentanti sud-americani qui accreditati, sia specialmente attraverso i Nunzi Apostolici in quelle Repubbliche.

(l) -Vedi D. 70. (2) -Per la risposta di Indelli, vedi D. 120. (3) -Vedi D.D. 74, nota 2 e 77, nota 3. (4) -Vedi D. 49.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 187/17 R. Madrid, 9 gennaio 1942, ore 2,30 (per. ore 9,30).

Ho chiesto a Serrano suo pensiero circa eventuale occupazione Madera o Azzorre da parte anglo-americana. Egli mi ha risposto in termini analoghi a quelli usati da questo Ministro del Giappone (mio telegramma n. 984) (l) ossia non essere escluso che anglo-americani, per influenzare Conferenza Rio de Janeiro, effettuino colpo di mano su Isole prima o durante Conferenza. Gli ho domandato allora che cosa credeva avrebbe fatto Portogallo. «Nulla, probabilmente » ha risposto. « Portogallo non ha reagito per occupazione Timor perché [si è] lasciato forzare mano. Reazione a Lisbona è stata pressoché insignificante. Governo portoghese hta proibito manifestazioni anti-britanniche che nessuno colà aveva intenzione di fare».

Serrano ha poi proseguito dicendo che considera situazione molto seria e che per questo desidera realizzare al più presto sua intenzione, già resa nota a Lisbona un mese fa, di abboccarsi con Salazar. Poiché è tuttora infermo (mio telegramma n. 7) (2) egli ha scritto lettera Caudillo prospettandogli necessità incontro e domandandogli se intendeva che esso avvenisse fra Capi di Stato o unicamente tra Ministri ESTERI, Personalmente preferirebbe seconda ipotesi; libero da formalità protocollari, egli potrebbe meglio sondare propositi Salazar. Scopo principale colloquio dovrebbe essere precisare se, in base vigente trattato ispano-portoghese, Spagna debba o meno intervenire militarmente in caso occupazione Isole.

Caudillo non ha sino ad ora risposto suddetta lettera. Infine avendogli domandato quando colloquio dovrebbe aver luogo, Serrano ha risposto: «anche dopodomani se Franco consente».

Stesse dichiarazioni sono state fatte da Ministro Esteri ad Ambasciatore di Germania il quale ha chiesto a Ribbentrop per il caso questi voglia influenzare in qualche direzione atteggiamento Serrano nel progettato incontro (1).

(l) -Con T. s.n.d. 12402/984 r. del 30 dicembre ore 15.43. Lequio aveva comunicato quanto ssgue: «Questo Ministro del Giappone. mi ha detto risultargli da fonte sicura che a Washington si sarebbe deciso: 1° -attaccare decisamente il Giappone il più possibile; 2o -spingere a fondo offensiva contro Asse in Russia e in Libia; 3o -occupare Madera che viene ritenuta stateglcamentc più importante delle Azzorre. (2) -Vedi D. 97.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 185/18 R. Madrid, 9 gennaio 1942, ore 0,47 (per. ore 9,30).

Vengo informato che in seno Consiglio di Guerra presieduto pochi giorni or sono da stesso Franco, Serrano è stato nuovamente attaccato da vari Generali ed in particolare da Kindelan, Governatore Militare Catalogna, il quale -in un discorso di cui spero procurarmi testo -ha sostenuto energicamente scioglimento Falange e allontanamento Ministro degli Affari ESTERI, Generalissimo ha risposto come al solito evasivamente.

Attacchi in parola fanno parte offensiva condotta da tempo contro Serrano da parte suoi consueti avversari (mio rapporto n. 3356 del 31 dicembre scorso (2) e precedente corrispondenza) suscitando voci più volte da me riferite, e che ora circolano con maggiore insistenza, cioè di una eventuale nomina Serrano ad Ambasciatore presso il Quirinale.

A suffragare queste voci contribuisce naturalmente vacanza Ambasciata in Roma, che viene posta in relazione oltre che con desiderio più volte espresso da Serrano di esservi destinato (3), anche con interesse da lui dimostrato allo scambio fra l'Italia e la Spagna delle future sedi rispettive rappresentanze e col fatto che signora Serrano si recherà presto a Roma per curare personalmente decorazione e ammobiliamento nuova Sede.

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L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 194/19 R. Tokio, 9 gennaio 1942, ore 6,10 (per. ore 21).

Questi Stati Maggiori Esercito e Marina hanno riservatamente comunicato a nostri Addetti Militari e Navali parte sostanziale di un documento che dovrebbe essere firmato nei prossimi giorni a Berlino e nel quale è indicata ripartizione zone ed obiettivi operazioni militari Italia, Germania e Giappone con qualche cenno delle disposizioni da prendere per realizzare una cooperazione militare fra i tre Stati. Per averne norme, data importanza politica che documento presenta, mi sarebbe utile conoscere quale carattere esso sia destinato ad avere e se costituisce o meno un annesso dell'accordo di Berlino dell'Il dicembre scorso (4).

(-4) Per la risposta, vedi D. 142.
(l) -Ritrasmesso a Lisbona con T. s.n.d. 1002/23 p.r. del 12 gennaio, ore lG. (2) -Non rinvenuto. (3) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 582.
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IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

rr. S. N. D. 209/11 R. Sofia, 9 gennaio 1942, ore 21 (per. ore 10,10 dellO).

Ho veduto oggi a lungo Re Boris.

Riassumo sue impressioni sulla situazione in zone balcaniche:

lo -operazioni militari bulgare nella Serbia Meridionale Cl) appaiono procedere bene. Controllo della ferrovia Nish-Belgrado è in parte, secondo direttive tedesche, affidato ai bulgari cui reparti di avanguardia sono già giunti a Jagodina. A Nish trovasi Comando bulgaro. Il Sovrano ha ripetuto più volte che Bulgaria con tale sua collaborazione non persegue assolutamente alcun scopo territoriale e che amministrazione delle zone occupate da truppe bulgare resta e resterà affidata ad autorità serbe e tedesche. Naturalmente è un non piccolo malcontento a Belgrado per intervento Bulgaria ma serbi devono persuadersi che ristabilimento ordine nel loro Paese è oggi più che mai assolutamente necessario tanto per Potenze dell'Asse quanto per tutti i vicini della Serbia.

2° -Circa Turchia Sovrano è persuaso che il Governo turco ha veramente per scopo unico della sua politica quello di non farsi trascinare in guerra. È da prevedersi quindi che Turchia proseguirà in complesso una politica di isolamento nei riguardi di tutti. A tale riguardo viaggio di Eden a Mosca con tutte supposizioni che sono state fatte intorno ad esso deve esser stato in fondo contro-producente in Turchia per l'Inghilterra e deve aver suscitato diffidenze concrete Ankara. Bulgaria comunque serve ottimamente con sua posizione di vigilanza agli scopi dell'Asse e costituisce importante pedina perchè siano evitate spiacevoli sorprese da queste parti.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 213/10-12-15 R. Budapest, 9 gennaio 1942, ore 22,35 (per. ore 18 del 10).

una maggiore partecipazione Ungheria alla guerra --ha detto Ribbentrop --. Questo principio è stato adombrato nel corso di tutti gli attuali colloqui e tanto Reggente Horthy che Bardossy hanno confermato loro volontà di dare effettiva e maggiore partecipazione militare alle future operazioni. Naturalmente, i magiari non hanno nascosto a Ribbentrop le loro preoccupazioni. Il Reggente gli ha detto che Ungheria era circondata da nemici: serbi, croati, per non dire dei romeni. In tutti i Balcani gli inglesi organizzano guerriglie, non è escluso che un giorno tentino uno sbarco in Grecia.

Queste le impressioni che il Ministro degli Esteri del Reich mi ha incaricato di trasmettervi insieme ai suoi più che amichevoli sentimenti.

(10) -Ribbentrop che ha lasciato Budapest oggi alle 5 pomeridiane mi ha visto prima della sua partenza. Mi ha detto di non essere venuto in Ungheria per trattare argomenti speciali ma per sciogliere la promessa fatta di una visita fissata e rinviata quattro volte. Ha cercato, nei suoi colloqui con gli uomini di Stato magiari, di metterli di fronte alla realtà della guerra dura e che domanda la ferrea unione delle Nazioni che si sono coalizzate con l'Asse contro gli anglo-russi. Campagna di Russia condotta su di un fronte così vasto esigerà (l) -Vedi D. 95. (12) -Ribbentrop ha risposto che l'Asse è responsabile della sicurezza dell'Ungheria. Alle reiterate obiurgazioni magiare denunzianti implacabile propaganda romena contro verdetto di Vienna e minaccia cancellarlo con le armi, Ribbentrop ha replicato «L'arbitrato di Vienna non deve essere toccato. Ungheria e Romania sono sulla stesa barca e qualsiasi discussione di questa natura rappresenta una lite in famiglia, altamente pregiudizievole per l'Asse. (15) -Ho già fatto dire a Bucarest che Germania e Italia hanno dato loro garanzia all'arbitrato di Vienna e la confermano in ogni tempo. Come potrebbe poi la Romania attaccare l'Ungheria dopo essersi assunto compito collaborare con la Germania nell'impresa di debellare il bolscevismo? Solidarietà che noi domandiamo all'Ungheria deve essere appunto intesa a non dare impressione che mentre si combatte la Russia due degli alleati non pensino che a saltarsi addosso. Ho fatto discretamente qui notare -ha aggiunto Von Ribbentrop che partecipazione romena alla guerra è stata molto più lunga di quella ungherese e ho anche detto: « Antonescu non vi attaccherà perché nella situazione in cui ci troviamo, finirebbe con l'attaccare se stesso». Von Ribbentrop ha soggiunto che il motivo fondamentale suoi colloqui è stato dettato dalla necessità di distogliere gli ungheresi dal loro particolarismo per farli entrare in una concezione più europea, anzi più neo-europea, della loro missione nazionale. Difatti egli non ha raccolto le parole del brindisi di Bardossy che faceva espressa menzione arbitrato Vienna ed ha replicato elencando compiti che spettano alle Nazioni che fanno parte crociata contro Russia associata agli anglo-sassoni.
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L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 219/20 R. Tokio, 10 gennaio 1942, ore 8,30 (per. ore 23).

Vostro 16 (1). Ho comunicato quanto telegrafatomi da V. E. a questo Ministero Affari Esteri che è d'accordo opportunità continuare scambio informazioni e su mo

dalità collaborazione fra i rappresentanti diplomatici due Paesi nell'America Latina e particolarmente dei due Ambasciatori Rio Janeiro durante conferenza panamericana.

Ultime notizie qui pervenute circa atteggiamento vari Stati di fronte Conferenza Rio Janeiro coincidono sostanzialmente con le nostre ed escluderebbero eventualità dichiarazione di guerra.

Si teme qui d'altra parte che tattica S.U.A. non sia di spingere Stati SudAmerica a partecipazione guerra -ciò che sarebbe loro vantaggioso fino ad un certo punto, per aggravio materiale che ne deriverebbe loro -ma solo di ottenere rottura relazioni diplomatiche, proposta sulla quale a Rio Janeiro sarebbe più facile raggiungere unanimità o grande maggioranza voti e che, se accettata, apporterebbe a S.U.A. ogni vantaggio morale senza alcun inconveniente materiale. D'altra parte tale eventualità non sarebbe meno grave per Asse, in quanto rottura relazioni presenterebbe in sostanza stessi risultati d'ordine pratico e morale, togliendogli oltre tutto anche ogni possibilità di una qualsiasi azione sui Governi e sull'opinione pubblica di quel Continente. Tanto che qui si giunge persino a domandarsi fin da ora se non sarebbe più conveniente prendere addirittura iniziativa di una dichiarazione di guerra nel caso Stati sud-americani addivenissero su pressione di Washington ad una rottura delle relazioni diploma tiche con l'Asse.

(l) Vedi D. 113.

121

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. s. N. D. 222/28 R. Madrid, 10 gennaio 1942, ore 17,30 (per. ore 21).

Ambasciatore di Germania che come altri Colleghi ha raccolto voce -ultimamente divenuta più insistente -probabile nomina Serrano ad Ambasciatore presso Quirinale (mio telegramma 18) (l) mi ha detto aver oggi avuto occasione parlare dell'argomento con stesso Ministro Affari ESTERI, Da evasiva risposta Serrano e da suo palese imbarazzo suddetto Ambasciatore traeva impressione che voci non sono infondate.

Ho chiesto pertanto a questo Ambasciatore Germania se intendesse influire in qualche modo in favore permanenza Serrano agli ESTERI, Mi ha risposto che istruzioni Ribbentrop non sono fino ad ora mutate e cioè egli deve astenersi intervenire politica interna spagnola (mio telespresso del 27. ottobre scorso 2748 (2) e precedenti). Tuttavia, anche se ipotesi in questione dovesse avverarsi, Ambasciatore di Germania ritiene che direttive politica estera spagnola non subirebbero alterazioni. Ambasciatore ha infine nuovamente accennato sua personale convinzione che Serrano desidera recarsi Roma per essere altresì in stretto contatto con famiglia reale spagnola (mio telespresso 2940 del 14 novembre scorso) (2).

Circa relazioni personali tra Ribbcni:rop e Serrano che evidentemente non sono... (1) a linguaggio cd attep;giamento Stohrcr, pcrmct.tomi rkhiamannì a mio rapporto n. 3356 del 31 dicembre u.s. (2) e precedenti.

Giudicherà V. E. se, in base a quanto ho riferito con mio telespresso n. 37 del 3. corr. (2), io debba o meno tornare sull'argomento con Ministro Affari ESTERI,

Ad ogni modo è logico supporre che, qualora Franco consentisse ad incontro Serrano-Salazar (mio telegramma n. 17 dell'8 corr.) (3), allontanamento Ministro Affari Esteri non sarebbe imminente.

122.

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 234/35 R. Rio de Janeiro, 10 gennaio 1942, ore 20,39 (per. ore 10,30 dell'11).

Telegrammi Ministeriali n. 28 e 31 (4).

Questa Ambasciata mantiene i più stretti contatti con quella giapponese e germanica in previsione conferenza panamericana. Purtroppo azione diplomatica Giappone è qui seguita con astioso sospetto, cosicché nonostante abilità mio collega Ishii ben poco sua rappresentanza può fare.

Contatti molto intimi vengono tenuti con Ambasciata del Cile (che siamo riusciti orientare e rendere conscia pericoli che minacciano latinità e Sud America) ed Ambasciata dell'Argentina che ci sforziamo richiamare alla realtà delle cose. Ambasciatore dell'Argentina Cambougarta è un liberale acceso, che trovasi sotto la perniciosa influenza di Aranha e perciò Guinazu troverà in lui un deciso e pericoloso avversario della sua politica.

Chiare, franche e leali dichiarazioni fatte da Guina~u hanno prodotto ... (5) a Washington ed hanno qui allarmato circoli bellicisti guidati da Aranha che sta tentando possibile ed impossibile per neutralizzarne effetti su Vargas.

Guinazu e Rossetti viaggeranno insieme e dal loro incontro dobbiamo aspettarci effetti benefici. Tutti i miei collaboratori hanno ordine intensificare loro rapporti con membri delle rappresentanze americane a noi più vicine.

123.

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N.D. 978/25-26 P. R. Berna, 10 gennaio 1942, ore 22,10). (per. ore 7,30 dell'11).

Personale per l'Eccellenza il Ministro.

Ho potuto vedere Pilet Golaz stamane e gli ho fatto la comunicazione di cui al riverito telegramma di V. E. n. 15 dell'8 corrente (6). Il Capo del Dipar

timento Politico ha detto che nulla poteva giungergli tanto più inaspettato perché era convinto che il Ministro Ruegger (considerato qui il migliore dei loro diplomatici godente la piena fiducia del Consiglio Federale) fosse persona molto grata a Roma. Asserisce che lo stesso Ruegger è convinto di ciò. Pilet Golaz rileva che mai gli è stato detto nulla a carico del suo Ministro, mai ha sentito che gli si rimproverasse qualche cosa anzi anche Voi Eccellenza recentemente avvertendolo che avremmo chiesto alla Svizzera protezione nostri interessi in America gli avreste detto che volevate far tale comunicazione anzi tutto a lui Ruegger «ministro amico di uno Stato amico». La frase ebbe qui eco molto viva. Egli ha sempre vantato di essere onorato proprio della particolare amicizia di V. E. Pilet Golaz ha voluto anche mostrarmi recenti dispacci che avrebbero provato ottimi sentimenti del Ministro. Il Capo del Dipartimento politico non vuole difendere Ruegger se questo ha sbagliato e non intende sollevare difficoltà.

Per legge non può decidere nulla personalmente e deve riferire e domandare una decisione al Consiglio Federale che si raduna la settimana ventura, ma prima prega V. E. di fargli conoscere almeno alcuni dei fatti addebitati a Ruegger e ai suoi familiari perché se deve proporre all'improvviso al Consiglio Federale il richiamo del Ministro possa anche mostvare la misura giustificata dagli errorri commessi. Ha apprezzato molto il carattere amichevole del nostro passo allo scopo di evitare complicazioni che potrebbero rendere anche più difficili le nostre relazioni, rese già delicate dalla rottura dei negoziati economici-finanziari (1). Sa che la dichiarazione di «persona non grata>> è sufficiente in sé stessa ma pensa che i rapporti amichevoli ai quali noi stessi ci richiamiamo gli permettano di chiedere particolari delle accuse che si rivolgono a Ruegger.

Non ho creduto poter specificare accuse non conoscendole abbastanza, e non essendo autorizzato. Suppongo che ci debba essere un episodio recente che ha fatto traboccare vaso. Permettomi domandare a V. E. se non lo si possa comunicare a Pilet Golaz. Questi non vuole aggravare la situazione nè fare inutile ostruzionismo chiede qualche spieg,azione nel modo più amichevole. Vero è che comportamento del Governo Federale nelle trattative economico-finanziarie può darci diritto di restare sordi a certi appelli all'amicizia ma trattandosi del Governo che ha protezione nostri interessi negli Stati nemici onoromi chiedere se forse non sia preferibile non imporgli la nostra soluzione della vertenza quando si possa attenerla di una loro ragionata decisione salvo agire altrimenti se recalcitrassero (2).

(l) -Vedi D. 116. (2) -Non pubblicato. (l) -Manca. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi D. 115. (4) -Vedi DD. 108 e 112. (5) -Nota dell'ufficio Cifra: «Manca». (6) -Vedi D. 109.
124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. s. N. D. 18/21 R. Roma, 11 gennaio 1942, ore 1,15.

Questo Consigliere dell'Ambasciata del Giappone informa che le Rappresentanze nipponiche nel Sud America avrebbero avuto istruzioni di fare ai Governi

l le

Latino-americani e più particolarmente a quelli dei Paesi costieri del Pacifico, approssimativamente le seguenti comunicazioni:

0 ) Il Governo giapponese ritiene che alla primavera prossima le posizioni anglo-americane nel Pacifico saranno smantellate e più precisamente: Filippine, basi navali oceaniche, Singapore, Indie Olandesi e britanniche.

2°) Il Governo giapponese non ha alcuna intenzione o proposito meno che amichevole verso l'America Latina. Per darne prova concreta e positiva, è suo proposito di avviare, dopo la conquista delle posizioni anglo-americane nel Pacifico, regolari traffici coi Paesi Sudamericani, esattamente come i nordamericani fanno per la Gran Bretagna. Potranno in questo modo essere riaperti e sviluppati traffici commerciali e correnti economiche estremamente interessanti per tutti.

3°) Il Governo giapponese ha deciso di non tener affatto conto delle dichiarazioni di guerra fattegli dai piccoli Paesi centro-americani, frantumi di Stati in completo vassallaggio degli Stati Uniti. Deve peraltro avvertire, che esso possiede, come è noto, una flotta di sottomarini oceanici a grande raggio d'azione, portaerei ecc., coi quali mezzi e col possesso delle basi navali del Pacifico oggi tuttora in mano dei nordamericani e degli inglesi, può e intende trarre le naturali conseguenze di atteggiamenti decisamente ostili che dovessero eventualmente essere assunti dagli Stati latino-americani nella prossima Conferenza di Rio.

Non so se le informazioni di questo Consigliere nipponico corrispondano in tutto o in parte alle istruzioni effettivamente inviate ai Rappresentanti giapponesi nel Sud America. Chiedetene costi a titolo informativo e sulla basce della opportunità di coordinare gli sforzi reciproci in vista del comune obiettivo. È stato comunque telegrafato a Sola (1), in proposito, quanto segue:

«Tenete presente anche quanto precede nel corso dei Vostri contatti. Par certo che istruzioni del genere, se eseguite dalle Rappresentanze nipponiche con tatto e con garbo ed evitando arie e atteggiamenti di provocazione o di intimidazione, possono avere concreta efficacia persuasiva. Naturalmente, per parte nostra, conviene non dare impressione che ci associamo in nessun modo ai passi nipponici, che è opportuno restino distinti e paralleli ai nostri. Ma è bene che dietro l'azione di persuasione ci siano anche queste argomentazioni più concrete >> ( 2).

125.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. s. N. D. 19/53 R. Roma, 11 gennaio 1942, ore 2,30.

Vostro 12 (3). Questo Consigliere del Giappone conferma che il suo Governo considera prematura una pubblica e comune dichiarazione itala-tedesco-giapponese in

favore dell'indipendenza dell'India (l). Secondo il predetto Consigliere, Governo Tol,io ritiene inopportuna una dichiarazione del genere, sino al momento in cui le truppe giapponesi non saranno in grado di effettivamente prestare un concreto e reale appoggio al movimento nazionalista indiano. Ha citato, a motivazione e giustificazione di tale atteggiamento, i casi dell'Iraq, e, più tardi, dell'Iran, ove le dichiarazioni teoriche hanno preceduto la possibilità di aiuti concreti, con serio pregiudizio della situazione dell'Asse nei territori indicati.

Gli è stato risposto che non può essergli ignota la sospettosa diffidenza con cui i nazionalisti indiani sorvegliano l'espansionismo giapponese. La dichiarazione d'indipendenza ha precisamente e sopra tutto lo scopo di rassicurarli completamente sulle intenzioni e i propositi delle Potenze del Tripartito nei confronti dell'India e di consentire quindi una leale collaborazione antibritannica fra noi e loro. Collaborazione cui non è possibile pensare sino a quando tali assicurazioni non saranno da parte nostra nettamente e pubblicamente affermata. È altresì da aggiungere che una delle più efficaci piattaforme della propaganda britannica è costituita appunto dall'affermazione che le Potenze del Tripartito, e, sopra tutto, il Giappone non mirano ad altro che a sostituirsi alla Gran Bretagna nella dominazione dell'India. E, a guardare le cose obiettivamente, occorre constatare non esservi alcun settore dell'opinione pubblica indiana che, posto a scegliere fra dominazioni straniere, non preferisca ancora in definitiva quella britannica.

Il predetto Consigliere ha aderito personalmente a tale punto di vista, che non è peraltro quello del suo Governo ed ha aggiunto di ritenere che il Giappone potrebbe forse accedere, piuttosto che alla progettata dichiarazione d'indipendenza, a una dichiarazione, anche pubblica e comune, che si limitasse ad affermare che le Potenze del Tripartito lasciano agli stessi indiani e solamente a loro decidere circa le sorti future dell'India.

La cosa è, prospettata in questi termini, molto diversa dalla dichiarazione proposta e di efficacia molto dubbia sia nei confronti dei nazionalisti indiani, sia della propaganda britannica che avrebbe facile verso di sfruttarla ai nostri danni.

Vi prego comunque di accertare se è stato costi interessato in proposito l'Ambasciatore Oshima e con quale risultato (2).

(l) -Si riferiva al T.s.n.d. 165/7 r. del 7 gennaio 1942, ore 6,57, non pubblicato. (2) -Vedi D. 134. (l) -Con T.s.n.d. 17/43 r. dell'H gennaio 1942, ore 1,15. (2) -Per la risposta di Indelli vedi D. 144. (3) -Non pubblicato: tale telegramma (T. s.n.d. 80/12 r. del 3 gennaio 1942) forniva una prima notizia su quanto è più diffusamente riferito nel D. 128.
126

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 247/31 R. Bucarest, 11 gennaio 1942, ore 22,25 (per. ore 7,30 del 12).

Seguito miei telegrammi nn. 16 e 20 (3). Ho parlato lungamente con Antonescu sulle richieste rivolte dal Ftihrer alla Homania per prosecuzione guerra all'Est. Antonescu mi ha detto che Ftihrer

non ha specificato numero uomini né quantitativo divisioni. Ha chiesto uno sforzo massimo. «Naturalmente -ha precisato Antonescu -se tale sforzo ci obbligasse a una mobilitazione generale saremmo costretti porre delle condizioni che concernono nostra sicurezza sopratutto nei confronti Ungheria. Noi esigiamo un parallelismo sforzi anche da parte Governo ungherese». Su questo punto però mi risulta Ribbentrop latore delle richieste del Fiihrer a Budapest non sembra abbia ottenuto quello che desidera.

(l) -Vedi D. 88. (2) -Per la risposta di Alfieri, v~di D. 154. (3) -Vedi D. 110 e 110, nota 2.
127

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI ROMENO, MIHAI ANTONESCU

L. 1/219. Roma, 11 gennaio 1942.

Lo scorso dicembre il Ministro Bova Scappa, dopo averVi intrattenuto sulla questione della Società Petroliera « Unirea » e sul nostro desiderio di assumere la successione degli interessi inglesi in detta Società, mi riferì ampiamente circa le conversazioni con Voi avute e sulla comprensione da Voi dimostrata per le nostre aspirazioni (1).

Il Vostro ateggiamento, Eccellenza, fu particolarmente apprezzato a Roma, ave si ravvisò in esso una prova della considerazione con la quale il Governo romeno segue e favorisce lo sviluppo delle relazioni economiche itala-romene.

Si presenta ora l'opportunità di dare pratica attuazione a questi propositi, definendo appunto la questione dell'« Unire a » nel senso da noi desiderato e in quello spirito di operante amicizia che da entrambe le parti si desidera stabilire sempre più concretamente.

È per questo che conto, Eccellenza, sul Vostro personale e amichevole interessamento perché i nostri desideri vengano accolti nell'interesse stesso della collaborazione itala-romena sicuro che una favorevole soluzione avrebbe su tale collaborazione le più liete ed efficaci ripercussioni (2).

128

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 264/53 R. Berlino, 12 gennaio 1942, ore 18.

Riferimento telegramma 12 di questa Ambasciata (3).

Mellini Pance prega comunicare quanto segue:

«Secondo quanto mi ha detto il Ministro Grobba, questo Ambasciatore del Giappone, dopo ricevuto verso la fine dicembre scorso prima la vista del Mufti

12 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

e poi quella di Base, avrebbe manifestato al Ftihrer la sua opinione personale che non fosse opportuno ritardare oltre una dichiarazione delle tre Potenze del l'ripartito per assicurare l'indipendenza ai Paesi arabi e alle Indie.

In seguito a tale conversazione si sarebbero iniziati scambio di vedute in proposito tra Berlino e Tokio. Mentre ancora si tenta di superare le difficoltà per la dichiarazione alle Indie si sarebbe già in massima d'accordo per la dichiarazione ai Paesi arabi.

Tale dichiarazione, nel testo preparato dall'Auswartiges Amt e che verrà sottoposto al Fiihrer, corrisponde parola per parola nei punti primo, secondo e nell'ultimo capoverso (che diverrebbe il punto terzo) al testo già concordato a Roma e a Berlino.

Verrebbe modificato il preambolo essendo la dichiarazione fatta a nome del Governo Italiano, Tedesco e Giapponese. Verrebbe inoltre abolito il penultimo capoverso dove si parlava del pronto inizio dei negoziati per il patto e relativi accordi in quanto ciò riguarda prevalentemente l'Italia e la Germania.

Il Mufti ha discusso e approvato, me presente, il nuovo testo che mi riservo trasmettere per corriere».

(l) -n T. 1172 con cui Bova Scoppa aveva riferito la conversazione con M. Antonescu non è stato rinvenuto nelle raccolte del telegrammi. (2) -Per la risposta, si veda D. 437. (3) -Vedi D. 125, nota 3.
129

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 275/38 R. Gedda, 12 gennaio 1942, ore 18 (per. ore 12,30 del13).

Mio telegramma 20 (1).

Ministro Suleiman mi ha dato stamane attesa risposta, presente suo capo uffico che è notoriamente asservito agli inglesi. Governo Saudiano consente soltanto rimpatrio a componenti Legazione e a italiani residenti Gedda.

Ho insistito, sempre in via personale, per rimpatrio anche degli internati italiani e tedeschi, ripetendo noti precedenti e mettendo in rilievo interesse Saudia a scaricarsi relativo onere mantenimento. Ministro Suleiman ha risposto che inglesi considerano situazione diversamente giacché italiani Iran e Afganistan si trovavano colà prima della nostra dichiarazione di guerra. Ho fatto rilevare che anche da norme diritto internazionale è stabilito rimpatrio dei civili. Mi rispose che inglesi non riconoscono posizione civile a nessun internato Gedda. Ho aggiunto che civili italiani sono sprovvisti documenti rilasciati da autorità inglesi attestanti loro posizione civile. Mi ha detto che sue istruzioni erano di farmi comunicazioni riportate in principio.

Gli ho anche fatto presente che per gli internati che dovessero qui rimanere occorreva restasse a Gedda qualcuno della Legazione incaricato di assistere gli internati stessi e tenere collegamento tra essi e le autorità locali e gli ho ricordato che finora, per disposizione di questo Governo, le richieste degli internati vengono inoltrate per tramite della R. Legazione.

Mi ha risposto che il Governo saudiano provvederà direttamente a assistere e al collegamento ed ha assicurato che agli internati sarà continuato attuale trattamento. Gli ho fatto presente che da parte del Governo saudlano mi sentivo perfettamente sicuro, ma dato che per le pressioni inglesi il Governo saudiano si era già sottomesso a malincuore a mandare via la Rappresentanza diplomatica italiana, temevo che inglesi potessero fare altre pressioni relative agli internati.

Mi ha risposto che fino a questo momento il problema non si presenta e che se e quando si dovesse presentare il Governo saudiano prenderà la sua decisione.

Ho ripetuto che il mio passo personale era unicamente determinato dalla amicizia verso questo Paese, nell'intento di poter fornire elementi maggiori possibili al R. Governo, nella decisione migliore che esso dovrà prendere.

Mi ha risposto che un altro mio telegramma a Roma non potrebbe che provocare ritardo e che il Governo saudiano ha già provveduto per la partenza dei componenti della Legazione.

Ho ripetuto ancora una volta che ritengo doveroso di non partire se non insieme internati italiani e tedeschi.

Dato tono e contenuto conversazione con Abdalla Suleiman, ritengo che Governo saudiano non vorrà recedere dall'atteggiamento assunto, che rivela acquiescenza oltre sottomissione alle pressioni inglesi. Questo atteggiamento, da qualche elemento della conversazione, mi sembra fondato su convinzione di questo Governo che il Governo italiano non vorrà né potrà op~orsi alle decisioni saudiane.

(l) Vedi D. JOH.

130

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 269/32 R. Madrid, 12 gennaio 142, ore 18,05 (per. ore 21).

Continuano circolare voci più discordi circa crisi provocata da generali che vorrebbero scioglimento Falange ed allontanamento Serrano che incolpano non già per sua politica estera ma perché lo ritengono responsabile quale capo e politico di tutti i mali che affliggono Paese, ossia penuria, delinquenza, corruzione, indisciplina (mio telegramma n. 18) (1). Secondo Ministro, de Rivera, con cui ho parlato a lungo della questione, si prevede completo rimaneggiamento nelle file dato che tutti Ministri falangisti, lui compreso, sarebbero sostituiti da generali ed alti ufficiali esercito.

Difficoltà attuale consisterebbe nel trovare Sottosegretari di Stato civili. per vari dicasteri. Tuttavia, secondo quanto stesso Ministro mi ha assicurato, Franco non avrebbe tuttora lasciato in alcun modo trasparire sue intenzioni ciò che darebbe

adito suppos1z10ne che, come nelle crisi precedenti (miei telegrammi 407 del 20 maggio (l) e 732 del 23 settembre 1941) (2) tutto rimanga immutato.

Capo Ufficio Stampa Ambasciata di Germania, che ha avuto occasione vedere oggi Serrano, l'ha trovato tranquillo e pronto trionfare ancora una volta suoi inconciliabili avversari.

Malgrado queste assicurazioni atmosfera permane pessimista e si va diffondendo e radicando persuasione che solamente ritorno monarchia possa dare seria garanzia che questo continuo stato incertezza abbia un termine.

Ambasciatore Germania non si mostra affatto preoccupato per possibile sviluppo situazione e ciò per seguenti motivi:

0 ) Perché maggior parte Generali hanno combattuto a nostro fianco durante guerra nazionale e per Asse;

2°) perché politica estera spagnola non può cambiare;

3°) perché se è vero che anglo-americani crederanno in un primo tempo segnare punto a loro attivo in un secondo dovranno necessariamente provare forte disillusione per immutabili direttive internazionali questo Paese. Suddetto Ambasciatore mi ha infine ripetuto non avere fino ad ora ricevuto da Ribbentrop varianti alle note istruzioni a suo tempo impartite (mio telegramma n. 28 e precedente corrispondenza) (3).

(l) Vedi D. 116.

131

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 265/58 R. Berlino, 12 gennaio 1942, ore 22.

In occasione della [presentazione] degli auguri al Maresciallo Goering (ero l'unico Ambasciatore ammesso in mezzo al Governo ed alla vecchia Guardia del Partito Nazional Socialista) ho avuto contatti interessanti che mi hanno permesso di raccogliere notizie e impressioni.

Permane tuttora anche nei circoli militari una atmosfera di scontentezza e di preoccupazione a seguito delle voci che insistentemente circolano relativamente a nuove sostituzioni negli alti posti di comando. Queste voci non risparmiano i Marescialli Von Keitel, von Bock, von Neebe neppure il Capo Stato Maggiore Halder.

Mi consta che in questi ultimi giorni l'OKW ha emanato una circolare inviata a tutti i Comandi dell'Esercito tedesco, fino ai Comandi di Compagnia, in cui si invitano i singoli Comandanti a attenersi alla più stretta verità nei loro rapporti e minaccia pene le più severe contro coloro che cercassero di <<imbellire» la verità stessa o di presentare sotto luci più rosee le condizioni sia dal punto di vista spirituale che dal punto di vista materiale delle truppe

(-3) Vedi D. 121.

e degli incarichi loro affidati. Questa circolare, il cui tono particolarmente severo ha fatto una grande impressione nei circoli dell'Esercito, ha dato origine a diverse voci, fra le quali principalmente quella che interpreta la circolare stessa come una conseguenza della situazione che ha portato al ritiro di von Brauchitsch, il quale nei suoi rapporti, non si sarebbe attenuto strettamente alla regola di dire le cose come stanno, ma avrebbe dipinto con colori assai ottimistici situazione, la quale, se fosse stata portata completa e veritiera a conoscenza del Fiihrer, lo avrebbe probabilmente indotto a non proseguire nel mese di ottobre l'offensiva contro Mosca.

La situazione al fronte orientale si mantiene nelle linee indicate con il mio telegramma n. 35 (1).

Dopo di Moiaisk l'arretramento delle forze germaniche è stato accelerato anche per effetto di una pressione sovietica improvvisamente aumentata. Le forze russe hanno aggirato Rief e si trovano ad una trentina chilometri da Wiasma.

In Crimea la situazione appare poco chiara e non sembra escluso che siano in corso le operazioni tedesche per lo sgombero totale della penisola.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 582.
132

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 94/49. Budapest, 12 gennaio 1942.

Col mio telegramma n. 10 (2) ho avuto l'onore di riferirVi, Eccellenza, le impressioni del Ministro degli Esteri del Reich relativamente al suo soggiorno in questo Paese. Ho avuto successivamente conversazioni con uomini di Governo ed esponenti dell'opinione pubblica magiara che possono servire a spiegar meglio l'atteggiamento ungherese nei confronti della Germania.

La convivenza con gli Asburgo ha edificato i magiari sul conto della Germania per il resto delle venture generazioni. La Germania, non il germanesimo, ha anche permeato la vita nazionale ungherese lasciando a questo popolo alcune delle qualità essenziali della razza germanica nonché il culto della vita spirituale tedesca. Naturalmente, l'acquistata libertà, sia pure a prezzo di gravi rinunce, ha determinato negli ungheresi, insieme al vivo contento di essere pienamente liberi, anche un sacro timore di dovere nuovamente tornare a servire il germanesimo. Come ho accennato nel mio telegramma suindicato, la parte politicamente più interessante della visita di Ribbentrop a Budapest è stata appunto costituita dall'inno che Bardossy ha sciolto alla missione del popolo magiaro, difensore e baluardo della civiltà europea e perciò della razza germanica etc ..., e della nessuna cura che Ribbentrop si è preso di rispondere a questi chiari accenni limitandosi a parlare della missione comune dell'Ungheria con la Germania. Tale polemica diciamo sotterranea non è naturalmente

casuale poiché i collaboratori di Ribbentrop e lo stesso Ribbentrop mi hanno detto che hanno pensato di allargare gli orizzonti del particolarismo magiaro. Portando la polemica conviviale alla sfera più larga degli interessi politici si può dire che la posizione della Germania in Ungheria è appunto quella di una vicina onorata e temuta ma di cui si paventa l'eccessiva ingerenza ed alla quale con buone maniere si cerca di vietare di chiamarsi tutrice. Compito non facile ma che il Presidente Bardossy assolve con molta dignità sempre che gli venga consentito non solo dai ricordi storici (poiché questi hanno il pro ed il contro) ma dalla difficile situazione in cui si trova l'Ungheria che ha ricostituito il suo patrimonio nazionale a spese dell'Asse ma che non vorrebbe per questo pagare uno scotto eccessivo. Ho potuto perciò rilevare nelle varie occasioni in cui il Ministro degli Esteri del Reich si è trovato a contatto con l dirigenti ungheresi come questi tenessero a specificare la loro qualità di alleati e non di succubi. Tale sentimento era evidentemente più palese al rappresentante dell'Italia poiché nella generosa politica praticata dal Duce all'Ungheria, gli ungheresi hanno visto, dopo tanti anni di unione all'Austria, il primo riconoscimento di quella dignità nazionale che adesso vogliono, e ad ogni costo, salvare di fronte al grande Reich. Non mi sono stati in questo senso risparmiati gli accenni alla politica italiana, alla larga politica dell'Italia, alla finezza della politica italiana e via dicendo, volendosi con questo significare che l'Italia ha sempre riconosciuto alla Nazione magiara una pienezza di diritti che proprio adesso che l'Ungheria si può chiamare ricostituita nel suo sacro corpo, diventa più difficile mantenere. Accenni che ho naturalmente raccolto nel loro significato letterale non sembrandomi evidentemente nostro interesse incoraggiare il particolarismo magiaro di fronte al nostro Alleato. Quello che più è risultato dalla visita di Ribbentrop è il fermo invito che il Governo germanico ha fatto al Governo ungherese per una maggiore collaborazione nel campo militare. Mi riservo di riferire come da parte ungherese si pensi di accedere a tale richiesta. Ribbentrop me ne ha parlato in termini generici e non ho potuto, dato il carattere del colloquio accordatomi, chiedere precisazioni. In defintiva, lo sforzo degli uomini di Governo ungheresi, durante la visita di Ribbentrop, ha consistito nel cercare di dargli la sensazione della vitalità della Nazione ungherese e dell'utilità per il Reich germanico che il nucleo razziale rappresentato in Europa dall'Ungheria agisca liberamente, nella sua piena capacità nazionale, nello stesso interesse dell'Impero germanico e ai fini della politica dell'Asse (1).

(l) -Vedi D. 111. (2) -Vedi D. 119.
133

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 274/34 R. Madrid, 13 gennaio 1942, ore 1,50 (per. ore 7,30).

Serrano mi ha detto che Franco ha approvato incontro con Salazar (mio telegramma n. 17) (2).

Prima egli sperava intervenisse incontro anche Caudillo, ciò che però non implicherebbe necessariamente presenza Carmona che conta evitare per formalità protocollari che assorbirebbero tempo e comporterebbero maggiori difficoltà. Invito a mezzo Ambasciatore Spagna a Lisbona, Nicolas Franco, verrà fatto probabilmente domani e incontro avverrà in territorio spagnolo fine questa settimana o inizio prossima. Ho domandato ancora una volta a Serrano argomenti che verranno trattati. Egli mi ha risposto che saranno i seguenti:

0 ) fissare portata vigente accordo ispano-portoghese in caso di attacco anglo-americano Isole equatoriali;

2°) cercare stabilire verità su reazione portoghese per occupazione Timor, se cioè Portogallo abbia accettato essere stato messo di fronte fatto compiuto;

3°) incoraggiare Portogallo di fronte pressione inglese, dare ad esso, secondo quanto testualmente mi ha detto Serrano, «una spina dorsale».

Ambasciatore di Germania, che ho visto oggi ed a cui Serrano ha fatto medesima comunicazione, mi ha ripetuto aver chiesto Berlino istruzioni (l) per l'eventualità che Germania voglia influire in qualche modo su linguaggio e atteggiamento Serrano nell'incontro (mio telegramma precitato).

Telegrafato a Lisbona dall'inizio fino alle parole: «spina dorsale».

(l) -Il presente rapporto reca il visto di Mus!':olini. (2) -Vedi D. 1!5.
134

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BERNA, TAMARO

T. S. N. D. 22/24 R. Roma, 13 gennaio 1942, ore 2.

Personale per Tamaro.

Vostri telegrammi nn. 25-26 (2).

Confermavi istruzioni di cui a mio telegramma n. 15 (3). Nostra comunicazione a Governo federale ha e intende mantenere carattere del tutto amichevole. Ne è del resto prova nostra preoccupazione che permanenza signor Ruegger possa dannosamente influire su relazioni itala-svizzere. In questo ordine di idee appare inutile ed inopportuno scendere a maggiori dettagli circa motivi nostra richiesta che, evidentemente, non sarebbe stata fatta se atteggiamento ed orientamenti Ruegger e suoi familiari non ci avessero definitivamente persuasi dell'inopportunità della sua presenza a Roma ai fini della collaborazione itala-svizzera.

Confermate essere questa la ragione determinante nostro passo e che da parte nostra si fa affidamento su comprensione Governo Federale per evitarci dichiarazione formale di «persona non grata».

Telegrafate (4).

135.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI

T. S. N. D. 1270/5 P. R. Roma, 13 gennaio 1942, ore 2.

R. Ministro Helsinki ha recentemente riferito (l) che Governo svedese ha respinto per due volte richiesta tedesca invio truppe e materiale da guerra nord Finlandia attraverso territorio svedese, argomentando che consenso transito costituirebbe violazione neutralità in quanto truppe tedesche in Finlandia sono da considerarsi quali combattenti e non quali truppe di occupazione come nel caso della Norvegia.

Con telegramma del 10 corrente (2) R. Ministro Helsinki aggiunge che tensione fra Germania e Svezia sarebbe aumentata in questi giorni, e che Governo svedese starebbe procedendo a mezzo convocazioni personali al richiamo di contingenti sotto le armi; dando così soddisfazione a partiti ed ambienti che esigono atteggiamento fermo verso pressioni tedesche.

R. Ministro Helsinki ha riferito altresì che in circoli locali ha destato impressione annunzio dato da radio germanica di un articolo giornale Il Reich di intonazione anti-svedese e misura sequestro detto giornale adottata da Consiglio Ministri Stoccolma.

Prego riferire telegraficamente al riguardo (3).

136.

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 279/38 R. Madrid, 13 gennaio 1942, ore 14,20

(per. ore 20).

Serrano mi ha detto che crisi sembrerebbe per il momento scongiurata (telegramma 32) (4). D'altra parte avendo Franco approvato sua iniziativa incontrarsi con Salazar sarebbe logico pensare che convegno non avrà luogo con Governo dimissionario (mio telegramma 34) (5). Gli ho domandato se non avrebbe preso qualche provvedimento per troncare una buona volta queste ormai endemiche crisi che mettono in pericolo compagine Falange, fanno gioco anglo-americani e lasciano nella popolazione null'altro che sfiducia. In proposito gli ho raccontato quanto mi risultava da fonte sicura, ossia che Sir Samuel Hoare aveva recentemente insistito presso Duca d'Alba perché non partisse per Londra come ne aveva predisposto ma restasse ancora Madrid per assistere liquidazione Falange e ministri falangisti.

Serrano non conosceva ancora episodio, ma ne ha fatto risalire colpa, come di tutta situazione, alla consueta politica temporeggiatrice che volendo

(-3) Per l a risposta vedi D. 138.

accontentare tutte le tendenze e tutti i partiti, manca necessaria energia per imporre disciplina e ordine di cui popolo spagnolo ha più che mai bisogno in questo momento in cui guerra infierisce tra i continenti. Mi ha infine assicurato che avrebbe fatto pubblicare nei giornali falangisti qualche articolo in cui avrebbe cercato di porre le cose in chiaro.

(l) -Vedi D. 178. (2) -Vedi D. 123. (3) -Vedi D. 109. (4) -Tamaro rispose con T. s.n.d. 1703/43 p.r. del 17 gennaio, ore 14,36: «Ho veduto appena oggi Pilet Golaz. Comunicherà nostra domanda Consiglio Federale nella seduta di martedì. Intanto ha fatto venire qui il Ministro Ruegger >>. Vedi D. 197. (l) -T. s.n.d. 12439/243 r. del 31 dicembre 1941, ore 14,30, non pubblicato. (2) -T. s.n.d. 230/3 r. del 10 gennaio 1942, ore 23,28, non pubblicato. (4) -Vedi D. 129. (5) -Vedi D. 133.
137

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 280/41 R. Madrid, 13 gennaio 1942, ore 21,25 (per. ore 23).

Mio telegramma n. 38 (1).

Secondo quanto mi [ha detto] ieri, Serrano ha fatto pubblicare stamane su Arriba un primo articolo di monito agli avversari della Falange e suoi. Seguiranno probabilmente altri articoli del genere su altri giornali provincia.

Editoriale Arriba stigmatizza intrighi che a breve intervallo tentano ripetutamente seminare dubbi e discordie agendo sopra settori purtroppo facilmente [influenzabili] per loro irresponsabilità e leggerezza con l'obiettivo di provocare revisione politica nuova Spagna. Accusa avversari regime di ricercare una ripercussione anglosassone della loro opera disgregatrice interna. Afferma infine necessità di farla finita con questo gruppo di diffamatori e porre termine d'altra parte a tutti quei fatti che possano comunque servire loro di giustificazione.

138

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 1349/3 P. R. Stoccolma, 13 gennaio 1942, ore 23,30 (per. ore 7 del 14).

Telegramma di V. E. n. 5 del 13 corrente (2).

Nel mio rapporto del 22 dicembre u.s. n. 1433/362 (3) ho riferito (fra l'altro) circa rifiuto opposto da questo Governo alla richiesta tedesca per attraversamento su territorio svedese truppe dirette fronte finlandese. Dopo noto passaggio truppe tedesche attraverso Svezia effettuato al principio della guerra contro Russia, è stata questa unica volta in cui Germania ha domandato nuovo consimile attraversamento incontrando categorico diniego. Trattavasi di una divisione che è stata poi avviata per convoglio marittimo ed ha raggiunto nordFinlandia costeggiando litorale svedese golfo Botnia protetto da navi svedesi conformemente noto accordo del giugno scorso (mio telegramma n. 59 del 26 giugno) (3).

(l} Vedi D. 136. (2} Vedi D. 135.

Successivamente, circa un mese addietro, vi è stata un·altra domanda germanica, ma riferentesi soltanto ad una intensificazione del traffico che da oltre un anno (anche questo oggetto mio rapporto citato e di altri precedenti) sta svolgendosi sulle ferrovie svedesi per il passaggio di militari in licenza e di materiale vario. Autorità svedesi non hanno consentito ad un aumento di due treni alla settimana, obiettando essere imponente movimento già accordato.

Sia da Ministro Gunther sia da parte tedesca, rapporti fra Svezia e Germania mi vengono definiti a tutt'oggi «buoni e normali ». Nelle relazioni fra una Potenza in guerra ed una neutrale da cui attenderebbesi sempre un maggiore avvicinamento è spiegabile affiorino ogni tanto per la prima motivi di malcontento. Ma non è il caso di parlare di tensione in questo momento.

Come ho riferito più volte in rapporti a « Stefani Speciale» Svezia sta procedendo rafforzamento sua efficienza militare ed assetto difesa frontiere. Continuano i richiami locali di varie aliquote per istruzione, sempre in base sistema precetto individuale qui in uso. Questi provvedimenti rappresentano tuttavia metodica esecuzione soltanto programma riarmo da tempo annunziato per scopo tutela libertà nazionale contro chiunque. e nessuna particolare manifestazione ha ultimamente mostrato proposito di dare a tali misure carattere anti-germanico.

Assolutamente infondata è notizia sequestro noto numero del Reich recante articolo severo verso Svezia. Copie in questione del settimanale stesso trovansi qui in vendita come di consueto.

Segue rapporto (1).

(3) Non pubblicato.

139

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. S. 15. o , 13 gennaio 1942.

Come all'E. V. è noto, nella terza decade di dicembre u.s. il Comando Supremo tedesco, nel comunicare il piano di un'azione contro i ribelli nella Bosnia Orientale fissata per il 15 gennaio corrente, aveva chiesto in modo generico la cooperazione della 2a Armata (2).

Tale richiesta di cooperazione fu in seguito concretata, attraverso le rispettive missioni di collegamento, come segue:

l. -partecipazione di un'aliquota dell'aviazione italiana da bombardamento alle operazioni progettate;

2. -azione offensiva italiana lungo il corso meridionale della Drina con rioccupazione di Foca e Gorazde, in modo da interrompere ogni possibilità di comunicazione tra le bande della Bosnia e quelle del Montenegro;

3. -attestarsi in forza della 2" Armata lungo il settore meridionale della linea di demarcazione, tra Varcar Vakuf e Visegrad per tagliare ogni ritirata ai ribelli, che, premuti ad oriente dalle forze tedes_che, avessero cercato scampo nella terza zona.

A tale domanda il Comando della 2a Armata faceva presente che difficilmente avrebbe potuto avere sul posto, prima della fine del mese, le forze sufficienti per effettuare l'azione richiesta e proponeva perciò che l'inizio delle operazioni venisse rinviato di due settimane. Il generale Bader però replicava di non poter ritardare di un solo giorno la data stabilita, anche perché una delle due divisioni tedesche che avrebbero partecipato all'azione (la 342a divisione alpina proveniente dalla Serbia) doveva, ai primi di febbraio, ritornare sul fronte russo.

L'azione tedesca quindi restava improrogabilmente fissata tra il 15 ed il 31 gennaio, mentre da parte nostra si prometteva di fare il possibile -compatibilmente con l'attuale disponibilità e dislocazione di truppe -per cooperarvi in modo efficace. I comandi superiori disponevano inoltre che le truppe italiane operanti nel settore di Visegrad, già dipendenti dal Generale Pirzio Biroli, passassero, per realizzare una indispensabile unità di comando, agli ordini del generale Ambrosia.

Il piano tedesco prevede varie operazioni con direttive diverse; le principali sono:

-Visegrad-Rogatica-Serajevo; -Rogatica-Sokolac-Mrkalji; -Zvornik-Vlasenica; -Tuzla-Kladanj-Olovo; -schieramento difensivo di truppe croate sulla linea Visoko Vares-Vijana.

In tale azione verranno impiegate due divisioni tedesche e sette battaglioni croati. Non si conosce con esattezza quali forze ribelli potranno trovarsi di fronte; calcoli approssimativi danno la cifra di 15-20 mila uomini, ma sono unicamente basati su non controllati rapporti di informatori.

Per quanto questo ufficio non sia naturalmente in grado di esprimere un proprio giudizio circa i prevedibili sviluppi strategici di tale azione, è difficile astenersi dal manifestare il dubbio che essa possa realizzare un grande risultato concreto. Infatti -prescindendo anche dalle avverse condizioni stagionali che, a causa delle abbondanti nevicate, rendono difficilissimi gli spostamenti nella zona di cui trattasi -sia che i ribelli accettino la battaglia sulle proprie posizioni difensive, sia che -più saggiamente -~ evitino uno scontro in forze con le truppe tedesche, queste ultime potranno senza eccessiva difficoltà liberare momentaneamente le diverse vie di comunicazione che confluiscono a Serajevo, dando l'impressione di avere ripreso il controllo della zona; in pratica però le forze ribelli, sia che abbiano ripiegato verso sud e verso ovest, sia che abbiano trovato asilo tra le foreste e sulle montagne, usciranno dall'azione pressoché intatte e pronte a riprendere la guerriglia non appena le truppe tedesche impiegate nell'azione saranno -come è previsto --ritirate in altri settori.

Nei nostri confronti l'azione di cui trattasi rappresenterà probabilmente un sensibile aumento di pressione su tutto il settore meridionale della linea di demarcazione.

(l) -Vedi D. 157. (2) -Vedi D. 81
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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 159/44. Bucarest, 13 gennaio 1942 (per. il 17J.

Con il mio telegramma n. 33 dell'll (l) corrente ho già avuto occasione di riferire all'E. V. quanto il Conducator mi aveva detto a proposito della visita di von Ribbentrop a Budapest e quanto fosse vivo in lui il risentimento per il modo, ormai palese, con cui a Berlino si sta giuocando sulla carta ungherese. Debbo dire ora che tale stato d'animo di risentimento e di indignazione pervade sia gli ambienti militari-politici che, indistintamente, l'opinione pubblica. Non si riesce infatti a stabilire una relazione logica fra la circostanza che alla Romania siano stati in passato richiesti, e siano sollecitati per l'avvenire, gravi e fondamentali sacrifici militari ed economici, mentre dall'Ungheria non si è riuscito ad avere che un debole concorso alla causa comune e come verso quest'ultima vada invece ora, in modo pubblico, la riconoscenza delle Potenze dell'Asse. A creare tale atmosfera ha concorso certamente il carattere che da parte ungherese si è voluto dare alla visita del Ministro degli Esteri tedesco a Budapest: non si è infatti mancato di mettere chiaramente in evidenza come essa fosse destinata, quasi esclusivamente, a consacrare le disposizioni dell'Arbitrato di Vienna e ad aprire la strada all'Ungheria per una sua maggiore espansione che, logicamente, non potrà avvenire che a danno della Romania. Le emissioni della radio Budapest non lasciano del resto alcun dubbio in proposito: ne trascrivo, qui di seguito, all'E. V. alcuni brani tolti dal bollettino di servizio di radio intercettazione romena:

Nella emissione del mattino radio Budapest diceva: «Dobbiamo ricordare che la Germania ci ha dato un grandissimo concorso allorché noi ungheresi iniziammo la guerra contro le ingiustizie di Trianon. Ribbentrop sarà eternamente presente nei nostri cuori tramite l'arbitrato di Vienna che ci ha restituito territori magiari. Un uomo siffatto va accolto come si deve essendo egli un nostro grande e sincero amico». Successivamente radio Budapest diffondeva la cronaca dell'arrivo di Ribbentrop. La folla ha ripetutamente inneggiato a Hitler, Horthy, Bardossy, Ribbentrop gridando poi la nota frase revisionistica «Mindent Visza » (Vogliamo tutto indietro). Il radio-cronista asseriva che la folla è accorsa per salutare «colui che tanto ha fatto per noJ. » e che tutti gli strati sociali magiari hanno inteso salutare in tal modo «l'uomo caro che sta fra noi». Radio Budapest annunziava che la stampa saluta Ribbentrop ribadendo la crescente solidarietà tra l'Ungheria e le potenze dell'Asse. La sua presenza dimostra quanto le potenze dell'Asse apprezzano il contributo ungherese alla guerra contro il bolscevismo.

Nel pomeriggio Ribbentrop veniva ova2)ionato al Senato ed in serata era ospite del Presidente Bardossy, il quale pronunziava un discorso asserendo fra l'altro: «Tutto il popolo magiaro vede nell'E. V. l'equo arbitro di Vienna che ha reso giustizia ad un popolo che vi è riconoscente. Sin dalla sua costituzione in Stato nazionale la nazione magiara ha considerato come sincera amica la Germania».

Fatto significativo, poiché dimostra come -i romeni sopra l'argomento Transilvania resistano anche alle pressioni tedesche, è che i giornali locali hanno passato completamente sotto silenzio la visita di von Ribbentrop a Budapest (1).

(l) T. 262/33 r. dell'H gennaio 1942, ore 22,25 (per. 7,30 del 12), non pubblicato.

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IL SEGRETARIO DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, BARATTIERI, AL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO -PACE, PIETROMARCHI

L. s. u. 744/AG. Torino, 13 gennaio 1942 (per. il 14).

Faccio seguito alla mia n. 665 di ieri (2). L'ammiraglio Duplat ha comunicato questa sera alla Ecc. Vacca Maggiolini la risposta di Vichy alla nostra richiesta per le basi tunisine. Il colloquio è durato oltre un'ora, e, appena uscito l'ammiraglio Duplat, il gen. Vacca Maggiolini mi ha diffusamente narrato la conversazione avuta (3).

L'ammiraglio francese ha premesso che, contemporaneamente al nostro passo, il maresciallo Goering nel ricevere a Berlino, press'a poco negli stessi giorni, il gPn. Juin (4), comandante le forze armate francesi dell'Africa Settentrionale, gli aveva avanzato uguali richieste a nome del Governo del Reich, formulando proposte di contropartite che avevano una certa analogia con quelle esposte a titolo indicativo dal gen. Vacca Maggiolini il 29 dicembre u.s., secondo le istruzioni impartitegli dal Duce (5).

Ciò premesso l'ammiraglio Duplat ha dichiarato che il Governo Francese nutre un sincero ed effettivo desiderio di collaborazione con le Potenze dell'Asse e di partecipazione al lavoro costruttivo della nuova Europa. Vichy apprezza altamente le disposizioni del Duce e considera che la Sua missione storica sia quella di essere il patrocinatore e l'edificatore del nuovo ordine, concepito secondo lo spirito mussoliniano di giustizia.

Tuttavia la Francia vinta si trova in una situazione penosa e non più sostenibile, da cui deriva la necessità di un'intesa a tre fra l'Italia, la Germania e la Francia per alleggerire le attuali condizioni di quest'ultima e preparare il terreno per una effettiva collaborazione con l'Asse.

D. -160. p. -571.

Ha fatto presente che lo stato attuale della opinione pubblica in Francia, e soprattutto nel Nord Africa. non consentirebbe assolutamente la cessione piena ed assoluta delle basi tunisine.

Qualora invece graduali concessioni della Germania permettessero un'evoluzione della opinione pubblica e un miglioramento delle condizioni materiali della Francia, il terreno resterebbe sgombro per una efficace collaborazione militare nel Nord Africa e nel Mediterraneo.

A titolo di «suggerimento», l'Ammiraglio Duplat ha presentato una lista di quelle che dovrebbero essere le concessioni da farsi, anche per evitare che la Francia, per la seconda volta nel volgere di pochi anni. abbia ad affrontare un conflitto (questa volta con le potenze anglosassoni) in condizioni di assoluta impreparazione, andando incontro ad un nuovo disastro militare le cui conseguenze sarebbero gravi anche per l'Asse (occupazione di colonie e basi francesi da parte degli anglosassoni).

Le concessioni suggerite sono di triplice natura:

0 ) Militari -Libero riarmo delle forze terrestri, aeree e marittime del Nord Africa. Libero movimento della flotta francese nel Mediterraneo Occidentale. Liberazione dalla prigionia dei quadri necessari a tale riarmo. Protezione delle forze aeree dell'Asse al movimento mercantile francese nella parte Orientale del Mediterraneo Occidentale. Assegnazione alla Francia per i suoi bisogni militari in Nord Africa di carburante e lubrificante.

2°) Politiche -Possibilità per il Capo dello Stato e per il Governo Francese di « governare la Francia da Parigi » pur lasciando la capitale provvisoria ufficiale a Vichy a causa del Corpo diplomatico. Trasformazione dell'attuale linea di demarcazione in modo che essa rappresenti solo più il limite massimo della occupazione tedesca, senza dividere praticamente la Francia in due zone come avviene ora: per il littorale atlantico, potrebbe prevedersi una seconda linea di demarcazione ad Ovest dell'attuale, onde tutelare il necessario segreto militare per le forze armate tedesche operanti da tale zona. Ripristino dell'effettiva sovranità francese in tutto il territorio occupato (e cioè anche nei dipartimenti interdetti della Manica). Instaurazione della censura francese sulla Radio, la stampa e il cinema della zona occupata. Stabilizzazione ufficiale delle spese di occupazione in 300 milioni di Franchi giornalieri dal l o luglio u.s. fino alla data del nuovo accordo, e da tale data riduzione a 200 milioni (da sei mesi la Francia paga effettivamente solo 300 milioni, ma non vi è alcuna garanzia scritta in proposito).

3°) Morali -Liberazione di 700 mila prigionieri di professione contadini, e di un certo numero di operai e funzionari. Gli altri prigionieri dovrebbero essere collocati in «congedo di prigionia», e lavorare in Germania come lavoratori liberi e salariati, con facoltà di brevi licenze in Francia presso le loro famiglie. Trasformazione del controllo delle Autorità tedesche su quelle francesi nella zona occupata, in modo che la loro azione da preventiva, diventi semplicemente repressiva nei casi necessari. Soppressione della società « Ostland » e restituzione ai proprietari francesi delle terre attribuite a tale società per la colonizzazione germanica.

Inoltre l'ammiraglio Duplat ha indicato che la Francia vorrebbe poter disporre di ·200 mila tonnellate mensili di carbone, da prelevare sulla produzione delle miniere francesi in zona occupata, a vere restituiti dalla Germania

1.500 locomotive e 15 mila vagoni ferroviari requisiti.

L'ammiraglio Duplat ha aggiunto che la Francia è disposta ad acconsentire subito al trasporto in Libia, attraverso i porti tunisini, oltre che delle merci, anche di armi e munizioni purché «camuffate » (il che esclude i materiali pesanti). Alla richiesta del gen. Vacca Maggiolini, se tali trasporti avrebbero potuto aver luogo anche con piroscafi italiani, Duplat ha risposto di non avere istruzioni in merito, ma che le avrebbe subito richieste a Vichy.

Avendogli il gen. Vacca Maggiolini fatto presente che il tempo necessario alla messa in opera delle concessioni richieste e all'auspicata evoluzione della opinione pubblica francese, avrebbe fatto perdere all'Italia la possibilità di avvalersi delle basi tunisine per le attuali operazioni belliche invernali, l'Ammiraglio francese ha risposto che non prevedeva si potesse giungere a tale ultima fase della collaborazione Asse-Francia, se non nel... prossimo anno 1943!

L'Ammiraglio Duplat ha consegnato, a titolo personale, un memoriale al gen. Vacca Maggiolini, nel quale sono esposti gli argomenti di cui sopra: ne accludo copia (1).

Alla fine del colloquio Duplat ha di nuovo ribadito che l'ammiraglio Darlan era persuaso di essere rimasto inteso, nel suo colloquio di Torino col Conte Ciano del 10 dicembre u.s. (2), che vi sarebbe stata reciprocità nella ripresa delle relazioni diplomatiche tra l'Italia e la Francia. Ha detto che il suo paese ci teneva moltissimo a poter istituire una rappresentanza diplomatica in Roma, e alla installazione della Delegazione Economica Francese in Palazzo Farnese. Ha soggiunto che il suo governo non si rendeva bene conto del perché il R. Plenipotenziario in Francia andasse a Parigi, ove il Governo di Pétain non ha alcun organo proprio, dato che l'Ambasciatore de Brinon è solamente una specie di super prefetto per la zona occupata, e che ha rapporti con l'Ambasciatore Abetz, solo in quanto questi è un organo del Comando Superiore delle truppe tedesche in Francia. Tuttavia Vichy non intende sollevare obiezioni al principio della presenza in Parigi della R. Rappresentanza, fiduciosa che i frequenti viaggi di Darlan e di altri uomini politici nella ex capitale, consentiranno ugualmente proficui contatti con l'ambasciatore Buti.

Il gen. Vacca Maggiolini ha avuto l'impressione che i francesi siano in buona fede nella questione della reciprocità diplomatica, e che siano convinti che Darlan abbia detto alla Eccellenza il Ministro ciò che in realtà non gli ha detto affatto.

È inutile io rilevi, caro Ministro, che una volta ancora, come d'altronde si prevedeva, la Francia adotta una tattica dilatoria, molto chieda e nulla voglia dare di concreto, persuasa che l'attuale situazione politico-militare sia favorevole ai suoi mercanteggiamenti. Duplat, rendendosi forse conto di quanto sopra, in tutto il colloquio si è preoccupato di persuadere il nostro Presidente della lealtà e delle buone intenzioni per il futuro del Governo Pétain nei confronti dell'Asse.

Il Generale Vacca Maggiolini sarà a Roma domattina, mercoledì 14 corrente, per riferire al Comando Supremo: alle ore 18,30 verrà a Palazzo Chigi per incontrarsi con l'ambasciatore Buti e con te.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Non pubbllcata: trasmissione d! un rapporto diretto al comando supremo contenente \,lformazionl sulle relazioni franco-tedesche. (3) -Per la relazione sull'incontro fatta dal gen. Vacca Maggiolini si veda l'allegato I al (4) -Vedi D. 64. (5) -Per tale colloquio si veda Cavallero, Comando Supremo, p. 175 e Ciano, Diario 1939-1943, (l) -Vedi D. 160, allegato I, annesso I. (2) -Vedi seriP XI, vol. VII, D. 845.
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IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

'.r. S. N. D. 1390/31 P. R. Roma, 14 gennaio 1942, ore 1,30.

Vostro 19 (1).

L'accordo di cui vi è stato fatto cenno è stato elaborato dai militari e sarà f."lrmato dai militari, fra breve, a Berlino. È di natura esclusivamente tecnicomilitare e non comporta significato e portata politici speciali. Dati tali limiti, questo Ministero vi è rimasto estraneo.

143

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 298/51 R. Lisbona, 14 gennaio 1942, ore 1,30 (per. ore 21).

Telegramma di V. E. n. 23 (2).

In questo Ministero degli Affari Esteri si mantiene sempre il più grande riserbo sulla eventualità di un incontro Salazar-Serrano. In una conversazione con Ambasciatore Sampaio avendone io fatto discreto accenno, Segretario Generale con la sua solita prudenza mi ha risposto che pel momento tale contatto «non è previsto».

Circa conferenza Rio Janeiro, Sampaio ha ,rilevato come giornali brasiliani si esprimano decisamente a favore degli Stati Uniti d'America aggiungendo che, però, decisione del Governo potrebbe non coincidere con campagna stampa specialmente se come ha ricordato anche questa volta Segretario Generale (mio telegramma 3654) (3), prevarrà in seno al Governo tendenza Presidente Vargas anziché quella Ministro Affari Esteri Aranha. Ad ogni modo qui si prevede che decisioni conferenza Rio non saranno «estremiste»; ma non si esclude possano anche arrivare stabilire auspicate rotture diplomatiche con Potenze Tripartito, mezzo questo considerato molto appropriato perché i vari Stati possano regolare con maggiore agio (qualora se ne vedesse la necessità e opportunità) i rapporti con le diverse collettività straniere esistenti nei diversi Paesi.

Passando ad altro argomento, Sampaio mi ha confermato che si attende

ancora ritorno Ambasciatore britannico Campbell, previsto in questa settimana,

per sapere quale potrà essere soluzione incidente Timor.

Durante la conversazione Sampaio ha avuto occasione di dirmi che non si avrebbero qui nuovi motivi di preoccupazione per le Azzorre e l'Arcipelago che, ad ogni modo, sono mantenute su piede di difesa (1).

(l) -Vedi D. 117. (2) -Vedi D. 115, nota l p. 113. (3) -T.s.n.d. 12344/3654 r. del 28 dicembre 1941, ore 13,50, non pubbllcato.
144

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 306/28-29 R. Tokio, 14 gennaio 1942, ore 13 (per. ore 2,30 del 15).

Telegramma di V. E. n. 21 (2).

Istruzioni impartite da questo Ministero degli Affari Esteri ai suoi rappresentanti nell'America Latina e nei paesi iberici, del cui testo esatto mi è stata data lettura, corrispondono sostanzialmente a quanto riferito da codesta Ambasciata del Giappone, ma non contengono minaccia né rivestono tono intimidatorio che protrebbero desumersi dal tenore comunicazione sig Ando. Si insiste soprattutto sul concetto che sviluppo operazioni militari porterà presto alla possibilità della ripresa traffici normali fra Giappone e Sud America, mentre renderà sempre più difficile o interromperà addirittura quelle fra Stati Uniti ed Inghilterra da una parte e America Latina dall'altra. Si accenna inoltre alla occupazione della Guyana olandese come prova delle intenzioni aggressive degli

S. U.A. verso Stati Sud America, in contrapposto politica assolutamente disinteressata ed amichevole del Giappone, che non è neanche ricorso a rappresaglie contro misure ostili già prese da molti di quegli Stati.

Su questi argomenti oltre che su quelli generici già noti, debbono puntare rappresentanti diplomatici giapponesi per svolgere opera persuasiva specialmente in Brasile, Argentina, Cile, Stati che potranno influenzare decisioni Conferenza panamericana.

Interessante è piuttosto parte concernente misure di carattere concreto che questo Governo si propone adottare per raggiungere lo scopo di influenzare opinione pubblica Sud America e cioè:

0 ) creare organi speciali emananti da Enti o cittadini degli stessi Stati Sud America, allo scopo coltivare elementi pacifisti, associazioni femminili, organizzazioni cattoliche negli S. U.A.;

2°) creare organizzazioni similari in Spagna e Portogallo per appoggiare attività pacifisti negli Stati Ibero-Americani;

3°) cooperare intimamente ed attivamente con Germania e Italia nel campo strategico in modo ottenere immediati successi militari che impressio

13 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

nino opinione pubblica americana ed influenzino decisioni Conferenza Panamericana;

4°) trovare il modo per rafforzare rapporti del Giappone col Vaticano, sia direttamente Roma, sia attraverso atteggiamento più favorevole da adottarsi dal Giappone verso organizzazioni cattoliche in Cina, Filippine ed altri territori che passeranno sotto il controllo Giappone.

(l) -Con successivo T.s.n.d. 448/132 r. del 17 gennaio, ore 23, Fransonl comunicò quanto segue: «Apprendo da buona fonte che Ambasciatore Campbell avrebbe comunicato a questo Governo decisione Londra ritirare truppe sbarcate a Timor. Pare che notizia verrebbe qui resa di pubblica ragione domani». (2) -Vedi D. 124.
145

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 308/31 R. Tokio, 14 gennaio 1942, ore 5,20 (per. ore 7 del 15).

Allo scopo stabilire utili contatti con la Santa Sede -ora che, specie con la occupazione Filippine, Giappone va estendendo suo controllo sopra importanti centri cattolici -e specialmente per l'utile immediato di ottenere favore Vaticano presso Stati Sud America (mio telegramma 28-29) (1), sembra che questo Governo stia esaminando opportunità di aver a Roma, sull'esempio americano della missione Taylor, uno speciale rappresentante incaricato di mantenere tali contatti.

Da qualche accenno fatto in proposito risulterebbe che questo Governo si preoccuperebbe di conoscere previamente se da parte nostra si considererebbe con favore tale iniziativa e se si sarebbe eventualmente disposti ad appoggiarla.

Per quanto in proposito non mi sia stata ancora rivolta una formale richiesta, mi sarebbe utile conoscere, per norma di mio eventuale linguaggio, pensiero di V. E. (2).

146

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 299/68 R. Berlino, 14 gennaio 1942, ore 19,30.

In conseguenza di rinnovato deciso violento attacco russo la situazione al fronte orientale nel momento attuale attraversa una fase difficile e delicata. Nel settore nord i russi con una vivace azione offensiva alla base del Lago Ilmen cercano di accerchiare le forze tedesche del fronte di Leningrado. Al centro venti divisioni sovietiche compiono uno sforzo nella regione di Rief e forze altrettante agiscono nel settore nord Kinizki. Scopo tale manovra che è vista in questo ambiente dell'Alto Comando con una certa preoccupazione, è quello di tentare l'avvolgimento delle forze tedesche accentrate fra Wiasma e Briansk e di puntare su Smolensk. Poco più a sud una analoga manovra a tenaglia viene tentata dai sovietici contro truppe tedesche del settore ... (3). Kursk. Per quanto

concerne operazioni fronte meridionale ed in particolare in Crimea viene mantenuto in questo momento da parte dei tedeschi estremo riserbo. In ambienti competenti si ritiene che sia in corso operazione per lo sgombero della Crimea. Si può dire che le operazioni fronte orientale siano oggi giunte ad una fase culminante. La nuova « bataglia di Smolensk » già da due giorni in corso deciderà della linea che le forze tedesche potranno costituire prima riprendere, in un secondo tempo, la loro azione controffensiva.

(l) -Vedi D. 144. (2) -Vedi D. 168. (3) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Gruppo Indecifrabile».
147

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 319/53 R. Rio de Janeiro, 14 gennaio 1942, ore 21,40 (per. ore 7,15 del 15).

Posso assicurare R. Governo che questa Ambasciata ha fatto tutto quanto era possibile per richiamare al senso della realtà e responsabilità il Governo brasiliano nonché talune Delegazioni sud-americane suscettibili di capire la parola della ragione.

Concetti chiarificatori delle possibili « reazioni » Giappone ho fatto pervenire specialmente alle rappresentanze dei paesi più esposti sul litorale dell'Oceano Pacifico, e le ho illustrate anche ad Aranha, richiamandomi al passo dell'Ambasciatore del Giappone presso di lui compiuto.

Ho condotto lo stesso Aranha a convenire che rottura delle relazioni diplomatiche, comportava la «utilità» per il Giappone, nonché per gli altri Paesi dell'Asse, di passare ad «atti concreti». Aranha ha dovuto ammettere che il Brasile non è in grado di difendersi e mi ha detto anche che Sumner Welles lo comprende e dimostrasi «molto ragionevole». Il potenziale bellicista dei circoli che fanno capo ad Aranha va cadendo di ora in ora. Vargas si è comportato in complesso bene. Il discorso che egli pronuncierà domani sera all'apertura della conferenza panamericana, e che farò trasmettere dalla Stefani, potrà farci sapere se egli intende mantenersi sulla buona carreggiata.

L'atteggiamento dell'Argentina ha prodotto grande impressione.

Più debole appare, contro le mie aspettative, quello del Cile.

Alla vigilia apertura della conferenza panamericana è ormai sufficientemente esclusa ogni possibilità che le Repubbliche negroidi dei Caraibi e del Centro America trascinino i paesi sud-americani alla guerra ed appare sommamente improbabile che si giunga da parte questi ultimi alla rottura delle relazioni. La formula che si fa strada è quella di una dichiarazione collettiva di «non belligeranza » sulla base concetto italiano ma sembra che Argentina sia essa contraria in quanto potrebbe essere interpretata come una dichiarazione di « prebelligeranza » e potrebbe in definitiva, prevalere nel corso della conferenza il concetto di dichiarare tutti i paesi che combattono contro l'Asse come « non belligeranti». La conferenza giungerà naturalmente a dichiarazione formale e unanime di condanna dell'aggressione, di autodifesa e di collaborazione illimitata allo sforzo bellico nord-americano. C'è da aspettarsi poi l'adozione di misure drastiche nei riguardi delle attività dei Paesi dell'Asse nell'America del Sud.

148.

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 384/013 R. Bucarest, 14 gennaio 1942 (per. il 17).

L'istituzione della tessera del pane che sarà razionato in ragione di 300 gr. per persona suscita un certo malcontento tra le classi popolari romene. Naturalmente gli oppositori dell'attuale regime approfittano di questa logica e giusta misura governativa per diffondere la voce che se manca il grano ciò lo si deve alla Germania -che ne esporta in grandi quantità per i suoi soldati -e così rendere sempre meno popolare l'alleanza col Reich.

Naturalmente non è solo questa l'accusa che viene rivolta a l'attuale regime. I vecchi partiti nazional zaranista e liberale i cui esponenti maggiori non si rassegnano ad aver perduto non solo i posti di governo ma anche ogni funzione rappresentativa, accusano ormai il Conducator di essersi rinchiuso in una turris eburnea, di non avere nessun contatto più col popolo e di valersi come collaboratori di un gruppo di generali insignificanti e di un uomo come Mihai Antonescu, molto giovane autoritario ambizioso che non è riuscito ad accattivarsi le simpatie del Paese. Il Conducator lascia effettivamente che il maggior peso del potere gravi sulle spalle del giovane Antonescu. L'amministrazione dello Stato che non è né legionaria né liberale né zaranista ma che è un miscuglio di questi elementi insieme e che è rimasta corrotta e bizantina come sotto i precedenti regimi non facilita né favorisce con quella immediatezza e comprensione che sarebbero desiderabili l'azione del governo del Prof. Antonescu. Ne deriva che il paese un po' per le crisi inerenti alla guerra, un po' per il disordine causato dagli ultimi avvenimenti politici, un po' per la cattiva ed irrazionale amministrazione dà segni di deriva nella sua non facile navigazione. Non ho nascosto io stesso al slg. Antonescu il mio stupore per il fatto che i suoi ordini per quanto concerneva il problema delle nostre esportazioni non venissero eseguiti o venissero eseguiti solo in parte. Il fatto che una rivoluzione vera e propria non ha potuto compiersi in Romania ma è stata solo tentata ed ha abortito nel sangue nel disordine e in una crisi dinastica, ha ottenuto come risultato che molti dei mali cronici che affliggevano questo paese sono rimasti vivi e si sono forse in alcuni settori aggravati.

Si afferma poi che esiste un certo dissidio tra la Corte e il Maresciallo, la Regina Elena lamentandosi, e non senza una certa ragione, che le funzioni che il Conducator ha lasciato al figlio sono semplicemente coreografiche e che la Corte è messa completamente da parte per tutto ciò che concerne gli affari dello Stato.

Una parte dell'esercito condividerebbe questo scontento della Corte, scontento cui non sono estranei gli estremi rigori che il Maresciallo continua ad esercitare contro il movimento legionario al quale rifiuta non solo ogni possibilità di collaborazione ma anche un'amnistia per i reati politici commessi. Ora il movimento legionario è tutt'altro che finito; esso continua ad agire nell'ombra e le persecuzioni di cui è oggetto producono uno stato d'animo di eccitazione, alimentano la mistica rivoluzionaria, preparano nell'ombra il colpo di stato o anche l'attentato che il Maresciallo particolarmente teme.

A ciò si aggiungano le effettive condizioni poco liete dell'economia del Paese, che malgrado la sua ricchezza soffre di mali che solo un grande amministratore assistito da una onesta amministrazione potrebbe sanare: crisi dei trasporti e della distribuzione delle derrate, scarsezza dei salari (salario medio 11 lei all'ora) inflazione, vertiginoso aumento del costo della vita, ecc.

Tali difficili condizioni sono sfruttate naturalmente dal gruppo Maniu che è decisamente all'opposizione. Antonescu aveva recentemente sondato alcuni uomini politici del gruppo Argentoianu e del gruppo Braitano (ex-liberale) in vista di una possibile loro collaborazione col regime e ciò allo scopo di allargare in certo modo le basi del suo potere e crearsi un seguito nelle masse degli expartiti politici. Ma le personalità consultate hanno tutte declinato l'offerta dichiarando di non voler impegnarsi in una politica con cui non sono perfettamente d'accordo e affermando di essere pronti a fornire una collaborazione solo con uomini tecnici nei vari settori dell'amministrazione.

Così il Conducator, forte dell'appoggio del Fuhrer, continua a governare ma la sua popolarità non può certo dirsi accresciuta in questi ultimi tempi. Il nuovo sforzo che la Germania chiede alla Romania in uomini e mezzi senza che si vedano benefici diretti di fronte al forte olocausto di sangue che si è fatto e a quello che si farà ancora -la circostanza che voci, forse anche ad arte diffuse da una abile propaganda, affermano che l'Ungheria, pur avendo ottenuto benefici maggiori della Romania, resiste alle sollecitudini tedesche di un maggior concorso militare facendo così stabilire dei parallelismi poco simpatici -la requisizione e le esportazioni effettuate dai tedeschi mentre il paese è in crisi e il popolo soffre, sono tutti elementi che non contribuiscono alla popolarità del Conducator.

La prospettiva di nuovi e forse più sanguinosi sforzi all'Est, con nuovi urgenti richiami alle armi, la paralisi tedesca in Russia, l'infernale propaganda del partito Maniu che sostiene apertamente come la vittoria anglo-americana sia questione di tempo, sono tutti fattori che mantengono vivo nel paese un nervosismo ed una inquietudine che sono visibili all'occhio dell'osservatore attento.

Ora il regime e l'uomo -pieno di buona fede e di volontà-che lo conduce meritano d'essere sostenuti ed aiutati fin tanto che durerà la guerra. Ecco perché credo, Eccellenza, che dopo le amarezze che hanno causato qui il viaggio di Ribbentrop ed il Vostro a Budapest (l) una Vostra visita qui sia divenuta più che mai necessaria tanto più che l'entrata dei bulgari nella Serbia meridionale (2) ha fatto crollare il miraggio di un possibile ponte tra la Romania e la zona occidentale dei Balcani, sotto l'influenza italiana, ponte che veniva considerato qui come un elemento decisivo della stabilizzazione dell'Europa sudorientale in funzione antislava.

149.

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO (1). Roma, 14 gennaio 1942.

Seguito odierno telegramma n. 19 diretto alla R. Legazione in Budapest, personale per l'Ecc. il Ministro (2).

L'Ammiraglio Duplat nel colloquio col Generale Vacca-Maggiolini ha fatto rilevare, riferendosi alla nomina dell'Ambasciatore Buti a Parigi, che l'Ammiraglio Darlan era persuaso fosse rimasto inteso nel suo colloquio di Torino del 10 dicembre (3) che vi sarebbe stata reciprocità nella ripresa delle relazioni diplomatiche fra l'Italia e la Francia. Ha osservato che il suo Paese teneva in particolar modo a istituire una rappresentanza diplomatica in Roma e a stabilire la delegazione economica francese in Palazzo Farnese. Ha infine soggiunto che il suo Governo non si rendeva ben conto perché il R. Plenipotenziario in Francia andasse a Parigi ove il governo di Pétaln non ha alcun organo proprio, dato che l'Ambasciatore De Brinon è solo una specie di super prefetto per la zona occupata e ha rapporti con Abetz solo in quanto questi è organo del Comando tedesco in Francia. Tuttavia Vichy non intende sollevare obiezioni alla presenza in Parigi del R. Rappresentante, fiducioso che i frequenti viaggi di Darlan e di altri uomini politici a Parigi consentiranno ugualmente proficui contatti con l'Ambasciatore Buti.

Von Plessen ha riferito stamane che il Governo germanico, al quale era stata data comunicazione della nostra intenzione di nominare il Consigliere di Legazione Zoppi Capo del nostro Ufficio distaccato a Vichy, ha molto apprezzato tale amichevole comunicazione e nulla ha in contrario alla designazione di Zoppi.

È stato quindi telegrafato alla Commissione Italiana di Armistizio a Torino quanto segue:

«Di seguito comunicazione fatta 22 u.s. (4) relativamente alla nomina di un Plenipotenziario Politico a Parigi vogliate notificare alla Delegazione Francese che verrà distaccato a Vichy con qualifica di Console Generale il Consigliere Conte Zoppi, il quale dipenderà dal Plenipotenziario predetto e avrà funzioni analoghe .a quelle Console Generale tedesco Krug von Nidda ».

150.

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. R. 216/125. Lisbona, 14 gennaio 1942.

La settimana scorsa è stata caratterizzata da una ridda di notizie sensazionali che hanno fatto giro dei soliti «ambienti bene informati». È stata così data la soluzione dell'incidente di Timor con fantasiosi particolari; si è par

lato di crisi di governo; ma specialmente si è insistito su un tentativo anti-salazariano, rivo1uzionario, che avrebbe dovuto aver luogo da un momento all'altro.

Quanto alla questione di Timor, ho via via riferito (l) quello che a me è risultato anche da fonte ufficiale. Si è finora rimasti in attesa del ritorno dell'Ambasciatore Campbell da Londra, avvenuto finalmente iersera. Intanto nulla di nuovo è stato osservato che potesse portare a conclusioni certe, mentre gli organi ufficiali si sono sempre limitati ad insistere che le conversazioni continuavano e che con fiducia era atteso il ritorno dell'Ambasciatore britannico per conoscere gli intendimenti e le proposte del Governo di Londra. Dal Segretario Generale del Ministero degli Esteri mi è stato ancora ieri ripetuto che alla base delle richieste del Portogallo è il ritiro delle truppe alleate sbarcate nel territorio portoghese di Timor.

Quanto alla crisi di governo, in vari «si dice » sono stati anche in relazione all'incidente di Timor; e si è parlato di sostituzione di Salazar con l'attuale Ambasciatore a Londra, sig. Monteiro, da vari giorni a Lisbona e di quella del Presidente della Repubblica Carmona, col Prof. Barbosa de Magalhaés.

I giornali di stamane portano però una indiretta smentita a quelle voci, pubblicando una nota ufficiale della Presidenza del Consiglio con la quale si comunica che il Generale Carmona, come ho riferito con mio telegramma

n. 3508 del 19 dicembre (2), ha accettato di ripresentare la propria candidatura per !',elezione alla Suprema Carica. Tale elezione avrà luogo 1'8 febbraio

p.v. per periodo presidenziale che ha inizio il 15 aprile 1942. Circa il tentativo anti-salazariano di cui questa volta si è parlato, posso riferire quanto segue:

Risulta da attendibili informazioni che vi è stata nei primissimi giorni del mese corrente, una riunione ad Oporto di noti elementi appartenenti alla massoneria e ad altre associazioni e partiti comunque ostili all'attuale regime. Tale riunione ha potuto essere organizzata ed aver luogo indisturbata, approfittando di un periodo di minor vigilanza a causa di cambiamenti in corso nell'alto personale della polizia di Oporto. Nella settimana scorsa, per l'indiscrezione di uno dei partecipanti essendo venuti a conoscenza il fatto verificatosi e gli scopi della riunione, la polizia ha subito corso ai ripari operando perquisizioni e arresti; il che ha gettato allarme in certi circoli cittadini i quali, come suole accadere, hanno visto anche più grosso della realtà. Oggi, anche fra i più emozionati, pare sia rientrata la calma.

È da considerare tuttavia che da qualche tempo, come ho già avuto accasione di segnalare, quest'opinione pubblica presta più del solito orecchio alle voci allarmistiche; e ciò dipende dal fatto che la situazione politica, per ovvie ragioni, e quella economica specie nelle ultime settimane, come riferisco con rapporto a parte, danno motivo a qualche inquietudine. Ma ancora una volta si sappia che la propaganda britannica continua con forti e persuasivi mezzi a lavorare questo popolo che quanto meno tranquillo ed unito si mostra, tanto più facile gioco offre agli intrighi inglesi in questo Paese. Si vuole che anche la situazione economica abbia fortemente risentito in quest'ultimo torno di

tempo da una più ~igorosa limitazione di « navicerts », fatta a scopi politici in relazione all'incidente di Timor.

Una chiarificazione della 'Situazione locale, almeno sotto certi aspetti, è ad ogni modo da attendersi da quella che sarà la soluzione della questione di Timor; e ciò, da .quanto si spera qui, dovrebbe ormai verificarsi nei prossimi giorni.

(l) -Vedi D. 176. (2) -Vedi D. 95. (l) -Non risulta trasmesso a Budapest, come l'altro documento di cui è seguito (vedi nota 2). (2) -Con T.s.n.d. 1530/19 p.r. partito alle 22, d'Ajeta aveva riferito a Ciano, in visita a Budapest, un riassunto del D. 141. (3) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 845. (4) -Vedi D. 87. (l) -Vedi D. 71. (2) -T.s.n.d. 12086/3508 R. delle ore 20,15, non pubblicato.
151

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 213. Sofia, 14 gennaio 1942 (per. il 29).

Mi riferisco al mio telegramma n. 19 del 13 corrente (1).

Di tempo in tempo, periodicamente, la Turchia viene alla luce della grande ribalta. E queste sue apparizioni vanno divenendo, con l'andamento della guerra e con l'acuirsi della crisi nel Mar Nero e nel vicino Oriente, sempre più frequenti e più comple~Sse, quasi che la forza delle cose debba di necessità, ad un dato momento, porre i Governanti di Ankara dinanzi al cammino di una qualche decisione, già tante volte e tanto abilmente evitata.

La verità è che, per quanto i turchi manovrino, con antica astuzia e favore di nuove circostanze, per liberarsi da questo o quel miraggio e tenersi con i piedi fortemente aderenti al terreno della realtà, il peso specifico della Turchia va divenendo, specie dopo lo scoppio del conflitto russo tedesco, sempre più grande per le due parti in contesa, ai fini della lotta che si combatte.

Così, in questa pausa invernale, che non impedisce però, come ha dimostrato anche la recente visita del signor Eden a Mosca, i contatti e gli intrighi, e mentre si attendono gli avvenimenti di primavera, molti occhi sono rivolti verso Ankara e particolarmente quelli della Bulgaria, il cui destino, per la sua posizione geografica e per l'evoluzione degli avvenimenti, è comunque legato a quello della Turchia.

Come infatti fino ad oggi, ed attraverso ostacoli infiniti, la politica di «equilibrio» turco-bulgara è stata l'elemento essenziale per il mantenimento della pace in questo settore, così lo spostamento di uno dei due poli di quell'equilibrio porterebbe senza dubbio ed inesorabilmente alla precipitazione dell'altro.

Ciò spiega come una volta di più le notizie relative all'incontro di Mosca tra il signor Eden ed i Governanti sovietici, con tutte le supposizioni e le induzioni che ne sono seguite e che appaiono toccare molto da vicino la situazione della Turchia, abbiano trovato in Bulgaria, in questi giorni, profondissima eco e vi abbiano suscitato, secondo il solito, non piccole preoccupazioni.

Le informazioni, diffuse in .questi giorni dalla radio londinese circa l'avvenuta consegna al signor Saracoglu di una lettera personale di Eden, e l'interessato e tendenzioso commento secondo il quale nel prossimo mese Ankara si

{l) Non pubblicato. Con tale telegramma (T.s.n.d. 293/19 r. del 13 gennaio 1942), Magistrati riferiva su un colloquio avuto con Popoff il cui argomento è ripreso e più diffusamente trattato in questo rapporto.

orienterà certamente verso una qualche decisione atta a definire la sua politica, non sono certamente fatte per calmare gli spiriti in un Paese quale la Bulgaria che conosce già, o almeno presentisce, per istinto, che la primavera sarà apportatrice di novità.

Di tale ventata di dubbi e di interrogativi ho avuto appunto prova nelle conversazioni che mi è stato dato di avere in questa settimana con Re Boris (l) e con il Ministro degli ESTERI, Popoff. E mi sembra utile, quindi, riassumere qui appresso il pensiero bulgaro sulla situazione attuale in questo settore:

l) La Turchia è sincera allorché dichiara di volere rimanere fuori del conflitto. Ciò spiega come tutta la politica turca sia stata rivolta in sostanza, e per quanto, in talune circostanze, il patto di alleanza con l'Inghilterra si sia rivelato alquanto pesante, a tenere le mani libere ed a non impegnarsi definitivamente con nessuno. Ogni eccessivo collegamento è ripudiato dai turchi, anche materialmente: ragione per cui, ad esempio, oggi in Bulgaria si è alquanto scettici circa gli affidamenti dati da Ankara a Berlino di volere effettivamente collaborare per un pronto ristabilimento del collegamento ferroviario tra Istanbul ed il continente europeo. I turchi, con ogni probabilità, e seguendo i consigli isolazionistici del loro Stato Maggiore, faranno di tutto, più o meno velatamente, per sollevare o:>tacoli, ritardare i lavori di ricostruzione dei ponti ferroviari, e porre innanzi a loro ancora tempo prima di addivenire alla realizzazione tanto desiderata dai tedeschi.

2) La Turchia, secondo la sua tradizione storica e politica, è sempre effettivamente sotto l'incubo della Russia. È vero quindi che nel segreto del loro cuore i turchi sperano che, in un modo o in un altro, e come avvenne nell'altra guerra, la Russia esca male dall'attuale conflitto. Ma è altrettanto vero che la Turchia non crede nella vittoria dell'Asse e che, di conseguenza, essa deve studiare i mezzi migliori per correre ai ripari al momento buono. Ora tale «riparo», agli occhd dei turchi, e secondo, anche qui, una vecchia e radicata tradizione ottomana, non può essere costituito se non dall'Inghilterra la quale, a sua volta, e dato il secolare conflitto di Oriente, non potrebbe un giorno vedere di buon occhio un trionfo russo che sarebbe, inoltre, questa volta, un trionfo sovietico. Conseguenza logica di un tale ragionamento è che la Turchia un bel giorno potrebbe decidersi, anche senza correre l'alea di un intervento in guerra, a qualche atto concreto per porsi definitivamente nelle grazie di Londra e crearsi così importanti crediti per il dopo guerra: leggi, ad esempio, alla concessione del permesso alle navi britanniche di transitare per gli Stretti per recarsi nel Mar Nero. Misura questa che, tra l'altro, avrebbe anche il vantaggio di rinforzare le posizioni turco-britanniche nel Mar Nero a scapito, in definitiva, dei russi stessi.

3) Tutto ciò preoccupa vivamente Sofia che conosce bene e tedeschi e russi e sa quindi che una mossa di tale genere oltre che scatenare reazioni germaniche, porterebbe a nuove gravi complicazioni nel Mar Nero finendo per toccare direttamente la Bulgaria. Già attualmente, del resto, le preoccupazioni bulgare per la situazione effettivamente esistente nel Mar Nero non sono pie

cole. In quelle acque, infatti, dopo ben sette mesi dallo scoppio della lotta tedesco-sovietica, non vi sono, da parte dell'Asse, che minime forze navali: due o tre sottomarini rumeni, qualche minuscola silurante, qualche motoscafo antisommergibile. La superiorità marittima sovietica è tuttora schiacciante ed anche le forze aeree germaniche della zona (che appaiono essere state, tra l'altro, in parte ritirate in queste ultime settimane) non sembrano in condizione, come hanno dimostrato gli sbarchi dei russi in Crimea, di compiere efficace azione distruttiva in caso di necessità.

Ora cosa avverrebbe se un bel giorno i sovietici, imbaldanziti da qualche successo e forti di una qualche adesione di massima turca, ottenuta a mezzo dell'Inghilterra, si decidessero a qualche colpo di mano sulla costa bulgara per creare un nuovo fronte europeo? Questa è una supposizione che va probabilmente oltre, e di molto, le attuali possibilità belliche sovietiche. Ma i bulgari prudentemente vi pensano. E a Berlino, in occasione del soggiorno fattovi per la firma del Patto Antikomintern, il signor Popoff non ha mancato di insistere presso i militari tedeschi perché volessero rinunziare ad un progettato trasferimento altrove delle batterie pesanti costiere già installate a protezione dei porti bulgari di Varna e di Burgas.

4) Elemento importante per tali eventuali evoluzioni della situazione è, e sarà sempre più, la Turchia. Ciò spiega come l'Inghilterra debba essersi fatta evidentemente, per bocca di Eden, paladina di Ankara presso la Russia e faccia ora correre ai quattro venti la voce non soltanto di assicurazioni sovietiche nei confronti della Turchia ma addirittura di collaborazioni future.

In tale situazione Sofia cerca, per quanto è in sua potestà, di intralciare tali lavori di avvicinamento. E quindi il signor Popoff ha dato alcuni giorni or sono istruzione al suo Ministro ad Ankara, Kirov, di fare scivolare nelle orecchie dei turchi quelle famose proposte che nel novembre del 1940 il Segretario Generale del Commissariato degli Esteri sovietico, Soboleff, ebbe a fare ai bulgari, nel corso della sua visita a Sofia, in nome del suo Governo (1). Allora i russi, che f,acevano la corte alla Bulgaria nella speranza di attrarla nella propria orbita e crearsi così una solida base nei Balcani, non mancarono di proporle un'alleanza che sarebbe stata, nella sostanza, decisamente antiturca. E per solleticare l'appetito bulgaro, giunsero a promettere, in caso di complicazioni, oltre che un intervento protettivo contro la Turchia, una cessione alla Bulgaria di almeno una parte della Tracia turca. Sofia, quindi, oggi, memore di quelle promesse, ha ritenuto opportuno di mettere in guardia An-: kara sui veri intendimenti sovietici. Ed il signor Saracoglu, nel corso della conversazione con il Ministro Kirov, ha, per la verità mostrato di comprendere il significato ed il valore della «rivelazione ~ bulgara e ha affermato al suo interlocutore che la Turchia è tuttora arciconvinta che la Russia, chiusa nel Mar Nero, farà sempre, in definitiva, una politica antiturca e che i turchi, quindi, sperano veramente che in primavera i tedeschi potranno dare ai sovietici un nuovo fortissimo colpo.

5) Come si vede, gli elementi della delicata situazione sono molti e complessi. Ed i bulgari intendono rimanere con gli occhi aperti senza lasciarsi

cullare da eccessive illusioni. Essi sanno anche, per esperienza, che il peggiore dei sistemi sarebbe quello di dare agli inglesi, ai russi ed anche ai turchi l'impressione della facilità di una qualche mossa ai confini sud-orientali di Europa. E quindi intendono guardare in armi, ed in posizione da non temere sorprese, le proprie delicate frontiere meridionali.

(l) Vedi D. 118.

(l) Vedi serie IX, vol. VI, D. 168.

152

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. S. N. D. 357/14 R. Shanghai, 15 gennaio 1942, ore 12 (per. ore 19,10).

Mio telegramma n. 399 (1).

Stahmer non mi ha confermato notizia da me telegrafata di una sua missione speciale a Tokio intesa aprire la via a scambi di vedute preliminari circa apporto giapponese e dell'Asse nel conflitto mondiale e circa difesa nostri interessi nel Pacifico.

Ha aggiunto che notizie del genere erano corse anche a Tokio e deformate sino alla creazione profondi dissidi tra lui e Ott.

Tuttavia nel corso della conversazione Ambasciatore di Germania ha ammesso di aver tentato assaggi sulla delicata questione con altissime personalità giapponesi senza però trovare alcuna rispondenza. Aveva riportato impressione,...~ che, benchè Governo considerasse partecipazione conflitto indissolubilmente ·l'! legata alle fortune dell'Asse, ad ogni singolo dirigente guerra Pacifico apparisse «la sua guerra » e in ogni consiglio o anche in una semplice veduta o questione di massima vedesse tri-partito interferenza pericolosa. Di più ogni serena discussione appariva impossibile con uomini oggi lanciati brevissimo tempo verso mete già ritenute irraggiungibili ed inebriati dai risultati raggiunti e dalla minima resistenza incontrata.

Venendo da Tokio, piene le orecchie di inni alla alleanza, Stahmer era rimasto sorpreso a Shanghai dal proposito dei militari di mantenere allo stesso livel1o tutte le nazionalità di razze bianche, nemici o alleati e di non fare a queste ultime la minima concessione; grandi interessi tedeschi già si sgretolavano. Sorpreso anche della simultanea apparizione della Reuter quasi a contro bilanciare Transoceanic e Stefani e delle intenzioni di ignorare le missioni diplomatiche.

Vi erano mille motivi per invitare Giappone ad un trattamento più equo di alleato in lotta per la stessa causa.

Ma Stahmer riteneva che Roma e Berlino dovessero per ora contentarsi dell'importantissimo contributo militare del Giappone limitandosi a osservare e attendere.

Il tempo per un esame sincero e franco delle reciproche posizioni era ancora lontano. Verrebbe con il progredire della nostra complessa azione offensiva i cui risultati dovrebbero dare all'Asse la possibilità di difendere in Asia i suoi interessi ed i suoi diritti.

(l) Vedi D. 61.

153

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. S. N. D. 23/23 R. Roma, 15 gennaio 1942, ore 17.

Per Eccellenza Ciano (l).

L'Ambasciatore Alfieri ha telefonato che ieri Ribbentrop gli ha accennato alle ripercussioni che ha avuto immediatamente in Romania il suo viaggio a Budapest, sebbene egli abbia nel corso del suo soggiorno costà intrattenuto lungamente codesto Ministro di Romania (2) attirando la di lui attenzione sulla vera portata del viaggio medesimo che rientrava nella politica generale germanica per la costituzione dell'ordine nuovo europeo e per la lotta contro il bolscevismo.

Poiché sul viaggio del Ministro degli Esteri germanico sembra siano state fatte da parte romena delle infondate illazioni in relazione al ben noto stato di tensione dei rapporti ungaro-romeni, Ribbentrop ritiene che il Vostro viaggio. che ha fatto immediatamente seguito al suo, possa accrescere in questo momento particolarmente gravoso per le armi romene le diffidenze di Bucarest e pertanto si permette di suggerire che Voi troviate, Eccellenza, nel corso del Vostro soggiorno costà l'occasione di ricevere il Ministro di Romania e di attirare a Vostra volta l'attenzione di quel rappresentante diplomatico, sulla effettiva portata della Vostra visita in Ungheria.

154

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 321/78 R. Berlino, 15 gennaio 1942, ore 18.

Telegramma V. E. n. 53 (3).

L'Ambasciatore Oshima, avendo aderito completamente a nostro punto di vista circa nota dichiarazione indipendenza India, ha telegrafato a suo Governo esprimendo parere nettamente favorevole. A tutto oggi, però, egli non ha ancora ricevuto nessuna risposta dal nostro Governo. Risulta invece che il collega di Roma ha ricevuto risposta negativa da Tokio e che è stata altresì comunicata ad Oshima il quale a sua volta ha nuovamente telegrafato a Tokio chiedendo una risposta. Mi riservo ulteriori comunicazioni (4).

(l) -Ciano si trovava In visita ufficiale a Budapest. (2) -Vedi D. 156. (3) -Vedi D. 125. (4) -Vedi D. 256.
155

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 325/79 R. Berlino, 15 gennaio 1942, ore 19.

Ministro Ribbentrop durante colloquio avuto con lui ha illustrato odierna situazione militare. Egli ha confermato come soprattutto a causa dell'estremo rigore della temperatura esistono alcune gravi difficoltà nei noti tre settori dichiarando peraltro che «subordinatamente alle lievi modificazioni inevitabilmente connesse alle vicende delle aspre battaglie di questi giorni il fronte si può ormai considerare in massima stabilizzato». Ribbentrop ha aggiunto che si svolgono già intensi preparativi per l'offensiva della primavera. A questo riguardo ha confermato che il Flihrer è molto contento per la promessa del Duce di inviare per allora nuovi contingenti di truppe italiane che hanno dimostrato di sapere così valorosamente combattere. Ha aggiunto che sta svolgendo riservatamente alcune trattative per rendere sempre larga efficace e ampia la partecipazione dell'Europa alla lotta, riservandosi di intrattenermi su ciò prossimamente.

156

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 472/016 R. Bucarest, 15 gennaio 1942 (per il 19).

Sono stato oggi da Mihai Antonescu. L'ho trovato di umore nerissimo. Mi ha detto: «da quando voi siete in Romania io ho reiterato i miei sforzi nella speranza di indurre Roma a svolgere una politica di concerto con Bucarest per tutti i problemi che interessano il sud-est europeo ed il bacino del Mediterraneo, nel quale beninteso comprendo gli stretti ed il Mar Nero. Devo confessarvi che durante questi mesi i miei sforzi sono stati vani. Noi abbiamo messo a Vostra disposizione il nostro petrolio che è un'arma essenziale della guerra; faremo tutto il possibile per darvi il grano; ci siamo battuti come fedeli alleati facendo sacrifici immensi. Ma tutto questo non ha servito a niente. A Roma la Romania è sempre la «Romania di Titulescu ». Ci sono giunte alcune buone parole del Duce e del Conte Ciano per vostro tramite e questo è tutto il bilancio attivo della nostra politica nei confronti dell'Italia. Voi continuate a fare la politica filo-magiara al cento per cento ed in queste condizioni io devo sapere come e dove orientarmi. Vi ho detto e ripetuto che la passività non è una mia formula diplomatica. Io penso e voglio pensare all'avvenire, non solo al presente. Se l'Italia non vuole considerare la Romania come un elemento essenziale della sua politica di domani, nel mondo di domani che sarà fatto da una antitesi di razze e da una necessità di equilibri, io devo saperlo e prego Roma di dirmelo con la stessa franchezza con cui io pongo il problema. Il mio proposito era ed è ancora quello di agire in comune con l'Italia nei vari settori politici ed economici, studiare insieme diverse formule per le ipotesi più varie che possano verificarsi in futuro.

Io non comprendo perché non si sia considerata affatto un'offerta tanto spontanea ed una volontà d'intesa cordiale ed assoluta.

I frutti di questa mia politica sono stati il silenzio di Roma ed il viaggio del Conte Ciano a Budapest (l) salutato da tutta la stampa ungherese come il «difensore dei diritti storici dell'Ungheria».

Voi venite da me continuamente a chiedere, ma finora mi aveve dato ben poco, a parte qualche parola generosa.

Vi ho detto un giorno che io temevo la ricostituzione dell'impero romanogermanico. Ma devo aggiungervi che i tedeschi sanno curare la nostra suscettibilità e quando sono costretti a ferirci sanno anche trovare il lenimento per attuare il male. Anche Ribbentrop è stato a Budapest (2) ma mi ha mandato una lunga lettera spiegandomi la portata e le finalità del suo viaggio. Inoltre egli ha chiamato il nostro Ministro a Budapest e gli ha fatto calde ed amichevoli dichiarazioni, mentre il nostro Incaricato d'affari a Berlino riceveva dal Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri analoghi cortesi schiarimenti sul valore della visita. Da Voi io non ho avuto una parola. Il Conte Ciano è andato a Budapest senza nemmeno informare Bucarest. Desidero che diciate perciò al Conte Ciano che io lo prego di farmi sapere in che conto egli vuol tenere, per la politica presente e per la futura dell'Italia, le offerte della Romania e se egli intende o meno sviluppare con noi quella serie di intese che io considero indispensabili ai nostri due paesi e ciò perché io sappia in quale altro modo orientarmi nel caso in cui questo mio atteggiamento non trovi la rispondenza voluta.

Le dichiarazioni del signor Antonescu sono quasi testuali perché ho preso nota di quanto egli diceva.

Ho risposto: «Visto che mi avete parlato con molta franchezza risponderò con identico stile. Innanzi tutto mi sembra assolutamente esagerata questa vostra suscettibilità pel viaggio del Conte Ciano a Budapest. La visita del nostro Ministro degli Esteri nella capitale ungherese non ha una speciale portata politica: essa rientra nel quadro di quella normale e calda attività diplomatica che si è stabilita da anni tra Roma e Budapest.

È assolutamente assurdo quanto voi mi dite che Roma consideri la Romania come al tempo di Titulescu. Voi ben sapete che io stesso venendo da Roma nel luglio scorso (3) vi portai la parola amichevole del nostro Ministro degli ESTERI, vi dissi che avevo istruzioni di stabilire rapporti cordiali tra i nostri due Paesi e durante il mio soggiorno qui mi sono adoperato a seguire tali istruzioni con molto calore incontrando l'approvazione di Roma. Tanto il Duce che il Conte Ciano non hanno tralasciato occasione per dimostrare al Condu

cator ed alla Romania la loro simpatia e la loro ammirazione per quanto l'esercito romeno ha fatto nel corso della guerra all'est. Però con la massima franchezza sin dall'inizio della mia missione vi dissi che una nostra politica amichevole nei confronti della Romania non poteva implicare che noi abbandonassimo l'Ungheria con la quale durante venti anni avevamo proceduto di pari passo, alla quale avevamo dato il nostro appoggio, certo fvuttifero, ma che ci era stata fedele anche in ore difficili come a Ginevra. Ammessa anche una revisione di certe posizioni politiche nell'Europa di domani tale revisione sarebbe stata opera lenta e delicata che non poteva certo effettuarsi nello spazio di pochi mesi. Non gli avevo mai nascosto la nostra gratitudine per gli sforzi che la Romania faceva per darci il petrolio. Quanto al grano non potevo che riconfermargli quanto gli avevo sovente detto: che data la situazione alimentare dell'Italia un sincero e concreto sforzo della Romania per venirci incontro su questo terreno avrebbe avuto frutti oltremodo salutari. Fino adesso peraltro i buoni propositi suoi -per circostanze certo non tutte imputabili al governo romeno -non si erano trasformati in fatti e questo non contribuiva a creare quell'atmosfera amichevole nella quale egli voleva arrivare ad intese con l'Italia. Quanto ai suoi propositi d'intendersi sui problemi del sud-est europeo e del Mediterraneo essi non erano stati lasciati cadere da Roma, come egli riteneva. Bisognava non dimenticare che si era in guerra: che nulla era stato deciso ancora circa la sistemazione dell'Europa futura e che in queste condizioni occorreva essere molto prudenti nel fissare gli orientamenti politici. Tuttavia, era per schiarire sempre più l'atmosfera tra Roma e Bucarest, per permettere contatti diretti e possibilità d'intese future che, come egli sapeva, V. E. si proponeva fare in prosieguo di tempo una visita a Bucarest, prova manifesta dei sentimenti che tanto il Duce che V. E. nutrivano per la nuova Romania. Lo pregavo perciò di considerare la situazione con la massima obiettività e senza nessuna ipersensibilità ».

Antonescu si è rasserenato solo in parte. Mi ha detto che avrebbe fatto il massimo sforzo in nostro favore per il grano. Tuttavia a questo riguardo mi ha precisato che Clodius aveva telegrafato a Bucarest chiedendo che tutta l'eccedenza del grano disponibile fosse riservata per la Germania e che non comprendeva come al riguardo non riuscissimo ad intenderei con Berlino.

Ho esposto in dettaglio quanto precede perché è evidente che la visita di Ribbentrop a Budapest e quella ora di V. E. sono elementi destinati a scuotere la posizione del Conducator e di Michele Antonescu nei confronti dell'opinione pubblica romena e ciò in base a quanto ho riferito con mio telegramma per corriere n. 013 (1).

Qualora non vi vediate inconvenienti riterrei che una Vostra parola (2), Eccellenza, da far giungere a Bucarest per quel tramite che meglio riterrete ed atta a rasserenare un po' questi ambienti oltremodo eccitati ed allarmati avrebbe un salutare effetto.

(l) -Vedi D. 176. (2) -Vedi D. 119 e 132. (3) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 343. (l) -Vedi 0.148. (2) -Vedi D. 166.
157

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 111/22. Stoccolma, 15 gennaio 1942 (per. il 6 febbraio).

Ho conferito con il ministro degli affari esteri signor Giinther e con il suo immediato collaboratore, segretario generale Boheman.

Le conversazioni hanno avuto un carattere assai cordiale, specialmente quella con il ministro Giinther, il quale ha voluto insistere nel manifestare i suoi sentimenti amichevoli per le Potenze dell'Asse. Egli mostrava molta soddisfazione per l'ultima nota di Gayda dedicata alla Svezia, come pure per alcune corrispondenze favorevolmente descrittive della vita svedese, apparse su nostri giornali durante lo scorso dicembre. A tali pubblicazioni questa stampa ha dato larga diffusione con commenti di compiacimento. Il signor Giinther ha inoltre dichiarato di essere assai contento per la recente conclusione dell'accordo commerciale italo-svedese. Manifestando vivo interesse per tutti i vari aspetti che possono costituire sintomi incoraggianti, ha dedicato simpatici accenni ai ravvisati contatti culturali ed all'impulso che ad essi deriva dall'attività dell'Istituto di studi italiani, sorto da qualche mese qui a Stoccolma.

Dalle sue espressioni e dal tono del suo linguaggio appariva palese un senso di animo sollevato, quale è solito subentrare naturalmente dopo che siano superate le apprensioni di un momento increscioso.

Dal canto mio gli ho fatto notare come sempre avessi avuto un convincimento sulla possibilità di più intensi legami di scambi fra i due Paesi e sulla loro utilità anche per i riflessi derivantine sull'andamento generale delle reciproche relazioni. E non ho mancato di porre in rilievo ancora una volta i criteri di lealtà e di riserbo che costantemente hanno ispirato la nostra politica verso la Svezia: troppo contrasto vi è stato a lungo fra questa riguardosa nostra linea d'azione ed i sistemi tenuti verso di noi dai quotidiani e periodici della Svezia; conveniva ricordare ancora tutto questo, pur tenuto conto del correttivo apportatovi ultimamente dal signor Giinther.

I rapporti tra Svezia e Germania mi sono stati definiti dal ministro come «buoni e normali». Egli intende perseverare in ogni sforzo affinché il suo Paese mantenga le migliori relazioni con le Potenze dell'Asse. -Ha assolutamente smentito come false le asserzioni secondo cui si sarebbero qui accentuate le misure militari, con più estesi richiami sotto le armi, per assumere un atteggiamento di resistenza decisamente diretto contro la Germania. -Gli ho parlato allora dell'articolo «Via diritta» dell'autorevole pubblicista Ivar Andersson, uscito giorni addietro sullo Svenska Dagbladet, e la cui traduzione figura in allegato (1). Esso concludeva con l'affermazione che «la decisione svedese di mantenere la neutralità potrebbe mutarsi radicalmente in caso di nuove e più gravi minaccie contro la Finlandia, nel qual caso il pericolo sarebbe da considerarsi quale minaccia anche per la Svezia». Il signor Giinther mi ha dichiarato

che approvava in linea di massima le affermazioni ed l giudizi contenuti in quello scritto.

Portato così l'argomento sugli avvenimenti nel fronte orientale, il mln~stro mi ha detto che le informazioni della Legazione svedese a Mosca fanno apparire come « buona » la situazione interna della Russia. Non sarebbe più caso di parlare di quel collasso fra le popolazioni su cui i tedeschi avrebbero fatto assegnamento, una volta fiaccata la resistenza militare dell'URSS. Quanto però ad una probabilità di seria riscossa da parte dell'armata sovietica il signor Gtinther l'ha escluso dalle previsioni: i russi, egli osserva, non mi sembrano fatti per la guerra offensiva.

Il segretario generale signor Boheman -di cui in precedente occasione ho illustrato la fisionomia e le tendenze marcatamente pronunziate in direzione anglofila -mi ha parlato delle relazioni svedo-tedesche esse si presentano in uno stato di normalità. Nulla è intervenuto negli ultimi tempi, ad apportarvi elementi di tensione. È falsa la notizia del sequestro del numero del settimanale Reich recante un severo articolo di Goebbles contro la Svezia Cdi questa smentita era menzione in un mio recente telegramma (1).

Circa l'asserito passo svizzero compiuto presso H governo della Svezia per concordare una lina di atteggiamento di fronte ad un eventuale invito a collaborare al nuovo ordine europeo sotto l'egida dell'Asse, il signor Boheman mi ha assicurato nulla esservi di vero. A questo proposito riferisco altresì con comunicazione a parte (2).

Anche con il segretario generale ho fatto accenno all'articolo di Andersson sullo Svenska Dagbladet: egli ritiene, come impressione personale, che l'ipotesi di «una grave minaccia che potrebbe sorgere per la Svezia» sia affacciata unicamente nei riguardi dell'Unione Sovietica. Per il momento la Svezia segue attentamente la situazione sul fronte russo. Ma per quanto le armate tedesche, secondo notizie qui pervenute, abbiano ultimamente retrocesso su vaste estensioni di territorio, non vi sono motivi per preoccupazioni. Un serio pericolo per la Finlandia, con conseguenti ripercussioni per la Svezia, si creerebbe soltanto qualora le forze russe nel settore di Pietroburgo riuscisse ad effettuare uno sfondamento sulle posizioni a sud della città.

Un argomento cui ho voluto dare importanza era quello delle richieste tedesche per il passaggio di truppe attraverso il territorio svedese. Il signor Boheman mi ha ripetuto quanto ho fatto conoscere telegraficamente (3). Una sola volta, nello scorso ottobre, i tedeschi avanzarono una domanda che si riferiva al transito di una divisione in assetto di guerra: la risposta fu negativa, basata sui doveri della neutralità (come poi si è appreso, la divisione fu avviata per mare, lungo il litorale svedese del Baltico e del Golfo di Botnia, ed il suo viaggio fu protetto dalle misure di vigilanza costiera della marina della Svezia). Un'altra richiesta vi è stata un mese addietro, pure con risultato contrario. Il mio interlocutore non mi ha dato particolari circa questo secondo episodio. Sicure notizie da fonte tedesca mi permettono però di aggiungere che si trattava semplicemente di una proposta di intensificazione del traffico

14 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

ferroviario che fin dall'autunno 1940 i tedeschi stanno svolgendo sugli itinerari longitudinali di questo Paese in direzione della frontiera della Finlandia, per il transito di materiale be11ico, di feriti e malati da evacuare, e di combattenti non inquadrati. Veniva chiesto un aumento nel numero settimanale di questi treni militari; e da parte svedese fu risposto non poter acconsentire.

Le sorti della Finlandia stanno sempre ad un primissimo posto nell'interessamento della Svezia. Il segretario generale ha voluto diffondersi sui soccorsi che fino al massimo della possibilità vengono forniti al popolo amico. Il ricovero concesso a migliaia di bambini finnici trasferiti qui nel Paese -egli mi ha detto -è una forma di aiuto che tanto più sì -è inteso applicare su larga scala in quanto vale a compensare i limiti forzatamente inadeguati entro cui bisogna contenere l'invio di prodotti e di materiale in Finlandia. -Si sa bene che in tutta l'azione svolta a favore dei vicini orientali si è dovuto qui sempre procedere con cautela, anche per non incorrere in imbarazzi di fronte al gruppo belligerante angloamericano, con cui è rimasta la possibi:lità di mantenere un traffico marittimo, pur in esigua misura. Ma l'assistenza ai piccoli ospiti finnici è una materia su cui non si ammette di incontrare ostacoli. E poiché io lo interrogavo sull'eventualità che delle obbiezioni venissero mosse da Londra o da Washington anche su questo punto, il segretario generale, dopo avermi risposto che fino ad ora tali difficoltà non vi erano state, ha continuato con un'uscita abbastanza vivace, affermando che «avrebbe messo alla porta» chi gli si fosse presentato con simili questioni.

Già in altri momenti avevo sentito il signor Boheman esprimersi in tono di critica abbastanza spregiudicato verso certe mosse dei nostri avversari. Ma se si considerano la sua mentalità e le sue propensioni fondamentali, quest'ultima reazione appare caratteristica e da porsi in particolare rilievo.

(l) Non pubbl!cato.

(l) -Vedi D. 138. (2) -Non rinvenuta. (3) -Non pubblicato.
158

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI

T. S. N. D. 1669/25 P.R. Roma, 16 gennaio 1942, ore 3,30.

Il Gran Mufti prega di far pervenire allo Sceicco Jussuf Yassin il seguente messaggio:

«In occasione delle feste presento voti sinceri a S. M. il Re Ibn Saud ed a voi. Dal mio arrivo in Europa faccio tutto il possibile per il bene di tutti i paesi arabi in generale. Pregovi presentare a Sua Maestà i miei sinceri omaggi e farmi conoscere i di lui desideri. Firmato Amin el Husseini ».

Si prega far pervenire ove possibile d'urgenza al destinatario il messaggio di cui sopra.

159

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 378/65-66 R. Rio de Janeiro, 16 gennaio 1942, ore 15,11 (per. ore 7 del 17).

Mio telegramma n. 63 (1).

Richesta di Sumner Welles ha nettamente cambiato situazione che negli ultimi giorni andava orientandosi verso un senso di maggiore responsabilità. Circoli autorizzati cileni dichiarano soltanto un deciso atteggiamento del Brasile può impedire rottura dei rapporti diplomatici. Circoli autorizzatissimi brasiliani hanno confidato all'Ambasciatore di Germania ed a me che soltanto un atteggiamento deciso del Cile (il quale comincia mostrarsi esitante e debole) può impedire la rottura dei rapporti. Verità è che si può contare solo sulla resistenza Argentina che è purtroppo praticamente isolata.

Vargas ancora si illude di poter salvare situazione. Ci siamo riuniti in questa R. Rappresentanza Ambasciatore di Germania, Ambasciatore del Giappone ed io e ci siamo trovati unanimamente d'accordo nel ritenere che unica possibilità inf'luire sulla situazione è quella di dichiarare oggi stesso, in via non ufficiale, confidenziale ma scritta, che a nostro avviso personale la rottura delle relazioni diplomatiche da parte delle Potenze Sud Americane non mancherebbe assumere significato di una guerra di fatto contro le Potenze Asse le quali tutte hanno senza dubbio offerto al Sud America prove di amicizia e di... (2).

Rottura dei rapporti sottrarrebbe così Nazioni Asse da quei doveri cui esse hanno dato sempre massimo peso in vista degli interessi, altrettanto legittimi, dei Paesi Sud Americani.

Tale dichiarazione certamente acquista eccezionale peso per il fatto che, secondo informazioni sicure, Sumner Welles ha dichiarato America del Nord non è in questo momento interessata a che guerra si estenda al Sud America poiché obblighi di difesa passiva (e cioè di armi e munizioni) supererebbero di gran lunga le possibilità «attuali» della marina da guerra e aviazione degli Stati Uniti nonché della loro presente capacità di produzione.

In tale ordine di idee dirigeremo oggi stesso ciascuno separatamente e ciascuno in forma diversa una lettera personale al Ministro degli Affari Esteri Aranha e ne informeremo sia il Presidente della Repubblica sia, attraverso persone amiche, Ambasciate Argentina, Cile, Paraguay e Perù.

Decisione deliberata da Sud America sarà fatto compiuto entro lunedì.

Ciò informo per il caso che Italia, Germania e Giappone ritenessero far dichiarazioni più sostanziali, o più formali, che evidentemente trascendono nostri poteri, e che sarebbero anche più significative se effettuate presso rappresentante Brasile, come Paese sede della Conferenza panamericana, e presso altri Stati Sud America accreditati (3).

(l) -Riferimento errato: si tratta del T. 371/61 del 16 gennaio 1942, ore 12,27 (per. ore 21) con 11 quale Sola aveva riferito che Sumner Welles aveva avanzato «con linguaggio violento e deciso domanda che tutte le Potenze americane rompano rapporti diplomatici e consolari con l Paesi dell'Asse ». (2) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Gruppo indecifrabile». (3) -Per la risposta, vedi D. 183.
160

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 gennaio 1942.

Unisco copia del rapporto redatto dal Generale Vacca Maggiolini circa Ia conversazione che ha avuto il 13 corrente con l'Ammiraglio Duplat e copia del verbale del colloquio che egli ha avuto l'onore di avere con il Duce il 14 corrente.

ALLEGATO I

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. S. N. Roma, 14 gennaio 1942.

I. -Trattative con la Francia per l'utilizzazione delle basi tunisine.

Ieri sera (13 gennaio) l'ammiraglio Duplat, reduce da poche ore da Vichy, venne a portarmi la risposta francese alle proposte da me fattegli verbalmente -sulla base delle direttive impartitemi dal Duce il 25 dicembre u.s. (l) -in un colloquio del 30 dicembre.

L'ammiraglio Duplat cominciò col consegnarmi l'annesso «Memento » di cui volle darmi personalmente lettura, precisando che non si trattava di un documento ufficiale del Governo, ma di un suo lavoro personale, compilato però tenendo conto delle numerose conversazioni avute nei giorni scorsi con le più alte personalità francesi (ho motivo di supporre che il Duplat abbia assistito al Consiglio dei Ministri del 10 gennaio).

A lettura finita, il Duplat aggiunse:

Le richieste francesi, in contropartita alla concessione delle basi tunisine, sono già state precisate (meglio di quanto non appaiano dalle «Suggestions » che fanno seguito all'anzidetto « Memento ») direttamente alla Germania, perché vi sono stati nei giorni scorsi abboccamenti tra il maresciallo Goering ed il generale Juin (comandante in capo delle truppe del Nord Africa).

Le questioni trattate in tali colloqui riguardarono.

1°) i rifornimenti in Libia, via Tunisia;

2°) la possibilità di una difesa in comune <Asse-Francia) della Tunisia nella eventualità di una ritirata itala-tedesca dalla Libia.

Durante la discussione è risultato che il generale Juin ha: a) -escluso ogni pericolo, durante l'inverno, di sbarchi in Marocco per le condizioni proibitive del mare; b) -escluso parimenti qualsiasi grave pericolo, per analoghe ragioni e per le minori probabilità di attacco inglese, per l'Algeria; c) dichiarato che per difendere la Tunisia occorre, a breve scadenza, la concessione delle richieste di cui ai tre primi comma delle «Suggestions militaires » e cioè: -piena libertà dal punto di vista militare, navale e aereo, in Africa e nel Mediterraneo occidentale (movimenti; riarmo mediante l'utilizzazione del materiale

e delle munizioni bloccate o sotto controllo in Africa e nella Francla Metropolitana; effettivi); -liberazione dei quadri indispensabili all'inquadramento delle truppe indigene; -rimilitarizzazione del Sud-Tunisino.

Chiesto al generale Juin dal maresciallo Goering a quali condizioni la Francia avrebbe accordato il suo incondizionato consenso alla utilizzazione militare della Tunisia da parte dell'Asse, Juin ha dichiarato che non aveva veste per rispondere. Tuttavia, qualche giorno dopo, il Governo francese fece rimettere al signor Hemmen a Parigi e alla C.T.A. a Wiesbaden apposite note da cui, essenzialmente, risulterebbero le seguenti richieste che meglio chiariscono qualcuna delle «Suggestions »:

-restituzione di prigionieri di guerra: 700 mila contadini (oltre ad un numero indeterminato di operai, tecnici e funzionari) ; -consegna di 200 mila tonnellate mensili di carbone tratto dalle miniere del territorio occupato; -restituzione di 1.500 locomotive e 15 mila carri e vetture ferroviarie;

-stabilire con regolare documento la riduzione (ora convenuta soltanto verbalmente) delle spese d'occupazione a 300 milioni di franchi giornalieri; successiva riduzione della somma a 200 milioni;

-trasformazione della «Linea di demarcazione» in una linea di puro carattere militare; -ricollegare a Parigi le due provincie francesi del Nord e del Passo di Calais, ora, dai tedeschi, collegate al territorio occupato belga; -ridurre a semplice controllo l'attuale azione preventiva esercitata dai tedeschi sulle autorità politiche e amministrative dei territori occupati.

Ciò premesso l'ammiraglio Duplat mi ha dichiarato quanto segue ad ulteriore chiarimento del << Memento »:

Il Governo francese è ben deciso a marciare risolutamente con noi.

Ma non può farlo subito, poiché l'opinione pubblica non è preparata ad una aperta collaborazione con l'Asse. Specialmente nell'A.F.N. ciò provocherebbe inevitabilmente la dissidenza dell'intero territorio, dissidenza che invece non sarebbe neppur tentata nel caso dell'arrivo degli inglesi al confine libico-tunisino.

Occorre perciò preparare l'opinione pubblica, per il che abbisognano due cose: che l'Asse accordi sollecitamente le concessioni richieste, e che l'opinione pubblica abbia poi tempo a conoscerle ed a persuadersene.

In conclusione occorreranno parecchi mesi, talché è da calcolare che delle operazioni offensive in grande stile verso l'Egitto, aventi per base la Tunisia, non potrebbero svolgersi che nella stagione invernale 1942-1943.

Finalmente l'Ammiraglio Duplat ha soggiunto che la Francia ha tutto l'interesse (che, del resto, coincide con l'interesse dell'Asse) a mantenere, fino all'ultimo limite possibile, il filo che la lega ancora agli S.U.A. e che consente di ricevere utilissimi rifornimenti cui l'Asse difficilmente potrebbe supplire. A tale riguardo il Governo francese non crede che i semplici trasporti di derrate in Libia, via Tunisi, potrebbero indurre le potenze anglo-sassoni a vere azioni di rappresaglia: si tratterà al più di proteste diplomatiche.

Si è passato così a trattare dell'argomento:

II. -Trasporti in Libia via Marsiglia-Tunisia.

I trasporti già concessi si possono senz'altro iniziare e, possibilmente, anche intensificare. Il Governo francese non si oppone anzi acché, oltre alle derrate, si spediscano armi leggere e munizioni chiuse in casse o sacchi e ben «camouflées ».

Chiede all'ammiraglio Duplat se si possono aumentare i trasporti di autocarri.

Mi risponde che per ottenere ciò occorrerebbe utilizzare anche i porti dell'Algeria, ciò che all'Italia non conviene, per ragione di trasporti via terra. Rinunciando all'Algeria, gli autocarri non potrebbero essere che 100 al mese: 150-200 utilizzando l'Algeria. è':J'~;;if--''i

Chiedo allora se si possono inviare navi italiane (cariche di merci ed autocarri) direttamente dall'Italia alla Tunisia, il che faciliterebbe molto il traffico e ne permetterebbe un forte incremento.

L'ammiraglio Duplat mi risponde che non conosce l'opinione del Governo in proposito. Ne farà il quesito a Vichy. Ad ogni modo questo si potrà fare in un secondo tempo, tanto più che sarà opportuno che l'incremento del traffico sia graduale.

ANNESSO I

LA DELEGAZIONE FRANCESE ALLA COMMISSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO

Torino, 13 gennaio 1942.

MEMENTO

Le Gouvernement français a été particulièrement heureux de la communication faite par l'Amiral Duplat à l'Amiral de la Flotte Darlan des paroles du Général Vacca Maggiolini relative aux bonnes dispositions du Duce à l'égard de la France.

De leur còté, le Maréchal et l' Amiral Darlan, ainsi que les Membres du Gouvernement et la grande majorité de la population ont le désir de voir les relations entre l'Italie et la France redevenir normales et amicales.

Le Gouvernement français estime, tout camme le Duce, que nous sommes trois à compter et qu'il serait nécessaire de s'entendre à trois.

La France, malgré la position de vaincue où elle se trouve placée, est dans un état d'esprit positif au regard d'une construction nouvelle, féconde et solidaire de l'Europe, à l'égard nommément de l'Italie et de l'Allemagne.

On se tromperait dangereusement si l'an méconnaissait cet état d'esprit nouveau français.

Jamais notre pays n'a été aussi ouvert à des conceptions pratiques qui puissent apporter à Iui-mème et aux autres l'amélioration de la vie internationale et l'organisation d'une longue période de paix.

Seulement le drame intérieur dont il souffre, dans son imagination et dans sa volonté, c'est d'etre entouré d'interlocuteurs et d'anciens adversaires qui n'acceptent pas pratiquement la conversation sur ce terrain et qui la ramènent toujours à une procédure d'exécution de l'armistice.

Il en résulte que la France est privée de tout horizon par ceux qui prétendent lui en imposer un. En conséquence, elle guette passivement une issue, soit dans une attente fataliste, soit dans des espérances romanesques et anarchiques.

Cette situation psycologique équivaut à un gachage absolu d'une situation qui pourrait étre retournée très aisément avec un peu de largeur de vues chez ses vainqueurs. La défaite a été pour la France une surprise humiliante, mais aussi la guérison

du mal démocratique qui la rongeait.

Quelles que soient !es exigences des vainqueurs, on ne peut plus se dissimuler qu'elle sera demain une nation nouvelle dont l'orientation de la volonté importe à la reconstruction de l'Europe.

Si le Duce, reprenant le ròle pour lequel il a toujours semblé à beaucoup de Français qu'il était né, à savoir étre l'un des grands directeurs du pian de reconstruction de l'Europe, voulait faciliter la compréhension mutuelle pratique de la double volonté d'avenir, d'une part de la France, de l'Allemagne et de l'Italie d'autre part, certainement la France répondrait à ses efforts.

Dans l'esprit du Gouvernement français, la reconstruction de l'Europe comporte

d'ailleurs l'établissement d'une entente économique européenne pour la mise en valeur

des territoires de l' Afrique, du Proche et de l'Extreme Orient, nécessaire à l'économie

de notre continent.

Les demandes faites par les Gouvernements Allemand et Italien au Gouvernement

Français relatives à l'utilisation des ports et du territoire tunisiens pour l'acheminement

vers la Libye de matériel et d'approvisionnements auront, si elles sont satisfaites, des

répercussions inévitables sur les rapports de la France avec les Anglo-Saxons.

Nos navires marchands, nos ports et nos voies de communication terrestres, seront certainement attaqués; des représailles seront très problement exercées sur divers points de l'Empire Français.

Les risques pour la France sont:

-l'arret du trafic maritime,

-l'attaque de certains points de son Empire et la perte de ses colonies au profit

des adversaires de l'Axe,

-et peut-etre la guerre avec les Anglo-Saxons.

Pour faire la guerre, il faut etre prets matériellement et moralement.

Nous avons payé de la défaite l'oubli de ce principe essentiel.

Or les vainqueurs nous ont désarmés matériellement.

Moralement, ainsi que nous l'avons fait connaitre au Gouvernement Allemand, le peuple français souffre d'une occupation qui, si elle est très correcte, n'en est pas

moins lourde à supporter.

La ligne de démarcation est, en réalité, une frontière à moitié fermée.

Il en résulte que la souveraineté du Gouvernement français est loin d'etre entière dans la zone occupée. Les frais d'occupation, payés par la France depuis dix-huit mois, deviennent avec le temps hors de proportion avec ce que peut supporter l'économie française.

Le nombre considérable de prisonniers maintenus dans les camps allemands, alors que l'agriculture française a besoin de main-d'oeuvre, que les services publics manquent de cadres, etc ..., entrave les progrès d'un rapprochement franco-allemand.

Est-il logique, dans ces conditions, de demander au vaincu d'aider activement ses vainqueurs en courant le risque de se voir attaquer par leurs adversaires?

Est-il concevable de lui demander d'engager dès maintenant définitivement la politique de son pays, sans que la France reçoive non seulement des allégements à ses servitudes présentes mais aussi des garanties quant à son avenir et à la place qui lui sera faite dans l'Europe future?

Le Gouvernement Français ne le pense pas. Il est meme certain que dans la situation politique actuelle, il ne serait pas suivi par l'opinion publique qui ne comprendrait pas plus cette situation nouvelle qu'elle n'a compris les motifs qui ont jeté la France dan la guerre en septembre 1939.

***

Le Gouvernement Français estime, en conséquence, que la situation politique, militaire, économique actuelle, qui n'était d'ailleurs envisagée que comme une situation transitoire de très courte durée, doit étre profondément modifiée pour qu'un rapprochement entre l'Axe et la France soit sincère, efficace, durable.

Il ne perd pas de vue que la France a été vaincue et que l' Allemagne et l'Italie sont en guerre avec l'Angleterre et ses alliés.

Il ne lui appartient donc pas d'imposer ses vues et il reconnait que, tant que la guerre avec l'Angleterre durera, l'Allemagne est dans la nécessité de maintenir en France certaines mesures d'orde militaire. Mais il faillirait à son devoir et manquerait de franchise s'il ne faisait pas connaitre son sentiment et celui du peuple français.

ANNESSO II

SUGGESTIONS

MILITAIRES

a) Liberté entière au point de vue militaire, naval et aérien en Afrique et en Méditerranée Occidentale. (Mouvements, réarmement par utilisation du matériel et des munitions stockés ou sous contròle en Mrique et dans la Métropole, effectifs).

b) Libération des cadres indispensables à l'encadrement des troupes indigènes.

c) Remilitarisation du Sud-Tunisien.

d) Fourniture par l'Axe, au fur et à mesure des besoins, des carburants et des lubrifiants de toute nature nécessaires pour les moyens de transport de tous ordres et, éventuellement, pour des opérations militaires.

e) Protection par l'aviation de l'Axe, dans la partie orientale de la Méditerranée occidentale, des navires de transport.

/) Autorisation de reprendre certaines fabrications d'armement.

POLITIQUES

a) Retablissement de la souveraineté française dans les zones occupées.

b) Possibilité pour le Chef de l'Etat et pour le Gouvernement de gouverner de Paris, Vichy restant la capitale provisoire officielle à cause du corps diplomatique.

c) La ligne de démarcation ne serait plus que la limite de l'occupation militaire. Une nouvelle ligne de démarcation pourrait étre créée à une certaine distance du littoral ouest pour assurer la protection du secret des opérations militaires.

d) Droit de censure sur la presse, la radio, le cinéma, de la zone occupée.

ECONOMIQUES ET FINANCIERES

Réduction efficace des frais d'occupation. Suppression de la Société OSTLAND et récupération des terres par les fermiers ou propriétaires français.

MORALES

Libération d'un nombre important

-d'agriculteurs

-d'ouvriers et de techniciens

-de fonctionnaires.

Mise en congé de captivité des prisonniers volontaires pour travailler en Allemagne. Ces prisonniers recevraient le statut des ouvriers et bénéficieraient de permissions à passer en France.

Le Gouvernement Français s'engagerait, de son còté, -à lier sa politique et son économie à celles des puissances de l' Axe en vue de

l'organisation de la Communauté européenne;

-à faciliter les transports envisagés sur la Libye;

-et éventuellement, à défendre en commun le territoire tunisien contre une attaque

anglo-saxonne.

ALLEGATO II

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL PRESIDENTE DELLA COMMISSSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI (l)

VERBALE Roma, 14 gennaio 1942, ore 20-20,35.

Duce: ho letto con molto interesse il «Memento » che vi ha consegnato l'ammiraglio Duplat e la vostra relazione sul colloquio avuto con lui. Si tratta di documenti di grande importanza e che vanno -specialmente le « Suggestions » -accuratamente meditati. Ma la mia prima impressione è favorevole poiché la Francia ha sostanzialmente ragione nelle sue richieste, che, se ben vagliate, possono essere, in molta parte, accolte, e perché la risposta francese offre ampio adito a trattare ancora. Vero è che nel <( Memento » vi è un'affermazione circa le «amputazioni territoriali» che pare voglia respingere senz'altro ogni rivendicazione italiana. Ma l'espressione stessa usata dai Francesi ci consente invece di trattare sull'argomento, poiché quello che noi chiediamo è, per l'appunto, la restituzione di membra che erano state amputate alla Nazione Italiana. Tutti sappiamo infatti come e perché Nizza ci sia stata tolta nel 1860 e noi non chiediamo nulla di più di quello che allora ci è stato tolto. Alla Savoia, che è oltre la crinale alpina, abbiamo già rinunziato. La Corsica è terra italiana come esplicitamente riconosce lo stesso grande geografo francese Elisée Réclus. E nel 1870 Clemenceau voleva cedere la Corsica all'Italia dietro pagamento simbolico di una lira! Quanto a Tunisi ci si potrà sempre accomodare: di spoglie coloniali inglesi ce ne saranno, a guerra vinta, anche troppe! l Anche per la Corsica e per Nizza si potranno offrire compensi: le provincie Vallone del Belgio valgono assai più per estensione, popolazione e ricchezza, dei territori che noi rivendichiamo.

Io: Vi faccio osservare Duce, che vi è, nel documento francese, un esplicito accenno ai dipartimenti francesi del Nord e del Passo di Calais pei quali è evidente che i Francesi temono un'annessione tedesca. Tale annessione escluderebbe naturalmente la possibile assegnazione alla Francia di alcuni territori del Belgio.

Duce: Ciò è vero. Il Fiihrer mi ha infatti più volte detto che voleva conservare Calais, poiché esso è la testa di ponte, grazie a cui l'Inghilterra può sempre valersi di quella che il Fiihrer stesso suole chiamare « La piazza d'armi inglese nell'Europa continentale» e cioè la Francia. Ma se effettivamente la Francia si decidesse ad una partecipazione effettiva e leale al riordinamento logico della nuova Europa, anche tale pregiudiziale del Fiihrer potrebbe perdere il suo valore. Perciò -ripeto -io considero il documento francese, nel suo complesso, come espressione di propositi accettabili e come possibile base di ulteriori discussioni. Naturalmente è ora indispensabile trattare a tre ed io perciò prevedo come prossima una riunione dei tre Capi (il Fiihrer, Pétain ed io) o dei tre Ministri degli ESTERI, Quello che bisogna impedire nel modo più assoluto è che la Francia si valga delle nostre concessioni per sottrarsi alle conseguenze della sua sconfitta e riarmarsi per poi rivolgersi contro di noi. Perciò lo sviluppo logico della situazione io lo prevedo diviso in tre fasi e cioè: prima fase: Concessioni alla Francia di carattere politico e finanziario: Essenzialmente si tratta di ridare alla Francia la sovranità, sia pure attenuata, su tutti i suoi territori. Ciò porta di per sé al trasporto della capitale a Parigi, allo spostamento della linea di demarcazione, all'ampliamento del territorio libero pur consentendo alla Germania la necessaria occupazione delle coste atlantiche.

Io: Nella mia relazione ho omesso di avvertire che l'ammiraglio Duplat mi ha dichiarato che il restringimento della zona occupata non escludeva la presenza di presidii tedeschi in talune località di particolare importanza militare (nodi stradali; centri ferroviari; etc).

Duce: Sì, su tutto ciò ci si può sempre intendere. Altra concessione della prima fase è la riduzione delle indennità di occupazione secondo la richiesta tedesca. Benché la Francia sia ancora ricca (e ce lo prova l'oro che ci ha accordato e di cui le prime 5 tonnellate sono già al sicuro nella sagrestia della Banca d'Italia) non può non sentire il gravame del forte salasso che le è imposto dalla Germania...

Io: ... e che è anche superiore alle reali spese di occupazione, talché la Germania ha già accumulato un enorme credito di circa 70 miliardi di franchl!

Duce: Per l'appunto, anzi tale credito costituisce una minaccia sempre incombente, e perciò intollerabile, sulla Francia. La seconda fase dovrà consistere in una sempre maggiore, più intima e reale adesione della Francia alla politica delle Potenze del Tripartito. In pari tempo le concessioni accordate durante la prima fase dovrebbero avvincere l'opinione pubblica francese, ora ostile, al Governo di Vlchy. Solo allora, a Francia sempre meglio vincolata all'Asse, si dovrebbe passare alla terza fase e cioè alla concessione delle misure militari richieste dalla Francia. Fino ad allora dovrebbero rimanere immutate le attuali provvidenze relative al disarmo della Francia. Ma per camminare su tale strada è necessità pregiudiziale che la Germania sia in proposito d'accordo con noi. Le conversazioni avvenute tra il maresciallo Goering e il generale Juin (l) lasciano sperare che ciò possa avvenire. Sapete Voi, a tale proposito, se le richieste francesi siano già note ai Tedeschi?

Io: Ciò non pare dubbio: le richieste sono state fatte in parte al Ministro Hemmen ed in parte alla C.T.A. Duce: Quando sono avvenute le conversazioni Goering-Juin?

lo: Lo ignoro con precisione, ma ho motivo di ritenere che si siano svolte tra Natale e Capodanno, all'incirca contemporaneamente alle trattative da me svolte con l'ammiraglio Duplat. Vi devo però avvertire che da una recentissima conversazione avuta a Torino col Generale von Senger, mi risulterebbe che il Governo tedesco è riluttante ad attrarre la Francia nell'orbita dell'Asse-prima di averla riarmata -per non esporre la Francia stessa a perdere il suo Impero, e specialmente le sue parti più eccentriche (il Madagascar per esempio) prima che sia in grado di difenderle).

Duce: Questo è fare della metafisica politica, crearci noi delle difficoltà che neppure la Francia, più interessata, solleva. Si capisce che la Francia schierandosi con noi si espone a dei rischi e potrà perdere, temporaneamente, qualche colonia. Non abbiamo noi stessi, entrando in guerra, affrontato la prevista perdita temporanea dell'Etiopia?... Essenziale è persuadere il Ftihrer, ed io spero di riuscirvi, come già altre volte vi sono riuscito. Oggi la Tunisia ci è indispensabile ed occorre attenerla dalla Francia. Senza la Tunisia non si è sicuri di tenere la Libia. Senza Tunisi e la Libia non si conquista l'Egitto, e senza l'Egitto non si può riconquistare l'Etiopia, guerra durante, né partecipare da sud-ovest alle operazioni nel medio-oriente.

Cavallero: La Tunisia rappresenta oggi la chiave della vittoria. Io: E l'arrivare a Suez ci assicura anche il collegamento col Giappone, che è prezioso non soltanto militarmente. Duce: Né bisogna dimenticare quanto sono costosi, oltreché rischiosi, i nostri traffici con la Libia. Portarvi 20 mila tonnellate di materiale richiede l'impiego di 100 mila tonnellate di navi da guerra ed il consumo di 20 mila tonnellate di carburante. Anche per questo la Tunisia ci è indispensabile. E perciò non dobbiamo !asciarci sfuggire l'occasione di utilizzarla col consenso della Francia. Tutto questo emerge da un primo rapido esame dei documenti che mi avete portato. Ma io desidero esaminarli con maggior calma e riflettere ancora prima di decidere.

Quando ripartite per Torino? lo: Sono ai Vostri ordini, Duce. Duce: Allora fra qualche giorno, prese le mie decisioni, Vi richiamerò.

(l) Per tale colloquio si veda CAVALLERO, Comando Supremo, clt., p. 175 e CIANO, Diario 19391943 cit., p. 571.

(l) È presente al colloquio il generale Cavallero.

(l) Vedi D. 64

161

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 gennaio 1942.

0 ) Si è iniziata ieri a Rio de Janeiro, la Conferenza panamericana, che ha il compito di fissare in concreto l'atteggiamento dell'America Latina di fronte alla guerra.

Il continente Sudamericano ha attraversato, sopra tutto dopo l'intervento degli Stati Uniti, un periodo di crisi profonda. Si è da parte italiana cercato d'inserire in tale vicenda e con ogni mezzo a nostra disposizione, un'azione di moderazione e di persuasione, atta a controbattere la pressione degli Stati Uniti, la quale, sopra tutto imperniata su motivi economici di cui è superfluo sottolineare l'importanza e su una vasta opera di corruzione, è andata sempre più assumendo carattere decisamente sopraffattorio.

2°) Piuttosto che svolgere coi tedeschi e coi giapponesi iniziative collettive e comuni, che avrebbero avuto aria e tono intimidatori e, come tali, sarebbero state quasi certamente controproducenti, abbiamo chiesto e ottenuto che tanto il Giappone quanto la Germania svolgessero un'azione distinta e parallela alla nostra, ciascuno in quel determinato settore ove ogni singola Potenza avesse avuto maggiore opportunità di utilmente impiegare le proprie particolari possibilità. Ciò valga anche per la Spagna e per il Portogallo che hanno anche da parte loro, svolto, sopra tutto sulla piattaforma in gran parte ormai soltanto letteraria e verbale della vecchia Madre Patria spagnola e portoghese, un'azione parallela (di molto minore portata e importanza) a quella delle Potenze del Tripartito.

3°) In un certo senso ed entro certi limiti è stato così assunto da parte nostra e riconosciuto all'Italia dalle Potenze alleate un compito direttivo nella generale azione svolta sopra tutto in quest'ultimo periodo nell'America Latina. Lo stesso Governo tedesco, insofferente d'abitudine di suggerimenti e consigli, ha in moltissimi casi modificato, a nostra richiesta, atteggiamenti già decisi od ha, di sua iniziativa, conformato la sua azione alla nostra. Sicché il R. Ministero degli Affari Esteri ha finito in buona parte con l'accentrare l'azione del Tripartito nell'America Latina e al R. Ambasciatore a Rio de Janeiro si appoggeranno, come al più qualificato fra gli Agenti diplomatici alleati, i Rappresentanti tedeschi e giapponesi, durante il corso della Conferenza, per direzione e consiglio.

4°) È stata d'altra parte da noi sollecitata e ottenuta un'azione parallela della Santa Sede (1), diretta a difendere, appoggiandosi sulle grandi masse cattoliche, gli interessi della Chiesa e ad assicurare la preservazione della pace nel continente americano. Istruzioni sono state certamente date dal Cardinale Segretario di Stato in questo senso e i RR. Ministri nelle singole capitali ne han

ll) Vedl D. 74.

no confermato l'avvenuta esecuzione da parte dei rispettivi Nunzi Apostolici, cui hanno, nella misura del possibile, dato ogni collaborazione ed appoggio.

5°) Tale nostra azione si è appoggiata anche in parte su una tempestiva politiica di cessione delle nostre navi rifugiate nei porti sudamericani, cessioni che hanno consentito a parecchi Stati, quali l'Argentina e il Brasile, di crearsi un importante embrione di flotta mercantile, oggi estremamente necessaria alla almeno parziale soddisfazione delle loro esigenze commerciali, e, sopra tutto, a rafforzarne l'indipendenza economica nei confronti degli Stati Uniti. Sono state così cedute all'Argentina sedici navi, al Brasile dodici, alla Colombia due, ecc. Non è superfluo aggiungere che quasi tutte le navi indicate sono state cedute con patto di riscatto; torneranno cioè a far parte della flotta mercantile italiana alla fine delle ostilità.

6°) L'America Latina par comunque avviata, nonostante ogni sforzo e le velleità di resistenza verbale da parte sopra tutto argentina e cilena, a piegarsi alla volontà bene altrimenti energica nordamericana.

Troppo tenaci e vaste sono state e sono le pressioni di Washington e troppo diffusa la corruzione del dollaro (il Ministro degli Esteri brasiliano, Aranha, è notoriamente al soldo nordamericano) perché Paesi di civiltà arretrata, ancora fermi ai principi ideologici della Rivoluzione Francese, potessero e possano effettivamente resistervi.

Né è un caso che nessun'uomo di Stato latino-americano abbia mai !mergicamente interpretato, in questo periodo cruciale, le ragioni profonde dell'indipendenza del Sud contro il Nord, il diverso spirito, cultura, esigenze delle due razze, il debito imponente di sangue e di lavoro e di civiltà che i latini d'America debbono ai latini d'Europa, e in primo luogo, all'Italia.

E neanche è un caso che chi dovrebbe rappresentare la parte di campione di tale indipendenza non sia che un povero uomo insignificante come il Ministro degli Esteri argentino, Ruiz Guinazu, senza dubbio lieto di respirare ancora una volta a Rio l'atmosfera ginevrina che gli fu cara.

Comunque è stato da parte nostra e nonostante gli ostacoli e le difficoltà evidenti, tentata ogni possibile azione che potesse presentare un sia pure modesto margine di successo (1).

162

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 819/161. Berlino, 16 gennaio 1942 (per. il 20).

In relazione alle notizie circa le ripercussioni che il recente Convegno anglo-russo di Mosca sembra avere avuto in Turchia, viene rilevata negli am

bienti politici tedeschi una certa ostentata soddisfazione del Governo di Ankara per .quanto sarebbe stato deciso fra Stalin ed Eden circa il problema degli Stretti.

In altre parole i turchi vorrebbero dare l'impressione di prestar fede alle assicurazioni britanniche secondo le quali essi nulla avrebbero da temere dall'intesa fra la Gran Bretagna e la Russia, il problema degli Stretti non essendo stato in modo alcuno pregiudicato.

Da parte tedesca mentre con una concorde campagna di stampa si cerca di aprire gli occhi ai turchi affermando che tale versione non è che una mera manovra propagandistica e che il Bosforo ed i Dardanelli costituiscono l'obbiettivo della politica russa, continuatrice dell'imperialismo czarista, come d'altra parte è stato chiaramente mostrato dalle richieste di Molotov a Berlino nel novembre 1940 (l); non si nasconde peraltro in ambienti responsabili un vivo disappunto per l'atteggiamento di maggiore distacco da Berlino che, specie dopo i recenti avvenimenti al fronte orientale, viene palesato da Ankara.

Tale atteggiamento, si è indotti ad ammettere qui con vivo riillCrescimento, sembra ulteriormente confermare l'opinione di coloro che nell'avvicinamento turco-tedesco hanno sempre voluto vedere una intesa non già fondata su solide basi politiche ma condizionata ai successi militari della Germania e destinata a maturare soltanto allorché tali successi si rivelassero decisivi (2).

(l) Il presente documento reca il visto di Mussollni.

163

L'ADDETTO MILITARE A ZAGABRIA, RE, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

R. 58. Zagabria, 16 gennaio 1942.

Dalle segnalazioni che pervengono dai Comandi e Enti italiani dislocati in Croazia, dalle Autorità croate, da quelle tedesche e da fonti varie, la situazione della ribellione cetnico-comunista risulta indubbiamente ae;gravata in questi ultimi due mesi ed è in prevedibile corso di ulteriore aggravamento.

Le cause di questo peggioramento, che si concreta in una maggior estensione e una maggiore aggressività della ribellione, possono essere le seguenti:

-azioni di rastrellamento compiute unilateralmente dai tedeschi in Serbia, che hanno avuto per risultato di riversare in Croazia buon numero dei nuclei ribelli e dei loro maggiori Capi;

-stagione invernale che, contrariamente a tutte le previsioni croate-tedesche, non ha affatto affievolita l'attività dei rivoltosi, ma ne ha anzi favorito la pericolosità, quasi obbligandoli ad agire nelle regioni più basse, di facilitazione. Per le contrapposte truppe regolari ha aumentato invece le difficoltà di movimento, di rifornimento, di stazionamento, di collegamento, ecc. neutralizzandone in buona parte le possibilità d'azione;

-accresciuta organizzazione nel campo ribelle, dovuta sia al tempo, che ha lavorato in favore dei rivoltosi, sia, probabilmente alla maggiore disponibilità di capi provetti fuggiaschi dalla Serbia;

-incapacità croata, malgrado il forte concentramento di truppe nella regione bosniaca, ad azioni di qualche efficacia. Le cause sono note e si possono riassumere in: insufficiente organizzazione dei reparti; basso livello di spirito combattivo sia negli ufficiali sia nelle truppe, come riflesso della generale depressione morale esistente nel Paese e in particolare nell'esercito regolare;

-insufficienza dell'azione germanica, dovuta alla scarsità numerica (e in parte anche qualitativa) delle truppe controllanti ampie zone: l'impossibilità di agire con successo ha indotto le forze tedesche a limitarsi a presidiare i centri più importanti, intervenendo solo saltuariamente, a lunghi intervalli, nelle zone di particolare interesse germanico o sulle principali linee di comunicazione;

-azione ustasa, ancora mal indirizzata e quindi suscitatrice quà e là di esasperazioni e reazioni.

Il complesso di queste cause ha portato progressivamente la ribellione, localizzata dapprima alla Romanja (est di Serajevo), sul Drina e nella regione contigua al Montenegro, verso l'interno croato e oggi, per limitarsi alla Bosnia non occupata da truppe italiane, tutto il quadrilatero Doboj-Konjice-VisegradBijelina è, più o meno, controllato dalle bande cetnico-comuniste che premono su Serajevo, e tutto il triangolo Bosanski Novi-Bosanska-Gradiska-Jaice è presso a poco nelle stesse condizioni con minaccia per Banja Luka. Non solo, ma anche a nord del Sava, in Slavonia, si sono rivelati pericolosi focolai attivi, e precisamente nella regione del Papuk attorno ai centri di Pozega e Pakrac.

È noto che da ieri è in corso una operazione di rastrellamento preparata in forze dal Comando germanico e attuata da truppe tedesche col concorso di forze italiane e di sette battaglioni croati (1). L'azione ha campo circoscritto alla regione di Serajevo, e cioè alla zona compresa tra i paralleli di Tuzla e Kalinoviki e i meridiani di Visegrad e Visoko. È opinione comune, espressa dallo stesso generale tedesco Glaise-Horstenau -considerato antico conoscitore di queste regioni -che tale operazione, benché organizzata non più unilateralmente ma in collegamento con noi nell'auspicato intento di rinserrare i ribelli, avrà risultati limitati e locali, nel senso che contribuirà ad alleggerire per un certo tempo la pressione su Serajevo ed a rendere meno pericolose le maggiori vie di comunicazione, ma non raggiungerà lo scopo massimo di eliminare i focolai della rivolta.

Non è dubbio che la rivolta può mantenersi a così alto potenziale perché:

0 ) è sostenuta, non dal solo spirito di reazione all'attuale regime croato, ma soprattutto dall'ideale nazionalista serbo profondamente sentito ed abilmente eccitato dalla propaganda jugoslavofila di Londra;

2°) è largamente appoggiata e favorita dalle popolazioni locali di origine serba.

Ritengo che ,queste caratteristiche siano generali per tutta la ribellione in Croazia, sia nella zona presidiata dalle truppe germaniche, sia in quella presidiata dalle nostre truppe.

La distinzione tra bande cetniche e bande comuniste è da ritenersi più che altro formale: la tendenza delle bande comuniste è evidentemente filo-sovietica più che nazionalista jugoslava, ma ambedue queste forme di ribellione hanno, per quanto ci riguarda, un comune obiettivo: l'Asse, un comune organizzatore ed animatore: il nemico. Così in Serbia, cosi in Croazia, così nella Slovenia italiana e tedesca.

Ne è prova il fatto che con la comoda scusa di non voler trattare e accordarsi con le Autorità della Croazia -che è d'altronde essa pure una creazione dell'Asse -le bande e le popolazioni che si dichiarano anticomuniste non hanno finora accolta con fiducia protezione né da noi né dai tedeschi e hanno decisamente rifiutato la consegna delle armi e, in .gran parte, il ritorno al lavoro pacifico, malgrado assicurazioni avute e riparazioni ottenute.

La violenta azione ustasa dell'estate scorsa ha certamente accelerato il processo di formazione della rivolta e ne ha più profondamente radicato lo spirito, ma è sicuro che, specialmente nella zona da noi occupata, ove tutto è stato posto ed è posto in opera con alto senso di giustizia e di imparzialità per ottenere una pacificazione degli animi, il permanere di forti nuclei cetnici attivi e l'atteggiamento delle popolazioni di estese zone sono indice di intenzioni tutt'altro che chiare per l'avvenire.

È d'altronde da qualche tempo diffusa impressione che bande cetniche e comuniste abbiano serrati maggiormente i loro rapporti e abbiano preso più stretto collegamento.

Quanto agli sviluppi futuri è da prevedere che:

-se non interverranno cause nuove, la ribellione potrà estendersi e rafforzarsi ulteriormente e recarci, specie con la buona stagione, danni di entità notevole, sia in linea generale, mantenendo in vaste regioni quello stato di insicurezza che ha già incominciato a provocare reazioni anche in altri settori della popolazione -ad es. i mussulmani -sia, specificatamente, portando il disordine sulle vie di comunicazione e in particolare provocando interruzioni sulle principali linee ferroviarie di collegamento con l'oriente europeo. Il fatto che focolai non trascurabili siano attivi in Slavonia e, fuori Croazia (sembra), nella regione ad oriente di Novi Sad, non può non destare preoccupazione per i transiti nel solco Danubio-Drava-Sava;

-per quanto riguarda la Croazia: le forze croate non è da ritenere che possano fare di più di quanto hanno fatto finora; quelle germaniche di presidio in Croazia, qualora rimangano dell'attuale entità (una diecina di battaglioni in parte di truppe territoriali), si rinchiuderanno nuovamente nei presidi che a loro interessa di proteggere e si limiteranno, quando necessario, a qualche puntata esterna con fini e risultati circoscritti.

È perciò probabile che, aggravandosi ed estendendosi la rivolta, si dovrà ricorrere nuovamente a noi, chiedendoci di nuovo quella occupazione alla quale recentemente, per evidenti motivi di politica croato-tedesca, non si è voluto arrivare, pur dopo averla prevista come prudente e tempestiva soluzione.

Qualora questo caso dovesse verificarsi è opportuno considerare che le popolazioni locali neutre Cmussulmani, croati e quella piccola parte di serbi che aspira effettivamente alla pacificazione), molto si aspettano da noi, forse troppo. Il che -mi permetto far presente per il complesso delle sensazioni che qui si hanno sull'ambiente croato-bosniaco -non dovrà !asciarci trascinare ad assolvere quei numerosi compiti di carattere interno che sarà certamente tendenza sia delle autorità sia delle popolazioni locali di affidarci, guardando invece esclusivamente agli scopi militari dell'occupazione, nell'interesse generale della guerra.

(l) -Vedi serle IX, vol. VI, D. 92. (2) -Il presente documento è vlstato da Mussollnl.

(l) Vedi D. 139.

164

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. 25/11 R. Roma, 17 gennaio 1942, ore 1.

Questo Ministro d'Afghanistan, dopo il caso Anzilotti (1), è venuto è ue giorni dopo a protestare contro certe affermazioni della nostra radio in persiano, ove annunziatore avrebbe in sostanza detto che il Governo afghano tradisce la causa del suo popolo, che è antibritannico. E poiché la comunicazione ci è stata fatta in tono relativamente brusco e chiedendo, fra l'altro, una risposta pressoché immediata, si è approfittato dell'occasione per fargli nettamente sapere quanto segue:

Il Governo afghano dà segni evidenti di nervosismo. Kabul non deve peraltro ritenere che l'espulsione degli italiani, comunque motivata. la richiesta Anzilotti, le sciocche angherie e sorveglianza disposte attorno a codesta R. Legazione, siena da parte nostra considerate come gesti amichevoli. Tanto niù che, a quanto ci risulta, gli inglesi fanno costì quello che credono o press'a poco e indisturbati. A tutto ciò fa d'altra parte riscontro la nostra assoluta correttezza, anche e sopra tutto nei confronti dell'ex Re Aman Ullah. Sicché occorre che quest'atteggiamento di neutralità che si afferma a Kabul ad ogni istante dì voler mantenere, sia poi in pratica effettivamente mantenuto.

In quanto alla radio in persiano avremo visto noi se tenere o no conto delle osservazioni afghane. Questo Ministero si propone di dargli al riguardo qualche generica e vaga assicurazione fra qualche giorno.

Tutto ciò conferma recente inasprimento nervosismo afghano nei riguardi Legazioni Tripartito da Voi segnalato. Sarà bene seguirlo da presso, come del resto già fate, tentando sopra tutto di accertare se ciò corrisponda a un clandestino proposito di riavvicinamento agli inglesi, o a una lenta cloroformizzazione dell'opinione pubblica afghana e al conseguente progetto di far trovare a un certo momento il Paese di fronte, ad esempio, a un accordo tipo Iran.

Conviene comunque tenersi, entro naturalmente certi limiti, alla maniera dolce, evitando inasprimenti e irrigidimenti che sarebbero, almeno per ora, intempestivi (1).

(l) Con T.s.n.d. 14/4 r. del 10 gennaio 1942, ore 19,45, Ciano aveva dato Istruzioni di Insistere affinché non fosse rimpatriato Il segretario della legazione Enrico Anz!lottl e In via subordinata d'ottenere che partisse solo dopo l'arrivo del suo successore.

165

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. S. N. D. 26/26 R. Roma, 17 gennaio 1942, ore 15.

Urgente segreto per Eccellenza Ciano (2).

Sola telegrafa (3) che in seguito nette richieste Rappresentante nordamericano, con ogni probabilità tutti Stati sudamericani adotteranno lunedì decisione rompere rapporti diplomatici con Potenze tripartito. Come estremo tentativo per impedire adozione tale misura, Sola e Ambasciatori Germania e Giappone hanno diretto separatamente Aranha lettere confidenziali dichiaranti che rottura relazioni non mancherebbe assumere aspetto guerra di fatto e libererebbe potenze tripartito da doveri nei riguardi Sudamerica. Sola ritiene tale dichiarazione possa avere peso anche per fatto Sumner Welles ha dichiarato America del nord non è interessata guerra estendasi Sudamerica perché necessità fornire aiuti per difesa supererebbe di gran lunga attuali possibilità Stati Uniti.

Sola sottopone eventualità che Italia Germania Giappone convalidino dichiarazione fatta dai tre Ambasciatori.

Ho portato il telegramma al Duce il quale pur approvando passo personale fatto di loro iniziativa dai tre Ambasciatori, giudica non convenga fare altre pressioni presso Stati Sudamericani sia per non prestarsi gioco nordamericani sia per non supervalutare decisioni Conferenza Rio.

Duce giudica cosa con massima calma e dichiara decisione rottura rapporti diplomatici da parte Stati sudamericani era da lui scontata e che rapporto forze fra Potenze Tripartito e suoi avversari non viene alterato ma anzi effettivamente entrata guerra Sudamerica che probabilmente in tempo più o meno breve farà seguito attuale decisione costituirà un peso per Stati Uniti obbligati provvedere difesa esteso continente sudamericano.

D'ordine del Duce ho informato Mackensen, ed è stato telegrafato a Tokio.

166

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. S. N. D. 2338 P. R. Budapest, 17 gennaio 1942 (4).

Prima ancora di ricevere il vostro telegramma n. 016 (5) ho convocato stamane questo Ministro di Romania al quale ho spiegato il carattere della

(-4) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

15 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

mia visita a Budapest. Questa visita rientra nel quadro normale dei rapporti di cordialità e di amicizia che abbiamo sempre avuto con l'Ungheria e nei colloqui avuti con i dirigenti della politica ungherese non è stato toccato alcun argomento che concernesse le relazioni ungaro-romene. Non vedo ragione perché il Governo romeno ne sia adombrato. Vogliate aggiungere ad Antonescu che nostra politica verso la Romania non è ispirata a minore cordialità ed amicizia, e di questo è mia intenzione dar prova in occasione del viaggio che mi propongo di fare prossimamente a Bucarest (1).

(l) -Per la risposta di Quaroni, vedi DD. 171 e 191. (2) -Ciano era in visita in Ungheria. (3) -Vedi D. 159. (5) -Vedi D. 156.
167

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, ATTOLICO

T. 1962 P. R. Roma, 18 gennaio 1942, ore 8.

Governo giapponese avrebbe proposito rafforzare suoi rapporti col Vaticano, sia direttamente a Roma, sia atraverso un atteggiamento più favorevole da adottarsi da parte nipponica verso organizzazioni cattoliche in Cina, nelle Filippine e, in generale, negli altri territori che passeranno sotto il suo controllo.

È ovvio il nostro interesse, se tale proposito, come pare effettivamente esiste, a favorirlo senza riserva. Né sembra vi possano essere da parte vaticana opposizione ed ostacoli ad appoggiarlo.

Il R. Ambasciatore a Tokio ritiene (2), da vaghi accenni fattigli al riguardo, che il Governo nipponico, appunto allo scopo di stabilire utili contatti con la Santa Sede, stia esaminando opportunità di avere a Roma, sull'esempio americano della missione Taylor, il suo speciale rappresentante, incaricato di mantenere tali contatti.

Vi prego di far presente alla Segreteria di Stato quanto precede. Dovreste orientare le vostre comunicazioni nel senso da far risultare che il suggerimento proviene da parte nostra, quantunque basato naturalmente sull'impressione concreta che l'atmosfera ed il terreno sembrano in questo momento a Tokio favorevoli ad una iniziativa del genere.

È superfluo sottolineare i vantaggi che potrebbero provenire da un rafforzamento dei rapporti vaticani con l'Impero nipponico che s'avvia rapidamente al controllo di una vastissima zona asiatica e di centri cattolici, sotto ogni riguardo, importante.

Se la Segreteria di Stato ritiene di poterei far cenno della sua disposizione ad entrare in questo ordine di idee -come vivamente speriamo -sarà nostra cura approfondire e concretare gli accenni fattici in proposito da Tokio nei modi e nelle forme più opportune.

Sarà bene che, data l'importanza della materia, intratteniate personalmente della questione il Cardinale Maglione, tenendo presente, per ragioni ovvie, la convenienza che l'iniziativa resti sotto la nostra egida e si svolga per il nostro tramite. Vi prego di riferire appena possibile (1).

(l) -Bova Scappa rispose con T.s.n.d. 549/66 r. del 20 gennaio, ore 18, quanto segue: «Antonescu Vi ringrazia di quanto Vi siete benignato comunlcargll. Egl! vi attende con molta Impazienza. Mi ha pregato dirvi che intende stablllre con V o! le basi per una «collocazione totale con l'Ital!a ». (2) -Vedi D. 145.
168

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 2044/46 P. R. Roma, 18 gennaio 1942, ore 22,30.

Vostro 31 (2).

Rafforzamento rapporti fra Santa Sede e Giappone non può essere da parte nostra che considerato con favore e siamo in conseguenza disposti ad appoggiare in ogni modo opportuno una eventuale iniziativa ai riguardo.

Per vostra informazione personale aggiungo che sono state date istruzioni al R. Ambasciatore presso la Santa Sede (3) di voler sondare la Segreteria di Stato al riguardo, orientando i suoi sondaggi in modo da far risultare che il suggerimento proveniente da parte nostra, quantunque naturalmente basato sull'impressione concreta che l'atmosfera e il terreno sembrano in questo momento a Tokio favorevoli a una iniziativa del genere.

Tenete presente convenienza, per ragioni ovvie, che iniziativa resti sotto la nostra egida e si svolg·a per il nostro tramite. Sarete appena possibile informato delle reazioni della Santa Sede al riguardo (1).

169

ACCORDO MILITARE TRA L'ITALIA, LA GERMANIA E IL GIAPPONE (4)

Berlino, 18 gennaio 1942.

Le Forze Armate Italiane e Tedesche e l'Esercito e la Marina Giapponesi concludono, ne~lo spirito del Patto Tripartito del 27 dicembre 1940 (5) ed in concordanza con l'Accordo tra l'It-alia, la Germania e il Giappone dell'll dicembre 1941 (6), un Accordo militare per assicurare la cooperazione nel campo operativo e distruggere nel minor tempo possibile la forza militare nemica.

l. Suddivisione delle zone per le operazioni.

Le Forze Armate Italiane e Tedesche e l'Esercito e la Marina Giapponesi condurranno, nell'ambito delle zone loro assegnate come segue, le operazioni militari necessarie.

(-4) In archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore del'Esercito.

1. Giappone: a) le acque ad oriente circa del 70° grado di longitudine est fino alle coste occidentali del continente americano e il continente e le isole <Australia,

Indie Olandesi, Nuova Zelanda ecc.) in esse comprese, b) il continente asiatico ad oriente circa del 70° grado di longitudine est.

2. Italia e Germania:

a) le acque ad occidente circa del 70° grado di longitudine est fino alle coste orientali del continente americano e il continente e le isole (Africa, Islanda ecc.) in esse comprese,

b) il Vicino Oriente, il Medio Oriente e l'Europa ad occidente circa del 70° grado di longitudine est.

3. Nell'Oceano Indiano le operazioni possono essere condotte anche oltre la linea sopra stabilita, a seconda della situazione.

II. Direttive per le operazioni.

l. Il Giappone condurrà le operazioni nei mari del Sud e nel Pacifico, cooperando con quelle italiane e tedesche contro l'Inghilterra e gli Stati Uniti dell'America del Nord. a) Esso annienterà le basi principali dell'Inghilterra, degli Stati Uniti dell'America del Nord e dell'Olanda nella Grande Asia Orientale e attaccherà o occuperà i loro territori che ivi si trovano. b) Esso cercherà di annientare le forze terrestri, navali e aeree nordamericane e inglesi nel Pacifico e nell'Oceano Indiano per assicurarsi il controllo del Pacifico occidentale. c) Nel caso in cui le flotte nordamericana e inglese si concentrino per la maggior parte nell'Atlantico, il Giappone intensificherà la guerra al traffico

in tutto il Pacifico e l'Oceano Indiano e inoltre invierà una parte della sua flotta nell'Atlantico e vi coopererà direttamente con le Marine italiana e tedesca.

2. L'Italia e la Germania condurranno le operazioni contro l'Inghilterra e gli Stati Uniti dell'America del Nord, cooperando con quelle giapponesi nei mari del Sud e nel Pacifico. a) Esse annienteranno le basi principali dell'Inghilterra e degli Stati Uniti dell'America del Nord nel Vicino e nel Medio Oriente, nel Mediterraneo e nell'Atlantico e attaccheranno o occuperanno i loro territori che lvi si trovano. b) Esse cercheranno di annientare le forze terrestri, navali e aree inglesi e nordamericane nell'Atlantico e nel Mediterraneo e di annientare il traffico commerciale nemico. c) Nel caso in cui le flotte inglese e nordamericana si concentrino per la maggior parte nel Pacifico, l'Italia e la Germania invieranno una parte delle

loro forze navali nel Pacifico e vi coopereranno direttamente con la Marina giapponese.

III. Punti principali della collaborazione militare.

l. Reciproco contatto per quanto riguarda i punti importanti dei piani di operazione.

2. Collaborazione nel campo della guerra al traffico, tra cui: a) reciproco contatto per quanto riguarda i piani della guerra al traffico, b) reciproco contatto per quanto riguarda lo svolgimento della guerra al

traffico, informazioni più importanti e quanto altro possa interessare in merito, c) nel caso in cui una delle parti contraenti intenda condurre la guerra al traffico al di fuori della zona di operazioni assegnatale, dovrà preventivamente informare le altre parti circa il proprio piano di operazioni per assicurare la collaborazione ed il reciproco appoggio nell'uso delle basi, nei rifornimenti, nell'approvvigionamento, riposo degli equipaggi, riparazioni ecc.

3. -Collaborazione per quanto riguarda la raccolta e lo scambio di informazioni importanti per le operazioni. 4. -Collaborazione nel campo della disgregazione militare del nemico. 5. -Collaborazione per assicurare la reciproca trasmissione di notizie militari. 6. -Collaborazione per la istituzione del collegamento aereo militare tra l'Italia, la Germania e il Giappone, per quanto lo consentano le possibilità tecniche, come pure per l'apertura della via marittima e dei trasporti marittimi attraverso l'Oceano Indiano.

In fede di che il Plenipotenziario del Comando Supremo delle Forze Armate Italiane, il Capo del Comando Supremo delle Forze Armate Tedesche e il Plenipotenziari del Capo del Grande Stato Maggiore Generale Imperiale Giapponese e del Capo dell'Ammiragliato Imperiale Giapponese hanno firmato il presente Accordo.

Fatto in originale italiano, tedesco e giapponese a Berlino il 18 gennaio 1942 -XX dell'Era Fascista, corrispondente al 18° giorno del primo mese del 17° anno dell'Era Syowa.

MARRAS

KEITEL

BANZAI

NAOKUNI NOMURA

(l) -Vedi D. 187. (2) -Vedi D. 145. (3) -Vedi D. 167. (5) -Vedi serie IX, vol. V, D. 649. (6) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 841 e 851.
170

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 474/95 R. Berlino, 19 gennaio 1942, ore 13,30.

Mio telegramma n. 68 {1).

Nei settori centrale e settentrionale del fronte russo, la battaglia iniziata il 12 corrente è tuttora in corso.

Per ,quanto la situazione derivatane si mantenga frastagliata e confusa -e malgrado si sia dovuto abbandonare per ragioni di interesse strategico il saliente di Mosca -negli ambienti di questo Alto Comando si dichiara che la situazione segna nel suo insieme un miglioramento.

Le truppe tedesche hanno infatti compiuto in parecchi settori efficaci contrattacchi e sembra di potersi rilevare nell'avversario segni di una certa stanchezza.

Sta di fatto che gli sforzi dei russi per superare il saliente di Rief e quelli per puntare in Smolensko dai Valdasi si sono finora infranti di fronte alla tenace resistenza tedesca.

(l) Vedi D. 146.

171

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 485/25 R. Kabul, 19 gennaio 1942, ore 18,40 {per. ore 21).

Vostro 11 (1). In data 14 corrente ho fatto a questo Ministro degli Affari Esteri comunicazione di cui al telegramma di V. E. n. 4 (2).

L'ho trovato in tono minore e poiché da altri. elementi mi risultava che mia sparata precedente aveva avuto effetto sono stato con lui molto cortese nella forma ma molto reciso nella sostanza.

Ho insistito sopratutto sul fatto che dati precedenti lontani e vicini sua richiesta era da noi considerata come atto poco amichevole: è anzi solo indirettamente che gli ho detto che eravamo ancora disposti consentire cambio Anzilotti, quanto a sua richiesta se mia dichiarazione annullava accordi precedenti gli ho risposto negativamente.

Si è dilungato sull'amore che l'Afghanistan ha per noi, gli ho fatto osservare che questo amore per ora si era manifestato nella specificazione delle aspirazioni afghane sull'India e promesse di collaborazione avvenire tanto ampie che vaghe e che erano state accompagnate da tanto evidenti menzogne da togliere molto del loro valore, in pratica noi avevamo parole e gli inglesi avevano i fatti.

Mi ha chiesto cosa doveva fare Governo afghano per dissipare nostri sospetti suo riguardo: gli ho risposto che accorrevano fatti concreti e caso Anzilotti ne è uno.

Mi ha . detto allora che non poteva rispondermi senza prima consultare Primo Ministro: ho risposto non avevo nessuna fretta.

Ripeto che conversazione a differenza precedente è stata in tono amorevole: a tutt'oggi non ho avuto risposta né mi propongo insistere tanto più Governo afghano se intende far marcia indietro probabilmente per salvare faccia non

(Vedi D. 164.

ci dirà che rinuncia sua richiesta ma si limiterà lasciare cadere questione. Avremo lo stesso in tal caso un paio mesi di respiro, d'altra parte nell'attuale situazione non conviene insistere per puntini sugli i.

(2) Vedi D. 164, nota 1.

172

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 504/64 R. Bucarest, 19 gennaio 1942, ore 21,30 (per. ore 7 del 20).

Questo Ministro di Germania mi ha detto che richiesta rivolta dal Filhrer al Conducator per le operazioni della prossima primavera non porta un numero preciso di divisioni ma si limita puramente domandare «mobilitazione generale ~ esercito romeno. Egli ha aggiunto che nessuna condizione esplicita è stata finora avanzata da parte romena come contropartita politica della richiesta tedesca la quale è tuttora allo studio. Circa reazione romena riferisco con telegramma per corriere odierno Cl). Barone Von Killinger ha poi precisato che il problema di una eventuale revisione lodo arbitrale di Vienna non è considerata a Berlino come di attualità.

173

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 597/013 R. Zagabria, 19 gennaio 1942 (per. il 23).

Movimento di qualche nostro reparto nella terza zona di occupazione in Croazia e voci corse circa nostro rafforzamento nella seconda, hanno fatto diffondere in questi ambienti la notizia che l'Italia tenderebbe a disinteressarsi, dal punto di vista militare, del territorio oltre la linea demilitarizzata, per concentrare le sue truppe nella fascia costiera entro le Dinariche.

Si osserva che questo provvedimento militare non potrebbe avere attuazione immediata, in quanto sono in corso le operazioni concordate coi tedeschi in Bosnia, e che dovrebbero aver termine per la fine di gennaio. Tuttavia la notizia ha destato qualche preoccupazione anche in alcuni uomini di Governo, che considerano la presenza delle truppe italiane nella terza zona come una sicura garanzia e un notevole alleggerimento per i compiti che debbono assolvere le forze armate croate. Si ravviserebbe invece quanto mai opportuno, specialmente in vista di un probabile affluire di nuove bande ribelli dalla Bosnia, perché sospinte dall'azione di rastrellamento in corso, un rafforzamento dei nostri Presidi nei centri strategici importanti della terza zona, con lo scopo di dare sicurezza alle località più abitate e tenere libere da ogni minaccia le vie di comunicazione.

II Ministro degli Esteri ha voluto esprimermi questo avviso, sottolineando la possibilità che, sopratutto nella terza zona, potrebbe attuarsi una concreta collaborazione militare tra reparti italiani e croati, agli ordini del Comandante della nostra Armata.

La collaborazione stabilitasi tra le truppe tedesche e croate nella Bosnia, secondo il Ministro Lorkovic, non ha potuto dare risultati positivi, perché troppo scarse erano le forze tedesche, mentre egli è del parere che con contingenti maggiori quali quelli di cui già dispone l'Armata italiana, tale azione comune potrebbe dare ottimi frutti per debellare i ribelli e pacificare la zona.

In tema di collaborazione militare, va qui facendosi strada una corrente favorevole, che sostiene la necessità di progredire sulla via delle realizzazioni. II Ministro Lorkovic è tra i fautori di tale indirizzo, e vede che il pratico svolgimento di questo programma dovrebbe concretarsi proprio nell'ambito della n Armata.

Egli mi ha anche detto che il Maresciallo Kvaternik, vinte le resistenze di alcuni elementi del suo Stato Maggiore, sarebbe venuto nella determinazione di interessare di quanto sopra l'E. V. e il Capo di Stato Maggior Generale, nei colloqui che avrà a Roma in occasione della sua visita.

Mi risulta che questo Capo della Missione Militare è stato invitato a redigere uno schema di collaborazione in tal senso, e che nelle conversazioni che ha avute si è parlato di dislocazione di reparti dell'Esercito e di Ustascia, a contatto con le truppe italiane per l'addestramento, col concorso di nostri ufficiali.

Col Sottosegretario per la Sicurezza Pubblica ho avuto un colloquio, da lui provocato, sull'argomento della pacificazione nella II Zona. Nel corso di tale colloquio, egli si è intrattenuto particolarmente sulla necessità di svolgere una azione a fondo, contro l'elemento comunista, isolandolo dal resto delle popolazioni, siano esse croate che serbo-ortodosse. «Soltanto così, egli mi ha detto, sarà possibile evitare 11 dilagare della ribellione. Ci sono -ha aggiunto comunisti politici che circolano ancora indisturbati e svolgono propaganda fanno spionaggio nelle città e nei Paesi, e che devono essere individuati, sorvegliati ed eliminati; ci sono comunisti armati che hanno costituito bande di partigiani; ci sono infine i cetnici che sono residui dell'Esercito jugoslavo, collegati in un modo o nell'altro coi comunisti, anche se alcuni di essi, per ragioni evidenti, si dichiarano ai comandi italiani anticomunisti. Questi sono i nostri nemici, e dobbiamo combatterli insieme».

Dal canto suo il Poglavnik, in una conversazione che ho avuta con lui ieri, mi ha confermato di avere impartito istruzioni ai Prefetti delle Zupanje comprese nella II zona, affinché svolgano opera concorde coi nostri Comandi e diano alle popolazioni, anche ortodosse, assistenza e lavoro. Mi ha citato in proposito l'attività del Prefetto di Knin (Tenin) che, in pieno accordo con le nostre Autorità Militari, sta attuando un'azione pacificatrice riconosciuta anche dal nostro Comando locale.

Il Poglavnik si è dichiarato deciso a sostituire quei Prefetti e quei Capitani Distrettuali che non dimostrino la stessa buona volontà. Ha aggiunto che nella Slavonia e nel Sirmio le popolazioni ortodosse (interi villaggi) sono tranquille e pacificate; ogni conflitto o attrito con l'elemento croato ed ustascia, va scomparendo, anche per l'estendersi delle conversioni al Cattolicesimo. Egli è sempre più convinto che l'unità nazionale e la tranquillità degli spiriti saranno raggiunte con l'unità religiosa, ad eccezione dei mussulmani, per i quali la fede religiosa non costituisce movente di perturbazione.

Il Poglavnik mi ha detto che in questo suo programma di conversione degli ortodossi al Cattolicesimo ha trovato ::!ppoggio nel Clero, sopratutto da parte Delegato Apostolico, mentre resistenze vengono mosse da parte tedesca. Egli si augura che nelle zone di occupazione italiana venga facilitato tale suo indirizzo, che varrà a limitare i focolari di ribellione ed allontanerà il pericolo di accordo o connivenza tra comunisti e ortodossi, la qual cosa determinerebbe un serio aggravamento della situazione nella prossima primavera.

(l) Vedi D. 175.

174

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RR. S. N. D. PER CORRIERE 598/015 R. Belgrado, 19 gennaio 1942 (per. il 23).

Fatto più notevole politica interna Serbia è attualmente assunzione diretto comando forze armate serbe da parte Presidente Consiglio Generale Nedic.

Tale fatto è stato diversamente interpretato, specie negli ambienti locali che ancora attribuiscono qualche importanza a persistenti lotte che si svolgono intorno a Nedic (e alle quali il Comando germanico si guarda bene dal porre un fermo diretto) fra rimasugli antichi partiti serbi e meglio jugoslavi. Seguaci di Ljotic, seguaci di Stojadinovic, democratici, radicali, altre sfumature ex-jugoslave. È un'alchimia costante, di carattere prettamente locale, alla quale si avrebbe torto di attribuire altra portata se non quella che invece di presentare un fronte unico anti-comunista tra non molti seguaci attuale Governo serbo, presenta una massa disunita. È anche da rilevare ancora una volta che ribelli più attivi e più disciplinati alle direttive Londra-Mosca sono certamente comunisti. Ma fra ribelli non vi sono soltànto comunisti, e fra varie gradazioni seguaci Nedic, simpatie non dubbie vanno -e sono da ricercare fra più alte gerarchie -alle varie categorie di ribelli.

Di fatto con assunzione comando forze armate serbe, e con evidente consenso Comando germanico, Nedic rafforza sua posizione, anche se assume definitiva responsabilità di fronte Comando stesso. Immediata interpretazione locale è che provvedimento tende fra l'altro a porre sotto suo controllo forze sinora eccessivamente autonome. Tra esse in primo luogo reparti anticomunisti di Ljotic, cui viene rimproverato nella loro azione, pur riconosciuta efficacissima, esagerazioni di sistemi, soprusi a scopo personale ecc. Del pari decreto mira a forze cetniche fedeli, se sarà possibile inquadrarle.

Un decreto precedente prevede fusione di tutte le forze dipendenti da Governo Nedic in un unico corpo gendarmeria serba. Anche qui questione principale è disarmo e inquadramento cetnici. Nuovo corpo è previsto tuttavia soltanto per prossima primavera.

Fenomeno di primo piano è sempre occupazione di larga parte territorio serbo da parte dell'Esercito bulgaro. Tale occupazione non ha attualmente, come apparirebbe da comunicazioni Governo bulgaro a R. Ministro in Sofia (Vostro telegramma per corriere n. 1492 P.R./C in data 14 gennaio c.a.) (l) carattere di contributo ad operazioni militari in Serbia. Tale contributo è, se mai, essenzialmente indiretto. Non vi sono operazioni militari in corso nella zona in questione (che del resto è stata sempre la meno accesa, roccaforte ribelli essendo Serbia Occidentale) e sinora occupazione si è svolta senza incidenti e in modo assolutamente pacifico. Stessa divisione germanica, disimpegnata da truppe bulgare, non è stata diretta su ribelli in altra zona, ma avviata al Fronte Orientale. Questo rimane motivo centrale situazione ed in particolare dell'occupazione bulgara.

Reazione popolazione così categoricamente ostile nel primo momento, ha subito grandi variazioni. Così grandi che oggi si assommano in un'affermazione generale, così spesso ripetuta, che sembra una parola d'ordine, e un modo di convincere coloro stessi· che la proclamano: meglio i bulgari che i tedeschi.

Vi sono ragioni contingenti: bulgari e serbi non hanno medesimo linguaggio ma possono capirsi tra di loro senza difficoltà; ciò che non avviene tra serbi e tedeschi; popolazione serba vede partire e senza alcun rimpianto, Germanici che nella maggioranza ha considerati per mesi come oppressori; infine reparti bulgari pongono cura meticolosa non solo nel non provocare incidenti, ma anzi nell'ingraziarsi popolazioni territori occupati.

Per contro centri anticomunisti serbi insistono di fronte occupazione bulgara, nel più netto pessimismo. A parte fatto che tali centri quasi costantemente si identificano con quelli nazionalisti ed ultra-nazionalisti, loro argomentazione è che occupazione larga parte territorio serbo da parte esercito bulgaro (che essi irreducibilmente affermano largamente inquinato da comunismo) sarà uno dei fattori principali larga ripresa azione comunista (e si potrebbe aggiungere più largamente, dei ribelll), in primavera, nella Penisola Balcanica.

In Belgrado corre insistente voce che stessa Capitale sarà tra breve occupata da truppe bulgare. Tale voce non trova attualmente riscontro in ambienti Comando militare Serbla. Opinione media è che sia possibile a seconda circostanze, che ad esercito bulgaro venga affidata protezione intera linea ferroviaria SofiaNish-Belgrado (che già presidia in massima parte) sino a stazione Belgrado.

175

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 657/017 R. Bucarest, 19 gennaio 1942 (per. il 26).

Questo Ministro di Germania sr e recato a Predeal dove soggiorna il Conducator per rimettergli un messaggio del Fiihrer relativo .alla nota questione

del concorso militare romeno alla prossima campagna primaverile contro

l'U.R.S.S. Come vi ho segnalato con precedenti mie comunicazioni {1), il Con

ducator fin da alcuni mesi fa aveva previsto di rimettere in efficienza almeno

venti divisioni di prima linea. Naturalmente egli non intendeva che tutto il po

tenziale bellico romeno dovesse essere impiegato in una grande offensiva al

l'est. Le riserve che egli faceva già sulla possibilità per la Romania di uno sfor

zo così cospicuo in un'unica direzione sono ora divenute perplessità in seguito

all'ingresso dei bulgari nel Banato serbo e ai propositi che si attribuiscono agli

ungheresi -qui smisuratamente e naturalmente gonfiati -di rivendicare a

fine guerra <anche la totalità della Transilvania.

Il problema che si dibatte in questo momento è il seguente. Il Maresciallo Antonescu ha detto ai tedeschi quello che aveva detto a me due mesi or sono e cioè che egli si proponeva di mettere in linea venti divisioni più cinque di riserva. Senonché il Capo di S. M. Generale Jacobici ha apertamente dichiarato al Conducator che egli non assume alcuna responsabilità circa un impegno simile, che a suo avviso la Romania e per lo sforzo già fatto e in considerazione della situazione politica internazionale non può garantire che al massimo dieci divisioni nella campagna all'est.

La questione è aperta. Il Maresciallo Antonescu è propenso a basarsi sulla garanzia alle frontiere romene che l'Asse gli ha dato con l'arbitrato di Vienna e crede con uno sforzo massimo costituirsi titoli tali davanti al Fiihrer e al Duce da indurre gli arbitri dell'Europa di domani a tener conto delle aspirazioni romene al Nord. Lo stato maggiore invece assai perplesso di fronte all'atteggiamento ungherese, convinto che l'Ungheria s'impegnerà con molta discrezione all'est, preoccupato del cosiddetto « accerchiamento » bulgaro dal sud e dall'ovest, intende mantenere disponibili un certo numero di divisioni per le altre frontiere romene.

(l) -Ritrasmetteva il T. per corriere 252/03 r. del 2 gennaio 1942, 251/05 r. del 5 gennaio 1942, 250/011 r. del 6 gennaio 1942, di Magistrati. Per il primo vedi D. 95; gli altri due non sono pubblicati. (2) -Vedi DD. 110, 126 e 172.
176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 19 gennaio 1942 ~2).

Riassumo brevemente i colloqui che ho avuto con gli uomini politici ungheresi durante il mio recente soggiorno a Budapest.

Reggente Horthy. Ho trovato il Reggente abbastanza in buona salute nonostante che evidenti fossero le traccie della malattia avuta nelle scorse settimane. È dimagrito notevolmente ed è invecchiato. Ha perso un po' della vivacità che lo distingueva, e spesso, sia in occasione di cerimonie o colloqui che durante la caccia, ha lasciato apparire i segni di una improvvisa stanchezza.

Sopratutto ha parlato della situazione sul fronte orientale. Egli ritiene che nonostante le gravi condizioni che l'offensiva russa ha determinato per l'eser

cito germanico, sia possibile fissare una linea di svernamento non troppo arretrata e tale da permettere una ripresa offensiva in primavera. Durante il soggiorno di Rlbbentrop a Budapest (1), sono state fatte sull'Ungheria vive pressioni affinché si proceda alla mobilitazione generale. Il Reggente è disposto ad intensificare la partecipazione alla guerra ma non intende giungere ad una mobilitazione generale. È trattenuto dal far ciò da due ordini di ragioni: l 0 ) perché l'Ungheria non ha nessuna eccedenza di mano d'opera -non ha prigionieri di guerra, non può far venire lavoratori stranieri, ecc. -ed un eccessivo richiamo di gerite alle armi influirebbe in modo gravissimo sull'economia del paese; 2°) perché l'attenzione magiara è ancora e soprattutto rivolta contro il popolo romeno. È vero che le frontiere della Transilvania sono garantite dall'Asse ai termini dell'Arbitrato di Vienna (2), ma il Reggente è ugualmente convinto che se qualche imprevedibile evento modificasse profondamente la situazione militare dell'Europa, i romeni non esiterebbero a fare un ennesimo voltafaccia e a gettarsi contro gli ungheresi. Da ciò deriva la necessità di mantenere un forte potenziale militare disponibile ai fini anti romeni. Il Reggente ripete ad ogni secondo momento la sua convinzione che l'Asse uscirà vittorioso dalla guerra, ma dal suo parlare traspare, e spesso appare chiaramente, un fondo di prevenzione che raggiunge talvolta l'ostilità, nei confronti dei tedeschi. Ha lasciato capire che le richieste di von Ribbentrop sono state avanzate in forma che lui ha poco gradita, e attende dal prossimo arrivo a Budapest di von Keitel pressioni ancora maggiori (3). Nei nostri riguardi riafferma, e con indubbia sincerità, la vecchia e convinta amicizia: si augura che la soluzione del conflitto mondiale permetta ancora all'Italia di esercitare nell'Europa centrale e danubiana una effettiva influenza. In questo vede la migliore garanzia della indipendenza politica e morale del popolo ungherese.

Anche Bardossy si è espresso in termini più o meno analoghi a quelli usati dal Reggente. Nonostante che le notizie dal fronte russo non siano state, durante i giorni della mia permanenza a Budapest, particolarmente favorevoli e benché anche dall'interno della Germania giungano spesso voci di malcontento e di disagio, che in Ungheria sono accolte con innegabile compiacimento, Bardossy è convinto che la Germania, superate le difficoltà dell'inverno, travolgerà i russi e che, sia pure attraverso una guerra ancora dura e lunga, l'Asse uscirà vittorioso dalla prova. Egli guarda invece con una notevole preoccupazione lo sviluppo della situazione nei Balcani. Ritiene che Serbia, Croazia, Montenegro e forse la stessa Bulgaria possano riservare sgradevoli sorprese nel futuro: giudica quindi necessario per il suo paese di mantenersi pronto a parare la minaccia che può profilarsi nei paesi balcanici e che assumerebbe ben più vaste proporzioni se gli inglesi tentassero e riuscissero a compiere uno sbarco in Grecia o in Bulgaria.

Tutti gli altri uomini politici ungheresi coi quali ho avuto occasione di parlare si sono espressi in modo su per giù analogo. Tra i tanti colloqui mi sembra opportuno ricordare quello avuto col Conte Bethlen che è venuto a cercarmi per dire, dopo aver ringraziato per l'opera svolta dall'Italia in favore

del suo paese, come sul suo conto circoli la voce che egli sia di sentimenti anglofili. Egli teneva a smentire nettamente una tale diceria assurda ed ingiustificata. Bethlen è convinto che se l'Inghilterra vincesse la guerra, abbandonerebbe tutta l'Europa balcanica all'influenza moscovita e regolerebbe il sistema politica centro europeo attraverso una nuova forma di Piccola Intesa, gravitante su Belgrado e su Praga e diretta a soffocare il dinamismo ungherese. Perciò come patriota magiaro non può che deprecare una simile eventualità ed augurarsi di tutto cuore la vittoria dell'Asse.

Credo utile prendere nota di questa dichiarazione del Conte Bethlen perché, per quanto egli oggi non abbia una situazione ufficiale, è tuttavia considerato l'uomo politico più eminente dell'Ungheria, e lo stesso Reggente, parlandomi delle precarie condizioni di salute del Presidente Bardossy, che potrebbero anche causare il suo abbandono della carica, ha fatto cenno alla possibilità di un ritorno al Governo del Conte Bethlen.

A Budapest non si sente la guerra. Non si sente da un punto di vista materiale perché la città è illuminata, il traffico appare quasi normale, i consumi sono sottoposti a poche limitazioni, più formali che effettive. Il pane è bianco, esattamente come prima della guerra, ed è abbondante come allora. E non si sente neppure sotto l'aspetto morale, perché lo sforzo finora compiuto dagli ungheresi è stato minimo. Attualmente anche il piccolo contingente militare dislocato verso la Russia ha preso i quartieri d'inverno in comodi villaggi nelle terze linee. Conviene subito aggiungere che nessuno è ansioso di fare di più, anche se l'Ungheria si prepara ormai ad una partecipazione più larga al conflitto. Ma ciò è accettato obtorto collo, sotto le pressioni continue e non gradite della Germania.

Stato d'animo magiaro nei nostri riguardi: ottimo. Nei riguardi dei tedeschi: formalmente perfetto, sostanzialmente cattivo. A renderlo tale hanno contribuito due cose: l 0 ) la paura di una crescente influenza germanica sull'Ungheria tale da distruggere, almeno di fatto, quella indipendenza nazionale alla quale il popolo magiaro è attaccato con un esasperato patriottismo; 2°) l'atteggiamento di preferenza per la Romania ostentato dai tedeschi in più di una occasione. Gli ungheresi non arrivano a rendersi conto di come i tedeschi dimentichino adesso la politica romena di aperta ostilità alla Germania durata venti anni e possano mostrare così cordiale fiducia in un popolo che, secondo il giudizio magiaro, è pronto a tradire al primo canto del gallo.

Comunque, nonostante le tante riserve e i molti disagi di ordine spirituale che travagliano attualmente il popolo ungherese, è certo che l'Ungheria marcerà fino in fondo a fianco dell'Asse.

Il problema che ricorre immancabilmente in ogni conversazione è quello della successione alla Reggenza. Qualche settimana fa il giudizio pessimista dei medici poneva questo problema all'immediato ordine del giorno: adesso si spera che possa essere rinviato e tale è l'augurio di tutto il popolo ungherese, unanimemente raccolto intorno alla persona dell'Ammiraglio Horthy.

Comunque le candidature che sono apparse sono due. L'Arciduca Albrecht che ha dietro di sé -sembra -il consenso e l'appoggio della Germania e dei germanofili; Stefano Horthy, figlio primogenito del Reggente, che raccoglie la grande maggioranza dei suffragi. Tutti sono concordi nel dire che se

esiste al mondo un individuo sprovvisto delle più elementari virtù per assumere una così alta dignità, questo individuo è proprio il giovane Horthy, che, giunto alla quarantina, non ha dato la benché minima prova di alcuna qualità positiva. Ma è un ungherese puro. E tanto basta perché persino i legittimisti, nell'ora attuale, antepongono la sua candidatura a quella di un Arciduca di Absburgo dietro il quale però appere l'ombra temuta del Reich germanico.

(l) -Vedi DD. 110, 126 e 172. (2) -La parte sostanziale di quseto appunto era già stata redatta a Budapest da Ciano il 15 gennaio, dopo l colloqui con Horthy e Bardossy. Vedi Ciano, Diario 1939-1943, cit., p. 114. (l) -Vedi DD. 119 e 132. (2) -Vedi serie IX, vol. V, D. 524. (3) -Vedi D. 181.
177

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. R. u. 1161/AG. Torino, 19 gennaio 1942 (per. il 20).

In ottemperanza alle istruzioni impartite telefonicamente dal Marchese d'Ajeta il mattino del 19 corrente, si rimette, qui unito, per opportuna riservata notizia di V. E., copia di una nota verbale consegnata dal Capo di Gabinetto dell'ammiraglio Duplat.

Nel consegnarla, l'Ufficiale francese ha aggiunto che, in attesa di un regolamento della questione, la Delegazione francese ha avuto ordine di non vistare il passaporto del conte Zoppi per recarsi a Vichy e che il Governo francese non designerà le persone qualificate a trattare con V. E. in Parigi.

Nessuna risposta verrà data per ora a tale nota francese, la quale sarà sottoposta all'esame dell'Ecc. il Ministro, al suo ritorno da Budapest.

ALLEGATO

LA DELEGAZIONE FRANCESE ALLA COMMISSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO

NOTA VERBALE.

J'ai fait part à l'Amiral Duplat, Président de la D.F.C.I.A., de Votre communication verbale relative à la désignation pour Vichy, comme Consul Général, de M. le Cons.eiller de Légation Zoppi (1).

L'Amiral Duplat s'est montré extrèmement surpris de recevoir cette communication avant d'avoir été informé de la sui te donnée aux demandes qu'il a vai t faites à S. E. le Général Vacca Maggiolini, au sujet de la représentation diplomatique française en Italie. Il a néanmoins porté ce renseignement à la connaissance du Gouvernement Français.

Ce dernier fait savoir que l'installation de M. Zoppi à Vichy ne saurait avoir lieu avant qu'un accord soit intervenu entre les Gouvernements Italien et Français relativement à l'établissement respectif de missions à Vichy et à Rome.

Il ne peut y avoir analogie entre la désignation de M. Zoppi et celle du fonctionnaire de la Wilhelmstrasse qui se trouve actuellement à Vichy: en effet, la présence à Vichy de M. Krug von Nidda n'a été admise qu'après la conclusion d'un accord de principe, actuellement en voie d'exécution, entre les Gouvernements Français et Allemand en

vertu duquel l'envoi d'une mission à Berlin et la réouverture de certains de nos consulats en Allemagne ont été autorisés par le Reich.

Il apparait au Gouvernement Français, dans ces conditions, indispensable, autant pour l'installation à Vichy de M. Zoppi que pour la définition des rapports de M. l'Ambassadeur Buti avec les Autorités françaises, que les questions exposées par l'Amiral Duplat à S. E. le Général Vacca Maggiolini soient réglées préalablement.

L'Amiral Duplat souhaiterait que ces considérations soient exposées d'urgence à

S. E. le Général Vacca Maggiolini.

(l) Vedi D. 149, ultimo capoverso.

178

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 503/64 R. Madrid, 20 gennaio 1942, ore 3,15 (per. ore 12).

Ambasciatore di Germania ha ricevuto da von Ribbentrop istruzioni a suo tempo richieste circa convegno Franco-Salazar (mio telegramma n. 17) (1). Esse sono quelle di far ottenere attraverso Spagna:

lo -che si nifforzi nel Portogallo concetto della più assoluta neutralità; 2° -far intendere al governo portoghese che nel caso esso solleciti intervento armato Spagna dietro truppe spagnole vi saranno quelle del Reich.

179

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 510/65 R. Madrid, 20 gennaio 1942, ore 4,15 (per. ore 17).

Serrano che mi aveva preannunziato convegno con Salazar nel corso di questa settimana (mio telegramma n. 48) (2) mi ha detto oggi che Generalissimo intende anzi tutto compiere progettato viaggio a Barcellona (mio telegramma n. 62) (3) previsto secondo lui per il 26 corr. e poi incontrarsi con Presidente del Consiglio portoghese, ciò che potrebbe avvenire alla fine del mese.

Poiché ho fatto presente a Serrano difficoltà che tale ritardo comporta ed in special modo pressioni che anglo-americani avranno modo e tempo esercitare, Ministro Esteri mi ha risposto di condividere tali timori, ma che Generalissimo non ha voluto mutare suo programma. Impressione mia e di questo Ambasciatore di Germania, cui Serrano ha fatto le stesse comunica

zioni, è che Caudillo desideri attendere risultati Conferenza Rio Janeiro per regolare in conseguenza suo linguaggio ed atteggiamento. Telegrafato Roma e Lisbona 0).

(l) -Vedi D. 115. (2) -T. s.n.d. 350/48 r. del 16 gennaio 1942, ore 0,40, non pubbllcato, riferiva anche circa l'importanza che 11 convegno Salazar-Franco avrebbe potuto esercitare sull'atteggiamento del paesi del sud America. (3) -T. 481/62 r. del 19 gennaio 1942, ore 20,35, non pubbllcato.
180

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 548/68 R. Bucarest, 20 gennaio 1942, ore 21,15 (per. ore 3 del 21).

Mio telegramma n. 31 (2).

Mihai Antonescu, in tema di collaborazione militare con la Germania, ha avuto oggi motivo di precisarmi come si è pervenuti, attraverso uno scambio d'idee tra i due Governi, all'odierna situazione. Conducator, egli mi ha detto, rimase alquanto impressionato da proclama a suo tempo emanato dal Ftihrer in occasione assunzione comando esercito. Fatto che egli aveva rievocato sacrifici di due anni guerra e aveva anche fatto accenni sentimentali alle condizioni fisiche della sua persona (quasi cecità ecc.) gli aveva dato impressione che cose non procedessero per il meglio dal punto di vista militare. Egli aveva quindi subito chiamato questo Addetto Militare tedesco che lo aveva peraltro rassicurato.

Ciò nondimeno egli aveva creduto inviare immediatamente al Fiihrer messaggio col quale offriva alla Germania completa collaborazione militare della Romania. Fiihrer rispondeva a sua volta con calda lettera, nella quale tra l'altro si esprimeva in termini molto elogiativi su comportamento forze italiane combattenti in Russia, accettando profferte romene e chiedendo «il massimo sforzo per la prossima primavera». Maresciallo Antonescu ha tuttavia precisato al Fiihrer che egli, malgrado ogni migliore intenzione, non poteva non tener conto situazione creatasi alle frontiere, evidentemente nei riguardi bulgari e più precisamente ungheresi, e che pertanto non avrebbe potuto mettere in campo nella lotta contro il bolscevismo più di dieci divisioni.

181

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 54/24 R. Budapest, 20 gennaio 1942, ore 22,30 (per. ore 7,30 del 21).

Mio telegramma n. 22 (3).

Ho veduto oggi Maresciallo Keitel che ha iniziato sue conversazioni con Stato Maggiore ungherese per definire questioni maggiore partecipazione Unghe

rla azioni militari contro U.R.S.S. Keitel mi ha soltanto accennato andamento operazioni in Russia che egli considera con ottimismo; viceversa Bardossy mi ha detto aver lungamente parlato col Maresciallo per ripetergli quanto aveva già formato oggetto sue conversazioni con Ribbentrop e riferito ampiamente a V. E.: essere cioè Ungheria disposta partecipare in maniera più attiva alla guerra entro determinati limiti che devono essere fissati tenendo presente:

0 ) guerriglia balcanica che ormai ha carattere endemico e che domani potrà domandare presenza armata Ungheria;

2°) comunismo, slavismo e ortodossia che fanno del territori limitrofi all'Ungheria un vasto quanto pericoloso campo di azione;

3°) velleità anglo-sassoni effettuare sbarchi in Tracia o comunque nella penisola balcanica;

4°) ultimo e non minore argomento l'assoluto dovere per l'Ungheria dl sorvegliare la vicina Romania poiché anche se Antonescu è adesso fedele all'Asse non è assolutamente sicuro che egli possa reggere in eterno destini suo paese.

Compensi territoriali partecipazione ungherese sempre tenendo presente quanto sopra, saranno fissati dai rispettivi Stati Maggiori con Keitel il quale si fermerà ancora due giorni Budapest. Comunque tale partecipazione non rivestirà carattere mobilitazione generale e dovrà incidere il meno possibile sulle riserve agricolo-industriali del paese le quali sono naturalmente a disposizione Potenze Asse ma che appunto per questo non dovranno essere esaurite da uno sforzo militare troppo intenso.

(l) -Con successivo T.s.n.d. 525/68 r. del 20 gennaio 1942, ore 16,40, Lequio comunicò ancora quanto segue: «Avuto modo di nuovamente intrattenere questo Ministro degli Affari Esteri su progettato convegno con Salazar e di esprlmergl1 dubbio se esso possa aver luogo dato rinvio e possibilità pressione anglo-americana. Ministro mi ha detto modo più preciso che Governo portoghese ha accettato invito e che pertanto Incontro dovrà senz'altro avvenire dopo visita Franco a Barcellona ossia fine mese». Con T.s.n.d. 627/80 R. del 24 gennaio, ore 15,05, non pubblicato, Lequio comunicò che l'incontro Salazar-Franco era previsto per il 3 gennaio. (2) -Vedi D. 126. (3) -Si tratta del T.s.n.d. 370/22 r. del 16 gennaio ore 21 non pubbl!cato, con Il qualeAnfuso confermava la visita di Keitel a Budapest per il 20 gennaio.
182

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 2092/167 P. R. Lisbona, 20 maggio 1942, ore 22,33 (per. ore 9,15 del 21).

Mio telegramma n. 163 (1).

Segretario Generale Ministero degli Affari Esteri ha anche oggi risposto evasivamente a richiesta relativa incontro Franco-Salazar. Ciò mi conferma impressione che incontro sia subordinato nel tempo, come sembrami naturale, a conclusione lavori Conferenza Rio de Janeiro, e a soluzione incidente Timor.

E poiché da voci provenienti da Madrid incontro Salazar-Franco pare sia ostacolato da Londra, è da supporre che lungaggini per definitiva soluzione questione Timor, abbiano da parte inglese anche scopo ritardare più possibile previsto convegno.

Telegrafato Roma e Madrid.

16 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

(l) Con T.s.n.d. 537/163 r. del 20 gennaio, ore 19,25, Fransonl aveva comunicato quanto segue: «Persona di questa Presidenza del Consiglio mi ha detto che l'incontro Franco-Salazar avverrebbe a Salamanca volendo limitare per quanto è possibile parte protocollare Incontro stesso». ·

183

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, SOLA

T. uu. 29/80 R. Roma, 20 gennaio 1942, ore 24.

Vostro 79 (1).

In seguito ai Vostri telegrammi nn. 65 e 66 (2) è stato da parte nostra comunicato ai Governi tedesco e giapponese che non (dico non) ritenevamo che iniziativa svolta dai tre Ambasciatori presso Ministro Esteri brasiliano e da essi portata a conoscenza dei Governi Argentina, Cile, Paraguay, Perù, dovesse essere seguita da nessun'altra dichiarazione o passo formale da parte Potenze Tripartito.

Ciò sopra tutto in quanto se tale dichiarazione era destinata a produrre un risultato positivo, tale risultato sarebbe stato certamente raggiunto anche mantenendola nei limiti non ufficiali e confidenziali in cui i tre Ambasciatori l'hanno già posta.

Ulteriori conferme formali avrebbero d'altra parte potuto aggravare situazione, piuttosto che alleggerirla, per il tono di minaccia e di intimidazione da cui non avrebbero potuto, a torto o a ragione, andare disgiunte. Ciò che avrebbe potuto pregiudicare quelle ultime possibilità che ancora restassero alla Conferenza.

Quanto comunicato con telegramma 83 (3) conferma del resto tale pericolo e la conseguente opportunità di insistere su tale atteggiamento. Governi tedesco e giapponese hanno immediatamente aderito al nostro punto di vista e si asterranno da ulteriori passi formali.

Approvo comunque vostra iniziativa e vostra condotta. Cercate continuare opportunamente accentrare presso di voi azione tre Ambasciatori. Tenete presente che ad ovviare qualsiasi genere di inconvenienti di cui si fa cenno nel vostro 77 (4), nostra stampa e nostra radio hanno avuto ed hanno istruzioni di mantenere sui lavori della Conferenza il più rigoroso riserbo. Potrete in conseguenza sottolineare costà nostra assoluta correttezza determinata dal proposito di non tentare in alcun modo di influire o di premere sui lavori della Conferenza stessa, esclusivamente fidando sulla maturità politica dei Governi interessati.

(-4) Nella frase finale del T.s.n.d. 458;77 r. del 18 gennaio 1942, ore 16,40 (per. ore 7 del 19) Sola scriveva: «È chiaro però che se Sudamerlca riuscirà ad evitare di adottare ora misura rottura relazioni diplomatiche, dovrà pagar cara. resistenza. su questo punto, capitolando su tutte altre pretese nordamerlcane e cioè addetti speciali, rapporti consolari, associazioni, E.N.I.T., Stefanl, capitali trasferiti, ecc., cioè tutti anelli o strumenti a.! quau fa. comodo agli U.S.A., basandosi sulla Idiozia o servilismo Sudamerlca, attribuire funzioni quinta colonna.».
(l) -Con T.s.n.d. 497/79 r. del 19 gennaio 1942, ore 21,30 (per. Il 20 alle ore 9), Sola sollecitava la risposta al suo telegramma pubbUcato al D. 159. (2) -Vedi D. 159. (3) -Con T.s.n.d. 495/83 r. del 19 gennaio 1942, ore 21,40 (per. ore 7 del 20) Sola Informava che era cominciata circolare fra le delegazioni la notizia del passo compiuto dai rappresentanti del Tripartito e concludeva: «Staremo a vedere se la stampa in Nord o Sudamerica si impadronirà dell'argomento e quale altra manovra cercherà, nel vari paesi, imba.stirv! ».
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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO (1). Roma, 20 gennaio 1942.

Il 29 dicembre, subito dopo l'annunzio che, in seguito ad un accordo con la Germania, l'Ambasciatore Buti era stato nominato Plenipotenzlario Italiano a Parigi, il Governo francese ci fece pervenire per mezzo della C.I.A.F. una nota nella quale esso faceva presente che, a suo avviso, tale nomina e la forma nella quale essa era avvenuta non corrispondevano a quanto era stato inteso tra il Conte Ciano e l'Ammiraglio Darlan a Torino (2).

Il punto di vista del Governo francese era che si sarebbe dovuto procedere tra Roma e Vichy a uno scambio di Delegazioni di carattere diplomatico. Il Governo francese non aveva alcuna obiezione alla installazione di una Missione italiana a Parigi, ma era di opinione che una Delegazione francese si sarebbe dovuta installare a Roma, mentre una Delegazione italiana si sarebbe dovuta installare a Vichy.

Il Governo francese chiedeva che la propria Delegazione a Roma fosse investita della protezione degli interessi francesi in Italia. Contemporaneamente! il Signor Sanguinetti chiedeva al Senatore Giannini che una Delegazione economica francese si installasse in alcuni locali di Palazzo Farnese e che ad essa venisse riconosciuto un trattamento analogo a quello dei diplomatici.

A tali richieste noi non abbiamo risposto.

In occasione della risposta del Governo francese alle nostre richieste di utilizzazione dei porti tunisini (3), l'Ammiraglio Duplat è ritornato sulla questione delle relazioni diplomatiche italo-francesi insistendo sul carattere di reciprocità che, secondo il Governo francese, dovrebbe avere la ripresa di tali relazioni. E, in una successiva conversazione, egli ha precisato che prima di definire i rapporti tra l'Ambasciatore Buti e le Autorità francesi, e permettere l'installazione di un Ufficio a Vichy il Governo francese desiderava che fosse regolata la questione della «rappresentanza diplomatica francese in Italia». Nell'attesa il Governo francese non avrebbe designato la persona destinata a mantenere i contatti con l'Ambasciatore Buti, e non avrebbe concesso a Zoppi il visto per la Francia (4).

Il nostro punto di vista e quello francese su tali questioni sono evidentemente, non solo divergenti, ma fondati su presupposti diversi.

Noi non abbiamo mai inteso ristabilire i rapporti diplomatici e consolari con la Francia, ma solo rapporti di fatto, che dessero la possibilità pratica di avere dei contatti diretti con le Autorità francesi analogamente a quelli che hanno i tedeschi. Il Governo francese invece tenta di procedere -e con una insistenza sempre più rigida -a quello che in effetti sarebbe un ristabilimento di rapporti diplomatici e consolari.

Il punto di vista francese non può essere che respinto. Esso non corrisponde né alle intese di Torino, né allo stato di fatto e di diritto esistente tra l'Italia e la Francia, né alla natura dei rapporti che esistono tra la Germania ~ la Francia.

Volendo risolvere la questione praticamente, quello che si potrebbe fare è:

l) Consentire lo stabilimento di una Delegazione Economica francese a Roma, senza qualifica diplomatica, pur concedendo ai suoi membri un trattamento di cortesia, analogo a quello che si fa ai diplomatici, e la facoltà di servirsi di alcuni locali del pianterreno di Palazzo Farnese ad uso di ufficio (l);

2) Consentire che il Presidente della Delegazione Economica francese a Roma assuma di fatto la protezione degli interessi francesi in Italia (2).

In corrispondenza a queste due concessioni il Governo francese dovrebbe accettare l'installazione di Zoppi a Vichy, assicurandogli identico trattamento a quello che noi concediamo alla Delegazione francese in Italia.

Per quello che riguarda i rapporti politici tra Italia e Francia, ritenendo di doversi escludere l'invio a Roma di un Plenipotenziario francese, il Governo di Pétain potrebbe nominare a Parigi una persona qualificata a tenere tali rapporti con l'Ambasciatore Buti, creandosi, come è stata sempre nostra intenzione, una situazione analoga a quella franco-tedesca (3).

Della questione, nei suoi sviluppi e nelle sue conclusioni, dovrebbe essere informato tempestivamente il Governo germanico.

(l) -Il documento è vlstato e annotato da Mussollnl. (2) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 845. (3) -Vedi D. 160, allegato I. (4) -Vedi D. 177.
185

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 590/013 R. Berlino, 21 gennaio 1942 {per. il 23).

Ho voluto personalmente rendermi conto dell'atteggiamento che la Germania intende assumere nella eventualità di una successione alla Reggenza di Ungheria.

Posso precisare che il Fiihrer, anche per i legami di leale amicizia dai quall si sente personalmente vincolato al Reggente Horthy, intende rimanere nella maniera più completa al di fuori di tale questione, che considera di carattere interno per l'Ungheria.

Il Governo tedesco è al corrente delle aspirazioni dell'Arciduca Alberto che si dà molto da fare, ma non intende menomamente mescolarsi in questa faccenda.

Mi riservo di controllare se a questo atteggiamento ufficiale tedesco corrisponda una effettiva volontà (4).

(l) -Annotazione di Mussollni su questo capoverso: «Si». (2) -Annotazione di Mussolini su questo capoverso: «No». (3) -Annotazione di Mussollni su questo capoverso: «SI». (4) -Ritrasmesso a Budapest con T.s.n.d. per corriere 2903 del 25 gennaio, ore 8.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 596/09 R. Budapest, 21 gennaio 1942 (per. il 23).

Mio telegramma n. 24 del 24 corrente (1).

Bardossy, riferendosi alle raccomandazioni, che gli sono state fatte tanto da Voi, Eccellenza, quanto da Ribbentrop, sulla necessità di non insistere o per lo meno di smorzare la polemica anti-romena, che pregiudicherebbe la comune azione dell'Asse, mi ha detto che egli può anche ammettere che il Maresciallo Antonescu collabori lealmente con l'Italia e la Germania. «Quello che io non credo che possieda i requisiti essenziali per collaborare con Voi è il Popolo romeno sul quale il solco impresso dal Governo autoritario è naturalmente effimero. Ricordiamo di Calinescu. Ricordiamoci che Maniu ha ancora una grande popolarità e ricordiamoci che la Romania è un Paese dove i cambiamenti di scena sono facili e continui come si è visto in questi ultimi anni».

Ho fatto presente che tanto l'Italia che la Germania sorvegliavano da vicino il nuovo Stato della Romania garantendo altresì quanto era stato sancito dagli arbitrati. Gli ho fatto rilevare quanto estesa sia stata la partecipazione romena alla guerra e come grandi le perdite subite. Bardossy ha risposto che anche i romeni sembravano restii ad accordare nuove truppe ai sempre crescenti bisogni della campagna. Ha concluso col dire che l'Ungheria, pur prestando ascolto alle raccomandazioni dell'Asse, aveva il dovere di sentirsi preoccupata dalla corrente anti-magiara che -Bardossy lo giura -è tutt'uno coi sentimenti pro-antoneschiani e carolisti di una buona parte del popolo romeno. Sono queste le battute più consuete della polemica di Budapest contro Bucarest: come Voi, Eccellenza, sapete, è difficile impedirle, appena possibile smorzarle. L'attrito ha ragioni più profonde dello sfogo verbale e nel momento attuale il solo partito possibile per noi è non incoraggiarle da una parte e dall'altra. È quello che Voi, Eccellenza, avete egregiamente fatto qui parlando con Filotti e quindi attutendo le mistiche ire antiromene del Presidente del Consiglio magiaro.

187

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2149/25 P. R. Roma, 21 gennaio 1942 (per. il 21).

Riferimento telegramma n. 1962 del 18 corr. (2). Ho provveduto secondo le istruzioni impartitemi col telegramma in riferimento, a fare subito alla Segreteria di Stato le comunicazioni relative all'ac

creditamento di un Inviato speciale del Governo nipponico presso la Santa Sede.

Il Cardinale Maglione, dopo avere consultato il Papa, mi ha fatto conoscere stamani che la Santa Sede ringrazia della cortese comunicazione da noi fatta e che ha preso atto con soddisfazione della decisione del Governo Giapponese.

Per analogia con quanto a suo tempo fecero gli Stati Uniti la Segreteria di Stato consiglia di dare al nuovo inviato il rango di Ambasciatore. Il Cardinale Maglione ha aggiunto che la comunicazione ufficiale di quanto precede potrebbe opportunamente essere fatta per il tramite del Delegato Apostolico a Tokio.

Per notizia aggiungo che, nel colloquio avuto, il Cardinale Segretario di Stato ha accennato alle pressioni già da tempo in atto del Governo di Chang Kai Shek per l'invio di un Rappresentante proprio presso la Santa Sede, e non ha escluso che in seguito alla nomina del Rappresentante del Governo nipponico queste pressioni vengano rinnovate senza che la Santa Sede si trovi più in grado, come finora ha fatto, di resistere (1).

(l) -Vedi D. 181. (2) -Vedi D. 167.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 1051. Berlino, 21 gennaio 1942.

L'inizio della fase operativa che oggi si svolge al fronte orientale risale al 2 ottobre dell'anno scorso. Nei miei precedenti rapporti (2) ho già avuto occasione di intrattenere V. E. sulle origini e sulla natura di tale offensiva, che oggi mi propongo di illustrare nei suoi ulteriori e lenti sviluppi.

Fu personalmente il Fuhrer che, certo di avere constatato nella compagine avversaria dei sintomi di disfacimento e deciso ad eliminare dal quadro generale del conflitto il fronte russo prima dell'inverno, sostenne ed impose ai suoi Marescialli l'idea di questa grandiosa operazione. L'Alto Comando tedesco aderì ritenendo di poter ancora riuscire, prima dei rigori invernali, a compiere un poderoso sforzo, sopratutto mirando all'annientamento del gruppo centrale di eserciti russi, valutato a circa settanta divisioni.

Mentre l'elemento militare preparava questa operazione che considerava ... (2) importante seppure non decisiva e, secondo il consueto, dava inizio all'azione nel più assoluto silenzio, il Partito s'adoperava a far sì che l'avvenimento venisse solennizzato e presentato come se la vittoria potesse considerarsi presto raggiunta.

II 2 ottobre veniva diramato un comunicato e pubblicato al Paese un ordine del giorno del Flihrer che annunziava il principio di questa battaglia, [ «decisiva'> premessa per la pace,] il 9 ottobre il Capo dell'Ufficio Stampa del Reich,

p.r. del 23 gennaio 1942) con la seguente annotazione: «quanto precede è stato oggi comunicato a questo Ambasciatore del Giappone. Datene subito notizia anche da parte Vostra a codesto Governo, aggiungendo che siamo lieti di aver dato il nostro cordiale appoggio all'iniziativa e che restiamo a disposizione del Governo nipponico per tutte quelle ulteriori informazioni che eventualmente gli accorressero. E di ciò dovreste anche informare codesto Delegato Apostolico».

Dietrich, dichiarava pubblicamente eh::, dopo i clamorosi successi ottenuti, la campagna al fronte orientale poteva dirsi ormai completamente vinta e conclusa. Dovunque le organizzazioni del Partito ricevevano ordine di chiarire la portata della vittoria e di orientare l'opinione pubblica nel senso che la guerra al fronte est entrava ormai in una fase di vera e propria liquidazione.

Ma le cose si svolsero, ancora una volta, in modo molto diverso da quello previsto.

È noto come la eliminazione completa delle forze sovietiche racchiuse nelle famose due sacchi di Wjasma e Biansk abbia ritardato il progresso delle operazioni su Mosca. Il maltempo aveva frattanto impedito, al fronte sud, l'afflusso di normali forze nel settore di Rostov. Quivi le SS ed in particolare quelle della guardia del corpo del FUhrer comandate dall'Obergruppenftihrer Dietrich (persona di fiducia di Himmler) compirono una audace puntata che permise l'occupazione della città stessa di Rostov, che peraltro non fu possibile al Comandante del gruppo sud von Rundstedt saldamente presidiare.

Le prime puntate di assaggio su Mosca per scoprire i punti di minore resistenza avversaria permisero infine all'Alto Comando tedesco di 'constatare che l'operazione sarebbe stata assai dura ed avrebbe costato più tempo del previsto.

Il tempo incalzava: alle pioggie che avevano trasformato in piste fangose le strade ed immobilizzato i convogli succedevano improvvisamente i geli. Le truppe erano stanche fisicamente e moralmente e la maggior parte delle unità di linea non poteva più essere sostituita. In attesa di tale sostituzione vennero distribuiti ai reparti delle retrovie gli indumenti invernali di cui si disponeva: pelliccie e capi di lana per un milione di uomini.

Occorreva fermarsi per organizzare lo sverno e procedere a tre operazioni indispensabili per la ripresa delle offensive in primavera nelle condizioni più favorevoli:

l) portare in linea le unità attrezzate per la campagna invernale;

2) riportare il grosso dell'esercito nel Paese per riordinarlo e rifornirlo;

3) creare la linea di sverno e cioè il vero e proprio fronte di resistenza con ridotti, capisaldi, trincee; la retrovia con le baracche ed i centri di rifornimento.

Pertanto, ai primi di novembre, i Marescialli chiesero al FUhrer la sospensione dell'attacco su Mosca e la cessazione delle operazioni in tutti i settori tranne che su quello meridionale, prima che i grandi freddi potessero compromettere la situazione.

Il Filhrer credette invece di avere sufficienti elementi per giudicare opportuno un ulteriore sforzo in vista di giungere alla occupazione di Mosca, obiettivo di interesse politico giudicato di importanza essenziale.

L'azione su Mosca veniva adunque ripresa, ma mentre le truppe germaniche fra stenti e sforzi crescenti giungevano in vista della capitale, si rivelava, accanto al freddo, un nuovo elemento contrario: l'entrata in linea cioè di nuove notevoli forze sovietiche tratte dagli eserciti del Caucaso e dell'Estremo Oriente, ottimamente equipaggiate per i combattimenti invernali.

Il 27 novembre aveva inizio sul fronte meridionale una violenta azione offensiva sovietica in conseguenza della quale il 29 le SS, che avevano eroicamente sostenuto l'attacco ed alle quali non potevano giungere rinforzi con la dovuta regolarità, sgomberarono Rostov.

(Tale azione contro Rostov sarebbe costata una enormità di vite umane perché svolta, contrariamente agli ordini ricevuti, da Dietrich secondo criteri assolutamente sbagliati. Questa libertà d'azione, che per un ufficiale dell'esercito sarebbe inammissibile, la godono gli elementi delle SS coperti da una specie di impunità. Durante la campagna contro la Grecia un ufficiale delle SS, citato per insubordinazione davanti ad un Consiglio di disciplina, venne prosciolto grazie all'intervento di alte autorità politiche di Berlino in suo favore. In Polonia, il Generale Blaskowitz, già caduto in disgrazia per non avere eseguito una inutile deviazione ordinata dal Fiihrer, sarebbe stato messo da parte definitivamente per avere avversato certe brutalità delle SS. I generali si rifiuterebbero decisamente di incaricarsi del comando delle formazioni SS ed avrebbero accolto con aperta disapprovazione il conferimento della massima ricompensa al valore all'Obergruppenfiihrer Dietrich).

Il 2 dicembre si profilava nei settori di Pietroburgo e di Mosca, un movimento russo di contrattacco generale.

L'Alto Comando germanico ritenne allora di dover fermamente rappresentare al Fiihrer l'urgente necessità di arrestare dovunque le operazioni e di riassettare con la massima sollecitudine il fronte, abbandonando a tal uopo i salienti più avanzati e pericolosi.

A quanto risulta, le discussioni in merito sono state difficili e burrascose. Solo 1'8 dicembre il Fiihrer, cedendo alle insistenze dei Marescialli, si decideva a malincuore a diramare l'ordine di sospensione delle operazioni.

Doveva da questo momento avere inizio una delle più gigantesche manovre che la storia militare ricordi, solo paragonabile per difficoltà e vastità alla campagna invernale napoleonica del 1812 e destinata ad avere un migliore risultato di quella solo grazie alle formidabili qualità guerriere del soldato tedesco e alla estrema perizia dei suoi generali.

Le truppe tedesche, tutte liberatesi dal contatto nemico, iniziano il ripiegamento. Sono ancora i soldati non muniti di equipaggiamento Invernale quelli che combattono perché non è stato possibile sostituirli con le truppe fornite di pelliccie, rimaste nelle retrovie. Il freddo va crescendo ed il paesaggio russo facendosi impreciso, diafano e nebuloso; si eguagliano sotto il gelo e la neve fiumi, laghi e pianure, si cancellano le strade, il che toglie alle unità 1 punti di riferimento e le basi per uno schieramento. Ci si avvede che sotto certe temperature è materialmente impossibile procedere alla riparazione di mezzi meccanizzati; e si dà ordine di abbandonare quelli anche solo colpiti da una lieve avaria.

Il gruppo corazzato Guderian, che aveva tentato di aggirare Mosca dal sud, attaccato per sei giorni consecutivi da aeroplani a volo radente, bloccato dal freddo e privo di rifornimenti, perde la maggioranza dei suoi carri, fra cui quello dello stesso Generale.

Il Comando sovietico non si avvede a tutta prima del movimento generale di ripiegamento germanico e rimane nelle sue posizioni pronto ad ogni sorpresa. Poi timidamente si decide a seguire da lontano le forze nemiche, lasciando a leggere colonne celeri il compito di disturbarne i movimenti. Il Co~ mando tedesco dichiara di mantenere in questa fase il pieno controllo delle ope~ razioni e che potrà fermarsi dove e quando vorrà.

Allorché però l'ordine di sospensione delle operazioni venne diramato, era ormai troppo tardi.

Le truppe germaniche che, tempestivamente fermandosi (subito dopo le battaglie di Wjasma e Briansk) avrebbero potuto creare una salda linea dove immancabilmente si sarebbe infranto ogni contrattacco nemico, dovevano sostenere ora tutto il peso dell'avversario divenuto aggressivo, senza un punto fer~ mo su cui appoggiarsi e compiendo al tempo stesso una difficile ritirata alla ricerca di una linea su cui sostare.

Ma una linea di resistenza non è stata predisposta ed ostacoli naturali non se ne trovano, per cui il riassetto del fronte si palesa fin dai primi giorni ben più difficile del pensato ed appare necessario abbandonare assai più terreno che a tutta prima non fosse creduto. Più difficile ancora il ripiegamento perché i russi poco a poco iniziano una crescente pressione manifestand9 alla fine propositi decisamente offensivi e rivelando principi di manovre avvolgenti.

Già ho detto come solo a malincuore il Fiihrer si fosse deciso ad aderire al parere dei Marescialli ordinando la sospensione delle operazioni. Il carattere che la manovra di riassetto del fronte andava ora assumendo e la situazione che talvolta poteva, localmente almeno, apparire critica, non mancavano di accrescere il suo disappunto e di suscitare vivaci recriminazioni, favorite ed eccitate soprattutto dagli ambienti del Partito facenti capo a Himmler. Questi ambienti, nei quali permane un atteggiamento di sospetto verso l'elemento militare, si sono in questa occasione mostrati desiderosi di cogliere il momento propizio per guadagnare terreno nei confronti dell'elemento suddetto.

Si deve molto probabilmente alla crescente insistenza di questi ambienti se, mentre le operazioni per il riassetto del fronte erano in pieno sviluppo e tutti i comandi febbrilmente assorbiti dalle operazioni in corso, il Fiihrer abbia preso, in un momento di particolare irritazione, la grave ed inattesa decisione di revocare il Comandante Supremo dell'esercito, von Brauchitsch, assumendo di persona la carica.

Una ventina di altri comandanti di grandi unità viene in pari tempo esentata dal Comando. Fra essi due Comandanti di gruppi di esercito, von Rundstedt e von Bock. Il primo è sostituito al Comando del fronte sud dal Maresciallo von Reichenau -testé defunto -il quale era alquanto inviso agli ufficiali per il suo ostentato eccessivo attaccamento al Partito.

Il momento in cui si verificava la crisi dell'Alto Comando tedesco era senza dubbio grave: la pressione sovietica andava crescendo al centro; forze russe sbarcarono in Crimea; una offensiva russa si delineava sul fronte di Pietroburgo. Non restava che procedere nella ritirata tentando almeno di salvaguardare i capisaldi necessari per la ripresa primaverile delle operazioni. La grande battaglia, per iniziativa russa e dall'Alto Comando sovietico chiamata battaglia di Smolensk, aveva inizio il 12 gennaio. Strategicamente essa mirava ad accerchiare le forze del settore di Leningrado; a chiudere in una grande sacca fra Rjew e Sukiniki gli eserciti tedeschi del gruppo centrale facendo cadere Smolensk, base

di tutte le operazioni su questo fronte; altre sacche dovevano formarsi più a .;;ud fino al settore di Charkov.

Questa grande battaglia è in corso: né dal suo svolgimento che, per verità, richiede un periodo di tempo ormai molto maggiore di quanto non fosse stato, ancora una volta, fermamente dichiarato, si possono trarre serie previsioni circa la data in cui i tedeschi riusciranno a fermare la controffensiva sovietica ed a stabilizzare il fronte.

Ma si può dire sin d'ora che tale controffensiva sovietica non riuscirà a raggiungere risultati di vasta portata, pur ammettendo tuttavia che, secondo quanto si riconosce negli ambienti dell'Alto Comando germanico, essa sarà riuscita ad alcuni scopi di indubbia importanza strategica.

Anzitutto essa ha inflitto ai tedeschi delle perdite di materiale che possono considerarsi veramente sensibili. Le difficoltà di rifornimenti e di riparazione hanno costretto ,i tedeschi ad abbandonare quantità ingenti di mezzi meccanizzati e corazzati. In secondo luogo la resistenza sovietica ha reso precaria l'utilizzazione da parte tedesca delle basi necessarie per la ripresa primaverile della campagna e cioè i punti di appoggio per l'attacco su Mosca (settore di Mojaisk) e quelli per la grande operazione contro il Caucaso (Rostov e la Crimea).

In base alla constatazione dei due dati di fatto sopraindicati non è dlfficile ora sentire esprimere riservatamente da parte di alcuni alti ufficiali germanici seri dubbi sui risultati di una offensiva capace di giungere alla totale eliminazione del fronte sovietico durante la campagna del 1942. A questa campagna si cerca ora di far partecipare attivamente e con il massimo delle forze possibili tutte le potenze alleate della Germania. Oltre al contingente che vorrà fornire l'Italia e sul quale dopo la magnifica prova fornita sino ad oggi dal nostro Corpo di Spedizione si fa grande assegnamento, s'intende chiedere alla Romania ed all'Ungheria -che già hanno aderito -l'invio del massimo delle loro forze disponibili da raccogliersi mediante la mobilitazione generale.

Per quanto riguarda la Germania, essa sta procedendo attualmente ad un aumento degli sforzi per portare al massimo la propria efficienza bellica.

È noto come il Fiihrer intendesse fare in modo che 11 peso della guerra fosse risentito il meno possibile all'interno del Paese. Per assicurare l'andamento normale delle industrie e della produzione i richiami erano stati dosati e limitati al minimo indispensabile. L'assunzione del Comando Supremo dell'esercito da parte del FUhrer ha provocato l'adozione di criteri del tutto nuovi che impongono l'applicazione della vera e propria guerra totale. Mentre sono stati approntati nuovi programmi di costruzione di armamenti, si è dato inizio ad una larga serie di richiami alle armi che una volta completata --tre milioni di uomini condurrà ad una situazione identica a quella che si sarebbe avuta se all'inizio delle ostilità vi fosse stata la mobilitazione generale.

Di fronte all'attuale situazione militare sul fronte russo, la popolazione germanica nell'interno del Paese attraversa una sensibile crisi morale che, lo si può e lo si deve affermare, è assolutamente sproporzionata alla effettiva portata degli avvenimenti. Hanno a ciò contribuito molte circostanze occasionali, ma concomitanti. Prima fra esse il fatto che, contrariamente a quanto verificatosi durante le precedenti campagne, i soldati germanici molto raramente ed in numero esiguo hanno potuto godere di congedi. Ma quei pochi hanno divulgato nel Paese tali notizie sulle difficoltà. e sulle sofferenze provate, che la eco se ne è tosto diffusa suscitando dovunque la più triste impressione. (E questa è stata la ragione per cui si è voluto evitare, come feci presente in precedente rapporto, che le truppe sostassero nell'interno del Reich per la riorganizzazione). Si aggiunga a ciò il numero sempre crescente di feriti e mutilati sopratutto per congelamento che sono apparsi in circolazione nonché le voci (alcune delle quali effettivamente rispondenti a realtà) di suicidi di soldati che allo spirare del congedo hanno preferito la morte al ritorno in linea.

Tutto questo ha contribuito a creare in mezzo al popolo la leggenda che la guerra contro la Russia sia un fenomeno spaventoso ed apocalittico, una terribile serie di battaglie «dalle quali nessuno tornerà indietro».

Contemporaneamente a ciò una serie di manifestazioni colpiva profonda: mente lo spirito della popolazione germanica.

Anzitutto l'appello per la raccolta della lana e delle pelliccie lanciato al Paese dal Ministro Goebbels il 16 dicembre. Così male equipaggiati sono adunque i nostri soldati? -si è chiesta l'opinione pubblica -che si debba far ricorso agli indumenti privati per riscaldarli? E perché si pensa a ciò soltanto quando l'inverno russo è già tanto avanzato?

La notizia dell'assunzione del Comando dell'esercito da parte del Fiihrer e l'ordine del giorno da lui lanciato in quella occasione; l'appello di Natale, da ultimo la raccolta degli ski e delle scarpe da ski non hanno fatto che aumentare nel Paese il senso di abbattimento e di turbamento.

Mai Natale di guerra è stato trascorso nella Germania in una così cupa e triste atmosfera.

Il pubblico tedesco in sostanza guarda con terrore alla campagna russa di cui non afferra le fasi e sente con vivissima preoccupazione aggravarsi le difficoltà economiche che pesano sulla vita normale. Ma accanto a questi elementi ed in maniera infinitamente più forte ha influito ad abbattere il morale della popolazione un senso di orgoglio ferito, ciò che è tipicamente germanico e prussiano.

La «crisi morale» che sta attraversando il popolo tedesco, per quanto trovi i suoi sfoghi in recriminazioni isolate contro n Partito, è in sostanza più che altro una crisi delle coscienze stesse dei singoli tedeschi vergognosi del fatto che i loro piani di guerra non si siano verificati per una volta con cronometrica esattezza. Crisi adunque senza effettiva importanza per la situazione politica generale, ma che sarà difficile eliminare in modo rapido e completo sia per la « capacità di ripresa >> assai minore in questo popolo che non nel nostro -cavo di acciaio e cavo di canapa, come ha definito il Duce -, sia per n fatto che l'impostazione della propaganda, diretta unicamente a creare un'atmosfera di fiducia sulla enunciazione precisa di date a brevissima scadenza, ha finito per essere gravemente screditata.

L'ora che volge, in Germania, è impregnata di forza drammatica e può essere forse identificata nel seguente concetto. Mentre dominava, nel primo e nel secondo inverno di guerra, l'assoluta certezza nella vittoria, tutta la nazione germanica si sente oggi stretta e insieme sospinta dalla necessità della vittoria.

Al popolo non si promette più nulla, circa la fine del conflitto, e Goebbels ripete la sua formula perentoria: «Non importa il quando, ma il come finirà questa guerra». Alla metà di gennaio, il Ministro della Propaganda dichiarava in Amburgo: «Se vinciamo, abbiamo guadagnato tutto. Se perdiamo, abbiamo perso tutto e anche di più, la nostra stessa esistenza nazionale». Così parlano gli uomini responsabili, questo è l'atteggiamento della stampa che descrive la guerra dura, durissima, e prospetta la decisione senza scampo, definitiva per il bene

o per il male.

È avvenuto, quindi, ciò che doveva avvenire. Per due anni si era cercato, in Germania, di far sentire la guerra, al popolo, il meno possibile. La guerra era un fenomeno lontano, il paese doveva restare tranquillo e sereno, lavorare mentre enormi corpi di spedizione corazzati e motorizzati andavano a debellare, l'un dopo l'altro, i nemici. Poi, dopo ogni campagna fulmineamente vittoriosa, si riaprivano le sale da ballo e i giganti biondi, col nastrino rossonero della croce di ferro sul petto, venivano ad assolvere il loro compito demografico e portavano a casa vini e profumi e calze di seta. Si esagerava, forse, in questa voluta disinvoltura. Come si è passati, ora, all'eccesso opposto. Dal proclama di Capodanno del Filhrer, tutta una serie di misure ha appesantito la vita della nazione e, quanto ai soldati, pochi vengono in licenza dal fronte orientale e un nostro concertista che ha suonato davanti a reduci appena giunti, in Polonia, mi ha descritta l'impressione riportata dai loro volti assorti, dai loro occhi imbambolati, fissi nel vuoto.

I sacrifici che sono oggi chiesti al singolo cittadino si fanno sempre più gravi. La vita si va riducendo, e non tanto lentamente, al minimo comune denominatore. Nei ristoranti non c'è quasi più da bere e già, oltre ai due giorni di pesce, sono stati introdotti i due giorni in cui è obbligatoria la pietanza unica di tipo militare. Un provvedimento che ha molto colpito la gente è quello che rende pressoché impossibili le ferie, con le restrizioni per il soggiorno nei luoghi di villeggiatura, e con la proibizione, praticamente, di sciare.

La-consegna degli indumenti di lana ha dato tuttavia la prova di come la nazione intera si renda conto dell'obbligo morale di concorrere con ogni contributo possibile a fornire i mezzi per la continuazione della guerra. Tutti si son tolti non solo il superfluo ma anche una parte del corredo d'uso, con un sacrificio tanto più apprezzabile in quanto non sarà possibile rimpiazzare gli indumenti offerti, durante la guerra.

Le notizie allarmanti diffuse dalla propaganda straniera sulla situazione interna, in Germania, sono dunque assolutamente esagerate. Devo anzi dire come mi sembri di scorgere, dopo lo scoraggiamento prodotto dall'indietreggiamento sul fronte orientale, farsi strada un nuovo sentimento di solidarietà e di tenacia. È una solidarietà cupa, la quale rifugge da ogni ostentazione e da ogni manifestazione di massa, è una tenacia disincantata da ogni illusione. Si parla sempre meno, anche sulla stampa, dell'ordine nuovo e dei suoi problemi, e anche se si dà tanto spazio allo slancio giapponese, l'interesse del pubblico poco segue questi eventi lontani e si accentra sulla situazione tedesca. Di essa si parla senza eccessive speranze. L'uomo della strada fa un ragionamento molto semplice: più la guerra è l unga, più per noi è difficile, più si allontana la fine, più incerta è la vittoria.

Come ho più sopra detto, è difficile fare previsioni sullo svolgimento delle attuali operazioni che -da sottolineare ancora una volta -non hanno oramai nel momento attuale e nel quadro generale della situazione una particolare specifica importanza militare in quanto implichino perdite di territorio.

Si possono invece porre alcuni interrogativi. Potrà la Germania nella prossima primavera riprendere con successo l'offensiva in modo da inferire all'avversario un colpo veramente mortale? Qui si sostiene, nel modo più preciso, di sì. E ci si ricovera, anzi, in questa assoluta certezza come per consolarsi delle attuali disgrazie.

Per verità, la preparazione procede con ritmo particolarmente intenso: e tutte le attività sono indirizzate a questo unico scopo. Devo dire che mai come in questo momento ho constatato una così unanime e decisa volontà di resistenza e di fare un blocco unico di forze per abbattere il nemico russo o, almeno, per immobilizzarlo onde renderlo inoffensivo. Su questa necessità assoluta, resa più persuasiva ed operante dal terrore che qui si ha circa la possibilità e le disastrose conseguenze di una qualunque sopravvivenza della Russia sovietica, tutti sono d'accordo.

A questo proposito si sta lavorando per ottenere di allargare e rendere sempre più solidale il fronte europeo, chiamando a raccolta quanto più è possibile di forze alleate. Per ciò ottenere credo che i governanti tedeschi si siano resi convinti della opportunità di smobilitare la pressione fin qui da essi esercitata nelle zone occupate e di creare una più adatta atmosfera di stendimento che renda possibile una più efficace collaborazione. Ritengo che i provvedimenti recenti nel Protettorato, dove Heydrich ha costituito un Governo normale considerando così chiuso il ciclo della sua attività .di carattere straordinario, costituiscano un .indice di un nuovo orientamento della politica tedesca nei confronti delle zone occupate.

Tutto ciò può avere una importanza molto notevole ai fini della condotta e dei risultati della guerra, che ha ormai completamente spostato il suo obiettivo dall'Inghilterra verso la Russia.

Ma, ed ecco il secondo interrogativo, la Russia non avrà intanto la possibilità di riorganizzarsi alla sua volta nel settore militare ed in quello industriale? Qui lo si nega in modo preciso; aggiungendo che oramai le unità sovietiche sono costituite da elementi eterogenei e che almeno il 60 % dell'industria sovietica è stata distrutta.

Non ho elementi per valutare la fondatezza di tali assicurazioni. Posso solamente rilevare che durante questi ultimi mesi a me -anche a me personalmente -sono state fatte replicatamente e formalmente assicurazioni ispirate sempre alla più rosea e dogmatica delle certezze, mentre poi gli avvenimenti si sono svolti molto diversamente.

Nella situazione che ho più sopra illustrata, l'Italia viene a trovarsi in posizione di particolare privilegio; nel senso che sono unanimi i riconoscimenti per il valore delle nostre truppe e per la fondamentale compattezza del nostro popolo a cui il Duce ha insegnato a non esaltarsi nei momenti di fortuna e a non deprimersi nelle vicende contrarie Cl).

(l) Il contenuto di questo telegramma fu comunicato all'Ambasciata a Tokio (T. 2503/57

(2) -Vedi D. 33, nota 3. (3) -Parola illeglblle poiché il documento è assai deteriorato.

(l) Il presente documento reca Il visto di Mussollnl.

189

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. P. Parigi, 21 gennaio 1942 (1).

Ho fatto fare -arrivando -un telegramma Stejani, come inteso, circa il mio arrivo a Parigi e l'accoglienza ricevuta. Lo allego ad ogni buon fine (2).

Molto notata la presenza alla stazione del Generale Stiilpnagel, Comandante delle truppe d'occupazione e del suo Capo di Stato Maggiore. I tedeschi hanno voluto dare molto rilievo all'arrivo e far mostra di grande cortesia. Erano presenti infatti, oltre Stiilpnagel e Schleier, anche i più alti funzionari dell'Ambasciata e, in assenza del Comandante della Piazza di Parigi Generale Schaumburg, un alto ufficiale in sua rappresentanza. Questa manifestazione di cortesia rientra in tutto un assieme di speciali attenzioni che da un mese circa i tedeschi usano verso il Consolato e tutto quello che è italiano.

Di autorità francesi, erano alla stazione i rappresentanti dell'Ammiraglio Darlan e dell'Ambasciatore de Brinon.

Sui giornali la cronaca dell'arrivo piuttosto ampia. Nessun commento.

In giornata ho fatto visita a Schleier. Ampie dichiarazioni di soddisfazione per il mio arrivo e assicurazioni di collaborazione. Schleier non viene dai ranghi. È un importante uomo d'affari di Amburgo. Cellulosa. Il numero tre dell'Ambasciata, Achenbach, è invece un Consigliere d'Ambasciata di carriera. Il personale dell'Ambasciata è abbondante.

Poiché nel pomeriggio del 19 Stiilpnagel doveva assentarsi da Parigi, gli ho fatto visita il giorno successivo. Anche da parte sua molta cordialità ecc. Di media statura, segaligno, molto militare e molto prussiano nella voce e nei modi, è l'uomo più odiato a Parigi. Le fucilazioni degli ostaggi, gli ordini di coprifuoco ecc. portano la sua firma. Nella conversazione a quattr'occhi appare umano e cordiale.

Tanto con Schleier che con Sti.ilpnagel, ho avuto un breve e generico scambio di vedute. Schleier ha tenuto a rilevare che nell'animo dei francesi si farebbe sempre più strada l'idea di una partecipazione della Francia alla costruzione della nuova Europa; mentre Stiilpnagel ha per conto suo messo in evidenza come l'atteggiamento francese risenta delle vicende militari dell'Asse.

Nella mattinata del 19 ho ricevuto gli esponenti della collettività italiana: prima' i rappresentanti del Fascio, poi quelli dei combattenti, delle Associazioni economiche, delle Scuole ecc.

Il 20 ho visitato il Consolato Generale, il Fascio, l'Associazione Combattenti, l'Associazione Mutilati, l'Opera Nazionale Invalidi di Guerra e l'Ambulatorio. Nella Casa del Fascio, ho deposto un mazzo di fiori dinanzi alla stele di Bonservizi e uno dinanzi alla lapide dei Fascisti Caduti in Francia. Sono stato in tutti gli Uffici e ho scambiato un saluto con tutti. Ottima impressione. Molto ordine. Disciplina. Affiatamento. Morale e fede elevati.

Da parte di tutti gli italiani, marcata soddisfazione perché l'Italia è nuovamente rappresentata a Parigi.

Orlandini, Anfuso e tutti i Funzionari, molto bene.

Questa, la cronaca dei primi due giorni.

Aspetto ora di conoscere l'esito che avrà avuto la comunicazione fatta per Zoppi (1).

(l) -Protocollata In arrivo Il 5 febbraio, ma pervenuta molto prima: vedi D. 203. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 602/49 R. Tokio, 22 gennaio 1942, ore 6,35 (per. ore 2,10 del 23).

Resistenza opposta da Darlan alle sollecitazioni Ambasciatore del Giappone Vichy per il riconoscimento del Governo Nanchino ha notevolmente aumentato diffidenza Tokio verso ambiguità politica francese nei riguardi popoli asiatici. Resistenza sarebbe stata infatti motivata al momento pericoloso di una reazione armata di Chang-Kai-Shek in Indocina in un momento in cui truppe giapponesi sono impegnate nel Siam ed in Malesia. Tale motivazione è apparsa di qualche debolezza, dato che terreno montagnoso dal quale presumibilmente forze Chungking dovrebbero calare in Indocina offre difesa naturale sufficientemente assicurata da truppe colà disponibili. Sembra tuttavia che a Tokio si attenda, prima di prendere risoluta posizione nella questione di fronte Vichy, che siano terminate colla occupazione di Rangoon operazioni militari in Birmania attualmente in pieno sviluppo. Dato che [occupazione] Rangoon e sua pianura costituirà caposaldo eccezionale importanza in mano Giappone per future operazioni verso il sud e disimpegnerà notevolmente parte delle forze nipponiche, è da prevedere che chiarimento situazione Indocina venga posto con qualche energia sul tappeto da parte di Tokio in un prossimo avvenire.

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IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. s. N. D. 712/27 R. Kabul, 22 gennaio 1942, ore 15,10 (per. il 23).

Vostro 11 (l) ultima parte.

Ragione prima nervosismo Afganistan è situazione Chung King e India su cui riferirò più ampiamente. Primo Ministro si rende conto che in questo momento sarebbe relativamente facile provocare sollevamento che trascinerebbe fatalmente Afghanistan: crede che abbiamo mezzo per farlo e vuole metterei nell'impossibilità di nuocere.

In secondo luogo conta con atteggiamento favorevole verso l'Inghilterra -non meno nervosa circa frontiera -ottenere concessioni economiche: se la

grande maggioranza paese risente poco pressione economica inglese essa incide invece profondamente sulla tasca della cricca dirigente; secondo informazioni da fonte bene informata risulta che possibilità contro-partite economiche contro buona condotta Governo Afghanistan sarebbe stata tema principale conversazioni avute qui da funzionario inglese di cui al mio telegramma 688 (1).

Oltre a ciò primo Ministro è fermamente deciso evitare con concessioni, sia pure aspramente negoziate, crisi con gli inglesi. Decisione Assemblea gli ha legato le mani, vuole profittare orientamento opposizione (mio telegramma suddetto) per riprendere gradualmente sua libertà d'azione.

In realtà oggi Inghilterra, data situazione militare e politica in India, è impotente di fronte Afghanistan: come Primo Ministro non lo veda non so,

o è cretino o è venduto.

Processo seguito da lui tende creare situazione interna tale da permettergli, se necessario, di arrivare ad un accordo tipo Iran: via da percorrere è ancora lunga e può essere non facile; direzione è indubbiamente quella.

Concordo perfettamente con la necessità tenersi maniera dolce, tenendo presente però che Primo Ministro non vuole né può rompere apertamente con noi; possiamo quindi permetterei anche a ragion veduta qualche libertà d'azione e di linguaggio.

D'altra parte abbiamo possibilità ritardare questo processo lavorando per linee interne. Della opposizione su menzionata (Ministro della Guerra, Dsud) faccio poco conto: in ogni modo è gente su cui poco potrò influire. Elementi su cui posso contare per ritardare, se non rovesciare, processo slittamento sono:

0 ) Fachiro che ha anche grande influenza interna in Afghanistan; 2°) noto amico e suoi aderenti;

3°) Fazl Ornar che dopo recente morte del Naqib Sahib (cugino di Rashid Alì, di cui al telegramma di V. E. n. 110 (l) e noto agente inglese) è rimasto capo indiscusso del clero afghano.

Fachiro è nostro alleato sincero, è fidato pronto ad ogni momento a fare per noi quello che desideriamo nella misura sue possibilità. Secondo e terzo sono elementi più incerti: loro collaudo dipende per il 50% dall'impressione che qui si ha sulla situazione generale Asse, e per il resto dai mezzi che vogliamo mettere a disposizione loro. Quello che si può fare con loro V. E. lo avete visto in occasione Grande Assemblea.

Inglesi continuano profondere milioni noi niente e questo scoraggia nostri amici. Ne deducono che noi non ci interessiamo dell'Afghanistan e che quindi non vale la pena giuocare carta Asse.

Se V. E. mi dà mezzi adeguati garantisco tenere a bada inglesi e Primo Ministro per molto e molto tempo almeno: se non me ne date farò lo stesso mio possibile ma debbo ripetere che posso fare ben poco (mio telegramma 653) (4).

Se oggi [interessa] Afghanistan, in questo caso posso far proposte concrete.

Qualora credeste intendervi sull'argomento con Berlino vi informo riservatamente che anche per persone di cui ai punti 2 e 3 contatti sono esclusivamente in mia mano.

192.

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. S. S. N. Berlino, 22 gennaio 1942.

Ho l'onore di riferire a V. E., facendo seguito al mio telegramma odierno (1), sulle conversazioni avute con l'Obergruppenfuehrer Sepp Dietrich, generale delle SS. Voi ricordate certamente quest'uomo rude, tarchiato, vigoroso, che prima della guerra stava sempre accanto al Fuehrer e che lo accompagnava in tutti i suoi viaggi. Ora egli comanda, sul Fronte orientale, la divisione formata dalle guardie nere di Hitler, i militi SS della Leibstandarte. È venuto qualche giorno in licenza per condurre in moglie, in seconde nozze, una giovane donna, e ha accettato con lei un invito che gli avevo rivolto per mezzo di Guenther d'Alquen, capo dei corrispondenti di guerra delle SS.

La divisione della Leibstandarte è impegnata nel settore Sud, non lontano dal nostro Corpo di Spedizione, e Dietrich mi ha detto come egli e i suoi uomini conoscano non soltanto il valore dei nostri soldati, ma ne ammirino in modo particolare la forza di resistenza, nel rigidissimo clima così diverso da quello natale. «Noi dovremmo esservi più assuefatti -egli ha aggiunto ma anche per noi non è facile sopportarlo, soprattutto con quel vento gelato della steppa che taglia la faccia. Qualche volta mi capita, laggiù, di ricordare l'Italia e il suo sole caldo. Io l'ho percorsa tutta, a piedi, trent'anni fa. Venivo dalla Svizzera, che non mi piaceva, e ho camminato da Milano a Napoli, buttandomi sui carri quando ero stanco e dormendo, la notte, nelle case dei contadini. Buona gente. Quella ... passeggiata durò nove mesi».

«Spero che ci potrete tornare presto, in Italia, quando avrete finito di combattere».

«Allora non certo quest'anno -mi ha risposto con un gesto vago -al più presto, nel 1943. Prima bisogna farla finita con questi Russi. E bisogna che tendiamo tutte le forze, appena ricomincerà la buona stagione. Non soltanto noi, ma tutta l'Europa».

«Quando credete che potranno ricominciare le operazioni offensive in grande stile?».

«In giugno. Al principio di giugno, almeno nel Sud. E si può agire fino all'ottobre. Poi, l'esperienza ci ha insegnato che conviene meglio fermarsi e organizzarsi bene per l'inverno, in modo da risparmiare sacrifici eccessivi ai soldati. Perché la nostra difficoltà quasi insormontabile, nella stagione fredda, è quella dei trasporti. Vedete, quel po' di terreno che hanno guadagnato i Russi nel settore centrale, in questi giorni, non l'avrebbero potuto occupare se le divisioni che avevamo richiamate dalla Francia fossero arrivate sul posto

17 -Documenti diplomatici -Serle JX -Vol. Vlll

uel tempo previsto. Del resto, non importa che i Russi vengano avanti per qualche chilometro. Ciò non costituisce per noi un pericolo, e per loro aggravia i rifornimenti».

«Credete che abbiano ancora molto materiale?».

<<Difficile fare i calcoli, ma io giudico dal mio settore, dove sono schierate contro di noi trenta batterie. È un buon numero, e certo possono contare ancora su migliaia di aeroplani e di carri armati».

A questo punto il generale ha incominciato a descrivere i metodi di guerra del soldato russo. Non ha detto cose assolutamente nuove, e pure era interessante ascoltarle da lui. «Avanzano a ondate,-egli ha detto,-lasciandosi falciare dalle mitragliatrici. Quando si crede che l'attacco sia finito, altri ne rispuntano. Hanno un assoluto disprezzo della morte e a una furia quasi selvaggià accoppiano una buona conoscenza tecnica delle armi, in parte anche istintiva, ma in parte frutto di una semplice quanto rapida istruzione ».

«Cosi, sanno manovrare con grande velocità i carri armati -ha continuato Dietrich -Ne hanno solo due tipi, e imparato evidentemente a guidarli alla brava. Li avventano senza riguardi per il motore. Io non credo che facciano riparazioni. Quando c'è un guasto, piantano la macchina li. Poi, son buoni tiratori. Sparano mirando bene come noi e, forse, anche più lontano. Su di noi hanno anche un vantaggio. Sono nachtkaempjer, combattenti notturni, mentre i nostri soldati sono abituati con il sistema di guerra europeo, durante la notte cessano più o meno di combattere >>.

<< E gli ufficiali? ».

«Buoni. Bisogna, in questo, far tanto di cappello a Stalin. Non soltanto egli è riuscito a costruire un potentissimo apparato mHitare, ma anche a circondarsi d'uno straordinario prestigio di capo. Abbiamo fatto prigioniero un ufficiale, una volta, e gli abbiamo chiesto se mai avesse veduto Stalin. Ci ha guardato sorpreso e ci ha risposto: «Come avrei potuto vederlo io, piccolo uomo?». Era un giovane, appena uscito dall'Accademia di guerra>>.

<<Che percentuale credete vi sia, in Russia, di comunisti? >>.

«Ma l'ottanta per cento, o tutti. se volete. Di rivoluzioni interne anticomuniste non è certo il caso di parlare. Vi è solidarietà e la gente non sta peggio di prima. Il contadino è povero, ma possiede il suo piccolo podere, la sua mucca. Hanno molti bambini. In case di campagna abbiamo trovato dieci

o dodici bambini in ogni famiglia. E li tengono anche bene. Le scuole sono allogate in edifici moderni e, dai libri che abbiamo rinvenuto, si deve dedurre che l'educazione fosse curata bene. I libri di tedesco, per esempio, erano ottimi. Sapete, imparano il tedesco fin dalla quinta classe elementare. Ora è evidente che il comunismo ha elevato il livello medio di cultura, e ha dato a quelle masse una coscienza politica. I nostri regimi, Fascismo, Nazionalsocialismo, Comunimo, hanno tutti un sistema di educazione analogo, nel senso che essa è insieme politica e militare. Operata su enormi quantità, in Russia, ha prodotto il fenomeno cui stiamo assistendo e che dobbiamo abbattere fino alle radici».

Ho obbiettato che se così è, se cioè i soldati bolscevichi vanno a combattere convinti della necessità di difendere non soltanto la loro patria, la loro terra, ma anche il loro regime, non dovrebbero esservi allora nelle file militari i commissari politici, per incitarli. È intervenuto a questo punto nella conversa

zione Guenther d' Alquen, il quale ha ossct vato che << anche nelle divisioni tedesche vi sono i cappellani>>. Il paragone non calzava del tutto, ma d'Alquen aggiungeva cne questi commissari sono appunto come i sacerdoti di una religione che hanno i Russi, il comunismo, i servi del loro Dio, che è Stalin e che, del resto, i commissari si battono in modo esemplare, marciano in testa e trascinano i compagni.

Il generale delle SS., riprendendo il discorso, ha voluto mettere in risalto da parte sua come coloro che più sono pervasi di un ideale politico, con più ardore e convinzione insieme sanno combattere, e dall'accenno di d'Alquen ai commissari politioi è passato a esaltare le gesta dei suoi militi i quali, in proporzione, hanno avuto successi maggiori di quelli degli altri reparti.

«Ho avuto l'onore di presentare i miei uomini al Duce, la prima volta che è venuto in Germania -ha detto Dietrich -e so che li ha molto ammirati. Allora si esigeva, per il reclutamento di volontari nella Leibstandarte, un'altezza minima di un metro e ottanta. Il primo plotone era formato di ragazzi superiori a due metri. Adesso, in guerra, questi ultimi non san più conservati. Magnifici ragazzi, i miei. E a Rostow molti sono stati sacrificati. Ho perduto ottomila uomini, circa la metà della mia divisione. Morti, feriti, prigionieri. Alcuni li abbiamo ritrovati in condizioni inenarrabili. I bolscevichi avevano strappato loro gli occhi, recise le mani. Essi uccidono i prigionieri dopo averli torturati. Noi non conosciamo queste crudeltà. Ma prigionieri, naturalmente, ne facciamo pochi: i nemici che si catturano vengono uccisi. Certo che la guerra è dura e durissima, certo che molti vi lasciano la vita. Ma ogni giorno vengono al mondo nuovi uomini, il nostro impulso demografico è grande. L'ha detto Mussolini, in un raduno popolare: <<Le conquiste si fanno col c ... (sic) » e la patria richiede molti, molti figli. Mi arriveranno tra poco, al fronte, i nuovi scaglioni per colmare i vuoti prodottisi nelle file della Leibstandarte. Sono giovani per cui l'istruzione militare dura quattordici settimane.».

Il generale ha poi espresso H suo grande compiacimento per avere il Fuehrer assunto personalmente il comando dell'esercito. Da certe sfumature del discorso ho potuto capire non essere, il comandante SS., completamente d'accordo con qualche sistema finora seguito, pur avendo egli evitato di approfondire il tema. Dietrich ha rivendicato il suo diritto chl «poter parlare al Fuehrer personalmente e con franchezza, al momento buono». Egli ha esposto anche qualche concetto strategico sulle operazioni che dovrebbero assicurare rapidamente la conquista del Caucaso, nella prossima estate. Quanto al numero delle divisioni tedesche schierate su tutto il fronte, il generale lo ha calcolato di circa 180, cui si opporrebbero 150 divisioni nemiche.

Prima di congedarsi, l'Obergruppenfuehrer, avendo appreso che ero in partenza per l'Italia, mi ha pregato di portare i suoi saluti al Duce. <<Egli mi conosce personalmente -ha aggiunto -e una volta mi ha detto che abbiamo combattuto proprio uno di fronte all'altro, nel 1917, sul Tagliamento ».

Sepp Dietrich aveva parlato con me pi.ù di un'ora, la sua esposizione sincera di cose viste e di impressioni direttamente riportate contrastava con l'abituale riservatezza di questi ambienti. Egli è un uomo rozzo e aperto «violento ma non mai ingiusto», come mi diceva d'Alquen, e per ciò adorato dai suoi militi (1).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolinl. (2) -Vedi D. 164. (l) -Non pubblicato. (2) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 766.

(l) Non pubblicato. Si tratta del T. 593/119 r. che però è datato 23 gennaio 1942, ore 14,30.

(l) Il prPsente documento reca Il visto di Mussolinl.

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IL DELEGATO A LIONE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, CONFALONIERI, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

L. R. 573. Lione, 22 gennaio 1942.

Mi onoro trasmettere qui unito un brevissimo cenno sulle origini e sulle attività dell'Organismo di Controllo per l'esecuzione dell'art. XXI della Convenzione di Armistizio, dalla sua istituzione a tutt'oggi 0). Naturalmente ho menzionato solo l'attività «tecnica » dell'Organismo.

Come è noto a V. E. ho, durante lo stesso periodo di tempo, mantenuto contatti ufficiosi col Governo di Vichy ed ho regolarmente riferito al R. Ministero ed alla Commissione di Armistizio in merito alla politica estera ed alla situazione interna francese.

Per quanto riguarda i contatti ufficiosi essi sono stati intrattenuti principalmente con il Capo della Segreteria particolare del Maresciallo, Dott. Ménétrel e col Segretario Generale del Ministero degLi Affari ESTERI, Ambasciatore Rochat. A tali contatti ero stato autorizzato dal Capo di Gabinetto, ministro Anfuso, e di essi ne era a conoscen~a il Presidente della Commissione Italiana di Armistizio, generale Vacca Magg1iolini.

Ménétrel mi incontrava periodicamente, e ritengo essere forse di qualche utilità che io riassuma ora per notizia di V. E. la materia di quegli incontri in cui furono trattati argomenti di particolare rilievo:

1° -Apertura di Ménétrel a nome del Maresciallo per conoscere l'entità delle rivendicazioni italiane (3 maggio 1941). Ricevuto dal ministro Anfuso un pro-memoria sull'argomento in data 14 maggio 1941, ne feci avere conoscenza (26 maggio 1941) a Ménétrel il quale in data 2 giugno 1941 (2) mi disse che: «Circa le richieste italiane il Maresciallo desiderava che gli fosse lasciato un sufficiente termine per determinare nell'opinione pubbLica una atmosfera favorevole all'esame delle richieste stesse. Il mio interlocutore aveva aggiunto che per preparare tale atmosfera il Maresciallo gli aveva dato istruzioni di mantenere con me dei contatti allo scopo di r<isolvere verbalmente e con immediatezza le divergenze correnti».

Il dott. Ménétrei mi dichiarò inoltre in quella occasione « che per fornire intanto una prova tangibile delle intenzioni del Capo dello Stato si teneva sempre a mia disposizione per dare tutti i chiarimenti che noi avremmo ritenuti necessari sull'atteggiamento di Vichy anche in materia di politica interna».

2° -Passo svolto da Ménétrel per conoscere se da parte italiana non vi erano difficoltà ad un viaggio del Maresciallo in Savoia Ca San Giovanni di Moriana -16 settembre 1941 -per incarico del Presidente della C.I.A.F. feci le comunicazioni prescrittemi dal Ministero).

(2} Vedi serle IX, vol. VII, D. 207.

20-t

3° -Sondaggio fatto fare a Ménétrel dal Maresciallo unitamente all'ammiraglio Darlan il 23 settembre 1941 (l) circa la possibilità di un incontro tra il conte Ciano e Darlan in Italia o di un viaggio del ministro Anfuso in Francia. Nel novembre mi fu sollecitata una risposta ed in occasione dei funerali del generale Huntzinger sia il Maresciallo che l'ammiraglio Darlan espressero nuovamente all'Ecc. Vacca Maggiolini tale desiderio che sboccò poi ne;l colloquio di Torino.

Oltre ai contatti periodici in questione parecchie volte con lettere personali ho usato come tramite il dott. M~nétrel per attirare l'attenzione del Capo dello Stato su questioni di particolare interesse concernenti i rapporti armistiziali tra i due Paesi.

Anche Rochat dimostrò sempre della sollecitudine per i rapporti itala-francesi e colse poi l'occasione della nostra visita a Vichy per i funerali del generale Huntzinger per prendere una posizione personale a favore di un riavvicinamento fra i due paesi. Riferii al Ministero in data 16 novembre 1941 le dichiarazioni fattemi dal predetto (2).

Rochat era allora Ministro Plenipotenziario, Direttore degli Affari Politici e reggente il Segretariato Generale; subito dopo l'incontro di Torino egli, che è qui considerato il tecnico delle questioni italiane, è stato promosso Ambasciatore e nominato Segretario Generale del Mtnistero degli Affari ESTERI, quasi a marcare il nuovo svolto politico originato dal colloquio dell'Ecc. il conte Ciano con il Vice Presidente del Consiglio francese. Rochat a tutt'oggi non ha mai partecipato invece ad alcun incontro franco-germanico.

Inoltre in qualità di rappresentante del Ministero degli Affari Esteri presso l'Organismo vi è il signor Luigi Mathon, persona di netti sentimenti filo-italiani, con moglie italiana nipote del Senatore Orlando, non di carriera ed avente grossi interessi a Livorno. Tale incarico gli è stato affidato per intervento del dottor Ménétrel che lo considera suo fiduciario.

(l) Non pubbllcato.

194

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

L. P. (3). Roma, 23 gennaio 1942 (4).

Mentre stavo completando la redazione di una lettera di risposta alla Vostra del 29 dicembre u.s. (5), vengo informato che il Reichsmarschall ha progettato un viaggio a Roma e prima della fine del mese (6).

Mi si dice che egli mi riferirà sulla situazione e sulle Vostre Idee al riguardo. Ma nell'attesa desidero, Ftihrer, dirVi quanto segue:

a) Vi ringrazio della Vostra lettera e di quanto in essa mi dite;

b) la rettifica delle Vostre posizioni in Russia è perfettamente compresa e giustificata in Italia dove, malgrado il bombardamento della propaganda nemica, non si ha alcun dubbio circa l'esito della campagna sul fronte orientale;

c) Vi confermo che le Divisioni italiane per il fronte russo sono in via di preparazione; bisogna risolvere soltanto il problema dei trasporti e in tempo utile in modo che la massa delle Divisioni italiane sia sul posto al momento della ripresa offensiva;

d) siamo riusciti a far arrivare in Libia due convogli che hanno migliorato la situazione. Il Generale Rommel Vi avrà riferito che la Stimmung delle truppe è ottima. Anche qui è una questione di trasporti e quindi di nafta. Sotto questo riguardo l'incontro Riccardi-Raeder (l) è stato molto importante, ma nonostante le assicurazioni anche personali di Antonescu dalla Romania nafta ne arriva poco o niente.

Mi riprometto, Fiihrer, di trattare proficuamente col Reichsmareschall le questioni più interessanti del momento. Vi prego, Fiihrer, di accogliere i miei più cordiali saluti e di credere al mio immutabile cameratismo.

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 585. (2) -Vedi serie IX, vol. VII, DD. 762, 813. (3) -Minuta autografa. (4) -Questo messaggio fu trasmesso con T.s.n.d. 2629/97 p.r. del 23 gennaio 1942, ore 12,45, non pubblicato, all'Ambasciatore a Berlino con istruzioni di farlo pervenire subito ad Hitler. L'Ambasciatore assicurò (T. s.n.d. 2349/121 p.r. delle 14,20) di averlo recapitato al sottosegretario von Weizstlcker che ne avrebbe curato l'Immediato inoltro al Quartier Generale del FUhrer. (5) -Vedi D. 80. (6) -Vedi D. 211.
195

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, AMBROSIO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. s. 1141. ..., 23 gennaio 1942.

Da qualche tempo l'attività politica croata, nei territori della 2" e 3a zona, ha assunto aspetti che è bene considerare nei loro possibili sviluppi.

In precedenti relazioni è stato segnalato che gli orientamenti del Governo croato evolvevano lentamente, ma sicuramente, verso la decisa ostilità nei nostri confronti: si è difatti accennato, che delle due tendenze determinatesi fra gli uomini al potere, la germanofila del Maresciallo Kvaternik e la debole italofilia del Poglavnik, avrebbe finito col prevalere la prima.

Le previsioni vanno via via prendendo corpo. Fra le mille oscillazioni ed i tentennamenti del Governo croato, incerto e manchevole in tutte le espressioni della sua politica, un solo punto v'è fermo: la crescente avversione all'Italia e l'aspirazione altrettanto ferma a sottrarre al nostro controllo i territori da noi occupati.

I segni esteriori traspaiono da tutto un complesso di atti e di manifestazioni, che vanno dalle più alte personalità agli organi politico-amministrativi della periferia.

È risaputo che la italofilia del Poglavnik si è di molto intiepidita; egli, posto di fronte alla invadente intraprendenza del Maresciallo Kvaternik ed alle voci che designano quest'ultimo come suo probabile successore, non è improbabile che soggiaccia al di lui orientamento politico. Comunque risulta positivamente che egli ha chiesto in modo esplicito, se non lo sgombero, almeno la limitazione dei poteri dell'autorità italiana sulla za zona.

La richiesta, motivata unicamente da ragioni di prestigio, in quanto i poteri italiani ledono il principio di sovranità dello Stato «amico ed alleato», poggia su tutta una serie di argomentazioni che alterano, capovolgendola, la realtà dei fatti. Basti, ad esempio, questa: il territorio da noi occupato sarebbe in pieno fermento, in quanto la politica di pacificazione da noi perseguita avrebbe impedito alla sovrana potestà croato-ustascia di assicurarvi l'ordine ed il pacifico svolgersi della vita interna.

Smentita più chiara a simile asserzione non può venire che dal ricordo ancora vivo delle atrocità compiute nei predetti ,territori dal regime ustascia sino alla data del bando del 7 settembre 1941 del Comando della 2a Armata. Basta inoltre confrontare la situazione odierna della Croazia non occupata da noi con quella della 2a e 3" zona. Mentre in tutto il paese, compresa la capitale, la rivolta va travolgendo la stessa idea dell'unità statale ed intacca nella loro essenza gli organi che, come l'esercito, ne dovrebbero essere i naturali tutori, nei territori da noi occupati, nonostante sporadiche convulsioni, la vita si svolge normale ed attiva.

Del pensiero dell'immediato collaboratore del Poglavnik, il Maresciallo Kvaternik, è superfluo il trattare. Rimasto austriaco al 100%, egli impronta tutta la sua attività politica alla mentalità dell'esercito absburgico del 1914. Enumerare le manifestazioni di una tale mentalità preconcetta mi porterebbe oltre i limiti in cui mi propongo di contenere queste mie segnalazioni. Una sola circostanza basta a caratterizzare lo stato di fatto. La nota recente operazione progettata per la totale occupazione della Croazia è fallità; ed il fallimento è certamente dovuto agli intrighi del Maresciallo Kvaternik col Generale Glaise Horstenau, capo della Missione Militare Tedesca a Zagabria. Si ha invece la operazione tedesca già in corso su Sarajevo, cui al modesto nostro concorso dovuto a difficoltà ambientali ed alle truppe ancora in arrivo, si è affiancato quello effimero croato, col risultato pratico dell'accrescimento del prestigio germanico, e dell'aggravarsi della nostra situazione militare ai margini della linea di demarcazione, per il rifluirvi delle masse ribelli che si sottrarranno all'attacco tedesco.

Data la mentalità dei capi, e prevalendo quella del Maresciallo Kvaternik, l'azione politica degli uomini più rappresentativi del Governo e degli organi politico-amministrativi che ne dipendono è tutta orientata verso l'ostilità preconcetta nei nostri riguardi e si attua attraverso opera ostruzionistica, subdola e doppia, intesa, comunque, a crearci delle difficoltà, a menomare il nostro prestigio.

Caratteristica a questo riguardo la sistematica inadempienza ai patti ed agli accordi intervenuti.

Tralascio dal considerare quella programmatica agli accordi di carattere economico, intervenuti ad Abbazia per disciplinare i rifornimenti delle truppe d'occupazione e delle popolazioni dei territori annessi della Dalmazia e del Fiumano (1). Vi sono indubbiamente delle difficoltà, in gran parte dovute a difetto di organizzazione, ad errata valutazione delle effettive possibilità e ad imponderabili di cui non si poteva tener conto al momento della stipulazione dei patti. Comunque, è certo che, mentre a noi si fanno difficoltà, per il regolare afflusso dei rifornimenti, vagoni e vagoni di merci, di granaglie, di grassi, ecc. migrano quotidianamente verso la Germania.

Più evidenti risultano le inadempienze ai patti che statuivano l'indirizzo politico-amministrativo da instaurarsi nei territori della 2• zona.

La pacificazione da conseguirsi all'interno era uno dei capisaldi degli accordi di Abbazia e presupponeva, insieme con l'equo trattamento verso le popolazioni serbo-ortodosse della 2• zona, il rifornirle di viveri, il reintegrarle nei beni, negli averi e negli incarichi.

Non diverso scopo implicava il recpnte bando del ministro degli interni Artukovic emanato il 25 dicembre u.s. con l'avallo di un proclama del comando 2• Armata. In quest'ultimo bando, anzi, si faceva esplicito cenno di una amnistia penale e patrimoniale da largire a tutti coloro che comunque fossero incorsi in reati di natura politica nel recente passato, e tornassero ai loro villaggi entro un periodo di trenta giorni.

La reintegrazione nei beni e negli averi dei serbi -ortodossi, come pure la loro riassunzione negli uffici pubblici, già concordate, non sono avvenute che parzialmente, e per intervento dei comandi italiani interessati per territorio. Nella pluralità dei casi sono state negate sotto speciosi pretesti di carattere giuridico.

Analogamente è mancato il regolare rifornimento di viveri, di medicinall e di assistenza in genere alle popolazioni. E ciò è stato giustificato: o da indisponibilità momentanea di generi, che non senza intenzioni viene attribuita ai rifornimenti dovuti alle truppe occupanti, o come giusta rappresaglia contro popolazioni che non si dimostrano ossequienti agli ordini dello Stato.

Naturalmente si è reagito, riuscendo ad ottenere la dovuta assistenza alle popolazioni, ma non senza fatica ed attriti che perdurano e richiedono interventi fermi e decisi nonché vigilanza costante.

Il chiesto allontanamento degli ustascia è avvenuto, ma più di nome che di fatto. In realtà, trascorso poco tempo dagli accordi, il Governo croato ha girato la posiz,ione e, assumendo a pretesto gravi esigenze di ordine pubblico, ha chiesto di rinforzare le staziOilli di gendarmeria. Avutone il consenso, ha reclutato gli ausiliari fra gli ex-ustascia selvaggi, ai quali sono da attribuirsi tutte le nefandezze del passato. II sotterfugio non è sfugg>ito al nostro controllo, e per parecchi di tali elementi è stata imposta la sostituzione, fissando un termine oltre il quale si procederà al loro arresto.

Contemporaneamente, lo stato maggiore croato, fra la fine di dicembre ed i primi di gennaio, accampando urgenti necessità inerenti a segnalazioni di torbidi, d'iniziativa, senza neppure quel preavviso che elementari ragioni di ri

guardo avrebbero imposto, lanciava reparti di ustascia in talune località della 3a zona (Konjica-Kordum-Banja) per reprimervi presunti moti rivoltosi. Ne seguirono, come di consueto, devastazioni, incendi e violenze contro inermi.

Il nostro pronto intervento, oltre che infrenare gli eccessi, ha fatto si che in avvenire, azioni del genere saranno condotte in cooperazione con le autorità militari italiane, che ne assumeranno la direzione.

La citata palese inadempienza agli accordi non è occasiona le: sistematica quale è, risponde evidentemente a direttive degli organi centrali.

Chiaro ne è lo scopo: menomare il nostro prestigio e rappresentarci ai serbiortodossi come desautorati, come inadempienti alla nostra volta alle promesse contenute nel bando del 7 settembre e nel proclama del 25 dicembre u.s.

È dagli ustascia che taluni loro delitti vengono a noi attflibuiti; ed è anche segnalato che delitti furono perpetrati da ustascia vestiti in uniformi ital·iane.

È dallo stesso ambiente che si diffondono le voci secondo le quali la nostra azione si associa e copre la delittuosa attività degli ustascia selvaggi, o peggio, tende a promuovere tale attività per alimentare la lotta fratricida ingaggiatasi fra serbi e croati, onde sopraffare più facilmente gli uni e gli altri in un prossimo futuro.

È accertato che contatti fra esponenti del regime ustascia e capi di cetnici serbi-ortodossi, sono ripetutamente avvenuti e ciò, non tanto per saggiare la possibilità di una reciproca conciliazione, quanto per attizzare la reazione dei serbi nei nostri confronti. Tipica e quanto mai probativa, in proposito, la nota conversazione avvenuta a Spalato fra il Logornik del partito ustascia Poljak e l'ex deputato della Bosnia Jevdevic, di cui con foglio n. 901 del 15 corrente è stato trasmesso il testo intercettato (1).

In parallelo con gli infruttuosi tentativi verso i serbi-ortodossi della za e 3a zona, si svolge subdola la propaganda di antitalianità in tutto il paese, ed anche nella prima zona, ad opera di organi responsabili.

Primeggia fra questi il «commissariato generale amministrativo» istituito allorché furono assunti i poteri civili nella prima zona, perché affiancandosi al comandante della za armata, facilitasse l'opera di pacificazione e di normalizzazione da attuarsi in leale collaborazione.

Tutto il personale che lo costituisce, a cominciare dal Commissario Generale dottor Karcic, è notoriamente a noi ostile. Si tratta per lo più di istriani che negli scorsi anni dall'Italia espatriarono in Jugoslavia per sottrarsi al nostro dominio.

Notizie di sicura fonte precisano che il commissario Karcic, nei locali del suo ufficio, in casa, denigra la nostra opera, e concorre, con l'autorità che gli deriva dalla posizione rivestita, a dar credito alle voci secondo le quali la questione della Dalmazia e dei territori da noi annessi non deve ritenersi definita.

Il suo più vicino collaboratore, dottor Kiraz, vera eminenza grigia del commissariato, ha tali precedenti quale antitaliano, che il S.l.M. recentemente ha ritenuto necessario prospettare al Ministero degli Esteri l'opportunità di provocarne l'allontanamento.

Tutto il rimanente personale, salvo le sfumature di forma, ha la mentalità e l'animo del Kiraz.

Inoltre, da tempo, si delinea il sospetto che il predetto commissariato non sia del tutto ignaro dell'attività criminosa di taluni accesi propagandisti, che si agitano nella la e nella 2a zona. Recentemente è accaduto che un funzionario del genio civile di Cirquenizza è stato sorpreso mentre, dal proprio ufficio, comunicava in telegrafia Morse dati e ordini a ribelli appostati in località che non è stata possibile definire. Il funzionario nella colluttazione che seguì alla sorpresa venne ucciso. Col suo carteggio fu sequestrato un codice segreto di corrispondenza ed un taccuino in cui erano indicati vari nominativi, fra cui sei di persone del luogo, notoriamente in dimestichezza di rapporti con membri del Commissariato Generale. Seguì l'arresto di dette persone e la loro denuncia al tribunale straordinario, che, sulla base di comprovati elementi di fatto, emise sentenza di condanna capitale, eseguita immediatamente, a processo concluso.

Le pressioni esercitate dal commissario generale e da tutti i suoi collaboratori per sottrarre al processo ed alla giusta pena i colpevoli furono tali da far ritenere che non fossero del tutto disinteressate.

Analoghe pressioni si ebbero e si hanno tuttora in difesa del segretario comunale di Novi, reo confesso di contravvenzione all'articolo l o del bando in data 7 settembre (detenzione abusiva di armi) ora associato alle carceri di Fiume in attesa di giudizio.

L'obiettivo cui gli uomini del Governo oggi tendono, con ogni mezzo, è, come ho già detto, sottrarre al nostro controllo le zone occupate, mentre g,ià lo sguardo si protende verso il ripristino della sovranità croata della Dalmazia. Non è, infatti, privo di significato che in pubblici ritrovi o nella pubblica via si inscenino delle dimostrazioni in cui si inneggia alla Dalmazia croata, come è avvenuto a Zagabria (14 e 25 dicembre), a Mostar, a Sarajevo, senza che l'autorità preposta all'ordine intervenga, o, intervenendo, si limita a scortare i dimostranti.

Frequenti. sono a questo riguardo le segnalazioni di soldati o regolari ustascia che, un po' dovunque, in luoghi pubblici, cantano canzoni degli irredenti dalmati e sono posti a tacere solamente dall'energico, duro intervento di nostri ufficiali o soldati. Nè trova una chiara giustificazione la recente convocazione in Zagabria di tutti i reduci della guerra del 1914-18, ideata e guidata dal Maresciallo Kvaternik, non si sa bene con quale scopo, se non quello di esaltare il sacrificio allora compiuto, ed in funzione antitaliana.

Sono sintomi, che peraltro hanno il loro peso ed un preciso contenuto determinativo della situaZione, la quale si impone alla considerazione onde sia possibilmente definito l'indirizzo politico da tenere. Tanto più che, è bene tener presente, organi responsabili e paese in genere presumono di essere spalleggiati nella loro azione e nelle loro rivendicazioni dall'alleata Germania.

Tralascio dal considerare qui le « voci >> cui è stato più volte accennato in passato, ma non v'è soldato o ufficiale tedesco che nei suoi rapporti personali coi croati non si periti di affermare che la questione della Dalmazia sarà regolata a fine guerra, ed in senso croato.

I fatti che danno parvenza di realtà alla presunzione croata sono ben altri,

e si riassumono: nell'assorbimento pressoché totale della economia locale; nel

controllo effettivo che, direttamente o indirettamente, la Germania esercita

sulla totalità delle regioni esterne alla nostra occupazione. Sarà questione di

tradizione, di consuetudine, di aff.inità, di cultura e di spirito, di influenze personali quale quella preminente del Maresciallo Kvaternik, ma la realtà è questa. Un indice di palmare evidenza lo si ha nell'improvviso capovolgimento della situazione che, come ho già detto, doveva addurci alla totale occupa:2'1ione della Croazia.

Ho riassunto la situazione del momento, con spassionata obiettività. Essa è controllata, seguita attentamente, mantenuta negli esatti termini voluti.

(l) Gli ammiragli Raeder e Riccardi si erano incontrati a Garmisch il 14 e 15 gennaio 1942 per esaminare la situazione navale del Mediterraneo ed in particolare il problema dei rifornimenti di nafta. Una relazione molto sommaria sull'incontro è in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

(l) Gli accordi firmati ad Abbazia il 16 novembre 1941 avevano concluso una riunione della Commissione Permanente italo-croata destinata all'esame ed alla soluzione dei problemi di seguito indicati. Vccli anche serie IX, vol. VII, DD. 741 e 746.

(l) Non pubblicato.

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IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI

R. S. 1564/AG. Torino, 23 gennaio 1942 (per. il 24).

A seguito dei miei rapporti odierni n. 1562 e n. 1563 (1), Ti informo che stamane l'Ecc. Vacca Maggiolini ha comunicato all'ammiraglio Duplat che il Comando Supremo ha deoiso di soprassedere alle trattative per l'utilizzazione delle basi tunisine.

Duplat ha chiaramente mostrato il suo disappunto tanto più che, egli ha detto, H Governo francese dopo lunghi mesi di trattative, non era riuscito a ottenere dal Governo germanico alcuna sostanziale concessione in merito alle sue note richieste: ritorno del governo a Parigi, linea di demarcazione, prigionieri, spese di occupazione ecc. ecc.

Ha quindi domandato al generale Vacca Maggiolini consiglio sul da fare per sortire dal punto morto attuale. Il Presidente, a titolo puramente personale, ha risposto che la Francia, per dare prova di buona volontà e tentare di riallacciare il negoziato da lei interrotto a Wiesbaden, dovrebbe quanto meno, comunicare ai Governi italiano e tedesco che è pronta a cedere, senza ulteriore indugio, le note 125 mila tonnellate di naviglio mercantile di cui, da ultimo, al mio rapporto n. 24329 del 23 dicembre u.s.

Duplat ha chiesto poi al Presidente notizie delle decisioni del R. Governo in merito alla rappresentanza francese in Grecia. Il generale Vacca Maggiolini ha replicato ch'egli aveva di persona interessato il R. Ministero e che riteneva di potergli dare quanto prima una risposta al riguardo.

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IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RR. S. N. D. 2521/55-56 P.R. Berna, 24 gennaio 1942, ore 18,40 (per. ore 24).

Per Eccellenza Ministro.

Riferimento miei telegrammi 25, 26 e 43 (2).

Ho potuto vedere Pilet Golaz soltanto oggi. Egli mi ha comunicato di avere riferito al Consiglio Federale ma che questo sorpresissimo non ha ancora preso una decisione. Comprende che Ruegger non potrà più stare a Roma ma ha rapidamente sentito che gli si impone il richiamo rifiutando addurre motivi.

Pilet chiede tempo per persuadere Governo Federale e per trovare modo di allontanare Ruegger da Roma senza suscitare reazione nella stampa e nel pubblico della Svizzera e senza fare sospettare ai nostri nemici l'esistenza di un dissidio itala-svizzero.

Ci tiene moltissimo all'amicizia dell'Italia e intende che per conservarla avrà bisogno di un distinto Ministro ma ha bisogno di tempo per rendere più giustificato e meno sensazionale il richiamo.

Qui i trasferimenti di Ministri dalle grandi capitali non si fanno; un Ministro mandato in una grande capitale fa soltanto quel posto; perciò il richiamo provocherebbe molta impressione e meravigliati commenti.

Ruegger tornerebbe a Roma dove resterebbe un po' di giorni poi avrebbe congedo di almeno un mese; nel frattempo maturerebbe decisione domandata Consiglio Federale.

Questi teme altresì che richiamo sia una specie rappresaglia in r-isposta alla sua condotta nelle recenti trattative economiche. Pilet Golaz sta facendo una inchiesta a Roma per conoscere motivi determinanti nostra domanda.

Gli ho dichiarato non dover egli credere che noi attenderemmo che una decisione sia presa ad inchiesta finita né ammissibile che susciti il dubbio di voler guadagnare tempo.

Se una decisione fosse presa potremmo facilitare partenza di Ruegger affinché avvenga senza pressioni e senza rumore; ma la decisione deve essere presa e già troppo abbiamo aspettato.

Poiché Consiglio Federale si raduna martedì ho detto a Pilet che contavo sulla sua comprensione e sulla sua buona volontà per non essere costretto mercoledì a fare la dichiarazione di «persona non grata>>.

Salvo ordini contrari se entro quel giorno non mi avranno comunicato che hanno deciso il richiamo di Ruegger farò senz'altro quella dichiarazione.

(l) -Non pubblicati. (2) -Vedi D. 123 c D. 134, nota 4.
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L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 650/115-116-117 R. Buenos Aires, 25 gennaio 1942, ore 1 (per. ore 17).

Prima ancora che la conferenza di Rio Janeiro sia chiusa credo si possa affermare suoi risultati sono ben lungi costituire un successo politico per il Governo W ashington.

Erano stati mobilitati i cancellieri delle 21 repubbliche americane per condanna « all'umanità » e prendere « immediate » sanzioni (guerra o rottura delle relazioni diplomatiche) contro le potenze del Patto Tripartito. Dopo imprevisti giorni di discorsi, discussioni, esami di speciali formule, consultazioni telefoniche, dichiarazioni belliciste ecc., la conferenza ha dovuto ripiegarsi sopra una formula transazione. Si finirà per votare, invece della guerra o almeno della immediata rottura delle relazioni diplomatiche, una mozione che ne raccomanda l'adozione, che ogni paese potrà decretare «secondo le proprie leggi e dentro le proprie circostanze nell'attuale conflitto. Da Rio Janeiro il Signor Sumner Welles ritorna a Washington portando nel suo bagaglio la «certezza » che l'unanimità di obbedienza ai voleri di Washington non esiste, mentre prima Rio Janeiro i « dubbi» sull'atteggiamento erano permessi.

Siccome le conseguenze della Conferenza si ripercuoteranno per tempo ancora su tutta la politica dell'America, credo utile sottomettere all'esame personale e speciale di V. E. alcune considerazioni che mi sembrano per noi di massima importanza.

0 ) È fuori dubbio che il fallimento della conferenza di Rio Janeiro è dovuto al coraggioso sforzo argentino. Per apprezzare completamente tale sforzo occorre non dimenticare che l'Argentina è un paese eminentemente agricolo, con un'industria quasi appena iniziata, paese che mentre da un lato non può esportare i suoi prodotti agro-pecuari negli S.U.A. perché S·imilari, dall'altro non può vivere senza importazione di altri prodotti che dagli S.U.A. gli vengono. In quest'ultimi tempi le pressioni di Washington hanno spesso assunto forma di veri e propri ricatti, come nel caso delle liste nere, delle linee aeree, del petrolio, del carbone e del ferro. Da oggi in avanti esse aumenteranno. Ogni tentativo lecito ed illecito sarà fatto per ridurre volontà spirito che in tanti piccoli Paesi notoriamente... (l) governo dollaro rappresenta solo paese con un sentimento nazionale ed una propria personalità.

2°) Ministero degli Affari Esteri interinale nel comunicarmi che (mio telegramma 99) (2) Argentina non avrebbe rotto relazioni diplomatiche aggiunse che decisione era in gran parte determinata da desiderio non turbare buoni rapporti con l'Italia, esistenti da sempre ma che oggi avevano assunto carattere di vera simpatia. Non credetti allora necessario menzionare questa sua dichiarazione, oggi però credo doverlo fare perché penso che è grazie alle direttive di V. E. che atmosfera Argentina si è modificata. Cammino percorso è stato lungo e difficile. Se si pensa però dove era la politica argentina di un anno e mezzo fà quando Cantilo proponeva assumere atteggiamento di non belligeranza attiva in favore S.U.A., deve concludere che successo è notevole. Il [pubblico]che da più di un anno sente dai f:llAi governanti parlare dell'Italia c.ome di un paese amico al quale non si desidera fare dispiacere neanche le grottesche manifestazioni di un buffone da cinematografo non avrebbe capito la rottura delle relazioni diplomatiche con essa. Quello stesso pubblico che qualche mese fà aveva sentito magnificare il gesto dell'Italia, che con la cessione delle sue navi mercantili aveva colmato una delle più gravi deficienze dell'economia nazionale argentina, si sarebbe reso conto delle ragioni per le quali Argentina, che oltre tutto è un paese permeato di sangue italiano, avrebbe dovuto dichiarare guerra all'Italia perché il Giappone aveva invaso le Isole Hawai, né avrebbe

capito perché a distanza di alcune settimane quello stesso paese del quale il suo Governo aveva assunto rappresentanza nei paesi centro-americani era diventato suo nemico.

3°) Prossimi mesi situazione in Argentina diventerà sempre più difficile: sola di fronte S.U.A. che possono soffocarla finanziariamente, sola di fronte Brasile ed altri stati Sud-America. Occorrerà che essa faccia concessioni agli uni e agli altri. Sarà[nno adottateJ probabilmente misure restrittive sulla collettività e Rappresentanze dei cosidetti paesi totalitari delle quali noi risentiremo forse qualche conseguenza non grave. È mio remissivo parere che non sia possibile che Argentina resti neutrale fino alla fine guerra. Essa dovrà raddoppiare sua resistenza a tale scopo e non è del tutto impossibile che vi riesca, ma in ogni caso noi dobbiamo agire come fosse certo che vi riuscirà e praticare con essa una politica di comprensione e generosità per aiutarla. V. E. ha grandemente facilitato mia missione accettando suggerimento non sabotare nostre navi ma cederle Argentina attraverso negoziati amichevoli (1). Non credo abbiamo ragioni di essere malcontenti di tale atteggiamento che ha certamente contribuito resistenza Argentina a Rio Janeiro. Vorrei pertanto che stessa fiducia mi fosse accordata in avvenire per praticare con Argentina quella politica che da osservatore sul posto avrò di volta in volta a suggerire. Oggi non è il momento di mostrarsi eccessivamente rigidi con un paese che è stato corretto con noi e che per forza di eventi si trova ad essere uno dei pochissimi grandi paesi completamente al di fuori guerra. Occorre guardare più lontano. Non sono né gli articoli dei giornali venduti né pochi milioni di lire eventualmente sacrificati che debbono farci mutare rotta e perdere una posizione faticosamente conquistata anche perché se Argentina r·iuscirà durante tutto il conflitto a mantenersi neutrale sua posizione nel dopo guerra sarà automaticamente cresciuta a dismisura e non sarà stato un male per noi aver voluto conservare sua amicizia anche a costo di qualche piccolo sacrificio.

(l) -Gruppi lndeclfrati. (2) -Con T. 565/99 del 21 gennaio 1942, ore 15,49 (per. il 22 alle ore 3,30) dava la prima notizia sull'atteggiamento dell'Argentina.
199

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE ALL'ESTERO

T. 33 R./C. Roma, 25 gennaio 1942, ore 13.

Come certo Vi è noto, poiché ne hanno già dato notizia i giornali, una Convenzione Militare è stata recentemente conclusa fra l'Italia, la Germania e il Giappone (2). In seguito alla conclusione di tale Convenzione Vi prego di volervi concertare con codesto Rappresentante del Reich e con codesto Rappresentante del Giappone per stabilire una più stretta collaborazione in tutti i campi allo scopo di realizzare i fini comuni di guerra.

Col Vostro collega tedesco e col Vostro collega giapponese vorrete insistere particolarmente su quanto siano necessarie la collaborazione e lo scambio di informazioni ai fini dell'ulteriore continuazione della guerra marittima al com

mercio. Tale compito spetta alle forze navali italiane e tedesche per quanto riguarda l'Atlantico ed il Mediterraneo ed alle forze giapponesi per quanto riguarda il Pacifico. Questo naturalmente non esclude che le forze navali di ciascuna di queste. Potenze possano operare anche in altre zone marittime. Ad ogni modo le Nazioni del Patto Tripartito devono trarre il maggior profitto possibile dall'entrata in guerra del Giappone per la guerra commerciale sul mare. Gli Addetti Militari Navali ed Aeronautici italiani devono prendere accordi con i loro colleghi tedeschi e giapponesi per stabilire tra loro la più intima collaborazione ed il costante scambio di informazioni.

Nelle conversazioni con personalità politiche e giornalistiche, quando se ne presenti l'occasione, dovrete mettere in rilievo l'importanza politica e militare di questa Convenzione accennando anche al metodo sobrio ed efficace col quale vengono raggiunte le intese fra le Potenze del Patto Tripartito in contrasto con il metodo chiassoso e propagandistico col quale agiscono le Potenze anglosassoni, metodo che si è particolarmente rivelato in occasione dell'incontro fra Churchill e Roosevelt a Washington. Le trattative di Washington hanno rivelato i contrasti e le difficoltà esistenti fra le due Potenze anglo-sassoni mentre le Potenze del Tripartito hanno potuto facilmente raggiungere un accordo per la loro cooperazione ai fini delle operazioni militari.

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, DD. 62 e 518. (2) -Vedi D. 16D.
200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MINISTRI A BRATISLAVA, RONCALLI, A BUCAREST, BOVA SCOPPA, A BUDAPEST, ANFUSO, A SOFIA, MAGISTRATI E A ZAGABRIA, CASERTANO

T. 34/R./C. Roma, 25 gennaio 1942, ore 15.

Mio 33/C. (1).

Vogliate fare verbalmente una comunicazione formale a codesto Governo per tnformarlo che le Forze Armate italiane tedesche e giapponesi hanno concluso il 18 corr. una Convenzione Militare in esecuzione del Patto politico concluso fra l'Italia la Germania ed il Giappone 1'11 dicembre 1941. La Convenzione Militare stabilisce intese sulle zone di operazioni dell'Italia e della Germania da una parte e del Giappone dall'altra come pure sulla esecuzione dei compiti militari che le tre Potenze si assumono in quelle zone di operazioni. Le forze armate di codesto Stato non vengono toccate direttamente dalla Convenzione militare. Qualora dovessero risultare dalla esecuzione della Convenzione militare effetti pratici che interessassero codeste Forze armate non si mancherà di chiamare a farne parte anche le forze armate di codesto Paese.

Vogliate prendere accordi con codesto Ministro di Germania e con codesto Ministro del Giappone, i quali riceveranno istruzioni in proposito, perché tale comunicazione venga fatta insieme dai rappresentanti delle tre Potenze, e nella forma che di concerto con essi riterrete più opportuna (2).

(l) -Vedi D. 199. (2) -L'incaricato d'affari Formentini rispose da Bucarest con T. 851/101 r. del 3 febbraio 1942. ore 14,30; Magistrati con T. 837/77 r. del 3 febbraio 1942, ore 19,30; Roncalli con T. 3023/5 p.r. del 28 gennaio 1942, ore 20,40; Casertano con T. 720/104 r. del 28 febbraio 1942, ore 21,50. Tutti assicuravano di aver eseguito le istruzioni senza fornire commenti o particolari. La risposta di Anfuso non è stata rinvenuta.
201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DELLA PORTA

T. uu. s. N. n. 3018/109 (Berlino), 72 (Tokio) P.R.

Roma, 26 gennaio 1942, ore 16,15.

Governi Perù e Uruguay ci hanno comunicato ufficialmente loro decisione rompere rapporti diplomatici. Sono attese analoghe decisioni da parte Brasile, Paraguay, Bolivia. Restano incerte decisioni finali Argentina, Cile, Equatore. In queste condizioni si riterrebbe opportuno attendere chiarimento situazione generale America Latina, prima di adottare da parte nostra, della Germania e del Giappone, atteggiamenti definitivi. Tempo di arresto che fosse per il momento deciso dalle tre Potenze del Tripartito, gioverebbe indubbiamente oltre che a consentirci una più chiara visione complessiva della effettiva situazione latino-americana, anche ad impedire che nostre eventuali reazioni nei confronti dei cinque paesi che hanno già rotto o si preparano a rompere le relazioni diplomatiche con noi, possano, come sarebbe molto probabile, incidere sull'atteggiamento degli altri tre Stati, che sembrano tuttora dubbi ed incerti, portandoli anche essi, subito o più rapidamente, verso la rottura. Sembra in sostanza conveniente lasciare ancora intatto quel margine di manovra e di movimento che ancora ci resti, contribuendo nella misura del possibile alla scissione anche temporanea dall'America Latina piuttosto che al suo immediato saldamento in un unico blocco.

Comunicate subito a codesto Governo tale generico punto di vista e telegrafatene avviso. Si tratta in sostanza nella fase attuale di concordare, per il momento, un semplice tempo di arresto (1).

202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI

T. S.N.D. 3141/132 p .R. Roma, 26 gennaio 1942, ore 10,45.

Il Duce disposto che siano prelevati dalle scorte militari e distribuiti alla popolazione civile seguenti quantitativi: 2 mila quintali di farina; 300 quintali di formaggio; 500 quintali di galletta e 100 mila scatolette di carne.

Vogliate prendere immediati accordi con Comando Armata per ritiro predetti quantitativi e disporne distribuzione assicurando.

21()

(l) Per le risposte vedi DD. 205 e 207.

203

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

L. 1/489. Roma, 26 gennato 1942.

Vorrei, per tua informazione, metterti al corrente di quanto è avvenuto dopo la tua partenza per Parigi per quel che riguarda la questione della Rappresentanza ,francese a Roma, questione che, come tu sai, il Governo francese riconnetteva alla installazione di Zoppi a Vichy e che, sia pure indirettamente, veniva a interessare anche le tue runzlonl.

Tu ricorderai che il 29 dicembre il Governo francese ci fece pervenire, per mezzo della CIAF, una nota nella quale esso ci faceva presente che, a suo avviso, la tua nomina a Parigi e la forma nella quale essa era avvenuta, non corrispondevano a quanto era stato inteso fra l'Eccellenza il Ministro e l'Ammiraglio Darlan a Torino (1). Il Governo francese era d'opinione che si sarebbe dovuto procedere non ad un atto unilaterale da parte nostra ma ad uno scambio di Missioni fra Roma e Vichy, e che la Missione francese a Roma avrebbe dovuto assumere la protezione degli interessi francesi in Italia.

In occasione della risposta del Governo francese alle nostre richieste di utilizzazione dei porti tunisini (2), l'Ammiraglio Duplat ebbe ad insistere sul carattere di reciprocità che secondo il Governo francese avrebbe dovuto avere la ripresa delle relazioni fra ,i due Paesi, e successivamente egli mise in chiaro col Generale Vacca Maggiolini che i tuoi rapporti con le Autorità francesi e l'installazione di Zoppi a Vichy dipendevano dal regolamento della questione della Rappresentanza diplomatica francese in Italia. Il Governo francese ha assunto in tale questione un atteggiamento assai rigido fino al punto da farci sapere che esso avrebbe negato il visto a Zoppi se la questione non fosse stata regolata. Il problema è stato pertanto riesaminato nel suo insieme ed è stato superiormente deciso di comunicare al Governo francese che mentre non era possibile accettare a Roma una Rappresentanza diplomatica francese, il Governo italiano era pronto ad accettare una Delegazione Economica e che nulla si sarebbe opposto acché il Presidente di tale Delegazione avesse di fatto cura degli interessi francesi ,in Italia.

Per maggiore chiarezza ti trascrivo qui le istruzioni date al Generale Vacca Maggiolini:

«Il Governo italiano è pronto ad accogliere favorevolmente il desiderio del vostro Governo di avere a Roma una delegazione francese. Il Governo italiano non può dare a questa Delegazione il carattere di una Rappresentanza diplomatica, come è indicato nella nota verbale del vostro Capo di Gabinetto al Generale Gelich, ma esso è pronto ad accettarla come Delegazione Economica e ad assicurare ad essa un trattamento di cortesia analogo a quello del quale godono i diplomatici regolarmente accreditati. Tale Missione potrà occupare il pianterreno del Palazzo Farnese, secondo quanto è stato richiesto dal Signor Sanguinetti.

18 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Nulla si opporrà a che il Presidente della Delegazione Economica abbia di fatto cura anche degli interessi francesi in Italia, poiché egli sarà in contatto con le Autorità italiane.

Con la installazione del Sig. Zoppi a Vichy il Governo Italiano è venuto d'altra parte incontro al vostro desiderio di avere un ufficio italiano anche nella sede stessa del Governo francese, ufficio che sarà alle dipendenze dell'Ambasciatore Buti».

In seguito a tali istruzioni il Generale Vacca Maggiolini ha fatto una comunicazione verbale all'Ammiraglio Duplat il quale si è mostrato soddisfatto di quanto il Governo italiano aveva deciso (1). Non abbiamo ancora la risposta formale del Governo francese ma le cose sembrano avviarsi in maniera soddisfacente. Intanto abbiamo telegrafato a Zoppi di restare a Madrid fino a quando la questione non sarà definita non sembrandoci dignitoso farlo arrivare in Francia ad attendere le decisioni di Vichy. Egli partirà da Madrid appena la questione sarà regolata, e verrà a Parigi.

Il Generale Vacca Maggiolini ci ha assicurato che egli ti avrebbe tenuto informato di tutto ma io ho voluto comunque metterti al corrente per sommi capi della situazione.

Ho avuto la tua prima lettera da Parigi (2) che ho sottoposto all'Eccellenza il Ministro e che è stata vista superiormente e ti ringrazio delle informazioni che intanto ci hai fatto pervenire.

Con dispaccio a parte (3) ti vengono mandate le istruzioni per ringraziare il Governo francese della sua decisione di restituire le armi ai coloni italiani della Tunisia.

Poco alla volta la «macchina si sta mettendo in moto »!

(l) -Vedi D. 87, allegato. (2) -Vedi D. 149.
204

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. P. s. N. Parigi, 26 gennaio 1942 (per. il 5 febbraio).

In attesa di riferire regolarmente appena possibile, fornisco qualche notizia alla spicciolata. Abetz tornerà alla fine della settimana corrente o al principio della prossima. Sttipnagel, Comandante delle Truppe di occupazione, che era partito il 20 per Berlino, è tornato ieri a Parigi.

In connessione anche coi viaggi di queste due massime Autorità tedesche, circolano, da oltre un mese, voci di importanti avvenimenti: incontro francotedesco (vedi notizia segnalata e poi smentita da Gonfalonieri), arretramento

della linea di demarcazione, trasferimento della capitale a Parigi o a Versailles etc.

Si tratta però di voci che si ripetono periodicamente da oltre un anno.

Altre notizie che da diversi giorni fanno di nuovo il giro di Parigi sono quelle relative a mutamenti interni francesi. Gli elementi collaborazionisti parigini (Déat, Doriot, Luchaire) si accingerebbero ad assumere il potere, sia creando d'accordo coi tedeschi un Governo a Parigi, sia marciando su Vichy. Anche per queste notizie non è la prima volta che sono messe in giro. Una parte della popolazione le accoglie con inquietudine; un'altra con scetticismo, e pensa che anche questa volta si tratti di voci fatte circolare per esercitare una pressione su Vichy, d'accordo coi tedeschi.

Non sono ancora in grado di controllare, e riferisco a titolo di cronaca.

Altro fatto interessante è la graduale diminuzione delle truppe di occupazione che si sta verificando da ormai sei o sette mesi. Ultimamente sono state anche ritirate le truppe che sorvegliavano le porte della città e ridotte sempre più quelle lungo la linea di demarcazione. In compenso è stata aumentata la sorveglianza attorno ai vari Comandi tedeschi di Parigi.

Indipendentemente dal fatto che questa riduzione è certamente determinata da motivi di ordine militare (Russia etc.), la popolazione francese accoglie con naturale soddisfazione questa diminuzione della pressione tedesca.

Per contro è da segnalare un aumento di malumore nelle campagne per la requisizione di cavalli fatta ultimamente dai tedeschi su larga scala per ragioni militari, e che priva la massa dei contadini di un mezzo essenziale di lavoro all'approssimarsi della primavera.

(l) -Vedi D. 177 allegato. (2) -Vedi D. 189. (3) -Non pubblicato.
205

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DELLA PORTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.U.S.N. D. PER TELESCR. 2758/141 P.R. Berlino, 27 gennaio 1942, ore 13,30.

Telegramma di V. E. n. 109 (1).

Ho subito comunicato signor Woermann pensiero Governo Italiano circa atteggiamento potenze Tripartito nel confronti Stati Sud America. Sottosegretario di Stato mi ha letto un telegramma inviato da Ribbentrop all'Ambasciata di Germania nel quale si danno istruzioni di portare a conoscenza di V. E. pensiero di questo Governo, che è sostanzialmente identico al nostro. Anche Governo giapponese, presentito al riguardo, è d'accordo nel senso di segnare nella fase attuale un tempo di arresto e di non prendere nessuna decisione o provvedimento nei ·confronti dei paesi che ci hanno dichiarato o ci dichiareranno la rottura delle relazioni diploma·tiche.

Pertanto si è qui perfettamente d'accordo con noi circa l'atteggiamento da seguire in proposito.

(l) Vedi D. 201.

206

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DELLA PORTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. PER CORRIERE 728/015 R. Berlino, 27 gennaio 1942 (per. il 29).

Mellini prega comunicare quanto segue: «Questi ultimi giorni sono stati caratterizzati da una intensa attività intorno alle persone del Mufti e di Gailani che tento di riassumere per sommi capi: 0 ) Si è fatto tutto il possibile per procrastinare ancora la partenza del Mufti e di Gailani per Roma o per impegnarli a limitare la loro permanenza in Italia al massimo a due o tre settimane.

2°) Vi è stato un notevole lavorio, basato su alcuni elementi arabi, siriani ed iracheni, a Berlino e ad Istambul, per riuscire a far considerare definitivamente Gailani come il vero e solo rappresentante non soltanto dell'Italia ma anche dei Paesi arabi e più specialmente della piccola Siria, e di mettere il Mufti nella posizione secondaria di capo religioso.

3°) Si è tentato di accreditare la tesi che il Mufti sia troppo amico dell'Italia e di insinuare che l'Italia si sarebbe più o meno impegnata ad imporlo come capo di Stato del futuro Stato arabo.

4°) Si è tentato di rompere ogni solidarietà tra Gailani ed il Mufti.

A tutt'oggi i risultati di tali attività si possono così riassumere:

l o -Sia il Mufti che Gailani, preoccupati e contrariati per i ritardi frapposti a concedere loro di fatto quello che nei vari colloqui viene loro fatto sperare, preoccupati per le pressioni di cui si sentono fatti oggetto e non più soddisfatti ormai soltanto di essere trattati in modo versamente lusinghiero,

hanno deciso di partire in ogni caso per Roma il 5 o il 6 febbraio ed hanno dichiarato che non possono fissare in precedenza la durata della loro permanenza in Italia.

2° -Galiani, abilmente messo su e convinto, mi sembra erroneamente, che è stato ormai riconosciuto con la nota lettera (l) come legale ed attuale rappresentante del Governo dell'Iraq, è solleticato nel suo amor proprio dalla speranza, basata su tale sua pretesa posizione ufficiale, di liberarsi dalla tutela spirituale e dalla posizione di preminenza da lui stesso sinora riconosciuta al Mufti. Ma non osa prendere la iniziativa di distaccarsi da lui perché ne subisce l'ascendente ed apprezza l'importanza del suo appoggio e di quello dell'organizzazione nazionalista che a lui fa capo. Egli si augura che l'Asse, sotto

gli auspici forse della Germania, vorrà levare le castagne dal fuoco per lui e imporlo come il solo rappresentante dei Paesi arabi, ed in ogni caso dell'Iraq e della piccola Siria. A tal fine egli ha avanzato in questi giorni la proposta di un trattato tra lui e l'Asse per l'Iraq e per tutti gli altri Paesi arabi della Mezzaluna fertile; proposta che il Mufti non approva.

3° -Gailani ha però intanto lasciato chiaramente comprendere, e mi ha assicurato, che non si presterà in alcun caso a concludere alcun accordo anche personale con l'una o con l'altra potenza dell'Asse, ma soltanto con tutte e due a parità di condizioni.

4° -Il Mufti, dopo tergiversato e pazientato in un primo tempo anche per studiare la situazione, è ben deciso a non cedere. Per questo ha presentato -e Gailani ha dovuto dichiarare che non vi si opporrebbe -il progetto di un trattato tra Gailani e le potenze dell'Asse per l'Iraq e di un protocollo tra il Mufti e Gailani da una parte e le potenze dell'Asse dall'altra per l'indipendenza di tutti i Paesi ::J.rabi della Mezzaluna fertile e per l'adesione dei paesi della Grande Siria che lo desiderano alle clausole del trattato con l'Iraq.

5o -Il Mufti è convinto che il Fiihrer, il Signor von Ribbentrop ed il Signor Weizacker (che ieri gli ha riservato una calorosissima accoglienza e lo ha invitato a rivolgersi a lui direttamente e da solo se le cose non avessero proceduto secondo il suo gradimento) sono completamente all'oscuro ed estranei a tutte le varie manovre in corso.

Se, come sembra, la partenza rimane fissata per il 5 febbraio, non credo che tutte le attività di questi giorni porteranno a qualcosa di conclusivo. Mi limito perciò a seguire attentamente le trattative e le manovre.

Intanto però, affinché non sia pregiudicata la situazione prima che siano state prese ufficialmente qui e da noi decisioni circa quale sia la migliore linea da adottare, mi permetto di far presente come mi sembrerebbe estremamente opportuno che, nel programma per il prossimo arrivo del Mufti e di GaUani a Roma, si facesse in modo di evitare le occasioni nelle quali potrebbe apparire manifesto che diamo nettamente la precedenza all'uno od all'altro dei due personaggi. Forse si potrebbe scindere quelli che sono gli onori riservati a Gailani come Primo Ministro dell'Iraq, e che egli si attende, ed astenersi dal farvi partecipare il Mufti, da quelli che sono gli onori riservati al mondo arabo ed orientale in genere, per i quali la precedenza potrebbe essere riservata al Mufti.

Gailani cede sempre il passo ed il posto al Mufti, ma poi a quattr'occhi con Grobba e con me fa comprendere che il primo posto spetterebbe a lui.

Qui in Germania il Governo tedesco ha cercato di girare sinora l'ostacolo. Ma in una recente colazione offerta in onore dei due personaggi dal Sottosegretario Wormann con intervento di alte personalità militari e diplomatiche tedesche, il posto d'onore è stato dato al Signor Gailani. Le varie udienze con il Signor Weizsacker e con il Signor Wormann sono concesse all'uno od all'altro separatamente. Il Fiihrer non ha ancora ricevuto il Signor Gailani >>.

(l) Vedi D. 46.

207

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 2954/63 P. R. Tokio, 28 gennaio 1942, ore 7 (per. ore 21,30 del 29).

Vostro 72 (1).

Questo Ministero degli Affari ESTERI, prendendo atto comunicazione fattagli a nome V. E., si è dichiarato d'accordo sulla opportunità di riservare futuro atteggiamento nei riguardi Sud America in attesa che conferenza Rio Janeiro abbia portato ad un chiarimento delle posizioni rispettive. Quando tutti gli elementi necessari per un sicuro giudizio saranno disponibili, questo Governo comunicherà suo punto di vista ai Governi alleati per concertare comune azione.

208

IL MINISTRO A BANGKOK, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 738/14 R. Bangkok, 28 gennaio 1942, ore 14,10 (per. ore 21,30 del 29).

Con dichiarazione guerra all'Inghilterra e S.U.A. Siam è uscito 25 corrente dallo stato di guerra non dichiarata esistente fin dalla conclusione alleanza col Giappone.

Nuovo atto riveste particolare importanza dal punto di vista: l o -diplomatico: perché Giappone rinunziando tattica dilatoria mirante ritardare primo passo Siam verso Tripartito (mio telegramma n. 9) (2) ha finalmente lasciato Governo Tai libero decidere dichiarazione guerra;

2° -militare: perché Giappone mostra aver ora rafforzato sufficientemente sue posizioni settore nord occidentale. Tra i motivi dilatori dichiarazione guerra Siam era infatti timore da parte Giappone eventuale attacco dal Nord (Stati Shan dove si trovano concentrate importanti forze cinesi) e allo stesso tempo desiderio essere in grado fornire appoggio adeguato alla prevista avanzata Tal su tale settore;

3° -politico: perché con inizio offensiva in Birmania, Siam desidera non rimanere estraneo operazioni militari su territori ove esso ha precise aspirazioni.

Primo Ministro che ho visto oggi mi ha manifestato estrema soddisfazione aver potuto finalmente con dichiarazione guerra adempiere mirabilmente desiderio forze armate Tai. Per il momento tre divisioni Tai sono concentrate frontiera settentrionale in attesa ordine marciare comando nipponico. Primo

Ministro prevede ciò febbraio prossimo dopo occupazione nipponica costa birmana fino Moulmein e forse Rangoon. Primo Ministro ha soggiunto che Giappone ha promesso ora invio di materiale bellico al Siam ed ha già iniziato consegna aeroplani.

(l) -Vedi D. 201. (2) -T. r. 551/9 r. del 21 gennaio 1942, ore 13,10, non pubblicato.
209

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. 719/89 R. Madrid, 28 gennaio 1942, ore 14,25 (per. ore 18,30).

Ambasciatore Portogallo mi ha detto che il noto convegno Salazar Franco verrà procrastinato a dopo l'elezioni presidenziali e avrà luogo verso il 12 febbraio in località ancora da stabilire. Da suo atteggiamento e suoi accenni ho tratto impressione che l'Inghilterra faccia pressione perché incontro non avvenga e che Portogallo sia disposto secondaria. Serrano con cui ho parlato dell'argomento fra i due governi si è mostrato al contrario quanto mai sicuro in proposito e mi ha ancora una volta affermato che, malgrado situazione abbia costretto ulteriore rinvio, convegno avverrà senz'altro.

Telegrafato Roma e Lisbona.

210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S. N. D. PER CORRIERE 3235 P. R. .Roma, 28 gennaio 1942.

Vostro telespresso n. 745/145 del 15 corr. (l) e Vostro telegramma per corriere n. 08 del 17 corr. (2). Potete assicurare codesto Governo che noi siamo desiderosi di stabilire una più stretta intesa per l'azione da svolgere nei Paesi Arabi e in India.

Anzitutto sarebbe utile venire ad una conclusione per quello che riguarda la nota dichiarazione per i Paesi Arabi. A questo scopo sarebbe bene che un funzionario tedesco competente venisse al più presto a Roma. La presenza a Roma del Mufti, il cui ritorno è imminente, darebbe modo di definire la questione, cosa che il Governo italiano ritiene in questo momento particolarmente desiderabile.

In questa occasione sarà opportuno anche esaminare tra noi ed il funzionario tedesco qui inviato il problema del coordinamento della propaganda fra

l'Italia, la Germania ed il Giappone, che, per i Paesi Arabi, troverà il suo necessario fondamento proprio nella dichiarazione di indipendenza che noi ci proponiamo di fare (1).

(l) -Non pubblicato: Informava che Rlbbenirop desiderava «istituire al più presto a Berlino una terza sezione della Commissione del Tripartito col compito di organizzare la propaganda In India e nei Paesi arabi ». (2) -Non pubblicato: informava che Woermann aveva lasciato comprendere al Gran Mufti e a Gailanl d'essere favorevole «ad uno scambio di vedute tra funzionari competenti italiani e tedeschi per la definizione di un comune programma dell'Asse di fronte al Paesi arabi e per la distribuzione dei relativi compiti ».
211

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL MARESCIALLO DEL REICH, GOERING

VERBALE (TRADUZIONE) (2). Palazzo Venezia, 28 gennaio 1942.

Il Maresciallo del Reich ha trasmesso anzitutto al Duce per incarico del Fiihrer i suoi saluti e il suo ringraziamento per la lettera che il Duce gli ha scritto (3). Il Fiihrer sentirebbe la necessità di incontrarsi e di consultarsi con il Duce ma momentaneamente la sua presenza al Quartier Generale è assolutamente indispensabile avendo dovuto assumere personalmente il comando dell'Esercito; e si tratta della direzione quotidiana e dettagliata dell'Esercito poiché il Fiihrer, dopo il ritiro del Maresciallo Von Brautchisch avvenuto per ragioni di salute, non ha nominato un nuovo comandante, in quanto la maggior parte delle decisioni che egli doveva prendere nel momento richiedevano la sua personale autorità. Le difficoltà sorte, in conseguenza del grande freddo al fronte orientale e delle gigantesche distanze, rendevano necessario che il Fiihrer, con tutto il suo prestigio personale, appoggiasse ogni ordine dato alle truppe.

Il Maresciallo del Reich ha detto inoltre di esser stato incaricato dal Fiihrer di esporre al Duce le ragioni che hanno condotto all'attuale situazione del fronte orientale. Un'azione contro Mosca non era originariamente nelle intenzioni del Fiihrer. Egli aveva invece divisato di spingersi al nord verso Pietroburgo e al sud contro il Bacino del Donez e la Crimea, cioè sulle due ali. Le cose hanno però preso una piega diversa dopo che i russi avevano perso enormi quantità di uomini e di materiale nelle battaglie di accerchiamento presso Kiew, Wiasma e Briansk. In tal modo l'esercito tedesco è avanza•to molto rapidamente in direzione di Mosca. Poi cominciarono improvvisamente nella prima metà di ottobre forti pioggie che determinarono un «inimmaginabile impaludamento » del terreno e delle strade. A questo deve aggiungersi che in direzione di Mosca esistono soltanto due o tre strade efficienti. Tutte le altre sono assai cattive e su di esse i mezzi di trasporto, specialmente i più pesanti, rimasero completamente fermi. In tal modo i mezzi corazzati non sono riusciti a oltrepassare Mosca, l'avversario ha guadagnato tempo prezioso e ha potuto distruggere ponti importanti, sicché l'ulteriore progresso è stato notevolmente intralciato. Poi ebbero luogo da parte tedesca attacchi di fanterie dai due lati nelle immediate vicinanze di Mosca, mediante i quali fu presa anche Kalinin. Subentrò improvvi

samente una ondata di freddo che abbassò in una sola notte la temperatura fino a 38-42 gradi sotto zero. In tali condizioni si dovette rinunziare alla offensiva contro la 4a Armata.

Ma anche i rifornimenti furono straordinariamente colpiti dall'improvviso freddo. Ne derivarono difficoltà nel provvedere la truppa di equipaggiamenti invernali. Gli indumenti invernali erano concentrati a Smolensk e a Minsk ma non raggiunsero le truppe che avanzavano. Essendo comunque esclusa la possibilità di combattere con un freddo cosi intenso, sono state abbandonate definitivamente a fine ottobre le operazioni offensive. Oggi si vede che ciò non è stata una disgrazia perché se il freddo fosse venuto tre settimane più tardi, i rifornimenti sarebbero diventati anche più difficili a causa della ancor maggiore lunghezza delle linee di comunicazione e sarebbe stato quasi impossibile di poter tenere il cerchio intorno a Mosca contro le sortite dei russi assediati e gli attacchi dall'esterno. In ogni caso un fronte come quello odierno è troppo grande per uno sverno normale e deve perciò essere accorciato.

Difficoltà siffatte non si verificheranno certamente una seconda volta.

Per la necessità di graduare il fronte troppo lungo singoli gruppi di armate si ritirarono lentamente, altri invece tennero le loro posizioni e in singoli casi persino si avanzò.

A nord e a sud l'esercito tedesco ha già raggiunto all'incirca le posizioni che terrà durante lo svernamento.

In Crimea si è senza necessità ceduta Kersch. Il Generale responsabile sarà deferito a una Corte marziale e severamente punito. Davanti a Sebastopoli è stata sospesa per il momento l'offensiva a causa dello sbarco a Feodosia, ma non si è ceduto terreno. Da parte tedesca si attende l'arrivo di altre truppe per riconquistare Kersch e procedere quindi alla definitiva presa di Sebastopoli che ha importanza decisiva per la flotta russa del Mar Nero.

A nord con la venuta del freddo è stata per lo stesso motivo sgombrata Tichwin. Inoltre, essendosi gelato il lago Ladoga, si sono migliorate le possibilità di rifornimento dei russi verso Pietroburgo. Qui occorre fare grande attenzione poiché è possibile che i russi tentino di attuare un attacco in massa alle spalle delle truppe tedesche con forze tolte da Pietroburgo. Tutti i preparativi di difesa sono stati tuttavia compiuti da parte tedesca per questa eventualità.

In generale può dirsi che, ovunque l'avversario attacchi le posizioni tedesche, le sue perdite sono straordinariamente alte. In conseguenza del gelo dei fiumi, dei laghi e delle paludi, come ad esempio il Lago Ilmen, il Lago Ladoga e le paludi antistanti le alture Waldai, sono venuti a cadere gli ostacoli naturali, il che per di più ha determinato un allungamento dei fronti. Naturalmente il lungo fronte russo può essere occupato solta~to con un velo di truppa ed in modo frammentario. È pereiò possibile alle forze russe formar massa in punti particolarmente deboli ed infiltrarsi. Fanterie, mitragliatrici e armi leggere attraversano così su slitte le linee tedesche. In questi casi le truppe tedesche seguono ormai la tattica dei finlandesi nella guerra invernale contro la Russia. Lasciano passare attraverso il fronte le truppe russe, chiudono quindi dietro di esse le brecce del fronte e poi impiegano truppe di sciatori e formazioni speciali per distruggere i reparti russi che si sono infiltrati. Questa tattica è già più volte riuscita.

A questo proposito, il Maresciallo del Reich ha anche accennato ai combattimenti intorno a Suchinitschi, dove per due settimane parecchi battaglioni hanno tenuto con successo contro tutti gli attacchi dei russi e sono stati ora disimpegnati. Anche in questa lotta contro le infiltrazioni, il Ftihrer dirige personalmente le operazioni lanciando nei punti suaccennati, in circostanze talora difficili, piccoli gruppi di soldati, spesso soli battaglioni. Del resto le truppe tedesche si sono ormai, in una certa misura, abituate al freddo. Quando la temperatura raggiunge i 40 gradi sotto zero deve tuttavia progressivamente cessare ogni combattimento.

Nel frattempo il Ftihrer si prepara per la primavera. Per il momento egli ha rimpiazzato soltanto in esigua misura le perdite di mezzi corazzati in Russia, e tiene invece pronta l'intera nuova produzione per l'offensiva di primavera, che vuole attuare con tanks nuovissimi. Il Ftihrer spera di superare le difficoltà di trasporto, attualmente esistenti in Russia, in modo tale da poter intraprendere in primavera, con i suoi alleati, una grande offensiva contro i russi. Durante l'inverno possono aver luogo soltanto piccole imprese, ma col sopravvenire dello sgelo ed il prosciugarsi del terreno, potranno essere intraprese di nuovo operazioni di grande stile. Nel sud del resto 11 freddo sta già diminuendo; in Crimea la temperatura sale. A metà febbraio avverrà lo stesso nella zona di Karchow ed il generale miglioramento del tempo procederà lentamente verso il nord.

A parere del Flihrer i russi si trovano in condizioni assai cattive. Essi gettano le ultime riserve nella lotta e, come risulta da un discorso tenuto da Timoscenko in ottobre, non avranno poi nulla più da impiegare. Già adesso si trovano al fronte soldati di 16-60 anni, cavalieri che sono stati soltanto poco tempo in sella e gente che ha ricevuto soltanto tre o cinque giorni di istruzione. Inoltre vi sono dei cosiddetti reggimenti di lavoratori, costituiti da maestranze di fabbriche, per esempio quelle di Mosca, che non hanno naturalmente grande peso militare.

Dal punto di vista del materiale la Russia ha sofferto perdite così smisurate che non può in alcun modo colmarle per conto proprio. Anche lo spostamento dei centri di produzione verso Oriente presenta difficoltà insuperabili.

Le truppe tedesche hanno ad esempio trovato, di sovente, nelle loro avanzate, macchinari distrutti durante il trasporto nelle nuove fabbriche. Il Ftihrer ha del resto dato incarico a lui -Reichsmaresciallo -di riferire al Duce che l'intenzione dei russi di separare con l'aiuto dell'inverno l'armata germanica dal suo materiale è da considerarsi fallita e che in Oriente il peggio è oramai superato. La resistenza, che ha posto le truppe e il Comando dinanzi a problemi per loro spesso completamente nuovi, riposa interamente sul Ftihrer. Egli ha tenuto le posizioni con ferrea energia. Solo dietro sua espressa autorizzazione è stato dato ordine di ritirare il fronte. Questo è stato senza dubbio per il Ftihrer uno degli inverni più duri, ma egli --il Reichsmaresciallo -lo ha anche visto raramente così grande come in questo periodo.

Nell'ulteriore corso del colloquio il Maresciallo del Reich ha informato brevemente il Duce circa le sue conversazioni con Péta:in, Darlan e Lavai (l) e

sull'intervista col Generale Juin (l) che ha avuto luogo per desiderio di Pétain. Il Maresciallo del Reich ha riferito come Pétain gli abbia rimesso un documento contenente le richieste francesi, il cui accoglimento è considerato dal governo francese come necessario per trovare nel popolo francese comprensione pr una collaborazione della Francia con l'Asse. Il Maresciallo del Reich ha osservato in proposito che egli non ha voluto essere rude con il vecchio Maresciallo Pétain ma che non ha dissimulato a Darlan la sua disapprovazione. A questi egli ha dichiarato apertamente che era stupefatto della nota francese e che credeva quasi di sognare. Alla lettura di questo scritto bisognava chiedersi chi in realtà nella guerra contro la Francia era il vincitore. I francesi non dovevano ritenere la Germania così stupida da rinunziare con un tratto di penna a tutto quello che essa aveva conseguito in Francia con la vittoria delle sue armi. Egli aveva parlato in ogni caso assai chiaro.

Egli ha quindi invitato i francesi a dirgli chiaramente che cosa intendevano per « collaboration », ha rilevato il permanente ondeggiamento ed ha inoltre dichiarato che l'atmosfera di Vichy era ostile all'Asse ed assai più arrendevole al fronte democratico. Alla fine si è rifiutato di dare alcun corso alla nota. Sotto l'impressione di queste sue dichiarazioni, l'Ambasciatore de Brinon gli aveva più tardi detto di voler considerare la nota francese come non scritta. Successivamente il governo francese ha tentato però di riprendere la discussione su di ciò. Da par,te tedesca la si considera tuttavia come realmente inesistente. Nel corso del colloquio con Pétain egli dichiarò inoltre ai francesi che essi potrebbero suscitare una maggiore comprensione per la collaborazione con la Germania nel popolo francese se ad esempio dessero risalto alle differenza tra le condizioni di armistizio del 1918 e quelle del 1941 (2). La Germania ha del resto messo in libertà 800 mila prigionieri ed esaudito anche altri desideri della Francia e attende ora prove concrete della volontà di collaborazione della Francia.

A tale riguardo egli ha parlato dell'utilizzazione della rotta Sicilia-Biserta da parte delle navi di rifornimento dell'Asse e chiesto alla Francia di prendere posizione chiaramente ed in modo palese anche esteriormente.

Quando i Francesi gli hanno parlato delle minacce all'Africa Occidentale e settentrionale e chiesto il rafforzamento dei loro mezzi colà destinati, egli li ha invitati a comunicargli come si proponevano di difendere Dakar e l'Africa Settentrionale. Se da queste comunicazioni la Germania dovesse dedurre che una difesa è inutile, essa non consentirebbe naturalmente ulteriori rinforzi francesi in Africa.

In collegamento con questa parte della conversazione ha avuto luogo, dopo qualche tempo, un colloquio con il Generale Juin.

Nel frattempo egli ha avuto anche una breve intervista con Lavai che per quanto lo riguarda personalmente si è schierato in modo chiaro ed univoco dalla parte dell'Asse ed ha considerato anche l'eventualità di una dichiarazione di guerra della Francia all'Inghilterra; ma d'altra parte ha dovuto anche dichiarare che non poteva recarsi nel territorio non occupato perché sarebbe stato assassinato.

Il Generale Juin ha parlato delle possibilità di difesa di Dakar accennando anche alle possibilità di impiego dell'artiglieria della nave da battaglia «Richelieu », avariata in quel porto. Esso non considera minacciata l'Africa Settentrionale ma si attende un conflitto con l'Inghilterra qualora gli invii di rifornimenti tedesco-italiani attraverso Tunisi e Biserta non vengano mantenuti mascherati. Alla fine, esso ha avanzato la richiesta di un riarmo dei territori dell'Africa Settentrionale ed Occidentale; ma il Maresciallo del Reich ha attirato la sua attenzione sul fatto che la Germania, nei cosidetti Protocolli di Parigi (1), aveva già, mediante la liberazione dei prigionieri ed in altri modi, dato la contropartita per l'utilizzazione della rotta Sicilia-Biserta.

Poiché il discorso con Juin ha avuto luogo in un momento nel quale il Generale Rommel era in ritirata, si è presentata anche la questione delle possibilità di riparare le truppe italo-germaniche in territorio tunisino. Il Generale Juin era disposto a fare entrare le truppe germanico-italiane, ma aveva espresso l'avviso che sarebbero state soltanto le truppe francesi a difendere tale territorio; al che il Reichsmaresciallo aveva risposto che il Generale Rommel non si sarebbe lasciato prescrivere se e dove avrebbe potuto combattere.

È d'altra parte interessante il fatto che circa il ritiro di Weygand, l'America ha dapprima reagito violentemente e poi si è tranquillizzata. Probabilmente gli Stati Uniti temevano che gli Inglesi, in seguito a complicazioni in Asia Orientale, non sarebbero in grado di partecipare efficacemente ad eventuali imprese contro il Nord Africa francese.

Il Reichsmaresciallo ha quindi riassunto nei seguenti termini le conversazioni con la Francia: circa la «collaboration » ha chiesto che fosse presa chiaramente posizione. Circa l'utilizzazione della via marittima Tripoli-Bengasi, i Francesi hanno tentato nuovi ricatti benché tale concessione sia stata già pagata dalla Germania. Se la Francia addivenisse ad una dichiarazione di guerra o ad atti di guerra contro l'Inghilterra, sorgerebbe naturalmente una nuova situazione. Ma Vichy non pensa ad una cosa simile. Solo una parte dei circoli governativi francesi, ad esempio quelli rappresentati da De Brinon, è di parere diverso. Del resto è prevedibile che i francesi diano il loro contributo in piccole cose, ad esempio fornendo certi quantitativi di carburante e simili. È tuttavia chiaro che alcune contropartite richieste dalla Francia non possono essere accordate. La Germania non può ad esempio consentire che il Governo francese torni a Parigi. Altrettanto impossibile è liberare i prigionieri poiché la Germania ha impellente bisogno del loro lavoro. Si potrebbe tutt'al più considerare se i prigionieri possano eventualmente rimanere in Germania come liberi lavoratori.

Circa l'Africa del Nord il Fiihrer è del parere che il problema è quello dei combustibili e dei rifornimenti. Non esiste invece il problema di vincere. I rifornimenti dalla Sicilia a Biserta presentano il vantaggio che possono essere effettuati di giorno e quindi, in considerazione della breve distanza, possono essere assicurati dagli aerei.

Il Duce aggiunge che il viaggio durerebbe dodici ore. Il Reichsmaresciallo ha dichiarato inoltre che il punto di vista del Flihrer è che si dovrebbero effettuare i rifornimenti nel modo più economico possibile

e che perciò, secondo le circostanze, dovrebbe aver luogo il trasporto a mezzo di sommergibili da destinarsi appositamente a tale scopo. È chiaro che ogni Marina sia contraria ad una simile idea. Il Fiihrer tuttavia nella campagna di Norvegia ha con un ordine impiegato cacciatorpediniere e sottomarini (in parte senza cannoni) per tale scopo. Se transitoriamente potessero essere impiegati 25 o 30 sottomarini per l'approvvigionamento di combustibile e munizioni delle truppe che lottano in Nord Africa, questa via dovrebbe essere considerata la più economica non soltanto perché la navigazione di un sommergibile è più economica di quella di una grossa nave, ma anche perché un sottomarino non ha bisogno di un costoso convoglio di protezione. Se i viaggi venissero sempre continuati potrebbero per questa via essere trasportate notevoli quantità di rifornimenti. Trenta sommergibili dovrebbero essere in grado di portare 40-50 mila tonnellate al mese verso l'Africa. Tutti gli elementi di difesa come i carri armati ed i cannoni potrebbero allora essere trasportati in un convoglio fortemente protetto e gli equipaggi potrebbero essere trasportati su veloci cacciatorpediniere o su aeroplani.

Come egli (il Reichsmaresciallo) può confidenzialmente comunicare al Duce, il Fiihrer ha fatto qualche cosa di simile al Fronte Orientale quando egli oltre ai 1.200 aeroplani da trasporto ha anche impiegato per i trasporti intiere squadriglie da battaglia in modo che in definitiva al fronte orientale gli Stukas e gli aeroplani da caccia, erano riservati per la battaglia, mentre i bombardieri erano praticamente diventati aeroplani da trasporto. Questo è un importante esempio di impiego di materiale da combattimento a scopo di trasporto. Inoltre anche la Germania, alla luce di queste esperienze, ha iniziato la costruzione di sommergibili destinati esclusivamente ai trasporti.

Molto ingente è stato il consumo dei combustibili nella campagna orientale e lo è tuttora a causa del cattivo stato delle ferrovie.

Inoltre il Maresciallo accenna al .fatto che la Germania, per ottenere dalla Romania petrolio per la flotta italiana deve, da parte sua, fornire carbone alla Romania, in modo da rendere disponibile il petrolio che altrimenti verrebbe impiegato per altri scopi. La Germania usa poi tutta la sua influenza sulla Romania per potere ottenere le quantità necessarie.

Nell'ulteriore corso della conversazione il Maresciallo del Reich è venuto a parlare della Grecia e dei Balcani e ha comunicato al Duce che, secondo l'opinione del Fiihrer, la situazione nei Balcani potrebbe diventare pericolosa se l'Asse non possedesse colà amici sicuri. Il Governo Croato è ancora debole e, se dovesse eventualmente essere rovesciato, le conseguenze non sarebbero senza peso. Anche la posizione di Antonescu non è facile e sarebbe verosimilmente buona cosa se egli avesse un partito dietro di sé. È probabile che anche in Bulgaria vi siano certe difficoltà interne.

Il Reichsmaresciallo ha accennato anche ad alcuni timori nei riguardi di Creta che in parte non sono tuttavia più attuali. Rimane però il fatto che Creta deve essere ancora più guarnita di truppe. Il Fiihrer sottopone quindi al Duce la questione se le truppe italiane non potrebbero partecipare in più larga misura all'occupazione dell'isola.

Il Duce osserva al riguardo che l'Italia ha già mandato a Creta la Divisione «Siena».

Il Reichsmaresciallo ha poi osservato che Creta appartiene anche alla zona di interessi italiani, mentre essa interessa la Germania soltanto come un punto di appoggio aereo per gli attacchi sul Canale di Suez. Quindi si terrebbe duro a Creta qualsiasi cosa possa accadere. Poco tempo fa si avevano notizie secondo le quali gli Inglesi in Egitto cercavano di prendere al loro servizio numerosi capitani e bastimenti greci. Ciò sta a confermare le preoccupazioni germaniche.

A tale riguardo il Reichsmaresciallo ha citato anche il fatto che attualmente la Germania nel Mar Nero ed in Grecia costruisce piccoli piroscafi da 1.300 tonnellate utili non solo al traffico, ma anche meno esposti agli attacchi aerei in quanto gli aeroplani negli attacchi di navi piccole devono scendere a bassa quota e possono quindi essere facilmente colpiti.

Passando alla situazione economica il Reichsmaresciallo ha rilevato che il FUhrer emanerà prossimamente un regolamento del consumo molto severo per la Germania e per l'economia tedesca.

L'approvvigionamento di carbone è un problema di lavoratori e di trasporti. Egli (il Reichsmaresciallo) sa che il problema degli operai forma oggetto di conversazioni fra una Delegazione germanica ed una italiana, e che l'Italia assicurerebbe delle facilitazioni alla Germania. Il problema dei trasporti è naturalmente divenuto molto difficile per l'ampiezza dello spazio governato dall'Asse in Europa; si tratta infatti di una zona che va da Biarritz fino a Kirkenes e da Mosca fmo alla Manica. Nell'avvenire bisognerebbe dedicarsi a questo problema in maniera completamente diversa con la costruzione di ferrovie a lunga distanza, perché la ferrovia resta pur sempre il più sicuro mezzo di comunicazione.

Il Flihrer ha tuttavia ordinato che in rapporto all'approvvigionamento di carbone, sia fatto tutto il possibile ed anche egli (il Reichsmaresciallo), si impegna, come dirigente superiore dell'economia germanica, che vengano fatti i massimi sforzi.

Tuttavia, per il momento, le condizioni climatiche costituiscono un gravissimo ostacolo. Le ferrovie non sono attrezzate per un simile freddo che causa molte perdite. Cosi ad esempio nella strada dal Quartier Generale a Berlino il treno speciale del Reichsmaresciallo ha impiegato sedici locomotive delle quali una buona parte è completamente rimasta inutilizzata dal freddo.

Il Fuhrer è un po' preoccupato per il fatto che gli inglesi ed i loro agenti parlano sempre più di frequente di poderosi sbarchi. A questo riguardo si sono fatti i nomi di Creta, della Grecia, del Portogallo e della Norvegia. Il Flihrer ritiene il problema norvegese molto serio e ritiene possibile che l'Inghilterra e l'America intraprendano un attacco sulla Norvegia partendo dalle basi dell'Islanda, dato che negli ultimi tempi essi hanno effettuato una serie di colpi di mano per saggiare il terreno. Perciò egli (il Fuhrer) ha disposto eccezionali misure preventive per terra, per mare e per aria, per poter controbattere qualsiasi tentativo di questo genere. Egli ritiene anche possibile che l'Inghilterra e l'America abbiano promesso Narvik alla Svezia. Negli ultimi tempi l'atteggiamento della Svezia si è irrigidito ed è divenuto più freddo. Il Re è senza dubbio favorevole alla Germania; l'armata è parimenti amica della Germania; solamente il mondo della banca e della finanza ed i circoli economici, al pari naturalmente dei socialdemocratici, simpatizzano con la democrazia. Se gli inglesi e gli americani dovessero attraverso Narvik penetrare in Norvegia ed anche

230 spingersi fino al confine svedese, allora non vi è dubbio che la Svezia cesserebbe dal fornire alla Germania minerali di ferro. Anche la Finlandia potrebbe naturalmente essere influenzata da tali avvenimenti.

Le forze difensive stazionanti in Norvegia sono state quindi rafforzate, in specie l'artiglieria. Ma lungo la costa norvegese vi sono 30 mila isole e non si può proteggere ognuna di esse, così che è possibile che gli inglesi pongano transitoriamente piede sull'una o sull'altra di esse. Un attacco degli inglesi o degli americani sulla Norvegia, coronato da successo, verrà però comunque impedito.

A questo riguardo bisogna tener presente che Churchill deve ben tentare di fare qualche cosa. Egli è spinto a ciò dall'opinione pubblica in Inghilterra ed anche in Russia, specialmente da quando ha subito così gravi colpi nell'Asia Orientale. In seguito ad una quantità di riflessioni e di notizie il Ftihrer si è convinto che gli inglesi cercheranno di tentare uno sbarco in qualche punto. Forse nuovamente in Norvegia. A Creta ed in Grecia essi sarebbero respinti molto presto. In ogni caso il Ftihrer ne segue con grande attenzione tutti i sintomi e sarebbe anche felice se potesse disimpegnare da Creta alcune truppe germaniche qualora gli italiani partecipassero in più forte misura all'occupazione.

Passando al Giappone, il Reichsmaresciallo ha dichiarato che le aspettative del Ftihrer erano grandi ma che tuttavia egli è rimasto gradevolmente sorpreso dalla forza offensiva dell'esercito giapponese. La situazione dell'Inghilterra è straordinariamente seria; perché se le sue posizioni nell'Asia Orientale andassero perdute, la situazione in India diverrebbe molto grave e le difficoltà interne del Governo sarebbero al massimo grado accresciute.

L'America grida molto ma fa poco.

L'anno 1942 mette la Germania dinnanzi al compito di effettuare la liquidazione della Russia in modo che questo paese sia eliminato come pericoloso fattore di potenza. In considerazione però della vastità del territorio russo, forse anche nel 1943 non si potrà arrivare agli Urali. Il materiale bellico non potrà però più giungere alla Russia via Vladivostock. I giapponesi hanno dichiarato che penseranno loro a ciò. A causa dei ghiacci l'approvvigionamento è attualmente precluso anche attraverso Arcangelo. Inoltre i paesi, che dovrebbero approvvigionare la Russia, debbono essi stessi per il momento affrontare dei problemi molto gravi, che rendono illusorio qualsiasi aiuto alla Russia sovietica.

Il Giappone nell'anno 1942 deve gettare le basi della sua posizione nell'Asia Orientale, tagliare la via della Birmania, e assicurare i propri fianchi fino all'Australia e alla Nuova Zelanda. Gli stessi giapponesi hanno fatto presente ciò. Inoltre essi debbono minacciare le Indie e spingersi con la loro Marina fino al golfo Persico.

L'Italia ha come compito innanzi a sé la «ripulitura >> (Bereinigung) della posizione mediterranea.

Il Duce ha anzitutto ringraziato il Reichsmaresciallo per il rapporto sulla situazione generale ed ha aggiunto che, secondo la sua opinione, gli avvenimenti al fronte orientale erano inevitabili.

Lo stato d'animo del popolo italiano è rimasto invariato. Egli crede ora, come prima, alla forza del Reich e del suo Governo.

Egli (il Duce) comprende che per il Fiihrer è attualmente impossibile di incontrarsi con lui. Il suo posto è al fronte.

Nei riguardi della Francia il Duce ha accennato al fatto che se lo sviluppo degli avvenimenti si svolge favorevole per l'Asse, questo paese è subito pronto a collaborare. Se invece gli avvenimenti dovessero svolgersi in maniera meno favorevole, cadono in Francia le azioni della collaborazione. Egli (il Duce) è a conoscenza dei suggerimenti fatti dal Generale Juin, e deve dire che, se la Germania vi accedesse, i francesi sarebbero i vincitori e i tedeschi gli sconfitti. Per la mentalità della Francia è sintomatico che i francesi con la loro logica cartesiana abbiano dichiarato che essi non sono battuti perché non hanno combattuto, e che non hanno combattuto perché non erano preparati, e che non erano preparati perché il loro Governo era composto di traditori politici. D'altra parte, così hanno essi ulteriormente argomentato, l'Europa ha bisogno della Francia per la sua ricostruzione. Tuttavia la Francia può adempiere il compito che le spetta soltanto se le viene garantita l'integrità tanto della metropoli quanto dell'Impero coloniale.

Inoltre vi sono sempre persone che credono che le rivendicazioni italiane impediscano un accordo del Fiihrer con la Francia. L'Italia rivendica però soltanto mille chilometri quadrati attorno a Nizza così come cinque mila chilometri quadrati in Corsica, cioè in totale sei mila chilometri quadrati di fronte ai 560 mila chilometri quadrati del territorio francese. La Francia resterebbe quindi in qualsiasi caso un grande paese. I territori coloniali hanno perso importanza nella guerra per l'esistenza che ora viene combattuta, quindi Tunisi non dovrebbe impedire un accordo con la Francia, nel caso che un tale accordo potesse apparire possibile sotto altri punti di vista.

Dopo ciò il Duce ha indicato in 120 mila tonnellate al mese, cioè in una tonnellata per soldato, il quantitativo di rifornimenti per le truppe che si trovano in Africa ed ha dichiarato che la battaglia in Africa è ora vinta perché il Generale Rommel è un Comandante che conduce le operazioni contemporaneamente con prudenza e arditezza e perché di recente sono giunti in Africa tre convogli con carri armati, munizioni e benzina, ed è andato perduto soltanto un piroscafo. Agli sforzi che vengono attualmente fatti per rifornire l'Africa la flotta italiana partecipa con quattordici grandi sommergibili da trasporto, ognuno dei quali può trasportare 200 tonnellate di armi e munizioni, e vi partecipa pure l'aviazione. Tali sforzi non sono tuttavia sufficienti se deve essere svolta un'azione in grande contro l'Inghilterra, e sopratutto se deve essere effettuato un colpo definitivo contro l'Egitto. Ora per l'alleggerimento del servizio di rifornimenti si può o neutralizzare Malta o conquistarla (queste possibilità sono già studiate in Italia) oppure utilizzare la via marittima dalla Sicilia a Tunisi con la quale potrebbero essere economizzati benzina e piroscafi. Per dare un'idea delle contro richieste dei francesi il Duce ha letto da un voluminoso scritto consegnatogli dai francesi un passo nel quale la Francia dichiara che non ]l) deve essere inflitta alcuna «amputazione territoriale >> perché altrimenti verrebbe a mancare la base per una solida collaborazione nel dopo guerra. Ad una osservazione fatta dal Reichsmaresciallo che la Francia si era assoggettata alla cessione della Alsazia e Lorena, il Duce ha risposto che i francesi ritengono di essere compensati della cessione dell'Alsazia e Lorena con l'annessione della

Vallonia, mentre la parte fiamminga del Belgio dovrebbe essere annessa ad una più grande Olanda.

Il Reichsmaresciallo ha risposto che si potrebbe parlare di compensazioni territoriali soltanto nel caso che la Francia prestasse effettivo aiuto nell'abbattere l'Inghilterra. Qualcuno deve pagare lo scotto della guerra: non trovandone altri, sarà la Francia. Se invece darà il proprio contributo le sarà possibile, con la sua collaborazione, di scaricare le spese sull'Inghilterra.

Il Duce ha osservato come, dato l'atteggiamento spirituale dei francesi, vi sia da temere che essi, pur avendo offerto un aiuto assai modesto, vengano poi a sostenere di aver vinto la guerra. Egli (il Duce) è disposto a rinunziare all'aiuto della Francia, qualora abbia la benzina con cui difendere i convogli. La posizione dell'Inghilterra nel Mediterraneo è già ora debole, e lo sarà maggiormente in seguito agli avvenimenti in Estremo Oriente. L'Asse non ha quindi bisogno dei francesi, che non hanno dato quasi nulla ed invece hanno molto preteso.

Il Reichsmaresciallo ha risposto, che i francesi hanno effettivamente parlato molto di aiuti e di collaborazione, ma che debbono ancora dare la dimostrazione con i fatti. E precisamente perché sono dei giuristi cavillosi, si può loro obiettare che la Germania ha già pagato in anticipo quanto doveva per avere la possibilità di trasportare materiale bellico fra la Sicilia e Tunisi, e che sarebbe quindi una vera truffa se essi ritornassero ora su tale concessione. D'altro canto i francesi hanno già effettivamente fornito benzina e autocarri per l'esercito d'Africa. È necessario ora mettere in chiaro le cose. O si deve fare la voce grossa ed agire energicamente nei confronti della Francia, oppure bisogna pazientare e subire: un risultato deve essere ad ogni modo raggiunto. La Germania ha creduto finora che, da parte italiana, si desse grande importanza alla possibilità di rifornirsi attraverso Tunisi e che l'Italia fosse disposta a pagare per ciò un alto prezzo. In seguito alle dichiarazioni del Duce il quadro si presenta adesso differente. Mentre si aveva l'impressione che Biserta e Tunisi dovessero essere a qualunque costo assicurate, anche pagando un prezzo alto, il Duce ha ora dichiarato che l'Italia non intende pagare un prezzo esagerato per ottenere una tale concessione dalla Francia.

In queste circostanze, bisogna chiedersi quale effettivo valore rappresenti ancora la concessione di Tunisi per il transito del materiale bellico o se invece possano altrimenti risolversi i problemi con esso connessi. Il Duce ha osservato al riguardo che, se la via di mare per Biserta è breve, la via terrestre da Biserta fino alla frontiera è invece di tanto più lunga. A Lui sembra perciò che la soluzione più favorevole sarebbe l'invio dei trasporti lungo la costa greca, attraverso Creta.

A tale ordine di idee il Reichsmaresciallo ha assentito.

Nell'ulteriore corso del colloquio il Duce è venuto a parlare della questione dei trasporti di truppe italiane in Russia. L'Italia, oltre a quelle che già combattono sul fronte russo, ha allestito altre s·ei divisioni, di cui tre inizieranno la partenza alla metà di marzo e le altre tre, in prevalenza divisioni alpine, più tardi. In tale modo l'Italia invierà complessivamente al fronte orientale un contingente di nove divisioni. Egli prega il Reichsmaresciallo di comunicare al

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Ftlhrer che le divisioni sono già pronte ed attendono soltanto i mezzi di trasporto.

Il Reichsmaresciallo ha promesso di farlo ed ha aggiunto che le divisioni di alpini saranno in grado di prestare, specialmente nel Caucaso, preziosi servigi.

Il Duce passa quindi a trattare la situazione nei Balcani, che qualifica molto cattiva. La responsabilità ricade sul nuovo Governo di Croazia il quale tratta in modo vessatorio specie le minoranze serbo ortodosse, -le quali tuttavia ammontano a un milione e duecento mila anime e da secoli risiedono nei territori che oggi occupano -e ha fatto uccidere 200 mila fra uomini, donne e bambini. I primi tre mesi dalla costituzione del nuovo Stato sono passati tranquilli: in seguito però è scoppiata la rivolta.

Anche la situazione in Grecia è tesa. In varie riprese l'Italia ha catturato colà 400 fra soldati ed ufficiali inglesi che si erano introdotti nel paese, sbarcando inosservati con piccole imbarcazioni. La situazione alimentare è disastrosa. Giornalmente da 200 a 300 persone muoiono di fame. Egli ha impartito perciò telegrafiche istruzioni alle truppe italiane di occupazione di distribuire farina alla popolazione (1). In tali circostanze è naturale che lo stato d'animo in Grecia sia ostile all'Asse. Anche un possibile sbarco da parte inglese non è da scartare a priori. Ciò tuttavia dipenderà in fin dei conti dagli ulteriori avvenimenti in Estremo Oriente.

Egli (il Duce) è dell'opinione che le puntate degli inglesi nell'arcipelago norvegese siano state soltanto manovre di addestramento per piccoli e grandi sbarchi. Dove si effettueranno tali sbarchi, non lo si può dire. Egli non vede alcun pericolo per la Sicilia dove si trovano unidici divisioni italiane né per la Sardegna dove sono pure radunati forti contingenti di truppe. Anche a Pantelleria -ha detto il Duce rispondendo ad una domanda incidentale del Reichsmaresciallo -tutti gli apprestamenti difensivi sono in pieno ordine.

Quanto al Giappone, il Duce ha osservato come, a suo avviso, non ritenga che esso debba in questo momento mettersi contro la Russia, perché il nemico numero uno è, e rimane, l'Inghilterra. Il Reichsmaresciallo ha risposto che il Fiihrer è assolutamente dello stesso parere e che egli ha ripetutamente detto a Oshima che il Giappone deve spingersi soltanto verso il sud.

Nei riguardi del Sud America il Duce -continuando -ha dichiarato che la migliore tattica è quella di tacere. Gli Stati del Sud America non hanno molta importanza e sono per gli Stati Uniti più di peso che di aiuto. In seguito il Duce si è espresso sullo stato d'animo del popolo italiano. Era forse superfluo parlarne, ma Egli desiderava ancora una volta accentuare come la «Stimmung » in Italia sia buona e come l'Italia marcerà assieme alla Germania fino in fondo. Tutte le voci su propositi di pace separata o su un preteso atteggiamento di opposizione da parte del Duca D'Aosta sono inventate di sana pianta. Il Partito fascista è padrone della situazione ed Egli (il Duce) ha preso il Partito fermamente nelle sue mani. La situazione alimentare è naturalmente difficile ma Egli (il Duce) avrà il coraggio di addossare al popolo italiano ulteriori limitazioni.

Il Reichsmaresciallo ha qui osservato che egli è pronto a mettere a disposizione dell'Italia, a titolo di prestito, 150 mila tonnellate di cereali e spera di poter trovare in qualche modo le rimanenti 50 mila tonnellate; potrà forse essere fornito qualcosa anche alla Grecia.

Il Duce ha osservato che la fornitura di grano va considerata solo come un prestito dato che il raccolto italiano si effettua prima di quello tedesco e che perciò i quantitativi forniti potranno essere restituiti ancor prima del raccolto tedesco. Del resto bisogna tener presente che dei 46 milioni di italiani 30 milioni sono contadini ai quali, in certo qual modo, si può dire che nulla manchi, cosicché le difficoltà alimentari si riducono soltanto agli altri 16 milioni.

Il Reichsmaresciallo ha in tutta sincerità ammesso di aver sentito voci, secondo le quali la popolazione in Sicilia sembra simpatizzi molto con l'Inghilterra, perché gli inglesi, come turisti, hanno portato nel paese molto denaro ed erano importanti acquirenti dei prodotti agrumari italiani. Il Duce ha detto che tali voci sono sorte per aver Egli disposto, con speciale provvedimento, il trasferimento di un gran numero di impiegati siciliani nel continente italiano. In Sicilia solo l'aristocrazia, che costituisce una piccola minoranza, è favorevole agli inglesi. Altrimenti le voci sono assolutamente infondate. Sul patriottismo dei siciliani non v'è motivo di preoccupazione ed Egli ha manifestato pubblicamente anche in comunicati stampa la sua convinzione sul patriottismo e sul sentimento fascista dei siciliani. Inoltre regna tra i siciliani una tipica mentalità isolana: essi credono sempre di essere perseguitati.

A questo punto il Reichsmaresciallo ha interloquito dicendo che l'isola di Sicilia ha naturalmente importanza per H servizio inglese di informazioni perché essa ha una costa lunga e difficilmente sorvegliabile. Così fra l'altro si sono verificati, per opera di agenti inglesi, esplosioni sulla linea ferroviaria. Il Duce ha proseguito sottolineando il lavoro costruttivo che in modo palese ha compiuto il Fascismo in Sicilia, costruendo strade, ponti e porti, e assicurandosi così le indubbie simpatie della popolazione.

In seguito il Duce è venuto a parlare delle voci sul Principe di Piemonte. QUf~sti non è affatto un frondista, ma è assolutamente un fascista. Nello stesso modo si è espresso il Duce nei riguardi dei Duchi di Aosta e di Spoleto. Egli era d'accordo con il Reichsmaresciallo che voci del genere vengono diffuse tanto in Italia quanto anche in Germania, sempre e soltanto da una determinata cricca di persone che non compiono alcun lavoro utile, ma che, nei tè e specialmente in quelli che vengono dati dalle Ambasciat,e e Legazioni estere, si scambiano le voci più insensate. Il Reichsmaresciallo Goering ha aggiunto inoltre che il Fiihrer è del parere che tanto in Germania quanto in Italia occorre che il Partito detenga la forza. Il Partito è responsabile dell'ordine interno ed è il sostenitore della disciplina nazionale. Questo gli può essere tanto più facile in quanto le personalità dirigenti compresi i Gauleiter, sono per lo più uomini giovani; quanto più i tempi sono difficili, tanto più strettamente il Partito deve stringersi al Fiihrer. Anche Antonescu avrebbe ancora molte difficoltà. Il Duce ha detto che il Partito è l'intermediario fra lo Stato ed il popolo ed ha espresso l'opinione che ad Antonescu potrebbe accadere qualche cosa di simile

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a quanto accadde a Primo De Rivera che voleva, anche lui, reggere il popolo con i Generali e senza il Partito e che per conseguenza falli.

Concludendo il Reichsmaresciallo ha citato ancora il fiducioso atteggiamento del Ftihrer che si sente perfettamente bene in salute, e di buon umore ed ha la sensazione di esser padrone della situazione.

Infine il Reichsmaresciallo ha portato ancora brevemente il discorso sulla questione dell'organizzazione tecnica della difesa contraerea ed ha detto che al suo ritorno a Roma avrebbe fatto più dettagliate esposizioni al Duce sugli sviluppi tecnici e organizzativi raggiunti in questo campo. Nell'esporre le sue grandi esperienze nel campo della protezione contraerea in Germania, il Reichsmaresciallo ha sottolineato la necessità di una condotta unitaria di tutti gli elementi che collaborano alla protezione contraerea, cioè l'aviazione da caccia, specialmente la caccia notturna, l'artiglieria contraerea, il servizio di allarme, ecc. È indifferente, dal punto di vista organizzativo, quali siano specificamente gli elementi che impiegano le armi e gli attrezzi. In Germania sono state perfino costituite alcune batterie i cui apparecchi di comando sono manovrati da donne. Egli ha esposto quindi al Duce, con particolari, la collaborazione fra i cacciatori notturni e l'organizzazione a terra, il servizio di allarme e l'artiglieria contraerea, e<:c. ed è venuto a parlare a tale riguardo anche dell'impiego degli ultimissimi apparecchi, come gli apparecchi « Wurzburg » la tavola << Seeburg >> e l'apparecchio per la tensione.

Così per esempio, i cacciatori notturni con l'aiuto di questi apparecchi vengono diretti dagli impianti a terra fino a 200 metri dagli apparecchi nemici ed operano allora soltanto con l'aiuto degli apparecchi luminosi che riproducono su di uno schermo l'aereo nemico. Sembra che gli inglesi posseggano installazioni simili impiegate soprattutto dagli aero-siluranti negli attacchi notturni.

Concludendo il Reichsmaresciallo ha dichiarato che l'importanza della difesa contraerea non deve essere sottovalutata. Se la guerra dura più a lungo, si deve prevedere che l'Asse dovrà risentire gli effetti degli aeroplani che l'America costruisce.

Il Duce è sembrato esser d'accordo col Reichsmaresciallo sulla questione dell'unità di comando delle diverse specialità della difesa contraerea. Egli ha dichiarato che in Italia l'artiglieria contraerea è in parte passata alle dipendenze della Milizia; che la Marina e l'Arma Aerea impiegano le loro unità indipendentemente l'una dall'altra, e che il problema della unificazione è stato già da lungo tempo esaminato, ma sino ad ora senza risultato. Un problema così difficile come la riunione dei diversi elementi della difesa contraerea, dovrà essere rinviato al dopoguerra.

Infine il Duce ha ringraziato ancora una volta il Reichsmaresciallo per la sua esposizione ed ha pregato di trasmettere al Ftihrer il Suo ringraziamento per il rapporto sulla situazione. È stato concordato che il Reichsmaresciallo si varrà del suo ritorno a Roma per esporre un poco più dettagliatamente i particolari tecnici della questione della protezione controaerea prima accennata.

(l) -Per la riposta di Alfieri, vedi D. 227. (2) -L'originale tedesco di questo verbale (redatto dal ministro Pau! Otto Schmidt il 29 gennaio), che è conservato nell'Archivio Storico, è interamente conforme al testo pubblicato in Akten zur Deutschen Auswiirtigen Politik, 1918-1945, Serle E, Band I, D. 181 (Gottingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1969). Pertanto non lo si riproduce e si pubbl!ca solo solo la traduzione ital!ana curata dagli uffici del Ministero. (3) -Vedi D. 194.

(l) Vedi Serle IX, vol. VII, DD. 825 e 830.

(l) -Vedi D. 64 (2) -Sic. !eggasi 1940.

(l) Vedi serie IX vol. VII, DD. 142, 184, 295.

(l) Vedi D. 202.

212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI

T. S. N. D. 36/64-65-66 R. Roma, 29 gennaio 1942, ore 1,15.

Vostri telegrammi 64 e 91 (1). Telegramma fittizio da Voi preannunciato non è finora giunto a Roma né via Vichy né via Berna.

Sarà cura di questo R. Ministero, non appena detto telegramma sarà pervenuto, di rispondere per lo stesso tramite con altro telegramma fittizio privo di senso, e con un numero di gruppi tale da giustificare comunicazione ufficiale da farsi a codesto Governo al momento opportuno.

Circa detta comunicazione ufficiale, si ritiene che potrete darle la forma di comunicazione verbale da dettare al Ministro Abdalla Suleiman, come queUa fattaVi dal Governo Saudiano in data l" gennaio (2).

Circa il contenuto di tale comunicazione, che potrete naturalmente illustrare a voce, potrete attenerVi alle seguenti direttive:

l o -Il Governo Italiano prende con dispiacere atto che il Governo saudiano, a seguito delle pressioni esercitate dalla Gran Bretagna, ritiene che non sia più possibile la permanenza a Gedda della R. Legazione. Il Governo Italiano ne è tanto più spiacente in quanto costante amicizia era stata mantenuta fra l'Italia e la Saudia, amicizia che l'Italia aveva già fornito molte prove di voler rendere sempre più intima e cordiale ed il fondamento della quale trovava la sua base nell'assoluto rispetto dell'Italia per la completa indipendenza e la piena sovranità dello Stato Arabo-Saudiano. Il Governo Italiano considera la chiusura della R. Legazione a Gedda come una misura del tutto provvisoria, dovuta a circostanze speciali di carattere transitorio. È sua intenzione di riaprire la propria rappresentanz,a diplomatica a Gedda non appena cesseranno tali circostanze.

2° -Nel frattempo il Governo Italiano ha fiducia che nessun provvedimento particolare verrà preso a danno degli interessi italiani in Saudia, come da parte sua non intende adottare, sotto riserva di reciprocità, alcun provvedimento a danno degli interessi saudiani nell'Italia e nei suoi possedimenti coloniali.

3° --Il Governo saudiano ha manifestato il desiderio che partano con il personale della R. Legazione gli italiani residenti in Saudia, ad esclusione degli internati. Il Governo Italiano esprime il desiderio che tutti gli internati italiani a Gedda (come quelli tedeschi) possano essere rimpatriati, siano essi militari che civili. Particolarmente il Governo Italiano richiede in modo formale il rimpatrio degli internati civili, in quanto questi -secondo le norme di diritto internazionale -non dovevano essere internati e doveva essere loro consentita ogni libertà di movimento e quindi anche libertà di uscire dal territorio saudiano.

4o -Il Governo Italiano chiede che il Governo saudiano ottenga dalle Autorità britanniche, prima della chiusura della R. Legazione, il necessario salvacondotto per il transito attraverso i territori controllati dal nemico sia del personale della R. Legazione, sia di tutti gli italiani che rimpatrieranno con esso.

5° -Il Governo Italiano chiede che agli internati che rimanessero a Gedda il Governo saudiano assicuri un trattamento conforme alle norme internazionali, ed ogni possibile facilitazione in relazione alle particolari condizioni climatiche non adatte agli europei.

Potrete aggiungere ogni altra subordinata richiesta che riteniate opportuna, quali quelle da voi specificate nel telegramma n. 60 (l) circa il rimpatrio degli internati in età non militare, dei tubercolotici, sia italiani che tedeschi, dei libici indigenti rimasti alla Mecca, dei coniugi tedeschi Hall come degli altri tedeschi costà residenti ecc.

Nel commentare a voce la predetta c:>municazione, insistete particolarmente sul fatto che il rifiuto saudiano a rimpatriare gli internati civili sarebbe contrario alle norme di diritto internazionale, e non potrebbe disporre favorevolmente il Governo Italiano nei futuri rapporti con la Saudia (2).

(l) -T.s.n.d. 2002/64 p.r. del 20 gennaio 1942, ore 17,50 e T.s.n.d. 2618/91 p.r. del 25 gennaio 1942, ore 19.10, non pubblicati: si riferivano ai <<telegrammi fittizi» di cui al D.D. 89 e 98. (2) -Vedi D. sg.
213

IL MINISTRO A BERNA, L'AMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. 3037/62 P. R. lJerna, 29 gennaio 1942, ore 1,26 (per. ore 14).

Mio telegramma n. [55-56] (3). Capo del Dipartimento Politico Federale mi comunica con espresso in data odierna che U Governo Federale pur convinto che giudizio Vostro non è giustificato e non può fondarsi che su apparenze o malintesi ha deciso di richiamare Ruegger. Pensa che sarà corrisposto ai desideri fissando modalità e data sua partem,.;a.

Pllet Golaz continua [a sostenere] che la franchezza abituale dei nostri rapporti lo obbliga a dire che questa decisione è struta penosa per il Consiglio Federale 11 quale non arriva a capire come io non sia riuscito a far intendere

a Roma te npercussioni che il richiamo può avere né far conoscere a loro le ragioni che lo hanno determinato; e soggiunge: « Votre audience auprès de lui (Consiglio Federale) ne peut y gagner ».

Conclude con le parole che Eccellenza il Ministro avrebbe detto a Micheli il 29 corr., cioè che questioni di persone non devono proiettare alcuna ombra sull'amicizia dei due Paesi.

Trasmetto lettera per corriere (1).

(l) -T.s.n.d. 1915/60 p.r. del 19 gennaio 1942, ore 19,20, non pubblicato: riferiva sulle modalità di partenza della comunità italiana. (2) -Con T.s.n.d. 3576/68 p.r. del 30 gennaio 1942, ore 16, Lanza D'Ajeta Informava Sillitti che era giunto Il telegramma fittizio via Berna, che per la stessa via gli era stata inviata la risposta, e che quando l'avesse ricevuta poteva «rispondere ufficialmente alla comunicazione fattavi dal governo saudiano circa rottura rapporti diplomatici secondo istruzioni già inviatevi coi telegrammi 64-65-66 ». Non risulta che Sillitti abbia riferito sull'esecuzione di esse; ma vedi D. 228. (3) -Vedi D. 197.
214

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, VENTURINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.s.N.D. 2995/86/1 P.R. Atene, 29 gennaio 1942, ore 2,25 (per. ore 7,30).

Vostro 132 (2).

Incrociatosi con mio telegramma n. 82 di ieri sera (3).

Questo Presidente del Consiglio dei Ministri informato dell'ordine impartito dal Duce, prega far pervenire a Sua Alta destinazione seguente telegramma:

«Al Duce Roma. Prego V. E. volere gradire espressione vivissimi ringraziamenti e gratitudine popolo e Governo Ellenico per Vostro atto gentilissimo e pensiero umanitario [che] sulle scorte Forze Armate italiane in Grecia siano messi a disposizione della popolazione viveri farina nei due giorni di privazione causa ritardo trasporti. Tale gesto risuona profondamente nell'animo ellenico e incoraggia Governo nei suoi [sentimenti] a favore dell'Italia ed Asse. Generale Tsolacoglu capo del Governo Ellenico».

Inoltre Generale Tsolacoglu ha fatto seguire comunicato che dava notizia del gesto del Duce da speciali dichiarazioni alla stampa.

Metto in chiaro con telegramma numero protocollo successivo (4) testo comunicato e dichiarazioni. Specie nelle classi popolari che più soffrono la fame ripercussione generoso gesto Duce appare profonda.

215

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 205/111. Budapest, 29 gennaio 1942 (5).

Mi riferisco alle precedenti comunicazioni di questa Legazione e per ultimo al Vostro telegramma per corriere n. 2903 del 25 corrente (6).

Negli ultimi giorni la questione della successione del Reggente è stata nuovamente dibattuta in questi circoli responsabili di Governo e dalle mie recenti conversazioni ho tratto l'impressione che sebbene si eviti di conferire alla cosa alcun carattere di urgenza anche per evitare che il dibattito si allarghi nel Paese e fuori, è intenzione del Governo di risolverla al più presto in maniera definitiva. Una legge dello Stato ungherese del 1937 conferisce al Reggente il potere di indicare tre nomi di cittadini ungheresi per la successione: Egli non lo ha ancora fatto. È probabile che prossimamente si risolva a pronunciare tale indicazione.

Nicola de Horthy, nonostante i recenti allarmi sul suo stato di salute, sta ottimamente e porta i suoi 74 anni con eccezionale gagliardia. Rimesso completamente dalle recenti indisposizioni attende agli affari dello Stato con quel garbo sereno e con quel piglio marinaresco che fanno di lui una figura estremamente popolare nel Paese. È ovvio che il Reggente non abbia nessuna voglia di conferirsi un erede ma gli avvenimenti ve lo costringono in ogni modo. Dopo essersi guardato attorno e senza far designazioni pubbliche o quanto meno senza far nascere una campagna di carattere personale, il Reggente ha fatto cadere la sua scelta oltre che sentimentale anche politica, sul figlio Stefano.

Da quanto mi viene detto si penserebbe di far luogo a tale designazione nominando intanto il giovane Horthy come Sostituto u!Iìciale del Reggente conferendogli in tal modo una specie di diritto ereditario alla successione.

Stefano Horthy, come Voi sapete, Eccellenza, è un giovane di modeste capacità intellettuali e che dal padre ha ereditato soltanto la prestanza della persona. Bennato e garbato potrà esercitare degnamente le sue funzioni rappresentative: a suo onore aggiungo che la sua simpatia per il nostro Paese è stata sempre illimitata. La circostanza che l'Ungheria abbia perduto in un breve giro di anni gli uomini politici che sembravano più adatti a succedere a Nicola de Horthy (Goemboes, Teleki. Darany, ecc.) ha necessariamente fatto cadere la scelta sul giovane Horthy il quale è stato sempre dato segretamente come favorito alla successione. La designazione continua perciò ad avere un carattere, diciamo, amichevole e non protocollare. Soltanto di sfuggita mi è stato possibile parlarne con questi uomini di Governo: Stefano Horthy è il candidato di necessità, candidato di necessità nazionale, in quanto il nome Horthy significa per gli ungheresi indipendenza, riacquisto dei territori perduti, vita nazionale, emancipazione dalla tutela prima asburgica e poi germanica. Un altro che 'identificasse tale concezione non esiste e, se esisteva, è morto. Ne viene di conseguenza che iì giovane Horthy senza avere esercitato nessuna pressione politica, anche perché non ne avrebbe avuto la possibilità, si è trovato ad essere il capo della tendenza di successione a carattere nazionale ungherese. Né il padre, si deve dire, ha fatto, sia pure abilmente, propaganda in suo favore. Ha solo mostrato la sua inclinazione per una soluzione, diciamo, familiare: e questo è bastato.

L'altro candidato alla successione (autocandidato) è per avventura un Asburgo: l'Arciduca Alberto. Nelle Vostre frequenti visite in Ungheria avrete osservato, Eccellenza, quale inusitato rango accordi lo Stato ungherese ai cosiddetti «arciduchi magiari ». Essi vengono immediatamente dopo il Reggente e vengon loro riconosciuti onori reali. Nessuno di loro è specialmente interessante: estenuati rampolli della grande Dinastia essi si contentano della vita di tenue splendore che loro accorda la Nazione ungherese. Il più ambizioso fra tutti loro è sempre stato l'Arciduca Alberto, figlio dell'Arciduchessa Isabella. Egli, sotto la guida ed il pungolo materno, ha prima aspirato alla Corona di Santo Stefano in antitesi col cugino Otto e in a}tri tempi ha mendicato persino i favori della Francia. Adesso, sempre in sordina, esiste una sua autocandidatura alla successione di Horthy.

Sono anch'io d'accordo con il R. Ambasciatore a Berlino che l'Arciduca Alberto non abbia alcuna specie di appoggio da parte del Governo del Reich ma, l'Arciduca Alberto che ha sposato una giovane maestra elementare, e che per il suo atteggiamento si fa ritenere un Asburgo disposto a ratngurare l'ideale del Volksgenosse, si è dato molto da fare per dipingersi come l'ideale di un futuro Reggente che concilii le tradizioni asburgiche con le necessità della vita nazionale ungherese e nello stesso tempo con l'amicizia della potente vicina. Anche questo Ministro di Germania non mi ha mai detto che Alberto d'Asburgo è il candidato del Reich Nazionalsocialista, per quanto si sia mostrato sempre reticente sulla candidatura Horthy ed abbia frequenti contatti con l'Arciduca, ma è l'Arciduca Alberto che lo fa dire ed in ogni caso il cartello di successione porta due nomi: Stefano Horthy, candidato nazionale che segue gli sforzi paterni per garantire l'assoluta indipendenza dell'Ungheria; Alberto d'Asburgo disposto ad una politica non di ingerenza ma di larga collaborazione col III Reich.

Di una terza soluzione Voi sapete, Eccellenza, si è qualche volta qui parlato (1): dell'unione personale cioè dell'Ungheria e Croazia con un Principe di Casa Savoia. Partigiano di una soluzione simile parrebbe essere il Conte Bethlen: ha tutta l'aria perciò di essere un Cavallo di Troia antigermanico. Un progetto simile riserverebbe all'Italia una funzione predominante nel Bacino Danubiano e dovrebbe essere discusso nei suoi dettagli nell'ambito della politica dell'Asse. Non ne ho inteso più parlare.

È comunque probabile nasca all'ultimo momento un terzo o un quarto candidato, per quanto non appaiano sulla scena politica ungherese uomini tali da succedere a Nicola de Horthy. Quel ·che è evidente è che la crisi di designazione è già matura ed è sicuro che il Governo ungherese la voglia definitivamente affrontare, determinazione che sarebbe certamente la migliore per scongiurare che il Paese si trovi da un giorno all'altro costretto a pigliare una decisione su una questione così delicata che risolta all'ultimo momento potrebbe oltre che provocare una crisi interna. cristallizzare su di un nome quel senso di timore che la Nazione ungherese nutre nei confronti della Germania e circa il quale ho anche recentemente riferito (2).

(2:) Il presente rapporto reca il visto di Mussolini.

(l) -Non pubblicata. (2) -Vedi D. 202. (3) -T.s.n.d. 2857/82/1-2 p.r. del 28 gennaio 1942, ore 1,25, non pubblicato. (4) -Non pubblicato. (5) -I passi essenziali di questo rapporto furono trasmessi con T.s.n.d. 745/39 r. del 29 gennaio 1942, ore 21.05, per. il 30 alle 2,45. (6) -Vedi D. 185, nota 4.

(l) Vedi serie IX, vol. VII, D. 145 e in questo volume D. 13.

216

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3231/69 P. R. Tokio, 30 gennaio 1942, ore 7 (per. ore 21,45).

Vostro 65 (1).

Vice Ministro Affari Esteri ha iersera rimesso al Delegato Apostolico un pro-memori.a, che questi ha subito telegraficamente comunicato alla Segreteria di Stato, nel quale viene formulata richiesta assenso della Santa Sede all'invio di un Rappresentante diplomatico del Giappone presso il Vaticano; invio che verrebbe immediatamente effettuato non appena ricevuto tale assenso. Documento appare redatto in termini tali da costituire un impegno non solo per quanto concerne carattere ufficiale che questo Governo intenderebbe dare alla Missione, e nei riguardi del rango di Ambasciatore inviato nipponico, anche se, come si afferma e come è effettivamente esatto, scelta della persona dovrà, momentaneamente e per materiale difficoltà comunicazioni essere fatta cadere sul ristretto numero di Ministri Plenipotenziari attualmente disponibili in Europa. Mentre mi riservo continuare ad appoggiare opportunamente desiderio manifestato dal Sommo Pontefice, circa carattere formale di Ambasciata permanente della nuova Missione, riterrei sommamente conveniente che risposta favorevole della Santa Sede alla proposta trasmessa dal Delegato Apostolico venisse data senza indugio, e ciò per fermare definitivamente argomentazioni contro ogni possibile sorpresa. Dopo di che sarà più facile perfezionare, con la necessaria pazienza, risultati acquisiti nel senso desiderato dalla Santa Sede. È da tener presente infatti che stabilimento formale di una Ambasciata permanente installerà necessariamente una serie di misure amministrative che questo Governo non potrebbe prendere di sua sola autorità e che d'altra parte potrebbe sollevare obbiezioni e discussioni inopportune in ambienti non facili.

217

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 772/51-52 R. Ankara, 30 gennaio 1942, ore 14,20 (per. ore 7 del 31).

Ieri Saracoglu ha passato parte del pomeriggio e tutta la serata alla

R. Ambasciata e si è trovato cosi a festeggiare con noi la ripresa di Bengasi

di cui egli stesso mi ha dato la notizia. Nella cordialissima e prolungata conversazione avuta con lui gli ho chiesto se gli risultava che Eden a Mosca avesse venduto l'Europa ai Sovieti e in quale misura. Mi ha risposto che, a quanto egli credeva e sapeva, nelle recenti conversazioni di Mosca relative alla futura organizzazione dell'Europa Eden aveva ced!uto a Stalin gli Stati Baltici, parte dell'Ungheria, la Cecoslovacchia, la Bessarabia, le frontiere della Polonia non sarebbero state fissate e non si sarebbe parlato degli Stretti.

Addentrandosi nell'argomento dei rapporti turco-sovietici Saracoglu mi ha detto che la Turchia non presta alcuna fede alle garanzie e alle assicurazioni dei bolscevichi: se Russia dovesse, per disgrazia dell'umanità, stravincere, nulla le impedirebbe di realizzare la sua secolare aspirazione sugli Stretti. Ma egli, Saracoglu, non crede che la Russia possa stravincere ed anzi crede che Inghilterra la quale non ha alcun interesse a vedere il trionfo in Europa del bolscevismo anziché permettere tale trionfo verrebbe a patti con la Germania. Gli ho rilevato che il Governo inglese è costretto ad andare sempre più verso la sinistra e che il ritorno di Cripps a Londra ne costituisce una nuova prova. Mi ha replicato che egli ha sempre considerato un errore da parte Inghilterra l'alleanza conclusa con la Russia e non ha mancato dì farlo a suo tempo rilevare a questo Ambasciatore d'Inghilterra; gli ho risposto che la partenza di Cripps da Mosca può significare la sua assunzione a posto di responsabilità di governo ma può anche essere stata determinata dal desiderio del Cremlino di vedere operarsi un cambiamento nella direzione di quella Ambasciata d'Inghilterra, dato che Cripps, accolto a suo tempo con freddezza dal Governo di Mosca, pur avendo migliorato la sua situazione non era riuscito a entrare del tutto nelle grazie dei dirigenti moscoviti (l'Ambasciatore di Turchia in Russia accredita piuttosto questa seconda versione); comunque, mi ha detto Saracoglu, se Governo di Londra dovrà bolscevizzarsi ciò sarà un gran male, ma egli non lo crede ed opina piuttosto che Churchill dovrà prima o poi deflettere dalla sua intransigenza e venire a compromesso.

Ho poi chiesto a Saracoglu che cosa pensasse degli sviluppi della guerra sul fronte dell'est. Egli mi ha detto in Turchia talune alte autorità militari ed alcuni uomini politici giudicano situazione attuale come implicante uno scacco grave per il Reich ed il suo potenziale bellico. Egli invece, ed altri con lui, pur rendendosi conto che la mancata occupazione di Mosca è stata una disavventura per la Germania, non crede che la ritirata strategica delle forze tedesche possa risolversi in un disastro: intanto la Germania non ha ritirato le sue truppe dai Balcani, dalla Francia, dalle altre regioni dell'Europa occupate, ciò che significa che è sicura di poter fronteggiare la situazione all'est con le forze che ha in linea e con le normali loro riserve, fino alla primavera prossima, epoca in cui sarà in grado di riprendere offensiva; inoltre gli risulta che le perdite dei bolscevichi negli attacchi e negli inseguimenti sono ingentissime, sicché lungi dal presentarsi più forte in primavera la Russia sarà allora seriamente indebolita.

Saracoglu mi ha in seguito parlato della Bulgaria per dirmi che la Turchia nulla teme da essa sapendo che Bulgaria intimamente legata Asse; Bulgaria da parte sua può agire come vuole ed essere sicura che la Turchia non le

creerà minimo disturbo o imbarazzo. Saracoglu intendeva con ciò farmi comprendere che la Bulgaria dovrebbe partecipare alla crociata contro il bolscevismo, e per timore sua allusione non mi fosse abbastanza chiara, ha soggiunto che egli per altro si rendeva conto delle [diiDcoltà] che incontrerebbe il Governo bulgaro a spingere il paese in guerra contro la Russia (1).

(l) T. 2807/65 p.r. del 25 gennaio 1942, ore l, non pubblicato: istruzioni di appoggiare la richiesta della Santa Sede relativa all'invio di un rappresentante diplomatico permanente del Giappone presso il Vaticano.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 3219/160 P.R. Berlino, 30 gennaio 1942, ore 20,30.

Il Fiihrer ha scelto per l'adunata odierna non la sala Kroll dove si tengono sedute del Reichstag, ma il Palazzo dello Sport tradizionale per raduni nazisti nel periodo di lotta. Il discorso pronunciato da Hitler nell'affollatissima arena può inquadrarsi fra quelli in cui egli si rivolge schiettamente al suo popolo più che a una opinione pubblica internazionale. Hitler ha parlato liberamente con il solo appoggio di pochi appunti scritti a matita, e ha pronunciato con foga veemenza sopratutto le invettive contro Churchill << il cinciatore >> e contro Roosevelt <<il paralitico ». Prima parte discorso è stata rievocata lotta attraverso cui il nazismo è salito potere superando dimcoltà le quali non hanno arrestato ma rafforzato suo slancio coll'evidente contraccolpo che può presentare una guerra, Hitler è passato a parlare molto chiaramente della situazione sul fronte orientale nell'ultima parte del discorso. Tutta questa parte è stata impregnata di significato umano ed è stata forse la più bella del discorso, presentandosi il Fiihrer dinanzi al suo popolo come deciso ad assumere la piena responsabilità della condotta bellica. Come erano stati caldamente applauditi gli accenni all'Italia fatti da Goebbels durante il suo breve discorso così con vera spontaneità di applausi sono stati accolti tutti i passi in cui il Ftihrer ha sottolineato il cameratismo politico e militare delle due nazioni.

Hitler ha terminato con una grande invocazione a intensificare sempre più il lavoro per produrre più armi e munizioni e facilitare il compito dei soldati.

Violentissimo contro gli avversari, impostato secondo la consueta architettura, il discorso di Hitler odierno è tuttavia notevole particolarmente per la immediata rispondenza che ha voluto cercare e che ha certamente ottenuto con il suo popolo, in un momento del quale... (2) appositamente nascosta la gravità della lotta ma ha espresso una fiducia fermissima come un tonico per corroborare la collaborazione di tutti per la vittoria.

(l) -Con successivo T.u.s.n.d. 3394/56 p.r. del 31 gennaio, ore 20,23, De Peppo aggiunse: <<Prego V. E. voler considerare come assolutamente segreti miei telegrammi 51 e 52. Si tratta infatti di notizie datemi da Saracoglu in via del tutto privata e confidenziale >>. (2) -Nota dell'Ufficio cifra: « manca».
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L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 904/385/133 R. Bucarest, 30 gennaio 1942 (per. il 6 febbraio).

Un comunicato pubblicato dal Sottosegretariato di Stato per il Lavoro mi offre l'occasione per sottoporre alla benevola attenzione di V. E. alcune considerazioni sulla situazione politica interna ed estera della Romania. Con tale comunicato viene data notizia al pubblico che la partenza per la Germania di un numero abbastanza rilevante di apprendisti romeni (10 mila circa) che avrebbe dovuto avvenire in seguito ad accordi stipulati dallo stesso Ministro del Lavoro Daculesco, recentemente rientrato da Berlino, è stata sospesa. La cosa ha provocato una certa sorpresa negli ambienti politici che hanno subito intuito come tale provvedimento dovesse essere attribuito a ragjoni di carattere politico. Il Vice Presidente del Consiglio al quale ne ho accennato, mi ha detto semplicemente che il Ministro Daculesco aveva agito di propria iniziativa, esponendo il Governo romeno ad un'ingentissima spesa, e che ciò era molto dispiaciuto sia al Conducator che a lui stesso. Sembrami peraltro tale versione utnciale non del tutto soddisfacente. Inserendo tale fatto in un complesso di circostanze si ha infatti qui la sensazione che i rapporti romenotedeschi non abbiano attraversato negli ultimi tempi uno dei momenti più felici. Mentre circa lo spirito di tali rapporti romeno-tedeschi in generale ho già riferito a V. E. il pensiero di Mihai Antonescu con mio telegramma n. 90 in data del 28 gennaio u.s. (1), parlando con questo Consigliere della Legazione di Germania ho potuto notare come la politica romena non sia da parte tedesca posta, come finora è avvenuto, sul piedistallo di una incondizionata approvazione; egli mi ha accennato ad una delicata situazione interna del Governo dovuta ad un eccessivo accentramento del potere ed anche ad una tendenza all'intesa tra .i partiti di Bratianu (uomo devoto ai tedeschi) e di Maniu per costituire un blocco di opposizione contro il Governo. Riferendosi inoltre alla recente visita di von Ribbentrop a Budapest, per la quale aveva dovuto più volte ascoltare le vive rampogne di questo Governo, mi ha palesato che, nonostante la Romania av·esse dei solidissimi titoli di benemerenza da far valere, non era riuscita a guadagnarsi del tutto la simpatia e la riconoscenza del Governo tedesco. Mentre infatti, egli mi ha detto, una corrente di amicizia personale si era forse creata tra il Fiihrer ed il Conducator, l'attitudine del Ministero degli Esteri tedesco verso la Romania si manteneva piuttosto riservata. Quali possono essere state le cause di tale momentanea freddezza? Certo si è che la visita a Budapest di von Ribbentrop prima e quella

dell'E. V. in un secondo tempo hanno fatto cadere qui qualche illusione circa una presunta benevola attitudine a riportare sul tappeto la questione della Transilvania. È da notarsi peraltro che in Romania si è incapaci di considerare i rapporti con l'Ungheria scevri di morbose passioni e che quindi, come si è attribuito alla visita dell'Eccellenza Riccardi il carattere e lo spirito che evidentemente non poteva avere, si è anche eccessivamente creduto alle parole sussurrate dagli ambienti u!Iiciosi tedeschi nel momento in cui è stato premuto, per crearsi una popolarità, sul facile quanto pericoloso tasto del revisionismo. Nel medesimo tempo sono invece giunte a Bucarest le note richieste dal Ftihrer di sforzo militare massimo per la campagna primaverile contro l'URSS. È lecito credere che quando da parte della Germania è stato sollecitato tale massimo sforzo non si pensasse che esso si sarebbe concluso, come poscla è avvenuto, con l'offerta di dieci divisioni (1), offerta modesta che questo Governo ha voluto giustificare con la necessità di far fronte ad eventuali imprevisti alla frontiera. Non v'è dubbio che fra Ungheria e Romania si è appesantita l'atmosfera di reciproco sospetto nel timore che l'una delle due possa valersi, ai propri fini, di un'eventuale diminuita potenza bellica dell'altra. Da tale stato di cose ne è scaturita, come conseguenza, la direttiva di perseguire una politica di risparmio militare per mantenersi sopra lo stesso piede della rivale, politica che ha portato a limitare la cifra del concorso militare e che può essere stata presumibilmente la causa più importante del malcontento tedesco. Non è inoltre scevro di importanza il fatto che sia il Vice Presidente del Consiglio che il Conducator sono venuti a trovarsi in una delicata situazione dal punto di vista della politica interna. Mentre infatti da una parte sono pressati per un totale concorso alla guerra verso la Russia, senza averne quelle contropartite e quelle garanzie atte a tranquillizzare la pubblica opinione, dall'altra invece sono fatti oggetto delle accuse dei partiti di opposizione che considerano la guerra oltre il Nistro non solo uno sforzo inadeguato alle possibilità della Romania, ma anche una tacita rinunzia alla Transilvania ed un grave pericolo per l'avvenire. Ho già avuto inoltre l'occasione di riferire come anche nello Stato Maggiore :si siano delineate tendenze pro o contro un maggior contributo alla guerra e si attribuiscano ai Generali

m'l.ggiormente quotati più svariati propositi.

Oggi stesso peraltro il Ministro di Germania Barone von Killinger ha pronunciato di fronte alla colonia tedesca un discorso appoggiando integralmente il Maresciallo Antonescu e pronunciando invettive contro i legionari e coloro che avrebbero voluto finire la guerra al Nistro; ciò che potrebbe significare che la nebbia si è alquanto dissipata o che si cerca di maggiormente premere sul Maresciallo combattuto fra opposte tendenze.

Da tale variabile e caotica situazione ne è derivato nella Nazione uno

stato di ipersenslbilità e di nervosismo che a!Iiora ad ogni occasione e si

concreta nelle note accuse verso coloro che sono considerati i responsabili.

Così parole astiose e accenni alla Transilvania vengono non solo rivolti ad

2·16

ogni occasione ai tedeschi, ma anche a noi da membri del Governo, da autorità e persone di ogni categoria (il R. Commissario Commerciale ha riferito in tal senso al Ministero degÌi Scambi e Valute con suo rapporto n. 185 in data 24 gennaio u.s. (1), che ho trasmesso in copia al R. Ministero, per quanto concerne le persone a capo del delica·tissimo settore che gli è affidato). Anche nella pubblica opinione, secondo quanto mi è stato da moltissime fonti segnalato, v'è un perdurare di acredine verso di noi, appena sopito dalle molte manifestazioni italo-romene promosse in questi ultimi tempi per stringere maggiori legami tra i nostri due Paesi, ma che si sono rivelate rimedi superficiali incapaci di guarire una malattia profonda e costituzionale. Non mancano neppure accenni, anche di persone autorevoli, a propositi violenti: ad esempio il Vice Presidente del Consiglio Antonescu congedandomi giorni or sono dopo una conversazione occasionale o, per meglio dire, dopo un soliloquio sull'argomento, mi ha detto quasi testualmente:

Fate sapere che la Romania non dorme, o si troverà una formula per farle giustizia o se la farà da sé.

(l) Non pubblicato. Con tale telegramma (T.s.n.d. 724/90 r. del 28 gennaio 1942, ore 21 per. ore 2,45 del 29), Formentini riferiva come M. Antonescu gli avesse detto che «con l'aiuto della Germania la Romania aveva potuto riacquistare Bessarabia e Bucovina e occupare territorio al di là del Dniestr e che peraltro era logico che stretta intesa dovesse esistere fra i due paesi. Dal canto suo Germania aveva avuto però molto dalla Romania. Esisteva quindi una specie di equilibrio di dare e avere politico per cui egli non si sentiva atfatto vassallo della Germania. Ma richieste aumentavano e si facevano sempre più pressanti».

(l) Vedl D. 175.

220

IL MINISTRO A BANGKOK, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 818;19 R. Bangkok, 31 gennaio 1942, ore 15,45 (per. ore 7,45 del 2 febbraio).

Nel corso della conversazione di carattere confidenziale questo Primo Ministro ha insistentemente richiamato mia attenzione della vitale importanza per Siam poter contare su amicizia e interessamento politico ed economico dell'Italia, della quale egli sperava comprensione ed appoggio durante guerra (2) e al tavolo della pace.

Gli ho risposto in termini di calorose ma generiche assicurazioni. Egli ha soggiunto che avrebbe particolarmente gradito interessamento Governo Fascista in favore adesione Siam al Tripartito ora che esso si trovava in stato di guerra dichiarata.

Ho creduto potergli dire a tale riguardo che da parte sua Italia avrebbe certo visto molto volentieri Siam associato patto ma che questione rimaneva di esclusiva spettanza del Giappone. Gli ho consigliato pazientare e aver piena fiducia Governo Tokio il quale apprezzava atteggiamento e aspirazioni Siam e non avrebbe mancato a tempo debito di dargli soddisfazione.

Primo Ministro si è rassicurato dai miei incoraggiamenti e me ne ha ringraziato con molto calore.

(2l Vedi D. 208.

H7

(l) Non pubblicato.

221

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 826/020 R. Zagabria, 31 gennaio 1942 (per. il 2 febbraio).

Per indiscrezioni di alcuni Ministri croati, tra cui queLlo degli ESTERI, ho motivo di ritenere che uno degli atti per cui sarà prossimamente convocato Sabor croato sarebbe la proclamazione del Re.

Con tale atto questo Governo vorrebbe subito passare alla fase esecutiva dell'avvento monarchico, come fatto esclusivamente costituzionale e interno.

Poiché ricordo che il Duce, fra le istruzioni impartitemi il 27 novembre, alla presenza di V. E., mi diede quella di considerare «accantonata la questione monarchica almeno per la durata della guerra», mi riterrei autorizzato a far conoscere al Poglavnik, nel modo più opportuno, che per una iniziativa come quella della proclamazione da parte del Sabor dovrebbe essere presentito

R. Governo. Attendo superiore approvazione (1).

222

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 825/022 R. Zagabria, 31 gennaio 1942 (per. il 2 febbraio).

Risulta a questa R. Legazione che il 20 dicembre scorso emissari del Generale Nedic sono venuti a Zagabria, e hanno chiesto udienza al Poglavnik per formulare proposte di pacificazione e di eventuali intese col Governo di Belgrado.

La notizia che precede è stata in questi giorni controllata a fonte sicura. Detti emissari non furono allora ricevuti dal Poglavnik, ma da un funzionario del Ministero dell'Interno e da persona di fiducia del Ministro degli ESTERI, La conversazione si è svolta sull'argomento della ribellione in Bosnia e in altre regioni della Croazia. È stato escluso da parte di detti emissari che il Governo di Nedic fosse connivente con i ribelli, ma è stato ammesso che era possibile esercitare una influenza su di essi, nel caso che un accordo venisse raggiunto. Sulle richieste serbe ho potuto avere soltanto le seguenti informazioni:

l) liberazione di tutti i serbo-ortodossi dalle carceri e dai campi di concentramento;

2) ospitalità alla Chiesa e ai sacerdoti serbo-ortodossi. Tali richieste furono accompagnate da dichiarazioni tendenti a illustrare vantaggi che potevano derivare anche alla Croazia da un'intesa con la Serbia,

per vedere alleggerita la pressione degli eserciti stranieri occupanti il territorio nazionale.

Gli stessi emissari, che non ebbero allora nessuna assicurazione, neppure generica, risultano essere tornati a Zagabria la settimana scorsa, e hanno domandato nuovamente di essere ricevuti dal Poglavnik.

Questi ha voluto oggi comunicarmi di averli ascoltati. Mi ha detto che gli hanno esposto con ampie argomentazioni il loro punto di vista e di essersi reso conto che scopo immediato dei serbi sarebbe di ottenere una tregua, o, meglio, di riuscire con la loro finzione a disarmare, almeno spiritualmente, la Croazia che è impegnata in questa lotta con l'appoggio dei suoi alleati.

«Forse -ha aggiunto il Poglavnik -essi sperano anche che sia possibile intenderei, ma ho detto loro che la liberazione dei colpevoli arrestati e internati sarebb€ contraria alla giustizia e che il ritorno della chiesa serba-ortodossa in Croazia sarebbe un'ingerenza palese, dato che trattasi di chiesa nazionale serba».

Il Poglavnik mi ha poi comunicato le sue informazioni sull'efiìcienza dei ribelli, sulla loro organizzazione e sui rapporti che intercorrono fra essi e il Governo di Nedic.

l) Le operazioni svoltesi recentemente in Bosnia hanno dimostrato che su

1.100 fucili catturati nella regione di Romanija più della metà non erano in condizione di far fuoco. Le munizioni erano scarse. I viveri non mancavano. Lo stato di salute dei prigionieri era tuttavia pietoso.

2) L'organizzazione dei ribelli è ancora notevole per quanto si riferisce ai cetnici, che sono i resti dell'esercito jugoslavo; è invece improvvisata e deficiente fra le bande dei partigiani (comunisti).

3) Da documenti (lettere, ordini di operazioni, ecc.) venuti in possesso delle truppe croate, risultano in modo inoppugnabile le relazioni esistenti fra il Governo di Nedic e i cetnici.

«Quest'ultima informazione, mi ha detto il Poglavnik, basta da sola a confermarci della necessità di dover perseguire nella lotta».

(l) Per la risposta di Ciano. vedi D. 233.

223

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. R. 337/135. Roma, 31 gennaio 1942.

Telespresso min. 8/08612 del 28 gennaio (1).

Il Cardinale Maglione, al quale avevo chiesto ier l'altro informazioni .circa le notizie segnalate sulla possibilità che il Governo britannico consenta l'arrivo di viveri destinati alle popolazioni civili greche, in esenzione dal blocco e circa l'interessamento svolto dalla Santa Sede per facHitare i rifornimenti alla Grecia,

20 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

mi ha informato che i passi reiterati della Segreteria di Stato erano stati appunto intensificati presso il Governo britannico in questi ultimi tempi.

Avendolo messo al corrente delle recenti segnalazioni radio di fonte britannica a questo riguardo, il Cardinale Maglione ha inviato istruzioni al Delegato Apostolico a Londra di sollecitare nuovamente una decisione del governo britannico perché siano al più presto autorizzati i rifornimenti alimentari alla Grecia in esenzione dal blocco.

(l) Non rinvenuto.

224

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. S. 2185/AG. Torino, 31 gennaio 1942.

Seguito ns. del 28 corrente n. 1978 AG (l).

Di seguito al telespresso in alto citato, rimetto, qui unito, copia del rapporto n. 31170/Pr. in data 29 corrente, inviato dall'Eccellenza Vacca Maggiolini al Comando Supvemo, circa le comunicazioni fattegli dall'Ammiraglio Duplat il 27 corrente.

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE, GENERALE CAVALLERO

R. 31170 PR. Torino, 29 gennaio 1942

Nel pomeriggio del 27 corr. è venuto da me l'ammiraglio Duplat il quale, per esplicito incarico dell'amm. Darlan, mi ha fatto alcune dichiarazioni che vogliono essere la risposta ed il commento del governo di Vichy alla comunicazione da me fattagli verbalmente il giorno 23 u.s. (vedi foglio 31146 Pr. del 28 gennaio) (2), della impossibilità in cui il Governo italiano si trova di procedere alla discussione dei noti recenti documenti francesi (« memento » e « suggestions ») (3), almeno finché i rapporti franco-tedeschi non siano usciti dal vicolo cieco in cui oggi si trovano.

In sostanza l'ammiraglio Darlan tiene a far conoscere al Governo italiano che:

l") il contegno francese nei rapporti della Germania non è mai mutato da quando (28 maggio 1941) venne firmato il protocollo di Parigi (4), avendo sin da allora l'Amm. Darlan sostenuto che le questioni militari sono inevitabilmente legate a quelle politiche e che, in linea di massima, la Francia è nell'impossibilità, finché duri l'attuale situazione, di dare alla Germania più di quanto le ha finora dato;

2") tale suo costante atteggiamento si è perciò sempre mantenuto indipendente dalla situazione guerresca dell'Asse, le cui fluttuazioni non hanno avuto alcun peso sulle decisioni del Governo francese;

3°) spiacevole, ma prevedibile, conseguenza dell'attuale irrigidimento tedesco potrà essere l'arresto di una ben avviata modificazione dell'opinione pubblica francese, che già si stava evolvendo verso la collaborazione, ma che, come è naturale, attendeva, per meglio affermarsi, di vedere qualche tangibile favorevole risultato della politica governativa; la delusione arresterà e forse troncherà definitivamente tale trasformazione dell'opinione pubblica francese;

4°) la politica di accordi tra la Francia e gli S.U.A. si limita ad ottenere quanto è indispensabile alla vita economica della Francia e del suo Impero; il che risponde ad un interesse dell'Asse stesso. Ma il governo di Vichy si opporrà risolutamente ad ogni azione di consoli od agenti americani ed inglesi che sia comunque intesa a danneggiare l'Asse.

Di tali dichiarazioni ho semplicemente preso atto. Credo doveroso far seguire alla esposizione delle dichiarazioni dell'amm. Duplat alcune considerazioni.

Non credo che vi siano fondate ragioni per seriamente dubitare della sincerità delle anzidette dichiarazioni. Come già altre volte ho detto, l'ammiraglio Darlan si è troppo compromesso colla sua politica collaborazionista per poterne ora recedere; il suo avvenire di uomo politico e, forse, la sua stessa vita vi sono legate. Nè, d'altra parte, ho ragione di mettere in dubbio il suo patriottismo che è, oltre al resto, nutrito di vivissima anglofobia.

Credo invece che, prolungandosi l'attuale situazione, che si va rendendo col passare del tempo sempre più gravosa per la Francia, vada sempre più pronunciandosi la sfiducia del Paese verso il suo Governo. L'accoglienza fatta al patetico messaggio lanciato dal maresciallo Pétain in occasione del Capodanno ne è prova evidente (vedasi notiziario quindicinale della C.I.A.F. n. 27).

Penso perciò che il protrarsi della presente situazione possa divenire dannoso anche all'Asse, poiché non vedo alcuna sua convenienza a veder mutato l'attuale, sia pure malfermo Governo francese.

Aggiungo che la presente situazione può considerarsi dannosa all'Italia per due precise ragioni e cioè l'impossibilità:

a) di utilizzare pienamente, in buono accordo con la Francia, il territorio tunisino come base atta a condurre un'azione militare vigorosamente offensiva verso l'E~itto ed oltre;

b) di risolvere in modo soddisfacente il grave problema del necessario rifornimento all'agricoltura italiana dei fosfati del Nord Africa.

Si presentano per tale modo all'Asse tre vie: l") segnare il passo con la Francia in attesa che l'orizzonte si schiarisca e limitandosi, per intanto, ai modesti trasporti, già in atto, via Tunisi, ed a ricevere i pochi fosfati che, in mancanza di nostre merci di scambio, è possibile ottenere; gli immancabili successi militari della prossima primavera ci consentiranno di far pagare caro alla Francia la sua opportunistica politica attuale;

2°) cercare modo di riallacciare le trattative interrotte a Wiesbaden, per il che occorrerebbe un'azione personale del Duce che induca il Fiihrer ad accogliere almeno in parte le richieste francesi; si tratterebbe cioè di tornare ad una visione obiettiva del problema quale il Duce l'aveva impostato nel suo colloquio del 14 gennaio nel quale, come ben ricordo, Egli aveva considerato come « trattabili » le « suggestions » francesi e previsto lo sviluppo della situazione in 3 fasi:

-concessioni politiche e finanziarie alla Francia, -totale inserimento della Francia nella politica dell'Asse, -concessioni militari alla Francia;

3°) esplicare verso la Francia un'azione coercitiva che, per quanto riguarda l'Italia, potrebbe essere costituita dalla minaccia dell'integrale applicazione dell'art. XVI

mai attuato -della Convenzione di armistizio; minaccia cioè di impedire alla Francia qualsiasi traffico commerciale nel Mediterraneo. Non esito però a dire che, a mio parere, l'anzidetta minaccia non è consigliabile, perché:

-sarebbe in troppo aperto contrasto colla politica seguita verso la Francia dal 15 novembre in poi e sarebbe perciò difficile da giustificare;

-sarebbe di ardua esecuzione e forse addirittura inattuabile, sia perchè dovremmo detrarre la flotta da altri compiti più essenziali, sia perchè la sua attuazione equivarrebbe a ridurre in breve tempo la popolazione francese a morir di fame;

-potrebbe buttare decisamente la Francia nelle braccia delle potenze anglosassoni e determinare la riapertura delle ostilità contro la Francia.

Vi è dunque -tutto considerato -un complesso di circostanze che pare debbano indurre a non precipitare le decisioni ed a seguire verso la Francia una politica di attesa.

Non è infatti, innanzitutto, da escludere che la Germania stessa trovi la maniera, pur non disdicendo il suo contegno di rigida fermezza, di proseguire in altri campi forse agendo nel settore economico a mezzo del ministro Hemmen -quelle trattative colla Francia che si sono bruscamente interrotte, nel campo armistiziale-militare, a Wiesbaden. Come non si può neppure escludere che l'amm. Darlan stesso prenda l'iniziativa di un riavvicinamento colla Germania.

Vi è inoltre da chiedersi -ed io non ho né gli elementi necessari, né l'autorità per rispondere alla domanda -se effettivamente sia urgente, dato anche il miglioramento della situazione in Libia, disporre senz'altro delle basi tunisine, visto che queste non potranno essere impiegate integralmente prima dell'autunno 1942.

Anche i favorevoli risultati fin qui raggiunti dalla politica di intesa colla Francia (accordi finanziari relativi all'art. X; impiego, sia pur limitato, dei porti tunisini; migliorato trattamento alla nostra colonia del Nord Africa; aperta discussione per l'integrale utilizzazione militare della Tunisia; restituzione delle armi ai coloni italiani della Tunisia) possono consigliare a non abbandonare troppo presto la politica seguita in questi ultimi mesi.

(l) -Non pubblicato: riassumeva l'incontro fra Vacca Maggiolini e Duplat di cui all'allegato. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi D. 160. (4) -Vedi serie IX, vol. VII, DD. 142, 184, 295.
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L'AMBASCATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 816/58-59 R. Ankara, 1° febbraio 1942, ore 15,18. (per. ore 7,15 del 2). Qualche tempo fa il Sig. de Calheiros, Ministro Portogallo in Ankara,

mi confidò di aver ricevuto istruzioni da Salazar di cercare di appurare quanto vi fosse di vero nella informazione a lui pervenuta che il regime sovietico era sul punto di trasformarsi e comunque non rappresentava più un pericolo per l'Europa. Calheiros aggiunse che aveva buone ragioni di credere tale informazione era stata data a Salazar dal nuovo Ministro di Turchia in Lisbona.

Il Ministro CalheJros ha interrogato in proposito uomini politici turchi, membri del Corpo Diplomatico e più particolarmente sir Hughues Knatchbull Hugessen, Ambasciatore d'Inghilterra, il quale gli ha risposto che se pure per il momento non può affermarsi che il regime sovietico abbia subito essenziali trasformazioni, senza dubbio con l'intensificarsi dei contatti tra Mosca da un lato e Londra e Washington dall'altro il bolscevismo attenuerà la sua intran

sigenza di principi cessando così dal costituilre una fonte di preoccupazioni per l'Europa.

Quanto precede costituisce un nuovo indizio di una abile manovra di penetrazione che l'Inghilterra sta compiendo presso paesi neutrali e sopratutto presso Stati che come il Portogallo, la Svizzera, la Turchia che sono animati da maggiore avversione nei riguardi della Russia sovietica. La manovra consiste far credere che se proprio il diavolo non si è fatto frate sarà cura almeno delle grandi democrazie anglo-sassoni di scacciarlo [dal] paradiso della futura sistemazione britannica del mondo.

L'insinuazione fatta dal Ministro di Turchia a Lisbona neUa succitata conversazione Salazar; le voci circolanti fra i diplomatici di Stati neutrali in Angora secondo cui il progetto di RooseveLt di inviare una imponente armata in Inghilterra terrebbe conto anche dell'eventualità di dover ristabilire l'ordine in Europa in seguito a una ipotetica vittoria I'USSa (mio telegramma n. 06 del 10 corrente per corriere) (1), l'osservazione fattami da von Papen (2) nel nostro ultimo colloquio (mio telegramma n. 51 del 30 corrente (3) che l'Inghilterra non vedrebbe di buon occhio trionfo del bolscevismo in Europa, tanto pur di impedirlo ve:rrebbe a patti con la Germania; tutte queste ed altre che non vale la pena di citare sono altrettante prove che tale propaganda ha già ottenuto qualche risultato. Lo stesso Ministro Portogallo, che è per sua naturalezza e per educazione accanito anti-bolsc.evico, mi ha confidato di essere rimasto alquanto scosso dagli argomenti addotti dal Knatchbull e da altri.

Al Ministro de Calheiros ha contrapposto ovvi argomenti e sono riuscito a convincerlo -spero -che si tratti soltanto di propaganda inglese. Ha anche messo von Papen al corrente di questa subdola manovra inglese, e d'accordo con lui faremo qui quanto sarà possibile per sventarla. Ma occorrerebbe, a mio avviso, che essa fosse subito dovunque segnalata e controbattuta. Comunque che il nostro Ministro a Lisbona aderisse a fomentare in quegli ambienti politici l'odio contro il bolscevismo che già diede così buoni risultati nelle vicende della guerra di Spagna.

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IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. 6/46. Parigi, r febbraio 1942.

Sull'incontro che ha avuto luogo il l o dicembre u.s. a St. Florentin tra Goering e il Maresciallo Pétain (4) circola, clandestinamente a Parigi, e, a quel che risulta, trova largo credito, un resoconto che si attribui:sce a persona

del seguito del Maresciallo, alla quale Pétain avrebbe fatto delle confidenze. Ne ho avuto copia e lo invio qui unito.

Può darsi che alcuni degli spunti della conversazione tra i due uomini rispondano a verità; ma si tratta evidentemente di un foglio di propaganda contro la Germania e a favore del Maresciallo, redatto con una cer,ta abilità.

Nel documento si riepilogano, sotto forma di risposte o di dichiarazioni fatte dal Maresciallo a Goering, le varie accuse che la Francia muove alla Germania dall'armistizio, e specie da Montoire in poi: requisizione in massa delle risorse alimentari del Paese, indennità di guerra superiori alle possibilità francesi, mancato ritorno dei prigionieri etc. Non manca qualche tratto del solito spirito francese, e nemmeno il motivo già sfruttato del Maresciallo disposto a sacrificare sé stesso alla Francia. Alla Germania è mosso anche il rimprovero di non aver tenuto fede alle promesse fatte da Hitler a Montoire; e coll'ultima parte dei documento si accredita l'opinione che Pétain sia nettamente contrario a cessioni territoriali, Alsazia-Lorena compresa.

Interessante anche l'accenno all'Italia a proposito della Siria (1).

I giornali di Parigi continuano a non portare alcuna notizia sull'incontro Darlan-Raeder (mia lettera del 30 u.s.) (2), né sulla visita di Darlan a Parigl. Solo i giornali della zona libera hanno pubblicato (vedi bollettino stampa da

Lione del 31) la notizia del suo ritorno da Parigi. Pe'r la cronaca, informo da ultimo che avant'ieri 30 gennaio, ho presentato a Schleier le mie felicitazioni per la ricorrenza della Machtergreifung.

ALLEGATO

ENTREVUE DE SAINT-FLORENTIN

Cette entrevue avait été provoquée par le Gouvernement du Reich qui désirait connaitre la position exacte de la France en politique extérieure en prévision des graves événements qui allaient se dérouler dans le Pacifique.

Cette rencontre était organisée par M. de Brinon.

Le Maréchal Goering a demandé au Maréchal Pétain de montrer plus d'énergie dans la préparation de la défense de l'Afrique du Nord et des Colonies françaises. Il aurait été question de la rémobilisation de l'Armée de l'Air et de la Flotte française. Le Maréchal Pétain a répondu qu'il n'était pas question de mobiliser en France l'Armée

de terre et que seule l'Armée de l'Afrique du Nord pouvait étre mise sur pied de guerre, à une condition toutefois a-t-il dit, c'est que nous rendiez nos officiers, nos sous-officiers nos hommes et notre matériel pour reconstituer nos formations.

Le Maréchal Pétain a rappelé que semblable demande avait été faite par le Gouvernement français au moment de l'affaire de Syrie et qu'elle avait été refusée par le Reich et par l'Italie en particulier en ce qui concernait le matériel de guerre recemment enlevé de Syrie par les Italiens.

Le Maréchal Pétain a rappelé également qu'il était d'accord sur le principe de la collaboration, mais que la plupart des promesses faites par le Reich n'ayant pas été réa

lisées, il ne pouvait s'en tenir lui meme qu'au cadre des conditions d'armistice. « J'ai compris que la collaboration impliquait de traiter d'égal à égal. S'il y a un vainqueur en haut et en bas un vaincu, il n'y a plus de collaboration, il y a ce que vous appelez un Diktat et ce que nous appelons la loi du plus fort.

La France a commis en 1919 l'erreur de ne pas faire une paix de collaboration. Elle avait gagné la guerre, elle a perdu la paix. Vous risquez de commettre la meme erreur que nous.

Vous pouvez gagner seuls la guerre, vous ne pouvez faire seuls la paix. Vous ne pouvez pas faire la paix sans la France.

En ne faisant pas une paix de collaboration, vous vous exposez à perdre la paix.

Rappelez-vous de ce que je vous dis ».

Il a donné lecture du mémorandum de 7 pages qu'il avait lui-meme rédigé dans lequel il précisait tous les points en litige.

A la suite de cette lecture le Maréchal Goering s'est exclamé: « Enfin, M. le Maréchal, quels sont les vainqueurs, vous ou nous? » Le Maréchal Pétain lui a répondu que jamais il n'avait senti plus profondément qu'au cours de cette entrevue, combien la France avait été vaincue.

« J'ai confiance dans les destinées de 1.1 France, dans son relèvement. Quant à moi personnellement, sachez bien que pour un homme de mon age, il est une évasion bien facile à réaliser, celle du passage de la vie à la mort ».

Le Maréchal Pétain a voulu remettre [Cn mémorandum au Maréchal Goering mais celui-ci, à deux reprises, a refusé de le prendre. Alors le Maréchal Pétain le lui a tout simplement mis dans la poche... et Goering l'y a laissé.

Le Maréchal Pétain et le Maréchal Goering ont continué leur conversation sur des points de détail, puis ont échangé très cordialement des souvenirs de guerre de 1914-18 et se sont quittés dans les meilleurs termes.

Le Maréchal Goering a passé deux jours à Paris à la suite de cette entrevue. Le mémorandum du Maréchal a été traduit en Allemand par les Services de l'Ambassade. L'Ambassadeur, ainsi que le Général Commandant les forces allemandes en France en ont pris connaissance et le lundi 8 décembre, le Général Offìcier de liaison entre le Maréchal Goering et le Ftihrer est parti pour remettre le document à ce dernier.

Dans son mémorandum, le Maréchal Pétain rappelle au Chancelier Hitler qu'à la suite de l'entrevue de Montoire et des convcrsations diplomatiques qui avaient précédé ou qui ont suivi, il avait été convenu que les prisonniers seraient libérés, que la ligne de démarcation serait supprimée, que les prélèvements de l'Armée allemande sur l'économie française seraient réduits et que dans une certaine mesure, l'Armée française d'armistice, en particulier l'Armée de l'Afrique du Nord, serait réarmée.

Aucune de ces conditions n'a été complètement réalisée.

Le maréchal Goering a fait observer au Maréchal Pétain que le Gouvernement allemand était mécontent de voir que l'agriculture française ne produisait pas au maximum. « Rendez-nous, a dit le Maréchal Pétain, les 800.000 agriculteurs prisonniers que vous conservez.

Le ravitaillement de la France est mal assuré.

Rendez-nous les wagons que la France a prètés à l'Allemagne et qui ne sont jamais revenus. Ces wagons représentent, il ne faut pas l'oublier, un tiers de la totalité du matériel roulant français et, aux termes des conditions d'armistice, ils devaient etre simplement pretés ».

«L'industrie française ne produit pas suffìsamment » a di t le Maréchal Goering.

« Vous deviez lui fournir du charbon et des matières premières, nous les attendos » a répondu le Maréchal Pétain.

Le Maréchal Pétain a insisté tout particulièrement sur la question qui lui tient le plus au coeur, le retour des prisonniers. Il a démontré que la France ne pouvait arriver à se rélever que si les 1.500.000 prisonniers qui sont pour la plupart des jeunes gens

actifs étaient rendus à leurs affaires et à leurs travaux. Il a protesté contre le maintien de la ligne de démarcation qui est, a-t-il dit «une plaie saignante au fianc de la France».

Enfin, il s'est élevé contre les prélèvements massifs de denrées alimentaires effectuées par l'Armée allemande en France. Les effectifs de l'Armée d'occupation sont passés successivement de 2 millions et demi à 2 millions, puis à 1.500.000, puis à l million. Ils sont actuellement de 50.000 environ. Néanmoins cette armée prélève un tiers de la fabrication des conserves de viande, des poissons et des produits alimentaires de toutes sortes.

« La disproportion est par trop sensible, a dit le Maréchal, ce prélèvement de un tiers et le rapport des 500.000 allemands aux 39.500.000 français. C'est 1/80° qui devait ètre prélevé au lieu de 1/... injustifiable ».

Le Maréchal indique également dans son mémorandum que la somme payée au titre des frais de l'armée allemande d'occupation dépasse déjà considérablement, avant toutes discussions et fìxation d'indemnité de guerre, les sommes que l' Allemagne a payées au total après sa défaite de 1918.

En racontant cette entrevue à notre ami en lui lisant son mémorandum, le Maréchal Pétain a tenu à préciser qu'il n'avait jamais cédé sur le chapitre des concessions territoriales à faire par la France à l'Allemagne, qu'il n'avait mème pas cédé ni pris un engagement ni un semblant d'engagement quelconque pour la question d' Alsace et Lorraine qui reste absolument entière.

Aucune discussion de fond n'a encore eu lieu à ce sujet, mais à chaque occasion le Maréchal a affirmé sa position et son désir de maintenir l'intégrité du territoire français.

Il a d'ailleurs, au cours de l'entrevue de St. Florentin, rappelé au Maréchal Goering que le Fiihrer lui avait promis à Montoire qu'aucune annexion territoriale ne serait faite.

Le Maréchal apporte un soin tout particulier au réarmement de la Flotte et à la remise en état des cuirassés avariés au cours des attaques anglaises.

(l) -Non pubblicato. (2) -Sic, ma si tratta di un lapsus perché il colloquio è con Saracoglu. (3) -Vedi D. 217. (4) -Per il resoconto dell'incontro fornito da parte tedesca, vedi IX, vol. VII, D. 830; per quello fornito da parte francese, vedi lvi, D. 825. Con rapporto del 17 dicembre 1941, n. 12700 Gonfalonieri aveva poi precisato che le informazioni trasmesse gli erano state date dal capo della Segreteria particolare del Maresciallo, Ménétrel. (l) -T.s.n.d. per corirere 4099/04 p.r. del 5 febbraio 1942, Buti aggiungeva: «Risulta che «il resoconto» del colloquio di St. Florentin del 1° dicembre us. tra Ooering e Pétain emanerebbe dagli uffici di propaganda d! Vichy e che anche gli organi della Legione hanno avuto ordine di diffondere le stesse notizie sull'atteggiamento del Maresciallo>>. (2) -Non pubblicata.
227

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 3478/176 P.R. Berlino, 2 febbraio 1942, ore 18,15.

Ho fatto stamane al signor Woermann opportuna comunicazione in base al telegramma per corriere di V. E. n. 3235 (1).

Il Signor Woermann mi ha fatto comprendere che, data l'opposizione del Giappone a rilasciare una dichiarazione analoga per le Indie, il Governo tedesco non è favorevole a rilasciare quella per i paesi arabi.

Di fronte alle insistenze del Mufti si sta preparando una lettera sulle linee, ed a conferma, di quella a suo tempo inviata al Mufti dal signor Weizsaecker (2). Di tale lettera verrebbe comunque data preventivamente comunicazione a noi. Circa l'invio di un funzionario per organizzare il cool'dinamento dell'azione e della propaganda per i paesi arabi in Italia il signor Woermann ha dimostrato di gradire l'iniziativa ed ha detto che ritiene che il Ministro Grobba potrà essere la persona adatta.

(l) -Vedi D. 210. (2) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 41.
228

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 834/115 R. Gedda, 2 febbraio 1942, ore 20 (per. ore 23).

Ministro Suleiman mi ha di nuovo richiesto un colloquio stasera, nel quale mi ha comunicato di essere messo in ·comunicazione telefonica col Emiro Faisal, dal quale ha ricevuto istruzioni farmi noto che il Governo saudiano ha fissato la partenza della R. Legazione per venerdì 6 corrente, e ciò anche ne'l caso non arrivasse nel frattempo il telegramma di istruzioni codesto Ministero (1). Ho risposto che non posso partire senza istruzioni del mio Governo e che pertanto intendo aspettare arrivo telegramma.

Dato precipitare della situazione si rende necessario interrompere collegamento dopo trasmissione di domani sera. Operatore rimarrà in ascolto col solo apparecchio ricevente alla consueta ora per eventuali ulteriori comunicazioni di V.E.

Distruggo tutti i cifrari escluso Impero e tabelle L.M.E. Prego informare Ministero della Marina.

Faccio presente che fino ad oggi non è pervenuta alcuna risposta Dott. Passera ai miei numerosi telegrammi tra cui quello concernente trasferimento internati nello Yemen.

229

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 31439 PR. Torino, 2 febbraio 1942.

L'ammiraglio Duplat mi ha or ora consegnato l'annessa nota verbale (2) in risposta a quanto io -d'ordine di codesto Ministero -gli avevo esposto, a voce, il 23 gennaio u.s. (vedi mio pr:~edente foglio n. 30893/Pr. del 23 gennaio u.s.) (3).

Nel consegnarmi la nota l'amm. Du:plat aggiungeva che: -l'amm. Darlan riconosceva che vi era stato un malinteso tra lui ed il conte Ciano nel colloquio di Torino del 10 dicembre;

-se l'attuale nota verbale venisse accettata dal Governo italiano, rimaneva fin d'ora inteso che le due rappresentanze (francese a Roma; italiana a Parigi e Vichy) potevano cominciare a funzionare a partire dal 15 febbnaio;

-a rappresentanza francese installata a Roma, sarebbe stato necessario consentire che egli personalmente -amm. Duplat -potesse recarsi a Roma liberamente ogniqualvolta ciò risultasse necessario per la concorde azione della. Delegazione francese, in Torino e della rappresentanza francese in Roma.

Infine l'amm. Duplat mi ha chiesto se io ritenessi che la nota verbale sarebbe stata gradita a Roma. Ho risposto che non avevo alcun elemento per poter rispondere, ma a mia volta chiedevo se, da parte francese, vi fosse difficoltà a sopprimere eventualmente, nei documenti ufficiali, l'indicazione precisa dei titoli diplomatici di taluni membri (consigliere d'ambasciata, console, ecc.) accontentandosi di dire che la Delegazione econom~ca presieduta dal sig. Sanguinetti è composta di X membri.

Nel congedarsi l'amm. Dupiat mi ha poi pregato di sollecitare da codesto Ministero la risposta circa la rappresentanza francese in Grecia (1).

(l) -Vedi D. 212, nota 2, p. 238. (2) -Non pubblicata. (3) -Non pubblicato. Il contenuto della comunicazione è riportato nel D. 203.
230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 3937/82 P. R. Roma, 3 febbraio 1942, ore 11.

Questione di cui al Vostro telegramma n. 70 (2) va esaminata sotto duplice punto di vista e risolta in conseguenza. È certamente bene da una parte sottolineare nostro apprezzamento per atteggiamento assunto da Delegazioni Argentina e Cilena alla Conferenza di Rio. Espressione tale apprezzamento conviene tuttavia sia contenuta entro limiti che non imbarazzino quei Governi piuttosto che facilitarne ulteriore permanenza su terreno neutralità in cui si sono posti. Che sia cioè discreta e non pubblica.

D'altro canto, come codesto Governo sa, hanno luogo in Cile in questi giorni elezioni presidenziali. Dalle quali dipende se e in che termini quel Governo vorrà e potrà continuare azione svolta alla Conferenza di Rio. Tutto ciò costituisce, per parte nostra, ulteriore ragione di riserbo.

Sta bene in conseguenza, a nostro avviso, il passo fatto dai Rappresentanti nipponici a Buenos Aires e Santiago, ma converrebbe non sia data ad essi alcuna pubblicità. Apprezzamenti analoghi e nella forma descritta sono stati del resto già espressi anche da parte nostra al Ministro degli Esteri argentino, in occasione suo recente incidente aviatorio.

Anche la stampa conviene sia orientata, nei riguardi argentini e cileni, in senso favorevole ma discreto.

(-3) Il documento reca il visto di Mussolini.
(2) -Con T. 3350/70 p.r. del 31 gennaio 1942, ore 8,, per. il 1o febbraio alle 0,55, Indelli aveva riferito: «Questo governo... stima intanto opportuno esprimere sua simpatia e apprezzamentoai Governi Buenos Aires e Santiago per atteggiamento indipendenza assunta a Rio de Janeiro ed ha dato istruzioni in questo senso ai propri rappresentanti colà. Ove Governi Roma e Berlino ritengano di dover fare altrettanto, qui si propone che passo sia tenuto separatamente e non sta dato ad esso pubblicità per non porre in imbarazzo quei Governi>>.
231

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 850/15 R. Copenaghen, 3 febbraio 1942, ore 14,10 (per. ore 19).

Ministro degli Affari Esteri mi ha detto aver espresso a questo Ministro Germania speranza che probabile prossimo cambiamento nella situazione internazionale della Norvegia non debba comportare formale riconoscimento da parte Re Danimarca che suo fratello viene co;;;ì ad essere spodestato prima fatto non venga confermato da futuri Trattati generali pace; ma che piuttosto si trovi espediente che limiti responsabilità assenso danese al solo Governo danese.

232

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 893/46 R. Kabul, 3 febbraio 1942, ore 19,55 (per. ore 17,30 del 5).

Nel corso questione Anzilotti mi è stato nuovamente ripetuto che appena circostanze lo permetteranno Governo afghano desidera collaborare con noi anche in campo militare.

Mentre possiamo considerare il popolo afghano come alleato potenziale, molte riserve dovrei fare circa Governo: inoltre Primo MiJ!listro si è talmente compromesso davanti paese con l'Inghilterra che se anche localmente volesse, dubito potrebbe mettersi alla testa di un movimento nazionale.

Ma queste sono eventualità ancora lontane. Per ora è con questo Governo che dobbiamo vivere. Primo Ministro continua sua politica nei riguardi Inghilterra ma ha anche paura di noi. Bisogna quindi giocare di astuzia.

Non bisogna dargli impressione che per quanto riguardaci sua sorte è decisa: sotto questo punto di vista ha estrema importanza nostra radio Himalaya compresa, poiché in alto si sa benissimo che è Roma. Non è il caso naturalmente far degli elogi basterà il silenzio da p: ;·te nostra; altrimenti vi è pericolo che si getti risolutamente nelle braccia inglesi. A mio avviso nostra politica dovrebbe essere:

l o -silenzio assoluto nostra radio nei riguardi Governo afghano;

2° -respingere, con maggiore o minore violenza, secondo le circostanze interme e generali, ogni tentativo del genere Anzilotti;

3o -lavorare per quanto è possibile primordiaJle linea interna;

4o -far qualche prova concreta nel campo cooperazione.

Per quanto concerne quest'ultimo punto non è naturalmente caso di abbordare problema generale.

Collaborazione per quamto concerne tribù è fuori questione. Sono troppo legate con politica interna Afghanistan. D'altra parte Governo afghano potrebbe rispondere, non senza ragione, che gli chiediamo di attirare fulmini inglesi; potremmo invece benissimo cominciare col chiedere Govel'no afghano fornirci informazioni.

Sulla Russia effettivamente non hanno informazioni, sull'Iran si sono sempre mostrati disposti a parlare, sull'India ne hanno certamente; più che altro potrebbero procurarsene ma non vogliono darne. A mio avviso sarebbe caso porre netta questione. In tal modo:

l o -metteremmo in chiaro posizione Governo Afghanistan: se consente collaborare, evidentemente bisognerebbe riconoscere che ho giudicato male. A parte utilità intrinseca informazioni ciò costituirebbe ponte passaggio per trattative più importanti. Se non consente sapremo dove siamo e potremo cominciare preparare! per altre relazioni.

2° -In questa seconda ipotesi nostra richiesta metterebbe in grave imbarazzo questo Governo che difficilmente oserebbe risponderei chiaramente di no: e quindi preoccuperebbe di menarci per il naso e non avrebbe molta opportunità per azione offensiva. Si tratterebbe così nella migliore delle ipotesi di una manovra offensiva probabilmente più adatta difendere difficilissima posizione qui che non limitata alla semplice difensiva. Trattando naturalmente con garbo è da escludere che si possa provocare irrigidimento.

Richiesta dovrebbe essere naturalmente fatta dalle tre Legazioni Tripartito. Miei colleghi sono d'accordo e hanno telegrafato in tal senso a Berlino e Tokio.

Pregherei telegrafare se concordate con queste mie considerazioni (1).

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. S.N.D. 41/106 P.R. Roma, 3 febbraio 1942, ore 23.

Vostro 020 (2).

Vogliate accennare al Poglavnik che riteniamo opportuno che sia fatto riferimento dinanzi al Sabor alla questione Monarchica. È nostro desiderio però che Ie dichiarazioni ufficiali al riguardo siamo contenute in termini generici, pur mettendo in rilievo i vincoli che verranno a stabilirsi fra la Corona di Croazia e la Casa Sabauda. Non conviene scendere in particolari circa persona Sovrano, circa data incoronazione né su altre circostanze al riguardo. Converrebbe, se possibile, avere previa conoscenza di tali dichiarazioni (3).

(l) -Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che sia stata data risposta a questo telegramma. (2) -Vedi D. 222. (3) -Vedi D. 271.
234

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R.S.N.D. PER CORRIERE 3890/016 P.R. Budapest, 4 febbraio 1942 (per. il 6).

Mio rapporto n. 205/111 del 29 gennaio scorso (1).

Questo Ministro di Germania mi ha confermato quanto vi ho precedentemente riferito circa la probabilità che venga affidato al giovane Horthy l'incarico di sostituto permanente del Reggente.

Von Jagow non crede però che la cosa sia così imminente. Egli non mi è apparso molto entusiasta della scelta, ma ha subito aggiunto che bisognava lasciar liberi tanto il Reggente, quanto il Governo ungherese, di regolarsi come meglio credevano sulla questione, soprattutto perché una immistione in un simile momento, avrebbe potuto ritardare l'attuarsi di quella collaborazione militare ed economica con l'Ungheria che la Germania ha tutto l'interesse che si svolga senza intoppi di sorta.

Naturalmente, la candidatura di Stefano Horthy continua ad essere avversata dagli ami.ci dell'Arciduca Alberto e dall'ex Presidente del Consiglio Imredy che fanno circolare voci sullo scarso affidamento che offrirebbero le qualità intellettuali del figlio del Reggente e sulle sue inclinazioni ad una vita dissipata. L'abile propaganda fatta però da Bardossy sui partiti di Gov.erno ed anche sull'aristocrazia legittimista dà sempre come sicura la nomina del giovane Horthy.

235

IL SEGRETARIO POLITICO DEL P.N.F., VIDUSSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 4 febbraio 1942.

Un Gerarca d'Imperia, tornato ora dalla Germania, ha presentato a quel Segretario Federale una relazione riguardante alcuni lati della situazione nel Reich.

I militari tedeschi, reduci dai diversi Paesi europei, hanno portato in Germania ingenti quantità delle merci più svariate. Molti di essi hanno impiantato un vero e proprio commercio di pellicce, orologi, profumi, vini, tabacco, ecc.

Gli ambienti. commerciali affermano che, malgrado la scarsezza di merce sul mercato tedesco, la Germania continua, anzi intensifica la sua esportazione per assicurarsi una forte clientela nel dopoguerra.

Si parla volentieri del dominio mondiale economico della Germania al termine del conflitto.

Elementi di Partito trovano ingiusta l'abbondanza di merce esistente in Italia, mentre in Germania vi è scarsezza di tutto; aggiungono che l'Italia dovrebbe inviare nel Reich maggiori quantitativi di prodotti agricoli, essendo la nostra bilancia debitrice per le grandi forniture di carbone e per le spese del corpo tedesco in Africa.

Le retribuzioni sono superior.i alla possibilità di spendere, data la scarsezza delle merci poste in vendita. Scarseggiano perfino gli oggetti più modesti, quali le penne stilografiche, le matite, la carta da lettere, i giornali.

Nel settore alimentare sono spar.iti tutti i generi non indispensabili.

La «borsa nera» è praticata su larga scala.

Anche tra i vecchi elementi nazisti è diffusa l'opinione che le restrizioni economiche siano divenute eccessive. Si fa debito a Hitler di essere male coadiuvato, pur riconoscendosi in lui l'idealista puro, lontano da ogni contagio. Circa i lavoratori italiani si rileva ch'essi non sono ben visti; non mancano inctdent.i tra operai italiani e tedeschi. In parecchi campi vengono sottratti i viveri provenienti dall'Italia; qualche dirigente assottiglia le razioni e ne vende ai tedeschi la parte sottratta.

A Brux, nei Sudeti, in seguito all'uccisione di una ragazza quindicenne attribuita ai nostri lavoratori, la città è tappezzata di manifesti con cui s'invitano i genitori a tenere lontani i bambini dal pericolo degli operai italiani.

Malgrado il sistema dei punti, è ancora in circolazione la malfamata categoria dei « napoletani » venditori ambulanti di stoffe, dediti alle peggiori speculazioni.

Molti nostri operai fanno rilevare come sarebbe stato molto meglio -ai fini del prestigio nazionale e del rendimento lavorativo --inviare in Germania delle ditte appaltatrici con completa attrezzatura di operai e dirigenti italiani.

(l) Vedi D. 215.

236

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. S. N. Berlino, 4 febbraio 1942.

La Delegazione del PNF ha lasciato questa notte la Germania per rientrare in Italia. Non avendo potuto --né d'altronde ritenevo fosse il caso accompagnarla a Monaco, ho incaricato di ciò un funzionario dell'Ambasciata.

Mi risulta che -confermando quanto a me de Cieco e i Federali hanno dichiarato -tutti sono stati molto contenti delle accoglienze da parte italiana e da parte tedesca. Io personalmente ed i miei collaboratori dell'Ambasciata abbiamo cercato di fare del meglio affinché essi avessero della loro presenza in Germania la migliore impressione.

Ora mi permetto di richiamare la tua attenzione su un aspetto delicato di questa visita. Può avvenire che alcuno di questi Federali, che erano per verità camerati molto simpatici, abbia potuto trarre qualche i:rnpressione non corrispondente alla realtà della situazione. Poiché essi sono gerarchi ascoltati, vorrei pregarti di intervenire ---nel modo che riterrai più opportuno, forse preventivamente parlando in questo senso tu stesso a Vidussoni -affinché siano evitati equivoci di interpretazione.

Per esempio sono stato informato riservatamente che in un altro settore un funzionario, che non appartiene direttamente al Ministero degli ESTERI, ma che svolge la sua attività nell'ambito dell'Ambasciata, avrebbe fatto con qualche Federale riserve e critiche sull'atteggiamento molto tiepido da un punto di vista fascista dell'Ambasciata presa nel suo complesso.

Poiché ciò corrisponde al solito giudizio sommario che sempre si è fatto delle nostre Ambasciate all'estero e poiché nel caso di Berlino ciò non corrisponde assolutamente a verità, vorrei pregarti di controllare col Segretario del Partito se e in che forma ciò sia stato detto, poiché in caso affermativo prenderei un provvedimento definitivo nei confronti del colpevole; non potendo io assolutamente permettere che un camerata che frequenta per ragioni del suo lavoro l'Ambasciata, si permetta di fare giudizi così gratuiti e temerari (1).

237

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 905/42 R. Shanghai, 5 febbraio 1942, ore 12 (per. ore 9,40 del 6).

Riservate informazioni che ho raccolto qui ed a Nanchino avvalorano ipotesi che aperture fatte da Tokio a Chang-Kai-Shek e di recente confermate da Toga (2) non siano soltanto parte della attuale politica di Tokio verso Chung-King di alternare percosse e carezze, ma si basino su dati precisi circa possibilità che matura, di riallacciare con Chung-King conversazioni per una pace onorevole.

Chiedendomi mantenere segreto questo Ministro Esteri mi ha detto che sintomi di tale possibilità erano stati anche rilevati a Hong-Kong da signora Wang-Chin-Wei e da Ministro della Propaganda. Filo che sembrava spezzato per sempre era stato riannodato. Si contava non solo sull'enorme disinganno di Chang-Kai-Shek per assistenza nulla o quasi degli S.U.A. e Gran Bretagna, ma anche sul malumore manifestato da forza armate cinesi impiegate in Birmania e sul fatto che propaganda Tokio e Nanchino ai fini emancipazione dell'Asia corrodeva programma ideologico di Chang-Kai-Shek facendo apparire eterogenea sua alleanza cogli sfruttatori anglo-americani.

Ministro degli Affari ESTERI, ha aggiunto che del resto, segreti e ancora vaghi scambi di valute erano in corso.

Il giorno che essi darebbero affidamento si propone di assumerne anche la direzione. Mi ha fatto rilevare che egli non si era mai compromesso con gli uomini di Chung-King e che suoi rapporti personali con essi non erano stati che superficialmente influenzati dagli avvenimenti. Nello sforzo per raggiungere accordo con Chung-King, Nanchino darebbe prova della maggiore generosità e su ciò insistendo faceva comprendere che in tale accordo gli uomi

ni migliori della Cina mettono oggi tutte loro speranze per poter far uscire la Cina da una situazione dura e umiliante. Comunicato Tokio per posta.

(l) -Una annotazione di d'Ajeta sul documento dice: «De Ckco informa non c'è nulla>>. (2) -Vedi D. 69.
238

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RR. S. N. D. PER CORRIERE 1102/058 R. Sofia, 5 febbraio 1942 (per. il 13).

Questo Ministro degli Esteri mi ha parlato ieri a lungo delle origini e degli sviluppi dell'occupazione militare bulgara, attualmente in corso delle importanti zone della Serbia sud-orientale (1).

Egli mi ha, innanzi tutto, confermato come la persona che a Berlino, nello scorso novembre, ebbe ad insistere per una maggiore partecipazione dell'Esercito bulgaro alle operazioni di polizia in Serbia, sia stata il Maresciallo Goering. Questi infatti, contrariamente a talune idee correnti anche negli ambienti militari tedeschi di Belgrado, non soltanto insistette per un rafforzamento della protezione militare bulgara della linea ferroviaria Nish-Skopje che era stata amdata in un primo tempo a pochi e deboli reparti, ma si mostrò favorevole ad una vera collaborazione militare bulgara destinata a svilupparsi, sempre sotto l'alta direzione germanica, in zone di rilevante ampiezza, che vennero in seguito fissate tra i competenti organi militari.

Oggi -ha continuato il signor Popoff -le operazioni per l'occupazione possono dirsi quasi concluse. Le istruzioni date alle truppe perché mantenessero un contegno corretto verso le popolazioni serbe sono state esattamente seguite e non si è verificato, almeno fino ad ora, alcun incidente di rilievo. Naturalmente il momento più difficile verrà in primavera allorché con probabilità sarà necessario, se non altro per dare una preventiva, utile manifestazione di forza, inviare almeno una o due altre divisioni a sostegno delle tre attualmente colà impegnate.

Il Ministro è venuto poi a parlare di quelle informazioni da Belgrado, riferite anche più volte, in questi ultimi tempi, dal nostro R. Ministro colà residente (2), secondo le quali il vero motivo di questa inattesa quiescenza e di questa impreveduta remissività delle popolazioni serbe dinanzi alla occupazione bulgara, andrebbe ricercata in una certa affinità di sentimenti e di ideologie slavo-comuniste tra i due popoli, quasi che la sostituzione delle truppe bulgare a quelle tedesche potesse un giorno portare a situazioni nuove, sfavorevoli all'Asse. Ed il Ministro, nell'affermare nuovamente come l'esercito bulgaro sia del tutto immune dal « virus » sovietico, non ha mancato di fare risalire l'origine di quelle informazioni a quegli ambienti serbi, da lui ben conosciuti, che cercano tuttora, ed in ogni modo, di seminare sospetti e perturbazioni.

Il Ministro, infine, mi ha detto di essere anch'egli al corrente di quelle voci circolanti a Belgrado, e che vorrebbero non lontana una occupazione bulgara di quella capitale. E, nel dirmi che nulla è stato concertato in proposito, ha aggiunto che sarebbe assolutamente da escludersi che i serbi possano vedere di buon o::chio una tale eventuale occupazione. Il solo argomento che li renderebbe ad essa favorevoli sarebbe la speranza di evitare un intervento ungherese. Tra bulgari e magiari, infatti, i serbi finiscono sempre per preferire, per molti motivi, i primi.

(l) -Vedi D. 95. (2) -Vedi D. 174.
239

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. R. 321/174. Budapest, 5 febbraio 1942 (per. il 13).

È stato celebrato ogg1 m Ungheria, con una certa solennità, il primo anniversario dell'ascesa al potere di Ladislao de Bavdossy: con rapporto a parte (l) Vi trasmetto i larghi commenti che la stampa magiara consacra all'avvenimento. Quel ch'e mi preme qui rilevare è come la figura di Bardossy abbia effettivamente acquistato, durante questo tempo, un rilievo ed un carattere che al momento della sua assunzione ben pochi avevano sospettato. La sua presunta inesperienza in fatto di politica interna gli ha offerto maggiori possibilità di non compromettersi mentre la sua indubbia versatilità, il suo senso di chiarezza congiunto ad una dote molto ricercata in Ungheria, voglio dire ad un innato senso di equ1librio, gli hanno permesso di servire il suo Paese magari con minore risonanza di quanto non avessero fatto Teleki e Csaky ma indubbiamente consentendogli risultati forse più positivi. L'accorta politica nazionale da lui seguita, accompagnata com'è stata da un assoluto lealismo formale di fronte alla Germania, lo ha messo, finora in condizione di doppiare il capo della difficile vLcinanza con la potente vicina, senza eccessivi sacrifici. Ne sono riprova i recenti contatti avuti dal suo Governo prima con Ribbentrop poi con Keitel nel corso dei quali, come Vi ho già riferito, Bardossy ha con molta dignità e ripeto con grande deferenza verso il Reich germanico, dato il molto ma non quel moltissimo che, in fin dei conti, se concesso, avrebbe rappresentato una potenziale diminuzione dell'apporto futuro dell'Ungheria alla guerra dell'Asse. Devo, inoltre aggiungere che come i sentimenti di Bardossy verso l'Asse appaiono pienamente equilibrati, così egli non si perita di dimostrare all'Italia fascista una simpatia certo più genuina, sentimento che del resto è l'eco del pensiero del popolo ungherese. Tutto questo è facile registrare, ma è difficile poter fare in un Paese come l'Ungheria dove il Governo cerca di conciliare le necessità della fede all'Asse con i suoi ideali nazionali, le sue incomode vicinanze balcaniche, le sue crescenti difficoltà economiche, e le sue non ancor sazie brame irredentistiche. A conclusione di tale suo agire sta il suo proposito di risolvere la questione della successione alla Reggenza col nome Horthy sfidando, senza parere, legittimismo, clero cattolico

21 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

ed una parte dell'esercito e contando, in questa abile campagna, sul magico effetto che può qui produrre una candidatura solamente ed apertamente magiara. Politica, come si vede, di certa abilità e che ha fruttato oggi a Ladislao.

ll.e Bardossy i consensi arrivati da ogni parte dell'Ungheria.

Alla vigilia del Vostro viaggio in Romania (l) non ho creduto opportuno t~i proporvi, Eccellenza, l'invio di un telegramma gratulatoria a Bardossy che

p. Bucarest sarebbe stato visto con amarezza (2).

(l) Non pubblicato.

240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI

T. U. 4445 P. R. Roma, 6 febbraio 1942, ore 14,15

Vogliate dirigere all'Ammiraglio Duplat una nota scritta con la quale gli wmunicherete che Governo italiano, con riferimento alla comunicazione che Voi avete fatto in data 23 gennaio u.s. all'Ammiraglio Duplat (3) ed alla nota verbale che egli vi ha diretto in data 2 febbraio (4), è d'accordo su quanto ~oncerne lo stabilimento di una Delegazione economica francese a Roma.

Vorrete aggiungere verbalmente che il Governo itaUano ha apprezzato la tisposta francese e resta inteso che le due Rappresentanze potranno cominciare a funzionare alla data del 15 febbraio.

L'Ammiraglio Duplat potrà sempre mettersi d'accordo con Voi ogni volta ~he egli credesse necessario di venire a Roma.

Per quanto riguarda la posizione dei diplomatici e Consoli francesi destinati a Roma risulta dalla stessa nota franceBe che la loro qualità è quella di Membri della Delegazione Economica francese, quali che siano il loro titolo e la loro posizione gerarchica nell'Amministrazione francese.

241

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 969/56 R. Kabul, 6 febbraio 1942, ore 19 (per. ore 21 dell'B). Mio 53 (5).

Da dichiarazioni di Amery sembra potersi dedurre che l'Inghilterra non è disposta nuove importanti concessioni India e che esse scateneranno senza dubbio nuovo putiferio.

Mi sembra quindi giunto momento psicologico per una presa di posizione più precisa da parte Potenze Tripartito di fronte futuro India.

Inglesi non sono certamente amat'i in India ma è anche chiaro che se la guerra dovesse risolversi in semplice cambio padrone stragrande maggioranza indiani preferisce di gran lunga inglesi.

Propaganda inglese insiste con sempre maggiore accanimento su mire Tripartito Indie e recentemente aggiunto che Giappone protegge indù e se ne servirà per opprimere mussulmani.

Questi argomenti hanno fatto molta impressione sui mussulmani fino alle tribù di frontiera.

Se per non precorrere avvenimenti e non pregiudicare avvenire preferite attendere per far dichiaraZJioni del genere che India sia entrata più decisamente sfera nostri interessi militari, sarebbe opportuno per lo meno che specialmente propaganda in indostano nostra, t'edesca e giapponese cominciasse fin da ora parlare indfpendenza incondizionata India come di fatto che scaturirà necessariamente dalla vittoria Asse.

Attualmente specialmente Radio Roma dice India sarà indipendente se cesserà di dare aiuti all'Inghilterra o se si dichiarerà... (l) promessa inglese per essere presa sul serio, Amery dice che India sarà indipendente se sopprimerà discordie interne, noi diciamo se cesserà aiutare Gran Bretagna ossia cosa che India non è in grado di fare.

Per quanto riguarda dichiarazione neutralità è anche evidente che India non ha possibilità di farla: in realtà poi, ammesso che il Congresso è organo maggiormente rappresentativo India, presa di posizione di Gandhi, che ormai risulta seguito dalla maggioranza Congresso, tolti fronzoli filosofici sulla non violenza, è quanto di più vicino ad una dichiarazione neutralità che si potesse fare. Cosa si può dire di più se non che nemmeno dietro concessione indipendenza India è disposta prendere parte volontariamente alla guerra? In ogni modo mi permetto attirare l'attenzione di V. E. su urgenza opportuna nostra chiara presa posizione su tale argomento.

In senso analogo viene telegrafato Berlino e Tokio (2).

(l) -Il viaggio a Bucarest fu rinviato vedi D. 362. (2) -Il presente rapporto reca il visto di Mussolini. (3) -Vedi D. 196. (4) -Vedi D. 229 nota 3. (5) -Con T. 970/53 r. del 6 febbraio 1942, ore 18, non pubblicato, aveva riferito sugli ultimi sviluppi della situazione Interna indiana.
242

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 492/141-143-145-146-148-142 R. Santiago, 6 febbraio 1942, ore 20,55 (per. ore 13,40 del 7).

Elezioni presidenziali si sono svolte sotto il riflesso avvenimenti internazionali all'uopo sfruttati a scopo elettorale dai partiti sinistra che designarono ge

nerale Ibanez candidato dei conservatori come fascista e favorevole Asse, e senatore Rios esponente vecchio conglomerato partito di sinistra fronte popolare, come antifascista simpatizzante paesi democratici.

Senatore Rios, presidente eletto non differisce gran che da ultimi Presidenti delle Repubblkhe Spagna e Francia, gente media su cui potevano facilmente convergere più differenti aspirazioni, ambizioni e tendenze ogni partito, tollerabili in tempo ordinario ma che in momenti difficili sono sempre impari alle necessità come accaduto ad Azana e Lebrun e che finiscono sempre per condurre sé stessi e loro paesi a inevitabile rovina. Modesto borghese ma tenace lavoratore ha fatto della calma magistratura fine sua vita e per sua tale aspirazione non ha guardato a mezzi. Uomo del centro radicale, uomo d'ordine di passato notoriamente anti-comunista non ha infatti esitato un momento accogliere concorso comunisti ed essere portato alla Presidenza della Repubblica dai loro voti, con i quali si doveva necessariamente contare poiehé rappresentano ormai circa quarto elettori Cile.

Sua elezione è stato risultato coalizione col partito sinistra fronte popolare. Vi hanno altresì concorso in larga misura sopratutto finanziariamente Nord America e Inghilterra e giudaismo internazionale. Essa è dovuta altresì ad errore conservatori avere scelto per candidato ex dittatore che era stato scacciato dal potere per i suo crassi errori e a ex Presidente Alessandri che preso da senile mania si è con uno dei suoi soliti voltafaccia buttato risolutamente con numerosi correligionari di destra in braccio alle sinistre. Comunque mi si assicura che Senatore Rios è quanto di meglio poteva offrire ·partito radicale, così scarso di elementi onesti e di valore, e unica persona che per suoi precedenti uomo d'ordine potesse offrire qualche garanzia essere in grado porre argine a disordine politica sociale e finanziaria in cui si trova Paese dopo tre anni Governo fronte popolare.

Malgoverno fronte popolare ha distrutto finanza locale oberando bilancio con insostenibili spese demagogiche, ha compromesso amministrazione pubblica congestionandola di enorme quantità impiegati e distruggendone disciplina ha annullato sentimento disciplina dando ai partiti estremi assoluta incontrollata licenza e specialmente ha messo in non cale onestà pubblica lasciando impuniti furti e alquante disonestà compiute da politicanti in amministrazioni pubbliche e private.

Senatore Rios ha promesso mettere in ordine tale stato di cose ma è da dubitare che in questo momento grave emergenza, mentre il paese si sta dibattendo fra difficoltà ogni sorta e con conflitto alle .porte, abbia possibilità e mezzi porre argine a tale stato di cose che non può che favorire piani Nord America di indebolire Cile per poterlo più facilmente controllare e superarne ultime dignitose resistenze mostrate conferenza Rio de Janeiro.

Cile ha indubbiamente difeso con dignità e successo sua indipendenza e la sua dignità Rio de Janeiro ove con Argentina non si è piegato prepotenza nordamericana, negandosi a imbrancarsi con servilismo altri Stati America Latina.

Ma mentre Argentina sembra che a Rio Janeiro abbia assunto posizione quasi derfinitiva davanti conflitto, forse con lontano indiretto consenso britannico, tanto da subire già larvate ostilità Nord America, Cile deve ancora, nel meccanismo della sua costituzione, stabilire in modo inappellabile attraverso voto della Camera posizione che dovrà adottare innanzi S.U.A. e conflitto Pacifico.

Governo invierà fra breve messaggio al Congresso al riguardo, che a tale uopo dovrebbe prenderlo in esame verso fine marzo prossimo.

Governo attuale, sotto la influenza Rossetti, Vice Presidente Repubblica Mendez e altri due Ministri nettamente neutralisti cerca per ora guadagnare tempo e rinviare ogni decisione al riguardo sperando che avvenimenti internazionali possano concorrere salvare Cile da quella che essi considerano sua più grande iattura mischiarsi cioè a conflitto fra potenze asservite a S.U.A.

Da quanto mi ha detto restano in massima confermate tutte le informazioni che ho inviato su lavori conferenza e su attitudine assuntavi per suo mezzo dal Cile.

Vi sono tuttavia alcune circostanze che per l'innanzi non erano state chiaramente lumeggiate.

Rossetti mi ha detto che non avrebbe mai supposto rapido totale cedimento Martinez Mera innanzi imperialismo nord-americano. Sapeva come me, dopo la visita Aranha Santiago, quale fosse suo pensiero al riguardo, ma confidava in Vargas.

Nel giungere a Rio egli ha avuto sensazione che effettivamente Vargas fosse ancora contrario al totale cedimento innanzi imperialismo nord-americano ma che poi e quasi di un colpo aveva acceduto tesi Aranha e S.U.A.

Mi ha confermato che nel pomeriggio 23 gennaio u.s. (mio telegramma

n. 83) (l) Guinazu stanco e debole stava cedendo alle pressioni S.U.A., !asciandolo solo sulla breccia e che aveva salvato situazione esponendola a Ambasciatore dell'Argentina Rio Janeiro e per. suo mezzo a Castillo, che nella notte rinnovò a Guinazu istruzioni resistere ad ogni costo con lui alle pressioni nord americane e non accogliere che formula opzionale poi votata.

È a suo avviso pertanto necessario porre adesso, e prima sia troppo tardi, in atto ogni mezzo, affinché successi raggiunti Rio de Janeiro non vengano in breve distrutti e annullati.

D'intesa con Vice Presidente Repubblica egli ha intanto disposto, ad onta violenta inframmittenza politici, certo aizzati da S.U.A., che sessione straordinaria Parlamento fosse per ora chiusa, che accordi Rio Janeiro fossero sottoposti Congresso soltanto in marzo e che questione rottura delle relazioni diplomatiche con Asse fosse da esso esaminata e decisa soltanto aprile, allorché nuovo Presidente assumerà potere.

Intanto mentre egli e amici stanno lavorando affinché opinione pubblica, e uomini politici non si lascino convincere da enorme e persuasiva pressione nordamericana, crede che sarebbe oltremodo utile che la Santa Sede facesse sentire sua autorevole voce per consigliare Cile restare alieno da conflitto, come gli è stato riferito ·che avrebbe già fatto presso alcuni paesi America Latina durante la conferenza Rio Janeiro (mio telegramma n. 44) (1). Mentre a tale scopo ha già interessato questo incaricato d'Affari Santa Sede, che in merito ha già telegrafato Roma, mi ha .pregato pregare suo nome V. E. esaminare opportunità intervenire in tale senso presso il Vaticano. Egli è convinto che azione Vaticano in tal senso, per quanto larvata e discreta, che corrisponde del resto sue direttive concorrere con ogni mezzo per impedire estensione conflitto, potrebbe avere qua più largo effetto. Vedrà V. E. se non sia possibile soddisfare tale richiesta. Rossetti non mancherà [adoperarsi] affinché nessun mezzo sia tralasciato per fare argine a invadenza imperialista nord-americana.

Ha colto occasione per dire che sarebbe veramente opportuno che si trovasse modo esprimere a Vice Presidente Repubblica Mendez allorché lasci potere nostro gradimento per quanto egli ha fatto per mantenere sin qui Cile neutrale, poiché, a suo avviso si deve proprio a sua irremovibilità se egli poté a Rio de Janeiro sostenere sua tesi contro tutti e in sì difficili condizioni. Gli ho risposto di suggerirmi anche quello che in merito si potrebbe fare e che non avrei mancato sottoporre V. E. Ma da sue parole credo avere altresì potuto capire che egli stesso sarebbe stato specialmente lusingato se V. E., anche nome Duce, volesse fargli pervenire per mezzo mio poche discrete riservate parole gradimento per quanto ha fatto a Rio de Janeiro affinché Cile non si unisse ad altri paesi americani contro l'Italia. Permettomi pregare V. E. dare benevole accoglimento tale desiderio, riservandomi poi, se il Cile resti neutrale e se Rossetti lasci potere, proporlo V. E. per un'onorificenza adeguata (1).

(141) Mio telegramma n. 128 (3). (l) -Nota dell'Ufficio Cifra: ««Manca». (2) -Per la risposta, vedi D. 276. (3) -T. 830/128 r. del 2 febbraio 1942, non pubblicato: comunicava l'elezione di Rios alla presidenza della Repubblica.

(143) Nuovo Presidente della Repubblica che assume potere primi aprile trovasi innanzi grave problema politica interna ed estera da risolvere.

(145) Nuovo Presidente assumendo potere si troverà innanzi unico grande problema da risolvere che deciderà avvenire Cile e <Cioè posizione che questo Paese dovrà definitivamente assumere di fronte al conflitto e all'imperialismo bellico nord-americano.

(146) Di ritorno da raduno, avuto con Rossetti lunga conversazione.

(148) Rossetti mi ha detto che ritorna da Rio Janeiro con la coscienza avere fatto il possibile salvare suo Paese dal conflitto e avere mantenuto parola non avere convenuto niente contro l'Italia. Ma che si rende conto che il Cile man mano che si rarefanno approvvigionamenti per i quali dipende quasi esclusivamente da buon volere S.U.A., diviene ogni giorno più debole e indifeso innanzi pressione noDd-americana.

(l) T. 628/83 r. del 23 gennaio 1942, non pubblicato: forniva la notizia che segue.

(142) Rossetti mi ha infine aggiunto che quando nuovo Presidente assumerà potere egli sarà costretto dare dimissioni e nominare altro suo posto data enorme pressione ostile a suo riguardo da parte degli S.U.A. Egli spera che con tale soddisfazione S.U.A. diminuiscano pressione su Cile e che gli permettano di vivere in condizione non belligerante senza obbligarlo rompere relazioni diplomatiche con Asse e partecipare conflitto, poiché egli e attuale Governo sono d'opinione che dopo rottura delle relazioni Cile sarebbe trascinato presto conflitto e ·che lo farebbe a solo vantaggio S.U.A. Può darsi che Rossetti, innanzi situazione difficile cui travasi adesso di fronte S.U.A., preferisca andarsene su successo riportato a Rio de Janeiro e secondo quel che si dice lasci Governo prima che questo sia forse costretto abbandonare rotta sin qui seguita sia per non rinunziare sue direttive politiche, sia per non intervenire in alcun atto noi ostile, sia anche per [riservarsi] come uomo del domani allorché Cile dopo conflitto dovesse riannodare sue relazioni diplomatiche con Asse. Ma ho insistito presso di lui affinché recedesse da tale determinazione facendogli presente che altrimenti poteva in breve vedere annullato ogni suo successo Rio de Janeiro e distrutte sue felici direttive politiche e che pertanto era a mio avviso necessario che almeno restasse potere finché congresso non esaminasse e votasse risultati conferenza Rio de Janeiro, perché soltanto con sua abilità e sua autorità poteva ottenere che opera sua fosse convalidata e principio neutralità non fosse intaccato. A mie argomentazioni ha promesso che riprenderà esame situazione e che darammi risposta fra qualche giorno, quando [situazione] locale, ancora sotto annosa elezione presidenziale, fosse completamente chiarita.

(l) T. 383/44 r. del 16 gennaio 1942, non pubblicato: la notizia, riferita in questo telegramma, era fornita dalla stampa locale.

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IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1011/025 R. Zagabria, 6 febbraio 1942 (per. il 10).

Il viaggio che il Maresciallo Kvaternik si accinge a fare in Italia aveva incuriosito gli ambienti militari croati, perché già da qualche mese erano divenuti più frequenti i contatti fra il Capo della Missione Militare italiana ed il Maresciallo stesso per concertare un programma concreto di colla.borazione da presentare a Roma. Tra gli ufficiali dello Stato Maggiore croato era nata l'impressione che la visita alle maggiori gerarchie italiane portasse il Kvaternik ad un nuovo indirizzo, diverso da quello sinora dimostrato col suo sistematico temporeggiamento nel mettere in pratica quanto stabilisce il Trattato del 18 maggio 1941.

Le linee del programma di collaborazione furono segnalate da questa R. Legazione col telegramma n. 71 del 21 gennaio (2), mettendo in rilievo che dalle assicurazioni datemi dal Poglavnik e dal Ministro degli Esteri sembrava che si volesse addivenire finalmente a qualche risultato conclusivo in materia di addestramento.

Nelle ultime conversazioni si determinò, l)eraltro, una tendenza da parte

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croata a voler limitare la portata della collaborazione nel territorio della zona di occupazione italiana, tendenza che evidentemente mirava ad una riaffermazione politico-militare nella fascia costiera e, probabilmente, alla graduale sostituzione di truppe croate alle nostre.

Con sorpresa di molti, ma non di quelli che, come noi, conoscono ormai l'animo del Maresciallo, verso la fine di gennaio il Kvaternik interviene alla celebrazione indetta dal Gruppo Nazionale tedesco per il 243° anniversario della morte del Principe Eugenio, e coglie l'occasione per sciogliere un inno ai legami storico-militari, ininterrotti, fra croati ed i tedeschi, considerati evidentemente in questo caso come eredi dell'Impero asburgico.

La manifestazione aveva lo scopo di esaltare la gloria del Principe Eugenio, «perché essa costituisce da secoli la base dell'unione militare tedesco-croata », come disse il Capo del Gruppo Nazionale tedesco nell'aprire la celebrazione stessa, che perciò era stata organizzata dal Gruppo in questione.

Vi intervenne anche il Ministro di Germania, che fu il solo, con un discorso misurato, a ricordare «l'appartenenza del Principe Eugenio ad una delle più antiche dinastie, alla Casa dei Savoia che oggi regna in Italia».

L'atteggiamento del Maresciallo Kvaternik nei nostri riguardi, anche dopo questa ultima conferma, non sembra sia suscettibile di essere modificato. È probabile che egli a Roma cerchi di mostrarsi fervido nei propositi e prodigo nelle promesse; è anche probabile che egli sottoscriva impegni riguardanti l'applicazione della clausola militare del Trattato, ma la sua mentalità rimane quella a noi nota, sostanzialmente anticollaborazionista con noi, anche se con la signorilità del tratto e con l'ambiguità dell'eloquio egli vorrà dare l'impressione di esserci amico e di voler contribuire a portare la Croazia nell'orbita dell'Impero mussoliniano.

Si pensi che, mentre l'Italia ha provveduto sin dai primi mesi della vita dello Stato croato ad inviare qui una Missione militare diretta da un valoroso e competente Generale e composta di ottimi ufficiali di Stato Maggiore e tecnici, il Maresciallo Kvaternik ha condotto il lavoro di riorganizzazione dell'esercito (se cosi si può chiamare) spesso all'insaputa della stessa Missione, giocando di astuzia per non averne il consiglio e la collaborazione: esempio più saliente l'emanazione delle disposizioni sull'addestramento dell'esercito, che furono pubbllcate, senza previe consultazioni.

In conclusione egli ha condotto, con presunzione di competenza, un lavoro caotico ed inconsistente, per cui oggi le forze militari croate non sono efficienti, né possono validamente concorrere a mantenere l'ordine interno neppure in una parte della Croazia, mentre ben altri risultati, almeno nel campo tecnico, avrebbe potuto ottenere se si fosse appoggiato alla nostra Missione Militare, che era qui stata inviata col compito di attuare la collaborazione prevista dal Trattato.

Vedrà codesto Ministero se sia il caso -nella eventualità che durante la visita a Roma si svolgano colloqui intorno all'apporto che può dare la Missione -di trattare l'argomento senza trascurare l'aspetto realistico delle attuali condizioni in cui si trovano le Forze armate croate. In tale occasione si potrebbe anche accennare alla opportunità, già più volte manifestata da questa

R. Rappresentanza e dalla Missione, di utilizzare la ·competenza degli esponenti dello Stato Maggiore italiano come parte integrante dello Stato Maggiore croato per tutto quanto attiene alla organizzazione ed alla tecnica, realizzando così una vera unione militare tra i due Paesi confinanti.

(l) -Per la risposta di Ciano, vedi D. 261. (2) -Non pubblicato: con tale telegramma (t.s.n.d. 569/71 r. del 22 gennaio, ore 1), Casertano informava sugli argomenti da trattarsi nel corso della visita di Kvaternik a Roma. Essi riguardavano l'addestramento dell'esercito croato svolto con il concorso di ufficiali italiani e la elaborazione di un programma preciso di collaborazione militare da attuarsi nella seconda e terza zona. d'intesa con il comando della II Armata.
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IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTHO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1114/069 R. Sofia, 6 febbraio 1942 (per. il 13).

Telegramma di V. E. n. 72 (1).

Nel ringraziarVi per l'approvazione inviatami Vi informo che conto farVi pervenire nelle prossime settimane un piano relativo agli stanziamenti necessari per compiere nei territori della nuova frontiera bulgaro-albanese un'azione, effettivamente efficace, di assistenza e di inquadramento dei gruppi albanesi colà residenti.

Allo scopo conto convocare qui, non appena i traffici ferroviari e stradali, oggi interrotti con la Macedonia, verranno ripresi, i RR. Consoli di Skopje, e di Bitolj per concordare con loro l'opportuna linea di condotta. Penso inoltre di inviare presso quei due RR. Uffici, per qualche giorno, onde compiere localmente la necessaria azione di collegamento e di informazione, questo Segretario per gli Affari Albanesi che, per la sua lunga permanenza in Bulgaria, appare elemento particolarmente adatto allo scopo.

Che questa nostra azione si riveli ogni giorno più indispensabile, è dimostrato dalle informazioni che mi pervengono da .quelle zone. Colà, come V. E. vedrà sopratutto negli interessanti rapporti inviatimi dal R. Console in Bitolj, e che trasmetto, per opportuna conoscenza, con il corriere odierno, la prevista azione di soffocamento dei gruppi di sangue non macedone-bulgaro va evideJ1temente facendosi ogni giorno più forte e decisa. Le Autorità bulgare, intente nel loro lavoro inteso ad unificare in velocità e con ogni mezzo i territori di recente acquistati, premono ora, dopo la liquidaizone delle tendenze a carattere autonomista, sugli elementi mussulmani allo scopo di togliere loro l'impronta albanese. L'episodio della nomina del Mufti mussulmano di Bitolj, carica che il Governo di Sofia (mio telegramma per corriere n. 37 del 20 gennaio) (2) ha affidato ad un elemento di origine turca, estraneo del tutto a quella regione, dimostra appunto .come anche nel campo religioso non si mancherà di compiere azione dissolvitrice, cercando sempre di creare il voluto equivoco tra turchi ed albanesi, accomunandoli nella terminologia di « mussulmani ».

Ora, dato che per molti motivi non appare per il momento possibile definire in formule giuridiche, data la situazione locale caratterizzata da una «occupazione» militare più che da una situazione di diritto, lo «statuto» dei gruppi albanesi, una nostra azione, intesa a controllare e proteggere, anche se indirettamente, nel campo pratico, quei gruppi, si rivela, ripeto, del tutto necessaria. Non è infatti, per la verità, soltanto con le proteste o gli appelli presso il Governo di Sofia e le Autorità locali, ogni volta, a parole, ossequienti e remissive, e poi, con i fatti, tutte intente alla bulgarizzazione progressiva

della Macedonia occidentale, che noi potremo sostenere l'unità di quei nuclei albanesi di oltre confine. Occorre dare loro una sensazione pratica, ripeto, di aiuto e di sostegno venendo incontro alle loro necessità che, per la durezza dei tempi e la pressione bulgara, si vanno facendo sempre più pesanti e più gravi.

È per tale motivo che, mentre non ho mancato e non manco di adoperarmi senza sosta per la creazione di collegamenti stradali, automobilistici, telefonici e postali tra la Macedonia e l'Adriatico onde fare gravitare quei gruppi albanesi verso Occidente ossia verso la loro patria del sangue, ho desiderato presentare a V. E. un programma di effettiva assistenza a loro favore.

(1) -Non pubblicato. Con tale telegramma (T. 3908/72 p.r. del 2 febbraio 1942), Ciano approvave una proposta di Magistrati per l'assistenza ai gruppi albanesi residenti nella zona di confine con la Bulgaria. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. S.N.D. 953/90 R. Tokio, 7 febbraio 1942, ore 8 (per. ore 20 dell'B).

Dalle idee confidenzialmente manifestatemi da varie fonti, specialmente militari, risulterebbe confermato che, per il momento almeno o fino a tanto che situazione in Mediterraneo Orientale non abbia maggiormente avvicinato due campi d'azione, caduta Rangoon dovrebbe costituire limite ultimo operazioni giapponesi in programma verso occidente. Esso verrebbe invece esteso, oltre previsioni iniziali, in direzione del sud fino comprendere Australia settentrionale, che data qualità suo hinterland può considerarsi zona praticamene isolata. Vittoriose operazioni compiute ed in corso negli arcipelaghi e isole sotto l'Equatore appaiono aver come precipuo scopo di annullare efficienza basi navali e specialmente aeree nemiche in prossimità della costa australiana in vista di una decisiva azione nelle Indie olandesi. Si pensa qui che nessuna garanzia sarebbe possibile aver di un sicuro consolidamento posizioni conquistate o da conquistarsi nel sud senza che venga eliminata possibilità di una minaccia aerea e navale che si annidasse in forze fra porto Darwin e Timor. Caduta Rangoon e Singapore dovrebbe permettere disimpegno notevoli forze nipponiche e realizzazione accennata direttiva di azione.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 927/199 R. Berlino, 7 febbraio 1942, ore 12,40.

Questi circoli militari ritengono e le mie informazioni confermano che il fronte tedesco in Russia può considerarsi oramai stabilizzato salvo quelle punte locali inerenti allo sviluppo di combattimenti minori in qualche zona.

Con riferimento al mio rapporto del 21 gennaio n. 1051 (1), oramai della stabilità della difesa sono padroni i tedeschi che nel corso di tutte le opera

zioni invernali sono riusciti ad evitare da parte dei russi eliminazione di contingenti tedeschi di notevole entità ed il compimento di operazioni tattiche in grande stile. Queste notizie possono essere messe in relazione con quelle di cui V. E. sarà in possesso attraverso le conversazioni con il Maresciallo Goering (1).

(l) Vedi D. 188.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 959/118 R. Bucarest, 7 febbraio 1942, ore 21,20 (per. ore 17,15 dell'B).

Mio telegramma 91 del 28 gennaio (2).

Partenza per la Germania del Maresciallo Antonescu per incontrarsi Fiihrer che secondo notizia confidenziale, avrebbe dovuto aver luogo ieri, sembra rinviata.

Conducator si è infatti recato in montagna a Predeal ove sembra che si tratterrà fino lunedì. Si parla anche di un prossimo viaggio a Berlino del Vice Presidente Consiglio. Di tale ultima possibilità mi aveva già parlato lo stesso Mihai Antonescu. Egli mi aveva detto infatti che era stato invitato ad una conferenza di giuristi ma che nessuna decisione aveva ancora preso in proposito. Naturalmente ragioni sono ben altre e debbonsi ricollegarsi allo stato attuale rapporti romeno-tedeschi in generale ed alle ripercussioni di essi nella politica interna di questo paese. Mi riferisco al riguardo al mio rapporto

n. 385/133 del 30 gennaio (3). A causa delle divergenze segnalate situazione Stato Maggiore non è ancora chiarita e posto di Capo Stato Maggiore generale, dopo dimissioni ultimo titolare, risulta tuttora ufficialmente vacante (4).

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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 994/272 R. Lisbona, 7 febbraio 1942, ore 22,20 (per. ore [l,:w dell'B).

Discorrendo con questo mio collega del Giappone sugli avvenimenti in Estremo Oriente, gli ho chiesto se la nuova situazione non avesse o non potesse determinare qualche cambiamento di clima tra il Giappone e la Cina. Mi ha egli risposto da prima con frasi generiche; poi, premettendo di parlare in via strettamente confidenziale mi ha detto constargli che dopo la caduta di Hong Kong rappresentanti del Governo di Nankino avevano preso contatti ed iniziato conversazioni con rappresentanti del governo di Chung King (5) che trovavansi

a Hong Kong: ad un certo momento tali conversazioni furono però interrotte per ordine avuto da Tokio. Fin qui il fatto; il mio collega ha subito aggiunto di non conoscere ancora i motivi che determinarono l'ordine di Tokio; personalmente ritiene che negli sviluppi della situazione Tokio stia considerando con calma e con fiducia il problema cinese.

Ho ritenuto dover riferire, per quello che valga, quanto precede a V. E., ma mi permetto allo stesso tempo di chiedere che nel caso V. E. credesse informame altre RR. Rappresentanze queste fossero avvertite di non rivelare la fonte, per ovvi, evidenti motivi. A pregare V. E. in tal senso sono indotto da quanto leggesi nell'ultimo capoverso telegramma ministeriale n. 12 dell'8 gennaio scorso relativo conversazioni avute a Tokio da quel R. Ambasciatore (1).

(l) -Vedi D. 211. (2) -T.s.n.d. 729/91 p.r. del 28 gennaio 1942, ore 21,40, per. 7,30 del 29, non pubblicato, che riguardava la possibilità di una prossima visita del Maresciallo Antonescu in Germania. (3) -Vedi D. 219. (4) -Con successivo T.u.s.n.d. 999/124 r. del 9 febbraio, ore 22, Formentini comunicò quanto segue: «Da fonte confidenziale apprendo che il Maresciallo Antonescu è partito oggi pomeriggio per la Germania. Notizia viene mantenuta segreta da parte organi ufficiali». (5) -Vedi D. 237.
249

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 956/202 R. Berlino, 8 febbraio 1942, ore 13.

Per Ministro Ciano.

Ho veduto il Maresciallo Goering che proveniva da Berchtesgaden, dove si è trattenuto due giorni per salutare la consorte che era stata indisposta; è passato oggi da Berlino per poche ore .prima recarsi al Quartier Generale per conferire col Fuehrer. Riferendomi le fervide impressioni del suo viaggio in Italia (2) ha manifestato la sua viva soddisfazione per i contatti amichevoli avuti con V. E. di cui ha molto apprezzato l'accompagnamento alla stazione, molto ammirato per la visita a Furbara, amichevolmente e scherzosamente protestando per una troppo audace virata compiuta dal Duce dopo il decollaggio dal campo.

Maresciallo Goering è stato toccato dalle spontanee manifestazioni di simpatia a cui lo hanno fatto segno le popolazioni città per le quali è passato. Mi ha dichiarato la sua profonda soddisfazione per questo viaggio, manifestandosi molto contento di essere stato accompagnato dall'Addetto Aeronautico Colonnello Teucci.

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IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1002/57 R. Kabul, 8 febbraio 1942, ore 18,50 (3).

Con telegramma del settembre vi riservavate farmi conoscere decisioni che si stavano per raggiungere circa Bose. Con mio telegramma 659 del 24 novem

T. -135/12 r. da Tok!o del 6 gennaio 1942, ore 8,20. Nell"ultima frase Indelli aveva scritto: «Mi è stato detto che non si è mal pensato a Tokio alla possibilità di un'alleanza col Portogallo né Ministro del Giappone a Lisbona avrebbe mai riferito progetti del genere».

bre scorso (l) vi avevo proposto farlo parlare alla radio: non ho ricevuto alcuna risposta. Non so cosa sia successo di lui: se però non sono sorte difficoltà impreviste mi permetto tornare sull'opportunità che lo si faccia parlare alla radio.

Tutte le persone che abbiamo in Italia, Germania o Giappone e che parlano più o meno regolarmente sono certamente animate dalle migliori intenzioni ma sono assenti dall'India da moltissimo tempo, conoscono ormai poco la nuova India e in India nessuno li ricorda .più. Unica persona che noi abbiamo sottomano che conosca India e vi è conosciuto è Bose.

È indubbio che in questo momento vi è nel mondo politico indiano enorme confusione idee, masse stanno sfuggendo loro dirigenti e sono praticamente senza guida: in questa circostanza, propaganda abilmente condotta da uomo di indiscutibile capacità come Bose può dare buoni risultati; del resto da reazione propaganda inglese vedremo subito se farà effetto e quale. Comunque mi sembra sia il caso di tentare.

Dato che in ogni caso Bose non può essere tacciato di destrismo, sopratutto utile potrebbe essere sua presa di posizione nei ·riguardi rapporti fra India e URSS.

Nel caso vogliate prendere in considerazione mia idea ritengo sarebbe opportuno che Bose parlasse prevalentemente da Roma e c10 non per vanità nazionale ma per il fatto che mentre fra gli indiani molti temono che la Germania e Giappone vogliano semplicemente sostituirsi all'Inghilterra, pe•r varie ragioni facilmente comprensibili simile timore non esiste nei riguardi nostri. Quello che viene da Roma, ha più probabilità di essere accolto senza riserve mentali (2).

(1) -Il T. 254/12 p.r. del 7 gennaio 1942, ore 22, non pubblicato, ritrasmetteva a Lisbona il (2) -Vedi D. 211. (3) -Manca l'indicazione dell'arrivo.
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IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1070/06 R. Copenaghen, 9 febbraio 1942 (per. il 12).

Mio telegramma filo n. 17 del 4 corrente (3).

Ho ripreso ieri l'argomento della nuova probabile figura dello Stato norvegese nel corso di una lunga ed amichevole conversazione col mio collega tedesco che vedo ora meno di sovente essendo oberato di lavoro e di preoccupazioni.

Eg!i, pur ripetendomi di non aver ancora istruzioni anche perché bisognerà attendere che prima Governo Quisling concordi Trattato pace con Germania, mi si è mostrato convinto che in un secondo tempo nuovo Governo norvegese domanderà formale riconoscimento e accrediterà all'Estero propri rappresentanti diplomatici ed in primo luogo nei Paesi scandinavi. Non esclude anzi che primo passo, in Scandinavia, venga proprio fatto presso Governo danese.

Mi ha confermato di aver anzi voluto prevenire questo Ministro degli Esteri e mi ha confermato quanto mi aveva detto Ministro Scavenius (vedi mio tele

(-2) Per la risposta, vedi D. 275.

gramma n. 15 del 3 febbraio) (l) aggiungendo che alle sue osservazioni sulla particolare situazione che verrebbe a crearsi per la Corte danese egli aveva risposto ricordando che la Danimarca non aveva addimostrato gli stessi scrupoli quando aveva riconosciuto il Governo dei Soviety dopo il massacro della Famiglia Imperiale russa.

Senza esserci accordati, avevo fatto anche io a Scavenius la stessa osservazione ed egli mi rispose che allora il riconoscimento danese del nuovo stato di cose era venuto dopo la firma del Trattato Generale di Pace.

(1) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato, ma vedi D. 231.
252

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 9 febbraio 1942.

Nella udienza che Voi, Eccellenza, gli accorderete (2), il Presidente Gailani si propone di presenta.rVi: l) il progetto di un accordo che egli avrebbe in animo di concludere con l'Italia e la Germania;

2) il progetto di un protocollo da concludersi tra la Germania e l'Italia da una parte e lui, Gailani, e il Mufti dall'altra (3).

Di tali documenti noi abbiamo avuto già confidenzialmente copia. Gli stessi documenti sono stati da lui consegnati al Ministro Grobba, del Ministero degli Esteri tedeseo, che è venuto con lui a Roma.

È su questi documenti che si dovrebbe iniziare con la Germania l'esame degli eventuali accordi da concludere tanto con il Mufti che con Gailani. Noi non conosciamo ancora il punto di vista tedesco su queste questioni.

253

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. S. N. D. PER CORRIERE 1153/010 R. Parigi, 10 febbraio 1942 (per. il14).

Nei giorni scorsi ho avuto vari contatti con quest'Ambasciata di Germania.

Riferisco in proposito quanto segue.

Le voci che continuano a circolare di accordi franco-tedeschi (trasferimento della Capitale a Parigi, arretramento della linea di demarcazione etc.),

mi si è detto all'Ambasciata non sono da ritenere attendibili. La situazione non è matura. per una definizione dei rapporti colla Francia.

A questo riguardo (e dando all'informazione carattere riservato, date le due altissime personalità a cui l'informazione si riferisce) questo Consigliere tedesco mi ha anche detto che Abetz (che è assente dal 10 dicembre e che, da quell'epoca non ha fatto che una brevissima corsa a Parigi) lo aveva informato in tale occasione che, nella sua ultima visita al Fiihrer, quest'ultimo gli aveva fatto capire che si manteneva sempre in contatto col Duce, aggiunge che la quistione della Francia non sarebbe stata risolta se non d'accordo con l'Italia.

(l) -Vedi D. 231. (2) -L'udienza ebbe luogo H 10 febbraio 1942. Ciano non redasse un verbale del colloquio, ma si vedano le sue annotazioni in Diario 1939-1943 cit., alla stessa data, e consegnò a Gailani la lettera pubblicata al D. 254, già promessa dal dicembre 1941 (vedi D. 53). (3) -Vedi D. 206.
254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, A RASCHID ALI EL GAILANI

L. Roma, 10 febbraio 1942.

Ho l'onore, a nome del Governo italiano, di porgerVi il mio cordiale benvenuto dopo il Vostro arrivo in Italia.

Il Governo italiano ha altamente apprezzato la resistenza che il popolo iracheno, sotto la Vostra decisa guida, ha opposto alla criminosa aggressione britannica della Vostra Patria. Esso sa pienamente apprezzare i sacrifici che ne sono derivati al Vostro popolo. Con la sua valorosa resistenza il popolo iracheno ha nuovamente provato di essere degno della completa indipendenza e della piena sovranità, che gli vengono negate dal Governo britannico. Il Governo italiano ha il più vivo desiderio che l'odierno stato di cose finisca rapidamente e che Voi, Eccellenza, costituiate quindi un Governo iracheno in un Iraq liberato e lo dirigiate come Primo Ministro. In vista di ciò, il Governo italiano è pronto ad entrare fin d'ora con Voi in conversazioni sulle condizioni della futura collaborazione fra i Governi italiano ed iracheno.

255

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 1059/218 R. Berlino, 11 febbraio 1942, ore 19,30.

Avuto lunga conversazione con Ministro Goebbels, cui poche (}re prima un ufficiale tedesco appena tornato dall'Africa a v eva riferito su recenti vittoriose vicende militari.

Con parole di vivo elogio per i nostri soldati, Goebbels mi ha detto di aver avuto la conferma che la collaborazione fra i Comandi e le truppe dell'Asse in Libia è stata quanto mai perfetta proprio nei giorni del ripiegamento e nella preparazione della vittoriosa controffensiva, e ha riconosciuto quanto grande e mirabile sia la capacità di recupero italiana ed il dono di sapere virilmente sopportare un momento di crisi per poi brillantemente superarlo.

Riferendosi alla temperatura dell'opinione pubblica in Germania., Goebbels si è dichiarato soddisfatto dei risultati raggiunti dalla sua propaganda, come è noto da qualche mese impostata sull'alternativa della vittoria o della catastrofe e sulla necessità di vincere a qualunque costo, senza che troppo importino il «come$ ed il «quando».

Accennando poi agli scopi propostisi dal nemico all'inizio dell'inverno, Goebbels li ha così riassunti:

l) spezzare il fronte tedesco in Russia e renderne impossibile il comolida.mento;

2) conquistata l'intera Libia, raggiungere Tunisi;

3) intimidire e neutralizzare il Giappone, inducendolo ad un accordo;

4) demoralizzare la popolazione italiana con bombardamenti aerei.

«Se i nostri avversari -ha concluso Goebbels, dopo avermi data conferma della stabilizzazione del fronte nell'URSS -pur con l'aiuto del loro alleato inverno non solo non hanno raggiunto gli scopi prefissi, ma sono stati addirittura costretti ad incassare colpi assai duri, possiamo dire che i successi effettivi da noi riportati nei mesi invernali sono paragonabili a quelli raggiunti nei mesi estivi. E tra non molto giungerà la primavera in Italia che sarà, questa, alleata nostra».

256

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 1079/222 R. Berlino, 12 febbraio 1942, ore 12.

Ambasciatore Oshima, venuto oggi a trovarmi mi ha manifestato sua vivissima soddisfazione per viaggio testè compiuto in Italia, riferendomi la profonda impressione riportata dai colloqui col Duce (1).

Circa lo sviluppo delle operazioni in Estremo Oriente mi ha detto che, dopo la caduta di Singapore il Giappone potrà minacciare gli inglesi in India, nelle Indie Olandesi, ovunque conservino qualche base aerea o navale.

Sui grandiosi successi delle armi dell'Asse in Libia, circa i quali il Duce gli aveva dato personalmente importanti dettagli, Oshima ha avuto parole di viva ammirazione.

Mi ha poi intrattenuto su nota questione delle dichiarazioni ai Paesi arabi e all'India. Pur premettendo che il Giappone considera i problemi arabi di esclusiva competenza italiana, egli ma ha illustrato -e mi ha detto avere illustrato personalmente al Gran Mufti e a Gailani -noto punto di vista nipponico,

secondo cui sarebbe opportuno rinviare le progettate dichiarazioni al momento in cui ad esse possa fare immediato seguito un'azione militare intesa a tradurre in pratica i postulati.

A suo avviso ogni passo prematuro rischia di compromettere la situazione provocando una reazione da parte inglese. Come è noto questo punto di vista era stato manifestato fin dai primi sondaggi fatti a Tokio da parte germanica.

Ma Oshima personalmente si mostrava allora piuttosto favorevole al punto di vista italiano-tedesco. Il fatto che adesso egli esponga le tesi ufficiali è, pertanto, significativo.

(l) Mussolini ha ricevuto l'Ambasciatore del Giappone a Berlino, Oshima. il 31 gennaio 1942. Non risulta che sia stato redatto alcun verbale dell'incontro.

257

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 1086/224 R. Berlino, 12 febbraio 1942, ore 18,45.

Da parte delle più alte personalità politiche germaniche e negli ambienti vicini allo Stato Maggiore, si continua ad affermare nel modo più esplicito che il Fronte Orientale può ormai considerarsi stabilizzato e la situazione controllata dalle forze del Reich.

Queste dichiarazioni che ·riflettono !"interpretazione ufficiale della situazione nell'attuale momento (e vengono evidentemente ripetute con specdale insistenza allo scopo di non creare negli alleati impressione pessimista) non sembrano in sostanza troppo in contrasto con il reale andamento delle operazioni.

Sembra infatti che la grave crisi attraversata dalle forze tedesche negli ultimi due mesi possa ora considerarsi effettivamente superata e sia mutato il carattere dei combattimenti che in taluni settori del fronte assumono tuttora aspetto ... (l) vivace. Viene in particolare osservato come, malgrado un aumento notevole di perdite umane, le perdite di materiali non si verifichino più nella misura lamentata nelle precedenti settimane.

In 9ueste circostanze la eventualità di uno sgombe·ro di Witebsk e Smolensk -si afferma -dovrebbe considerarsi oggi meno pericolosa e grave che prima non lo sembrasse.

Si ritiene infatti che, lungi dal tentare una rigida stabilizzazione del fronte, la tattica tedesca si orienti oggi verso il concetto della difesa elastica per tenere impegnato il maggior numero di forze nemiche e per attirarle il più possibile lontano dalle sue basi. Non si manca in proposito di ricordare come fin dai primi dello scorso dicembre un gruppo di marescialli avesse patrocinato l'idea di « [arretrare] fino alla frontiera del 22 giugno 1941 ».

Comunque, l'aver dato delle spiegazioni alle difficoltà incontrate negli ultimi due mesi e sopratutto il pensiero di aver trovato una nuova formula strategica alla quale attenersi per l'avvenire, ha senza dubbio efficacemente contribuito a modificare lo stato d'animo di questi circoli politici competenti che ostentano ora, nei riguardi della campagna di Russia, maggior fiducia e serenità.

22 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

(l) Nota dell'Ufficio Cifra: «Un gruppo indecifrabile ».

258

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO, RIZZO,

T. S.N.D. PER CORRIERE 1075/45 R. Roma, 12 febbraio 1942 (per. il 12J.

In base alle istruzioni impartitemi (l) ho provveduto a comunicare alla Segreteria di Stato che il Governo Italiano non poteva condividere l'interpretazione da essa data all'art. 12 del Trattato del Laterano per quanto concerneva la situazione dei rappresentanti diplomatici accreditati presso la Santa Sede, appartenenti a Paesi che avevano rotto le relazioni diplomatiche con noi. Non ho mancato di appoggiare l'a·rgomentazione giuridica con una esposizione pratica dei seri inconvenienti che la permanenza in Roma di detti diplomatici comportava, tali da far apparire interesse stesso della Santa Sede l'ingresso al più presto di tali missioni diplomatiche nella Città del Vaticano.

II Sostituto della Segreteria di Stato Monsignor Montini, pur facendo delle riserve circa l'interpretazione del Trattato Lateranense, ha preso atto della mia comunicazione e mi ha dichiarato che la Santa Sede provvederà senz'altro ad ospitare il personale diplomatico in questione nell'interno della Città del Vaticano.

Egli ha mostrato di rendersi perfettamente conto della giustezza delle mie argomentazioni: mi ha però fatto nuovamente presente le gravi difficoltà che la Segreteria di Stato incontra nella ricerca di alloggi convenienti, tali da non rendere possibile in alcun modo l'ingresso immediato in Vaticano dei predetti. Verrà senz'altro iniziato -egli ha aggiunto -lo sgombero e l'allestimento del «Palazzo dei Tribunali» presso Santa Marta, ma occorrerà tuttavia un certo tempo (la cui durata non ha saputo, sul momento, precisarmi) perché tali lavori, per quanto condotti alacremente, vengano compiuti.

La Segreteria di Stato si rivolge perciò alla cortesia del Governo italiano affinché voglia permettere, ancora per qualche tempo, la permanenza sul proprio territorio dei diplomatici in parola.

Mi sono riservato di riferire la richiesta a v. E. e di dare una risposta non appena possibile (2).

259

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1197/026 R. Budapest, 12 febbraio 1942 (per. il 16).

Confermo quanto ho comunicato con mio telegramma n. 53 del 10 corrente (3) circa disappunto questi ambienti germanici per nomina giovane Horthy a Vice-Reggente. Del resto l'atteggiamento ostile del Partito Nazionalsocialista del rinnovamento ungherese e l'attacco fatto da Imredy alla Camera contro

l'istituzione della Vice-Reggenza sono una riprova del crescente malumore delle Destre contro il provvedimento. Sembra che il discorso di Imredy abbia molto amareggiato Bardossy che non si attendeva tale opposizione e che ha detto a von Jagow che me l'ha riferito: «questa camicia di forza del Governo comincia a pesarmi troppo~. Da tali parole, dalle precarie condizioni di salute del Presidente del Consiglio nonché dai malumori generati dalla Riforma costituzionale, von Jagow crede di poter desumere che Ba·rdossy non debba e non possa prolungare eccessivamente la sua permanenza al potere. Comunque il Ministro di Germania e con lui quegli ungheresi orientati verso il Reich non fanno mistero della loro freddezza verso Stefano Horthy che dai più ostili viene ritenuto anglofilo, dai più moderati non sufficientemente prepa·rato ad accedere all'alta carica. Gli stessi che pronunciano tali giudizi ·accennano alla possibilità di una crisi del Governo Bardossy e finiscono coi dire che la nomina di Stefano Horthy alla Vice-Reggenza -ormai decisa -non esclude che il successore del Reggente possa domani essere un altro. Questo il quadro dell'attuale situazione interna al quale aggiungo per mia parte che le risorse di manov·ra di Bardossy sono più larghe di .quanto non appaia ai suoi avversari e che se tali possibllltà, congiunte al sicuro appoggio dell'Ammiraglio Horthy, non vengono rese inefficaci da una esterna pressione germanica della quale per il momento non si vede la necessità, egli può portare tranquillamente in porto oltre che beninteso l'attuale riforma anche la barca del suo Governo.

(l) -Non rinvenute: trattasi probabilmente di istruzioni orali. (2) -Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risultano ulteriori riferimenti. (3) -Con T. 1030/53 del 10 febbraio, ore 20.45, non pubblicato. Anfuso illustrava l'atteggiamento del vari ambienti ungheresi nei confronti della già scontata decisione delle Camere sulla nomina di Stefano Horthy a Vice-Reggente.
260

IL CAPO DEL GOVERNO CROATO, PAVELIÉ AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

L. P. Zagabria, 12 febbraio 1942.

Colgo l'occasione della visita del Maresciallo Kvaternik a Roma per inviarVi questa lettera e pregarVi per un prossimo colloquh.1.

Dato che dall'ultimo colloquio sono passati più di sei mesi, sento il bisogno di esporVi personalmente la situazione in generale nonché le diverse questioni importanti per il maggiore sviluppo dei legami che uniscono la Croazia all'Italia nei comuni interessi.

Il giorno 23 corr. si riunirà per la prima vol•ta il Sabor provvisorio che segnerà il passaggio dal passato alla nuova era nazionale, mentre il nuovo Sabo·r secondo mia previsione sarà convocato al principio dell'anno prossimo nella forma e nello spirito della nostra ideologia.

La sessione del Sabor provvisorio durerà circa cinque giorni nei quali si adempierà alle formalità di costituzione del Sabor stesso. In seguito i Ministri riferiranno sul lavoro compiuto nei relativi Ministeri. Alla fine darò io in un discorso politico le dichiarazioni necessarie.

Il Ministro Casertano sarà questi giorni informato sul programma più dettagliato. Subito dopo, cioè dopo i primi di marzo sarò a Vostra disposizione per il colloquio, quando e dove vorrete stabilirlo. Vi assicuro, Duce della mia sempre uguale e sincera devozione.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI

T. S.N.D. 44/45 R. Roma, 13 febbraio 1942 ore 2,30.

Vostro 141 e susseguenti (1).

D'accordo. Siete autorizzato manifestare Rossetti nostro vivo apprezzamento per attività svolta da lui e da Vicepresidente Mendez a Rio. Fategli presente che prestigio a·rgentino e cileno si è in tutta l'Europa molto accresciuto in seguito alla coraggiosa resistenza due Paesi contro sopraffazioni Washington. Tutte le nostre informazioni lo confermano. È anche questo un elemento di valutazione positivo, che avrà progressiva importanza oggi, e sopra tutto, in avvenire. Sembra estremamente opportuno per Cile attendere in ogni caso sviluppi situazione milita-re nel Pacifico, dove posizione strategica Giappone è in via rapidissimo progresso. Sappiamo in .modo certo che Governo nipponico è animato nei confronti cileni dai migliori propositi, sempre che Cile, naturalmente, perduri, come è suo e nostro interesse, a battere strada su cui si è posto. Cambiamento di rotta potrebbe presentare invece pericoli certi, che Washington, incapace difendere sue stesse basi e possedimenti, non è certamente in grado scongiurare. Sottolineate che non è questa in alcun modo minaccia o intimidazione, ma segnalazione confidenziale fatta da Paese amico, in grado conoscere esatti propositi suoi Alleati. Fate in modo che sia apprezzata in questo senso e in questi termini.

Sta bene per la Santa Sede (2). Cardinale Segretario di Stato ci ha già dato in passato assicurazioni in questo senso e ci risulta che passi al riguardo sono stati fatti dal Vaticano prima e durante conferenza Rio. Non abbiamo dubbio che Santa Sede vorrà riconfermarli ancora una volta, in vista della situazione da Voi prospettata.

262

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 4668/243 P. R. Berlino, 13 febbraio 1942, ore 21.

In relazione agli attacchi rivolti dalla nostra stampa contro Nahas pascià, in occasione della sua nomina a Presidente del Consiglio in Egitto, il capo dell'ufficio stampa di questo Ministero degli Affari Esteri ha stamane fatto osservare al nostro funzionario di collegamento che in Germania non si ritiene opportuno riprendere simili attacchi. Egli ha altresì dichiarato che qui non si comprendevano bene le ragioni della nostra campagna che, si ritiene, si preste

rebbe ad essere sfruttata dalla propaganda avversaria ed a provocare dannose ripercussioni nel mondo arabo.

Si considera infatti da parte di questi esperti di quesmoni orientali che Nahas pascià sia stato indotto a assumere il Potere essenzialmente per motivi di carattere opportunistico e che non sia pertanto il caso di parlare di un tradimento del Capo del Wafd verso il suo partito.

In vista di quanto sopra e che -non intendendosi da parte tedesca attaccare Nahas pascià -si verrebbe a creare una troppa marcata disparità di trattamento nei suoi confronti fra stampa italiana e stampa tedesca, mi permetto prospettare all'E. V. opportunità che i nostri giornali siano sollecitamente invitati a cessare i loro attacchi contro il nuovo Presidente del Consiglio egiziano (1).

(l) -Vedi D. 242. (2) -Con T.s.n.d. 5231 del 13 febbraio 1942, ore 8, Lanza d'Ajeta trasmise a Guariglia il D. 242 e questo telegramma accompagnandoli con le seguenti istruzioni: «Trovate modo prospettare al Cardinale Maglione situazione cilena e desiderio espresso dal Ministro Rossetti, che corrisponde del resto alla linea di azione già svolta dal Vaticano. Fategli osservare che tale desiderio provieneda fonte cilena quanto mai autorizzata ed acquista come tale speciale significato d'importanza. Riferite a suo tempo». Vedi D. 293.
263

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 13 febbraio 1942.

Il Capo di Stato Maggiore mi ha pregato ieri sera 12 di recarmi a conferire con lui. Egli mi ha dato copia di una lettera inviatagli dal Generale Keitel, che accludo (allegato A). In essa il Generale Keitel esprime le sue preoccupazioni sulla situazione in Croazia e fa presente «la necessità di misure unitarie e totalitarie per spezzare definitivamente il movimento insurrezionale». Per concordare tali misure viene suggerito che le Autorità militari italiane, croate e germaniche si riuniscano. La nota accenna alle misure militari e di polizia da adottare e segnala l'opportunità di seguire una politica contraria a ogni intesa con gli elementi ortodossi, cetnici e comunisti. La nota conclude che tutto il possibile deve essere messo in atto per rafforzare lo Stato croato.

Ho riservato espressamente il parere dell'Ufficio a dopo che avessi avuto le direttive di V. E. al riguardo. Da un esame in via del tutto preliminare e non impegnativa della nota, sono emersi i seguenti punti:

l) È risultato opportuno, anche in conformità a direttive di massima già impartite dal Duce al Generale Roatta, di concordare i piani di un'azione sincrona da parte delle truppe italiane tedesche e croate. Una riunione a tal fine potrà aver luogo a Sussak a una data ravvicinata. Poiché lo sforzo maggiore dovrà essere fatto dalle truppe italiane, il Generale Cavallero è d'opinione che il Comando dell'insieme delle operazioni dovrebbe essere assunto da noi. Il Generale Ambrosia ha fatto presente la necessità di rafforzare la 2a Armata (che ha attualmente, a quanto mi risulta, effettivi da 220 mila uomini) con altre due divisioni.

2) La nota accenna alla necessità di concordare «misure da adottare alla linea di demarcazione». È stato messo nella maggiore evidenza che tale linea di demarcazione non può essere quella attuale, ma deve essere portata alla

Drina e cioè al confine orientale della Croazia. Attualmente i centri della rivolta sono la Serbia occidentale e la Bosnia orientale. Sono queste le due zone che occorre ripulire dai ribelli e tenere in forze. Il Comando Supremo mi è sembrato propenso ad attribuirsi in modo particolare le operazioni militari in tutta la Bosnia e l'occupazione stabile di detto territorio. Il Generale Cavallero considera la Bosnia l'antemurale del Montenegro e il pilastro del nostro controllo militare sulla Croazia. È nella Bosnia infatti che i ribelli hanno avuto la possibilità di raccogliersi e di organizzare indisturbati le loro forze per !anelarle nel Montenegro, oltre la linea di demarcazione, o nella Slavonia. Una volta tolta ai ribelli ,questa base, verrà non solo alleggerita la situazione nel Montenegro, ma sarà esclusa la possibilità che forze considerevoli di ribelli si spingano nella Slavonia a minacciare quelle importanti linee di comunicazione. Nella Slavonia in particolare, che è la zona meno montuosa della Croazia e che è abitata in prevalenza da popolazioni croate, il mantenimento dell'ordine potrebbe essere affidato alle forze di polizia croate, alle quali potremmo dare l'assistenza d'i nostri istruttori e di qualche nostro quadro.

3) Per quanto riguarda la politica che viene suggerita nella nota di Keitel di escludere ogni accordo amichevole con i ribelli, evidentemente si vuoi fare un riferimento, ancorché coperto ed indiretto, alle preoccupazioni più volte manifestate dal Governo di Zagabria circa i contatti tra i nostri Comandi e i ribelli. Ora, a parte il fatto che tale politica di accordi non è stata mai perseguita dal nostri Comandi, ma è stata viceversa la tattica preferita dai tedeschi che hanno affidato a capi cetnlcl il comando di importanti forze che operano in Serbia, non abbiamo che da aderire a tale politica che risponde pienamente alle direttive anche di recente impartite dal Duce.

4) Il Generale Cavallero ha pregato l'Ufficio di voler precisare il suo punto di vista sulla nota del Generale Keitel in uno schema di risposta, dato che la nota predetta tocca importanti questioni di politica; e mi ha chiesto di tornare a conferire con lui, possib'ilmente domani, dopo aver avuto le direttive di V. E. (1). L'Ufficio sottopone all'approvazione di V. E. l'accluso schema di risposta (2).

ALLEGATO A

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA WEHRMACHT, KEITEL, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

L. P. Quartiere Generale del Filhrer, 4 febbraio 1942.

Ho rilevato da un rapporto sottopostomi dal Generale von Rintelen che anche il Comando Supremo considera non soddisfacente la situazione in Croazia. Desidero approfittare di questa occasione per accentuare, anche da parte mia, la necessità di misure unitarie e totalitarie, al fine di spezzare definitivamente il movimento insurrezionale.

La Germania, in considerazione dello sforzo attualmente richiesto alle sue forze sul fronte orientale, può destinare ai Balcani soltanto mezzi limitati di lotta e deve annettere gran valore al fatto che nei territori importanti per la sua economia bellica regni la quiete e le vie del traffico rimangano sicure.

Tale intento può essere raggiunto solo se ormai, nella intera Croazia, si procederà ad una azione di rtsanamento (di ripulimento) offensiva secondo punti di vista unitari, le esperienze avendo finora dimostrato che, sia per l'ampiezza del territorio che per le difficoltà del terreno, le azioni parziali non possono dare risultati soddisfacenti.

I mezzi militari per l'esecuzione d'un simile risanamento, qualora io consideri nel loro insieme le forze italiane, croate e tedesche, sono a disposizione e garantiscono il buon successo, sempreché si proceda ad un punto di vista unico, sia sotto l'aspetto militare che di polizia.

Propongo a tale oggetto che alle autorità militari interessate (italiane, croate e germaniche) venga impartito l'ordine d'elaborare nel corso d'uno scambio di idee personale una base comune per la loro azione futura.

In tale scambio di idee devono essere stabilite, da un lato le condizioni preliminari per l'esecuzione di un'azione di risanamento in grande stile e sincrona al fine di sradicare il movimento insurrezionale ed inoltre, e particolarmente, le misure da adottare alla linea di demarcazione, studiate in ogni particolare. D'altro lato anche le misure di polizia da collegare con l'azione militare di risanamento devono essere portate su base unitaria. Annetto perciò particolare importanza all'esecuzione rigorosa ed uniformemente condotta dalle misure di polizia da collegare con l'azione militare di risanamento, visto che le esperienze del passato dimostrano come i ribelli si sottraggano all'azione militare e che, dopo il rastrellamento d'una zona, per mezzo delle truppe, le ribellioni si riaccendono immediatamente.

Oltre a queste misure puramente militari e di polizia ritengo pure che anche i metodi politico-militari finora applicati in Croazia debbono essere riesaminati. Io sono d'avviso che le premesse di giungere ad un accordo amichevole coi ribelli non esistano più. Il persistere dell'attuale precario stato di cose impedisce il consolidamento dello Stato croato e lo sospingerà inevitabilmente, alla lunga, al suo dissolvimento.

Qualsiasi tolleranza passiva delle mene degli ortodossi, cetnici, comunisti, ecc. rafforza, per la scarsità di mezzi del Governo croato, tali forzE' e può condurre improvvisamente ad una pericolosa situazione nell'intera Balcania.

Tutto il possibile dev'essere perciò messo in atto, anche dal punto di vista politicomilitare, per rafforzare (la schiena) allo Stato croato; è necessario appoggiare energicamente le sue misure contro i ribelli ed aiutarlo nella costituzione dei suoi mezzi di Governo.

Sarei grato se V. E. volesse esaminare tali miei concetti e comunicarmi al più presto la sua presa di posizione. Sarei pure grato d'esser messo al corrente quanto alla situazione nella Dalmazia e nel Montenegro a cagione delle sue ripercussioni sulla situazione nel nostro territorio.

(l) Per la risposta di Ciano, vedi D. 270.

(l) -Una nota manoscritta dl d'Ajeta dice: «Visto e approvato dall'Ecc. il Ministro>>. (2) -Non pubbl!cato, ma si veda !l D. 274.
264

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. u. 3226/AG. Torino, 13 febbraio 1942 (per. il 16).

Seguito ns. dell'8 corrente n. 2755/ AG (1).

La Delegazione francese, con nota dell'H corrente (ali. 1), ha comunicato che la Francia è costretta ad annullare l'accordo concluso per i trasporti di autocarri alla Libia (trasporti «gamma»), e a sospendere per un breve periodo

anche quelli ·per i rifornimenti non-bellici (trasporti «delta»). La nota invoca, come giustificazione, le reazioni di stampa e diplomatiche degli alleati anglosassoni, il non esaudimento da parte nostra di tutte le richieste francesi per 11 riarmo della Tunisia -prova secondo Vichy di una nostra « ingiustificata diffidenza» -, l'imbottigliamento portuale a Marsiglia e Tunisi (sic!) e ferroviario tra Tunisi e Gabes e infine i rischi eccessivi che per tali trasporti, non facilmente occultabili (i camions sono imbarcati sopra-coperta), corre la Francia, sproporzionati all'effettivo vantaggio che ne trarrebbe l'Asse per la Libia.

L'Eccellenza il Presidente ha risposto con una nota del 12 corrente (all. 2), nella quale mentre assicura che gli invii a Marsiglia cesseranno per ora, in attesa delle decisioni del Comando Supremo, smonta completamente i sofistici ragionamenti francesi, soprattutto quello di una nostra diffidenza « ingiustificata », quando sono bastate alcune manifestazioni della propaganda nemica, per indurre la Francia a revocare un accordo liberamente concluso, dimostra come sia assurdo parlare di «imbottigliamenti» a Marsiglia e a Tunisi (ove giacciono solo mille tonn. di merci e 44 autocarri, mille tonn. e 56 autocarri rispettivamente), e rileva come finora assolutamente nulla si:a arrivato in Libia dalla Tunisia dei previsti trasporti «delta» e «gamma>>. La nota italiana termina dicendo che si attende un sollecito inoltro in Libia degli autocarri e delle merci già partiti dall'Italia e sospendendo i limitati riarmi per la Tunisia, concessi il 5 corrente dietro richiesta francese.

Il Generale Vacca Maggiolini, nel trasmettere tali note al Comando Supremo, rileva (all. 3) come sia forse opportuno rinunciare definitivamente anche ai trasporti «delta» (non bellici), data la loro esiguità, revocando in tal caso i riarmi tunisini concessi il 5 corrente e attualmente sospesi e ritirando al 31 marzo p.v. le agevolazioni concesse per il traffico marittimo francese. Conclude il rapporto constatando come la Francia avesse autorizzato i trasporti in Libia per raggiungere una distensione col Reich, ma cessata ogni speranza in tale campo per l'irremovibile atteggiamento tedesco, essa non vuole più correre i rischi impliciti in tali trasporti.

Si fa riserva di trasmettere, appena possibile, l'ulteriore rapporto del Presidente al Comando Supremo, di cui è cenno nell'ultimo comma dell'allegato n. 3.

ALLEGATO I

IL PRESIDENTE DELLA DELEGAZIONE FRANCESE DI ARMISTIZIO, DUPLAT, AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI

I. L 231/P. Torino, 11 febbraio 1942.

Malgré les précautions prises pour éviter les indiscretions, les premiers transports de marchandises et de camions faits pour le compte italien ont attiré l'attention de l'Angleterre et de ses alliés.

Les émissions radiophoniques et la presse anglosaxonne se font l'écho bruyant des renseignements ainsi glanés. Dès maintenant, cette action prend la forme d'une violente campagne de presse. Les émissions radiophoniques américaines font appel à l'aide de la population de l'Afrique du Nord pour vérifier et constater la nature des marchandises débarquées des navires arrivant de France et donnent des renseignements exacts et précis sur les premiers transports.

Cette campagne de presse vient d'ètre confìrmée par des démarches diplomatiques -qui montrent que la question est passée du pian de la propagande sur celui de la politique générale.

Il en résulte que, dès à présent, !es circonstances sont telles que !es transports «Delta » et «Gamma» sont sur le point d'entrainer des conséquences politique hors de proportion avec l'importance des services qu'ils peuvent rendre à l'Axe.

(l) Non pubblicato: trasmissione di copia di un rapporto di Vacca Maggiol!ni circa la possib111tà dell'Invio per mezzo di piroscafi francesi, di rifornimenti in Libia, via Marsigl1aTunis1.

11

Cependant, en dépit de toutes ces difficultés, et des oppositions qu'il risquait de rencontrer, le gouvernement Français s'est engagé dans une politique de collaboration avec l'Axe. Il en a donné des preuves justement lorsqu'il a accepté, sans aucune contrepartie, de permettre le transit de vivres et de marchandises à travers la France et la Tunisie, au moment où la situation de l' Axe en Libye était délicate, décision qui devait causer de graves difficultés à la vie économique de la Tunisie.

Il était de son devoir le plus évident de prendre toutes !es mesmes de précaution destinées à faire front à des réactions offensives; ces mesures ne pouvaient, du fait de l'armistice, ètre prises qu'avec le consentement des puissances de l'Axe.

Or, !es demandes correspondantes se sont heurtées à une méfìance injustifiée, étant donné !es preuves de l'orientation de la politique du gouvernement Français; l'accueil fait par la Commission Italienne d' Armistice à la récente demande de renforcement de la Tunisie est symptomatique à cet égard.

Par la lettre 31.631/Pr. du 5 février (1), cette Commission faisait connaitre les concessions qu'elle autorisait, d'accord avec la Commission Allemande d'Armistice, et après avis du Commandement supreme italien. Les concessions sont très faibles, eu égard à l'ensemble des concessions demandées, qui constituaient dans l'esprit du Gouvernement Français un minimum au-dessous duquel il lui paraissait impossible de descendre.

Aucune des demandes faites par la Marine n'a été satisfaite:

a) Sous-marins de défense còtière et du groupe de relève;

b) Constitution de la ftottille de Bombardement 9 F.; Constitution de l'escadrille de chasse 3 A.C.; Constitution de l'escadrille de bombardement 8 B;

c) Défense des terrains et bases de l'Aéronautique navale en Afrique du Nord;

d) Renforcement de la défense des passes de Bizerte.

111

L'attitude des puissances anglo-saxonnes montre à quel point ces demandes étaient pourtant justifìées, et combien meme elles sont insuffisantes.

Le Gouvernement Français peut, dans une certaine mesure, justifter le transport des marchandises «Delta», puisqu'il ne s'agit pas de matériel de guerre; il est d'autre part assez facile d'assurer se transport dans des conditions satisfaisantes le discrétion.

Au contraire, bien que les camions ne soient pas à proprement parler du matériel de guerre, il est plus difficile de faire admettre cette forme de l'assistance apportée par la France aux troupes de l'Axe: !es camions constituent en effet un élément important de la motorisation d'une armée. Leur transport à la mer, du fait qu'ils sont généralement en pontée, leur embarquement, leur débarquement, leurs voyages, sont, d'autre part, trop apparents pour qu'ils puissent échapper aux regards indiscrets.

En conséquence, le Gouvernement Français se voit obligé de faire immédiatement jouer la clause E du procès-verbal du 3 février et de suspendre dès maintenant tout transport de camions italiens vers l'Afrique du Nord.

Par contre, il ne modifìe pas, pour le moment, sa ligne de conduite en ce qui concerne les transports « Delta», qui continueront, avec la réserve momentanée indiquée plus loin.

IV.

En ce qui concerne les transports de camions, je dois observer que ces transports ne concernaient que les camions destinés à amener les marchandises «Delta » de Gabès à la frontière de la Libye, ainsi qu'il ressort clairement de mes lettres:

3092/P du 27 décembre 1941

3102/P du 29 décembre 1941

3111/P du 31 décembre 1941

3121/P du 1•r janvier 1942.

On avait en effet envisagé tout d'abord d'effectuer ces transports par des camlons français immédiatement disponibles, et sur Votre insistance personnelle au cours de notre entrevue du 30 décembre 1941 (1), portée par mes soins à la connaissance de mon Gouvernement, que celui-ci a accepté l'envoi en Afrique du Nord de camions italiens destinés à ces transports.

v.

L'écoulement en Tunisie de marchandises « Delta» se heurte en ce moment à des difficultés de transport que le Gouvernement Français s'efforce d'aplanir. En attendant l'aboutissement de l'organisation à l'étude, au sujet de laquelle des propositions vous seront adressées incessamment, et pour éviter l'embouteillage des quals à Tunls et à Marseille, je Vous demande de vouloir bien suspendre pendant quelques jours l'envoi de marchandises « Delta».

Je Vous ferai connaitre au plus tot les possibilités de reprise des expéditions.

Les difficultés dues au mauvais état du matériel ferroviaire en Afrique du Nord ne permettent pas de !lxer un chiffre précis pour les quantités de marchandises à transporter. Le Commandant de la Marine à Marseille jouera le role de régulateur pour les transports « Delta » et recevra en particulier les instructions nécessaires pour en !lxer le débit, afin d'éviter tout embouteillage, aussi bien à Marseille qu'à Tunis; il sera informé à cet effet des possibilités d'écoulement vers la Tripolitaine des marchandises débarquées dans les ports tunisiens.

VI.

Enfin, je suis chargé d'attirer votre attention sur la Convention D. Signée à Rome le 3 février 1942, au sujet du remboursement aux chemins de fer tunlsiens du charbon et d'huiles de graissage.

Après discussion, la Délégation Française a accepté le chiffre de 40 tonnes de charbon pour 1.000 tonnes de marchandlses transportées, étant entendu que si ces allocations parassaient insuffisantes pour assurer les transports « Delta» et autres sans nuire aux transports indispensable à la vie de la Régence, le Gouvernement Français se réservait de reprende la question.

Dès à présent, après une étude approfondie, le Gouvernement Français est amené à constater que cette allocation est insuffisante.

ALLEGATO Il

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL PRESIDENTE DELLA DELEGAZIONE FRANCESE DI ARMISTIZIO, DUPLAT

L. 32043/PR. Torino, 12 febbraio 1942.

La vostra lettera dell'H febbraio n. 231/P. è stata rimessa al mio Comando Supremo per quelle decisioni che mi riservo di comunicarVi.

(!) Vedi D. 86.

Ma sinora, per impostare la questione nei suoi precisi termini, non posso fare a meno di prospettarVi le seguenti obiezioni a quanto è scritto nei successivi punti della Vostra lettera.

1. Prendo atto della Vostra dichiarazione sull'eco che i primi trasporti «delta» e «gamma» hanno avuto da parte della propaganda avversaria e sui passi diplomatici che il Governo americano avrebbe fatti presso il Governo francese.

Tutto ciò non deve né può meravigliare, anzi era da prevedersi (anche per esplicita vostra ammissione), data la difficoltà -per non dire impossibilità di mantenere il segreto su trasporti così appariscenti, malgrado le precauzioni prese, in un ambiente, quale quello della Provenza e della Tunisia, che pullula di agenti americani e dove le correnti prevalenti dell'opinione pubblica non sono certo favorevoli all'Asse.

Non per nulla la parte francese ha chiesto onerose condizioni finanziarie che sono state accettate da parte italiana nel protocollo del 3 febbraio appunto per scontare i rischi che i trasporti presentavano e per i quali si prevedevano anzi rappresaglie determinanti l'affondamento dei piroscafi.

2. È vero che il trasporto di viveri e di merci (ed io aggiungo anche autocarri) per la Libia attraverso la Francia e la Tunisia sono stati accettati dalla Francia con una dichiarazione in linea di principio senza contropartite.

Ma è altrettanto vero che nel passare dalle parole all'esecuzione dei trasporti, contropartite sono state chieste in linea di fatto da parte francese ed accordate dall'Italia. Tali gli sbloccamenti di autocarri in numero doppio di quelli italiani mandati in Libia; tali i riarmi per la Tunisia; tali le agevolazioni concesse per il traffico marittimo nel Mediterraneo, collegate alla concessione di gasolio necessario al movimento degli autocarri dei trasporti «gamma».

Non è giusto da parte Vostra asserite che le domande francesi si sono urtate in una « méfiance injustifiée »; è logico invece che nelle concessioni dei riarmi in Tunisia non si potesse prescindere dalla valutazione generale stategica del problema militare nel Mediterraneo e dalla valutazione della situazione armistiziale, in accordo con la C.T.A.

D'altronde quale credito si potrebbe dare alla precisa volontà del Governo francese di «réactions offensives », se è bastata una prima manifestazione di propaganda anglosassone per preoccupare a tal punto il Governo francese da fermare i trasporti «gamma» in corso?

Evidentemente i riarmi da concedere dovevano rispondere ad un previdente criterio di gradualità; e che ciò fosse proprio necessario lo dimostrano i fatti ora verificatisi.

3. Sono poco comprensibili le ragioni per le quali il Governo francese asserisce di poter giustificare il trasporto delle merci « delta», ma non il trasporto degli autocarri «gamma».

Pur seguendo il Vostro ragionamento, il trasporto degli autocarri sarebbe stato autorizzato adunque per assicurare l'inoltro in Libia delle merci arrivate in Tunisia. Ma, allora, come si potrà provvedere a questo inoltro senza gli autocarri italiani, se il Governo francese li ha appunto richiesti perché non vi era disponibilità di autocarri francesi?

E anche ammesso che, contrariamente a quanto fatto sapere in precedenza, fossero ora disponibili gli autocarri francesi in numero sufficiente, come si può pensare che il movimento dei medesimi sulle strade della Tunisia rimanga inosservato tenuto conto altresì che, in ogni caso, dovrebbe farsi un ingombrante ed appariscente trasbordo di merci alla frontiera libico-tunisina fra autocarri francesi e autocarri italiani?

Sembrano leciti questi interrogativi sulla discrezione da mantenere abolendo i trasporti «gamma» e considerando che gli autocarri italiani da spedirsi da Marsiglia

erano predisposti con coloritura e targhe speciali, come se fossero autocarri francesi, o, quanto meno, acquistati dalla Francia.

4. Non pare esatto che i trasporti degli autocarri « gamma» dovessero essere limitati a quelli occorrenti ai trasporti delle merci «delta»; non esistono specificazioni al riguardo né nella Vostra lettera 3.121 del 1° gennaio (1), né nel processo verbale del 3 febbraio, che è testo ufficiale in argomento.

Comunque, anche se i trasporti «delta» e « gamma» fossero collegati, nel senso di mandare in Nord Africa i soli autocarri italiani occorrenti al trasporto delle merci, è evidente che il numero degli autocarri avrebbe dovuto essere quello necessario ad assicurare i trasporti sino a Tripoli, cioè sino a quel porto di sbarco dove, per la via diretta, arrivano altrimenti le merci; se così non fosse si darebbe al Comando Superiore della Libia un aggravio di trasporti terrestri che non si sarebbe potuto nemmeno prendere in considerazione.

Nelle prime intese con codesta Delegazione si parlò infatti da parte italiana di un numero di autocarri che potevano superare il migliaio; da parte francese ci si limitò ai primi di gennaio, al numero di circa 150 autocarri al mese (Vostra citata nota 3.121 P).

5. È strano che soltanto ora si parli di « embouteillage » in Tunisia per le poche merci spedite sinora.

Segno evidente che la questione non era stata approfondita al momento delle concessioni fatte che implicavano da parte italiana complesse predisposizioni degli organi centrali per l'affluenza alla frontiera di Mentone di merci e di autocarri. Per questi ultimi già si avevano dei dati (circa 150 al mese); per le merci, dai computi fatti sui vuoti dei piroscafi dell'ordinario calendario, si poteva sperare in quantitativi oscillanti da 5 mila a 10 mila tonn. mensili. In quanto poi alla ferrovia Tunisi-Gabès nelle prime riunioni avvenute in Algeri tra rappresentanti italiani e rappresentanti francesi (in quanto il Governo francese aveva detto di regolare le questioni nel piano locale) si era parlato del trasporto di 250 tonn. al giorno, pur di fornire il carbone necessario; fornitura che in primo tempo è stata immediatamente data e già inoltrata in Francia.

6. Nella Convenzione C. non appaiono le riserve di cui ora fate cenno; era quindi legittimo attendersi che quell'accordo fosse definitivo.

In conclusione, mentre ho disposto che vengano sospesi i trasporti «delta» e « gamma» in partenza dall'Italia, e mentre faccio piena riserva di farvi conoscere le decisioni del mio Comando Supremo su tali trasporti come sulle altre questioni che vi interferiscono, debbo fare l'amara constatazione che, da quando si sono iniziate le trattative, e cioè dalla fine di dicembre, nulla (dico nulla) sinora è arrivato in Libia e che ben poco vi è tra Tunisia e Francia (a Tunisi circa 1000 t. di merci e 56 autocarri; a Marsiglia circa 1000 t. di merci e 44 autocarri dei quali alcuni guasti devono ritornare in Italia per un incidente ferroviario).

Un totale quindi veramente irrilevante se si pensa qual'è il fabbisogno della Libia.

Quello che da Voi è stato chiamato un «bel gesto» -e che il Governo italiano aveva apprezzato in tutto il suo valore -tale è rimasto dunque in teoria, a malgrado lo zelo dimostrato dalla Vostra Delegazione per attivare gli accordi.

Attendo intanto di conoscere come verrà provveduto al sollecito inoltro in Libia delle merci ed autocarri partiti dall'Italia ed arrivati in Francia e Vi prego -in attesa delle decisioni del mio Comando Supremo -di considerare sospese le concessioni per la Tunisia fatteVi col mio foglio n. 31631/Pr. del 5 febbraio c.m.

ALLEGATO III

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

L. 32033/PR. Torino, 12 febbraio 1942.

Il Presidente della Delegazione francese mi ha consegnato personalmente ieri 11 febbraio l'unita nota 231/P (all. l) nella quale in sintesi è detto che il Governo francese:

-sospende «definitivamente» l'invio in Libia -via Tunisia -dei trasporti di autocarri italiani (trasporti «gamma»);

-sospende «temporaneamente » l'invio in Libia via Tunisia -dei trasporti di merci (trasporti «delta»).

Le ragioni sono quelle addotte nella nota su citata e che l'Ammiraglio Duplat mi ha pure verbalmente illustrata.

Ho risposto subito al Presidente della Delegazione francese con la lettera che pure unisco in copia (alleg. 2) e che riporta argomentazioni analoghe a quelle che ho esposte a voce all'ammiraglio Duplat.

Sottopongo a codesto Comando Supremo le decisioni da prendersi in merito ai seguenti argomenti:

l. Se convenga rinunciare anche ai trasporti di merci (trasporti «delta»).

Lo scrivente sarebbe propenso a tale rinuncia, sempre quando tali trasporti non si reputino necessari per la Libia. Al riguardo occorre però considerare che -date le difficoltà opposte dai francesi ed il loro atteggiamento ostruzionistico -ben difficilmente si potrebbe sperare nell'invio in Libia di un quantitativo di merci superiore alle 3000 t. mensili.

2. Se convenga revocare le recenti concessioni di riarmi per la Tunisia (foglio di codesto Comando Supremo n. 10099/0p. del 25 gennaio) (l) che intanto ho sospese.

A mio parere la revoca sarebbe da attuare senz'altro se si rinunciasse anche ai trasporti «delta»; non pare possibile nel caso opposto.

3. Se convenga ritirare le agevolazioni concesse per il traffico mercantile marittimo (f0 di questa Presidenza n. 31561 del 4 corr.) (2).

Sono del parere di !asciarle in vigore sino al 31 marzo, secondo concessione già accordata dal Supermarina; ritirarle dopo se nel frattempo la situazione Asse-Francia non sarà mutata.

Alle ragioni dette dal Governo francese per giustificare i provvedimenti presi, un altro motivo non dichiarato occorre, a mio avviso, aggiungere. Certamente il Governo francese -direttamente interessato alle concessioni dei trasporti in Libia quando la situazione appariva minacciosa per il confine tunisino sperava di giungere attraverso le concessioni stesse ad una distensione di rapporti tra Italia e Francia tali da ridurre il Governo italiano a fare passi presso quello tedesco per convincerlo a trattare coi francesi sul campo politico (vedasi «memento » e « suggestions » del 14 gennaio). Caduta questa speranza per l'irremovibile atteggiamento tedesco, cessano pure le ragioni per le quali la Francia era disposta a correre innegabili rischi con la concessione dei noti trasporti.

Sulla questione in genere dei rapporti Asse-Francia riferirò più particolarmente anche in relazione a quanto dettomi dall'Ammiraglio Duplat nel colloquio di ieri 11 febbraio -in altra mia lettera.

(l) Non pubblicata.

(l) Non pubblicata.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicata.
265

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 1163/246 R. Berlino, 14 febbraio 1942, ore 19.

Il Vice Capo di questo Ufficio Stampa Estera ha consegnato a questa Ambasciata il testo, che qui di seguito si trasmette delle direttive politiche relative alla campagna anti-inglese inviate alle Rappresentanze diplomatiche tedesche all'estero, direttive che formano anche la base per tutta razione di stampa e di propaganda che verrà svolta dai giornali e dalle Agenzie e trasmissioni radio per l'estero del Reich.

l) Churchill è stato già uno dei maggiori responsabili per lo scoppio dell'ultima guerra mondiale e la sua incapacità militare si dimostrò già allora con la disfatta inglese di Gallipoli. Già con l'ultima guerra mondiale l'Inghilterra ha perduto il dominio assoluto dei mari e quindi il suo incontrastato dominio sul mondo.

2) Adolfo Hitler ha ripetutamente offerto all'Inghilterra l'amicizia tedesca e la conclusione di una alleanza diretta al mantenimento dell'Impero britannico. Churchill ha respinto tali offerte e provocato la guerra contro la Germania. Dando la nota garanzia alla Polonia, Churchill ha messo nelle mani di alcuni avventurieri polacchi che non volevano restituire Danzica alla Germania, la decisione dell'entrata in guerra della Gran Bretagna.

3) Churchill ha dichiarato la guerra a:lla Germania pel'\ché i suoi amici, ossia i capitalisti anglo-americani, gli ebrei ed i sindacalisti temevano che i successi della politica economica e sociale del nazionalsocialismo avessero aperto gli occhi ai loro popoli sulle vere cause del loro immiserimento. Inoltre le classi dominanti anglo-americane avevano bisogno di una guerra per arricchirsi col commercio di armi e munizioni.

4) Quali sono state le conseguenze di questa politica guerrafondaia di Churchill in Europa?: a) dal punto di vista militare le più grandi disfatte inglesi della storia: Andalsness, Dunkerque, la Grecia, Creta e la Libia;

b) dal punto di vista politico l'Inghilterra ha perduto tutti i suoi amici sul continente. I suoi alleati: la Norvegia, l'Olanda, il Belgio, la Francia, la Jugoslavia e la Grecia, vennero successivamente vinte dalle armate tedesche ed italiane ed occupate militarmente. Gli altri amici dell'Inghilterra si schierarono a lato dell'Asse. L'influsso inglese è oggi completamente eliminato dall'Europa, e questa si è unita contro l'Inghilterra.

5) Churchill dopo aver perduto, in seguito ai suoi errori, i suoi amici europei, commise il più grande delitto della sua vita alleandosi con i:l bolscevismo.

L'esercito tedesco ed i suoi alleati italiani, romeni, ungheresi e slovacchi, nonché le formazioni di volontari spagnoli, croati, olandesi, belgi, danesi, norvegesi e francesi, come pure l'esercito finlandese hanno impedito che l'Europa venisse invasa dai bolscevichi e li hanno ricacciati fino alle porte di Mosca. Oltre 10 mil'ioni di so1dati russi sono stati uccisi o fatti prigionieri e l'intero armamento russo catturato o distrutto. L'esercito tedesco tiene saldamente alla fine di questo inverno un fronte che va da Leningrado al Mar d'Azov. L'offensiva invernale di Stalin è pienamente fallita. Le riserve principali dei sovieti che già da alcuni mesi hanno dovuto reclutare diciottenni e cinquantenni, sono logorate. Stalin non potrà essere in grado di colmare le sue perdite di uomini e di materiali. Le armate tedesche ed alleate, le cui perdite si sono mantenute in limiti quanto mai modesti, in confronto a quelle della guerra mondiale attaccheranno e distruggeranno le rimanenti forze sovietiche con l'inizio della primavera. Churchill ha mandato Eden a Mosca per promettere al massacratoreStalin la consegna dell'Europa al bolscevismo per ricompensarlo dei suoi servizi e sacrifici. Nella stessa Inghilterra Churchill ha dovuto lasciare mano libera agli agenti bolscevichi per la propaganda in seno alle masse lavoratrici inglesi. Maisky, si è già assunto la parte del Re non ancora coronato di un'Inghilterra bolscevizzata.

6) Churchill ha già cospirato al tempo di Chamberlain con Roosevelt contro il proprio Primo Ministro facendosi complice di Roosevelt nelle campagne guerrafondaie contro la Germania. Roosevelt impedì già allora che l'Inghilterra accettasse l'offerta di pace fatta dal Fuehrer dopo il crollo della Francia e Churchill lo coadiuvò in questa circostanza. Da allora Churchill è caduto completamente sotto l'influsso di Roosevelt in seguito ai propri insuccessi. Churchill si è sottomesso incondizionatamente e con la vaga speranza di aiuti, all'imperialismo yankee. Per Roosevelt egli ha dichiarato la guerra senza quartiere all'Asse, per Roosevelt egli ha offeso e provocato i nipponici, per Roosevelt egli ha inviato a Singapore e perduto le migliori navi inglesi, come il Prince of Wales ed il Repulse. Roosevelt all'opposto si è fatto pagare a caro prezzo le sue promesse di aiuto all'Inghilterra. La cessione basi navali inglesi agli U.S.A., la presa di possesso della Groenlandia e dell'Islanda da parte americana, il passaggio in mani americane dei beni dei titoli e dei capitali inglesi sono solo i primi atti di rapina di Roosevelt a danno degli inglesi. Roosevelt vuole prendere pezzo per pezzo l'impero inglese nelle sue mani ed aspirare in tal modo alla successione della Gran Bretagna sul mondo. Questo è il vecchio piano di Roosevelt e Churcill, semi-americano per nascita, è il suo agente. Churcill tenta ora di scuotere gli inglesi ad un ultimo sforzo facendo balenare il miraggio di un colossale potenziale di guerra americano. Churchill sa benissimo che le cifre degli armamenti americani comunicate da Roosevelt non sono altro che uno dei più colossali bluff. Per quanto riguarda l'aiuto americano all'Inghilterra vale tuttora la formula << too late and too little ». Gli sbarchi di truppe americane in Inghilterra sono solo un mezzo di Roosevelt per tenere sottomessa l'Inghilterra. Si tratta qui semplicemente dei primi poliziotti americani sulle isole inglesi che hanno il compito di provvedere che la Gran Bretagna continui la guerra per U.S.A. e che consegni fino all'ultimo penny.

7) La guerra tra l'Inghilterra ed il Giappone è dovuta semplicemente a Churchill. Dato che la politica inglese è caduta per colpa di Churchill sotto la piena dipendenza degli S.U.A. Churchill ha dovuto necessariamente sostenere la politica provocatoria Roosevelt contro il Giappone. Il suo assegno in bianco a Roosevelt ha indotto questi a provocare il Giappone con una politica altrettanto stupida quanto offensiva. In tal modo è stato dato al Giappone il motivo per intervenlre contro l'Inghilterra e g.li S.U.A. in Estremo Oriente. Le disfatte nel Pacifico e in Asia Orientale sono perciò una diretta conseguenza della mancanza di chiaroveggenza di Churchill. In seguito alla vittoria nipponica di Pearl Harbour ed all'affondamento della «Prince of W ales » e della «Repulse » il dominio del Pacifico e dell'Oceano Indiano è passato dagli anglo-sassoni ai nipponici. La perdita di Hong Kong delle Filippine e gli accordi nipponici con l'Indocina ed il Siam hanno reso possibile ai nipponici la conquista della Malesia e l'assedio di Singapore, Le perdite materiali subite finora dagli inglesi nei territori conquistati dai nipponici superano mille mtlioni di pfund. Le prime settimane di guerra con il Giappone hanno arrecato agli inglesi già incredibili danni materiali. Questo è solo un Pl'incipio.

8) La perdita del dominio aero-navale in E. O. l'occupazione di tutte le posizioni britanniche in quella parte del mondo, Hong Kong, la Malesia, Borneo, ecc., l'imminente occupazione della Birmania e delle Indie Olandesi, sono da attribuirsi esclusivamente alla politica guerrafondaia di Churchill. Tutte queste posizioni inglesi sono irl"imediabilmente perdute. L'occupazione della Birmania avrà per conseguenza un colpo mortale a Chag Kai Shek in seguito alla chiusura della strada della Birmania. In seguito al dominio nipponico dell'E. O. nonché in seguito all'ulteriore sviluppo del conflitto tra le potenze del patto Tripartito e l'Inghilterra l'Australia, come pure l'India, gioiello dell'Impero britannico, non sono soltanto minacciate ma corrono il pericolo di andare definitivamente perdute per l'Inghilterra. L'India è il simbolo della ricchezza della Gran Bretagna e senza di essa non è concepibile l'Impero britannico.

9) Contro l'Inghilterra ed i suoi alleati dispersi per il mondo stanno l'Europa unita sotto la guida dell'Asse ed il Giappone con i suoi alleati formano due grandi blocchi compatti. Essi costituiscono un blocco di forze di una capacità offensiva mai vista nella storia. Esso è invincibile. Esso costringe gli inglesi e gli americani a disperdere le loro forze su tutti gli Oceani. Già pl'ima dell'intervento nipponico l'Inghilterra ed i suoi satelliti avevano perduto 15 milioni di tonneHate lorde .di naviglio. In seguito all'intervento giapponese la guerra sottomarina si è estesa a tutti i mari del mondo. Per costituire convogli in tutti i mari del mondo, le flotte anglo-americane non sono più sufficienti. La guerra sottomarina dovrà quindi assumere una tale estensione che nessun programma di costruzioni navali potrà colmare le pel'dite subite. La necessità di migliaia di miglia con un tonnellaggio sempre minore significa una catastrofe sicura per l'Inghilterra.

10) La guerra di Churchill ha provocato un generale impoverimento in Inghilterra. Non solo le classi più abbienti e la borghesia ma anche i lavoratori inglesi diventano ogni giorno più poveri. Già sin d'ora milioni di inglesi soffrono la fame ed essi diverranno una facile preda dei propagandisti bolscevichi. L'agitazione bolscevica può svilupparsi tanto più facilmente in quanto alla sua testa si trova l'Ambasciatore bolscevico Maisky a:l quale Churchill deve lasciare mano libera per tema di una diserzione russa. Mentre il popolo tedesco ha dietro di sé una rivoluzione ed è perciò diventato immune da ogni propaganda rivoluzionaria straniera in seguito alle riforme sociali di Adolfo Hitler, il popolo inglese ha ancora dinanzi a sé la sua rivoluzione. La guerra di ChurchiH liqu!lda la democrazia inglese. La fine non sarà che un impoverimento generale ed il trionfo del bolscevismo in Inghilterra.

Concludendo:

In tal modo Churchill ha subito una disfatta dopo l'altra, dall'inizio della guerra e perdute una dopo l'altra le sue posizioni. Churchill ha scatenato il conflitto con la Germania e con l'Italia e perduto con ciò la sua influenza in Europa. Egli ha scatenato la guerra contro il Giappone ed ha perso così n dominio inglese in E. O. e tutti i possedimenti britannici e messo in gioco la sorte del centro dell'Impero, l'India. Nella sua politica di odio egli è diventato un dipendente di Rooseve~t ed è ora in procinto di cedere altri possedimenti agli

U.S.A. La sua politica conduce aLla bolscevizzazione della Gran Bretagna. Egli è un dilettante dal punto di vista mìlitare, un politicante senza morale ed un uccello di malaugurio, cui riesce male tutto ciò che intraprende.

L'infausto motto che si trova sullo stemma dei suoi antenati «fiducioso ma infelice» è diventato realtà in un senso diverso da quello originario: Churchill è il becchino dell'Impero britannico.

266

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2264/1132. Berlino, 14 febbraio 1942.

In relazione all'instaurazione del nuovo Governo norvegese con a capo il Signor Quisling, varii sono stati i commenti fatti dagli ambienti politici della capitale del Reich.

Più che una mutata linea di condotta per quel che riguarda le intenzioni tedesche sulla Norvegia si è voluto vedere nel provvedimento un tentativo di influenzare favorevolmente la Svezia sensibilissima a tutto ciò che succede neUa Nazione sorella.

Praticamente nulla vi è di mutato, perché Quisling ha poteri dittatoriali. Ha la facoltà di emanare disposizioni con valore di legge, ha n controllo assoluto su tutti gli atti compiuti dagli altri Ministri, e gli è permessa l'emanazione di disposizioni in contrasto con la Costituzione nazionale.

Egli ha, come è detto nel testo della dichiarazione che è stata pubblicata in occasione della nomina del nuovo Governo << tutti i poteri che prima spettavano al Re ed allo Storting ».

23 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

Al portavoce ufficiale dell'AuswarL;;~s Amt sono state rivolte ieri srpecia;lmente da parte svedese numerose domande circa la possibilità di riapertura della Legazione norvegese a Berlino, o del ristabilimento di normali relazioni diplomatico-consolari fra i due Paesi. Il Ministro Schmidt non ha smentito le voci qui diffuse, dopo che alla Svezia è stato tolto l'incarico della rappresentanza degli interessi norvegesi in Germania, ha detto semplicemente che nulla gli constava in proposito. Non è escluso che anche non avendosi da parte tedesca probabilmente nessuna intenzione di permettere la riapeTtura deUa Legazione

o dei Consolati norvegesi, che si voglia però cercare di creare negli svedesi l'impressione che la cosa non è poi impossibile e che rimane sempre nel campo delle possibilità. Con quanto interesse si siano seguite in Germania le reazioni svedesi su questo argomento è dimostrato anche da un attacco piuttosto violento fatto dallo stesso portavoce dell'Auswartiges Amt contro un articolo del giornale Svenska Dagbladet, nel quale si facevano paralleli fra la condizioni della Norvegia e quella dell'Austria, dicendo che il Reich tentava di usare contro quel paese la stessa politica coercitiva usata a suo tempo contro Vienna.

La risposta di Schmidt all'arti-colo è stata fatta in forma, a mio subordinato avviso, assai abile perché egli non ha affatto smentito intenzioni tedesche di possibile futuro assorbimento della Norvegia, ha solamente dichiarato che il Reich non poteva ammettere che un giornale straniero, di un paese con cui intratteneva amichevoli relazioni, si permettesse di immischiarsi in questioni interne del Reich stesso e parlasse di coercizione ·per designare la politica di accentramento seguita in Austria come in tutti gli altri Gau germanici.

Per quel che riguarda la difesa degli interessi e dei cittadini norvegesi in Germania essa resta affidata ad un Console norvegese il quale, pur senza che gli siano state da parte tedesca riconosciute speciali prerogative continua già da parecchi mesi questo lavoro in collegamento con le autorità centrali del Reich.

267

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. S.N. Berlino, 14 febbraio 1942 (per. il 20).

Un funzionario dell'Ambasciata ha avuto occasione di incontrare l'Eccellenza Gerede, Ambasciatore di Turchia, ad un pranzo della signora von Dirksen alcuni giorni or sono, e di intrattenersi con .lui.

Portato il discorso sulle recenti trattative anglo-sovietiche il mio funzionario ha chiesto all'Ecc. Gerede se, anche ammesso che fra URSS e Inghilterra fosse stato deciso dl rispettare la Turchia, egli credesse veramente alla probabilità che una Russla vincente non avrebbe fatto il suo possibile per gettarsi in un secondo tempo sul Dardanelli. L'Ambasciatore rispose essere convinto che poca

fiducia possa aversi deLle promesse russe, come pensa ne siano convinti gran parte dei suoi concittadini.

Il mio runztonarlo gli chiedeva allora perché la poiitica della Turchia al momento attuale non sla più favorevole all'Asse, dato il suo estremo interesse a vedere sconntta la URSS che rappresenta per il popolo turco il principale ed il più penco1oso nemico.

L·Amoasc1atore rispose che prima di tutto la propaganda inglese ed americana sono attivissime nel suo Paese, che vi spendono somme enormi, che si sono sfruttate tutte le occasioni per cercar di rendere l'Asse impopolare. E citava ad esempio una mancata fornitura di armi da parte della Germania che è stata a suo tempo ripresa dai servizi anglo-americani, aggiungendo poi che l'Italia è sempre un po', dopo la questione di Castelrosso, dopo l'Albania e dopo la Grecia una spina nell'occhio dell'opinione pubblica turca, nel:la quale perdura tuttora, la sensazione che da parte italiana vi siano sempre delle rivendicazioni da far valere in Anatolia.

L'Eccellenza Gerede disse inoltre che molte volte all'estero ci si fa l'opinione sulla Stimmung del suo paese leggendo giornali turchi i quali, pur essendo la Turchia sottoposta ad un Regime semi autoritario, sono però liberi, e per la gran parte in mano al capitale straniero (vedi Inghilterra ed America). Ora quello che stampano questi giornali non ha spesso nu1la a che vedere con l'opinione pubblica turca.

Un altro argomento che rende il popolo del suo Paese molto prudente specialmente nei riguardi del Reich, è il ricordo ancora vivi:ssimo di quanto è successo nella guerra precedente, ove la Turchia è andata incontro alla sua rovina per avere seguito la Germania. Molto .forte è tuttora in Turchia l'antipatia per i bulgari che si sanno sostenuti dal Reich. Quando dopo la campagna di Grecia la Tracia orientale è stata occupata dalle truppe bulgare, innumerevoli furono gli atti di crudeltà e le atrocità commesse contro le minoranze turche ivi residenti. Tanto che il Governo turco si vide costretto ad intervenire presso il Governo tedesco perché questi, in via amichevole, cercasse di sistemare le cose con la Bulgaria.

La Turchia, secondo l'Ecc. Gerede, non è antiassiale. Le simpatie sia per l'Italia che per la Germania vi sono tuttora vivissime. Non è svanito certo il ricordo dell'atteggiamento italiano durante la campagna greco-turca del 1920. Come, e ciò specie negli ambienti dell'Esercito, le simpatie per la Germania vi sono fortissime. Però per le ragioni sopra citate la Turchia non vuole assolutamente arrischiare nulla, e prenderà partito o per l'una o per l'altra parte solamente quando avvenimenti decisivi avranno fatto calare il piatto della bHancia a favore dell'uno o dell'altro dei contendenti. L'Ambasciatore finiva col dire che in fondo il futuro svHuppo delle relazioni turco-assiali poteva riassumersi facilmente in una sola parola. Il mio funzionario gli chiese quale. Ed egli sorrise e rispose: «Caucaso » (1).

(l) Il presente rapporto reca 11 visto dl Mussollnl.

268

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 3267 AG. Torino, 14 febbraio 1942.

Seguito ns. del -13 corrente n. 3226/AG (1).

Sciogliendo la riserva di cui all'ultimo capoverso del mio rapporto di ieri

in alto citato, rimetto, qui unito, copia del rapporto dell'Eccellenza il Presidente

al Comando Supremo n. 32034/Pr. in data 13 corrente.

ALLEGATO I

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. 32034/PR. Torino, 13 febbraio 1942.

Nel colloquio del giorno 11 febbraio, l'Ammiraglio Duplat -dopo di avere trattato della questione dei trasporti «delta» e «gamma» per i quali ho già riferito col mio foglio del 12 febbraio n. 32033 (2) -mi ha fatto, per incarico dell'Ammiraglio Darlan, le seguenti comunicazioni verbali:

l. -L'Ammiraglio Darlan assicura di avere sempre considerato il protocollo di Parigi come un tutto inscindibile nella sua parte politica e militare.

2. -Il Governo francese ha forte ragione di rammaricarsi, poiché il Reich non ha mai mantenuto in pieno le varie promesse fatte alla Francia, né dato completo adempimento alle contropartite pattuite.

Cosi per l'utilizzazione delle basi aeree in Siria la Germania si era impegnata: -restituire 100 mila prigionieri e non ne ha dati che 60 mila; -ridurre l'indennità per le spese di o:::cupazione ed invece la questione non è mai

stata definitivamente regolata; -sciogliere la società Ostland (vedi anche le note «suggestions » del 14 gennaio) (3) che invece continua a funzionare.

3. -La Francia invece ha dato numerosissime prove della sua buona volontà, ma non ha mai ricavato, da parte dell'Asse che manifestazioni di sospettosa diffidenza.

E quasi a conclusione di tali dichiarazioni, che in sostanza ripetono, seppure in tono più fermo, quelle fattemi il 27 gennaio scorso (e su cui ho riferito col mio foglio 31170 Pr. del 29 gennaio) (4); l'Ammiraglio Duplat mi affermava che «è chiara convinzione del Governo francese che così non si poteva continuare ».

Ho immediatamente chiesto all'ammiraglio se con ciò egli intendeva dare un preavviso, quasi sotto forma ultimativa, che il Governo francese stesse per abbandonare la politica sinora seguita tendente alla collaborazione con l'Asse.

L'Ammiraglio Duplat mi ha vivacemente negato tale supposizione, assicurando invece che l'ammiraglio Darlan, della cui lealtà si rende egli garante, è legato alla politica

da lui esplicata e non intende staccarsene; ma i continui disinganni provati, a motivo dell'atteggiamento tedesco, lo hanno cosi profondamente scoraggiato da non saper più come poter proseguire l'opera sua.

L'ammiraglio Duplat mi ha, in conseguenza, chiesto se fosse proprio da escludere un passo del Duce, onde convincere il Fiihrer a venire incontro almeno a qualcuno dei desideri del Governo francese, così da poter persuadere l'opinione pubblica della convenienza di persistere ed intensificare la politica di avvicinamento all'Asse.

Ho risposto che avrei portato a conoscenza del mio Governo quanto l'ammiraglio Darlan mi aveva fatto comunicare.

Benché forse appaia superfluo l'esprimere ancora una volta la mia opinione sull'argomento, credo doveroso riaffermare -sulla base degli elementi da me posseduti che effettivamente io persisto nel ritenere leale l'atteggiamento verso l'Asse dell'ammiraglio Darlan. Ed è perciò spiegabile e logico il suo attuale scoraggiamento, derivante dalla sua riconosciuta impotenza ad ottenere dalla Germania quelle concessioni politiche che gli sarebbero indispensabili onde indurre l'opinione pubblica francese ad acconciarsi alla malvisa politica di collaborazione coll'Asse.

D'altra parte non si può nascondere che non abbiamo alcuna convenienza, da parte nostra, a veder crollare il Governo Pétain-Darlan o anche solo a vederne scemare ancora il prestigio: ciò potrebbe infatti portare eventualmente alla dissidenza dell'Africa francese del Nord (con Weygand? con Noguès? con de Gaulle?) che forse fornirebbe per tal modo, agli anglosassoni, a scadenza più o meno lontana, una base di operazioni militari assai minacciosa per noi.

Già il Duce, nel suo colloquio del 5 ottobre 1941 mi aveva dato la direttiva di «morfinizzare la Francia e barcamenarsi con essa» sino alla tarda primavera del 1942, e cioè sino alla decisa ripresa dell'offensiva tedesca in Russia; a questa direttiva io credo si possa -e forse si debba -ora tornare superando quelle successive -a seguito dell'incontro fra il Conte Ciano e l'Ammiraglio Darlan (l) -miranti ad una distensione con la Francia.

Ma è da chiedersi se il Governo francese vorrà restare in tale attesa premuto com'è dall'America che lo sta aiutando in vari modi, in ispecie nel settore del Nord Africa, e che tiene in mano numerosi interessi francesi finanziari, economici, coloniali, mentre ben poco o nulla la Francia ottiene dall'Asse, mentre la Germania sta aggravando sempre più la situazione dei territori occupati, e, mentre si accentua nella Francia libera la gravità dei poblemi economici alimentari e sociali.

È palese che anche la sospensione dei trasporti in Libia, via Francia-Tunisia, è dovuta soprattutto a questa pressione americana, cui il Governo francese presta ascolto per i vantaggi che esso ne può ritrarre, mentre vede fallire le concessioni politicofinanziarie che desidera ottenere dall'Asse (e che sono riportate nel «memento » e « suggestions » del 14 gennaio) per l'intransigenza assunta dalla Germania, a malgrado dei passi fatti, in questi ultimi tempi, da Vichè verso l'Italianella speranza di rimuovere l'opposizione tedesca.

Ed era questa, ed è, una viva speranza francese.

(l) -Vedi D. 264. (2) -Vedi D. 264, Allegato III. (3) -Vedi D. 160, Annesso II. (4) -Vedi D. 224, Allegato.
269

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. Parigi, 14 febbraio 1942.

Sono stato ieri sera a pranzo da Abetz. È questo il primo contatto che ho avuto con l'Ambasciatore tedesco. È qui perché la morglie è ammalata. Si fermerà pochi giorni; e mi ha detto che tornerà presto stabilmente a Parigi.

Conoscevo Abetz dalla Germania. Dà l'impressione di persona colta e piacevole. Abbiamo parlato a lungo, un po' di tutto, Abetz ha discorso liberamente e amichevolmente, senza soffermarsi però in modo speciale su nessuna quistione.

Ha cominciato col dire che è suo vivo desiderio che le due Ambasciate si tengano in stretto contatto e coUaborino assiduamente; e, parlando dei rapporti con la Francia, ha osservato più volte che sono rapporti, non tra Francia e Germania, ma tra Francia e Asse.

Del Governo di Vichy, mi ha detto che vi sono molti uomini ancora legati a vecchie idee e a vecchi interessi. Attualmente crede sia meglio tollerarli; ma a suo tempo si desaminerà tutta la situazione.

Di Pétain, ha detlto che non crede alla sincerità. Si dà le arie di un signore, ma non è uomo, di cui si possa troppo fidarsi. Di Lavai, ha invece parlato con molta simpatia. È un grande uomo politico, leale, dalle idee chiare. Lavorare con lui è un piacere. È l'uomo su cui si può fare il maggiore assegnamento. Del Sottosegretario agli Affari franco-tedeschi Benoist-Méchin, ha detto che è persona intelligente, forse quello che vale di più, tra tutti gli uomini di Vichy, ma infido.

Abetz è nettamente contrario all'« Actlon Française », di cui ha lamentato il continuo intrigare.

Della « Legione » ha detto che sta prendendo troppo piede nella Francia libera. Può darsi che un giorno si ponga la quistione del suo scioglimento. Essa recluta ormai troppi elementi ostili. (Come ho già segnalato, la Legione è oggetto, in questi giorni, di attacchi da parte della stampa collaborazionista di Parigi; e gli attacchi sono evidentemente fatti d'accordo, se non inspira:ti dall'Ambasciata tedesca).

Parlando degli uomini che militano nel campo nettamente collaborazionista, Abetz ha avuto parole di grande considerazione per Doriot, che ha doti oratorie non comuni e che, a suo giudizio, ha presa sulle masse. Abetz considera Doriot e, in genere, ,tutti i collaborazionisti (Déat, Luchaire, etc.) come un utile strumento per spronare gli uomini di Vichy, sempre troppo incerti e opportunisti.

Ha accennato ai rimproveri che gli si muovono, in Germania e qui, di essere francofilo. Non è affatto vero. È vero soltanto che ama la Francia, e che crede sia interesse della Germania di risvegliarne le forze sane, perché possano un gim:no cooperare alla nuova costruzione europea. Se domani si potrà indurre la Francia a fare una vera politica di 'collaborazione, l'effetto sarà enorme perché è da prevedersi che l'esempio della Francia, il più grande Paese occupato, sarà seguito da tutti gli altri minori. Si arriverà così a creare quella compagine europea, che è fatalmente destinata ad essere il principale risultato di questa guerra.

Si immischia nella politica interna francese perché ritiene che in questo momento sia suo dovere e suo diritto di farlo. In Francia vi sono dei nemici da combattere e degU amici da aiutare. Egli agisce in conseguenza, ma senza perdere mai di vista l'interesse supremo del suo Paese.

In tema di collaborazione, sia Abetz che altri dell'Ambasciata, hanno tenuto a rilevare il notevole contributo economico che la Francia ha dato e sta dando

alla Germania nello stesso campo della preparazione bellica. L'industria francese lavora attivamente per il rifornimento dell'esercito tedesco.

Degli atti di sabotaggio e degli attentati contro soldati tedeschi, sia Abetz che gli ambienti militari, pensano che siano essenzialmente opera di circoli isolati comunisti e della propaganda inglese.

Circa, infine, i rapporti tra Ambasciata tedesca ed Autorità militari tedesche, ha detto che da parte francese si è tentato più volte di sfruttare pretese divergenze tra l'Ambasciata e i militari. Ma il giuoco non riesce, e l'azione tedesca si svolge concorde. Così avverrà per quanto riguarda le due Ambasciate italiana e tedesca.

Questo il primo incontro con Abetz.

Torneremo a rivederci e a stabilire regolari contatti al suo ritorno.

(l) Vedi serie IX, vol. VII, D. 845.

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S. N. D. PER TELESCR. 5481/186 P R. Roma, 15 febbraio 1942, ore 9,15

Personale per Ambasciatore Alfieri.

In relazione alla Vostra comunicazione ed istruzioni impartite alla stampa germanica circa nostre rivelazioni su recente crisi egiziana (1), è stata confidenzialmente rimessa a questa Ambasciata del Reich documentazione che dimostra in modo inconfutabile esattezza versione riportata stampa italiana.

Nostro punto di vista su questione è stata inoltre illustrato a predetta Ambasciata con appunto che qui di seguito si trascrive per vostra personale conoscenza ed eventuale confidenziale norma di linguaggio.

«La versione pubblicata dai giornali italiani sugli avvenimenti di Egitto è stata desunta, non da informazioni indirette, ma da documenti autentici che sono venuti in possesso del Governo italiano, dai .quali i veri intenti di Nahas Pascià e la sua collaborazione con l'Inghilterra sono dimostrati in maniera incontrovertibile.

La nostra pubblicazione è stata diretta a dimostrare che la crisi egiziana non è stata affatto risolta in quell'atmosfera di cordiaJ.ità e di entusiasmo descritta dalla propaganda inglese, ma con un atto di violenza sul Re e sulla volontà popolare, atto di violenza al quale l'Inghilterra ha dovuto ricorrere per lo stato di tensione anti-britannico che si era determinato al Cairo.

Niente poteva mettere meglio in luce la gravità della situazione egiziana, che lo stesso Re, come risulta dai documenti in nostro possesso, ha voluto far conoscere all'estero.

Per persuadersi di questo basta leggere la radio inglese tra il 3 ed il 9 febbraio. Essa si è sforzata di far credere che l'avvento di Nahas Pascià era stato determinato da un accordo unanime tra il Re e gli esponenti della vita politica egiziana, versione che le conveniva di accreditare per mostrare a tutto

(l} Vedl D. 262.

11 mondo arabo la solidarietà dell'Egitto con l'Inghilterra. Lo stesso Nahas Pascià ha smentito giorni or sono energicamente -e la radio inglese ne ha dato larga notizia -che egli fosse stato spinto al governo dalla forza inglese, e ha stigmatizzato gli intrighi degli agenti dell'Asse che volevano accreditare tale versione.

Agli arabi di tutto l'Oriente noi abbiamo fatto sapere che gli Egiziani hanno dovuto subire un atto di violenza, in spregio del solenne impegno preso dall'Inghilterra e consacrato dal trattato anglo-egiziano di non intervenire negli affari interni di Egitto. Esempio chiarissimo e ammonimento circa i metodi inglesi e la fedeltà dell'Inghilterra alla parola data, che vale non solo per gli Arabi ma per tutti coloro che al mondo sperano e credono nell'Inghilterra.

Quanto la nostra pubblicazione abbia danneggiato la propaganda inglese è provato dal fatto che su di essa la radio inglese ha fatto il più profondo silenzio ~ (1).

271

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. U. S. N. D. 1190/160 R. Zagabria, 15 febbraio 1942, ore 18 (per. ore 23).

Ho fatto al Poglavnik la comunicazione di cui al telegramma di V. E. 106 in data 4 corrente (2).

Ho ricevuto assicurazione che R. Governo sarà informato tempestivamente del contenuto dichiarazione ufficiale che Poglavnik farà al termine dei lavori del Sabor.

Poglavnik mi ha sin da ora comunicato che alle sue dichiarazioni seguirà una mozione del Sabor che approverà per acclamazione l'opera compiuta dal Regime nella politica internazionale e nella politica interna.

Ho riportato 1'1mpressione che Poglavnik si sia reso conto della importanza della comunicazione da me fattagU per ordine di v. E.

Sopratutto egli ha meditato sulla convenienza da noi prospettata, di non « scendere, nelle dichiarazioni ufficiali, a particolari sulla persona del Sovrano, sulla data della incoronazione, né su altre ·circostanze al riguardo».

Mi ha accennato agli «sviluppi della nostra politica comune >> ed è passato a parlare delle tendenze di ambienti croati che si dimostrano concordi per l'attuale sistemazione confinaria fra i due Paesi.

Ritengo che l'argomento sarà ripreso dal Poglavnik in successive conversazioni.

Appunto perciò sarei dell'avviso, dopo questo passo, di tornare sul tema dei vincoli tra il Regno di Croazia e la Casa Sabauda, preparare il terreno, qualora autorizzato da V. E., agli incontri in Italia che Poglavnik ha sollecitato e durante i quali potrebbero essere riesaminati i rapporti italo-croati, sulla base delle esperienze di questi dieci mesi, sotto l'aspetto squisitamente politico.

(l) -Per la risposta di Alfieri vedi D. 277. (2) -Vedi D. 233.
272

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO Roma, 15 febbraio 1942.

PAESI ARABI DEL VICINO ORIENTE -COLLOQUIO CON BISMARCK E IL MINISTRO GROBBA.

a) Progetto di dichiarazione d'indipendenza dei Paesi Arabi del Vicino Oriente. Da parte italiana si è detto che ci si rende conto dei motivi per i quali il Fiihrer -pur essendo d'accordo sul contenuto della progettata dichiarazione -la ritiene attualmente prematura. Essa potrà essere emanata al momento in cui le circostanze la rendessero consigliabile.

b) Progetto di trattato per l'Iraq. Si è rimasti intesi con i tedeschi -salvo la Vostra approvazione -che il progetto di trattato fra Italia, Germania e Gailani che quest'ultimo ha presentato a Voi Eccellenza (1), -e che ha fatto pervenire anche al Governo tedesco -sarà oggetto di studio sia da parte italiana che da parte tedesca. Esso, pur potendo costituire una base di negoziati, va evidentemente modificato sia nella forma che nel contenuto.

Circa la forma, non sembrerebbe opportuna quella solenne di un trattato, dato soprattutto che le parti contraenti dovrebbero essere da un lato i Governi italiano e tedesco, dall'altro la persona di Gailani che, se pure da noi riconosciuto quale Primo Ministro, non è attualmente a capo di un Governo iracheno regolarmente costituito. Anche da parte tedesca non sembrerebbe infatti opportuno creare Governi fittizi per gli Stati attualmente occupati dagli inglesi. L'accordo proposto potrebbe più convenientemente assumere la forma di uno scambio di lettere fra Voi, Eccellenza, e Galiani, ed analogamente fra von Ribbentrop e Gailani.

Circa il contenuto del progettato accordo per l'Iraq, sembra che notevoli modifiche dovranno essere apportate al testo proposto da Gailani. Mentre si fa riserva di riferire ulteriormente al riguardo, si può fin d'ora osservare che parrebbe più conveniente evitare l'enumerazione di reciproci impegni come proposto da Gailani, e formulare invece una dichiarazione generale politica circa il carattere dei futuri rapporti fra l'Italia -e rispettivamente la Germania e l'Iraq, dichiarazione che permetterebbe una maggiore elasticità di contenuto e uno più generica indicazione degli impegni da assumere.

Ove Voi, Eccellenza, approviate, nel corso degli ulteriori negoziati ci si ispirerebbe alle suddette linee direttive circa la forma ed il contenuto del progettato accordo, sempre, com'è ovvio, in piena intesa con i tedeschi. Verrebbero discusse fra italiani e tedeschi le modificazioni da apportare al testo presentato da Gailani, e quando si sarà concordato fra italiani e tedeschi un testo verrebbe discusso con Gailani.

c) Progetto di protocollo tra Italia, Germania, Mujti e Gailani. Il testo presentato da Gailani riproduce in buona parte il contenuto della dichiarazione d'indipendenza che si ritiene attualmente prematura.

Occorrerà d'altra parte cercare un mezzo per dare qualche soddisfazione al giustificato desiderio del Mufti e di Gailani di ricevere dalle Potenze dell'Asse un impegno, almeno segreto, circa l'indipendenza dei Paesi Arabi del Vicino Oriente.

A tale riguardo ci si sforzerà, sia da parte italiana che da parte tedesca, di trovare una formulazione accettabile.

d) Proposta circa una Commissione di coordinazione della propaganda per i Paesi Arabi (1). Si è da parte nostra fatto presente ai tedeschi che non appare pratico creare una nuova Commissione del Tripartito allo scopo suddetto. Infatti, per quanto riguarda le linee generali della propaganda nei Paesi Arabi, queste sono determinate dai fattori politici; l'applicazione pratica e il materiale di lavoro quotidiano non potrebbero essere curati da una Commissione.

Subordinatamente alla Vostra approvazione. è stato proposto ai tedeschi che la coordinazione della propaganda per i Paesi Arabi venga attuata a mezzo di un apposito Funzionario dell'Ambasciata tedesca a Roma che si terrebbe a tal uopo in contatto con gli organi competenti italiani, come analogamente a Berlino farebbe con gli organi tedeschi un apposito Funzionario di quella R. Ambasciata.

I tedeschi si sono mostrati disposti ad accettare il suggerimento, ma hanno fatto riserva dell'approvazione di Berlino. Si resta in attesa al riguardo delle Vostre istruzioni.

e) Attività del Mutti e di Gailani. Da parte nostra si è detto ai tedeschi che intenderemmo lasciare al Mufti e Galiani la maggiore indipendenza possibile nello svolgere quella attività di propaganda e di organizzazione che essi, d'accordo con noi riterranno utile, fornendo ben inteso i mezzi e gli organi tecnici necessari. Così ugualmente noi lasceremo liberi il Mufti e Gailani di spostarsi da Roma a Berlino seconuo cne ess1 nterranno opportuno.

Anche quella attività militare che essi ritenessero di poter compiere, verrà da noi facilitata, ben inteso in pieno accordo con le Autorità militari italiane e tedesche. A tal riguardo è stato detto ai tedeschi che un Ufficiale di collegamento mantiene i rapporti fra il Mufti e Gailani da una parte e il Comando Supremo italiano, rapporti che da parte tedesca potrebbero essere mantenuti con il Generale von Rintelen, Capo della Missione militare tedesca a Roma, o con quell'altro Ufficiale che il Governo tedesco volesse designare.

I contatti con i tedeschi verranno proseguiti con le suddette direttive, sempre che Voi. Eccellenza, le approviate (2).

(l) Vedi D. 252.

(l) -Vedi D. 210. (2) -Non cl sono annotazioni di Ciano su questo appunto, Ciano accompagnò Gallanl da Mussolinl li 18 febbraio 1942. Non vi sono appunti su quel colloquio, ma si veda Ciano, Diario 1939-1943 cit., stessa data.
273

RASCHIO ALI EL GAILANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. Roma, 15 febbraio 1942.

Compio il dovere di rivolgere la presente all'E. V. per esprimerVi i miei più vivi ringraz-iamenti e la mia riconoscenza per la lettera di V. E. in data 10 febbraio 1942 (l) che Vi siete compiaciuto di consegnarmi brevi manu e che conteneva l'espressione di benvenuto del grande Governo italiano, in seguito alla mia venuta in Italia, H valido apprezzamento della resistenza del popolo iracheno e i suoi sacrifici nel suo ultimo movimento nazionale contro la criminosa aggressione britannica, il prezioso riconoscimento della dignità del popolo iracheno alla completa indipendenza e assoluta sovranità più di quanto abbia avuto in passato, ciò che gli è stato negato dal Governo britannico, nonché il desiderio del Governo italiano che l'attuale stato di cose in Iraq finisca

al più presto.

Vi prego di credere, Eccellenza, che detta lettera lascia nel mio animo profonda e perenne impressione e che il popolo iracheno accoglierà tale riconoscimento con grande soddisfazione e vivo apprezzamento e lo considererà quale soltda base per migliorare i legami di amicizia e per consolidare le fondamenta di una sincera collaborazione tra i Governi italiano ed iracheno ed i loro rispettivi popoli.

Io accolgo con vivo pia,cere la determinazione del Governo italiano di iniziare fin d'ora conversazioni con me sulle condizioni della futura collaborazione tra i due Governi italiano ed iracheno, e mi onoro di dichiararmi fin da questo momento pronto a ciò fare.

Vi prego di gradire, Eccellenza, gli atti dei miei cordiali ossequi e profondi ringraziamenti.

274

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 febbraio 1942.

Ieri nel pomeriggio abbiamo avuto una riunione dall'Ecc. Cavallero per concordare la lettera di risposta a quella di Keitel relativa all'azione militare da svolgersi in comune per l'eliminazione delle forze ribelli in Croazia (2). A

tale riunione il Generale Cavallero aveva invitato anche il Conte Volpi, date le ripercussioni di carattere anche economico nei territori da occupare.

La discussione si è accentrata sul punto della risposta nel quale si accenna alla necessità, una volta compiuta l'azione militare in comune, di spostare la linea di demarcazione alla Drina. Il progetto di risposta da Voi, Eccellenza, approvato, contiene questa frase: <<Una volta occupati, questi territori dovranno esser tenuti con forze sutllcienti per evitare il risorgere di focolai insurrezionali. Sono pertanto convinto che converrebbe considerare la Drina come linea di demarcazione per le misure da adottare, che, come Voi giustamente osservate, devono essere studiate in ogni pa:-ticolare ».

Questa precisazione è stata a bella posta inclusa nella nostra lettera per rispondere all'accenno contenuto nella nota Keitel secondo il quale converrebbe esaminare <<le misure da adottare alla linea di demarcazione», una volta compiuta l'azione militare contro i ribelli.

In altri termini, secondo la nota Keitel che con ogni verosimiglianza è stata preparata o ispirata dal noto Generale Glaise Horstenau, noi dovremmo con le nostre forze (dato che i tedeschi non hanno truppe sutllcientl) cacciare i ribelli dalla Bosnia orientale e cioè dalla zona tedesca al di là della linea di demarcazione, per poi J"estituire questa zona ai presidi germanici. Il Conte Volpi ha osservato che si tratterebbe in altri termini di «levare le castagne con la zampa del gatto». Ha perciò insistito. come ho insistito .io ~n base alle direttive ricevute, nonché lo stesso Generale Ambrosio, perché la questione sia chiarita con la massima precisione ed evidenza, dato che il punto veramente importante della nota Ke.ite:l è precisamente quello della linea di demarcazione.

Il Conte Volpi ha sottolineato l'affermazione che noi facciamo nel progetto di risposta, che « l'interesse preminente italiano si rivolge alla Croazia che rientra nella sfera della sua diretta influenza». Egli sarebbe d'avviso di rinforzare tale affermazione con un inciso del genere: « come risulta dagli Accordi di Vienna dell'aprile 1941, riconfermati nell'ultima visita del Ministro Ciano al Ministro Ribbentrop ».

Il Generale Cavallero, pur rendendosi conto del nostro modo di vedere e riservandosi di riflettere sulla cosa, è stato viceversa del parere di fare un accenno vago e rinviare ogni determinazione al riguardo alla riunione che dovrebbe aver luogo a Sussa tra elementi militari italiani tedeschi e croati.

Il Conte Volpi e il Generale Ambrosio, nonché io, abbiamo insistito per una netta presa di posizione. L'occasione ci sembra prop,izia per addivenire ad un chiarimento completo della situazione e ottenere mano libera per quel controllo militare della Croazia che è la premessa indispensabile per farne il nostro vero spazio vitale.

D'accordo col Conte Volpi, l'Utllcio infine sarebbe d'avviso che dato che la questione prevalente è squisitamente politica e che da essa dipende in gran parte l'avvenire della nostra influenza sulla Croazia, la riunione invece che aver luogo a Sussa fosse tenuta a Roma.

L'U!ficio attende di conoscere, EcceUenza, le Vostre direttive sulle due questioni: a) lasciare immutato il progetto di lettera per quanto riguarda lo spostamento della linea di demarcazione;

b) convocazione a Roma della riunione per poterne seguire più da vicino le conclusioni (1).

(l) -Vedi D. 254. (2) -Vedi D. 263.
275

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. S.N.D. 5707/32 P. R. Roma, 17 febbraio 1942, ore 2.

Vostro 57 (2).

Base, dopo breve permanenza in Italia, travasi a Berlino da tempo, ove è trattato con riguardi particolari. È a capo di un u!ficio India che potrebbe anche essere trasformato in avvenire, se le circostanze lo consentissero, in una specie di rappresentanza dell'India Libera in Germania. Ogni provvedimento in questo ultimo senso è comunque connesso e rinviato a una eventuale dichiarazione dell'indipendenza indiana da parte nostra. Qualche cosa di analogo era già stato fatto in precedenza a Roma. Base si è mostrato sin qui riluttante a parlare apertamente alla radio e da Paesi dell'Asse, in quanto ritiene che tale aperta presa di posizione debba essere preceduta da dichiarazione indipendenza India, che è -a suo avviso -premessa necessaria per ogni sua utile azione. Gli è stata comunque fatta presente utilità dare inizio sua azione di propaganda, che potrebbe essere svolta su radio clandestina, e, quindi, di incerta provenienza.

276

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. S.N.D. 5708/33 P. R. Roma, 17 febbraio 1942, ore 2.

Vostro 56 (3).

Oltve che per la naturale riluttanza a distribuire preventive garanzie e promesse, sino a quando non si sarà da parte nostra in grado di effettivamente mantenerle, dichiarazione sull'indipendenza dell'India (4) è stata rinviata a momento più propizio anche e sopra tutto per ragioni di carattere generale e particolare, politiche e militari. Ciò non toglie, anzi sottolinea necessita. che, nel frattempo, stampa e radio italiana e tedesca diano la netta impressione di un sincero interesse dell'Asse per indipendenza indiana. Istruzioni sono state già date e sono confermate in questo senso.

(l) -Una annotazione di Pietromarchi sul documento dice: «Il Ministro ha disposto che si lasci al Comando Supremo rispondere come crede ». Per il testo della risposta a Keitel si veda D. 314, allegato. (2) -Vedi D. 250. (3) -Vedi D. 241. (4) -Vedi DD. 125, 128, 154 e 227.
277

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 5039/262 P. R. Berlino, 17 febbraio 1942, ore 14,10.

Telegramma di V. E. 186 del 15 corrente (1).

Trovandomi stamane nell'Ufficio del Ministro Woe<rmann ho assistito ad una telefonata fattagli personalmente dal Ministro Ribbentrop per comunicargli il punto di vista italiano circa questione atteggiamento stampa relativamente nomina Nahas Pascia.

Ribbentrop ha detto in tono particolarmente energico che occorre, per quanto riguarda le questioni arabe ed egiziane, seguire il punto di vista italiano.

Woermann mi ha fatto rilevare come fosse stato opportuno che io stesso avessi potuto udire con quanto calore il suo Ministro aveva sostenuto il nostro punto di vista in tale questione.

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI UNGHERESE, BARDOSSY

L. P. 1/881. Roma, 17 febbraio 1942.

Le amichevoli conversazioni che ho avuto con Voi durante J.a mia permanenza in Budapest (2) ed i Vostri cortesi accenni alla possibilità di una sempre più efficiente collaborazione tra i nostri due Paesi, mi inducono a rivolgermi personalmente a Voi, per intrattenervi su di una questione alla quale il R. Governo è particolarmente interessato e la cui favorevole soluzione avrebbe senza dubbio qui le più felici ripercussioni.

Si tratta delle forniture di grano per l'Italia che, in questo momento, assumono carattere di estrema urgenza e necessità e per le quali si desidererebbe poter ottenere dal Governo ungherese una ulteriore eccezionale assegnazione di 500 mila quintali. Mi rendo perfettamente conto delle difficoltà che una tale richiesta Vi può presentare ma ritengo tuttavia poterVi suggerire che questo ulteriore contingente venga discretamente ripartito tra le normali forniture periodicamente inviate in Italia cosi da passare insieme ad esse eliminando in tal modo eventuali preoccupazioni per il Governo magiaro.

Circa le modalità di pagamento, Voi sapete come in Ungher,ia vi sia disponibilità di molte lire e quindi la fornitura in questione potrebbe facilitare la normalizzazione del conto di clearing. Comunque desidero aggiungere che, ove questa forma di pagamento non fosse ben accetta, si sarebbe da parte nostra pronti a prendere anche in considerazione un pagamento in oro.

Sono sicuro che Voi vorrete rendervi conto delle serie ragioni che motivano questa mia personale e confidenziale richiesta e non dubito, illustre Amico, che, nello spirito della stretta amicizia italo-magiara, farete tutto il possibile per dare questa nuova, concreta prova deUa viva ed operante collaborazione tra i nostri due Paesi.

Nell'esprimerVi fin da ora il mio sincero apprezzamento per il Vostro interessamento, Vi prego di accogliere, caro Presidente, con gli atti della mia alta considerazione, le espressioni della mia cordiale e cameratesca amicizia (1).

(l) -Vedl D. 270. (2) -Vedi D. 176.
279

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 2563. Berlino, [17 febbraio 1942] (2).

Il R. Console Generale a Praga, che ha partecipato alla riunione dei Consoli da me tenuta in questi giorni a Berlino, mi ha riferito per iscritto e verbalmente sulla situazione nel Protettorato.

Circa la situazione politica egli ha confermato, in sostanza, quanto aveva riferito in precedenza anche a codesto Ministero. Le misure di estremo rigore adottate dal «Sostituto» del Reichsprotektor sono state, nel complesso, controproducenti. La politica di germanizzazione, di giorno in giorno più intensa, aggrava il sordo malcontento determinato dal regime poliziesco. Tuttavia l'ostilità dell'elemento locale non sembra essere in grado di tradursi in manifestazioni rivoluzionarie preoccupanti. Non c'è quindi da segnalare, su questo punto, nulla di nuovo.

Merita invece, a mio avviso, speciale attenzione quanto ha riferito il predetto R. Console Generale circa la situazione degli interessi italiani. In proposito, si deve constatare con rammarico che le autorità germaniche tengono un atteggiamento di profonda incomprensione. Vero è che si tratta spesso di funzionari poco familiarizzati con gli usi internazionali e preoccupati di assolvere col massimo zelo il loro compito, consistente nell'imporre contro ogni ostacolo la supremazia materiale e morale tedesca. Tuttavia non si può non rilevare che quelli fra loro che mostrano una maggiore duttilità vengono sistematicamente eliminati o ostacolati e che comunque si determinano delle situazioni incresciose, alle quali occorrerebbe in un modo o nell'altro porre rimedio.

Diverse questioni, che presentano per noi un interesse materiale e morale notevole, si trascinano da mesi senza giungere ad una soluzione. Valgano come esempio la questione dei beni del Conte Thun, quella del Museo dello Spielberg, quella delle nostre istituzioni culturali, quella del connazionale Zaccaria malmenato in seguito ad un equivoco. A prescindere da questioni singole, l'atteggiamento generale delle autorità è ispirato a criteri non del tutto amichevoli. In occasione dell'applicazione degli accordi dell'Alto Adige sono state fatte pressioni per aumentare il numero degli optanti, provocando adesioni da parte di cit

tadini di lingua e razza italiana, che non hanno nulla a che vedere con l'Alto Adige. In seguito all'unione doganale fra il Reich e il Protettorato, si applica ai tràsferimenti il cambio arbitrario di 152 corone (anziché di 131 corone) per 100 lire, con una illegittima svalutazione della nostra moneta e con grave danno dei nostri connazionali. Ogni pratica da svolgersi presso le autorità locali procede con -lentezza e difficoltà ingiustificate. Ai connazionali vengono distribuite le stesse carte annonarie dei cechi, le quali danno diritto a un minor quantitativo di generi alimentari di quelle di cui godono i tedeschi. Sulla questione della razza non viene accolto il principio, da noi sempre sostenuto e in un primo tempo accettato in via di massima dalle autorità tedesche, che l'appartenenza di cittadini italiani alla razza ebraica concerne esclusivamente la nostra legge interna per cui i beni degli israeliti italiani hanno diritto alla stessa tutela di quelli degli altri connazionali. Indipendep.temente da tutto ciò, accade che gli sforzi del Console Generale e dei suoi collaboratori per stabilire dei rapporti di cordiale collaborazione con le autorità germaniche e con le organizzazioni nazionalsocialiste cadono nel vuoto. Il Console Generale non è ancora stato ricevuto dal «Sostituto» del Reichsprotektor, benché ne abbia fatto richiesta numerose volte. In occasione della organizzazione di una Befana Fascista con distribuzione di doni a bambini italiani e tedeschi, sono stati concessi i <<buoni d'acquisto » per i doni ai bambini tedeschi e sono stati rifiutati quelli per i doni ai bambini italiani.

Mi sto occupando di quanto sopra onde porre rimedio per quanto possibile alla situazione descritta dal R. Console Generale e mi riservo di riferire a V. E. circa l'esito dei miei passi (1).

(l) -Per la risposta dl Bardossy, vedi DD. 305 e 310. (2) -n documento è privo di data. È stato perciò datato in base al numero di protooollo e all'argomento (vedi D. 280).
280

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. S. N. Berlino, 17 febbraio 1942.

Riassumo le impressioni e le notizie desunte dalle relazioni che i singoli Consoli mi hanno fatto in occasione della recente convocazione presso questa Ambasciata.

Stato d'animo della popolazione tedesca nei riguardi interni.

Le esposizioni dei Consoli concordano nel far rilevare che la situazione può essere definita, ,in ogni regione, «pesante». Il popolo tedesco ha certamente ancora fiducia nella vittoria, ma questa fiducia, che era una sicura certezza ieri, è oggi diventata per tutti solamente una necessità. Gli avvenimenti sul fronte russo hanno prodotto nei diversi strati della popolazione tedesca una reazione profonda: di stupore dapprima per la mancata fulminea vittoria contro la Russia, di grave preoccupazione poi per la controffensiva bolscevica e per i successi tattici, sia pure di scarsa importanza, che questa controffensiva ebbe ad ottenere in un primo tempo. Se a tutto questo si aggiungono le condizioni di vita certamente dure, l'assenza quasi completa degli uomini dalle loro case,

l'obbligo alle donne di lavorare nelle officine o nei campi, non è da stupirsi che durante questo lungo, rigido e triste inverno il morale della popolazione tedesca si sia appesantito.

I diversi Consoli, da qualsiasi parte della Germania provengano, mi hanno confermato questo stato dell'opinione pubblica: da Danzica alla Baviera, passando per la Sassonia e le città anseatiche, dovunque il desiderio di pace e di tranquillità si è fatto sentire sempre più intenso durante questo terzo inverno di guerra. I Consoli che si trovano nel vecchio territorio austriaco hanno fatto presente come J'opinione pubblica locale non riesca ad adattarsi al nuovo regime e come il desiderio e la speranza per la vittoria degli anglosassoni siano vivissimi in quelle popolazioni. Anche nell'Alsazia e nella Lorena l'opposizione contro il regime ed il governo tedesco è sempre assai viva quantunque perfettamente controllata dalle autorità locali.

A questa situazione morale fa contrasto invece la situazione generale economica della Germania. Tutti i Consoli, ad eccezione di quelli la cui circoscrizione comprende l'ex-territorio austriaco, hanno confermato che le popolazioni operaie guadagnano bene, sono sufficientemente nutrite e non hanno gravi motivi economici o aUmentari per lamentarsi della situazione. Si tratta quindi di una crisi che ha base più spirituaJe e politica che economica o sociale. Le riserve alimentari ed economiche della Renania, ad esempio, della Sassonia, della Baviera e della Prussia stessa, sono veramente imponenti e non lasciano prevedere la possibilità di una situazione non dico grave, ma neppure preoccupante nel campo dell'economia germanica.

È notevole quindi il contrasto che esiste da un lato fra le condizioni relativamente buone della popolazione, la prosperità delle industrie tedesche, l'arricchimento di alcune classi borghesi e, dall'altro, lo scoramento, la preoccupazione ed il pessimismo che si sono diffusi durante questo inverno in tutto il Reich. Secondo· il parere di quasi tutti i Consoli, anche i cambiamenti avvenuti nell'Alto Comando dell'esercito hanno notevolmente influito in senso pessimista sullo stato d'animo della popolazione.

Le vittorie giapponesi in estremo oriente, il rovesciamento della situazione in Libia hanno peraltro confermato in queste ultime settimane nella maggioranza dei tedeschi la fede nella vittoria e, per quanto siano state accolte con gioia, hanno suscitato un sentimento di emulazione che non mancherà di ripercuotersi favorevolmente sopra il morale dell'esercito tedesco quando le condizioni climatiche permetteranno la ripresa della campagna di Russia.

Stato d'animo delle popolazioni tedesche nei confronti dell'Italia.

Lo stato d'animo delle popolazioni tedesche varia nelle diverse regioni del Reich, in correlazione al temperamento, alle tradizioni, alla posizione geografica, economica, ecc. che sono particolari a ciascuna provincia.

Anzitutto si rileva che nei Gau più vicini all'Italia la simpatia e la comprensione delle nostre cose è minore che nei Gau più lontani. È ovvio infatti che ad esempio in Tirolo e in Carinzia pe·rmangono rancori e incomprensioni, residui di un passato che influisce tuttora sulle generazioni anziane. D'altra parte il nuovo regime in tali regioni non ha potuto non creare dei disillusi che almeno

24 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

fino a un certo punto imputano alla pulitica italiana verso il Reich le ragioni della loro insoddisfazione.

Nelle regioni più lontane geograficamente da noi si trova maggiore simpatia e comprensione e sopratutto una più equa valutazione del nostro apporto alla guerra attuale. Comunque quanto hanno riferito i Consoli circa i loro contatti con gli ambienti dirigenti porta a concludere che in genere le gerarchie della Germania nazionalsocialista si rendano pieno conto dell'importanza essenziale della nostra collaborazione militare, politica e si può aggiungere, morale, nel senso che tale collaborazione è questione vitale per la Germania.

Qualche atteggiamento non del tutto riguardoso da parte di qualche singolo gerarca o dirigente tedesco nei contatti con i nostri Consoli sembra doversi imputare più che ad altro a ignoranza delle forme, a impreparazione a maneggiare sensibilità non tedesche, in parole semplici, a tenere contatti con stranieri.

I recenti avvenimenti militari nel teatro d'operazione nord-africano e l'azione delle nostre truppe in Russia hanno influito favorevolmente sull'opinione pubblica tedesca e hanno servito a riequilibrare il giudizio della popolazione tedesca sulle armi italiane.

A tale riguardo, quasi tutti i Consoli hanno però osservato che se la stampa tedesca mantiene in genere un contegno di piena cordialità nei nostri confronti, tuttavia ha dimostrato coi titoli e con gli articoli circa la vittoriosa controffensiva in Libia una troppo marcata esaltazione delle gesta del Generale Rommel, talvolta passando quasi sotto silenzio le nostre valorose truppe.

D'altra parte vari Consoli hanno assicurato di avere frequenti occasioni di constatare come soldati tedeschi che ritornano dai fronti ove le truppe italiane combattono a fianco di truppe tedesche, portino e diffondano testimonianze assai favorevoli e lusinghiere sul valore del soldato italiano, sul suo spirito aggressivo, sulla sua capacità di resistenza come pure sul suo armamento ed equipaggiamento.

Pertanto, se non mancano nello stato d'animo delle popolazioni tedesche talune zone grigie nei nostri confronti, se taluni tedeschi reduci dall'Italia e inesperti del temperamento e della psicologia del nostro popolo, riportano e propagano impressioni atte a <influire in senso sfavorevole sullo stato d'animo tedesco nei nostri confronti, si può tuttavia concludere che in complesso l'opinione pubblica del Reich verso l'Italia è soddisfacente.

Lavoratori italiani in Germania.

Con le naturali varianti relative a situazioni locali, le dichiarazioni dei Consoli circa la situazione generale dei nostri lavoratori nel Re.ich possono riassumersi nelle seguenti conclusioni:

È anzitutto da registrare un netto miglioramento nella situazione dal punto di vista de,i problemi della disciplina. L'impegno assunto da parte tedesca lo scorso ottobre (l) nel senso di rinunciare all'applicazione di misure disciplinari nei confronti dei lavoratori italiani, devolvendone la competenza alle nostre autorità in Germania e nel Regno, è stato sostanzialmente rispettato. Non risulta la presenza di alcun nostro operaio in campi di disciplina tedeschi, gli arresti abusivi da parte della Gestapo sembrerebbero effettivamente essere cessati, men

tre gli accordi intervenuti tra polizia germanica e polizia italiana per il rimpatrio e la punizione nel Regno dei colpevoli stanno avendo pratica applicazione. Una contemporanea progressiva eliminazione degli elementi più riottosi, o comunque meno adatti o desiderabili, ha anche portato i suoi benefici risultati. Sempre in questo campo i Consoli sono stati concordi nel constatare un molto maggiore interessamento nei confronti dei nostri lavoratori da parte delle autorità tedesche, in evidente esecuzione di istruzioni pervenute dall'alto. Alcuni dei funzionar.i presenti, ad esempio il Console Generale a Francoforte, sono anzi stati in grado di citarmi circolari diramate agli uffici periferici da parte del DAF, nelle quali si impartivano ampie e tassative istruzioni sullo speciale trattamento morale oltre che materiale da usare nei confronti dei nostri operai.

Sono lieto di sottolineare questi elementi emersi dalla discussione, in quanto confermano la reale buona volontà delle autorità centrali tedesche ed attestano la realizzazione delle assicurazioni personalmente e solennemente datemi lo scorso autunno dal Ministro von Ribbentrop a seguito sia dei rilievi fatti da

V. E. a von Mackensen, sia alle segnalazioni di questa Ambasc.iata a proposito dei noti spiacevoli incidenti verificatisi nel Brunswig ed altrove (1).

Parallelamente all'accennato migliore atteggiamento da parte degli organi ufficiali tedeschi, i Consoli sono anche stati nel complesso in grado di riferirmi un netto miglioramento nei rapporti tra i nostri lavoratori e la popolazione locale, ed una diminuzione dei piccoli ma spiacevoli episodi che si erano andati preoccupantemente moltiplicando la scorsa estate. Aspetto questo, del resto, del generale miglioramento dello spirito pubblico nei nostri riguardi. Allo stesso tempo mi è stata fatta rilevare l'esistenza di larghe zone grigie nella popolazione tedesca e di atteggiamenti di scarsa comprensione alimentati sovente da preconcetti razziali di qualche piccolo ras locale.

Meno favorevole è stato viceversa il resoconto fattomi dai Consoli circa le condizioni materiali di vita dei nostri lavoratori. Mentre molte delle passate lamentele dei lavoratori in fatto di vitto si sono fatte più rare (probabilmente in conseguenza delle notizie pervenute dalle rispettive famiglie circa le aumentate difficoltà e restrizioni alimentari nel Regno, non esistenti qualche mese addietro), e mentre in alcuni campi si sono potute eliminare una serie delle maggiori deficienze, nella maggior parte dei casi le condizioni permangono sostanzialmente dure. Cattiva attrezzatura; insufficienza di lenzuola, sapone, pagliericci; impianti igienici deficienti. Indubbiamente anche in questo settore lo sviluppo degli avvenimenti sul fronte russo ha fatto pesare le sue r~percussioni indirette. Né, appunto per questi motivi, è agevole insistere presso le autorità tedesche per una più esatta osservanza degli impegni contrattuali.

Negative infine, mi è doveroso segnalarlo, le notizie riportate dai Consoli circa la efficienza della nostra organizzazione sindacale. Manca tuttora un efficace inquadramento e soprattutto deficentissimo, per qualità ancor più che per quantità, rimane il personale dirigente nelle singole località, sopratutto quello minuto ed a più diretto contatto con i lavoratori.

Questa situazione risente gravemente del frazionamento della massa degli operai italiani in tutta la Germania e della conseguente impossibilità di eser

citare su di essi la necessaria opera di disciplina e di controllo; risente inoltre della difficoltà -resa più sens-ibile dalle esigenze della guerra -di sostituire e di integrare il complesso degli organizzatori, soprattutto degli organizzatori sindacali che stanno più a contatto coi lavoratori, con elementi all'altezza del compito.

(l) Il presente documento reca li visto di Mussollni.

(l) Vedi serle IX, vol. VII. D. 658.

(l) Vedi serle IX, vol. VII, D. 737.

281

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 5217/155 R. Bucarest, 18 febbraio 1942, ore 14 (per. ore 20).

Ho veduto il Vice Presidente del ConsJ.gl1o, !lno a lerl mavv1c1nan11e a causa di un lungo Consiglio Ministri e di riunioni varie tenutesl presso Maresciallo dopo il suo ritorno da Berlino. Egli mi ha detto come pnma cosa di informarvi subito, Eccellenza, che non appena avesse potuto parlare col Ministro Bova Scoppa vi avrebbe sottoposto alcuni programmi per !a vostra prossima visita in questa capitale in modo possiate scegliere quello che meglio vi aggrada (1). Mi ha manifestato apertamente sua vivissima soddisfazione di potervi incontrare per chiedervi anche consigli su alcuni fondamentali problemi che riguardano vita presente e futura della Romania, la cui risoluzione non soffre ormai ulteriore dilazione. Mi ha ripetuto di aver fatto fino ad ora politica di equilibrio in attesa conoscere vostra parola e che pertanto quanto potrà scaturire da colloqui con V. E., espressione del pensiero del Duce, che è ora più alto simbolo della latinità, sarà per suo paese di «orientamento stonco ».

Vice Presidente Antonescu mi ha quindi lungamente intrattenuto parlandomi di altre questioni circa le quali riferisco a parte.

282

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 1240/158 R. Bucarest, 18 febbraio 1942, ore 21 (per. ore 7 del 19).

Mio telegramma n. 144 del 14 corr. (2).

Ho cercato conoscere pensiero Vice Presidente Consiglio circa risultati viaggio Maresciallo Antonescu a Berlino. Egli, contrariamente alle sue abitudini, si è mostrato molto riservato, ma ogni fvase da lui pronunciata potrebbe dare qualche indicazione. Ad un dato momento mi ha infatti detto: «Noi daremo tutto fino all'ultimo soldato ma non avremmo potuto metterei in ridicola situazione di trovarci in sforzo all'est e di non poter difendere nostre frontiere».

Mi ha accennato poscia alla viva speranza rev1s10ne del Lodo di Vienna senza dirmi se il Maresciallo avesse avuto o meno affidamento su tale punto, ma non mancando farmi rilevare calorose accoglienze tedesche al Maresciallo, alta onorificienza germanica confer,itagli, ed anche commenti della stampa tedesca concorde in sostenere tesi che alla Romania debba essere dato segno di riconoscenza per quanto essa sta facendo in interesse della causa comune. È passato quindi, in discorsi un poco sconnessi, a rilevare difficoltà che vi sarebbero, fino a che dura guerra, ad uno scambio di popoiazioni. Tale argomento è stato poscia ripreso dal Segretario Generale degli Affari Esteri presso il quale mi sono recato assieme Incaricato degli Affari di Germania per fargli alcune comunicazioni secondo le istruzioni di cui al telespresso di V. E. 12/1179/I.S. (l) Ministro Davidescu parlando un poco vivacemente del problema della Transilvania dinanzi al mio collega di Germania, che ha ascoltato senza interloquire, ha espresso sua opinione che non sia possibile parlare di scambio popolazioni senza rettifiche di frontiera e senza almeno venga eliminato saliente che porta attualmente frontiera a 20 chilometri da Brasov, e che pertanto tale problema avrebbe dovuto essere affrontato non per gradi ma integralmente dopo la guerra. Poco dopo mio collega di Germania mi disse: avrete notato che quando ha parlato d! rettifiche di frontiera io sono rimasto assolutamente impassibile. Da quanto sopra dovrei desumere che tedeschi a Berlino debbano aver parlato della possibilità di scambio attuale popolazione e che desiderio romeno sarebbe stato quello di affrontarlo ma con rettifica di frontiera tendente ad eliminare cuneo che si inoltra fino vicinanze Brasov. Non essendosi trovati del tutto d'accordo, soluzione sarebbe stata rinviata probabilmente con qualche affidamento da parte dei tedeschi, a dopo la guerra o per lo meno alla f.ine ostilità con la Russia. Intanto per altro sarebbe stata data alla Romania garanzia circa eventuali minacce che si potessero verificare aUa frontiera ungherese durante lo sforzo all'est. In compenso Romania si sarebbe impegnata a compiere massimi sforzi militari ed economici.

Tuttavia queste deduzioni non sono convalidate da più precisi elementi. Avuto infatti impressione che su argomento viga consegna del silenzio. Anche mio collega di Germania mi ha detto di attendere anivo di von Killinger e di non conoscere per ora nulla di certo su tale materia.

(l) -Vedi D. 315. (2) -Con T. s.n.d. 1193/144 r. del 15 febbraio, ore 22,30, non pubblicato, Formentini aveva riferito circa il ritorno di Antonescu da. Berlino.
283

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1354/049 R. Belgrado, 18 febbraio 1942 (per. il 23).

Ritengo di qualche interesse fare c·ome possibile punto attuale situazione in Serbia mentre, nel declino delnnverno eccezionalmente rigido, avvenimenti

di rilevante importanza sono attesi nell'imminente primavera, non solo da maggioranza osservatori, ma anche da larghe masse popolazioni.

Nel territorio serbo situazione viene giudicata migliorata, e molti accolgono sensazioni di ottimismo. Situazione è certo migliorata, se confrontata con momenti acuti dell'estate e fase nettamente critica dell'ottobre scorso. Territorio completamente in mano ribelli, con Belgrado stessa minacciata da vicino, è stato spazzato da azioni successive comando germanico, condotte con implacabile severità non appena ebbe forze necessarie. Oggi tre quarti Serbia orientale, da sud a nord sono occupati da reparti bulgari, Serbia occidentale, e zona ad oriente Belgrado sin dove cominciano reparti bulgari al sud, è presidiata da truppe germaniche e da gendarmeria serba del Generale Nedic.

Come ripetutamente detto, territorio non fu mai propriamente rastrellato. Azioni condotte rapidamente, nell'inverno già incipiente pur portando a distruzione di un certo numero di ribelli, ebbero piuttosto effetto di spostare masse e quasi costantemente di favorirne giuoco di deflusso da una zona all'altra (e quasi sempre in ultima analisi contro nostre posizioni).

Ne consegue che territorio è ormai certo liberato da padronanza ribelli che era assoluta in alcune zone («Unione Repubbliche sovietiche serbe » nella Backa e poi ,a Uzice e Ccak). Autorità amministrative serbe sono più o meno in controllo nei nuovi distretti in cui è stato diviso. Ma non è dubbio che armi, elementi e nuclei ostili permangono nascosti e pronti generalmente ovunque nel territorio stesso.

In primo luogo occorre considerare attività comunista, ricordando che lungamente fronte comunista è riuscito a confondersi con quello nazionale ribelle. Comunisti furono sempre gli incitatori. Trovarono e hanno tuttora largo terreno e larghissime simpatie. Una certa polarizzazione nazionale appare oggi in corso ed è quella che desta maggiori ondate entusiasmo. Sarebbe eccessivamente imprudente farsi illusione che legami e rapporti tra comunisti e nazionalisti siano cessati o siano per cessare di punto in bianco.

Gruppi comunisti propriamente detti sembrano in qualche modo ora sospinti verso periferia (rapporto n. 858/221 in data 17 corrente) (1). Città di Belgrado viene descritta come tuttora considerevolmente inquinata da comunismo e in qualche modo roccaforte dei comunisti. Gruppi importanti sono tuttora impegnati nella zona immediatamente ad oriente di Belgrado. Di particolare interesse sono per noi gruppi che grav,itano su Bosnia orientale, Montenegro e Albania, anche in seguito azione serba su Nova Varos e Sjenica (mio telegramma n. 97 del 17 corrente) (2).

Non mancano d'altra parte notizie di scontri con i comunisti (seguendo dizione di queste autorità) quasi dovunque nel paese. Cronaca giornali loca1i, per quanto cauta e parsimoniosa non è meno sintomatica in proposito. Quella odierna segnala combattimenti vittoriosi presso Valjevo e Sabac.

Quanto a gruppi o raggruppamenti cosiddetti «nazionali» riuscirebbe evidentemente più semplice e più chiaro poterli distinguere in gruppi fedeli Com ando Germanico e Governo Nedic, e gruppi ribelli. Ma tale distinzione non è pos

sibile. Incertezza tendenze vari capi e vari elementi, loro dubbia fedeltà ad una parte o all'altra, loro relazioni reciproche, loro ondeggiamenti, e infine indubbie relazioni di alcuni con Londra e Mosca, costituiscono appunto principale incognita situazione.

Conviene piuttosto riassumere rapidamente situazione ciascun gruppo.

Forze Generale Nedic. Quelle regolari passarono faticosamente attraverso diverse denominazioni e formazioni. In sostanza sono costituite da elementi scelti (quadri e truppa) da residui ex esercito jugoslavo. Attualmente gendarmeria serba, è in via di trasformazione in un'ultima fase che sarebbe di <<guardia nazionale'> che dovrebbe ascendere a circa 20 mila uomini (3 mila per Belgrado e 17 mila per l'interno del paese). Accanto a questi vi sono formazioni gendarmeria, reparti armati rurali, cetnici, comitagi, infine reparti vari che si calcolano a circa 16 mila uomini. Tutti questi dovrebbero essere disarmati e fusi in reparti regolari, ma è più che probabile che molti rimarranno.

Draza Mihajlovic. È il capo ribelle più noto. Nessuna azione germanica

o serba è riuscita sinora a catturarlo. Si ignora ave esattamente si trovi. Alterne informazioni lo indicano ora in Serbia ora in Bosnia. Nedic (e i germanici dietro di lui) ebbero con Draza Mihajlovic lunghe e complicate trattative confermate in un clamoroso episodio di polemica con Radio Londra. Dopo essere stato sovvenzionato da Nedic, Draza Mihajlovic fu posto al bando. Nominato successivamente da Governo nominale Londra Ministro della Guerra, è passato a nemico pubblico numero uno. Tuttavia si vuole che direttamente e indirettamente (gruppo Dangic) Nedic mantenga rapporti con lui. Nel complicato giuoco forze in atto Draza Mihajlovic avrebbe compito azione a carattere «jugoslavo» fuori della Serbia, cercando di fomentare insurrezione croata agendo su elementi macekiani, e senza contrastare programma « Grande Serbia » cui Nedic con altri gruppi apparentemente si limitano. Entità numerica suo gruppo effettivo non è conosciuta ma non viene giudicata attualmente rilevante. Tuttavia ha largo seguito e stesso comando germanico ne riconosce vasta influenza su popolazioni serbe.

Maggiore Dangic. (mio telegramma per corriere n. 041 in data 7 febbraio u.s.) (l) Gruppo cetnico di effettiva consistenza e di crescente importanza, gravitante in Bosnia orientale ove rappresenta -poco meno che ufficialmente -aspirazioni e interessi serbi in accordo con Nedic. Si vuole che attraverso Dangic siano mantenuti contatti Nedic con Draza Mihajlovic che così si estenderebbero -tendenzialmente o anche in modo più preciso -sino a Londra. Punta con Draza Mihajlovic all'insurrezzione croata. Indicazione contenuta nel telegramma per corriere ministeriale n. 5340 in data 14 corrente (l) che paracadutisti inglesi cercavano cetnici Maggiore Dangic è sintomatica per suo atteggiamento.

Kosta Pecanac. Passato da momenti di grande notorietà nelle ore critiche deìla ribellione serba, durante le quaLi, più che affiancarsi ai germanici ondeggiò in una relativa astensione, evitando tuttavia di dare il tracollo dalla parte insorta, Kosta Pecanac, vecchio, in parte esautorato, lotta per un ascendente su tutti i cetnici che ormai gli sfugge. Gravi colpi ha avuto da occupazione

bulgara nella sua stessa regione. Conserva ancora indubbio ascendente. Nazionalista serbo irreducibile. Suoi tentativi di contatti e collaborazione con i nostri comandi debbono essere considerati con estrema cautela. Assieme a tutti gli altri mira ad ingrandimento territoriale Serbia -a «Grande Serbia ~ -ingrandimento che non potrebbe avvenire che ai nostri danni.

Lijotic. Uomo di indubbio valore, anch'esso ultra nazionalista, antitaliano in molte sue manifestazioni, per quanto fautore di un regime « fascista ~ nel paese. Più o meno sordamente all'opposizione nel Governo Nedic. Scarso seguito nel paese. Anticomunista convinto ha organizzato reparti volontari anticomunisti che si sono battuti efficacemente ma che con loro contegno di provocazioni e soprusi si stanno maggiormente alienando popolazione. Tali reparti dovrebbero essere anche essi prossimamente fusi nella «Guardia Nazionale>>. Vi sono informazioni che Lijotic starebbe tentando ennesima crisi nel Governo Nedic cui partecipa con alcuni elementi costantemente in contrasto con rappresentanti partito Stojadinovic.

Condizioni materiali popolazioni devono essere aggiunte nel quadro situazione. Esse sono semplicemente catastrofiche. Non soltanto territorio attuale Serbia è tagliato fuori dall'esterno e da principali zone produttive, non soltanto è stato dilaniato da una delle guerriglie più feroci di cui si abbia esempio (e guerriglia è un eufemismo, perché fu guerra vera e propria), ma sistematicamente ogni sua risorsa viene esportata da autorità occupazione, contro importazioni praticamente nulle. Non è solo un problema militare che si impone agli effetti di stroncare ribellione e di dare quanto prima tanto meglio un assetto a questi territori, è anche un problema economico ora e in seguito che può essere circoscritto ad un minimo di vita per popolazioni che hanno dinanzi spettro della fame. Inverno ha portato stasi eccezionalmente dur:a e paralizzato questa zona. Con primavera ed estate spettro della fame rimarrà.

In questo quadro e in queste tendenze così prettamente balcaniche sarebbe assurdo tentare di districare groviglio o far previsioni. e d'altra parte scopo presente rapporto è come possibile di fare il punto.

Alcuni indizi possono essere oggi sottolineati. Quali che siano state nell'epoca spiegazioni piuttosto imbarazzate da parte germanica quando -destando non poco stupore -Generale Nedic fu scelto a capo primo Governo serbo, rimane fatto che egli fu, in clamorosi episodi nettamente antitaliano, e ancora oggi non sembra aver molto cambiato nei suoi tentativi di creare fatti compiuti ai nostri danni (episodi di Nova Varos e Sijenica). Alla stessa stregua devono essere considerati del resto vari gruppi ed esponenti serbi i quali mirano tutti (nonostante simpatie largamente e con altrettante riserve diffuse verso di noi) ad allargamento territoriale ai nostri danni.

Atteggiamento Comando Militare Serbia è ad un tempo di diffidenza e di condiscendenza verso gruppi serbi. Diffidenza molto comprensibile, condiscendenza determinata da situazione contingente, da scarsa disponibilità forze e da necessità di impiegarle quanto maggiormente possibile in altri settori. Tale atteggiamento trova i suoi esponenti estremi nei nostri riguardi (e giova ripetere che azione autorità germaniche in Serbia spesso si è mostrata in contrasto o in resistenza «locale ~ contro direttive generali e particolari di Berlino) nella politica seguita verso aspirazioni territoriali serbe, nella politica verso

Kossovo non annesso e albanesi in generale, nella politica degli intercambi con noi e per quanto riguarda questioni minerarie.

Serbia, territorio oggi relativamente tranquillo, e zona interdipendente con zone limitrofe. A spostamento situazione acuta in Bosnia concorre certamente risultante serba, cosi come a fasi situazione in Serbia è legata situazione su frontiere Albania e Montenegro.

A conclusione questo rapido esame situazione deve essere aggiunto che mentre terreno presenta ogni elemento favorevole per ripresa ribellione non soltanto in Serbia ma nei territori limitrofi Ce in molti deJ quali è del resto già ampiamente in atto) possibilità e meglio probabilità sostanziale ripresa rimangono essenzialmente legate a situazione generale e specificatamente ad avvenimenti che saranno per verificarsi sul fronte russo e sul fronte della Cirenaica. In ogni caso considerando anche contatti che nemico si preoccupa di mantenere attivamente in tutta la penisola balcanica deve essere atteso che esso tenti di agire con ogni mezzo contro di noi nella prossima primavera, in un terreno tuttora favorevole.

(1) Non rinvenuto.

(1) -Non pubblicato. (2) -L'argomento cui si riferisce è trattato nel T.s.n.d. 1222/97 r. del 18 febbraio 1942, ore 13,20 e più ampiamente nel precedente T. s.n.d. 1208/95 r. del 16 febbraio 1942, ore 21,45. entrambi non pubbllcati.

(l) Non pubblicato.

284

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. PER CORRIERE 1370/0111 R. Sofia, 18 febbraio 1942 (1).

Le recenti prese di contatto tra l'Ungheria ed i Paesi dell'Asse, la visita del Maresciallo Antonescu al Ftihrer ed altri sintomi che rilevano come il periodo di preparazione per la futura azione offensiva contro l'esercito sovietico sia entrata nella sua fase conclusiva, hanno fatto sorgere con multa insistenza in Bulgaria le voci circa imminente ,incontro da Hitler ed il Re Boris e circa un viaggio di quest'ultimo in Germania.

Si pensa infatti qui che, nel momento nel quale si passano in rassegna le forze e le· disponibilità dei Membri del Tripartito, la Germania non mancherà di definire anche la situazione, militare e politica, della Bulgaria. E non pochi sono coloro che, pur insistendo sulla posizione di «riserva» della Bulgaria, destinata sempre e sopratutto a fare da contrappeso alla Turchia e a sorvegliarne gli atteggiamenti, stimando possibile una qualche variazione, al momento della futura offensiva, nell'attuale inalterata situazione dei rapporti bulgaro-sovietici.

È inutile aggiungere che la Bulgaria, in definitiva, si augura sempre, nel suo intimo, di potere rimanere nella posizione attuale.

(l) Non è indicata la data d! arrivo.

285

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CAPO DEL GOVERNO CROATO, PAVELIÉ

L. P. Roma, 18 febbraio 1942.

Il Maresciallo Kwaternik mi ha portato la vostra lettera (1). Vi ringrazio per quanto mi dite circa il nuovo «Sabor ». Considero questa vostra iniziativa come molto opportuna e tempestiva. Ritengo anch'io che un nostro incontro può essere utile ai fini comuni e potrebbe avvenire entro il prossimo mese di marzo in località da stabilire. Vi prego di credere, caro Poglavnik, alla mia costante amicizia e di gradire i miei cordiali saluti.

286

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1236/177-178 R. Madrid, 19 febbraio 1942, ore 1,55 (per. ore 7).

Serrano, tornato soltanto ieri l'altro da Siviglia mi ha ricevuto stamani. Egli ha detto anzitutto che conversazioni Siviglia saranno oggetto sua esauriente lettera a Voi (2), Eccellenza, soprattutto per quanto riguarda parte generale. Mi ha pregato però di accennarVi sin d'ora punti più attuali ed urgenti discussi tra signor Salazar e lui stesso. Essi sono stati i seguenti:

l) Aggressione a Spagna o Portogallo.

Spagna considererà aggressione territori continentali o insulari. Portogallo come colpo fatto territorio Spagna e interverrà con armi. Altrettanto farà Portogallo in caso aggressione Spagna (3):

2) America Latina.

Salazar in via riservata presenta anche a nome di Carmona necessità che Spagna e Portogallo per motivi spirituali influiscano più attivamente America Latina. Franco e Serrano pur dichiarandosi disposti tale azione hanno sottolineato come Spagna sia paese europeo e come suoi interessi continentali debbano aver sopravvento su ogni altro;

3) Blocco neutrale Madrid-Lisbona-Vichy.

Serrano ha smentito che argomento sia stato trattato nel convegno.

4) Problemi economici.

Nell'attuale periodo bellico economia spagnola e portoghese dovranno integrarsi e si è deciso che Commissione si riunirà prossimamente per fissare prezzo scambi prodotti continentali e coloniali due Paesi;

5) Lotta contro comunismo.

Polizie entrambi Paesi coHaboreranno per elimLnare pericolo bolscevico. A tale proposito presenta particolare interesse discorso Franco di cui al mio telegramma n. 164 (1). Da esso risulta tra l'altro come Spagna non abbia alcun proponimento diminuire effettivi Divisioni azzurre;

6) Esito conflitto mondiale. Salazar che tuttora si mostra ossequiente Gran Bretagna non crede però che questa possa vincere guerra. D'altra parte non desid2ra schiacciante vittoria Germania e Italia perché teme egemonia Germania in Europa. Franco e Serrano hanno cercato dissipare tale timore. Capo portoghese preferirebbe pace di compromesso che consentisse maggiori possibilità di vita indipendente a ognuno di loro;

7) Stati Uniti d'America.

Salazar è risentito per insolente attegg,iamento nord-americano. Egli ha affermato che il 50% sua energia quotidiana è spesa nella lotta per ottenere materie prime e navicerts;

8) Italia.

[Avendogli io chiesto se] si fosse parlato dell'Italia, Serrano ha risposto che due volte, la prima con lui solo e la seconda presente Caudillo, Salazar avrebbe parlato dell'Italia, ma che argomento farà parte della lettera che egli Vi indirizzerà quanto prima.

Ministro dichiarato risultato Convegno essere stato quello da lui previsto, ossia maggiore serenità tra i due Stati peninsulari derivata da correnti di simpatia scaturite tra uomini di stato spagnoli e portoghesi.

In Salazar debbono essersi ormai dissipati sospetti per mire egemoniche spagnole; in Franco e Serrano vi è maggiore fiducia nella politica del Portogallo. Di questa schiarita atmosfera Serrano pensa valersi non solo nel momento ma anche per il giorno in cui riterrà necessaria nuova riunione in base vigente Trattato tra i due Paesi.

Convegno ha inoltre convinto ulteriormente Salazar che definitiva vittoria sarà dell'Asse e che tale vittoria è la sola rispondente interessi Europa e spirito europeo (2).

(l) -Vedi D. 261. (2) -Non risulta pervenuta nessuna lettera dl Serrano Suiier a Ciano sull'argomento. (3) -Circa questo punto Lequio telegrafò ancora il 24 gennaio, ore 19,30 (T. s.n.d. 1396/193 r.) non pubbllcato, che per territorio del Portogallo s'Intendeva quello metropolltano nonché le Azzorre e Madera, ma non le altre colonie portoghesi.
287

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1239/179 R. Madrid, 19 febbraio 1942, ore 0,30 (per. ore 7).

Ministro degli Affari Esteri ha fatto a questo Ambasciatore Germania identiche dichiarazioni di cui al mio telegramma odierno n. 177 (3).

Nulla di nuovo dunque se si eccettuano alcune comunicazioni che evidentemente non poteva fare a me e che si riferiscono istruzioni date a suo tempo da Ribbentrop a Stohrer (mio telegramma n. 64) (1). A tale proposito questo Ministro degli Affari Esteri ha assicurato di averne fatto cenno a Salazar il quale ne ha preso atto.

Al riguardo Capo del Gover:no portoghese ha chiesto a Serrano se fosse vero che Germania avesse minacciato anche recentemente Spagna di attraversarne territorio con sue truppe. Serrano non solo smentiva notizia ma esponeva cronistoria relazioni ispano-tedesche dalla fine guerra nazionale ad oggi. Ministro degli Affari Esteri sottolineava inoltre come una volta sola Ribbentrop avesse fatto presente Madrid opportunità geografiche e strategiche eliminare Gran Bretagna da Gibilterra ma come Ministero degli Affari Esteri Reich non avesse da allora più insistito di fronte deficienze economiche e belliche Spagna fatte rilevare da Caudillo e dallo stesso Serrano.

Salazar si mostrava estremamente soddisfatto tali dichiarazioni tanto da aggiungere testualmente: «non l'avrei mai creduto».

(1) -T. 1188/164 r. del 15 febbraio 1942, ore 18, non pubblicato. (2) -Con successivo telegramma del 27 febbraio ore 16,15 (T.s.n.d. 1459/211 r. Lequio precisava che nel convegno di Sivigl!a non si era concluso un vero e proprio accordo comportante precisi impegni ma si era solo stabilita la linea di condotta da seguire in determinate eventualltà. (3) -Vedi D. 286.
288

IL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1256/33 R. Helsinki, 19 febbraio 1942, ore 20 (per. ore 7 del 20).

Ministro degli Affari Esteri mi ha convocato per comunicarmi a titolo privato estremamente confidenziale che è intenzione suo governo istituire legazione presso Vaticano.

Egli ha aggiunto che prima di mettere in atto tale intenzione desiderava informarne Governo italiano e conoscerne pensiero. Ho ringraziato Ministro degli Af'fari Esteri comunicazione fatta assicurandolo che giusta suo desiderio non avrei mancato riferirne telegraficamente a

V. E., riservandomi fornirgli risposta appena essa mi sarebbe pervenuta.

Ministero Af'fari Esteri mi ha detto che di tale questione ha informato questa mattina Vescovo cattoiico Helsinki, senza tuttavia avviare per il momento alcuna trattativa con Santa Sede.

Secondo le dichiarazioni fattemi dal Ministero Af'fari Esteri proposito stabilire relazioni diplomatiche con Vaticano è motivato dall'opinione del suo Governo circa la crescente importanza e influenza morale spirituale che esso potrà assumere nel presente conflitto.

(l) Vedi D. 178.

289

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 1244/275 R. Berlino, 19 febbraio 1942, ore 20,45.

Ministro von Ribbentrop che ho visto nuovamente nell'imminenza della sua partenza per Quartier Generale mi ha esposto i concetti già illustrati alcuni giorni fa al Ministro Bottai: impossibiHtà di una utile riorganizzazione industriale della Russia sovietica e impossibilità per gli americani di portarle aiuti tempestivi. Egli ha poi aggiunto che l'Inghilterra, se c'è tuttora colà qualche persona di buon senso, dovrebbe decidersi a chiedere un armistizio che le Potenze del Tripartito dovrebbero concedere soltanto se fossero accettate condizioni taLi da assicurare all'Europa un lungo periodo di pace.

Ministro Ribbentrop ha aggiunto per altro che nessuna iniziativa di pace potrà essere presa dall'Inghilterra né alcuna conseguenza determinante è da attendersi dalle Vlittorie in Africa ed in Estremo Oriente fino a che non sarà stato inferto alla Russia un colpo mortale. Su questo punto Ribbentrop è nettamente ottimista. Egli è certo che offensiva della primavera condurrà a risultati definitivi. E la sua certezza è condivisa da tutto H Popolo tedesco, saldamente unito attorno al suo Capo.

290

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N.D. 5469/181 P. R. Zagabria, 20 febbraio 1942, ore 10 (per. ore 19).

In una recente conversazione Poglavnik mi ha rifer,ito risultargli che è stato presentato da Nedic alle autorità tedesche Belgrado memorandum (l) da inoltrare al Maresciallo Goering e al Fuehrer nel quale è contenuta richiesta serba di annettere alla Serbia Bosnia orientale. Nel memorandum stesso si parlerebbe anche di eventuale annessione Sangiaccato e Montenegro. Scopo sarebbe, comunque, quello di ottenere sbocco al mare. Ispiratore tale memorandum sarebbe signor Neuhauser fiduciario di Goering a Belgrado per questioni economiche.

Riferisco notizia a titolo doverosa informazione, non avendo possibilità controllarla qui. Telegrafato Roma e Belgrado.

(l) Vedi D. 438.

291

IL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1279/36 R. Helsinki, 20 febbraio 1942, ore 13,20 (per. ore 21).

Mio telegmmma n. 33 (1).

Ministro deg~i Affari Esteri mi ha detto che quantunque Finlandia sia paese luterano, non dubita che iniziativa del suo Governo troverà favorevole accoglimento presso Vaticano. Ne è sintomo atteggiamento amichevole sempre dimostrato verso Finlandia.

Ministro degli Affari Esteri ha osservato che le relazioni della Santa Sede con la Finlandia sono state sempre improntate a spirito di cordialità maggiore di quella dimostrata con gli altri paesi scandinavi.

292

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1336/79 R. Kabul, 20 febbraio 1942, ore 19,10 (per. ore 14 del 21).

Vostro 32 (2). Ringrazio V. E. informazioni circa Bose. Comprendo difficoltà vincere sue riluttanze. Potreste forse fargli presente:

l") che ormai è noto a tutti per esplicita dichiarazione Governo britannico dove egli si trovi e cosa vi faccia;

2°) sua assenza dalla vita politica indiana dura ormai da oltre un anno e ciò può essere pregiudizievole sua posizione.

Quanto a vostra proposta farlo parlare radio clandestina non (ripeto non) ritengo opportuno che questa fosse radio Himalaya poiché fra l'altro anche per considerazioni di cui al mio telegramma n. 74 (3) sarebbe bene essa conservasse suo carattere prevalentemente mussulmano.

Sarebbe se mai preferibile creare nuova stazione clandestina interamente [per] Bose. Se però avete speranza che in avvenire non troppo lontano sia possibile farlo parlare apertamente da un paese dell'Asse sarebbe nonostante tutto meglio attendere.

Bose è unica grande personalità politica indiana che abbiamo sottomano e potrebbe convenire non sciuparlo in forma attività carattere cospirativo.

(l) -Vedi D. 288. (2) -Vedi D. 275. (3) -Non pubblicato.
293

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 5444/53 P. R. Roma, 20 febbraio 1942 (per. il 20).

Telegramma di V. E. n. 5231 del 13 corrente (1). Non ho mancato di intrattenere opportunamente la Segreteria di Stato sul contenuto del telegramma 1indicato .in riferimento.

È mia impressione che lo scalpore che è stato fatto nei giorni scorsi dalle radio straniere sull'atteggiamento della Santa Sede nei confronti della Conferenza di Rio, non incoraggerà la Segreteria di Stato ad intervenire, con perJ.coli di ulteriori speculazioni, nel senso indicato dal nostro Ambasciatore a Santiago.

294

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 022 (2). Berna, 20 febbraio 1942.

Il noto Clinton Winant frat·ello dell'Ambasciatore rooseveltiano a Londra, ha fatto perven.ire al R. Console in Losanna le seguenti informazioni, che si trasmettono perché ne giudichi codesto R. Ministero:

«Il Signor C. Winant avrebbe avuto comunicazione dà lasciare la Svizzera il 22 corrente per recarsi negli Stati Uniti, dietro invito di Wendell Willkie, che gli avrebbe procurato un posto di precedenza sulla lista di attesa dei passeggeri di Clipper. All'epoca dell'arrivo di Winant negli Stati Uniti, vi sarebbe una grande riunione, organizzata dal Davis e presieduta da Willkie. Quest'ultimo avrebbe intenzione di pronunciare in quella occasione un discorso di risonanza ed interesse non solo americani ma mondiale, nelle sue linee e nei suoi scopi. Chiederebbe a tutte le potenze in guerra di studiare la possibilità di riunirsi .in conferenza generale, per trovare un accordo di massima che porti ad una soluzione della guerra.

Accennerebbe J.noltre al fatto che, mentre tutti i capi delle nazioni belligeranti hanno parlato di un nuovo ordine mondiale del dopo-guerra, nessuno di loro ha specificato le basi sulle quali questo nuovo ordine sarà fondato. Prendendo questo argomento, WillMe avrebbe intenzione di chiedere a tutte le nazioni se non fosse possibile che questo nuovo ordine venisse da tutti inteso in eguale spirito, e che in esso si venissero a trovare tutti quegli elementi necessari alla generale intesa ed alle necessità di tutte le parti. Willk•ie infine inviterebbe tutti i popoLi del mondo a riflettere su questa proposta, chiedend9 a tutti i capi responsabili di dare il loro più attento esame alla cosa, per porre così fine ad una guerra che diverrebbe, altrimenti, sempre più micidiale.

Questo discorso di Willkie verrebbe preannunciato in tutto il mondo, e specialmente nei paesi neutrali. La stampa svizzera, sempre a quanto mi è stato riferito, farebbe insistente eco al discorso, proponendo alle parti belligeranti di dar scolto a questa proposta avanzata da una delle più grandi potenze in guerra. Da questo movimento in seno alla stampa svizzera, dovrebbe uscire l'uomo al quale verrebbe affidata la missione di prendere i primi contatti con le parti belligeranti: quest'uomo è indicato nella persona di Schulthess, che già in passato ha esplicato ufficiose mansioni diplomatiche» (1).

(l) -Vedi D. 261, nota 2. (2) -Il telegramma non risulta registrato al protocollo d'arrivo.
295

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 023 (2). Berna, 20 febbraio 1942.

Riferimento: mio telegramma per corriere n. 022 del 20 corr. (3).

Il R. Console in Losanna comunica quanto segue:

«Il Signor Schulthess, di passaggio per Losanna, proveniente da Vevey ove risiede una sua figlia, ha chiesto di potermi incontrare, desiderio al quale ho aderito.

Egli mi chiese quale fosse la mia opinione personale, provenendo dagli Stati Uniti, sulla solidità di Willkie e sulla ·influenza di C. Winant. Ho risposto tenendomi sulle linee generali, asserendo che dalla mia partenza dagli Stati Uniti ad oggi troppi avvenimenti sono subentrati a modificare la situazione allora esistente e che la nuova situazione svisa -dato il carattere americano qualsiasi opinione che uno avesse potuto formarsi ·in quell'epoca su personalità politiche del posto.

Dopo di questo il Signor Schulthess entrò in argomento, accennando alla missione che si vorrebbe a lui affidare, ed aggiunse che non era d'opinione di far entrare nelle " démarches " la Sv-izzera come Stato, poiché rdteneva che, al momento attuale, essa era tenuta in ben poca considerazione.

Si dichiarava d'accordo sul principio che questa era una missione "ad un solo uomo", e che sarebbe personalmente favorevole ad assumersi l'incarico, dato che aveva la possibilità di avvicinare gli uomini dell'Asse e gli altri. Mi disse che, dopo aver a lungo parlato con C. Winant, era giunto nella determinazione di favorire, nella sua proposta forma, il progettato discorso di Willkie, discorso che dovrebbe rimanere su tono gener·ico. Al discorso farebbe poi eco la stampa svizzera e possibilmente quelle dd altre Nazioni. Di questo compito della stampa si interesserebbe un noto giornalista americano che per il passato ebbe molte entrées sia nella stampa tedesca che .in quella svizzera in lingua tedesca. Questa persona abita attualmente Ginevra. Il Signor Schulthess ha dichiarato che, dopo il discorso, Willkie consegnerebbe a Winant una lettera

per Schulthess, che egli conosce, dati i molti contatti avuti con il mondo finanziario americano; in questa lettera sarebbe accluso un messaggio per il Cancelliere Hitler, messaggio che, in succinto, confermerebbe le idee espresse nel discorso. Il Signor Schulthess ha asserito di aver modo di giungere, attraverso suoi amici personali nell'entourage del Cancelliere, direttamente alla persona di Hitler.

Questo movimento avverrebbe, al più tardi, verso la fine di marzo. Parlando dell'Inghilterra, il Signor Schulthess disse non doversene tener alcun conto in questi negoziati, dato che, secondo l'opinione espressa dallo stesso Winant, essa doveva considerarsi assolutamente sottostante alle decisioni americane.

Concludendo, il Signor Schulthess ha asserito di intravedere so·lo due difficoltà a questo progetto, e cioè: l 0 ) la posizione e la forza di Willkie in contrasto con quella di Roosevelt; 2°) la scelta del giusto momento per presentare al Cancelliere Hitler questo messaggio di pace>>.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolinl. (2) -Il telegramma non risulta registrato al protocollo d'arrivo. (3) -Vedi D. 294.
296

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 20 febbraio 1942.

D'ordine del suo Governo ed a titolo assolutamente confidenziale, questa Ambasciata del Giappone comunica oggi quanto segue:

<< Il Comando Supremo giapponese si propone fra breve di iniziare operazioni militari nella zona olandese dell'Isola di T.imor. Vi sono peraltro, come è noto, nella zona portoghese dell'Isola stessa, elementi armati inglesi ed olandesi che tuttora la occupano. Il Comando giapponese potrebbe cioè, in queste condizioni, essere ev.entualmente costretto ad allargare il campo delle previste operazioni militari anche al territorio sotto la sovranità del Portogallo. Il Governo di Tokio si proporrebbe in questo caso di ga.rantire l'integrità del territorio del Portogallo, domandandone una riconferma di neutralità.

Il Governo giapponese si rende tuttavia conto che, sopra tutto a causa dene manovre clandestine degli anglosassoni, le relazioni fra il Portogallo e il Giappone potranno, in seguito aUe predette circostanze, attraversare un periodo di estrema delicatezza. Tiene perciò in modo particolare ad tnformare di quanto precede preventivamente il Governo Fascista».

A mia richiesta, H Consigliere dell'Ambasciata del Giappone ha assicurato che al Governo di Lisbona non è stata fatta né sarà fatta alcuna preventiva comunicazione al riguardo.

A titolo personale ha aggiunto di ritenere che, se le circostanze lo richiedessero ed al momento che sarà giudicato più propizio, gioverebbe indubbiamente un intervento amichevole del Governo Fascista presso quello portoghese per indurlo a mantenere nei confronti giapponesi un atteggiamento di comprensione (1).

25 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

297

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 1460/480. Madrid, 20 febbraio 1942 (per. il 25).

Il convegno ispam.o-portoghese, progettato come noto sin dal gennaio '41, ha potuto realizzarsi solo nei giorni scorsi. Già ho avuto l'onore, Eccellenza, di esporvi i motivi del ritardo, motivi che, per quanto riguardava la Spagna, poteva-no riassumersi nel timore che in caso di complicazioni iberiche il Portogallo potesse svolgere una politica di interesse contingente anziché peninsulare e, per quanto concerneva il Portogallo, nella preoccupazione prodotta colà dalle note malcelate aspirazioni paniberiche del Governo di Madrid.

Senonché la situazione in questi ultimi tempi veniva a mutare. Il conflitto europeo si spostava verso oriente; la partecipazione del Giappone e degli Stati Uniti apriva altri campi di battaglia; la maggior prurte dell'America latina si dichiarava a Rio de Janeiro solidale con l'America del Nord; i Giapponesi conquistavano il dominio del Pac·ifico, l'Asse non mostrava più il medesimo interesse per l'entrata della Spagna nella guerra.

Questo stato di cose portava, per la penisola iberica, alle seguenti conseguenze:

a) se il Portogallo non doveva più temere una forte politica falangista che, sostenuta da eventuali vittorie, avrebbe potuto far risorgere le aspkazioni della Spagna ai grandi sbocchi atlantici della penisola, nello stesso tempo il Portogallo, dopo che l'Inghilterra era stata battuta in Cirenaica e Ln Estremo Oriente, non poteva più nutrire l'antica fiducia nella Potenza che gli ha garantito sino ad ora H suo impero coloniale, il terzo del mondo;

b) la Spagna, impoverita dalla guerra civile, osteggiata da Stati Uniti e Gr:an Bretagna nell'ottenimento dei navicerts che consentono la sua stentata vita quotidiana, doveva quasi forzatamente avvicinarsi al Portogallo che tuttora possiede una moneta di valore internazionale, una economia relativamente sana, e che, alleato dell'Inghilterra, non ·incontra cosi gravi ostacoli ai suoi rifornimenti.

In definitiva si può dunque affermare essersi incontrati a Siviglia non già i rappresentanti di due «forze», ma piuttosto i rappresentanti di due « debolezze » che reciprocamente cercano di appoggiarsi per meglio far fronte alle difficoltà del momento.

Pochi commenti ad alcune delle questioni trattate a Siviglia ed accennate per sommi capi nei miei telegrammi nn. 160 (1), 177, 178 e 179 (2).

l) Eventuale attacco al Portogallo da parte degli angloamericani. Questo Ambasciatore di Germania, come ho riferito, ha comunicato a Serra-no le 1stru

zioni ricevute, a suo tempo da Ribbentrop. Stohrer ha fatto cioè sapere a questo Governo che se la Spagna dovrà un giorno intervenire a favore del Portogallo le truppe tedesche sa.ranno di rincalzo all'esercito spagnolo. La cosa era ovvia e non vi era bisogno di dichiarazioni al riguardo. Ma poiché Salazar certamente comunicherà la minaccia a Londra, l'Inghilterra, e quindi l'America, non potra-nno avere più alcun dubbio in proposito e saranno più che mai convinte che un attacco al Portogallo scatenerebbe la guerra nella Penisola. L'avvertimento di Ribbentrop ha dovuto quindi sortire pieno effetto.

2) Eventuale dichiarazione di neutralità da parte Spagna. Il discorso del Caudillo l'indoma-ni dei colloqui di Sivdglia, in cui H Capo dello Stato spagnolo afferma la volontà della Spagna di partecipare alla crociata antibolscevica fino al suo termine (mio telegramma n. 164) (l) ribadisce i principi antimarxisti del regime, esclude che la Divisione Azzuna possa essere ritirata ed implicitamente viene a stabilire che la Spagna dalla « non belligeranza » non tornerà alla «neutralità».

3) Conclusioni. Indubbio che il convegno rappresenta un successo per l'Asse dato che è il Capo del Governo di Stato alleato alla Gran Bretagna che si è recato in paese non belligerante legato alla politica dell'Asse.

Indubbio che il convegno significa un successo di Serrano che lo ha voluto malgrado le esitazioni del Portogallo ed il boicottaggio degli anglo-americani. Minacciato dai suoi noti kreducibili nemici interni il Ministro degli Esteri spagnolo ha cercato e trovato il diversivo che polarizzasse il modo di rafforzare la sua posizione presso il Caudillo.

Indubbio infine che J.'atmosfera tra Spagna e Portogallo è oggi schiarita.

L'unica domanda da farsi è fino a quando potrà durare questa serenità di relazioni. Portogallo e Spagna non sono infatti mai stati amici né mai potranno esserlo. Non appena le cond~zioni che haJnno portato al convegno muteranno, il sentimento genuino dei due popoli non mancherà di alfiorare. Nella stampa e nelle pubbliche dichiarazioni si tesse oggi l'elogio del Presidente del Consiglio e del popolo portoghese, ma non è possib]le dimenticare come solo ieri il primo venisse definito un incapace ed un incompetente ed il secondo un incrocio di fenici-ebrei-negri. Se la Spagna dovesse dunque entrare in guerra per imposizione dell'Asse, ovv·ero per avvenimenti bellici che essa giudicasse favorevoli od anche ineluttabili, le dilfidenze lusitane verrebbero necessariamente a risorgere e con esse l'antica insormontabile ba.rriera tra i due popoli.

Spagna e Portogallo mai hanno potuto seguire 'la stessa via e perseguire il medesimo fine. Un eventuale aumento di potenza della Spagna porterà sempre fatalmente con sé il risvegliarsi delle nostalgie spagnole del .tempi in cui Filippo II aveva riunito nella sua persona le due corone ed unificato la penisola, nonché l'approfondirsi della radicata e non errata convinzione che gli sbocchi oceanici di Lisbona e di Oporto altro non sono che gli estuari del Tago e del Duero, fiumi peninsulari che scaturiscono dalla «meseta » e scorrono per due

t&zi in terra spagnola. Il Portogallo da parte sua, di fronte a tali ambizioni. ed anche esso ha ragione, dov;rà ricordare come debba ai cinquantaquattro anni della proverbiale pessima amministrazione madrilena (oggi non molto migliorata) la perdita del fiore dei suoi domini d'oltre mare.

(l) -T. s.n.d. 1169/160-161 r. del 14 febbraio 1942, ore 20,25, per. ore l del 15, non pubblicato. (2) -Vedi DD. 286 e 287.

(l) Vedi D. 286, nota l p. 323.

298

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RR. S. N. D. PER TELESCR. 1307/285 R. Berlino, 21 febbraio 1942, ore 12,30.

Woermann mi ha dato lettura in via strettamente confidenziale del rapporto inviato dall'Ambasciatore di Germania a Madrid relativo ai colloqui avvenuti Siviglia tra il Generale Franco e il Ministro Salazar. Il rapporto riproduce una conversazione avuta dall'Ambasciatore stesso col Ministro Serrano Sufier.

Riassumo i punti principali di tali colloqui: 0 ) Salazar non ha nascosto i suoi sentimenti di simpatia per l'Inghilterra, ma entrambi gli interlocutori si sono scordati nel definire pe1icoloso e inopportuno l'atteggiamento dell'America.

2°) Il Ministro del Portogallo ha dichiarato che era intenzione assoluta del suo paese di difendersi con le armi contro qualsiasi tentativo di occupazione di isole o di territori portoghesi da pa·rte di qualsiasi potenza estera. Il Caudillo gli ha dichiarato che la Spagna interverrebbe immediatamente con le armi contro chiunque violasse territori portoghesi, e ciò avrebbe fatto anche se il Portogallo non si fosse difeso, era quindi particolarmente lieto della dichiarazione fattagli da Salazar circa la sua intenzione di difendersi in ogni caso.

3°) Alla domanda fattagli da Salazar se la Spagna avesse dovuto resistere a particolari pressioni da p3irte della Germania, che avrebbe desiderato il suo intervento ~n guerra, Franco rispose dicendo che, anche se tali pressioni fossero avvenute in un tempo, i rapporti fra la Spagna e la Germania non ne avevano sofferto ed erano, ora come sempre, fiduciosi e cordiali.

4°) La conferenza fra i due uomini di Stato iberici aveva lasciato in entrambi profondi sentimenti di simpatia e di soddisfazione. Era stata decisa anche la costituzione di una commissione per regolare gli scambi commerciali tra i due paesi.

5°) Salazar aveva apertamente parlato del nuovo ordine europeo e della necessità per Portogallo di collaborarvi.

6°) L'Ambasciatore di Germania aveva l'impressione che quanto Serrano Sufier gli aveva riferito rispondeva in linea di massima alla realtà dei fatti.

299.

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 229/124. Parigi, 21 febbraio 1942 (per. il 27).

Giovedì 19 corr. si è aperto il processo di Riom, e dopo fe prime due udienze la Corte si è aggiornata a martedì 24 febbraio.

L'Ufficio Stampa di quest'Ambasciata e quello del Consolato di Lione hanno riferito giornalmente e continueranno a riferire sullo svolgimento de1 dibattiti e sui commenti della stampa. Riassumo di seguito ,alcuni punti più importanti per opportuna documentazione.

Anzitutto, com'è noto, il processo si fa, non ru colpevoli della dichiarazione

o della condotta della guerra, ma ai responsabili dell'impreparazione militare, e il titolo d'·accusa è «per tradimento dei doveri della carica e attentato alla sicurezza dello Stato 1.>. Gli accusati sono, si sa pure, gli ex Presidenti del Consiglio Blum e Daladier, l'ex Ministro dell'Aria Guy La Chambre, il Generale Gamelin e il Controllore Generale Jacomet, nonché l'ex Ministro dell'Aria Pierre Cot, quest'ultimo attualmente contumace e rifugiato in America.

Non compaiono al processo né l'ex Presidente del Consiglio Paul Reynaud, né l'ex Ministro Mandel, che tuttavia rimangono in stato di detenzione al forte di Portalet, e s'ignora se e quando saranno anche essi giudicati.

Le imputazioni rivolte partitamente ai singoli imputati sono le seguenti: -contro Daladier: imperizia nella preparazione della mobilitazione nazionale e, particolarmente, della mobilitazione industriale; imperizia nell'organizzazione, .istruzione e dotazione di armamenti per le forze armate; debolezza di fronte alla propaganda sovversiva che ha compromesso il rendimento delle fabbriche di materiale belJico; dichiarazioni inesatte al Parlamento sulla preparazione militare del Paese; -contro Blum: ha compromesso la difesa nazionale con l'applicaz.ione della legislazione del lavoro, rendendo impossibile il ricorso alle ore supplementari di lavoro; ha nazionalizzato le fabbriche di armamenti in modo dannoso per la difesa nazionale; ha tollerato agitazioni sociali ed occupazioni di fabbriche che hanno causato notevole diminuzione della produzione di armamenti; contro Gamelin: imperizia nell'istruzione dell'esercito; negligenza nel non aver promosso la fabbricazione degli armamenti ed equipagg1amenti necessari e nel non aver preparato la mobilitazione industriale; ha, nel corso delle ostilità, fatto adottare un'organizzazione difettosa dell'Alto Comando; -contro Piene Cot: imperizia nell'organizzazione dell'arma aeronautica; ha applicato la legge sulla nazionalizzazione in modo da aggravare l'insuff1cienza della produzione aeronautica; ha consegnato ai Governo !l"epubblicano spagnuolo apparecchi destinati all'aeronautica francese, specialmente aeroplani moderni; -contro Guy la Chambre: debolezza di fronte all'agitazione rivoluzionaria, che ha aggravato l'insufficienza della produzione aeronautica; ha presen

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tato a diverse riprese dati inesatti sui risultati della produzione aeronautica; ha rallentato la preparazione della difesa nazionale; non ha controllato l'esecuzione dei mezzi propri a realizza·rla;

-contro Jacomet: imperizia nella esecuzione dei contratti di guerra, nella sorveglianza della fabbricazione di armamenti;

-contro Pierre Cot: ha apportato un grave colpo al morale ed al potenziale dell'aviazione francese; ha consegnato ai reptlbblicani spagnuoli una quarantina di apparecchi, forse anche più, fra cui un prototipo e diversi modelli di serie.

Secondo la procedura francese, prima ancora dell'escussione dei testi, ha avuto luogo una specie di dibattito preliminare.

Gamelin ha dichia;rato che non avrebbe risposto alle accuse per non essere costretto a fare nomi e J)€r non trascinare l'Esercito nel dibattito. I difensori di Gameltn hanno fatto rilevare che è per coprire la responsabilità dei suoi subordinati che il Generale intende mantenere il silenzio, aggiungendo che il vero responsabile degli avvenimenti è il disordine proprio delle democrazie; e su questa posizione negativa Gamelin è rimasto fermo.

Daladier e Blum hanno contestato il procedimento e la comJ)€tenza dell'Alta Corte. Blum ha accusato Gamelin e i suoi collaboratori della disfatta della Francia e, insieme con Daladier, ha chiamato arbitraria la decisione della Corte di limitare >l'istruttoria agli atti di Govel'IIlo compiuti tra il giugno 1936 (avvento al potere del Fronte Popolare) e l'entrata in guerra della Francia (settembre 1939). Lo stesso Blum ha posto la domanda se il riarmo non dovesse, invece che nel 1936, incominciare nel 1934, quando il Gabinetto Doumergue respinse l'offerta per una riduzione degli armamenti fatta da:l Cancelliere Hitler.

Blum e Da!ladier hanno inoltre richiesto un supplemento di istruttoria per far includere nel processo, non soltanto i Capi militari, ma anche i Ministri responsabili dei Governi precedenti e susseguenti al periodo contemplato dall'atto di accusa.

Ambedue hanno fatto sfoggio della loro vecchia oratoria. Hanno parlato non da accusati, ma da antichi parlamenta;ri, e hanno tessuto l'apologia dei propri Governi, e Blum quella del Fronte Popolare. Secondo testimonianze unanimi, l'aula di Riom è sembrata trasformarsi, in certi momenti, in quella del-l'antico Parlamento. Blum ha tra l'altro dichiarato: «...saremo noi i difensori della Repubblica e della democrazia ... », e Daladier: << ...vedremo quando, come e da chi la Francia è stata tradita... ».

Il Procuratore Generale ha respinto tutte le obiezioni fatte dagli imputati e dai loro avvocati; e ha riaffermato che la causa principale della disfatta è stata l'insufficienza degli armamenti, e che tale insufficienza è il risultato di una politica che è anteriore alla dichiarazione di guer.ra. Quanto alla data del 7 giugno 1936, ha osservato che è questa la data della rioccupazione della Renania. Ha citato un discorso di Daladier del dicembre 1939, nel quale è detto: «...ad ogni modo è certo che a partire dal 1936, non vi poteva essere alcun dubbio sulla necessità di costruire un importante materiale da guerra ... ». È stato a così dire Daladier che ha fissato in tal modo al giugno 1936 l'inizio del periodo d'istruttoria.

Un particolare interessante è che il 16 ottobre 1941, successivamente cioè alla costituzione dell'Alta Corte e all'inizio dei suoi lavo·ri, il Maresciallo Pétain, con decisione presa su avviso di un Comitato di difesa politica, ha dichiarato tre degli accusati, Daladier, Blum e Gamelin, colpevoli di « tradimento dei doveri della [oro carica», e ha ordinato la loro detenzione. Ciò che ha dato facile giuoco a Daladier e a Blum di dichiarare che essi sono dei condannati, e non degli accusati. A questa obiezione risponde preliminarmente l'atto di accusa in quanto stabilisce formalmente che la decisione del Capo dello Stato lascia intatti i poteri della Corte e non costituisce, nei r.iguardi degli incolpati, •alcun pregiudizio di colpabllità; e questo punto di vista è stato riaffermato in udienza dal Presidente della Corte e dal Procuratore Generale.

Altro particola.re interessante, che risulta dall'atto di •accusa, è che al momento dell'entrata in guerra, la Francia non poteva mettere in linea un solo aeroplano moderno da bombardamento.

Trascrivo, ad ogni buon fine, il comunicato della Wilhelmstrasse, pubblicato dai giornali fxancesi, che precisa il punto di vista tedesco sul processo:

«Quello che .interessa di più i circoli politici tedeschi nel processo di Riom è, dal punto di vista storico, di sapere come Daladier e i suoi collaboratori si sono lasciati trascinare a dichiarare la guerra al Reich. A Berlino si crede che se da parte francese si tentasse di diminuire la portata del processo per provare che la sconfitta della Francia era dovuta a imprevidenza ed errori di alcune personalità, il problema così posto non sarebbe conforme alla verità.

Alla Wilhelmstrasse si crede che questo processo non avrà il suo vero significato che se giungerà a chia•rire la questione fondamentale, che è di sapere perché il Governo francese ha potuto decidersi a dichiarare la guerra alla Germania, quando i responsabili di questo atto, e cioè il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari ESTERI, dovevano conoscere abbastanza bene la situazione militare ed economica del paese e gli sforzi che aveva fatto il Reich per giungere :ad nn'intesa tra le due Nazioni, come lo testimoniano gli Accordi firmati nel Salone dell'Orologio nel 1938.

Si dice inoltre alla Wilhelmstrasse che si dovrebbe finalmente conoscere durante il corso del processo quali promesse l'Inghilterra abbia fatto a quell'epoca al Signor Daladier e quali mezzi furono adoperati per indurre il suo successore, n Signor Reynaud, a seguire la stessa politica. Viceversa le manov·re di corruzione e gli scandali che potranno venire alla •luce dal processo di Riom non interessano per niente i circoli berlinesi ».

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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. R. 750/363. Lisbona, 21 febbraio 1942 (per. il 28).

Ho avuto con l'Ambasciatore Nicola Franco una lunga conversazione sull'incontro di Siviglia, che r.iassumo qui di seguito:

L'Ambasciatore ha premesso che già da tempo si em vista dalle due parti l'opportunità di uno scambio diretto di idee fra i due Capi e che solo circostanze contingenti avevano ritardato il colloquio fino alla settimana scorsa. Dopo aver sperimentato favorevolmente, ha detto Franco, il funzionamento dell'accordo del 1939 e del Protocollo addizionale dell'anno seguente il quale ultimo documento è praticamente e sostanzialmente molto più importante del primo, si è venuti ne'Ha determinazione di riaffermare in quelle stesse linee la condotta politica dei due Paesi, ciò che avrebbe potuto avvenire con uno scambio aperto e diretto di idee e dl propositi fra i due Capi di Governo responsabili. E nella situazione internazionale odierna, la cosa è apparsa tanto più opportuna. Sotto tale precipuo aspetto bisogna dunque considerare, ha affermato il mio lnterlocutore, l'incontro di 8iviglia.

Dopo avere accennato fugacemente alla situazione economica dei due paesi, difficile in !spagna precaria in Portogallo, che sarebbe stata esaminata allo scopo di addivenire a possibili provvidenze di reciproco vantaggio, (miei telegrammi n. 315 (l) e 319 (2) e telespresso n. 321) (3) e nello stesso modo riferitosi al proposito dei due governi di vigila·re d'intesa gli elementi torbidi che cercano agire dai due lati della frontiera, Nicola Franco si è addentrato in una esposizione alquanto diffusa delle conversazioni avvenute fra il Caudillo e Salazar, su tema più propriamente politico.

Fra i due Capi si è anzitutto voluto sgombrare l'orizzonte di una nube, anzi della nube che qua:lche volta proietta delle ombre sulle relazioni ispanoportoghesi. Posto l'a;rgomento da Salazar, il Generalissimo ha assicurato che nessuna mira annessionistica nei riguardi del Portogallo era da attribuire a lui ed al suo governo e che da Madrid non si guarda alla grave situazione esistente e agli sviluppi che ne possono comunque derivare con idee e propositi di quel genere. A sua volta il Caudillo ha chiesto a Salazar come si regolerebbe il Poil"togallo in caso di aggressione. «Ad ogni aggressione, da qualsiasi parte proveniente, ci opponemmo con le armi -avrebbe risposto il Capo del Governo portoghese, specificando -ci difenderemo a fondo sul territorio metropolitano, come pure nell'arcipelago e nelle colonie con i mezzi più limitati di cui là disponiamo». Anche contil"o l'Inghilterra? » ha voluto precisare il Caudillo. << Anche contro l'Inghilterra», ha decisamente replicato Salazar.

Sono state poi fatte le varie ipotesi sulla fine del conflitto: vittoria degli Alleati o vittoria dell'Asse, pace di compromesso.

Il Caudillo ha osservato che in caso di vittoria delle democrazie, grave pericolo correrebbero i due attuali Governi di Madrid e di Lisbona. Salazar in risposta ha fatto la seguente precisazione: non ritiene egli che una vittoria angloamericana potrebbe disturbarlo profondamente; ma, allo stato delle cose, non si può non considerare che una «vittoria degli alleati» lascerebbe l'Europa nelle mani della Russia bolscevica, più o meno completamente, il che, a giudizio di Salazar, è da evitare in tutti .i modi. A questo punto il Generalissimo ha ricordato la rivoluzione di Spagna e lo spirito che l'ha animata e continua ad animare il Governo nazionale. Pur sapendo, egli avrebbe detto, che nessun bisogno

di aiuto aveva l'esercito tedesco che si è mosso contro i bolscevichi, io ho tenuto ad esprimere anche materialmente la mia adesione a quella guerra, con l'invio della mia divisione azzurra sui campi di battaglia dell'est: una divisione è poco, è nulla, effettivamente; ma dice la nostra volontà e benché la Spagna si trovi in condizioni difficilissime, con poche armi, con pochi mezzi di ogni genere, con molte ferite ancora da rimarginare, se vi sarà bisogno, ha affermato il Generalissimo Franco, farò tutti gli sforzi che mi saranno consentiti ed invierò contro i bolscevichi ancora un milione di combattenti spagnuoli. Preso forse dall'entusiasmo del Caudillo, il dottor Salazar dichiarò a sua volta che in caso di necessità anche il Portogallo avrebbe combattuto contro n bo·lscevismo.

In relazione alla seconda ipotesi, vittoria dell'Asse, il Capo del Governo portoghese ha detto che lo turbava il pensiero di una «egemonia economica tedesca mal compresa». Da questa dichiarazione si è venuti a parlare fra i due Capi dell'organizzazione futura dell'Europa. Il Sa·lazar non ammetterebbe, secondo quanto mi ha riferito l'Ambasciatore Nicola Franco, classifiche restrittive e compiti esclusivi per le varie nazioni. Egli ha specificato che, a parte altre considerazioni, non potrebbe, pe.r esempio, il Portogallo, -limitarsi a divenire un paese esclusivamente agricolo, dato il rapporto tra popolazione e spazio disponibile per l'agricoltura. Nei paesi demograficamente ricchi, ha continuato Salazar, l'industria è, oltre tutto, una necessità per l'impiego di coloro che non possono trovare tem·a da coltivare.

E quindi, il Presidente del Consiglio portoghese ha con speciale interesse parlato delle Colonie. Nell'interesse stesso dell'Europa, dovrebbe il Portogallo poter conservare i suoi possedimenti coloniali, tanto più necessari questi per l'economia del vecchio Mondo, dopo il prevedibile sgretolamento dell'Impero inglese.

La te.rza ipotesi, pace, cioè, di compromesso, avrebbe suggerito al dottor Sa· lazar i migliori argomenti per la più stretta ed intima collaborazione ispano-lusitana. In una tale eventualità, crede il Salazar che la voce unisona dei due paesi avrebbe molto da dire e molta probabilità di farsi ascoltare.

Dall'insieme delle conversazioni che hanno avuto luogo a Siviglia, si è tratta l'impressione, mi ha detto Nicola Franco, che il Salazar pensi con spirito più «europeo >> che « atlantico» o filo-Lnglese. Alla base di tutto, come ho sempre riferito, sta però nel pensiero e nella condotta politica del Capo del Governo portoghese, il fermo proposito di conservare la neutralità.

Da quanto ha asserito l'Ambasciatore di Spagna, le conversaz·ioni. sempre in tono molto cordiale, si sarebbero svolte ampiamente sui differenti punti suggeriti dalla situazione attuale ed in relazione e continuazione alla politica dei due Paesi; ha egli avuto però l'aria di voler escludere che siano stati fissati nuovi e particolari •impegni. A questo proposito riferisco che qui, in qualche ambiente, si vorrebbe viceversa che a Siviglia sia stato firmato un nuovo aceordo composto di otto punti, di cui il la e il 2° stabilirebbero precisamente il carattere del reciproco aiuto militare in caso di aggressione al Portogallo o di passaggio delle truppe dell'Asse attraverso la Spagna, contro la volontà di quest'ultima. Nell'articolo 4° si parlerebbe di blocco comune per la neutralità, formato da Spagna, Portogallo e Francia non occupata. Ai punti 3, 5, 6 e 7, si stabilirebbero accordi per l'utilizzazione del naviglio disponibile nei trasporti transoceanici e le merci da scambiare; all'Bo la collaborazione dei servizi di polizia contro il comunismo.

Anche se così, nulla vi sarebbe di diverso da quanto previsto nella sostanza della materia trattata a Siviglia; ma se pure logico e formalmente giustificato in base agli stessi accordi precedenti, costituirebbe tuttavia un interessante indice l'impegno voluto specificare al punto 2°, relativamente all'eventuale passaggio di truppe dell'Asse attraverso la Spagna.

Verso la fine della nostra conversazione ho voluto chiedere all'Ambasciatore Nicola Franco cosa pensasse della Francia; mi ha risposto: «Ho suggerito a mio fratello di occuparsene per far schiarire ·l'atmosfera tra Vichy e l'Asse; bisognerebbe trovare il mezzo di intendersi con reciproca fiducia».

(l) -Non rinvenuto. (2) -T. 1133/319 r. del 12 febbraio 1942, ore 22,20 non pubblicato. (3) -Telespr. 648/321 del 16 febbraio 1942, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI

T. 6375/27 P. R. Roma, 22 febbraio 1942, ore 2.

Vostri 33 e 36 (1).

Vogliate comunicare a Ministro Affari Esteri che R. Governo non solo non ha alcuna obiezione ma vede anzi con piacere 1niziativa Governo finlandese di istituire una Rappresentanza diplomatica permanente presso Vaticano. Potete aggiungere che R. Governo è disposto -ove Governo finlandese lo desideri a farsi tramite presso la S. Sede per sondarne preventivamente le intenzioni.

Telegrafate (2).

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BRATISLAVA, RONCALLI

T. 6376/15 P. R. Roma, 22 febbraio 1942, ore 2.

Questo Ministro di Slovacchia ha fatto conoscere che il Presidente Tuka proporrebbe la data del 9 aprile per effettuare la sua progettata visita a Roma.

Vogliate far conoscere al Presidente che la sua visita ci è molto gradita e, che effettivamente, come ebbi a suo tempo a comunicare a codesto Governo (3) sarebbe stato nostro desiderio che la visita avesse luogo in primavera. Per il mese di aprile però io ho già da tempo preso altri impegni.

Mi ,riservo quindi di indica·re a suo tempo l'epoca nella quale mi sarà possibile accogliere il gradito ospite ( 4).

(l) -Vedi DD. 288 e 291. (2) -Questo telegramma e i due in riferimento furono trasmessi ad Attollco con T. per corriere 6522 p.r. del 23 febbraio 1942 ore 8. Per la risposta di Cicconardi vedi D. 306. (3) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 806. (4) -Con T. per corriere 1441/09 r. del 25 febbraio 1942, non pubblicato, RoncaiJ! Informò di aver effettuato la comunicazione.
303

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. s. P. 1/1012. Roma, 22 febbraio 1942.

Il rapporto col quale hai informato circa lo stato degli interessi italiani nel Protettorato di Boemia e Mnravia {l) è stato qui letto con molta attenzione e si è preso atto, con rammarico, dei fatti e delle circostanze da te segnalati.

La situazione riferita dal R. Console Generale in Praga, indubbiamente dovuta allo zelo d1 funziona.ri locali, contrasta in alcuni settori con quelli che devono essere i mpporti e la tutela degli interessi fra i due Paesi alleati ed anche con evidenti necessità di prestigio (come, per esempio, nel caso delle tessere annonarie che danno agli italiani un trattamento inferiore a quello riservato ai tedeschi).

È pertanto necessario che nei consueti amichevoli termini, e presentandosene una favorevole occasione, tu intrattenga al riguardo Ribbentrop, al quale, d'ordine del Duce, vorrai esporre 'Ì vari ed ovvi motivi che rendono opportuno un cambiamento di atteggiamento da parte dei competenti organi del Protettorato.

Senza in alcun modo dare alle tue parole il carattere di un <<passo», potrai così lumeggiare a Ribbentrop uno stato di cose sul quale egH è certo non completamente informato ma che deve, comunque, essere ripristinato nei termini della cordiale ed amichevole collaborazione esistente tra i nostri due Paesi (2).

In attesa di un tuo riscontro ...

304

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 22 febbraio 1942.

Ho avuto un lungo colloquio con n Primo Ministro Gailani. Egli ha tenuto a spiegarmi quali erano le sue intenzio~1i e le direttive della sua politica. In breve quello che egli mi ha detto si può riassumere nei seguenti punti:

1°) l'Iraq è uno Stato indipendente e questa sua indipendenza esso desidera sia completa;

2°) il popolo iracheno è interessato a che non solo l'Iraq sia indipendente ma lo si8!no anche gli altri Paesi Arabi del Vicino Oriente;

3°) il desiderio degli Arabi del Vicino Oriente è quello di poter costituire una unità comprendente l'Iraq, la Siria, il Libano e la Palestina.

In base a questi concetti il signor Gailani ha tenuto a dirmi che egli come patriota arabo e come interprete del sentimento degli Arabi non poteva disinteressarsi della sorte e dell'avvenire dei Paesi Arabi del Vicino Oriente per limitarsi solo alla questione dell'indipendenza dell'Iraq. Egli mi ha lungamente spiegato che egli doveva essere considerato non solo come il Primo Ministro dell'Iraq ma anche come uno dei capi del movimento arabo e che egli era impegnato con gli altri capi di questo movimento a fare tutto il possibile per realizzare le aspirazioni di indipendenza e di unità dei Paesi Arabi.

In tutto il corso di questa esposizione il signor Gailani mi è sembrato particolarmente preoccupato di mettere in rilievo l'importanza che egli attribuiva alla sua persona e alla sua opera in relazione al problema generale dell'indipendenza dei Paesi Arabi.

Ho detto al signor Gailani che comprendevo benissimo quello che era il suo pensiero e la sua posizione e che noi lo consideravamo non solo come Primo Ministro dell'Iraq ma anche come uno dei capi del movimento arabo come lo era il Gran Mufti. Questa era la ragione per la quale noi vedevamo con soddisfazione la sua stretta collaborazione con il Gran Mufti che speravamo sarebbe continuata così cordiale come è stata finora.

Venuti a parlare del Trattato e della Dichiarazione che il signor Gailani ha presentato all'Eccellenza il Ministro (1), il signor Gai1ani ha voluto mettermi in rilievo che egU desiderava:

2°) che egli desiderava anche poter concludere un Accordo con l'Italia e con la Germania che predisponesse un regime di collaborazione fra questi due Paesi e l'Iraq.

Gli ho detto che per tutto quello che l'igua·rdava questi problemi l'Italia agiva in perfetto accordo con la Germania e che i due Governi si tenevano in contatto per l'esame dei documenti che egli aveva presentato al Conte Ciano come aveva già presentato a Berlino. Per la Dichiarazione gli ho ripetuto che non vi era alcuna difflcoltà sul fondo della cosa poiché la Dichiarazione era stata già da tempo concordata con il Governo tedesco. ma come egli sapeva si stava considerando l'opportunità di rinviare questa Dichiarazione a un momento più favorevole, quando cioè le promesse di aiuto implicite nella dichiarazione avessero potuto avere almeno una possibilità si pratica attuazione. Quanto al Trattato il Ministero degli Esteri era in contatto con l'Ambasciata di Germania per esaminare la cosa e che nell'insieme si riteneva possibile negoziare un atto del genere se non proprio nella forma di un Trattato almeno in quella di uno scambio di lettere.

Il signor Gailani mi ha detto che qualunque forma era da lui accettabile ma che egli teneva molto a che l'Accordo fosse concluso ed io l'ho assicurato che si faceva tutto H possibile per mettere a punto le cose. Il signor Gailani mi ha anche prospettato l'ipotesi di concludere l'Accordo senza attendere la dichiarazione per tutti i paesi Arabi. Non ho risposto su questo punto sapendo

quanto il Gran Mufti sia ostile ad 'Una procedura di questo genere. Ho particolarmente insistito con Gailani su due concetti: l 0 ) sulla assoluta solidarietà itala-tedesca nella questione araba;

2°) sul nostro desiderio che i suoi rapporti con il Mufti fossero mantenuti sul piano della maggiore intimità e cordialità.

Questo mi è sembrato utile perché dalle involute e prolisse parole di Gailani mi era sembrato di rilevare la sua preoccupazione che l'Italia intendesse trascurare la sua persona e il problema dell'Iraq per dare maggiore rilievo e importanza all'opera del Mufti.

(l) -Vedi D. 279. (2) -Per la risposta di Alfieri vedi DD. 400 e 411

l 0 ) poter portare ad una conclusione la questione della Dichiarazione che, d'accordo con il Gran Mufti, avrebbe dovuto essere fatta ad ambedue;

(l) Vedi DD. 252 e 272.

305

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANTUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELEFONO 1356/74 R. Budapest, 23 febbraio 1942, ore 14,50.

Alla persona dell'Eccellenza Ciano.

Bardossy al quale ho consegnato stamane vostro messaggio del 17 corrente

l) che sarà impossibile soddisfa.re nostra richiesta nella misura indicata nella Vostra lettera, da esiguità scorte a disposizione del Governo ungherese;

2) che con tutta la sua buona volontà sarà difficile tenere riservata non soltanto attuale trattativa ma ogni ulteriore spedizione del genere, dato che ogni quantitativo esportabile e non esportabile è numerato, conosciuto qui e fuori di qui;

3) che farà comunque quanto è nei suoi mezzi per non risponderVi negativamente in un momento come questo e ad una richiesta come la presente.

(l) mi ha detto che nello spirito dell'amicizia italo-magiara e degli amichevolissimi rapporti con V. E. esaminerà in maniera approfondita la questione coi suoi organi tecnici e Vi invierà una sua risposta scritta al più presto. Bardossy mi ha incaricato intanto di comunicarVi:

306

IL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5810/43 P. R. Helsinki, 23 febbraio 1942, ore 20,47 (per. ore 0,40 del 24). Telegramma di V. E. n. 27 (2). Eseguita comunicazione prescrittami.

Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che accetta con viva soddisfazione nostra offerta, perché era già proposito suo Governo, ove iniziativa finiandese avesse trovato fa'Jorevole atmosfera presso il Governo Italiano, chiedere mediazione per sondare intenzioni Vaticano. Se risultato sarà positivo egli darà corso consuete pratiche gradimento.

Ministro degli Affari Esteri mi ha pregato tra&mettere fin da ora a V. E. espressioni suo vivo compiacimento riconoscenza.

(l) -Vedi D. 278. (2) -Vedi D. 301.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. s. 2938. Berlino, 23 febbraio 1942.

Davanti al caminetto di una sala della villa di Wannsee -dove due sere addietro si era piace·Jolmente e simpaticamente intrattenuto il celebre Maestro Furtwangler, cne si era abbandonato ad una interessantissima scorribanda politico-artistica sull'Italia esaltando le realizzazioni del Fascismo anche in questo campo -ieri sera abbiamo fatto parlare il professar Morell che avevo invitato in piccolo gruppo per festeggiare la consegna di una onorificenza italiana a lui conferita.

Theo Morell è un uomo molto interessante, egli è da se'i anni il medico personale del Flihrcr, lo accompagna dovunque, eù è forse la persona che meglio di tutti al mondo lo conosce, perché certe cose non si dicono che al proprio confessore e al proprio medico, e non risulta che Hitler frequenti sacerdoti. La signora Morell, lei, quasi non dice parola. Abita gran parte dell'anno con quattro cani, in una villa qui vicino, sulla piccola penisola di Schwanenwerder, e il marito le telefona più volte al giorno, dal Quartier Generale.

Morell non ha ancora sessant'anni. Egli è piuttosto grosso e piuttosto basso, calvo, con due occhiali pesanti che smorzano la vivacità di due occhi assai smaliziati. Ha una strana voce insinuante, con modulazioni quasi femminili, e una bocca larga e sorridente. Non ha figli. È il tipo classico del medico per le signore e, infatti, a loro deve gran parte della sua fortuna. C'è un po' d'avventura, nel suo passato. È stato medico di bordo, ha fatto il periplo dell'Africa, ha diretto un ospedale di malattie tropicali, nell'America del Sud, aveva concorso per un posto di medico di circondario, in Argentina, prima che scoppiasse la guerra del 1914. È stato al fronte occidentale in prima linea, durante quel conflitto, poi ha diretto un lazzaretto dove eramo ricoverati alcune centinaia di prigionieri. Fino ad allora, i suoi studi si erano aggirati fra le malattie tropicali e quelle infettive. Ma dopo la guerra, a Berlino, Morell apre uno studio in Kurftirstendamm e si specializza nelle cure a base di ormoni. È il momento della Berlino tumultuosa e anticipatrice: dell'inflazione, delle antinomie, degli esperimenti di tutti i generi. Il momento in cui questi medici modernissimi che sembrano possedere il segreto di aumentare le forze della vita, di rinnovare le energie, di allontanare i rilassamenti della vecchiaia, hanno una straordinaria fortuna. È il momento in cui tutti leggono «Il mondo nuovo» di Aldous Huxley, e le sue pittoresche fig,trazioni contengono già, nell'utopia, granelli di realtà. Il Gabinetto del dottor Morell è frequentato sopratutto da attrici del cinematografo, da attori, da quel curioso misto di persone che formava, allora, la mondanità del Kurftirstendamm. Anche Theo Morell è un poco artista. Egli adora curare quella gente. Non è tanto il denaro che gli recano, quanto il quadro umano che presentano al suo sguardo di scienziato.

Quasi con l'epoca dell'andata al potere dei nazisti coincide un nuovo orientamento degli studi del MoreH, verso le vitamine. Queste sono elemento prrimario, linfa che alimenta il succo degli ormoni. Si parla tanto di razza, Morell studia il modo di accrescere la sanità e la potenza della razza. Oggi i bambini delle scuole e i lavoratori dell'industria pesante ma.ngiano, come una volta succhiavano cioccolatini e cicche di :;:igaro, le vitamine del dott. Morell, mentre cacao e tabacco difettano.

L'incontro fra Hitler e Morell è casuale. Il fotografo personale del Ftihrer (Heinrich Hoffmann, il falso gobbo) è gravemente malato, a Monaco. Si manda a prendere Morell, che allora è il medico berlinese alla moda, in aeroplano. Difficile è curare Hoffmann che, appena migliora un po', salta su dal letto per cercare nell'armadio le bottiglie di liquore, ma Morell dirada le assenze da Monaco, rimane molto tempo vicino a lui, lo guarisce. Hitler vuoi molto bene a Hoffmann (come vuole molto bene a Baldur von Schirach che ha sposato la figlia del fotografo, il quale ha ricevuto frattanto dal Fiihrer il titolo di professore), Hitler va spesso a trovsrlo, conosce Morell, si intrattiene a lungo con lui e una volta, infine, lo invita all'Obersalzberg e gli offre di divenire suo medico personale.

Tutto questo era fatale. Morell è un uomo che doveva necessariamente piacer·e al Ftihrer, per quel che in lui vi è di artistico, di avventuroso, e vorrrei dire di spregiudicato e di rivoluzionario nella indagine medica. Certo il Ftihrer esercita su chi gli sta accanto una influenza suggestiva. Ma per !a stessa ragione è da credere che la subisca. Morell lo cura lentamente. Di che cosa? Di un male di stomaco. «Ma potete garantirmi la guarigione?» «Garantisco: avvertirete in sei mesi un leggero miglioramento, in diciotto un miglioramento assai forte. In due anni, saret·e gual'ito ». E la promessa si avvera.

Ora Morell parla del Ftihrer. Certo, egli è molto devoto al suo Capo, gli è umanamente devoto. E veramente questo medico sembra un grosso cane di Terranova, par di vederlo accucciato ai piedi di Hitler come l'altro grande cane da pastore che il l!'Uhrer adora. Attraverso le parole di Morell, l'originalissima figura di Hitler si plasma davanti ai nostri occhi.

Egli è, sopratutto, l'insonne. Prima della guerra, si coricava già tardissimo dopo aver visto uno o magari due film. sui quali dava a Goebbels il suo giudizio. Ora ha rinunciato a questo svago, non vede che la «Wochenschau » grezza, dando istruzioni sul modo di tagliarla, alle volte. Legge, invece, moltissimo, e senza metodo. Libri di politica e di storia, ma anche molto di arte militare, di tecnica delle armi, e poi di scienze naturali. Assimila alla rinfusa e, dotato di una memoria di ferro, ricorda nomi e dati e particolari in modo tale da far sbalordire talvolta gli interlocutori, e particolarmente i generali e gli ammiragli la cui cultura, secondo l'educazione militare prussiana, è bensì profonda ma unicorde e circoscritta.

Il Fiihrer va a letto, generalmente, alle tre del mattino. Però quando sono in vista grandi eventi militari o quando, come recentemente per il fronte orientale, si delineano momenti difficili, Hitler trascorre intere notti bianche. Ha un po' di riposo all'alba e il suo risveglio --sulle nove --è lento. D'ordinario fino alle undici non vede nessuno: perché fino a quest'ora legge H primo rapporto sulla stampa del mattino. La colazione è fissata per le quattordici, ma molte volte i venti o venticinque compagni che vi partecipano, stretti collaboratori, aiutanti, segretari, mai un viso nuovo, devono attendere fino alle quindici. Hitler a tavola è assai loquace. Parla di tutto, e quasi sempre lui. Intrattiene gli astanti, generalmente, su argomenti d'arte e di scienza; di guerra, invece, quasi mai. Non fuma, C(lll1C è noti), e il solo odore del fumo lo disturba. Beve di solito un'acqua minerale non gasosa, «ma recentemente -dice Moreìl -quando si fanno questi stanchevoli viaggi al fronte orientale, e il freddo è intenso, gli faccio ora prendere qualche sorsata di cognac>>.

Si domanda a Morell se il FUhrer, che anche recentemente, nel discorso al Palazzo dello Sport, ha dimostrato una straordinaria forza nervosa, parlando per quasi due ore di getto senza soffermarsi mai, non faccia uso in questi casi di eccitanti. «Né sonniferi né eccitanti --risponde il medico -mai. Nulla che f.rusti l'organismo, ma invece una graduale, costante cura di esso, in modo che non manchino mai gli elementi i quali nutriscono la forza neuropsichica. Vitamine, tutte le vitamine combinate, in dosi che sopperiscano al maggiore dispendio di energ-ie ».

Effettivamente Hitler al Quartier Generale fa una vita intensa. Due volte al giorno presiede conferenze dei capi militari. Vede Goeri~g. Ribbentrop, Himm· ler, è tenuto constantemente al corrente da Dietrich delle ultime notizie politiche estere e, attraverso lo stesso Dietrich, dà spesso personalmente istruzioni per l'atteggiamento della stampa tedesca.

-Ma chi è, Morell, l'uomo più Yicino al FUhrer, il suo maggiore amico'/ È Goering, è Goebbels, è Ribbentrop?

-Egli ha grande fiduc,ia e confìdenza in tutti questi, ma per i settori che li riguardano. Non credo che alcuno sia completamente a parte di tutte le sue idee e di tutti i suoi piani. Se il Fiihrer dovesse mancare, ciò costituirebbe una perdita incolmabile. Nessuno potrebbe dire di conoscere quale era tutto il suo pensiero. Io penso che l'unico grande amico del Flihrer sia il Duce. Quante volte ho sentito Hitler parlare di Mussolini non solo con ammirazione, ma con un attaccamento consolidato dalla stima e riscaldato dall'affetto. Dopo ogni incontro con il Duee. ho notato che il Flihrer è come rinfrancato, più sicuro e più vivace. Un poco anche, lo credo, per la pienezza di vita e di gagliardia che si espande da Mussolini. Io ho spesso pensato che questi due geni vadano d'accordo perché la loro intima natura ha caratteri così diversi, vorrei dire contrastanti. Mussolini pratica tutti gli sport, Hitler nessuno, Mussolini par che stia con tutt'e due 11uelle gambe robuste piantato nella sostama della v~ta, insomma nella realtà, Hitler ha invece piuttosto tendenza all'ascetismo, egli è profondamente credente di una sua religione del àestino, di un suo Dio del quale si considera l'eletto. I due uomini hanno, peraltro, anche molti tratti in comune. Hitler ama spesso ricordarli: come siano entrambi ex-combattenti dell'altra guerra, caporali, venuti dal popolo, conoscitori veri dei bisogni e delle sofferenze e delle possibilità, quindi, dei loro singoli popoli. Vi dirò che Hitler, dopo ogni colloquio col Duce, lamenta che tali colloqui non si svolgano più di frequente. Ogni tanto ritorna su qucc;to punto, sempre ripetendo che vorrebbe incontrare più spesso Mussolini. Io credo, proprio, che Mussollni sia U suo solo amico.

-Perché il FUhrer, vedete, è un grande solitario --continuava Morell. Sì, egli sta volentieri con tutti no1, nota subito se a tavola uno dì noi è assente, par quasi che abbia bisogno dì avere intorno a sé questo gruppetto di gente fidata. Ma spesso sì isola. E io ricordo che, alla vìgìlìa dì grandi decisioni, su all'Obersalzberg, egli passava intere giornate chiuso nella grande stanza che ha quelle enormi finestre verso i monti. Lo sentivamo camminare su e giù. Tiene il capo un po' reclinato in avanti, le mani allacciate dietro Ia schì·ena. Allora sappiamo che non bisogna disturbarlo, Io lasciamo stare. Così è avvenuto prima che fosse decisa la campagna contro la Russia. Vi è stato prima nel Flihrer un lungo travaglio interno. E in queste ore, egli è solo e vuole essere solo.

Mezzanotte è trascorsa da un pezzo, e il medico del Flihrer continua a parlare. Ma non tutti i particolari sono di eguale interesse, e, del resto, alcune cose della vita di Hitler sono da tutti noi ci1e attentamente lo seguiamo conosciute almeno indovinate, come ad esempio la pochissima cura che il Fiihrer ha dell'abbigliamento e quella grandissima, invece, della propria persona. Certo vi sono nell'esistenza e nella natura del Fiihrer altri elementi più profondi e il suo medico ne è al corrente, ma egli evita ogni accenno in proposito e si raccomanda, del resto, che tutto quanto ci vìen dicendo rimanga confidenziale tra noi.

Domani sera Morell ripartirà per il Quartier Generale. Ora ha l'aria un po' stanca, forse tutti sembriamo un po' stanchi. Allora egli leva di tasca un tubetto di pasticche, a ciascuno di noi ne offre una, garantendo però che non ci toglieranno il sonno. Sono caramelle di vitamina (1).

308

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 1395/307 R. Berlino, 24 febbraio 1942, ore 20,45.

Odierna riunione Comitato Tripartito di cui al mio telegramma odierno (2) ha avuto principalmente [uno scopo] di propaganda e non ha effettivamente affrontato argomenti sostanziali all'accordo. Ne riferisco con rapporto scritto (3) rilevando fino ad ora impressione che si vengono delineando fra tedeschi e Giapponesi diversità di vedute di fronte alle quali i Giapponesi assumono un atteggiamento piuttosto fermo.

26 --Documenti cliplomatiei -SPrlr> IX -Vol. VI11

(l) -Il presente documento reca Il visto di Mussollni. (2) -Vedi D. 309. (3) -Non rinvenuto.
309

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIEHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 5893/308 P. R. Berlino, 24 febbraio 1942, ore 21.

Alle ore 18 di oggi presso Auswaertiges Amt ha avuto luogo la riunione del Comitato Permanente del Patto TriparLito. Il Ministro von Ribbentrop che presiedeva la riunione ha fatto una esposizione politica sugli ultimi avvenimenti vittoriosi in Giappone ed in Africa concludendo con la certezza che nel 1942 sarà realizzata una tale situazione che possa dare piena assoluta tranquillità per l'avvenire. Oshima ed io abbiamo a nostra volta brevemente parlato.

È stata quindi data lettura di un ordine del giorno sulle linee di quello già comunicato e che trasmetto a parte (1). Tale ordine del giorno è stato in linea di massima approvato e le sott.oeommissioni sono state co<;tituite (2).

310

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 1401/78 R. Budapest, 24 febbraio 1942, ore 21,30 (per. ore 9,20 del 25).

Alla persona dell'Eccellenza il Ministro.

Mio telegramma n. 74 (3).

Inoltro con corriere in partenza domani 25 corrente lunga lettera personale a [Voi] diretta (4) che Bardossy mi ha rimesso stasera. Con essa mette a disposizione Italia 80 mila quintali farina Backa aggiungendo che 120 mila quintali veng()no contemporaneamente offerti Germania, in base accordo che stabilisce ripartizione eccedenze nuovi territori nella misura del 40 % a noi e del 60% ai tedeschi. Offerta forte è fatta per aderire in qualche modo alle vivissime pressioni esercitate da Clodius nella sua ultima visita qui.

Bardossy sottolinea che attuale situazione non consente al Governo ungherer-:e, malgrado tutta sua volontà, uno sforzo maggiore e, assicurando che porrà a nostra disposizione eventuali ulteriori eccedenze, sulle quali per altro non spera, chiede Vostra amichevole, generosa comprensione.

A voce Bardossy ha aggiunto che fornitura farina potrà essere iniziata al più presto, e cioè appena saranno terminate le requisizioni, che sono in corso da dodici giorni.

(l) -L'ordine del giorno venne trasmesso con telespr. 1795/336 del 24 febbraio 1942, non pubbllcato. (2) -Sull'argomento non risulta che Alfieri abbia Inviato altre comunicazioni. Il verbale tedesco della riunione è edito In Akten Deutschen AuBwtirtigen Politik, 1918-1945, Serle E, Band I. D. 282. (3) -Vedi D. 305. (4) -Non rinvenuta.
311

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1537/07 R. Copenaghen, 24 febbraio 1942 (per. il 3 marzo).

In relazione alle notizie provenienti dalla Svezia su grandi preparativi mi

litari svedesi, messe in evidenza dalla stampa di questi ultimi giorni unitamente

a voci di prossime operazioni belliche nel settore nordico ritengo opportuno

riferire:

P) che persona danese di spirito equilibrato che ha di recente soggiornato in Svezia dove conta amicizie in ambienti bene info.rmati, mi ha detto che gli svedesi ritengono quasi sicura una loro partecipazione al conflitto per sostenere la Finlandia nella sua lotta contro la Russia;

2°) che altra personalità danese di solito bene informata mi ha detto risultargli in modo sicuro che in questi ultimi tempi sono giunti in Seelandia 40 mila uomini in più di truppe tedesche, 80 carri armati, e un gran numero di militari tedeschi feriti o ammalati. Diversi grandi edifici scolastici sarebbero stati requisiti per ospitarli. La personalità danese più che altro si preoccupava del nuovo conto-credito che questi arrivi comporterebbero;

3°) che nel corso di una recente conversazione il mio collega tedesco mi ha fatto chiaramente intendere che da parte tedesca si aspetta una qualche iniziativa alleata nel settore nordico. Troppe truppe gli anglo-americani hanno ammassato in Islanda ed Irlanda. Non ha neppure escluso che la Danimarca possa divenire obbiettivo di un'aggressione anglo-americana aggiungendo pe.rò che in tale evenienza troveranno la risposta che meritano;

4°) che questo Ministro degli Esteri mi ha detto ieri che mentre l'opinione pubblica danese ritiene che le misure militari prese ultimamente dalla Svezia siano rivolte contro una eventuale aggressione germanica, egli crede invece che tali provvedimenti siano stati desiderati e consigliati dagli stessi tedeschi che hanno prospettato a quel Governo la possibilità di una aggressione anglo-americana attraverso la Norvegia. In questo modo la Svezia vorrebbe dimostrare la sua decisione di volere e potere far rispettare la propria neutralità preparando eventualmente il terreno per una successiva collaborazione militare con la Germania. In quanto alle voci che circolano in Danimarca dell'arrivo di grandi rinforzi tedeschi in uomini e materiali, Scavenius mi ha assicurato che si tratta di parti di eccitate fantasie, che la guarnigione tedesca di Seelandia è stata ultimamente aumentata si e no di un quattromila uomini e che le scuole requisite per ospitarli sono state due.

312

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 24 febbraio 1942.

Nello scambio di idee che ha avuto luogo con il Principe di Bismarck e con l'esperto tedesco Ministro Grobba per esaminare la proposta di Trattato presentata a Voi, Eccellenza, dal Primo Ministro Gailani (1), si è convenuto nelle seguenti considerazioni:

Circa la torma si riterrebbe più conveniente procedere ad uno scambio di lettere anziché ad un Trattato formale, e ciò sia perché mentre da un lato le parti contraenti sono due Stati (l'Italia e la Germania) dall'altro la parte contraente non è uno Stato ma il signor Gailani; sia anche perché un Trattato andrebbe soggetto a ratifica, ratifica a cui Gailani non può per il momento far procedere. Gailani è pronto ad accettare la forma dello scambio di lettere.

Circa il contenuto, lo scambio di lettere progettato potrebbe seguire i concetti esposti nel Trattato proposto da Gailan1.

Sembrerebbe tuttavia opportuno aggiungere un impegno da parte di Gailani di considerare decaduti tutti gli accordi di qualsiasi genere conclusi dall'Iraq con la Gran Bretagna o con Stati in guerra con le Potenze dell'Asse.

Inoltre converrebbe meglio precisare gli impegni dell'Iraq per l'avvenire per quanto riguarda la stretta collaborazione con l'Italia e con la Germania, formula che in re·altà dovrebbe predisporre un regime preferenziale.

Gailani aveva chiesto nel suo progetto un impegno da parte delle Potenze dell'Asse a far ottenere all'Iraq dall'Inghilterra, alla fine della guerra, una in-' dennità per le riparazioni dei danni sofferti dall'Iraq in seguito all'aggressione britannica. Questo impegno è sembrato intempestivo, dato che in materia d•i riparazioni di danni di guerra non è stata presa dalle Potenze dell'Asse alcuna decisione di principio. Si è tuttavia trovata una formula generica di appoggio all'Iraq nelle questioni economiche e finanziarie che potranno essere sollevate al momento della pace.

Gailani aveva anche proposto un articolo secondo il quale le Potenze dell'Asse avrebbero dovuto impegnarsi a nm1 assumere nei confronti di terzi Stati un atteggiamento contrastante con l'intesa in discussione e a non concludere patti in contrasto col testo del progettato accordo. Tale formulazione è sembrata troppo impegnativa per la politica dell'Italia e della Germania, che ha una portata mondiale. È stata trovata una formula di carattere più generico.

A seguito del surriferito scambio di idee sono stati da noi preparati i testi

a) della lettera che Gailani dirigerebbe a Voi, Eccellenza

b) della Vostra risposta

testi che si accludono (2).

La lettera di Gailani a von Ribbentrop e la risposta dl Voh Ribbentrop sarebbero analoghe.

Ove Voi, Eccellenza, approviate, i testi stessi verrebbero comunicati al Governo tedesco per le eventuali osservazioni di Berlino; e successivamente, raggiunto l'accordo fra le due Potenze, proposti a Gailani (1).

(l) -Vedi DD. 252 e 272. (2) -Non pubblicati: sono identici ai testi firmati, per l quali vedi D. 413.
313

L'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

APPUNTO. Roma, 24 febbraio 1942.

Il Ministro d'Ungheria a Berlino ha, dopo la Conferenza di Rio, sondato se il Governo del Reich sia dell'opinione che anche gli Stati che si sono associati al Patto Tripartito debbano rompere le relazioni diplomatiche con quegli Stati sudamericani che da parte loro si sono decisi ad un tale passo di fronte alla Germania ed all'Italia. In Germania si è pel momento lasciata da parte la questione, per attendere lo sviluppo delle cose nell'America del Sud, ci si è tuttavia ora formata l'opinione che sarebbe adesso pur opportuno che le Potenze del Tripartito inducessero gli Stati minori associati al Patto Tripartito a rompere da parte loro le relazioni con gli Stati sudamericani in questione ed in pari tempo anche con gli Stati centro-americani i quali o hanno già a suo tempo dichiarato la guerra alle Potenze del Tripartito o hanno rotto le relazioni con loro.

In pro di ciò parlerebbe d'una parte il fatto che è desiderabile che tutte le Potenze riunite nel Patto Tripartito anche in quest'occasione affrontino come unità compatta i nostri avversari. Ed inoltre è raccomandabile un tale passo per il motivo che secondo tutte le esperienze le rappresentanze delle Potenze americane che ancora si trovano in Europa e che appoggiano la politica di Roosevelt lavorano in primo luogo come centri di spionaggio.

Poiché, per quanto si sappia a Berlino, la Bulgaria non ha una propria rappresentanza né nell'America Centrale né nell'America del Sud, e poiché la Croazia e la Slovacchia non sono neppure state ancora riconosciute da parte degli Stati americani, la questione avrebbe importanza pratica soltanto per l'Ungheria e la Romania. A Sofia, Zagabria e Bratislava si dovrebbe però ancora accertare autenticamente quali siano le relazioni che corrono tra quegli Governi e gli Stati americani (2).

Di un eventuale passo collettivo delle potenze dell'Asse dovrebbe poi essere informato anche il Giappone, lasciando a lui di associarvisi (3).

(l) -Una nota di d'Ajeta in testa al documento dice: «Visto e approvato dall'Eccellenza 11 Ministro». (2) -Vedi D. 318. (3) -Vedi D. 327
314

IL GENERALE ADDETTO AL COMANDO SUPREMO, MAGLI, AL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI

L. s. 305. Roma, 24 febbraio 1942.

Si trasmette, per conoscenza, l'unita copia di lettera dell'Ecc. Cavallero al Maresciallo Keitel in data 18 corrente.

ALLEGATO.

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA WERMACHT, KEITEL

L. P. Comando Supremo, 18 febbraio 1942.

Vi sono grato della Vostra lettera in data 4 corrente (l) nella quale considerata la necessità di misure militari unitarie in Croazia per stroncarvi la ribellione, necessità che come sapete è pienamente condivisa dal Comando Supremo italiano.

A tal fine questo Comando è d'accordo per una riunione fra le competenti autorità germaniche, croate ed italiane e propone che questa abbia luogo al più presto a Sussa presso il Comando della nostra 2a Armata.

Le direttive per le operazioni da svolgere devono a mio avviso tenere conto in primo luogo della circostanza che i ribelli tendono ad operare a cavallo della Drina spostandosi a secondo delle operazioni nostre dalla Serbia occidentale alla Bosnia orientale. Perciò il primo nostro sforzo dovrebbe essere condotto nella Bosnia, che noi consideriamo come l'antemurale del Montenegro e il pilastro della situazione militare della Croazia, e fiancheggiato da misure analoghe da parte delle forze germaniche dalla Serbia.

Quanto alla linea di demarcazione, mi permetto richiamare la Vostra attenzione sulla necessità che questa non debba in alcun caso costituire un intralcio alla condotta unitaria delle operazioni nella Croazia ed alle misure militari che ne conseguiranno dopo il ristabilimento dell'ordine.

Condivido il Vostro punto di vista che anche le misure di polizia da collegarsi con l'azione militare di risanamento debbano essere condotte su base unitaria ed anche su questo punto le necessarie intese potranno essere esaminate nella riunione di Sussa.

Quanto ai metodi politico-militari che Voi suggerite, essi rispondono alle direttive seguite dalle nostre truppe di occupazione in Croazia nei riguardi degli ortodossi, dei cetnici, e dei comunisti. Coerentemente a tali direttive i nostri comandi hanno sempre declinato ogni proposta dei capi cetnici di collaborare militarmente con le nostre truppe nella repressione del comunismo. Sono perciò anche su questo punto pienamente d'accordo con Voi, al fine, che è quello al quale il Governo italiano tende, di rafforzare lo Stato croato e aiutarlo nella costituzione dei suoi organi di governo. La nostra politica continuerà a svolgersi su tali linee in conformità agli accordi di garanzia e di collaborazione che abbiamo stretto con la Croazia.

Quanto alla situazione del Montenegro, questa risente direttamente della situazione in Croazia ed in Serbia e sarà certamente migliorata con il ristabilimento dell'ordine nella Bosnia. La situazione in Dalmazia non presenta alcunché di particolare. Comunque, sarà mia cura di tenerVi informato di quanto concerne questi due paesi per le ripercussioni che la situazione di essi potrebbe avere sulla situazione dei Balcani in generale.

Lascio a Voi, Eccellenza, di stabilire le date più ravvicinate possibile per le riunioni di Sussa.

(l) Vedi D. 263, allegato A.

315

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 1411/179 R. Bucarest, 25 febbraio 1942, ore 16,45 (per. ore 22,45). Personale per S. E. il Ministro.

Mihai Antonescu mi prega dirVi che Vostra visita Bucarest (l) è considerata dal Conducator e da lui come un avvenimento di eccezionale importanza per la Romania. Ritiene che, qualora Voi concordiate, momento migliore per la visita sarebbe i primi di aprile e precisamente la settimana seguente al giorno di Pasqua che cade il 5 aprile. Egli Vi propone questa data: 1°) perché vuole evitare attuali condizioni capitale con due metri di neve per le strade e estrema difficoltà della circolazione vi facciano una disastrosa impressione; 2°) perché spera per quella data di avere in funzione il Consiglio di Stato, specie di Camera Corporativa, che desidererebbe Vi facesse solenne accoglienza analoga a quanto è successo in altri Paesi; 3°) perché conta su una maggiore clemenza della stagione tuttora qui pessima. Naturalmente Vi sottopone questa data !asciandoVi libero di decidere qualora preferiate indicarne un'altra. Analoga comunicazione Vi farà il Ministro Grigorcia. Devotamente (2).

316

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 1412/180 R. Bucarest, 25 febbraio 1942, ore 16,45 (per. ore 24).

Mihai Antonescu mi ha detto che il Conducator non aveva osato, di fronte alle richieste fattegli dal Fiihrer, di porre come condizione alla sua ulteriore partecipazione alla guerra impegno tedesco a revisione terri,toriale favore Romania. Maresciallo aveva voluto evitare di dar carattere mercantistico al suo concorso. Aveva soltanto chiesto al Ftihrer come avrebbe potuto impegnare tutto l'esercito romeno all'est quando ancora Ungheria e Bulgaria conservano intatto loro potenziale bellico. Ftihrer -a quanto assicura Antonescu -avrebbe risposto che «egli avrà sempre sufficienti forze a disposizione per schiacciare lécraser) chiunque tentasse profittare di una tale situazione a danno della Romania». Egli dava al Conducator una garanzia per sue frontiere attuali che non era da paragonarsi alle garanzie britanniche. Quanto alla Transilvania «problema sarebbe seguito attentamente da lui». Grandi parole per contro su ruolo preponderante che Romania dovrà svolgere in Balcani e sud-est europeo.

In sostanza dunque su problema cruciale di questo paese (Transilvania) Fiihrer non ha dato che affidamenti generici come già era accaduto in occasione della visita di Mihai Antonescu a Berlino in novembre scorso. Per contro Conducator si è impegnato a concorso militare che andrà parecchio al di là delle dieci divisioni iniziali promesse e ciò a condizione bene inteso di avere dalla Germania mezzi per armare e equipaggiare tali divisioni.

(l) -Vedi D. 166, nota 1 p. 170. (2) -Per la risposta di Ciano vedi D. 321.
317

IL MINISTRO A BRATISLAVA, RONCALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1440/08 R. Bratislava, 25 febbraio 1942 (per. il 27).

Seguito mio telegramma n. 17 del 18 febbraio (1).

La visita del Feldmaresciallo Keitel è stata occasionalmente motivata dalla chiusura del primo corso di questa Accademia Militare i cui istruttori sono, come è noto, in gran parte gli ufficiali della Missione Militare Germanica sotto il comando del Generale di Fanteria Otto. Non avendo il Keitel potuto essere presente a detta cerimonia, la visita fu rinviata d'accordo col Generale catlos Ministro della Difesa Nazionale. La presenza del Feldmaresciallo a Bratislava se rappresenta un riconoscimento dello sforzo slovacco sul fronte orientale (due divisioni slovacche di cui una celere al Comando del Generale Malar, e l'altra di riserva al comando del Generale Turanec), tende anche ad equilibrare, dal punto di vista slovacco, la precedente visita fatta da Keitel a Budapest. Essa serve a consolidare non solo l'amicizia slovacco-germanica e la protezione germanica, in particolare verso terzi, ma altresì a rafforzare la posizione morale e politica del Governo Tuka nei confronti di larga parte di questa pubblica opinione, specie quella dei piccoli centri, che, essendo prevalentemente slava, è tuttora assai tiepida nei riguardi della guerra contro la Russia per ragioni se non altro di affinità razziali.

Da accenni che mi sono stati fatti da funzionari di questo Ministero degli Esteri risulterebbe che Keitel avrebbe più volte rilevato ai membri del Governo le non lievi difficoltà dell'attuale campagna invernale sui fronti dell'est, la tuttora possibile resistenza russa dovuta sia ad una forte abbondanza di materiale umano sia ad una industria bellica tuttora efficiente anche dopo la perdita di importanti centri minerari e siderurgici. Il Feldmaresciallo avrebbe inoltre accennato all'impossibilità di una celere e completa distruzione del potenziale sovietico, ma ad un suo possibile e graduale indebolimento da attenersi col raggiungere una linea geografica più orientale possibile e più facilmente difendibile che, nel caso, potrebbe essere quella del Volga in modo da lasciare aperta la zona caucasica alla penetrazione delle armate germaniche ed allo sfruttamento diretto di quei grandi centri petroliferi.

· Ad offerte del Generale catlos di rafforzare con ulteriori contingenti il piccolo corpo di spedizione slovacco sul fronte orientale, il Feldmaresciallo avrebbe ringraziato, consigliando invece, sull'esempio germanico, una graduale sostituzione delle truppe finora impiegate senza aumentarne gli effettivi, rilevando l'apporto militare già considerevole di questo piccolo Stato e raccomandando agli Slovacchi la loro produzione agricola che, in una guerra di logoramento, può costituire un eguale ed ottimo contributo alla comune vittoria.

(l) Non pubblicato: dava notizia della prossima visita a Bratislava del maresciallo Keitel.

318

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MINISTRI A BRATISLAVA, RONCALLI, A BUCAREST, BOVA SCOPPA, A BUDAPEST, ANFUSO, A SOFIA, MAGISTRATI, E A ZAGABRIA, CASERTANO

T. 6978 P. R./C. Roma, 26 febbraio 1942, ore 22.

(Solo per Sofia, Zagabria, Bratislava). Ho telegrafato alle RR. Legazioni a Budapest e a Bucarest quanto segue:

(Per tutti). «Come sapete, i seguenti nove Stati dell'America Centrale si sono, immediatamente dopo l'intervento degli Stati Uniti, dichiarati in stato di guerra con le Potenze del Tripartito: Panama, Costarica, Guatemala, Honduras, Cuba, Nicaragua, Haiti, Salvador. Repubblica Dominicana. Inoltre, prima e dopo la Conferenza di Rio, i seguenti altri nove Stati hanno rotto con le stesse Potenze i rapporti diplomatici: Messico, Colombia, Bolivia, Venezuela, Equatore, Perù, Paraguay. Uruguay, Brasile.

Ciò premesso, fate presente codesto Governo opportunità che anche in questa occasione tutte le Potenze aderenti al Tripartito adottino un atteggiamento comune e si allineino su un unico fronte accanto all'Italia, alla Germania e al Giappone.

Non sfuggirà costì il significato e la portata politica di tale gesto.

Ci sarebbe in conseguenza gradito se anche codesto Governo volesse procedere alla rottura dei rapporti diplomatici con tutti i diciotto Paesi Centro e Sudamericani indicati. Basterà a tale scopo provvedere per via di notifica ufficiale sia costì, sia nelle capitali interessate. e al conseguente rimpatrio dei reciproci rappresentanti diplomatici e consolari.

Agite d'accordo con Vostro collega tedesco, che ha ricevuto istruzioni analoghe.

Telegrafate (1).

(Solo per Zagabria, Sofia, Bratislava). Risulterebbe qui che Bulgaria non è rappresentata né nell'America Centrale, né nell'America Meridionale. Croazia e Slovacchia non sono state d'altra parte riconosciute da parte Stati Americani. Si prega le RR. Legazioni a Sofia, Zagabria, Bratislava di voler accertare in modo preciso quali siena le effettive relazioni che intercorrono fra quei Governi e Stati Americani, provvedendo a compiere passo eguale a :quello che sarà com

piuto a Bucarest e a Budapest, se tali relazioni risultassero effettivamente esistenti, o a semplice passo di informazione in caso negativo. E su quanto precede si gradirà risposta telegrafica (1).

(l) Per la risposta di Anfuso vedi DD. 322 e 334; Bova Scoppa rispose con T. 6762/211 p.r. del 4 marzo 1942. ore 16, che il governo romeno aveva immediatamente aderito all'invito ricevuto.

319

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1527/022 R. Bucarest, 26 febbraio 1942 (per. il 2 marzo).

Seguito mio telegramma n. 180 del 25 corrente (2).

Questo Ministro di Germania che, com'è noto, ha accompagnato il Conducator da Fiihrer, mi ha confermato le notizie datemi da Mihai Antonescu sui risultati di quella visita. Il Barone von Killinger mi ha detto che tanto il Fiihrer che il Maresciallo non avevano discusso sulla base del «do ut des ». L'intesa tra i due uomini era stata completa. Il Fiihrer aveva pienamente rassicurato il Maresciallo circa i suoi timori nei confronti della Ungheria e della Bulgaria. L'impegno del Fiihrer era stato solenne e il Conducator si poteva tranquillamente impegnare con tutte le sue forze all'est. Il Maresciallo aveva naturalmente parlato della Transilvania ma su questo punto il Fiihrer era stato chiaro. Nel corso della guerra non si sarebbero riviste le frontiere. Una decisione finale sarebbe stata presa alla Conferenza della Pace.

Naturalmente il Governo tedesco considerava con simpatia le aspirazioni della Romania che da va un cosi largo concorso alla guerra. Egli Killinger pensava tuttavia che il problema transilvano fosse insolubile e riteneva che alla fine del conflitto mondiale la sola logica soluzione sarebbe stata una guerra tra i due paesi interessati con il che la Transilvania sarebbe passata nelle mani del più forte.

320

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1467/21 R. Stoccolma, 27 febbraio 1942, ore 22,30 (per. ore 7,30 del 28).

Nell'atmosfera di nervosismo qui permanente stanno tornando a circolare con insistenza voci di un'imminente azione militare tedesca contro la Svezia.

Sono dicerie incontrollate che accennano anche in particolare a preparativi di invasione dalla frontiera norvegese di concerto con sbarchi da effettuarsi su Gtiteborg, Stoccolma ed altri punti della costa meridionale. Esse vengono

poste in relazione con le intensificate misure militari di questo Governo e con i timori (da tempo agitati) di tentativi di irruzione anglo-americana in Norvegia.

Nessun sintomo appare presso questa Legazione germanica, dove si continua l'azione sulla linea indicata in miei rapporti precedenti: naturalmente però non vengono azzardati giudizi sulle eventuali decisioni di Berlino.

Al riguardo riferisco a puro titolo informativo, assicurando che procurerò di raccogliere elementi concreti in quanto possibile.

(l) -Magistrati rispose con T. 6412/146 p.r. del 28 febbraio 1942. ore 14,30 che avrebbe fatto il passo a scopo informativo dato che l'unico paese latino-americano con cui la Bulgaria aveva rapporti diplomatici era l'Argentina. Casertano non risulta, dallo spoglio della corrispondenza telegrafica, che abbia risposto. Roncalll rispose con T. 6590/25 p.r. del 2 marzo 1942, ore 22,30 di aver eseguito un «semplice passo informativo». (2) -Vedi D. 316.
321

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. S.N.D. 7118/124 P.R. Roma, 28 febbraio 1942, ore 1.

Vostro 179 (1). Sta bene per mia visita costà nella settimana seguente al 5 aprile, giorno di Pasqua. Mi riservo di dare la risposta ufficiale a questo Ministro di Romania non appena mi avrà fatto la comunicazione da Voi telegrafatami (2).

322

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1491/89 R. Budapest, 28 febbraio 1942, ore 13,25 (per. ore 23,45).

Vostro 6978/C (3).

Ho fatto insieme a Jagow passi prescritti.

Bardossy ci ha risposto che dei diciassette Stati indicati Ungheria intrattiene effettivi rapporti diplomatici soltanto con Brasile. Governo ungherese è disposto allinearsi a Potenze Tripartito anche in questa contingenza, ma Presidente del Consiglio riservandosi sentire suoi colleghi di Gabinetto al riguardo, ci ha fatto presente che desidererebbe possibilmente evitare una tale misura in quanto Brasile è unico Stato America del Sud dove Ungheria possiede rilevllJnti interessi economici e una grossa colonia che Governo ungherese non vorrebbe abbandonare alla propaganda nemica.

Ci darà comunque risposta definitiva (4).

(l) -Vedi D. 315. (2) -Vedi D. 365. (3) -Vedi D. 318. (4) -Vedi D. 334. Con successivo T.s.n.d. 1504;90 r. del 28 febbraio 1942. or~ 14.25. Anfuso riferiva: «In relazione mio telegramma n. 89 desidero riservatamente aggiungere che fra preoccupazioni Governo ungherese circa rottura del rapporti con Brasile è certo in primo plano anche ritorno in patria di questo Ministro Ungheria Nicola Horthy; che è stato da qui faticosamente allontanato e la cui presenza indebolirebbe attuale situazione politica lnperniata sul nome di Horthy ».
323

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GRIGI

T. S.N.D. 7416/331 P. R. Roma, 1° marzo 1942, ore 22,30.

A seguito impegni Clodius fornire alla Grecia 36 mila tonnellate grano abbiamo incaricato Venturoli a Berlino concretare modalità e date consegna per procedere invio detta fornitura. Venturoli ha constatato che non si aveva a Berlino alcuna notizia impegni Clodius e ha riportato impressione che :non convenga fare troppo affidamento su grano tedesco. Ministero farà tutto possibile per destinazione Grecia almeno parte detto grano.

Comunque conviene cercare di far durare al massimo grano inviato da noi.

Vogliate tener presente che piroscafo « Radmanso » porterà 7 mila tonnellate grano fornito da Croce Rossa Internazionale come è stato anche comunicato per piroscafo « Hallaren ».

Vogldate giudicare se non converrebbe d'accordo con codesto Governo sospendere o rallentare distribuzione nostro grano durante distribuzione grano Croce Rossa in modo da far durare scorte~costà esistenti al massimo possibile. Da parte nostra si continuerà attivare prestazioni Croce Rossa Internazionale.

324

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RR. 569/292. Ankara, 1° marzo 1942.

l. -Il 29 aprile prossimo verrebbe a scadere il trattato itala-turco di neutralità, conciliazione e regolamento giudiziario del ·30 maggio 1928 (1), trattato che costituisce il solo vincolo contrattuale a sfondo politico esistente tra Italia e Turchia. Sono fin troppo note le vicende di questo trattato, che si è rivelato -non certo per colpa nostra -inefficiente nei momenti più salienti della politica italiana nel Mediterraneo (campagna d'Etiopia e preparazione della guerra anglo-francese contro l'Italia), ma pur ha avuto la funzione di rendere più facili le fasi di ravvedimento della politica turca, fra cui importante quella che si è iniziata con il crollo della potenza francese e si va sviluppando in un progressivo allentamento dei vincoli di alleanza anglo-turchi. Riconoscimento di tale funzione del trattato suonò qui il passo del discorso con cui il Duce, il 10 giugno u.s. -alla vigilia della firma del patto di amicizia turco-tedesco e in vista delle operazioni contro la Russia sovietica -ha voluto ricordare che « l'Italia intende seguire nei riguardi della Turchia la politica di comprensione e collaborazione che fu inaugurata nel 1928 e che per noi è ancora e sempre attuale». Da parte sua, il Governo· turco, con le dichiarazioni del Presidente

del Consiglio alla Grande Assemblea Nazionale del 4 luglio u.s., nel ringraziare il Duce per le sue parole amichevoli, diede atto che «il trattato 1928 è egualmente in vigore per la Turchia e le relazioni turco.-italiane seguono un corso amichevole in conformità aile sue basi».

Vi è d'altra parte noto, Eccellenza, che quando -subito dopo la conclusione del patto di amicizia turco-tedesco -prendemmo l'iniziativa di proporre al Governo turco la stipulazione di un patto analogo ed anche più concreto di quello firmato coi tedeschi, questi dirigenti lasciarono capire, dopo qualche tergiversazione, che non erano «per il momento» preparati ad una trattativa del genere (1). Sui veri motivi di tale atteggiamento richiamo il mio telespresso

n. 1953/1059 del 10 ottobre u.s. (2).

2. -Avvicinandosi la data del 29 aprile, si presenta l'urgenza di esaminare l'opportunità di farsi parte diligente presso il Governo turco per la rinnovazione del trattato del 1928 o di attendere un'iniziativa turca sia nel senso della rinnovazione sia in quello di un riesame della nostra offerta del luglio scorso. Parendomi che una decisione in proposito debba sopratutto rispondere alle superiovi direttive per la condotta della nostra guerra nel Mediterraneo, mi limito a riassumere schematicamente le prospettive sull'atteggiamento del Governo turco: lo -nell'attuale situazione è da escludere che i turchi riprendano in esame I'òfferta italiana di un patto più comprensivo di quello del 1928; 2° -è anzi probabile che, nell'idea di non fare gesti formali che possano comunque essere interpretati dall'Inghilterra come ulteriore allentamento dei rapporti di alleanza; il governo turco si astenga anche dal prendere l'iniziativa di una rinnovaz1one solenne del trattato del 1928; 3° -è da prevedere che in definitiva n-Governo turco sarebbe lieto di una qualsiasi soluzione che facesse automaticamente apparire tuttora in vita il trattato con l'Italia al cui mantenimento la Turchia è certamente interessata.

Secondo un'interpretazione non so quanto fondata ma che certo va al di là delle intenzioni delle Parti contraenti, potrebbe anche essere fatto valere che il trattato del 1928 per il combinato giuoco del trattato stesso, del Protocollo del 1932 e dello scambio di Note del 1934, sarebbe già rinnovato per un altro quinquennio, cioè fino al 1947, non essendo intervenuta una denuncia sei mesi prima della scadenza. In proposito rimetto qui unito un appunto redatto in questa R. Ambasciata (3) e che pregherei voler sottoporre all'esame dei competenti uffici.

Se l'interpretazione della tacita rinnovazione del trattato fosse effettivamente sostenibile da un punto di vista giuridico, resterebbe da esaminare se convenga provocare su tale interpretazione la manifestazione del consenso turco, nel qual caso basterebbe proporre a questo Governo uno scambio di note del genere di quello del 1934.

Potrei, dietro istruzioni di V. E. (4), opportunamente sondare in proposito le disposizioni di questo Governo (5).

3S7

(l) Vedi serie VII, vol. VI, D. 372.

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 605. (2) -Non rinvenuto. (3) -Non pubblicato, ma vedi il D. 371. (4) -Vedi D. 375. (5) -Il presente rapporto reca il visto di Mussolinl.
325

L'AMBASCIATORE AD ANKARA. DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RR. 570/293. Ankara, 1° marzo 1942.

Mi riferisco al mio telegramma n. 117 del 27 febbraio scorso (1).

Nell'informarmi che è stato chiamato da von Ribbentrop a conferire, l'Ambasciatore di Germania mi ha esposto in via confidenziale e personale le sue idee sulla situazione. Per l'eventuale interesse che esse possono presentare, ritengo doveroso riassumerle e comunicarle a V. E.

Von Papen ha l'impressione che tanto a Roma quanto a Berlino si nutra qualche illusione sull'atteggiamento della Turchia. Gli ho obbiettato che per quanto mi riguarda ho sempre riferito che ferma restando l'alleanza con l'Inghilterra gli ondeggiamenti turchi seguono il corso dei bollettini di guerra. Secondo von Papen, un vero cambiamento della posizione della Turchia può aversi soltanto se e quando l'esercito tedesco arriverà sul Caucaso: intanto la Turchia sfrutta al massimo l'alleanza con l'Inghilterra da cui trae lauti vantaggi senza che se ne conoscano esattamente le contropartite. A proposito delle forniture di armi, munizioni, grano, petrolio -ed ora anche di cacciatorpediniere -da parte dell'Inghilterra alla Turchia, von Papen si domanda «se non sarebbe buona politica di fare altrettanto da parte nostra». Alla mia abbiezione che ci sarebbe difficile concorrere in materia con gli anglo-americani, von Papen risponde <<noi dovremmo promettere e non dare». Al che io replico che i turchi nel loro realismo non si lasciano facilmente ingannare.

Von Papen si è poi dilungato ad espormi il suo convincimento che «il vero ostaco-lo che si oppone ad una politica attiva da parte nostra è l'attuale stato di disorganizzazione di tutta l'Europa». Le vittorie militari, secondo lui, di qualunque portata esse siano, non potranno portare da sole alla pace; occorre -indipendentemente da esse -tentare di dare un'organizzazione politica al continente europeo, o quanto meno gettare le basi di una «carta dell'Europa», in risposta alla «carta dell'Atlantico». Nessuno sa quale sorte sia riservata alla Francia, al Belgio, all'Olanda, alla Polonia, e -nelle zone che più interessano la Turchia --alla Grecia, alla Serbia, ai Balcani in genere. La convocazione di una conferenza per abbozzare i principi e la carta della nuova Europa, dei quali si terrebbe più o meno conto dopo la vittoria, avrebbe incalcolabili ripercussioni sia sui neutri che sui nemici. Von Papen cita il caso del nuovo Ambasciatore di Turchia a Londra, sig. Raouf Orbay, al quale il Governo turco avrebbe assegnato il compito di ricercare i possibili punti di incontro fra l'Inghilterra e l'Asse. « Raouf Orbay --dice von Papen -mi ha chiesto su quali basi, anche generiche, si potrebbero eventualmente iniziare conversazioni. Non ero in grado di rispondergli ».

Alla mia abbiezione che l'Inghilterra è oggi il nemico che ha minore peso sulla bilancia e che se anche essa volesse venire a patti per salvare i resti del

suo Impero gli Stati Uniti d'America non . glielo permetterebbero, von Papen risponde che bisognerebbe con un'azione politica cercare di dissociare l'Inghilterra dagli Stati Uniti. Quanto al Giappone, von Papen pensa che esso sarebbe felicissimo di chiudere la partita ora con gli acquisti fatti.

Sempre insistendo sul concetto che « i grandi Uomini che sono a capo dei nostri Governi dovrebbero concertarsi per ricostruire politicamente l'Europa», von Papen conclude dicendo che si propone di parlare in questo senso al Fiihrer e a von Ribbentrop.

Fin qui la mia conversazione con l'Ambasciatore di Germania.

Per connessione di argomento e per debito d'ufficio riferisco che negli ambienti giornalistici di questa Ambasciata di Germania viene ventilata la supposizione che il recente attentato contro l'Ambasciatore di Germania sia stato preordinato dall'Intelligence Service, che più rispecchia l'intransigenza del gruppo Churchill-Cripps, nell'idea di sopprimere in von Papen «l'unica personalità germ!llnica in grado di portare con una seria offensiva di pace un forte colpo al fronte interno britannico 1> (1).

(l) Con T. 1466/117 r. del 27 febbraio 1942, or~> 19,47, non pubblicato, De Peppo aveva riferito circa un attentato a Von Papcn.

326

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. CONFIDENZIALE S.N. Parigi, 1° marzo 1942.

Fa in questi giorni un mese e mezzo circa, che io sono a Parigi.

Ho riferito conversazioni, e informazioni avute sopratutto dai tedeschi; e ho impiegato questo tempo per un primo ambientamento e per organizzare i servizi dell'Ambasciata.

Senza voler fare una relazione vera e propria, mi permetto di sottoporre le prime osservazioni d'assieme.

Coi tedeschi credo di aver superato quello stato di diffidente curiosità, che aveva segnalato Orlandini prima del mio arrivo e che è verosimile che fosse esistito. Sono ormai stabiliti contatti regolari; e sono venuti tutti (diplomatici e militari) più volte all'Ambasciata, e io sono stato da loro.

Le Autorità francesi, raggiunto l'accordo per la Delegazione economica a Roma, sono state a far visita per prime, e i rapporti sembrano avviarsi nel modo voluto.

Dal lato italiano, ho stabilito contatti regolari e cordiali col Fascio e colle altre Istituzioni.

Mentre mancava a Parigi la Rappresentanza diplomatica, tutti gli altri Ministeri erano più o meno rappresentati da tempo: Addetto Stampa, Osservatore Sociale, Rappresentante dell'Istituto dei Cambi; Sostituto Addetto Commerciale. Per forza di cose, ognuno aveva finora fatto capo a sé stesso. Coll'apertura dell'Ambasciata si sono iniziati rapporti regolari.

Parigi offre ogni giorno di più lo spettacolo della città battuta. Dappertutto i pesanti segni dell'occupazione; e la vita, nelle sue varie manifestazioni, che non accenna a riprendere, ma perde anzi d'intensità.

L'atteggiamento della popolazione è corretto, ma lo stato d'animo resta ostile e risentito; però senza la possibilità, e credo neanche l'animo di opporsi seriamente. Ogni francese ha la sua piccola o grande guerra individuale, alle prese, com'è di continuo, colle difficoltà d'approvvigionarsi, di riscaldarsi, di risolvere il problema del domani; e sembra questa la preoccupazione maggiore e più direttamente sentita.

Effettivamente le condizioni di vita sono dure e le sofferenze molte. Non mancano, come in tutti i Paesi, i privilegiati che riescono a procurarsi tutto, come prima o quasi; ma non sono molti, e la grande massa vive una vita stentata che questo inverno, che non finisce, aggrava ancora di più. I salari si mantengono a livelli molto bassi (mio rapporto n. 166/90 del 18 febbraio) (1). mentre il costo della vita aumenta.

Prospera il mercato nero, ma le << halles » sono quasi vuote, e nelle case e negli uffici manca il riscaldamento. Molti negozi sono chiusi: quelli aperti chiudono alle cinque. Le vetrine sono scarsamente fornite; e nei magazzini, sono più gli articoli che mancano, che quelli in vendita, anche perché la merce che non è stata venduta ai tedeschi, è spesse volte imboscata dagli stessi francesi.

I teatri di prosa abbondano. I lavori sono qualche volta quelli di prima della guerra, o se no, dello stesso genere ben conosciuto. Pieni i cinematografi con «file » pazienti di gente che attende delle ore, al freddo, il turno per entrare. I due primi film italiani, da poco in visione, hanno avuto e hanno successo, anche per reazione contro i film tedeschi, pesantemente propinati con metodo, ma senza genialità. Molti i << soldatenkino >> e i «soldatenkaffe ».

Si parla tuttora, e sopratutto si scrive di «collaborazione», e i tedeschi credono e sopratutto devono aver creduto alla possibilità di attuarla.

Hanno spesso distinto e distinguono tuttora tra borghesia e popolo. Fanno colpa della guerra alla borghesia, e hanno sperato che, nel popolo, le idee nuove avrebbero potuto aver presa. Hanno attirato a sè vari uomini di sinistra, più o meno discussi (Doriot etc.) e li fanno scrivere sui vari giornali collaborazionisti di Parigi, e di tanto in tanto inscenano manifestazioni pro-collaborazione, generalmente con fondo antibolscevico.

In questi ultimi tempi però anche i tedeschi che hanno avuto più fede nella collaborazione, hanno messo molta acqua nel proprio vino. Il ragionamento che si sente fare è questo: se anche il collaborazionismo non sboccherà in niente di positivo, avrà pur sempre contribuito a tenere, in complesso, tranquillo il Paese, e sopratutto avrà permesso quella forma di collaborazione economica, che è data dalla produzione industriale francese messa a servizio dei rifornimenti bellici della Germania. Ma non era questo evidentemente il ragionamento che si faceva un anno fa, né questi gli scopi che allora si proponevano.

La più larga collaborazione colla Francia nella mente dei tedeschi, e non solamente dei tedeschi di Parigi, non è però finita, e in altra situazione militare e politica, potrà riprendere nuova vita e nuove speranze.

La «collaborazione» è lungi dall'essere l'idea che unisce i francesi della classe media. Il francese medio crede attualmente che la continuazione della guerra, spossando gli altri Paesi, riporterà fatalmente a galla la Francia, senza che si disturbi troppo per cambiare idee e sistemi di vita, e sopratutto (se anche finalmente avverte che qualche cosa, o molto, va cambiato), senza adottare integralmente gli ordinamenti politici e sociali altrui. Le vittorie ne•l Mediterraneo, i successi del Giappone, la situazione in Inghilterra e in America, se hanno fatto e fanno impressione sull'opinione pubblica francese, non riescono a far perdere le speranze che si ripongono nel corso delle operazioni in Russia.

Neanche nella massa operaia la collaborazione e le idee nuove fanno presa. Fra gli operai, è l'idea comunista che guadagna terreno. L'antica organizzazione è stata distrutta, ma, favorita anche dalle difficili condizioni di vita, si è ricostituita clandestinamente.

Gli atti terroristici e gli attentati contro i soldati possono essere diminuiti (come affermano i tedeschi) e la loro repressione essere fatta, in questi ultimi tempi, non in modo spettacolare (ostaggi, coprifuoco etc.), ma quietamente, con fucilazioni annunciate poi, alla spicciolata sui giornali; però la constatazione che s'impone è che, nella grave crisi politica e sociale che dura da decenni e che ha guastato profondamente questo Paese, il comunismo è la sola idea che fa presa sulle masse.

La situazione economica generale del Paese non è affatto buona per molteplici, evidenti ragioni. Migliore quella finanziaria. Tuttavia le ricchezze naturali sono molte, e le Colonie, sfruttate a vantaggio della Francia, forniscono i loro prodotti. Dal lato finanziario va tenuto conto che, se le spese d'occupazione gravano fortemente sull'economia nazionale, la Francia fa a meno delle spese di guerra che pesano invece sugli altri Paesi. Per la Marina mercantile, come ho già segnalato, Darlan ha annunciato, con occhio volto al futuro, un programma di costruzioni.

Per quanto riguarda l'agricoltura, manca il lavoro dei prigionieri e quello dei lavoratori emigrati temporaneamente in Germania. Ma il suolo è ricco, e produce. Il pane generalmente non manca, specie nella Francia occupata, se anche si parla di possibili riduzioni; e non è di cattiva qualità. La distribuzione dei prodotti è invece ostacolata dalla scarsità e dalla disorganizzazione dei mezzi di trasporto.

Più grave è la situazione politica interna e quella demografica, quest'ultima anzi, avuto riguardo al futuro, la più grave di tutte. Alle vecchie ragioni della denatalità si è aggiunta, dalla fine della guerra, l'assenza forzata dei prigionieri e successivamente anche quella degli operai francesi impiegati in Germania, che si può ritenere dovranno ancora aumentare.

Quanto alla situazione interna, è sempre più evidente come il Governo di Vichy non sia riuscito a sostituire un'organizzazione propria alla vecchia macchina elettorale-politica. Gli uomini al potere sono in parte quelli di prima se anche non figurino direttamente, ma a così dire per interposta persona. Sono generalmente figure secondarie, e l'uso del potere non ne ha accresciuto, ma diminuita la forza. Né nelle amministrazioni centrali e periferiche, le cose vanno meglio. Anche qui, in genere, vecchio uomini e vecchia mentalità.

27 -Documenti diplomatiui -Serie IX -Vol. VIIT

Il Governo è attaccato nella Francia libera per una politica troppo remissiva verso la Germania. Nella Francia occupata, esso è attaccato dai «collaborazionisti ~ per le sue incertezze e per la fede che molti dei suoi componenti hanno nelle vecchie idee, e le simpatie verso l'Inghilterra e l'America. Lo stesso Maresciallo viene messo in discussione, per quanto rappresenti la sola persona che tuttora riscuota prestigio e autorità.

Il processo di Riom (1), molte volte rinviato e finalmente incominciato, ha aggiunto un'altra e più grave incognita. Una frase, che si sente ripetere, è che il processo di Riom potrebbe diventare il «processo di Vichy ».

I tedeschi non nascondono il loro malumore. Sono scontenti che il processo si faccia, non per la colpevolezza, ma per l'impreparazione della guerra, e vedono nella formulazione dell'atto di accusa, quasi la giustificazione della guerra stessa, invece che la sua condanna. I «collaborazionisti» si fanno eco del malcontento tedesco e tengono un linguaggio violento contro il Governo di Vichy, al quale rimproverano che il processo sia stato inscenato in modo da offrire ai vecchi uomini politici, di fare colla propria difesa, l'apologia delle proprie idee e dei passati regimi. Unisco due ritagli di giornale con due caricature (2), che esprimono meglio di molte parole un'opinione molto diffusa.

A Parigi fino a una diecina di giorni fa circolavano con frequenza e insistenza notizie di accordi tra la Francia e la Germania, a seguito dei quali, tra l'altro, la capitale sarebbe stata trasportata a Parigi. Dopo l'apertura del processo di Riom, ha circolato invece per qualche giorno la notiz,ia di mutamenti di Governo, che, tuttavia, all'Ambasciata di Germania si dichiarava infondata.

Interessante il fatto che Abetz sia via dal 10 dicembre, salvo due brevi apparizioni.

Questo un primo e sommario sguardo d'assieme.

Riferirò successivamente in modo particolareggiato ( 3).

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolinl.

(l) Non pubblicato.

327

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6699/138 P. R. Tokio, 3 marzo 1942, ore 8,50 (per. ore 19,30).

Per istruzioni ricevute da Berlino (4) questo mio collega di Germania ha inviato oggi nota a questo Ministero degli Affari Esteri per invitarlo, a nome del Governo tedesco, d'intesa Governo italiano, a dare istruzioni ai rappresentanti nipponici a Budapest Bucarest Sofia di comunicare adesione Tokio ai passi già fatti nelle tre Capitali dai rappresentanti diplomatici tedeschi per invitare tre Governi aderenti al 'l'ripartito a rompere rapporti diplomatici cogli Stati sud americani che non hanno più tali relazioni Asse e Giappone.

(l) -Vedi D. 300. (2) -Non rinvenuti. (3) -Il presente documento reca 11 visto di Mussolinl. (4) -Vedi D. 313.
328

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1545/26 R. Copenaghen, 3 marzo 1942, ore 18,40 (per. ore 19,30).

Mio telegramma per corriere 07 del 24 febbraio 0). Sui preparativi militari svedesi e sull'inquietudine che serpeggia in quei Paesi ho avuto due interessanti colloqui coi Ministri tedesco e svedese.

Quest'ultimo ha detto non approvare misure adottate da suo Governo che ritiene per lo meno superflue. Data sua mentalità nettamente anti-tedesca questo mi conferma nella credenza anche egli non ritiene esercito svedese possa aver compito lottare contro Germania ma piuttosto contrastare invasione inglese. Ministro di Germania si è dichiarato convinto Germania non ha né interesse né ragione mettersi sulle spalle nuovi non trascurabili nemici e che timori invasione tedesca della Svezia sono illogici. Egli è piuttosto sempre più convinto Svezia si trovi di fronte eventualità invasione inglese attraverso Norvegia giacché anglo-americani sono forzati prendere presto qualche iniziativa per aiutare Russia, e retroterra Murmania ancora per mesi non permetterà passaggio considerevoli truppe.

In quanto al recente insolito affluire truppe e materiale di guerra tedesco a Copenaghen è assodato trattarsi truppe di passaggio per Norvegia essendo mare attorno Jutland congelato; è verosimile Comando tedesco intenda prevenire con azione Murmania uno sbarco anglo-americano.

329

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 1542/346 R. Berlino, 3 marzo 1942, ore 19,30.

Ambasciatore Oshima mi ha messo al corrente degli ultimi avvenimenti della situazione militare in Estremo Oriente. Vittoriosa battaglia navale nei Mari del Sud e sbarco a Giava in tre punti. Egli ritiene che l'occupazione di tutta l'isola, nonché di Sumatra e di porto Darwin, procederà con ritmo celere. Frattanto saranno proseguite le operazioni militari verso l'India, avente per obiettivo l'occupazione di Burma, e possibilmente di qualche porto indiano. Nulla è deciso finora circa l'ulteriore sviluppo deHe operazioni sul continente indiano, nel quale comunque sarà svolta una propaganda attiva, accompagnata da invio di armi ed esplosivi. Quanto allo svolgimento della guerra sul mare, Oshima ha tenuto a ricordarmi l'opinione espressagli dal Duce (2) e condivisa dal Governo di Tokio, secondo cui è bene che l'attività dei sottomarini nipponici si spinga il più possibile ad occidente dell'Oceano Indiano.

Prendendo lo spunto dalle dichiarazioni di Bose, largamente diffuse dalla Radio nipponica, ho domandato al mio collega se ritenesse che situazione militare aveva assunto tali sviluppi da permettere di riprendere in considerazione note dichiarazioni dei tre Governi circa l'indipendenza dei Paesi arabi e dell'India. Oshima mi ha detto che, nonostante la più forte pressione militare nipponica non crede che sia ancora giunto il momento di prendere posizione umcialmente e pubblicamente circa l'India. Del resto, a quanto gli risulta, anche la dichiarazione per i Paesi arabi sarebbe stata rinviata.

Sulla situazione militare in Europa, Oshima ha convenuto con me che l'offensiva in Russia comporterà dei combattimenti molto duri. Ha peraltro espresso l'avviso che alla Germania riuscirà infliggere ai russi dei colpi tali da permetterle di creare a nord un fronte leggero e di dedicare sumcienti forze ad un nuovo fronte caucasico.

È da notare che tale nuovo fronte richiederebbe l'impiego non tanto di grandi masse quanto di mezzi aerei.

Il mio collega nipponico non esclude che, dopo stabilito un collegamento diretto fra l'Europa e il Giappone, l'Inghilterra, beninteso che Churchill sia allontanato, possa assumere un diverso atteggiamento.

Oshima ha espresso la sua soddisfazione per lo stretto contatto già stabilito fra noi e che entrambi ci proponiamo di mantenere anche in avvenire.

(l) -Vedi D. 311. (2) -Vedi D. 256. nota l.
330

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. S.N.D. 7599/41 P. R. Roma, 3 marzo 1942, ore 23,15.

Vostro 101 (1).

Bose ha effettivamente parlato pomeriggio sabato

Non è stato possibile preavvertirVi. Non si ritiene che sue trasmissioni possano essere regolari. Se si, Vi saranno comunicate preventivamente ora e lunghezza onda. Interessa conoscere reazioni questa sua prima presa posizione, che è stata generica, ma decisa (2).

331

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1568/031 R. Berna, 3 marzo 1942 (per. il 5).

Capo Dipartimento Politico Pilet-Golaz, durante visita da me fattagli per chiedergli assunzione tutela nostri interessi in Sud Africa ed in altri territori dell'Impero Britannico, mi ha parlato della futura destinazione dell'ex Ministro a Roma Ruegger.

Ha cominciato col dire che Svizzera è lieta rendere un servigio all'Italia ma che tuttavia vastità del compito assunto in tanti paesi, in alcuni dei quali cittadini italiani sono molto numerosi, non manca di preoccupare Governo svizzero, desideroso adempiere incarico nel migliore modo. Uno dei paesi per i quali detta tutela si presenta particolarmente complessa e gravosa è il Brasile. Egli avrebbe pertanto progettato potenziare quella Legazione svizzera, attualmente diretta da Ministro Traversini, con nuovo personale adatto. A tale scopo si starebbe considerando possibilità inviare a Rio Ministro Ruegger. In caso di decisione affermativa in tal senso, Ruegger potrebbe o essere nominato senz'altro titolare di quella Legazione oppure esser colà inviato in aggiunta, per qualche tempo, al Ministro Tmversini. Ma Governo Svizzero si domanda quale impres..c;ione produrrebbe tale nomina a Roma. Era stato, in un primo tempo. progettato nominare Ruegger Capo della Divisione Interessi Stranieri ma è stato poi temuto che tale nomina fosse interpretata come gesto contro di noi. «Celà aurait été peut-étre trop fort » -ha detto -«et. au moins pour le moment, on y a renoncé ». Ma, ha concluso, non vi dovrebbero essere a Roma difficoltà per nomina Ruegger a Rio.

Tutto questo discorso è stato fatto da Pilet-Golaz con circonlocuzioni, sorrisetti, sottintesi e allusioni alle cause del richiamo di Ruegger.

Ho risposto brevemente dicendo che ignoravo naturalmente quali potrebùero essere reazioni R. Governo a progettata nomina Ruegger. Potevo tuttavia dire senz'altro, a titolo personale, di ritenere che sua eventuale nomina a posto attualmente tanto importante in Svizzera, anche nei nostri diretti riguardi, quale quellD di Capo della Divisione Interessi Stranieri, non sarebbe con molta probabilità stata gradita a Roma. Quanto alla sua nomina a Rio potevo solo domandarmi se sarebbe bene scegliere proprio il Ruegger per specifica missione avente quale scopo tutela interessi italiani.

Non ho tuttavia ritenuto di aggiungere altro, almeno per il momento, per non pregiudicare eventuale seguito della cosa.

Discorso di Pilet-Golaz ha indubbiamente voluto essere una specie di richiesta di benestare. Ove Voi, Eccellenza, riteniate che una qualsiasi risposta debba essergli data, mi sarà facile rivederlo con un pretesto qualunque e ritornare sull'argomento (1).

(l) -Con T. s.n.d. 6556/101 p.r. del 2 marzo 1942, ore 14,30, non pubblicato, Quaroni aveva chiesto se era vero che Bose aveva cominciato a «parlare all'India» da una radio clandestina. (2) -Per la risposta di Qu:oroni, vedi D. 338.
332

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1601/038 R. Budapest, 3 marzo 1942 (per. il 6).

Col telespresso 534/263 del 28 febbraio u.s. (2) Vi ho riferito circa grave crisi che attraversa il Partito crocefrecciato in conseguenza dell'elezione di Stefano Horthy. Szalazy ha in questi giorni nuovamente manifestato la sua orto· dossia nazionalsocialista in termini così spropositati (mio te l espresso n. 557/274

del 4 corrente (l) da accreditare la voce, che già era stata fatta correre dal Partito governativo, che i due anni di prigionia abbiano scosso le sue facoltà intellettuali. D'altra parte le estreme destre ungheresi oltre a subire un processo di sgretolamento ed estenuarsi in queste manifestazioni ultra-nazionalsocialiste, non possono vantarsi di avere quell'aperto appoggio germanico del quale avrebbero bisogno per rinsanguare il loro movimento che nel Paese potrebbe ancora avere vaste possibilità di proselitismo. L'abile politica di Bardossy oltre ad aver isolato il movimento delle estreme destre ed aver impedito che si delineasse una campagna che avrebbe ootuto autorizzare Szalazy ed accusare il Presidente del Consiglio di essere un nemico del Reich, ha fatto sì che molti aderenti del Partito Crocefrecciato abbiano cambiato casacca. Il Vice presidente del Partito di Governo, il Deputato Lukacs, del quale come è noto, si è parlato come eventuale successore di Bardossy mi ha detto che le estreme destre sono state praticamente accerchiate oltre che dalla buona tattica di Bardossy anche dal peso della autorità del Reggente il quale ha adoperato tutti i mezzi per screditare Imredy e minimizzare la personallità di Szalasy. Non vi è dubbio che gli sforzi di Imredy e di Szalazy di definirsi gli unici interpreti del pensiero politico delle Potenze dell'Asse in Ungheria si sono urtati contro la misurata politica di Bardossy il quale ha offerto la possibilità all'ottantaquattrenne Reggente di creare, senza eccessi turbamenti interni, quella che si può definire la «Dinastia Horthy >>.

(l) -Per la risposta di Ciano vedi D. 340. (2) -Non pubblicato.
333

IL PRESIDENTE DELLA SO'ITOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. S. 4498/AG. Torino, 3 marzo 1942 (per. l'B).

Si rimette, qui unito, copia di uno studio riassuntivo sulla situazione armistiziale della Francia nel febbraio u.s., che la Presidenza di questa Commissione ha inviato al Comando Supremo.

Una copia è pure stata rimessa al R. Plenipotenziario in Parigi.

ALLEGATO.

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

Torino, 25 febbraio 1942.

MEMORIA

Premessa

Il recente atteggiamento del Governo francese nella questione dei trasporti dall'Italia in Libia, via Francia-Tunisia, induce a riesaminare la situazione attuale per ricostruirla nelle sue linee essenziali e ricavarne ogni possibile deduzione per gli orientamenti cui attenerci.

Ben noti sono i fatti di questi ultimi mesi, a partire da quella rottura delle trattative a tre di Wiesbaden (23 dicembre 1941) (1), che segna ormai una pietra miliare nella evoluzione dei rapporti armistiziali dell'Asse con la Francia.

Basterà ricordare che. mentre tra Germania e Francia si verificava, per decisione del Fiihrer, un netto irrigidimento, tra Italia e Francia venivano invece avviate trattative per l'integrale utilizzazione dei porti della Tunisia e per il favorevole accoglimento di talune concessioni politiche richieste dal Governo di Vichy: tali ampie trattative non potevano però avere sviluppo per l'intransigenza germanica, mentre altre più modeste, per l'invio in Libia di merci e di autocarri, giungevano invece a compimento.

Il 3 febbraio 1942 veniva firmato l'accordo per l'invio di tali merci, ma già in precedenza, il 21 gennaio, un primo trasporto varcava la frontiera per raggiungere Marsiglia e la Tunisia. Altri trasporti seguivano nei giorni successivi, finché improvvisamente, 1'11 febbraio, il Presidente della D.F. comunicava la decisione del proprio Governo di «sospendere definitivamente» l'invio in Libia -via Tunisia -di autocarri italiani (trasporti «Gamma») e di «sospendere temporaneamente» gli analoghi invii di derrate e di vestiario (trasporti «Delta») (2).

La temporanea sospensione dei trasporti «Delta» veniva dal Governo francese motivata con una ragione d'ordine tecnico (congestionamento delle merci nei porti tunisini); la definitiva sospensione dei trasporti «Gamma» si doveva invece alla intervenuta violenta propaganda anglosassone ed ai passi compiuti a Vichy dal Governo americano. In realtà, pur dovendosi ritenere essere stato elemento determinante pel Governo di Vichy la « démarche » compiuta dall'Ambasciatore degli S.U.A. Leahy, sta di fatto che sin dagli ultimi giorni di gennaio una vera gazzarra si scatenava nella stampa e nella radio dei paesi anglosassoni pei pretesi «aiuti dati dalla Francia di Vichy al generale Rommel».

Alle immediate, energiche mie rimostranze verbali e scritte, il Governo francese rispondeva, in data 13 febbraio, dando assicurazione che sarebbero stati istradati sino alla frontiera libica tutte le merci «Delta» e tutti gli autocarri «Gamma» che avessero passato la frontiera itala-francese fino al 12 febbraio.

Tale sia pur parziale resipiscenza va posta in relazione col contenuto di un precedente colloquio (11 febbraio), nel corso del quale l'ammiraglio Duplat, portando a conoscenza dell'Italia il rammarico ed anzi lo « scoraggiamento » dell'ammiraglio Darlan pel mancato mantenimento delle promesse fatte alla Francia dalla Germania, ed in genere per le continue manifestazioni di diffidenza con cui la Francia si era vista ripagare le sue numerose prove di buona volontà verro l'Asse, mi domandava se non fosse ancora possibile un passo del Duce presso il Fiihrer per convincerlo ad accogliere almeno qualcuno dei « desiderata » del Governo francese.

Più recentemente, il 19 febbraio, l'ammiraglio Duplat, dopo avermi ripetuto, in tono molto dimesso, che il Governo francese era stato costretto a sospendere i già iniziati trasporti per non privare l'A.F.N. del carburante indispensabile alle sue macchine agricole, mi comunicava che il Governo stesso era pronto a riprendere i trasporti «Delta», facendovi ora concorrere le navi dirette a Susa ed a Sfax e costituendo fra la Tunisia e la Libia la navigazione di cabotaggio alla via terrestre; chiedeva pero m compenso rafforzamenti (aviazione; difesa contraerei) in Tunisia pei rischi cui venivano cosi esposti quei porti.

I

Sull'atteggiamento francese è lecito chiedersi: 1°) -Perchè la Francia ha in un primo tempo, e con pronta adesione, concesso noti trasporti? È facile scorgerne due principali motivi: pel non dissimulato timore che le truppe britanniche potessero spingersi sino al confine della Tunisia; per potere, attraverso

l'Italia, riavvicinarsi alla Germania onde poi ottenere le agognate concessioni politiche; il che risulta in modo inequivocabile dal « memento » con cui l'ammiraglio Duplat presentava, il 13 gennaio, le « suggestions » del Governo francese, e dall'insistenza con cui, ancora il 13 febbraio, il Duplat implorava, a nome del suo Governo l'intervento del Duce.

2") -Perché la Francia ha sospeso trasporti per la Libia? Perché solo parzialmente?

La risposta sembra meno sicura, ma tuttavia appaiono probabili i seguenti motivi: il desiderio di non inimicarsi gli Stati Uniti e di stornarne le minacce; l'opposto desiderio di non rompere ogni ponte colle Potenze dell'Asse, come ne è prova la recente offerta francese di riprendere i meno appariscenti trasporti «Delta»; l'essersi la Francia avveduta che neppur la concessione dei trasporti di autocarri (e cioè dei materiali più utili per noi e più malvisi agli anglosassoni) era bastata ad assicurarle i vantaggi di natura politica che essa si era ripromessa.

Nell'ambito dell'interrogativo precedente, ci si può chiedere perché il Governo francese abbia interesse a non irritare gli Stati Uniti. Qui occorrono ragioni di intuitiva evidenza: necessità di non interrompere gli utilissimi rifornimenti degli Stati Uniti all'Africa francese del Nord; complessità di interessi francesi negli Stati Uniti, dai crediti sia pure congelati all'oro depositato nelle bànche americane e della Martinica ed al naviglio bloccato nei porti nord-americani; desiderio di salvaguardare i possedimenti coloniali francesi in America; timore di una minaccia anglosassone ai possedimenti francesi dell'Africa, sia pure al fine di attaccare, dall'Atlantico, le Potenze dell'Asse.

A proposito dei noti trasporti per la Libia in relazione all'atteggiamento delle potenze aglosassoni, ci si può in ultimo porsi questo quesito: perchè tali potenze hanno in questi giorni così violentemente attaccato la Francia, pur conoscendo -come è assai probabile -la modesta entità dei trasporti in questione?

Un primo motivo è da cercare nella necessità del Governo inglese di giustificare dinanzi al Paese il grave rovescio subito in Libia, asserendo, in piena malafede, che i necessari rifornimenti vi erano giunti non per mare, ma dalla Tunisia.

A tale motivo si aggiunge, poi, l'intenzione di esercitare una forte pressione sulla Francia per impedirle di avvicinarsi all'Asse, poiché la concessione di trasporti in Libia attraverso la Tunisia poteva costituire il deciso avvio della Francia su di una china pericolosa agli interessi aglosassoni.

Infine non è da escludere un complesso di ragioni anche ideali, che voglionsi da parte americana porre a fondamento di questa guerra, per cui gli S.U.A. mal tollererebbero di vedere passare nel campo avverso la Francia democratica e paladina dei « principi di libertà». Il tutto però materiato di serie ragioni strategiche.

A tal proposito si presentano opportune alcune considerazioni posto che la Francia, pedina strategica di non trascurabile importanza, occupa in questa guerra.

Dove potrà l'America, non ancora intervenuta nel conflitto colle sue forze terrestri -le quali son pur quelle che decidono le sorti della guerra -far sentire il peso dei suoi tanto vantati armamenti?

Nel pacifico, i mirabili risultati già raggiunti dal Giappone e la struttura di quel teatro di operazioni rendono poco probabile l'intervento di numerose forze terrestri americane. E poco probabile è da ritenersi altresì un'azione americana sulle coste atlantiche dell'Europa, ove -a parte le difficoltà di trasporto in mari così vigilati dalla marina e dall'aviazione dell'Asse -urterebbe contro formidabili ostacoli.

Ben diversa si presenta la situazione sulle coste atlantiche del continente africano. Nell'Africa francese del Nord, lo spirito di autarchia ivi esistente, la presenza di un ottimo esercito coloniale, non scosso dalla sconfitta ed avido, anzi, di vendicare le sorti di quello metropolitano, l'idea di riscossa impressavi dal generale Weygand durante il suo recente governo, un complesso di sentimenti e speranze che si assommano nella tendenza antiasse di quei territori, potrebbero rappresentare per l'America un'ottima leva per costituirvi, contro le Potenze dell'Asse, una seconda fronte, che avrebbe la possibilità non soltanto di sfruttare tali elementi, ma anche di attingere all'inesauribile serbatoio degli uomini di colore ed alle notevoli ricchezze locali, privando l'Europa di. materie prime di cui abbisogna: insomma di prepare una lotta fortemente gravosa per l'Asse. Se si pensa, del resto, che. tranne l'unico lembo della Libia, l'intero continente nero è in mano degli inglesi e dei loro alleati, risulta evidente l'estrema gravità dell'eventualità di uno schieramento anti-europeo in Africa.

II

Nell'esame della situazione francese, un altro importante elemento occorre considerare ed è quello di carattere interno relativo alle grande massa dei francesi che il Governo non riesce a dominare.

Come è noto, esistono nello spirito pubblico in Francia tre correnti principali: quella dei seguaci della collaborazione fra Francia e Germania, con varie sfumature e tenc denze particolari impersonate da tutta una serie di vari gruppi politici, che trova la sua maggiore espressione nella stampa germanofila della Francia occupata; la corrente al polo opposto, costituita dai degollisti, dai comunisti, da taluni ultranazionalisti e dalla « Liberation nationale », gruppi tra sé contrastanti ma unificati dalla comune ardente ostilità contro l'Asse; al centro, la corrente rappresentata dalla grande massa del popolo francese, indubbiamente anglofila, ma «attesista», soprattutto perché l'inerte attesa allontana il deprecato pericolo di una ripartecipazione alla guerra.

Una quarta corrente appoggia direttamente il Governo Pétain-Darlan; è una corrente modesta e poco battagliera che trova i suoi scarsi adepti negli ambienti militari, soprattutto marinareschi, e fra la burocrazia.

Violente invece sono le correnti estreme: quella dei collaborazionisti dell'Asse, mossi dalla Parigi tedesca, esile, ma così vivace da minacciare persino una « marcia su Vichy »; quella numerosa degli anti tedeschi che opera, specialmente nel Nord Africa, con sottile e intenso lavoro di propaganda a base di manifesti clandestini, di scritte murarie, di atti terroristici, e che è certo sussidiata dall'oro inglese ed americano.

Òggi ancora non si può parlare di esasperazione; ma l'inasprirsi dei rapporti fra i partiti ed un'eventuale crisi di Governo -quale per esempio potrebbe verificarsi se venisse a mancare il venerando Maresciallo -yotrebbero rendere necessario anche un intervento armato dell'Asse per sedare gravi tumulti ed opporsi alla dissidenza, specie nel Nord Africa. Se infatti è da escludere che oggi in Francia vi sia l'animo pronto ad affrontare una nuova guerra, si deve per contro riconoscere questa possibilità nell'Africa del Nord; ovunque poi sono ammissiblii conflitti di partito, movimenti popolari, che anche se improvvisi e disorganizzati, potrebbero palesarsi pericolosi.

Ad inasprire tale situazione, concorrono inoltre le difficili condizioni economicosociali della Francia e, in particolare, quelle alimentari sempre più gravi, come i disordini avvenuti in questi ultimi tempi in varie località della Francia hanno dimostrato.

L'occupazione tedesca di oltre metà della Francia aggrava evidentemente sempre più questi seri problemi economici.

Di tutto ciò il Governo di Vichy deve dunque tenere strettissimo conto. Comunque anche se il Maresciallo Pétain e l'ammiraglio Darlan desiderano sinceramente di venire incontro alle potenze dell'Asse, è certo che la grande maggioranza del popolo francese non li seguirebbe su questa strada: vi appaiono decisamente contrari, oltre ai fattori già detti. i motivi stessi pei quali la Francia è entrata in guerra contro la Germania, l'ideologia liberale e democratica, l'odio diffuso pel nazismo e pel fascismo, e soprattutto il fatto che la Francia ha combattuto in questa guerra a fianco dell'Inghilterra. La massa del popolo francese potrebbe perciò indursi a cambiare orientamento, solo per convenienza, e cioè in virtù di tangibili concessioni da parte delle Potenze dell'Asse. Tuttavia, anche se codeste concessioni dovessero aver luogo, sarebbe sempre estremamente improrogabile un « revirement » dell'opinione pubblica francese: sperare che il popolo francese possa venire attratto nell'orbita dell'Asse, deve perciò -per ora al

meno -considerarsi un'illusione.

Vero è che la Francia non dovrebbe neanche sottovalutare l'evenienza che tocchi poi a lei -proprio a causa della sua politica attesista o, peggio, anglofila -di pagare lo scotto della guerra: alcune voci della stampa collaborazionista sono infatti assai significative a questo riguardo.

Ma tale aspetto della questione deve essere valutato anche dall'angolo visuale inverso: l'opportunità di non avere obbligazioni verso la Francia al momento della pace può infatti suggerire all'Asse di non insistere nel richiedere la collaborazione francese.

III

Dall'esame ora fatto, occorre trarre qualche conclusione.

La Francia si trova in una situazione veramente singolare per la sua difficoltà e complessità; ha subito una delle più tremende sconfitte della storia ed il suo esercito ne è stato sommerso; ma tuttavia ha serbata intatta la flotta, e soprattutto ha serbato fuori dalla guerra l'Impero con buona parte delle sue forze coloniali.

L'armistizio la pone da venti mesi in una specie di paralisi, della quale essa si sforza invano da uscire: l'occupazione con le conseguenti difficoltà di transito e di traffico che ne scompongono l'unità economica; l'impossibilità di far funzionare le industrie belliche della zona non occupata; la mancanza di materie prime e di forza motrice; l'insufficienza di braccia per l'industria civile e per l'agricoltura a causa dell'enorme numero di prigionieri tuttora in Germania, la crisi demografica; l'assorbimento di un'infinità di generi a cagione degli acquisti tedeschi nella Francia occupata e non occupata; la particolare ansietà determinata dall'incertezza della posizione del proprio paese: sconfitto ma non ancora sottoposto a tutte le conseguenze della sconfitta, quali la cessione di territori alla Germania ed all'Italia, non più in campo con gli anglosassoni, ma neppure aiutato dalle Potenze dell'Asse; tutto concorre ad aumentare il disagio ed il malcontento della popolazione.

Né si può dimenticare che, grazie alla collaborazione coll'Asse la Francia ha perduto la Siria, mentre la collaborazione col Giappone l'ha praticamente privata dell'Indocina.

Tutto questo spiega gli ondeggiamenti del Governo francese, il quale pur cercando di legarsi all'Asse, non ha osato rompere cogli Stati Uniti d'America, neanche quando questi sono entrati in guerra contro le potenze totalitarie.

E, del resto, che altro potrebbe dare la Francia alla Germania? Nel campo finanziario essa continua a pagarle, da venti mesi, dai 300 ai 400 milioni di franchi al giorno; nel campo economico il territorio metropolitano continua ad esserne sfruttato sino all'estremo. La Francia potrebbe essere ancora utile all'Asse nel campo

delle concessioni militari (cessione delle basi tunisine e delle basi di Dakar e del Marocco atlantico), ma con questo essa si attrarrebbe la reazione dei nemici dell'Asse sino a

rischiare il venir trascinata nel conflitto: pel che le mancano la volontà ed i mezzi.

Se dunque l'attuale atteggiamento della Francia è spiegabile, quale politica può convenire all'Asse di seguire nei suoi riguardi?

Se è vero che la Francia, pur diminuita di potenza e di prestigio, deve avere il suo posto nel nuovo ordine europeo di domani; se quindi non conviene esasperare la barriera di odio che già v'è tra i francesi ed i paesi dell'Asse; se è vero che la Francia può durante la guerra in corso, servire all'Asse dal punto di vista militare; se è vero che la dissidenza dell'Impero africano -alimentata dagli anglosassoni -potrebbe creare le gravi complicazioni sopra esposte, non sembra dubbia la convenienza di fare alla Francia concessioni tali da migliorare la sua situazione interna e da fronteggiare con adeguati mezzi di difesa il degollismo ed eventuali minacce anglo-americane.

Dovrebbe dunque prevalere, da parte dell'Asse, l'idea collaborativa, sia pure da attuarsi con prudente gradualità, così come già aveva deciso il Duce. Ma poiché su tale via la Germania non intende, almeno per ora, seguirei, appare, con l'andare del tempo, sempre maggiore la possibilità di complicazioni interne, a fronteggiare le quali giovano i provvedimenti militari, già dal Comando Supremo previsti, intesi a disporre in ogni momento di forze che permettano di intervenire prontamente oltre Alpi, in Corsica e nel Nord Africa francese e particolarmente in Tunisia, qualora vl si manifestassero pericolose situazioni.

E ciò senza contare che, quando scoccherà l'ora delle nostre rivendicazioni, bisognerà forse procedere alle occupazioni territoriali per una strada che potrebbe non essere pacifica.

Soggiungo che se volessimo senz'altro affiancare la Germania nella sua rigida intransigenza, non ci mancherebbe un mezzo armistiziale efficacissimo per pesare sulla Francia: agire cioè, più o meno fortemente. sul suo traffico nel Mediterraneo, traffico che è essenziale alla sua vita.

(l) Non rinvenuto.

(l) -Vedi DD. 50 e 68. (2) -Vedi D. 264, allegato 1.
334

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 1558/92 R. Budapest, 4 marzo 1942, ore 14,33 (per. ore 21).

Miei 89 e 90 (l)

Questo Vice Ministro degli Esteri mi comunica che Consiglio dei Ministri in adesione richiesta Governi Roma e Berlino ha deciso rottura relazioni diplomatiche con Brasile. Governo ungherese attenderà qualche giorno prima di compiere passo ufficiale poiché desidera avere intanto gradimento Governo Cile alla nomina dell'attuale Ministro di Ungheria in Brasile Nicola Horthy che verrà da Rio Janeiro trasferito Santiago. Comunicazioni definitive al riguardo ci verranno per ciò fatte fra breve. Vice Ministro ha sottolineato sacrifici che importa agli interessi ungheresi decisione attuale adottata solo in omaggio alla politica di leale collaborazione con l'Asse.

335

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RR. S.N.D. PER CORRIERE 1600/62 R. Roma, 4 marzo 1942 (per. il 6).

Si è sparsa oggi la notizia dell'invio di un messaggio di Stalin al Papa. Si potrebbe supporre che tale voce avesse avuto origine da una notizia in tal senso data dalle radio anglo-americane. Sta in fatto però che le informazioni diffuse a Roma aggiungevano maggiori precisioni, e cioè che il messaggio di Stalin contemplava tre punti:

0 ) ringraziamenti al Pontefice per non aver condannato il bolscevismo;

2°) assicurazioni di concessione di massima libertà religiosa in Russia;

3°) promessa di una visita di StaHn al Papa dopo la vittoria.

Poiché il primo punto corrisponde ad una campagna che si va accentuando in questi giorni in alcuni ambienti e su taluni giornali italiani e germanici, e poiché i due altri punti non hanno senso comune, vi sarebbero motivi per ritenere che le notizie romane (pare diffuse dall'Agenzia Urbe, a

quanto mi ha detto il mio collega di Germania) siano sgorgate dalla fantasia dei soliti informatori italiani, al soldo di alcune organizzazioni tedesche, che furono recentemente colti in flagrante fabbricazione di notizie false (vedi Scattolini e compagni).

Pertanto le ipotesi sarebbero due: o i detti falsari avrebbero lanciata da Roma la notizia del messaggio che sarebbe stata poi ripresa dalle radio angloamericane, o la notizia lanciata dalle dette radio sarebbe stata da loro ripresa e perfezionata con le tre precisazioni sopra indicate.

Il mio collega di Germania propendeva per questa seconda ipotesi. Egli, pur afferma;ndomi il ritenere che la notizia si smentisse da sé stessa per la puerilità dei dettagli da cui era accompagnata, ha chiesto ad abundantiam alla Santa Sede che cosa vi fosse di vero in tutto ciò e ne ha ricevuta assicurazione che si trattava di una completa grottesca invenzione.

(l) Vedi D. 322.

336

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1654/026 R. Bucarest, 4 marzo 1942 (per. l'B).

Siccome so che questo Governo sta facendo preparare memoriali, grafici e statistiche con l'evidente scopo di presentarli a VoJ in occasione del Vostro prossimo viaggio qui, ho creduto utile dire a Mihaie Antonescu che sarebbe di assai cattivo gusto se egli e il Conducator considerassero il viaggio di V. E. In funzione anti-ungherese. Per le ragioni che avevo già numerose volte spiegato suggerivo anzi a titolo amichevole che della Transilvania non si parlasse

o quanto meno che non si considerasse questo come il problema principe da abbordare immediatamente. confinandolo invece nel complesso di quel tour d'horizon politico che Voi non avreste mancato di fare con lui Antones~u. La reazione è stata quale m'immaginavo. Tutti i romeni vivevano per un S()lo scopo: rifare l'unità del Popolo romeno. Questo era il programma che egii e il Conducator si erano proposti ed era il fine ultimo non solo della loro missione politica ma della loro stessa vita. Era quindi impossibile che con Voi non si parlasse della questione transilvana. D'altra parte egli aveva già parlato della cosa con Voi a Berlino e non vedeva ragioni per non parlarne qui. Ho risposto che non aveva capita la mia suggestione, che egli trasportava sui piano politico una questione d'ordine psicologico. Io conoscevo le idee e i sentimenti di V. E. e ritenevo che sarebbe stato un grave errore di obbligarVi a dichiarazioni esplicite. Voi avevate ricevuto il Ministro Filotti a Budapest assicurandolo che non si era fatto né discusso nulla che potesse essere sgradito alla Romania. Bisognava mettere V. E. in condizioni di poter fare analoghe dichiarazioni a questo Ministro di Ungheria. Si rendesse ben conto lui, Antonescu, come già gli avevo detto altre volte, che era già un gran successo pel Governo romeno che V. E. venisse in Romania; ma non si pretendesse con questo di distruggere una politica di amicizia nei confronti dell'Ungheria che era durata da vent'anni, né che si ponesse l'alternativa consueta qui: gli amici dell'Ungheria sono i nostri nemici. Antonescu naturalmente mi ha vuotato tutto

il suo sacco con argomenti che Vi se n ti rete ripetere e cioè: l0 ) che il Governo romeno non si è impegnato in nessun senso nella politica balcanica malgrado le avances che gli pervengono da Sofia e da Zagabria e perfino da Belgrado perché vuole concordare la sua politica balcanica con Roma; 2°) che il passato non conta ma bisogna lavorare per l'avvenire e dominio del Mediterraneo, espansione verso Oriente, influenza nel Mar Nero sono termini vuoti di senso per l'Italia senza un'intesa con la Romania; 3°) che avremo tutto da temere dagli ungheresi e dagli slavi del Sud ma nulla dai romeni; 4°) che per evitare la resurrezione di un Impero romano germanico urge un'intesa fra i popoli latini ed altri numerosi argomenti analoghi che Vi risparmio.

Avendomi infine detto che la Germania mostrava molta maggior comprensione politica dell'Italia verso la Romania, ho ribattuto che la Germania stava qui come padrona ma non per questo poteva avere maggiore comprensione sul piano politico e psicologico. D'altra parte non mi risultava che per la quetitione transilvana il Ftiehrer e Ribbentrop avessero dato affidamenti né promesse.

Ho desiderato precisare i termini di questa conversazione per Vostro orientamento personale ed anche per evitare che Antonescu la documenti a Grigorcea in maniera assolutamente arbitraria come spesso gli accade.

337.

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DF.GLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 1501/348 R. Berlino, 5 marzo 1942, ore 10,55.

In questi ambienti responsabili si ritiene ormai per certo che il Comando sovietico intenda continuare il più a lungo possibile nell'attuale sua tattica di azioni incessanti alternativamente condotte in vari settori del fronte orientale allo scopo di mantenere le forze tedesche costantemente impegnate nella difensiva. È altresì opinione diffusa che queste azioni preludano senza soluzione di continuità ad un tentativo offensivo di maggiore portata che l'Alto Comando sovietico si preparerebbe a compiere onde prevenire l'attacco generale tedesco

o perlomeno per ritardarlo e renderlo più difficile. La tattica attuale ed i notevoli sforzi compiuti negli ultimi tre mesi non hanno però in realtà permesso ai sovietici di reaHzzare successi di carattere sostanziale. Il peso maggiore dei loro sforzi si fa in questi giorni sentire nel settore di Leningrado ed in quello meridionale dove i combattimenti si vanno facendo particolarmente duri. Per la prima volta è riuscito ai russi di compiere con successo una manovra avvolgente. Nel settore del Lago di Ilmen sei Divisioni della XVI Armata tedesca (96 mila uomini) sono rimaste circondate ed i loro sforzi per aprirsi una uscita sono finora rimasti vani. Mentre una grossa colonna tedesca tenta da Sud di venire in loro soccorso, le Divisioni circondate sono rifornite per mezzo di aerei.

I preparativi per la grande azione tedesca di primavera-estate sono in pieno sviluppo e già i materiali necessari vengono accumulati presso basi dei settori di partenza, mentre con ritmo intensissimo si svolge l'addestramento delle nuove unità nell'interno del Paese.

Secondo elementi raccolti nei circoli di questo Stato Maggiore -dove per speciali ordini ricevuti si è ora oltremodo riservati -si prevede che la campagna sarà oltremodo dura in vista anche delle fortificazioni campali che i russi stanno attivamente preparando nelle regioni dei Waldai, di Rostov e del Cuban, lungo cioè le direttrici di attacco tedesco che ormai sembrano più probabili.

338

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1641/111 R. Kabul, 5 marzo 1942, ore 19 (per. ore 9,10 del 7).

Vi ringrazio informazioni di cui al telegramma di V. E. 41 (1).

Radio Dehli ha riportato iersera dichiarazioni Nehru denunziante «nuovo grande pericolo propaganda radio Roma Berlino Tokio contro cui occorre combattere». Si riferisce evidentemente Bose ed è miglior prova che sua risurrezione ha fatto grande effetto.

Nei circoli indiani di Kabul dichiarazione ha prodotto ottimo effetto; è troppo presto ancora per aver notizie dirette dall'India ma è da ritenere però che tutti si aspettano essa sia inizio nuova campagna propagandista. Una manifestazione isolata per quanto importante non può avere effetto profondo: proclama Bose originale, come è naturale, è stato sentito qui da pochi -lo stesso è certo accaduto in India -ma quanto basta perché si possa testimoniare che è realmente stato lui a parlare. Sarebbe opportuno ora centrare almeno una parte nostra propaganda intorno Bose e sua presa posizione. Questo Berlino ha cominciato a fare ma Roma no.

Così credo sarebbe desiderabile che radio Roma come fa Berlino accennasse ogni tanto esistenza radio « India libera » di Bangkok, anche per dare impressione che movimento in favore India nelle tre capitali del Tripartito è coordinato. Himalaya però dovrebbe continuare rimanere fedele suo carattere.

Reazione propaganda inglese continua provare che la nostra propaganda in favore indipendenza India dà molto sui nervi agli inglesi.

339

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, AMBROSIO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. 3741. ..., 5 marzo 1942.

I. Gli accordi diretti a definire la cooperazione tra le forze armate italotedesco-croate, al fine di epurare radicalmente la Croazia dai ribelli, si sono svlluppati attraverso due fasi:

l) riunione preliminare, tenuta il 2 c.m., alla quale sono intervenuti i soli delegati italiani e tedeschi;

2) riunione plenaria, tenuta il 3 c.m., alla quale sono intervenuti anche rappresentanti croati.

II. Gli accordi definitivi risultano da apposito verbale, redatto nelle tre lingue -italiana, tedesca e croata -in tre esemplari completi, firmati da me e dai generali Kuntze e Laxa la sera del giorno 3 alle ore 19,30.

Un esemplare di detto verbale è stato consegnato al generale Kuntze ed uno al generale Laxa.

Trasmetto a codesto Comando Supremo l'esemplare della parte italiana (1), unitamente a copia dei verbali particolareggiati delle riunioni preliminare e plenaria (2).

III. In merito agli accennati accordi, ed a chiarimento dei punti essenziali risultanti dal citato verbale, mi preme mettere in evidenza quanto appresso:

a) Risulta essere stata effettuata a Zagabria una riunione preliminare tedesco-croata, nella quale, evidentemente, sono stati presi in esame i vari problemi e la linea di condotta da tenere dalle due delegazioni nei nostri confronti.

Tale linea di condotta deve essere stata definita nel senso di lasciare la direzione della discussione alla parte tedesca anche per la salvaguardia degli interessi croati: opposizioni e difficoltà all'accettazione del verbale preparato da noi sono, infatti, venute essenzialmente dai tedeschi, mentre da parte croata, sia ufficialmente sia in discorsi ufficiosi, sono stati messi in evidenza i grandi interessi tedeschi (minerari ed industriali) in Croazia.

b) Dall'esame dei problemi interessanti gli accordi e dalle eccezioni sollevate dai tedeschi in sede di verbale, è apparsa chiara la precisa intenzione germanica di escludere ogni nostra ingerenza e penetrazione nella Bosnia orientale.

Ne sono prova evidente: -la richiesta iniziale del gen. Kuntze che noi agissimo nella regione Banja Luka-Kozara Pl.

-Petrova Gora, indicata come la zona più importante della ribellione, mentre veniva contemporaneamente tentato di minimizzare l'entità del movimento ribelle nella Bosnia orientale;

-la intransigenza tedesca a considerare anche la sola presa in esame di possibili varianti alla linea di demarcazione.

c) I tedeschi hanno dovuto, peraltro, arrendersi di fronte alla logicità dei nostri argomenti ed alla entità del promesso nostro apporto di forze. Una volta accettato, infatti, il mio punto di vista sul concetto operativo e che cioè: -la Bosnia orientale costituisce il fulcro della ribellione; -le complessive forze disponibili non consentono di attuare operazioni contemporanee, ed è quindi necessario procedere inizialmente al concentra

mento di esse nella zona più importante; i tedeschi hanno dovuto ammettere che durante le operazioni e la successiva opera di pacificazione la linea di demarcazione non può più essere considerata.

Nel corso della discussione è apparso, peraltro, evidente il loro intendimento che, appena le operazioni siano ultimate, la situazione di partenza debba essere ripristinata, mentre hanno tentato di escludere dagli accordi la continuazione delle operazioni nella regione a nord-ovest della Bosnia orientale, forse per la preoccupazione che l'allontanamento delle loro forze da quest'ultima zona consentirebbe a nostre truppe una più lunga permanenza nella zona stessa.

d) Su insistente richiesta tedesca ho fissato quale base di partenza per le nostre truppe, per l'inizio delle operazioni, la linea: -di demarcazione, per la fronte sud-ovest; -Kalinovik-alture di riva destra Drina-Visegrad, per la fronte meridionale;

per modo che le nostre unità possano, fin dall'inizio, avere la possibilità di penetrare nella Bosnia orientale.

Conseguentemente i tedeschi hanno determinata una loro base di partenza, in parte coincidente con la linea di demarcazione, e in parte ad assai breve distanza da questa, così da lasciare alle spalle la quasi totalità della Bosnia orientale e della ribellione.

Tale assurdo costituisce un'altra evidente prova del loro intendimento di non consentire (o di consentirlo solo per una zona poco profonda) la nostra penetrazione nella Bosnia orientale.

La facoltà concessa al Comandante della 2" Armata di concretare il piano operativo e la forza delle cose renderanno peraltro vano questo tentativo di escludere un nostro ingresso nella regione che ci interessa.

e) Ritengo poi di aver garantita per un tempo il più lungo possibile la permanenza delle nostre truppe nelle zone al di là della linea di demarcazione con la costituzione di presidi di occupazione nelle zone sorpassate dalle operazioni e con l'aver rimesso, a pacificazione avvenuta e, comunque, al giudizio del Comandante della 2" Armata, l'insediamento delle autorità civili croate nelle amministrazioni civili, le cui funzioni sono inizialmente attribuite alle autorità militari.

Tali condizioni ritengo possano costituire favorevoli basi di partenza per il lavoro che il Ministero degli Esteri potrà svolgere al fine di trasformare in permanente l'occupazione delle zone nelle quali le nostre truppe saranno penetrate.

IV. In conclusione:

-tedeschi e croati, in pieno accordo ·-ma specialmente i tedeschi -non ci desiderano in Bosnia orientale, tanto che hanno tentato di escluderci perfino dalle operazioni in detta regione.

Non essendovi riusciti, hanno dimostrato l'intendimento di farci rientrare

nei territori definiti dalla linea di demarcazione il più presto possibile;

-la delegazione militare italiana è riuscita ad ottenere che le nostre truppe possano penetrare nella Bosnia orientale e vi permangano fino a pacificazione avvenuta: cioè a tempo indeterminato.

Sta ora alla diplomazia ottenere che il famoso «spazio vitale » diventi, per la regione in discorso, un'effettiva realtà;

-ritengo, infine, che l'accordo concluso, specie per talune questioni, troverà seri ostacoli da parte del maresciallo Kvaternik il quale, in questa occasione, svelerà tutto il suo vero animo, profondamente orientato verso i tedeschi ed a noi ostile.

V. I contatti col generale Kuntze e col suo Stato Maggiore mi hanno consentito di trattare, infine, della questione di Mitrovica.

I tedeschi hanno escluso che i bulgari occupino tale ~ocalità; Podujevo, invece, zona ora tranquilla e che rientra nella sfera di competenza dei bu~gari, potrà da questi essere occupata se necessario.

Poiché la delegazione tedesca ha fatto presente di non avere alcuna facoltà per poterne attribuire a noi la occupazione, anziché ai bulgari, la questione dovrà essere trattata direttamente con l'O.K.W.

ALLEGATO

VERBALE RELATIVO ALLA RIUNIONE TENUTA AD ABBAZIA IL 3 MARZO 1942 PER DEFINIRE LA COOPERAZIONE TRA FORZE ITALIANE, TEDESCHE E CROATE AL FINE DI EPURARE RADICALMENTE LA CROAZIA DAI RIBELLI

Intervengono alla riunione:

l'Ecc. il Gen. Des. d' Arm. Ambrosio, Capo di S.M.R.E. in rappresentanza del Comando Supremo Italiano; l'Ecc. il Gen. Des. d'Arm. Roatta, Comandante della 2a Armata Italiana; il Gen. di Brig. Oxilia, Capo della Missione Militare Italiana in Croazia; il Gen. di C.A. Kuntze, Comandante delle Forze del sud-est, in rappresentanza

dell'O.K.W.;

il Gen. di C.A. Bader, Comandante delle Truppe germaniche in Serbia;

il Gen. di C.A. ff. von Rintelen, Generale germanico presso il comando Supremo Italiano;

il Gen. di Brig. Glaise von Horstenau, Generale germanico a Zagabria;

il Ten. Gen. Laxa, Capo di s. M. dell'Esercito croato, in rappresentanza del Maresciallo Kvartenik. Tutti accompagnati da ufficiali dei rispettivi stati maggiori.

1o -Scopo delle operazioni.

Epurazione radicale della Croazia dei ribelli.

2o -Situazione dei ribelli.

a) In Serbia non esistono forti nuclei. Sono da individuare: -un gruppo nella zona di Valievo;

-un gruppo nella zona di Nisc.

28 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

b) In Croazia a nord-est della linea di demarcazione; oltre a nuclei minori esistono due forti centri di ribellione: -uno tra Bosna e Drina e precisamente sull'Ozren Pl. e ad est e nord-est di Sarajevo; -l'altro nella zona fra Banja Luka e Petrova Gora.

c) A questi bisogna aggiungere i nuclei ribelli esistenti a sud-ovest della linea di demarcazione.

3° -Forze che possono partecipare alle operazioni.

Sono state così precisate:

-italiane: tre divisioni, di cui due dall'Erzegovina, una dal Montenegro; con una notevole aliquota di aviazione; -tedesche: una divisione; -croate: otto-dieci battaglioni.

Il generale Laxa fa riserva di precisare la possibilità di mettere a disposizione dell'aviazione italiana il campo di Zagabria.

4° -Unità di comando. È stata riconosciuta la necessità di affidare ad un comandante unico l'azione coordinatrice delle operazioni da svolgersi in Croazia e questi viene designato nella persona del Comandante della 2• Armata, Ecc. Roatta. Egli assumerà l'effettiva direzione delle operazioni dal momento in cui le truppe saranno sulla base di partenza (per le truppe germaniche e croate: P.so a sud di Tarcin -P.so di Trnovo -Praca -Rogatica -Sokolac -Han Pijesak -Vlasenica -Drina a sud Zvornik; per le truppe italiane: sul fronte meridionale la linea Kalinovik alture di riva destra Drina -Visegrad e per la fronte sud-ovest la linea di demarcazione).

5° -Concetto generale operativo. È stato concordato che il problema della ribellione in Croazia debba essere risolto con visione unitaria, agendo con azione concentrica e secondo una valutazione di relativa importanza delle varie zone di ribellione. La zona più importante è stata valutata quella della Bosnia orientale, nella quale zona vanno concentrate inizialmente le forze disponibili: in prosieguo di tempo le operazioni verranno rivolte verso nord-ovest. Il piano operativo verrà concentrato dal comandante della 2a Armata il quale concorderà le modalità esecutive per le operazioni in Bosnia col generale Bader, che le dirigerà alle dirette dipendenze del comandante della 2a Armata, esercitando il comando effettivo sulle forze terrestri tedesche, italiane e croate destinate ad operare.

6° -Carattere dell'azione. L'azione dovrà essere condotta il più rapidamente possibile con la massima energia.

7° -Inizio delle operazioni. Sarebbe desiderabile iniziare le operazioni al più presto. Peraltro, in relazione all'opportunità che esse possano svilupparsi in condizioni metereologiche favorevoli e per consentire la riunione e la più opportuna dislocazione delle truppe operanti, viene fissata come orientamento la data del 15 aprile.

8° -Occupazione delle zone e servizio di polizia. Nelle zone sorpassate dalle operazioni rimarranno truppe di occupazione per assicurare la tranquillità ed il servizio di polizia. Questo sarà disimpegnato dalle stesse truppe di occupazione e dai rispettivi organi di polizia, nonché da gendarmeria croata; il generale Laxa è stato interessato a tal proposito per il potenziamento della gendarmeria stessa.

Viene convenuto sulla opportunità che i poteri civili nelle zone occupate vengano inizialmente assunti dalle autorità militari. A situazione normalizzata nelle varie zone ed a giudizio del comandante della 2• Armata, potranno essere insediate nelle amministrazioni le autorità civili croate.

go -Linea di demarcazione. In relazione ai prevedibili sviluppi operativi ed ai successivi compiti di pacifìcazione da affidarsi alle truppe italiane e tedesche l'attuale linea di demarcazione non potrà essere più considerata durante le operazioni e la successiva pacifìcazione.

10° -Contatto con i cetnici e con i comunisti.

Viene stabilito che nessuna intesa deve comunque intercorrere con formazioni di ribelli tanto cetnici quanto comunisti.

11o -Trattamento dei Tibelli -Provvedimenti per la popolazione.

Viene stabilito che debbano essere passati per le armi i ribelli catturati armati o coloro che comunque partecipino per i ribelli o li aiutino. Centri abitati ove vengono rinvenute armi e munizioni o che comunque si siano dimostrati favorevoli ai ribelli saranno incendiati.

Durante e dopo le operazioni le popolazioni dovranno trovare nelle truppe occupanti comprensione e giustizia; similmente il governo croato dovrà intervenire con misure di giustizia sananti precedenti situazioni e con immediati provvedimenti legislativi rispondenti alle necessità della vita delle popolazioni.

12° -Collegamenti per le operazioni.

Si è concordi sulla opportunità che gli uffici informazioni delle tre forze armate si scambino tutte le notizie relative alla situazione dei ribelli. L'accordo entra in vigore dopo la sanzione dei comandi Supremi. tedesco ed italiano e del Maresciallo Kvaternik. Il presente verbale è redatto in tre lingue: italiana, tedesca e croata.

(l) Vedi D. 330.

(l) -Vedi Allegato. (2) -Non pubblicati.
340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, ALESSANDRINI

T. S. N. D. 63/123 R. Roma, 6 marzo 1942, ore 23,10.

Vostro n. 031 (1).

Il nostro desiderio che Ministro Ruegger fosse richiamato è stato dettato dalla considerazione che la sua presenza a Roma non giovava ai rapporti tra l'Italia e la Svizzera. Con il suo richiamo questa questione è per noi ormai chiusa. Potrete fare intendere discretamente a Pilet Golaz che, se non-crediamo che il signor Ruegger sia persona adatta ad aver cura dei rapporti italasvizzeri, non (dico non) abbiamo alcuna abbiezione a che egli sia destinato a Rio Janeiro e abbia tra l'altro cura degli interessi italiani al Brasile.

Per Vostra riservata norma personale vi aggiungo che naturalmente non ci sareboo gradito che il Signor Ruegger restasse a Berna con un incarico che polesse avere diretta ingerenza nei nostri rapporti con codesto Governo (1).

(1) Vedi D. 331.

341

L'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. PER CORRIERE 1684/0140 R. Sofia, 6 marzo 1942 (per. il 9).

L'avvicinarsi della primavera, aumentando il già segnalato nervosismo di questi circoli politici che vivono nel timore di veder giunto il momento in cui l'Asse chiederà alla Bulgaria un più attivo contributo alla condotta della guerra atto a giustificare i grandi vantaggi territoriali già conseguiti senza spargimento di sangue, ha dato stura alla voce ed ai commenti più disparati spesso raccolti e propalati anche da elementi che dovrebbero essere considerati seri.

Così, mentre da alcuni si riterrebbe ormai prossima una azione in forza tedesca in Turchia al momento della ripresa dell'offensiva in Russia e si vorrebbe vederne i segni neH'accelerarsi delle misure bulgare di mobilitazione e nel passaggio di qualche treno militare tedesco, altri, più ottimisti, annunziano con insistenza l'imminente arrivo a Sofia di V. E. e di von Ribbentropp per firmare con Saydam e Earacoglu l'adesione della Turchia al Tripartito.

Ieri questo Segretario Generale al Ministero degli Esteri ha tenuto a portarmi il discorso su tali voci per escluderne ogni fondatezza e per confermare ancora una volta che tutte le notizie in possesso del Governo bulgaro tendono a dimostrare ~·assoluta intenzione turca di mantenersi estranea al conflitto mondiale, almeno fino a quando la situazione militare nel Mediterraneo e sopratutto nel Mar Nero non abbia a radicalmente mutare.

Concludendo, per quanto mi è dato vedere, la situazione bulgara si riassume interamente nell'attesa del viaggio del Re in Germania (1). Soltanto al ritorno del Re il Governo di Filoff potrà sapere se, in quale direzione e fino a che punto la Bulgaria dovrà muoversi. Inta;nto le misure militari ed economiche per portare il Paese in grado di affrontare una eventuale crisi continuano con ritmo normale; e, da parte tedesca, si tende a curare sopratutto la ripresa dei tramci ferroviari e stradali interrotti e disorganizzati dall'eccezionale inverno passato ed a tenere sgombre le strade che portano a Salonicco ed in Tracia.

342

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 416/90. Stoccolma, 6 marzo 1942 (per. il 15).

In un colloquio che ho avuto ieri con il Segretario generale di questo Ministero degli Affari Esteri ho voluto domandare quanto vi fosse di vero -even

380 tualmente anche in minima parte -nelle voci a carattere sensazionale (acuta tensione creatasi fra Svezia e Germania -« ultimatum » qui inviato dal Governo del Reich -imminenza di invasione tedesca nel territorio svedese) (l) che con tanta insistenza hanno circolato in questi ambienti nei giorni scorsi, e sulle quali ho riferito con recenti comunicazioni.

Il sig. Boheman -che era da poco rientrato in funzioni dopo un breve periodo di vacanze, fatto già di per sé significativo di una situazione non anormale -mi ha dichiarato nei termini più espliciti che simili dicerie mancano di qualsiasi fondamento e che nulla vi è di mutato nello stato delle relazioni svedo-germaniche: «Vi sono tuttora in campo le note questioni» egli ha detto «circa il transito per ferrovia di militari tedeschi alla spicciolata attraverso il territorio svedese: concessione di cui le Autorità di Berlino tenderebbero ad approfittare con sempre maggiore latitudine. Ma in proposito si sono avute semplici discussioni, senza che il problema abbia mai assunto un carattere troppo aspro». -Del ,resto, a dimostrare con quanta facilità si lavori di fantasia per suscitare allarmi, il sig. Boheman mi ha raccontato che, per converso, si era ugualmente parlato di pressioni e minaccie da parte anglo-americana in seguito ad una visita che egli aveva ricevuto poco prima dai ministri di Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Eppure essi si erano recati da lui unicamente per definire vari accordi circa il viaggio della nave svedese « Hallaren » che -come è bene a cognizione di codesto Dicastero -dovrà portare soccorsi alle popolazioni della Grecia ...

Un certo spunto alle asserzioni di un incombente pericolo di invasione tedesca può essere stato offerto daH'intensificazione che in questi ultimi tempi hanno avuto ,i richiami sotto le armi, effettuati in forma acceleratissima. «Ma queste misure di completamento della mobilitazione» ha tenuto a ripetermi il sig. Boheman «non costituiscono che l'applicazione del nostro programma di pura e semplice salvaguardia della neutralità contro ogni pericolo, da qualsiasi direzione esso avesse a sopraggiungere. Approssimandosi la primavera, ed in previsione degli eventi che possono verificarsi !llllorché le operazioni belliche avranno una decisa ripresa, bisogna che noi ci affrettiamo, per trovarci pronti di fronte ad ogni eventualità».

Egli mi ha fatto considerare che una prova del carattere imparziale della sua neutralità è stata fornita dalla Svezia allorché, tempo addietro, -assecondando una richiesta germanica -ha ,rafforzato l'assetto di difesa delle regioni minerarie nel settentrione del suo territorio, a garanzia contro ipotetiche puntate offensive britanniche, quali conseguenze di nuovi tentativi di sbarco che venissero compiuti sulla costa settentrion!llle norvegese. -Sempre in tema dei propositi svedesi di reagire contro qualunque dei belligeranti che volesse trascinare questo Paese a schierarsi dal proprio lato, il sig. Boheman non ha esitato ad aggiungere che lo stesso Re Gustavo personalmente ha fatto pervenire a BerUno l'assicurazione che la Svezia intende ,restare neutrale, e che a tentativi inglesi di invasione le sue forze armate opporrebbero la più risoluta resistenza. Con altrettanta chiarezza una tale decisione sarebbe stata fatta conoscere, al contempo, ugualmente nella capitale britannica.

Tutte queste possono considerarsi conferme e ribadimenti di una linea di atteggiamento fondata sulla neutralità ad oltranza, che il Governo continua ad annunziare al popolo attraverso frequenti dichiarazioni di personalità direttive. Come ultimi episodi dell'incessante azione svolta sull'opinione pubblica per rafforzare i convincimenti in questo senso, si possono citare il discorso pronunziato giorni or sono dal Governatore di Stoccolma, sig. Nothin, in una riunione di propaganda per il terzo prestito nazionale della difesa, e così pure il discorso che ha tenuto ieri nella città di Vasteras il ministro della guerra sig. Skold. Il principio essenziale è sempre identico: la Svezia vuole rimanere estranea alla guerra; tuttavia essa è pronta ad impugnare le armi qualora si volesse usare la forza per rimuoverla dalla sua volontà di pace; qualunque Potenza che volesse far penetrare i suoi eserciti in terra svedese diventerebbe automaticamente nemica. -Sono affermazioni che hanno pure trovato ripetizione testè in un articolo di fonte ufficiosa apparso sul quotidiano « Social-Demokraten ».

La presa di posizione vuole dunque essere unica ed invariata nei riguardi di entrambi i contendenti. -E fino ad oggi, per quel che concerne le vedute ed i propositi della Germania, non si sono avute a registrare qui a Stoccolma delle varianti all'andamento di rapporti che precedentemente ho illustrato in più occasioni: vasto sfruttamento tedesco delle risorse economiche della Svezia, collaborazione svedese attraverso la concessione di passaggi di convogli di materiale bellico e (in misura più limitata) di uomini di truppa non inquadrati, attiva opera tedesca di avvicinamento nel campo politico, culturale, giornalistico e sportivo. -Ieri sera ho partecipato ad una delle riunioni periodiche dell'Associazione svedese-germanica di Stoccolma, in cui la signora von Schulman della « Reichsfrauenfiihrung » di Berlino ha parlato sul contributo della donna tedesca nei vari settori del lavoro nazionale. Conversando con me la Principessa Wied, consorte del Ministro di Germania, mi ha informato che per il 12 marzo è attesa qui in visita la sorella del Maresciallo Goring, signora Riegele. Mi pare che la notizia meriti di essere registrata, come sintomo di un'atmosfera che non indurrebbe ad attendere gravi avvenimenti.

Ma permangono pur sempre interrogativi assillanti. Non vi saranno, prima

o poi, colpi di testa da parte inglese o da parte tedesca? E se gli anglo-americani tentassero un'irruzione sulle regioni settentrionali scandinave, quale diventerebbe la situazione della Svezia nei confronti della Finlandia, della Russia e della Germania? L'incertezza sulle sorti che l'immediato avvenire potrà recare a questo Paese offre largamente motivo ad ansiose congetture.

Nel nervosismo che ne deriva, è spiegabile come trovino terreno certi tentativi di manovra infl.uenzatrici di autentica marca inglese, di cui un saggio d'attualità si è avuto nell'articolo del famigerato Goteborg Handelstidning segnalato nella << Stefani speciale » n. 66 di ieri. In esso, mentre si presentava la situazione tedesca in Norvegia come «insostenibile». si arrivava ad affacciare l'ipotesi che la Svezia, accordando un « transito di ritorno » desse il suo appoggio alla ritirata dal territorio norvegese cui i tedeschi sarebbero costretti prossimamente!! -L'articolo ha suscitato reazioni violentissime da parte della stampa germanica, ed è stato anche aspramente commentato, nella conferenza stampa a Berlino, dal Ministro Schrnidt, che l'ha defmito un <<palloncino di prova » inglese. Sta di fatto che i più autorevoli quotidiani di Stoccolma sono subito entrati in polemica con l'articolista, sig. Lilliehook, contestando in modo assoluto che le sue fantasie potessero rappresentare il pensiero sia del Governo sia del popolo svedese.

Il Lilliehook aveva anche parlato della probabilità che la Svezia si interponesse come mediatrice di una pace tra Russia e Finlandia. È questa un'uscita che va collegata con l'« offensiva di pace » iniziata da alcuni giorni a Mosca nelle comunicazioni di una sedicente stazione radio del libero popolo finnico, annunzianti che il governo sovietico sarebbe propenso ad una pace con la Finlandia basata sulla determinazione di giusti confini territoriali. Alle sdegnose ribattute dei giornali finlandesi non si è mancato qui di dare rilievo.

Ma non è escluso che nuove consimili forme di armeggio siano da attendersi prossimamente.

(l) -Per la risposta vedi D. 366. (2) -Vedi D. 402.

(l) Vedi D. 320.

343

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 3544. Berlino, 6 marzo 1942.

In questi ultimi giorni hanno fatto riapparizione per le strade di Berlino soldati con la maschera antigas a tracollo. Tale maschera che al principio della guerra era portata obbligatoriam:cnte da tutti gli appartenenti alla Wermacht, più tardi e per parecchi mesi consecutivi era scomparsa dal quadro della vita cittadina.

Il suo riapparire potrebbe dar fondamento alle numerose voci diffuse in questi ultimi tempi circa intenzioni tedesche di far coincidere l'offensiva primaverile contro i Sovieti con l'inizio della guerra chimica ad oltranza.

Tale procedimento verrebbe usato solamente contro la Russia, sulla quale si farebbe naturalmente ricadere la responsabilità dell'iniziativa e nel frattempo verrebbe rivolto un avvertimento all'Inghilterra di astenersi dall'u~o dei gas sotto minaccia di violentissime reazioni germaniche contro le popolazioni civili inglesi, i cui grossi centri, fra cui Londra, stuati a mezz'ora d volo dalle coste francesi, danno all'aviazione tedesca possibilità maggiori di quelle che non abbia l'aviazione inglese, la quale per giungere a Berlino, deve attraversare tre quarti del territorio germanico (1).

344

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 3548. Berlino, 6 marzo 1942.

Con riferimento agli stati d'animo locali di preoccupazione verso l'alleato nipponico, mi sembra interessante citare due argomenti che potrebbero sotto un certo punto di vista confermarli.

Il primo di questi due argomenti è costituito dal proclama del Ftihrer alla Vecchia Guardia in occasione dell'Anniversario della fondazione del Partito. In

esso il Fiihrer non dice una sola parola del Giappone. Mentre invece chiaro e simpatico è ·l'accenno all'Italia nella frase: «oggi, lo spirito della nostra rivoluzione nazionrulsocialista e lo spirito della rivoluzione fascista guidano grandi e possenti Nazioni».

Inoltre il Fiihrer per due volte in tale proclama parla della minaccia gravante sui popoli ariani e della necessità di salvare la razza ariana dalla distruzione e di portarla alla vittoria. Non una parola contro l'Inghilterra, anzi nell'accenno alla necessità di salvare gli ariani mi sembra lecito comprendere anche la necessità di salvare gli inglesi non giudei o giudeizzati.

È la prima volta che lo scopo finale della guerra è riassunto in una frase come questa ed usando l'argomento della salvezza della Tazza ariana.

In questi ambienti non si è mancato di rilevare detta nuova terminologia ed i commenti sono stati i più disparati, andando da quelli che non vi vedono che un puro caso ad altri invece che arrivano al punto da sostituire la parola «ariani » con quella di «bianchi »!

Assai notato è stato pure a questo proposito il commento fatto al discorso di Churchill nel numero del 25 febbraio della Nachtausgabe nel quale ad un certo punto ~o scrittore rimproverando Churchill per la sua propaganda continua e velenosa contro una possibile politica di pacificazione con la Germania, cita anche la proposta fatta dal Fiihrer alla Gran Bretagna nell'agosto del 1939, nella quale Hitler si diceva disposto a difendere se necessario l'Impero inglese con le Forze Armate 'tedesche.

La menzione di tale proposta nel momento in cui la Germania è l'alleata del Giappone, contro il quale essa si era offerta a suo tempo di difendere l'impero inglese, mi pare possa essere attribuita o a mancanza di senso di opportunità del redattore del commento, oppure a deliberata intenzione dato che trattasi di commento «standard » ispirato dall'alto.

Se è stata veramente voluta, allora essa può essere considerata alla stessa stregua delle formulazioni contenute nel programma del Fiihrer, in cui non mi sembra azzardato voler leggere. per quanto vaghissimo, per quanto appena nebulosamente delineato, un appello rivolto oltre Manica ad usum di quelle sfere inglesi che cominciano a capire che continuando su questa strada l'Impero britannico è votato ad una inevitabile catastrofe (1).

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

345

IL COMANDANTE DELLA SECONDA ARMATA, ROATTA, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, AMBROSIO, E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 3720. ..., 6 marzo 1942 (per. il 9).

Premetto che non intendo affatto discutere le direttive circa i rapporti coi «cetnici », e la decisione di Abbazia (2) di considerare i «cetnici » alla medesima stregua dei comunisti.

Intendo solo di prospettare, il più chiaramente possibile, la situazione dei «cetnici » della Bosnia-Erzegovina, e quella che può verificarsi durante le operazioni suddette:

A) Prima di tutto che cosa sono i «cetnici »?

I « cetnici » sono gli appartenenti od aderenti ad una associazione nazionalista al 100 %. che esisteva nella vecchia Serbia, e successivamente in Jugoslavia. Costoro, se.rbi di .razza ed ortodossi di religione, sono per definizione favorevoli alla: Serbia attuale ed ostili alla Croazia.

Una parte dei « cetnici >> è militante, ossia è, come si dice nel pittoresco gergo balcanico, «fuggita nel bosco», riunendosi in bande più o meno armate. Ed una parte, la più tiepida, è «in riserva » nelle proprie case, in attesa di eventi.

B) Atteggiamento dei << cetnici » in Croazia, in genere.

In buona parte della Croazia i « cetnici » si sono più o meno strettamente affiancati ai pionieri del movimento contro l'assetto politico in atto, ossia ai comunisti.

Non sono però mancati, almeno sin a poco tempo fa, i casi di « cetnici » affiancati ai comunisti nella lotta anticroata, ma neutrali di fronte agli italiani ed ai tedeschi.

Diversa è la situazione in Bosnia orientale ed in Erzegovina.

C) Atteggiamento dei «cetnici » in Bosnia orientale.

Nella Bosnia orientale (dove non risultano grossi nuclei comunisti) esistono due gruppi di « cetnici ». L'uno preponderante al nord, sembra indipendente. L'altro, preponderante al sud (verso la valle della Drina), è agli ordini del Dangic, il quale è in qualche modo alle dipendenze del Mihajlovic. Ambedue questi gruppi lottano contro i croati, ma evitano normalmente di impegnarsi contro i tedeschi.

Il Dangic ed il Mihajlovic sono ambedue in relazione col governo serbo di Nedic. Ciò è comprovato, fra l'altro, da uno scontro avvenuto il 3 corrente in Bosnia, in cui (dice un radiogramma del comandante la colonna croata), «per la prima volta hanno partecipato al combattimento cetnici di Nedic », e furono catturati documenti che dimostrano che essi erano attesi dal Dangic. I tedeschi affermano che il Dangic è stato per un certo tempo in trattative con loro, a Belgrado, ma che poi le trattative sono state -da parte tedesca -troncate. Questa è, secondo me, la verità, ma non tutta la verità. Ossia i tedeschi hanno troncato bensì le trattative col Dangic, ma vi hanno sostituito le relazioni Dangic-Mihajlovic-Nedic. La tranquillità quasi totale della situazione in Serbia, che notificano i tedeschi, è conseguenza di dette relazioni.

Senonché mentre H governo Nedic mantiene la tranquillità in Serbia, manovra in funzione anti-croata i «cetnici >> di Dangic, nella speranza che torbidi in Bosnia inducano a porre detta regione in qualche modo sotto ·l'egida serba.

È probabilmente in conseguenza di questa manovra che i tedeschi, molto sensibili alle faccende bosniache, si accingono ora a buttare a mare il Dangic

(«i cetnici verranno trattati alla stess~ stregua dei comunisti»). Senonché tale linea di condotta rischia di rimettere in subbuglio la Serbia (cosa che «si vedranno loro » ).

D) Atteggiamento dei «cetnici » in Erzegovina.

In Erzegovina i << cetnici », rappresentati al mondo dal noto ex deputato Jevdjevic, sono anch'essi piò o meno legati al Dangic, e -pertanto -sebbene più da distante, al Mihajlovic ed al Nedic.

Sono anch'essi anti-croati, al punto -come ho già scritto -dall'essere magari inclini ad affiancarsi in futuro ai comunisti, piuttosto che sottostare ai croati. Ma, essendo come sentimento intimo anticomunisti, ed essendo dai comunisti (montenegrini) molto più da vicino pressati che i loro colleghi della Bosnia, essendo grati alle truppe italiane per l'opera imparziale di pacificazione svolta a casa loro, e nutrendo in cuor loro la speranza che l'Italia non miri ad una Bosnia croata, non solo non ostacolano le forze italiane, ma sono loro favorevoli e -per amor loro --osservano un << modus vivendi >> colle locali forze croate.

I rapporti italiani coi << cetnici >> in parola si sono sintetizzati dapprima nella formula: << Poiché dite di esserci favorevoli, per favore state tranquilli sia verso di noi, sia verso i croati,>. Il che è avvenuto. Successivamente, delineatasi ed addensatasi la minaccia comunista, la formula si é perfezionata: <<Dimostrateci praticamente la vostra lealtà nei nostri riguardi, combattendo i comunisti>>. Ed i « cetnici >> hanno accettato la formula, ed hanno cominciato ad applicarla.

Ne fanno testimonianza l'eccidio, da parte di una banda comunista, del maggiore Todorovic e dei suoi ufficiali, diversi scontri già avvenuti in regione Nevesinje fra << cetnici >> e comunisti, e l'affluenza in corso in detta zona di altri << cetnici >> in vista di intensificare l'azione contro i comunisti. Questi ultimi -e questa è la migliore controprova --hanno capito perfettamente l'orientamento « cetnico >>, ed il pericolo che per loro ne deriva; ed hanno perciò preso l'offensiva, sopprimendo il Todorovic, ed attaccando alcune bande « cetniche >>. Ed hanno, a quanto sembra, spostato dal Montenegro in Erzegovina una << brigata proletaria>> e cinque <<battaglioni d'assalto>>.

In messaggi diretti agli ufficiali del VI Corpo d'Armata con lui in relazione, il Jevdievic in data 27 febbraio dice:

-molti << cetnici >> dell'Erzegovina erano titubanti se scendere o meno in campo contro i comunisti. Ma <<è stato versato del sangue >> (Todorovic) << e pertanto nessuno potrà trattenere questo popolo dal desiderio di vendetta>>;

-è lieto <<di avere un'occasione in cui concretamente dimostrare la piena lealtà dei cetnici verso la II Armata >>;

-è stata scelta come centro dell'azione la zona di Nevesinje, perché essa si presta a portare parallelamente la offensiva dei << cetnici >> sulla Bosnia orientale e sul Montenegro: «Le mete della lotta non sono solo riferite al circondario di Nevesinje: essa è al principio di una più vasta azione tendente ad estendersi e ad abbracciare tutta l'Erzegovina, la Bosnia orientale, il Sangiaccato ed il Montenegro. Ripulendo tali regioni dai comunisti, noi intendiamo assi

curare vita tranquilla al nostro popolo, e favorire i vostri scopi di pacificazione intrapresi in tali regioni. I nostri delegati sono in movimento in tutti questi territo,rii. Il primo insuccesso << Todorovic >> non ci ha demoralizzato. Desideriamo solo avere in questa nostra azione la vostra piena fiducia».

-«Ci siamo già intesi con i delegati che sono stati inviati dalla Ecc. il Governatore del Montenegro circa l'azione in comune, il cui centro sarebbe Nevesinje, dove, entro il mese di marzo, affluiranno le truppe cetniche della Bosnia».

In sostanza i << cetnici » della Bosnia orientale e dell'Erzegovina, per i quali non contano (come -del resto -per i comunisti) le linee di demarcazione ed i confini di Stato, si preparerebbero ad un'azione in grande contro i comunisti della Bosnia, Erzegovina, Montenegro, ecc., azione per definizione favorevole alle truppe italiane e germaniche. Frattanto queste ultime si preparano ad operare in grande non solo contro i comunisti ma anche contro i << cetnici » di cui sopra.

Considerazioni.

l) Allo stato attuale delle cose, e finché non siano concentrate in Erzegovina le truppe destinate ad operare in Bosnia, non possiamo cominciare a sparare senz'altro sui « Cetnici ». A prescindere dalla ineleganza di un simile repentino gesto, esso produrrebbe la fusione immediata cetnico-comunista, e metterebbe diversi nostri presidii, che se la cavano già a stento ora, in situazione precaria. Quindi, per il momento almeno, «menare il can per l'aia».

Il) Una vasta azione « cetnica » contro i comunisti sarebbe militarmente a noi conveniente. Ma politicamente la cosa può essere diversa: accadrebbe infatti che, ad azione ultimata, i « cetnici >> si rivolgerebbero ad italiani e tedeschi, dicendo: «Ed ora pagate». E se non si pagasse, nella moneta desiderata, questa gente, armata, agguerrita. e forte dei successi ottenuti, potrebbe volgersi contro gli ex alleati.

III) Tuttavia, visto che per una volta tanto troviamo della gente che -sia pure per fini propri -anziché fare fuoco su di noi, fa fuoco sui nostri nemici, non esiste proprio altra soluzione che sospingere questi alleati occasionali nelle file avversarie?

Personalmente penso che esista un'altra soluzione: -sostenere i « cetnici » tanto da farli combattere contro i comunisti, ma non tanto da dare grande ampiezza alla loro azione; -pretendere ed ottenere che non lottino contro le forze e le autorità croate; -lasciare che operino contro i comunisti per conto proprio («si sgozzino fra di loro»); -tutt'al più permettere che le loro bande operino parallelamente alle forze italiane e germaniche, come lo fanno le bande nazionaliste in Montenegro.

Del « guiderdone >> si parlerebbe in seguito. E se non se ne parlasse mai, e le bande in questione si rivoltassero, sarebbero sempre assai meno temibili che « cetnici » e comunisti insieme.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussol!nl. (2) -Vedi D. 339.
346

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1648/151 R. Tokio, 7 marzo 1942, ore 8,30 (per. ore 20,30).

Mio telegramma n. 131 (1).

È venuto a vedermi Sato Naotake che partirà da Tokio 1'11 corr. per giungere a Kuibiscew verso la fine del mese. Mi ha detto che sua missione, pur essendo essenzialmente diretta alla pace, dovrà essere condotta con qualche energia. In linea generale si è mostrato ottimista, non nascondendo tuttavia gravità dell'incarico che gli è stato amdato. È evidente necessità assoluta per Tokio di uscire dallo stato di pericolosa incertezza nel quale travasi situazione nippo-russa nel momento in cui il Giappone è impegnato fortemente al Sud e qualsiasi azione o infrazione nel Nord Pacifico da parte dell'U.R.S.S. appare di tanto più pregiudizievole. Un chiarimento utile della situazione Tokio-Mosca è attualmente appoggiato dalla preparazione militare al confine mancese e dalla possibilità concreta di operazioni militari vantaggiose delle forze giapponesi in direzione della zona di Vladivostok. Lo sarà anche più quando dall'altra parte truppe dell'Asse avranno ripreso offensiva su larga scala. Sato Naotake mi ha aggiunto che incarico amdatogli non tiene conto soltanto di una sistemaz1one alla frontiera orientale dell'U.R.S.S. ma anche della situazione alla frontiera europea. Richiamo in proposito mio telegramma n. 61 (2).

347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. S.N.D. 72/148 R. Roma, 8 marzo 1942, ore 12,30.

Personale per Bova Scappa.

Nella preparazione del mio progettato viaggio in Romania (3), codesto Governo continua a battere una strada che mi piace poco. Ciò risulta da quanto dicono e soprattutto dalle informazioni molto attendibili di cui Voi immaginate la fonte. Ora mi pare che basti. È chiaro che se il Ministro degli Esteri d'Italia si decide a far visita a codesto Paese deve essere strapregato e non subire le continue richieste e sottoporsi alle assurde condizioni che più o meno avanzano. Ciò premesso, ritengo opportuno che il viaggio subisca ancora un rinvio e passi -se i rumeni non cambiano modo di fare e di pensare -di rinvio in rinvio sino all'insabbiamento definitivo.

(1) -T. 1535/131 r. del 28 febbraio 1942 ore 8,45, non pubblicato. (2) -T. s.n.d. 717/61 r. del 28 gennaio 1942, ore 7, non pubblicato, riferiva che l'Ambasciatore del Giappone a Mosca si adoperava per una pace separata fra la Germania e l'URSS. (3) -Vedi D. 336.
348

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, E A TOKIO, INDELLI

T. 8318/175 P. R. Roma, 8 marzo 1942, ore 22,30.

(Solo per Buenos Ayres) Ho telegrafato in data odierna al R. Ambasciatore a Tokio quanto segue: (Solo per Tokio) Vostro 123 (1).

(Per tutti) Governo Italiano non ha mai riconosciuto a terze Potenze designate da sedicenti Governi costituiti o rifugiati all'estero, facoltà esercitare tutela interessi di Paesi occupati.

È d'altra parte noto che, ~n seguito occupazione Grecia, protezione interessi ellenici all'estero, è stata assunta dall'Italia.

È questo un dato di fatto che Governo giapponese vorrà indubbiamente constatare, contemporaneamente accettando le dirette conseguenze che da esso derivano.

Fatelo presente costì, in forma naturalmente amichevole e confidenziale, insistendo affinché non sia più oltre consentito ad altri Stati di esercitare tutela interessi ellenici per conto di un sedicente Governo greco, al quale non può essere riconosciuta, sopra tutto dalle Potenze del Tripartito, alcuna figura giuridica internazionale.

(Solo per Buenos Ayres) Non fate di quanto precede oggetto di alcuna speciale comunicazione a codesto Governo. Tenetelo semplicemente presente nel caso che ne siate richiesto, per dare le amichevoli spiegazioni conseguenti.

349

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1773/054 R. Belgrado, 9 marzo 1942 (per. il 12).

Addetto Militare ha diretto a Stato Maggiore il seguente telegramma:

«Stamane avv. Stakic, persona molto nota ed amica, si è a me presentato informandomi che Generale Nedic desidera mettersi -attraverso mio mezzo in contatto con autorità militari italiane e ciò perché:

l) suo intimo desiderio di entrare in re,lazioni con Italia;

2) collaborare maniera più efficace nella lotta contro comunismo nei Balcani e specie Sangiaccato;

3) ottenere facilitazioni per proprie truppe che agissero territorio oltre linea demarcazione (specie per accantonamenti).

Stakic fece allusione a regione Sjenica. Generale Nedic gradirebbe conferire con me in proposito. Mi sono limitato ad ascoltare riservandomi risposta secondo istruzioni. Riferito a R. Ministro che segnala ad ESTERI, Circa azioni truppe Nedic oltre linea demarcazione mi rimando a quanto precedentemente segnalato in proposito fatti Nova Varos e Sjenica » (1).

Precedenti avv. Stakic sono ben noti. È certamente persona che si è sempre mostrata amica, anche se in passato e in molto delicate trattative non sempre apparve all'altezza di esse.

Iniziativa Generale Nedic concreta indizi già segnalati con mio telespresso odierno numero 1216/282 (2).

Per ragioni esposte stesso telespresso sottopongo subordinatamente parere che pur con necessarie cautele ci converrebbe stabilire e mantenere tali contatti con Nedic, e tramite da lui stesso scelto da soldato a soldato, mi sembrerebbe opportuno.

Per ciò che concerne Comando Germanico permettomi ricordare ad ogni buon fine che quando furono definiti di comune accordo rapporti R. Legazione con Governo serbo, fu stabilito che contatti ufficiali rimanessero con autorità occupazione, ma che nulla si opponeva a che accogliessimo eventuali iniziative di carattere non ufficiale da parte di Nedic ed altri membri Governo.

Vi sarò grato, Eccellenza, istruzioni che giudicherete impartirmi in proposito (3).

(l) Non rinvenuto.

350

IL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1732/51 R. Helsinki, 10 marzo 1942, ore 15,32 (per. ore 22).

Nervosismo che recentemente hanno mostrato molti ambienti svedesi è da riportarsi secondo Ministro degli Affari Esteri a voci diffuse possibilità sbarco inglese su costa settentrionale norvegese per passare in territorio svedese e cercare quindi colpire tedeschi alle spalle in Norvegia.

Secondo tali voci tedeschi avrebbero avuto intenzione precedere mossa inglese disponendo occupazione punti strategici svedesi.

Ministro degli Af'fari Esteri ha osservato che fermo atteggiamento Governo svedese difendere paese da attacchi stranieri qualunque ne sia provenienza ed entità con azioni adeguate e misure militari hanno prodotto buona impressione

a Berlino perché in tal modo presunto tentativo sbarco inglese troverebbe grande ostacolo in seria decisa resistenza svedese.

Fase nervosismo predetti ambienti. secondo Ministro degli Affari Esteri mi ha detto, deve considerarsi superata.

(l) -Vedi D. 283, nota 2, p. 318. (2) -Non rinvenuto. (3) -Vedi D. 386.
351

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 1725/391-394 R. Berlino, 10 marzo 1942, ore 19.

recht » (diritto di disporre di se medesimi) anziché le parole << freiheit >> o « selbststandigkeit » (libertà o indipendenza).

O) Vedi D. 329.

dine nuovo in Asia Orientale, però, senza un regolamento definitivo del problema dei rapporti fra J.a Russia ed il Giappone ed ha concluso dicendo che la Russia è da decenni ormai il nemico ereditario per il Giappone.

(391) Avuto oggi una lunga conversazione col mio Collega del Giappone. Riassumo qui di seguito le questioni più importanti che egli mi ha esposto. Oshima pensa, per quanto riguarda la dichiarazione dell'indipendenza del-l'India, che, pur non avendo comunicazione ufficiale da Tokio, il momento sia propizio dato lo sviluppo oltremodo favorevole delle operazioni militari giapponesi in Birmania e specialmente dopo la caduta di Rangoon. Circa la dichiarazione per l'indipendenza dei Paesi arabi il mio Collega giapponese ha ribadito il suo concetto, di cui a mia precedente comunicazione (1), che egli pensa sarebbe bene essa fosse fatta congiuntamente a quella dell'India. Egli ha aggiunto a questo proposito che gli sembrerebbe opportuno di rivolgere, da parte Potenze del Tripartito, una specie di appello per la liberazione dal giogo britannico di tutti i popoli sottomessi a Londra naturalmente con particolare riguardo all'India e Paesi arabi. Gli risultava però che da parte tedesca si era sempre nello stesso ordine di idee e cioè di separare le due dichiarazioni, cosa che egli personalmente considerava errata dati i sospetti che una dichiarazione dell'indipendenza dell'India non accompagnata da una simile dichiarazione per l'indipendenza dei Paesi arabi, potrebbe far nascere nell'animo di questi ultimi. Per mia norma di linguaggio sarò grato a V. E. se mi sarà comunicato il punto di vista del R. Governo in merito a detta questione. Mi preme di far notare a V. E. che il signor Oshima nel parlare di questa dichiarazione ha usato spesso e marcatamente la parola << selbstbestimmunge

(394) Il mio Collega giapponese ha poi parlato del problema russo. Egli ha convenuto che esso rappresenta 1la chiave di volta dell'attuale situazione politico-militare. Però, mi ha detto il mio collega giapponese, la Russia non attaccherà mai il Giappone anche perché questa non ha per ora interesse a frazionare troppo la sua forza su di un fronte di vastità così enorme. Assicuratosi il Giappone una vittoria completa nel sud forse si potrebbe pensare al nord. Egli mi ha detto a questo proposito che non poteva pensare alla creazione di un or-

352

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 7381/393 P. R. Berlino, 10 marzo 1942, ore 19,30.

In questi ambienti del Ministero degli Affari Esteri si dimostra un certo allarme per il fatto che sembra che l'organizzazione militare giapponese nel prendere possesso dei territori recentemente occupati abbia dato disposizioni di esplicare un'azione di boicottaggio contro tutta l'organizzazione commerciale tedesca che già da tempo si era sviluppata in modo considerevole in quei territori.

Non sembra qui che specie sul terreno commerciale una coUaborazione tra giapponesi e tedeschi sia oggi e per il futuro possibile mentre possibilità di collaborazione si vede piuttosto nel terreno industriale nel quale i giapponesi non hanno raggiunto quella maturità che ha invece l'organizzazione industriale tedesca della quale i giapponesi potranno avere a suo tempo bisogno.

D'altra parte alle dichiarazioni fatte dall'Ambasciatore Oshima ad un piccolo giornale di Riga (di cui al mio telegramma 339 del 2 marzo) (l) e quelle fatte al Vice Capo dell'Ufficio Stampa del Ministero degli Affari Esteri a Tokio in merito alla collaborazione futura tra la Germania e Giappone non sembra debba darsi eccessiva importanza per il modo come esse sono avvenute e anche in parte in considerazione delle persone che le hanno fatte.

353

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1739/307-308 R. Ruenos Aires. 10 marzo 1942. ore 21,27 (per. ore 16,20 dell'11).

Soltanto ieri l'altro ho potuto vedere questo Ministro Affari Esteri il quale dopo il suo ritorno dalla conferenza di Rio de Janeiro si era immediatamente recato in un luogo di cura.

Dopo avergli ripetuto nei termini prescrittimi le felicitazioni di V. E. per lo scampato pericolo, al momento del suo ritorno gli ho detto che avevo seguito col più vivo interesse l'opera sua a Rio de Janeiro e che non soltanto come rappresentante dell'Italia mi felicitavo dell'atteggiamento coraggioso da lui sostenuto ma sopratutto come amico dell'Argentina mi auguravo che questa avrebbe potuto seguire fino alla fine della guerra tale sua politica.

Se cosi fosse stato l'Argentina invece di una delle ventuno repubbliche Sud America agli ordini di Washington sarebbe effettivamente apparsa come la grande Nazione latino-americana con personalità e politica sua propria e tale [da] tener testa alla sempre crescente prepotenza Nord Americana. La Nazione latina e cattolica che avrebbe potuto far da contrappeso agli anglo-sassoni protestanti del Nord.

Come Ambasciatore d'Italia non potevo non rilevare con soddisfazione che sia nelle varie interviste accordate dal Vice Presidente della Repubblica che nelle discussioni di Rio de Janeiro il Governo Argentina si era preoccupato del contributo di sangue, di lavoro e di intelligenza che gli italiani avevano portato allo sviluppo del paese, Ministro mi ha ringraziato e mi ha detto che istruzioni ricevute dal Presidente della Repubblica non davano luogo a dubbi. Presidente era contrario a rottura delle relazioni con paesi del Patto Tripartito sopratutto per importanza che aveva sempre avuto per Argentina fattore italiano. Presidente era dal canto suo deciso in questa sua determinazione e contento di averla scelta. Nonostante congiura silenziosa che tutta ,la cosiddetta stampa libera aveva fatto su opera da lui svolta a Rio de Janeiro grandissima maggioranza paese lo aveva seguito ed approvato. A questo punto l'ho interrotto per dirgli che mi risultava che tutti gli italiani e discendenti di italiani residenti Argentina erano riconoscenti a lui ed al Presidente per attitudine coraggiosa da loro assunta.

Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che lotta da lui sostenuta era stata veramente accanita giacché Sumner Welles era arrivato Rio Janeiro con pieno convincimento di ridurre tutte le opposizioni.

Argentina era stata isolata e nessuna minaccia di rappresaglia presente o futura le era stata risparmiata.

Né S.U.A. erano ancora rassegnati a certissimi scacchi. Es.si avrebbero continuato ogni sorta pressione. Ma egli sperava che le decisioni del Governo argentino, la comprensione dei paesi europei e lo svolgersi avvenimenti guerreschi avrebbero contribuito a mantenere resistenza Argentina. A qusto proposito Ministro degli Affari Esteri ha accennato alla procedura assai singolare di quegli Stati che dopo aver accettato che Argentina assumesse protezione interessi italiani nel loro territorio in seguito conferenza di Rio Janeiro avevano disdetto. Sembrava quasi volessero dire: «non abbiamo alcuna colpa, anzi ci sentiamo anche noi offesi, purtroppo però dobbiamo sottostare a queste imposizioni». Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che é convinto che Brasile per legami economici è ormai asservito S.U.A. e non ha escluso che a un determinato momento possa dichiarare guerra all'Asse.

Egli ritiene invece che Cile potrà continuare nell'atteggiamento assunto.

29 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

(l) Con T. 1526/339 p.r. del 2 marzo 1942, ore 19,10, non pubblicato, Alfieri aveva riferito le d!ch!araz!onl dell'Ambasciatore Oshima sull'intenzione del Governo giapponese d! collaborare con gli Stati dell'Asse per lo sfruttamento delle risorse di materie prime esistenti nei territori conquistati.

354

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1715/69 R. Roma, 10 marzo 1942 (per. il 10).

Mio telegramma n. 62 del 4 marzo corrente (1).

In Vaticano si conosce perfettamente l'origine della falsa notizia relativa al messaggio di Stalin al Papa: cioè la giovanile fantasia della Radio-Urbe.

Mi è stato fatto osservare d'altra parte che, pur non essendovi stato chi abbia preso sul serio la grottesca invenz;ione, questa ha fatto il giuoco dei nostri avversari i quali non chiedono di meglio che accreditare le voci di fantasiosi rapporti esistenti fra l'URSS e la Santa Sede.

L'Exchange Telegraph, altri giornali inglesi e il corrispondente da Londra della Gazette de Lausanne hanno innestato inoltre sulla falsa informazione della Radio-Urbe una serie di altre false notizie e di commenti allo scopo di sventare l'eventualità dell'istituzione di una Rappresentanza diplomatica giapponese presso la Santa Sede.

La Radio-Urbe ha quindi reso in realtà un piccolo servizio agli anglo-russiamericani.

355

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 641/317. Budapest, 10 marzo 1942 (per. il 16).

Con rapporti precedenti ed appena giunto in questa Sede, ho riferito, Eccellenza, come il malessere che attraversi la vita politica magiara sia costituito dalla difficoltà di fissare i limiti della convivenza politica ed economica col vicino germanico. Tale malessere si manifestò clamorosamente quando Teleki, togliendosi la vita, dimostrò la drammatica ansia del patriottismo magiaro di fronte alla Germania. Da allora queste incertezze non hanno finito di inquietare la Nazione ungherese e la crisi attuale sebbene tutta impostata su motivi di politica interna, ne offre di riflesso un'altra prova. Col mio rapporto n. 94/49 del 12 gennaio u.s. (2) avevo modo di stabilire quale era la situazione ideale dell'Ungheria di fronte alla Germania e successivamente potevo constatare come Bardossy avesse condotto di fronte al Reich con dignità e perizia la sua politica di concessioni tempestive e tali da non compromettere l'indipendenza del Paese. Il suo attuale allontanamento dalla vita pubblica appare francamente agli occhi della maggioranza degli ungheresi come pregiudizievole: l'attuale crisi

ha dimostrato ancora come l'ex Presidente del Consiglio avesse potuto conquistarsi, in breve tempo, un largo seguito di simpatie presso tutte le classi, da quelle lavoratrici alla dominante aristocrazia terriera. Negli ultimi tempi, egli aveva preso l'abitudine di rivolgersi direttamente alle masse ed aveva parlato tanto alla gioventù studentesca quanto agli operai in termini di grande nobiltà adombrando quello che è il dissidio della vita politica ungherese: un anacronistico divario di forme sociali e un difforme livello di vita fra le stesse classi. Non v'è dubbio che la sua opera conciliatrice durante la recente fase dell'elezione del Vice Reggente fosse ispirata ad una larga comprensione delle necessità sociali ungheresi e come anche H suo atteggiamento verso le Estreme Destre fosse stato forse troppo pacato per garbare al Reggente che avrebbe, a quanto mi dicono, desiderato un'azione più decisa nei confronti di Imredy e dei Crocefrecciati. Comunque, la scelta di Kallay non è tale da imprimere alla vita politica magiara un ritmo nuovo. Il Kallay, oltre ad aver fatto parte del Gabinetto di Bethlen, è stato per quattro anni Ministro di Gombos. Egli rappresenta la tendenza media della politica ungherese, quella che viene denominata come 1'« idea di Szeged » cioè rispetto delle forme di vita magiara nel quadro del Fascismo e del Nazionalsocialismo ma senza passaggi ad un radicalismo di Destra o di Sinistra che sconvolgerebbe la costituzione ungherese. Da tutti mi viene dipinto come un sostenitore di tale politica di indipendenza e da qualcuno come non incline ad una eccessiva condiscendenza verso la Germania. Naturalmente questo suo stato d'animo, se è così, non ha un carattere determinante sui motivi che hanno indotto il Reggente a conferirgli l'attuale incarico, anzi è da pensare che egli cercherà di seguire in questo campo la linea ortodossa già tracciata da Bardossy.

Per quello che ci interessa devo aggiungere che il Kallay è stato sempre giudicato come un buon amico dell'Italia e di recente mi è stato fatto rilevare come egli abbia partecipato alle riunioni del nostro Istituto di Cultura ed assistito a diverse delle nostre manifestazioni culturaU.

È evidente che Kallay, prendendo il potere nel momento in cui l'Ungheria assillata dalla polemica romena e dall'accusa di semicarenza nella partecipazione alla guerra antibolscevica e premuta dal Reich perché adempia in maniera più larga ai suoi obblighi economici e militari verso l'Asse, non si trovi nella più facile delle situazioni. Ma l'incarico oggi conferitogli dimostra sempre più come il Reggente non rifugga di prendere la responsabilità della direzione della cosa pubblica ungherese e come il Governo Kallay sia una diretta espressione della di lui volontà, volontà che Bardossy interpretava, sia pure fedelmente, ma con uno spirito più largo. Si aggiunga che il Reggente stesso dopo aver avuto partita vinta per la nomina del figlio a suo Luogotenente, vuole che esso non si limiti ad esercitare delle sterili funzioni di rappresentanza ma desidera immetterlo nella trattazione dei pubblici affari in modo che il diritto alla successione non acquisitogli giuridicamente, finisca per spettargli di fatto. Kallay che, pur non essendo una figura di primo piano è uomo abile e forse più al corrente di Bardossy di quanto è avanzato in Ungheria in fatto di relitti parlamentari, potra coadiuvare il Reggente in quest'opera, forse con maggiore deferenza.

La maniera come è stata messa in atto la crisi, dopo cioè che Bardossy aveva realizzato i più chiari successi politici ed anche parlamentari, ha certa., mente sconcertato il Paese il quale continua a riservare all'ex Presidente del Consiglio quella simpatia che negli ultimi tempi era andata sempre aumentando. Evidentemente, come già ho accennato con mio telegramma n. 108 (1), l'apertura della crisi, di cui già da qualche tempo si sentiva l'approssimarsi, ha scatenato le naturali ambizioni dei membri delle due Camere e di quel piccolo mondo politico a cui l'aumentata autorità degli organi governativi non ha ancora potuto togliere il gusto della politica alimentata da una stampa che, nonostante i freni, ha ancora troppo vivo il ricordo delle passate tolleranze.

La crisi è stata solo determinata da un dissidio fra il Reggente e Bardossy, dissidio che non è mai stato aperto come si è voluto far credere, ma che è andato acuendosi durante la preparazione dell'elezione del Luogotenente. Il Reggente è da oltre quattro lustri abituato a governare il Paese senza discussioni. Le realizzazioni territoriali acquisite dall'Ungheria e la parte che egli ha avuto nella sua ascesa, gli hanno dato la sensazione di poter dominare completamente la vita pubblica. Come mi diceva oggi il direttore del Pester Lloyd, Horthy si è incontrato con la mentalità moderna di Bardossy che, non provenendo dal classico ambiente dell'aristocrazia ungherese, aveva preso a trattare gli affari con una tendenza radicale e potenzialmente collaborazionista con le Estreme Destre. Il Senatore Ottlik aggiungeva che Bardossy aveva anche impresa ad amalgamare in senso nazionale la tendenza di estrema destra rappresentata da Imredy: questo ha finito per dispiacere al Reggente il quale nutre un odio catiltniario per Imredy. Tale serie di fatti ha finito per fargli adottare la soluzione di confidare la Presidenza ad uno dei suoi intimi, Kallay, che oltre ad esser suo amico rappresenta quella classe ungherese a cui -ripeto -costantemente è devoluta la direzione della cosa pubblica. Il rimpasto avrebbe dovuto esser più largo e dopo qualche incertezza la scelta per il portafoglio degli Esteri era caduta su Mariassy, che appartiene appunto, e porta il nome, di una delle vecchie famiglie della piccola nobiltà di provincia a cui lo stesso Horthy appartiene, e che rappresentano, ai suoi occhi, equilibrio e tradizione. All'ultim'ora il Reggente ha avuto qualche resipiscenza ed ha fatto chiedere a Bardossy se intendesse riprendere il portafoglio degli ESTERI, Bardossy ha declinato l'incarico pretestando sempre le sue ragioni di salute. Comunque, non è escluso che egli più tardi possa tornare agli Esteri poiché da più parti è stato fatto opportunamente presente al Capo dello Stato come la crisi si sarebbe potuta prestare a sfavorevoli commenti all'estero e soprattutto presso i Paesi alleati.

Ritorna cosi sotto il nome di Kallay quella direzione di Governo della «gentry » ungherese che era stata solo interrotta da Gombos e da Bardossy. Lotta di idee e di sistemi nella piccola Nazione che perpetua in Europa forme giuridiche e costituzionali di carattere tradizionale che Bardossy aveva tentato cautamente non di svecchiare ma di riverniciare. È sperabile che il Reggente, fra qualche tempo, sia disposto ad accettare un compromesso tra il vecchio e il nuovo. Per ora la crisi ha servito a rivelare, in un lampo, il dissidio permanente

della vita politica ungherese, mentre si può concludere che le linee fondamentali della sua politica .estera rimangano, sostanzialmente, e per forza di cose, immutate (1).

(l) -Vedi D. 335. (2) -Vedi D. 132.

(l) T. 1729/108 del 10 marzo 1942, ore 14,55, per. ore 24, non pubblicato.

356

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1811/025 R. Berlino, 11 marzo 1942 (per. il 13).

Per Ecc. il Ministro.

Da informazioni precise mi risulta l'intendimento nipponico di sistemare con la Russia almeno la questione di Wladiwostok, città considerata pericolosissima quale eventuale base attacco aereo contro i centri giapponesi. Secondo le predette informazioni una guerra contro la Russia sarebbe in Giappone ancora più popolare della guerra contro gli anglosassosi. ed è indubbio che la guerra medesima dipende esclusivamente dalle possibilità per i nipponici di sistemarsi in maniera sicura e definitiva nella zona meridionale dell'estremo oriente.

Circa l'India, è intenzione giapponese di non occupare questo immenso paese che potrebbe venir controllato militarmente attraverso punti d'appoggio, e commercialmente attraverso misure che dovrebbero condurre ad un monopolio economico nipponico.

Mentre per le altre zone asiatiche conquistate pare che i giapponesi intendano di fare il loro possibile per organizzare lo sfruttamento con mezzi propri, per l'India invece Tokio seguirebbe una politica di collaborazione commerciale e industriale con l'Asse.

Mi risulta in modo preciso che, essendosi una personalità tedesca residente a Nanchino rivolta in via del tutto privata e per fare un favore ad amici suoi, ad un funzionario della locale Ambasciata nipponica onde chiedergli informazioni circa la possibilità per una ditta tedesca di assicurare nel futuro una buona posizione nell'industria dello stagno, detto funzionario le rispose consigliando la ditta a non farsi alcuna illusione in proposito perché il Governo giapponese desidera statizzare questo come altri importanti rami di produzione, provvedendo direttamente allo sfruttamento.

L'Ambasciata tedesca in Cina si trasporterebbe in breve da Nanchino a Shanghai, dove non è impossibile che elegga la sua sede anche il Governo cinese. In questi ultimi giorni pare sia stato effettuato attentato contro Wang Chin Wei, ma senza risultato.

Circa il fronte russo, il mio informatore mi ha detto di avere appreso da fonte degna di fede che i sovieti stanno rimandando in estremo oriente una parte delle truppe siberiane a suo tempo fatte affluire in occidente.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

357

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 1890/031 R. Bucarest, 11 marzo 1942 (per. il 18).

Personale per l'Eccellenza il Ministro.

Vostro telegramma n. 148 dell'8 corrente (1).

Ho fatto capire a Mihai Antonescu che egli batteva una strada falsa. Del resto glielo avevo già fatto largamente capire, tanto vero che mi ha dichiarato d'aver avuto una lunghissima discussione col Conducator dopo la conversazione avuta con me il giorno 3 marzo (2).

Conclusione: << Saremo estremamente prudenti col Conte Ciano per quanto concerne i nostri rapporti con l'Ungheria. Per dimostrargli a quale punto noi teniamo alla sua visita vi preghiamo di dirgli che attendiamo il suo arrivo non solo per precisare il carattere dei rapporti avvenire tra Italia e Romania sul terreno politico ed economico ma per fissare con lui le basi del nostro orientamento futuro nei confronti della situazione dei Balcani, degli Stretti e dei Mar Nero. Per quanto concerne l'Ungheria mi sono imposto per molti mesi di rispettare l'armistizio stampa e ciò per riguardo verso di voi, armistizio che romperò solo per rintuzzare alcune recenti offese ungheresi fatte anche all'esercito romeno. Al Ministro di Croazia ho detto lealmente che nessuna intesa era possibile tra Bucarest e Zagabria se prima non avessi visto il Conte Ciano. Desidero precisare a questo riguardo che l'accordo culturale con la Croazia è cosa astratta. Non è certo insieme alla Croazia e alla Slovacchia che potremo risolvere il problema transilvano. Io non dovevo lasciare che l'Ungheria completasse il suo lavoro politico prendendo essa iniziativa di accordo con Zagabria e Bratislava. A questo solo finora hanno mirato i nostri sondaggi. Farò presto delle dichiarazioni di politica estera ed interna. Sul tema della politica estera dirò che la Romania ha una legge fondamentale: quella della terra; siamo nei Carpazi e sul Mar Nero e siamo coscienti della nostra posizione geografica. Abbiamo i:n altri tempi salvato l'Europa contro gli invasori e intendiamo conservare questa funzione storica; parlerò del pericolo comunista e della necessità di continuare la lotta iniziata dal Duce non solo sul fronte di battaglia ma in Europa; dove latinità e germanesimo devono arrestare l'avanzata biologica degli slavi. Sulla questione transilvania taciamo perché abbiamo rispetto della nostra missione in questo momento drammatico della vita del mondo, per riguardo ai nostri alleati e perché con le parole non si fa la storia; ma il silenzio non significa pietra tombale. Siccome gli ungheresi conclamano la loro missione di dominare gli altri Popoli dirò che noi non siamo schiavi ma siamo nati dalla latinità la più robusta, dalla Roma dell'epoca imperiale e intendiamo essere padroni di noi stessi. Dite perciò al Conte Ciano che venga senza preoccupazioni e che tenga presente quanto vi ho ripetuto: che la nostra politica futura dipende dai con

sigli e dagli orientamenti che Egli ci darà. Per quanto concerne la data del viaggio noi Lo lasciamo arbitro di decidere: io ho parlato in un telegramma a Grigorcea del 15 aprile, ma se egli giudica che gli avvenimenti non premono saremmo felici di averlo qui per il 10 maggio, giorno in cui inaugureremo il Consiglio di Stato (Camera Corporativa) che non potrà essere pronto prima di quell'epoca. In quel giorno vorremmo anche fare assistere il Conte Ciano a una grande rivista militare. Desidereremmo infine fargli visitare in una brevissima corsa Chisinau dove i contadini di tutte le regioni della Bessarabia acclamerebbero al Rappresentante di Colui che per primo additò al mondo la necessità della lotta contro il bolscevismo come condizione al riscatto dell'umanità. Aggiungo che maggio è il più bel mese per Bucarest. Quanto alle accoglienze che verranno tributate al Vostro Ministro io conosco il mio Popolo e le mie responsabilità e posso garantire sul calore di esse>>.

Come vedete, Eccellenza, Mihai Antonescu ha capito che se desiderava averVi qui doveva dar prova di misura e di prudenza. Egli mi è parso assai più calmo e obbiettivo dell'ultima volta. Ha molto insistito sul fatto che la Vostra visita ha capitale importanza per determinare atteggiamenti e posizioni della politica avvenire della Romania. Credo perciò che Voi potrete esercitare una grande azione qui e agire anche ai fini di una attenuazione del grave dissidio ungaro-romeno.

Ad ogni modo un primo Vostro desiderio è ottenuto: il rinvio del viaggio, se Voi concorderete sulla data della prima decade di maggio. Quanto all'insabbiamento di esso mi permetto prospettarVi l'avviso che, qualora l'atteggiamento romeno non insista su toni e argomenti che possano riuscire sgraditi al Vostro alto apprezzamento politico e qualora altre imprevedibili circostanze non abbiano a farVi cambiare idea, converrebbe che non avvenisse e ciò perché la Vostra venuta qui, se rappresenta un successo incontestabile per i romeni, è destinata a potenziare la nostra azione nei Balcani, a influire in parte sull'orientamento di questo Paese, a meglio situarci sull'importantissimo settore economico e infine a dare atto ai romeni, come fanno anche troppo i tedeschi con conseguenze che ben conosciamo, dell'apprezzamento del Duce e Vostro nei confronti dei loro cospicui sforzi militare ed economico per la causa comune (1).

(l) -Vedi D. 347. (2) -Vedi D. 336.
358

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 11 marzo 1942.

Preannunziato da un telegramma del Capo dell'Ufficio Stampa della Wilhelmstrasse -e dirigente il servizio informazioni del Ministero degli Esteri germanico -è venuto a vedermi stamani il Principe Urach, direttore della sezione « Italia ed Estremo Oriente » e persona di fiducia del Ministro Schmidt.

Secondo quanto mi ha detto, scopo del suo brevissimo viaggio in Italia era quello di avere un amichevole scambio di idee su alcuni aspetti della situazione internazionale anche in relazione ad una comune azione di propaganda italogermanica.

Dopo alcuni accenni a questioni di secondaria importanza, ha iniziato la sua conversazione dichiarando che le strepitose vittorie nipponiche in Oriente destavano notevoli preoccupazioni negli ambienti dirigenti germanici ed un certo disorientamento nell'opinione pubblica data la minaccia che si andava delineando per la civiltà e l'economia europea a seguito delle progressive conquiste giapponesi, tutte raggiunte a spese «dell'uomo bianco».

Secondo Urach tale stato di cose era poi aggravato dal fatto che gli Stati Uniti, assumendo oramai la successione dell'Impero Britannico negli altri continenti, contribuivano per conto loro a peggiorare la futura posizione dell'Europa priva di materie prime e di mercati che --a suo avviso -non potrebbero essere soddisfacentemente assicurati neppure da una completa vittoria sulla Russia. In relazione a tale situazione Urach ha chiesto di conoscere quali fossero le reazioni italiane.

Gli ho risposto che le vittorie giapponesi erano in genere viste con viva soddisfazione poiché si considerava qui che la lotta era ormai decisamente impegnata da ttttte le forze del Tripartito, secondo i precisi impegni assunti a Berlino dalle tre Potenze firmatarie, per l'annullamento del predominio anglosassone nel mondo e che il Giappone si era dimostrato un poderoso ed efficiente strumento per il conseguimento di questo comune obiettivo.

Circa le sue personali osservazioni sull'azione nipponica ho ritenuto fargli notare che non mi erano del tutto nuove. Queste si potevano rilevare dall'atteggiamento di alcuni settori della stampa germanica e dallo stesso messaggio del Fiihrer alla Vecchia Guardia del Partito dove si contenevano accenni significativi agli interessi [...] (l) della «razza ariana» che dovrebbero indurre la stessa Inghilterra a riconsiderare la sua posizione per poter salvare in qualche modo 1 resti dell'Impero.

Dall'interesse con cui Urach ha accolto questo mio accenno e dalla sua risposta affermativa ho tratto l'impressione che quest'ultimo fosse proprio l'argomento «principe» della sua presa di contatto. Ciò mi è poi stato confermato quando egli è venuto a parlarmi del progetto di dichiarazione per l'indipendenza dell'India e dei Paesi arabi (2) su cui ha pure chiesto di conoscere il nostro parere.

Avendogli detto che, sempre nel quadro di una lotta ad oltranza contro l'Inghilterra, tali dichiarazioni erano qui considerate molto opportune tanto che i nostri uffici competenti avevano al riguardo da tempo preparato e trasmesso a Berlino tutto il relativo materiale, Urach non mi ha nascosto la sua opinione che una simile presa di posizione avrebbe indubbiamente significato, sul terreno pratico:

-per l'India, che le Potenze dell'Asse riconoscevano ed avvallavano fin da ora un inevitabile predominio «giallo » anche in quel settore, dato che il Giappone avrebbe avuto l'effettivo controllo e tutela della <<indipendenza>> indiana;

(!) Parola illegibile perché il documento è deteriorato.

-per i Paesi arabi, che Italia e Germania intendevano escludere l'Inghilterra definitivamente anche in questo settore, il che provocherebbe un ulteriore irrigidimento inglese.

Dopo altri accenni a tali questioni Urach ha concluso il suo dire affermando che era ditllcile giudicare fin da ora a quale soluzione convenisse giungere: atnancarsi strettamente, al Giappone, procurando di avere delle garanzie su possibili compartecipazioni allo sfruttamento delle sue conquiste (a tale riguardo ha detto che negoziati riservati condotti dal Governo germanico a Tokio non hanno fino ad ora ottenuto alcun esito) (l) oppure intravedere qualche possibile altra via di uscita per mantenere alla Nuova Europa quel « superiore livello di vita» per cui combattevano l'Italia e la Germania.

«Le risposte a tali quesiti -ha infine detto Urach -non possono essere da noi trovate se non dopo che saranno conosciuti i risultati della certamente dura e faticosa offensiva di primavera. Nel frattempo è desiderabile che stretti contatti siano mantenuti tra Roma e Berlino relativamente all'impostazione politica della propaganda dell'Asse su questi problemi tanto assillanti per il futuro dell'Europa» (2).

(l) Per la risposta di Ciano, vedi D. 362.

(2) Vedi DD. 210, 304 e 312.

359

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1787/119-20 R. Budapest, 12 marzo 1942, ore 21,20.

Nuovo Presidente del Consiglio al quale ho trasmesso vostre parole amicizia, mi ha incaricato far pervenire al Duce suoi sentimenti devozione e a V. E. espressione riconoscente amicizia. Beninteso. niente è mutato nella politica estera ungherese anzi, se possibile, mi ha detto Kallay, egli vorrebbe fortificare rapporti con l'Italia intensificare quelli economici sulla traccia di quanto iniziò Teleky. Gli ho risposto, riferendomi anche alle due più importanti questioni pendenti, grano e petrolio, che domandavamo in queste materie, la maggior comprensione da parte Governo ungherese e Kallay ha promesso ogni interessamento. Kallay ha aggiunto che sperava di vedere tornare Bardossy agli Esteri sempre che le sue condizioni di salute glielo consentiranno. In ogni caso Kallay non crede che egli stesso continui a tener portafoglio ESTERI, Composizione attuale del personale del Ministero rimane immutata.

Presidente del Consiglio ha concluso augurandosi prossimo il momento di potersi incontrare con il Duce e con Voi.

Situazione interna rimane quella indicata nel rapporto n. 641/317 del 10 corrente (3). Anche tra deputati dello stesso partito governativo viene manifestata una certa riserva nei confronti di Kallay che si vuole troppo ligio alla politica

personale del Reggente d'Ungheria e propenso a varare provvedimenti legislativi che conferirebbero al giovane Horthy diritto successione che Bardossy aveva stimato prematura. Destre attribuiscono a Kallay tendenze reazionarie, termine che in Ungheria è sinonimo di idee liberali e rimpiangono in sostanza Bardossy la cui azione appariva loro più realisticamente conforme alle concezioni dell'Asse.

(l) -Vedi D. 352. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolml. (3) -Vedi D. 355.
360

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 12 marzo 1942.

A seguito delle precedenti comunicazioni sul convegno ·italo-croato-germanico di Sussa per un'azione comune contro i ribelli nella Bosnia Orientale (1), si fa presente che il Ministro Peric è venuto ieri a comunicare a questo Ufflcio che il Governo di Zagabria non ha approvato il verbale contenente le conclusioni del Convegno. La ragione di tale rifiuto è che il Governo croato è contrario alla cessione dei poteri civili alle autorità occupanti. Il Ministro Peric ha aggiunto che l'esercito croato sta facendo uno sforzo per risolvere da se la situazione.

A giudizio dell'ufflcio la realtà è che né croati né tedeschi hanno la possibilità di risolvere da soli la situazione che si è creata nella Bosnia Orientale, come è confermato dal telespresso dell'Addetto Militare a Zagabria che si acclude (2).

361

IL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, GONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 12 marzo 1942.

Recatomi a Vichy per effettuare le visite di congedo (3) sono stato intrattenuto per circa una diecina di minuti dal Maresciallo.

Il Capo dello Stato si è espresso con me in termini analoghi a quelli adoperati coll'Ecc. Generale Vacca Maggiolini in occasione della missione a Vichy per i funerali del Generale Hutzinger nel dicembre u.s. ( 4). Egli pronunciò delle

D. -762.

parole di grande deferenza per il Duce, di alta considerazione per il Conte Ciano e di ammirazione per le qualità del soldato italiano che egli ebbe modo di direttamente sperimentare in guerra. Tenne anche a ricordare i suoi scritti con i quali elogiò (anche durante il periodo delle sanzioni) il nostro Esercito.

Inoltre il Maresciallo mi disse ch'era sua viva aspirazione di poter effettuare una visita a Roma, non specificando se egli alludesse ad una visita privata od a un incontro ufficiale.

Congedato dal Maresciallo e rimasto con il Capo della Segreteria Particolare Dr. Menetrel, che era stato presente al colloquio, questi dopo avermi ricordato che la visita dell'Ammiraglio Darlan all'Eccellenza Ciano a Torino (l) aveva avuto luogo per iniziativa del Maresciallo mi disse che il Capo dello Stato aspirava non appena le circostanze lo avessero permesso ad un incontro col Duce.

Il Dr. Menetrel, accennandomi all'attuale irrigidimento delle relazioni francogermaniche mi lasciò velatamente intendere che il Maresciallo, visto l'esito negativo di Darlan, starebbe lentamente modificando la sua decisione di non ammettere un ritorno di Lavai al Governo. malgrado che il suo rancore personale sia ancora grandissimo.

Secondo il mio interlocutore il maggior appunto rivolto a Darlan sarebbe quello di non aver potuto portare a buon fine i negoziati con la Germania relativi alla restituzione dei prigionieri di guerra, necessità inderogabile a parere del Maresciallo, per ridare un credito al Governo di Vichy e permettergli di ottenere un sufficiente pubblico consenso alla politica di collaborazione. Vichy attualmente non reggerebbe per virtù propria nemmeno qualche ora se la tema di un intervento militare germanico non arrestasse le varie fazioni interne dall'effettuare colpi di testa.

Naturalmente Lavai dovrebbe assicurarsi preventivamente la promessa germanica del predetto gesto (2).

(l) -Vedi D. 339. (2) -Non pubblicato. Con un successivo appunto del 17 marzo 1942 Pietromarchi riferiva a Ciano: «Il Comando Supremo tedesco ha fatto sapere al nostro Comando Supremo che esso ha Intenzione di passar sopra alla mancata ratifica da parte croata dell'accordo militare di Abbazia per l'epurazione della Bosnia orientale dai ribelli. Si stanno pertanto concretando le modalità esecutive per le operazioni». (3) -Alla fine di febbraio Confalonieri aveva lasciato l'incarico di delegato a Lione della Commissione italiana di armistizio con la Francia. (4) -I funerali di Hutzinger avevano avuto luogo in novembre, vedi serle XI, vol. VII,
362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T. S.N.D. 8772/161 P. R. Roma, 13 marzo 1942, ore 0,30.

Mio telegramma 148 (3).

Ho ricevuto il Ministro Grigorcea a cui ho detto che riterrei più opportuno rinviare ad epoca più lontana e più adatta il mio viaggio in Romania. Grigorcea ha accolto senza sorpresa la mia comunicazione e non ha al riguardo obiettato nulla, confermando con ciò la mia impressione che tuttora mancano i presupposti essenziali per una mia visita costà.

(!) Vedi serie XI, vol. VII, D. 845.

(2) -Il presente documento reca il visto dl Mussolini. (3) -Vedi D. 347.
363

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1825/166-167 R. Tokio, 13 marzo 1942, ore 9,10 (per. ore 7,15 del 14).

In una conversazione avuta con questo Direttore Generale Affari Politici Ministero Affari ESTERI, situazione, al momento in cui è stata fissata dal discorso del Presidente Consiglio Ministri ieri innanzi Dieta, mi è stata riassunta come segue:

« Al termine prima fase operazioni militari Giappone si trova di fronte nuova situazione che gli impone affrontare tre problemi: Russia Australia India.

l. -Per quanto concerne Russia non si progettano sorprese né si ha ragione di tememe.

Rapporti nippo-russi continuano mantenersi stato diffidente correttezza sulla base giuridica patto neutralità.

2. --È evidente che anglo-americani faranno ogni sforzo per servirsi Australia come base operazioni contro-offensiva nei mari del Sud e per disturbare vie comunicazione nipponiche. Presidente del consiglio dei Ministri ha voluto rivolgere estremo appello per indurre Australia separare sua sorte da potenze anglo-sassoni. Non si conta per altro che appello possa essere ascoltato e quindi si prevede necessità affrontare senza indugio seconda fase operazioni verso quel continente prima che esso possa essere attrezzato militarmente. 3. --Operazioni occupazione Birmania atteggiamento giapponese nei riguardi India è di attesa e vigilanza. Si spera che movimenti politici interni abbiano determinato nuove situazioni delle quali possa trarsi partito: ed a anticipare ed incoraggiare tali movimenti mirano parole Presidente Consiglio dei Ministri invoglianti India liberarsi dominio inglese. Non bisogna d'altra parte interpretare accenni Tojo come implicanti decisione nipponica comprendere India nella sfera politico-economica della più grande Asia Orientale. Da una parte problema indiano presenta tali e tanti aspetti e complicazioni di ogni ordine che l'inclusione di quel vasto paese nel campo d'azione del Giappone esige preparazione spirituale e materiale che oltrepassa attuali prefissi limiti; d'altra parte problema stesso non potrebbe essere affrontato che previe intese e colla cooperazione degli alleati europei.
364

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 1809/412 R. Berlino, 13 marzo 1942, ore 12,30.

Ad ogni buon fine, credo doveroso segnalare che negli ambienti popolari germanici, anche cordialmente amici dell'Italia, si osserva che le azioni di bombardamento di Malta, che il nostro !:allettino comunica quotidianamente, se confermano la brillante e continua attività dell'aviazione dell'Asse peraltro costituiscono una specie di ammissione implicita della impossibilità di distruggere

o inutilizzare tale base britannica. Mentre i giornali sono pieni dei successi fulminei dell'avanzata giapponese nell'Insulindia, l'annunzio del nostro giornaliero bombardamento di Malta, che si ripete da più di un anno, si presta quindi a commenti sgradevoli. Naturalmente ciò è dovuto principalmente alla ignoranza della vera situazione navale e militare dell'isola, ma non di meno ho stimato opportuno informarne codesto Ministero.

365

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1820/327 R. Buenos Aires, 13 marzo 1942, ore 14,26 (per. ore 8 del 14).

Ho fatto visita a questo Vice Presidente Repubblica per ringraziarlo della parte visibilmente grande che il Governo argentino aveva voluto prendere ai funerali S.A.R. Duca d'Aosta.

Mi ha risposto egli non aveva fatto che ispirarsi ai sensi grande maggioranza degli argentini di cordiale amicizia per l'Italia.

Parlando in seguito della conferenza Rio de Janeiro gli ho detto che avevo seguito col più vivo interesse l'azione che sulle sue direttive aveva colà svolto la Delegazione argentina.

Egli ha replicato che nel dare istruzioni al suo Ministro degli Affari Esteri aveva sopratutto tenuto presente due sentimenti: il primo di riconoscenza verso Italia che in altri tempi aveva steso una mano amichevole verso l'Argentina fornendole aiuti di fatto e non di parole (vendita di navi e formazioni di legioni volontarie nel 1898 quando l'Argentina era sul punto di battersi con il Cile); il secondo di réalistica valutazione della situazione demografica argentina deve oltre un milione italiani regnicoli esistano vari milioni discendenti di italiani che sono completamente amalgamati col paese al quale hanno dato un inestimabile contributo di sangue d'intelligenza e di ricchezza.

Egli non aveva avuto ditlìco.ltà a farlo notare a questo Ambasciatore americano che durante la conferenza, d'ordine dei suoi superiori, era andato a vederlo due volte per cercare di farlo deflettere dalle sue direttive.

Oggi alla distanza di qualche settimana da quegli importanti avvenimenti interamericani egli non poteva che felicitarsi della sua maniera di pensare e di giudicare la situazione, giacché aveva avuto innumerevoli prove che gli argentini nella ,loro grande maggioranza approvavano la sua politica e le ultime elezioni provavano non solo l'approvazione di questa sua politica ma altresì la sconfitta in quasi tutto il paese del partito radicale che tale politica aveva sempre osteggiato.

366

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 7820/172 P. R. Berna, 13 marzo 1942, ore 19,12 (per. ore 24).

Riferimento telegramma di V. E. n. 123 (1). Pilet Golaz, al quale ho discretamente fatto intendere punto di vista del

R. Governo circa futura destinazione di Ruegger, mi ha esplicitamente espresso sua viva soddisfazione per la risposta datagli. È pertanto da presumere che Governo federale esaminerà possibilità invio di Ruegger a Rio de Janeiro.

Egli ha comunque escluso fin da ora che a Ruegger sia dato in questo momento un posto o un incarico in Svizzera. Mi risulta d'altra parte in modo sicuro avere Pilet Golaz detto che Ruegger, pur non gradendo di essere inviato lontano, finirà per accettare perché ha bisogno di denaro. Pilet Golaz ha anche detto a persona amica che effettivamente Ruegger ha, nel luglio u.s., fatto tutto il possibile per sabotare il noto prestito all'Italia.

Lunedì 17 corr. si aprirà una sessione delle Assemblee e Pilet Golaz si attende delle interrogazioni sul caso Ruegger, probabilmente provocate dall'interessato.

Il Governo sta adoperandosi per ridurle al minimo ed in ogni caso per controbatterie.

367

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 3874. Berlino, 13 marzo 1942 (per. il 20).

È venuto a visitarmi il Generale Otto von Stiilpnagel, il quale ha lasciato il 20 febbraio u.s. il Comando di Parigi. Dopo avere tenuto per un anno e mezzo quel dimcile e gravoso incarico, egli si reca ora in Italia, ospite del

R. Governo, per trascorrere un lungo periodo di riposo che valga a rimetterlo in buone condizioni di salute.

Ritengo opportuno riferire sullo svolgimento della conversazione nell'eventualità che V. E. possa trovarvi alcuni elementi integratori di quelle notizie inviate dal collega di Parigi e da altre fonti.

Sulle estreme dimcoltà incontrate nell'assolvimento dei suoi compiti egli si è soffermato a lungo non nascondendomi che la situazione dei territori francesi occupati, della quale Parigi può rispecchiare il più esatto termometro, è stata ed è tuttora tale da richiedere le più vigilanti e attente cure da parte del Governo del Reich.

Il popolo francese, che si trova oggi a sopportare le conseguenze di una terribile disfatta politica assai più che militare, disfatta che nel suo rapido svolgersi non ha neppure sfiorato larghi strati della popolazione, sottostà ora

nella sua totalità a un severo regime di occupazione che ha trasformato la Francia in un grande arsenale agli ordini della potenza occupante.

Centinaia di migliaia di francesi lavorano oggi per approntare le armi al soldato del Reich; quelli, tra di loro, residenti nella zona settentrionale, sono quotidianamente sottoposti al rischio delle incursioni aeree britanniche: è giusto riconoscere -così mi diceva il mio interlocutore -che la popolazione francese nel suo complesso fa fronte disciplinatamente alle esigenze del momento.

Due però sarebbero, secondo l'ex-Comandante a Parigi, gli elementi che richiederebbero, sia oggi come in futuro, la più vigile attenzione da parte delle autorità germaniche.

Occorre in primo luogo rendersi conto che l'intera nazione, oltreché sopportare da anni le dure condizioni di una occupazione militare, si trova psicologicamente in uno stato di assoluta incertezza sul suo avvenire. Quali saranno le condizioni di pace, quali province dovranno essere cedute alla Germania, quali all'Italia, quali risultati sortiranno dai tentativi di riforma costituzionale del Maresciallo, come ad essi reagirà la popolazione francese, come si supereranno le enormi difficoltà del dopoguerra: queste e altre domande si affacciano alla mente dei francesi che nella affannosa ricerca di una risposta ad ognuna di esse sempre più si allontanano da quella serenità o almeno da quella paziente rassegnazione che sarebbe invece necessaria in questo così difficile periodo della loro storia. È a tale opprimente stato di incertezza che si riferirebbe l'Ammiraglio Darlan come al più valido argomento per sostenere la sua tesi della necessità di giungere al più presto ad un regolamento definitivo. Tale incertezza e la differente reazione che ad essa oppongono i diversi strati della popolazione francese avrebbe il suo più evidente riflesso sempre secondo Darlan, nella « mancanza di omogeneità » del Governo di Vichy. Il concedere al popolo francese qualche elemento base di sicurezza sul suo avvenire significherebbe netta chiarificazione della situazione psicologica interna, possibilità di eliminare dal Gabinetto di Vichy gli elementi in esso più eterogenei, cioè irriducibilmente anticollaborazionistici, e deciso progresso sulla via dell'intesa con l'Asse e della ammissione della Francia alla leale collaborazione per il nuovo ordine.

Non sarebbe da escludersi, secondo quanto mi accennava il Generale von Stiilpnagel, che queua divergenza di opinioni tra l'Ambasciatore Abetz e le supreme autorità del Reich, di cui ho fatto cenno in altro mio rapporto, sia in parte da ricondursi ad un atteggiamento di Abetz forse un pò troppo accondiscendente, e quindi non ortodosso, nei confronti degli sforzi che starebbe svolgendo Darlan nel senso sopra accennato.

Un secondo elemento che non sarebbe per facilitare in avvenire l'opera delle Autorità di occupazione in Francia, deve ricercarsi nella situazione alimentare. Secondo il Generale, le autorità centrali e quelle di occupazione starebbero accingendosi ad attuare un piano organico di riduzione dei viveri assegnati al territorio francese occupato, piano dettato dalle necessità della situazione alimentare tedesca nel suo quadro generale e dalle inderogabili aumentate esigenze delle forze armate. Tale riduzione verrebbe a incidere in modo alquanto sensibile sulla attuale situazione che, -così sottolineava il mio interlocutore -è già da tempo più sfavorevole di quella del territorio del Reich.

Un considerevole apporto al miglioramento dell'opinione pubblica nel territorio occupato sarà indubbiamente fornito, così concludeva il Generale von Sttilpnagel, dalle vittorie militari che l'esercito del Reich sicuramente raccoglierà in primavera e che varranno non solo a consolidare il prestigio tedesco in Francia e quindi, di riflesso, a potenziare le correnti lealmente collaborazionistiche, ma anche nei confronti di tutto il popolo francese senza distinzione di correnti e di opinioni, a fargli intravedere come più vicina la fine agognata della difficile situazione in cui ormai da anni si trova.

(l) Vedi D. 340.

368

IL TERZO SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA A BERLINO, LUCIOLLI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1942.

Di ritorno da Berlino, dopo un anno e mezzo di servizio presso quell'Ambasciata, riassumo come segue le mie impressioni sugli orientamenti attuali della Germania rispetto ai massimi problemi della guerra.

L'alleanza in atto -coi contatti frequenti e numerosi ch'essa comporta fra organi militari e civili, pubblici e privati dei due paesi -fa sì che gli aspetti esteriori della situazione tedesca siano così noti in Italia che non mette conto menzionar.li, se non come punti di partenza di un esame critico di ciò che si nasconde dietro di essi.

Non è, ad esempio, un segreto per nessuno che il popolo tedesco è attualmente scettico sulla possibilità che le vittorie finora conseguite, e quelle che potranno essere conseguite in un futuro prossimo, sbocchino in una vittoria conclusiva, cui sia per far seguito un'altrettanto conclusiva pace. La propaganda ufficiale, esaltando i successi singoli delle armi o della diplomazia del Reich, fa scarsa o nessuna presa sul pubblico, non contestandosi da alcuno quei successi, ma dubitandosi da tutti della loro efficacia determinante. Assai maggior presa, in senso contrario, fanno gli incalzanti e moltiplicantisi segni della crisi economica, provocando quel cupo pessimismo, che colpisce cosi profondamente l'italiano che oggi si rechi in Germania.

Ma, se il pessimismo del popolo tedesco è un dato di fatto incontestabile, assume peraltro un valore politico soltanto se e in quanto eserciti un'influenza sulla condotta della guerra. Orbene -anche dando il dovuto peso alle conseguenze che alla lunga potrebbe avere l'attuale depressione -si può affermare con sicurezza che a metà del terzo anno di guerra la compagine della Germania nazionalsocialista è tuttora saldissima. Concorrono a determinare questa saldezza diversi elementi, due dei quali hanno importanza preminente. In primo luogo, per quanto forte sia nei tedeschi il dubbio circa la vittoria, è ancora più forte in loro il timore della sconfitta, alimentato del resto dalla propaganda, sopratutto in questi ultimi tempi per opera personale del ministro Gi:ibbels. In secondo luogo, quello che potrebbe chiamarsi il «potenziale rivoluzionario» del paese è distribuito in proporzione inversa al malcontento: in altri termini, gli strati della popolazione nei quali il malcontento è più diffuso sono precisamente i meno adatti a tradurre in azione pratica il loro stato d'animo. Ne consegue che, assai più dell'indiscutibile generale pessimismo, importa osservare quelle che sembrano essere le intenzioni dei capi responsabili e le possibilità loro offerte di realizzare le intenzioni medesime.

Il fattore militare, e sopratutto la situazione al fronte russo, occupa a preferenza di ogni altro la mente dei dirigenti tedeschi. Fino a quando, si afferma, gmverà sui confini orientali della Grande Germania la massa immane delle armate rosse la guerra non potrà dirsi avviata a felice conclusione. Ogni sforzo morale e materiale del Reich deve quindi tendere allo schiacciamento della Russia sovietica.

È difficile dire quanto sia prossima la realizzazione di questo obbiettivo. Indubbiamente i russi sono tuttora in grado di vibrare dei colpi molto duri. I tedeschi stessi ammettono che nonostante i vasti territori perduti e i danni prodotti dai bombardamenti aerei, il potenziale industriale sovietico non è diminuito più del 30 o 50%. D'altra parte, se è innegabile che lo slancio offensivo russo è stato spezzato, o almeno fortemente contenuto, è incerto con quali sacrifici la Germania abbia raggiunto questo risultato. Si ignora cioè se per conseguirlo abbia sacrificato una parte notevole delle forze inizialmente destinate all'offensiva di primavera. In generale si ritiene che siano già state gettate nella fornace molte fanterie, mentre le unità motorizzate e corazzate sarebbero state ,accuratamente tenute in serbo. Conseguentemente l'offensiva potrebbe raggiungere un risultato decisivo solo a condizione che, dopo il primo urto, il dispositivo sovietico crollasse. In caso contrario si trasformerebbe in un insuccesso, perché verrebbe a mancare la massa umana necessaria allo sviluppo ulteriore dell'azione. Una conferma indiretta di questo stato di cose si vede nel fatto che la Germania cerca oggi presso gli alleati un apporto di uomini più che di mezzi.

Comunque, l'eventua,le vittoria in Russia non è che la premessa della conclusione vittoriosa del conflitto, la quale va cercata nell'azione militare e diplomatica, da intraprendersi successivamente.

Da quando il Giappone è entrato in guerra, conseguendo successi di gran lunga superiori, per ampiezza e mpidità, a qualsiasi previsione, un proposito affiora con crescente insistenza negli ambienti responsabili tedeschi: stabilire un collegamento con l'alleato estremo-orientale. In qual modo ed entro quanto tempo si pensi di riuscirvi non è chiaro. In generale si afferma che occorre dapprima ridurre la Russia all'impotenza (sia pure rinunciando alla materiale occupazione di tutta la Russia europea) e quindi sviluppare l'azione militare verso il Caucaso e il Golfo Persico, possibilmente con l'appoggio della Turchia, sul cui progressivo accostamento all'Asse si fa grande assegnamento. Ma in queste ultime settimane ho avuto l'impressione che -sembrando difficile eliminare la Russia in tempo per portare le armi tedesche oltre il Caucaso entro il 1942, e volendosi d'altra parte «stringere i tempi» in considerazione dello sviluppo degli armamenti nordamericani -si cerchi da parte germanica di puntare nuovamente su Suez piuttosto che sul Golfo Persico. E non è escluso che, ritenendosi a tal fine necessario l'appoggio della Francia, si pensi di presentire l'Italia sulla possibilità di fare a due un ultimo sforzo per attrarre Vichy nell'orbita dell'Asse. In tal caso, secondo l'opinione espres

30 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

sami pochi giorni fa da un alto funzionario dell'Auswartiges Amt, lo sviluppo degil eventi nel 1942 potrebbe svolgersi in tre tempi: azione militare contro la Russia; azione politica verso la Francia; azione militare per raggiungere il canale di Suez.

Tutto questo è molto vago. Certo è soltanto che il collegamento col Giappone è un obbiettivo di una vastib. tale da richiedere mezzi imponenti, non soltanto per conseguirlo, ma anche per sfruttarlo. Conseguentemente, dietro il problema militare si affaccia quello politico-economico, su cui importa conoscere, più che su ogni altro, le direttive dei capi responsabili della Germania d'oggi.

Guardando nell'insieme la situazione militare sopradescritta non si vede nuLla che giustifichi un atteggiamento pessimista. Se la Russia non è ancora a terra e se il Giappone è tuttora separato dalle potenze dell'Asse, non è meno vero che l'Impero Britannico è i 1 dissoluzione e che l'America non sembra essere in grado, né oggi né in un prossimo futuro, di imporre la sua pace all'Europa. Il continente dominato dalla Germania è quindi una roccaforte, assediata ma imprendibile. Se nella grande guerra sono occorsi quattro anni per affamare gli Imperi Centrali, costretti a vivere sul loro suolo, sembra assurdo piegare la Germania d'oggi, che dispone di tutte le risorse del continente.

Difendere accanitamente il molto che finora è stato conquistato: sfruttarlo; organizzare la vita economica e politica dell'Europa, in modo da aumentarne la forza di resistenza e svilupparne le capacità offensive; tutto questo sembra poter costituire una meta chiara e precisa, un programma attorno a cui raccogliere consensi e adesioni fattive. Senonché è appunto in questo lavoro politico che la Germania si mostra decisamente e ostinatamente inferiore al suo compito.

La ferma decisione tedesca di organizzare l'Europa gerarchicamente, come una piramide con la Germania al vertice, è nota a tutti. Ma essa non basta di per sé a caratterizzare l'atteggiamento dei dirigenti tedeschi di fronte ai problemi della ricostruzione europea. In ogni paese, anche in quelli che fino a ieri avevano un più chiaro atteggiamento antitedesco, non mancano persone e correnti politiche disposte ad ammettere che l'ordine internazionale uscito dalla rivoluzione francese e culminato a Versailles sia definitivamente tramontato e che gli stati nazionali stiano per far luogo ad aggregati po1itici di più vasto respiro, tali che i diversi elementi nazionali destinati a comporli vi abbiano una parte proporzionata alla rispettiva potenzialità culturale, economica e demografica. Il concetto di un'organizzazione gerarchica dell'Europa non ha quindi in sé nulla di ripugnante. Ma ciò che colpisce chiunque venga in contatto coi tedeschi è la loro concezione puramente meccanica e materialistica dell'ordine europeo. Organir,zare l'Europa significa per loro stabilire quanto deve produrre questa o quella miniera o quanti operai debbano esservi impiegati. Non si rendono affatto conto che nessun ordine economico può reggersi se non sia basato su un ordine politico e che per far lavorare l'operaio belga

o boemo non basta promettergli un dato salario, ma occorre dargli la coscienza di servire una comunità, di cui faccia intimamente parte, connaturata con lui e nella quale si riconosca.

In questa incomprensione, in questa sterilità politica consiste, assai più che nella minaccia militare russa o nella propaganda angloamericana, il pericolo sovrastante la Germania. Pericolo imminente, per non dire già in atto. Ché oggi le forze economiche della Germania e dei paesi da essa dominati si stanno disgregando, non tanto per l'esaurimento delle riserve quanto per questo mancato potenziamento delle forze vive dei popoli. L'organizzazione della produzione abbozzata dalla Germania è un organismo stracco, in cui non circola nessuna linfa. Invano si moltiplicano gli organi di controllo, le misure di rigore, gli ammonimenti. Mentre i dirigenti accorrono a stimulare l'attività da una parte, essa si affloscia dall'altra. E anche nei settori 1n cui le statistiche segnano curve confortanti, in realtà la produzione scema di qualità se non di quantità e sorgono nuovi problemi, ai quali si danno soluzioni meccaniche e pertanto inefficaci, onde l'apparato bellico germanico, mirabilmente predisposto negli anni passati grazie appunto all'impulso spirituale dato al popolo tedesco dal nazionalsocialismo, mostra oggi molteplici e non equivoci segni di indebolimento.

Alla luce di queste considerazioni, lo scetticismo nutrito dalle masse circa il carattere decisivo delle singole vittorie, passate e future, appare come una sensazione quasi inconscia della intrinseca vacuità delle direttive attuali della politica germanica. E il pessimismo, per altro verso inspiegabile, trova in ciò una giustificazione, tanto più che le reazioni dell'elemento dirigente di fronte all'aggravarsi della crisi sono tutt'altro che rassicuranti.

Nell'aspirazione ad un ordine puramente meccanico c'è pur sempre uno sforzo, un anelito costruttivo, malgrado tutto suscettibile di sviluppi fecondi. Ma gli insuccessi finora registrati sembrano purtroppo sviluppare e fortificare in Germania le forze puramente distruttive, rappresentate specialmente dalle SS. È difficile per un italiano rendersi conto dell'estremità, dell'esasperazione parossistica della dottrina della superiorità della razza germanica, che si riscontra negli elementi facenti capo a Himmler, ai quali sembra che il regime gradatamente si abbandoni. La teoria della suDeriorità della razza tedesca, proclamando per converso l'inferiorità delle altre razze, in un certo senso ammette l'esistenza di esse nel quadro di una rigida subordinazione. Ma gli elementi estremisti rappresentati dalle SS traducono la subordinazione in una distruzione del subordinato.

È superfluo dilungarsi sugli orrori perpetrati nei territori poJacchi e russi occupati (massacri sistematici, uccisione di donne e bambini, prostituzione obbligatoria, impiego di monache nei bordelli e altri misfatti, tali che vengono meno le parole nel denunciarli). In altre regioni il potere delle SS è più limitato e non consente loro di arrivare a tanto. Ma dappertutto, in misura maggiore o minore, si rivela sempre la stessa tendenza a soffocare e sterilizzare le forze vive dell'Europa, anziché convogliarle e potenziarle. Si direbbe quasi che i dirigenti della Germania d'oggi non si propongano tanto di vincere quanto di accumulare ostacoli sul cammino della vittoria. Ovunque si risvegli una forza a loro favorevole, suscettibile di essere sfruttata, essi la stroncano. Nei paesi baltici, in Polonia, in Cecoslovacchia, in Serbia, dappertutto chi si fa incontro alla Germania col sincero proposito di trovare una formula di collaborazione subisce immediatamente delusioni e umiliazioni e ripulse. Tutti gli interrogativi rivolti alla Germania sul modo con cui si propone di risolvere i problemi dell'oggi e del domani. della guerra e della pace restano senza risposta: la Germania è muta.

Dal punto di vista italiano un altro aspetto di questo atteggiamento distruttivo va messo in rilievo. Quantunque grande sia la fiducia dei dirigenti tedeschi nella vittoria, è certo che, sia pure come dannata ipotesi, prendono in considerazione anche l'eventualità della sconfitta. Orbene, partendo dal principio che, come si deve saper cadere da cavallo, così si deve saper perdere le guerre, essi pongono ogni più vigile e direi quasi scientifica cura a far sì che gli altri paesi, alleati o nemici vinti, si indeboliscano almeno quanto la Germania. Quell'opera distruttrice assolve quindi, forse inconsciamente, il compito di ritenere che domani, qualunque cosa accada, la Germania sia sempre relativamente la più forte. Di qui lo sforzo di assorbire le forze economiche e militari degli alleati e di logorarle, di qui la predisposizione di linee di confine strategicamente vantaggiose, di qui la costituzione di una vasta rete di interessi privati tedeschi all'estero, di qui l'organizzazione dello spionaggio, di qui la tendenza a far dilagare le forze militari tedesche dappertutto e a trarre quelle degli alleati lontano dalle regioni ove essi hanno più diretti interessi.

Naturalmente non è detto che questi orientamenti della Germania siano definitivi. Anzi è doveroso sperare che i futuri successi militari ispirino un più sano giudizio e facciano prevalere la tendenza a costruire piuttosto che a distruggere. Questa speranza del resto è rafforzata dalla constatazione che, avvicinando molti tedeschi, si ha la netta impressione che non sia impossibile indurii a considerare certi aspetti della situazione che erano loro sfuggiti. Ma perché quest'opera di persuasione ottenga buoni risultati dev'essere fatta in un'atmosfera di sincera collaborazione e perfetto lealismo. Nella situazione attuale, il tedesco si trova quasi sempre a contatto con stranieri che lo odiano, ma che accettano supinamente i suoi ordini, in attesa di vederlo cadere dal suo piedistallo di potenza e di prepotenza. Ne consegue che la supina acquiescenza alle sue vedute non lo inganna sui veri sentimenti di chi gli sta di fronte e anzi serve quasi a denunciarglieli e a metterlo in sospetto, tanto più forte è quindi l'influenza che esercita su dì lui chi gli mostri, da amico sincero e legato ad un comune destino, di discordare sui mezzi concordando sui fini (1).

369

IL CAPO DEL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARI, AMÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

PROMEMORIA. ... , 14 marzo 1942.

Nell'incontro col Capo del Servizio Informazioni germanico avvenuto a Merano nei giorni 11 e 12 corrente sono state prese in esame le principali attività di collaborazione fra i due Servizi ai fini di intensificarle e di coordinarle in in base alla situazione ed ai prevedibili suoi sviluppi avvenire.

L'orientamento generale del Servizio germanico appare in questo momento rivolto verso un decentramento di organizzazione a beneficio dei settori: Vicino e Medio Oriente, Africa Settentrionale ed Occidentale operando dalla Grecia e dalla Turchia verso il Vicino e Medio Oriente e dalle regioni atlantiche dei possedimenti britannici verso l'Africa.

La collaborazione del Servizio italiano viene ricercata contro la coalizione anglo-americana in particolare verso le Isole Britanniche e verso gli Stati Uniti.

In complesso il Servizio germanico ha dato l'impressione di essere in questò momento alla ricerca di ogni via per superare una crisi di funzionalità dipendente da imprevisto sviluppo di eventi.

Evidentemente il Comando germanico tende a garentirsi nelle direzioni e sui fronti dove, in corrispondenza dell'offensiva contro il fronte russo, teme che l'avversario possa essere indotto ad operare per immobilizzare e divergere forze e mezzi.

Perciò oltre alle direzioni già accennate di comune interesse col Servizio Italiano, il Servizio germanico appare preoccuparsi anche del settore scandinavo e delle regioni settentrionali occupate.

Circa la situazione informativa-operativa sui vari fronti:

Nord Africa: Il Capo del Servizio Informazioni germanico apprezza la situazione nel senso che non sia ormai da attendere da parte inglese un'offensiva ad obiettivi lontani (Tripoli-Tunisia) ma che invece, facilitato dalle possibilità di alimentazione, l'avversario possa lanciare in non lontano futuro azioni offensive, potentemente preparate e sostenute, forse anche in concomitanza con azioni degaulliste e concorsi americani, nell'intento di conseguire risultati particolarmente utili ai fini propagandistici e psicologici nel campo generale ed una rinnovata pressione militare sull'Italia.

Medio Oriente: Il Capo del Servizio germanico concorda pienamente nell'apprezzamento che il Medio Oriente sia destinato ad esse,re entro l'anno 1942 potentemente organizzato quale base terrestre ed aerea dell'avversario per conferire a quella posizione centrale capacità e funzioni di perno di manovra verso Caucaso ed Egitto.

Russia: Circa la Russia, donde è ritornato in questi giorni, l'Ammiraglio Canaris ha tracciato un quadro alquanto pessimistico -come notoriamente nel suo temperamento -mettendo in rilievo le gravissime difficoltà in cui tuttora l'incessante pressione russa mantiene le armate, particolarmente nel settore di Pietroburgo e di Staraja Ruska. Ha accennato all'enorme logorio di materiali e personale, alle difficoltà note di rifornimenti, alla mancanza generale di mezzi di trasporto a motore al logorio ed alla scarsità dei mezzi ferroviari. Ha pertanto messo in rilievo che la potenza russa è tuttora ben !ungi dall'essere piegata. L'efficienza e la combattività sia dell'aviazione, sia delle unità terrestri russe sono tuttora vive e tenaci e larga la disponibilità dei mezzi. Il Comando germanico apprezza le possibilità russe di produzione bellica tuttora nettamente superiori al 50 % per l'avvenuta celere ed efficace riorganizzazione degli stabilimenti all'indietro. In complesso egli ritiene che il nemico russo sia ancora saldo e difficilmente atterrabile in breve tempo. Comunque gli anglo-sassoni faranno ogni sforzo per tenere in piedi ed alimentare il più efficacemente possibile la resistenza russa che rappresenta per essi l'elemento determinante del logoramento germanico nel 1942.

Quanto alla situazione generale politico-militare, lo apprezzamento del Capo del Servizio germanico si può sintetizzare:

-Preoccupazione di possibilità operative da parte anglo-americana su punti di applicazione assai lontani e delicati, conseguiti mediante sbarchi improvvisi ed in forze. Particolarmente temuti in Norvegia (Trondheim), e Murmansk, sostenuti da forze navali e da basi aeree già approntate. Temute anche azioni di più modesta portata ma di indubbio effetto politico e morale nelle regioni nord-occidentali occupate, dove le forze germaniche non possono essere ovunque forti e pronte alla parata. Non è inoltre escluso che parte delle unità ivi dislocate possa essere chiamata a concorrere alle operazioni sul fronte orientale.

-Non ritiene attendibili azioni contro Spagna e Portogallo, invece considera probabili l'occupazione delle Isole Azzorre e del Capo Verde collo sviluppo dell'attività bellica americana.

-Ha parlato di interesse del Servizio e di organi;r,zazione in corso nelle regioni del Marocco francese e verso l'Africa Occidentale, dove sono in corso i noti lav ori della rete stradale transahariana.

-Per la Turchia prevale tuttora l'opinione che l'atteggiamento sia determinato dall'interesse specifico in attesa che si chiariscano gli eventi. In sostanza i turchi vedrebbero con favore l'ulteriore reciproco indebolimento della Russia e della Germania e la Bilancia pendere verso la vittoria inglese. Comunque situazione non chiara e tuttora non priva di pericoli. I tedeschi la vigilano da vicino con notevole attività del Servizio, ivi in aumento.

-Da nochi accenni fatti circa la situazione nei territori ex-jugoslavi appare come essa interessi il Servizio germanico solo nel complesso e come elemento per l'apprezzamento della situazione generale, modestamente invece lo preoccupi nei suoi sviluppi e nei suoi riflessi particolarmente interni.

-Il Capo del Servizio germanico, certamente in concorde visione coglÌ es'ponenti politici del suo Paese, ha dichiarato di annettere scarso significato e valore alla funzione ed all'attività che il Mufti ed El Gailani possono svolgere, trattandosi a suo parere di uomini ormai con scarso seguito, di assai modeste possibilità e di malcerta fede. Anche circa le possibilità informativo-propagandistiche realizzabili pel loro tramite verso Iraq, Iran e Paesi orientali in genere, l'Ammiraglio Canaris si è dimostrato scettico, malgrado che il Servizio germanico sia quasi inefficiente in quelle regioni.

Accennando in via confidenziale alla situazione interna germanica, l'Ammiraglio Canaris ha messo in rilievo: -le condizioni di crescente disagio della popolazione per la durata della guerra, le difficoltà annonarie, le gravissime perdite; -la mancanza delle materie prime e della produzione per i bisogni interni. essendo ogni disponibilità ed attività rivolte verso le necessità della guerra;

-la crisi assai grave dei trasporti di ogni genere per mancanza di autocarri e di carburante, per le condizioni e la insufficienza del materiale rotabile ferroviario ed il logorio delle linee;

-la crisi della mano d'opera in generale, non risolta coll'impiego della mano d'opera straniera;

-le preoccupazioni per l'andamento delle culture nell'anno 1942 O'Ucraina riuscirà forse appena a sopperire ai bisogni della popolazione locale e delle truppe sul posto);

-il crescente e vasto fenomeno della dissoluzione della famiglia determinata dalle esigenze della guerra e della organizzazione statale collettiva (fronte del lavoro e servizio del lavoro) con preoccupanti conseguenze nel campo spirituale e sociale.

(l) Il presente documento reca l'indicazione «visto dal Duce».

370

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO RISERVATO. Berlino, 15 marzo 1942.

Da qualche tempo a questa parte, l'Auswartiges Amt manovra in modo che l'Italia non venga a trovarsi, nelle manifestazioni politiche militari, in situazioni di maggior rilievo nei confronti delle nazioni alleate alla Germania e sopratutto del Giappone.

Giorni addietro, in occasione della visita fatta al Ministro Meissner allo scopo di informare il Fuhrer dell'ufficio funebre in memoria dell'A. R. il Duca d'Aosta, ebbi a manifestargli il mio desiderio ed il mio proposito di fare un qualche gesto di solidarietà in occasione dell'anniversario del giorno dedicato alle onoranze per i caduti della guerra. Il Ministro Meissner si è mostrato sensibile alla proposta; e proponendo egli stesso che io asrei potuto deporre una corona sul monumento ai caduti ed effettuare una visita alla presidenza dell'associazione delle famiglie dei caduti in guerra, si riservò di farmi avere una risposta.

Cinque giorni dopo, in occasione della mia visita settimanale al Sottosegretario di Stato Weizsacker, questi mi comunicò che la manifestazione avrebbe avuto carattere esclusivamente militare, alla quale sarebbe stato invitato n solo governo e non il Corpo diplomatico.

Replicai che non si trattava da parte mia di essere più o meno invitato; ma che avevo io stesso preso l'iniziativa di fare tale gesto di solidarietà, gesto giustificato e suggerito dal fatto dei morti comuni in combattimento in questa guerra.

Essendomi reso conto che la mia insistenza metteva in imbarazzo il mio interlocutore, lasciai cadere la cosa.

Oggi, che è il giorno dell'anniversario, tutta la città di Berlino, come le altre città della Germania, sono imbandierate; il Fiihrer ha partecipato alla solenne manifestazione di onoranza pronunciando anche un discorso; e l'Ambasciatore Mackensen all'Università di Roma ha tenuto una commemorazione.

Poiché è già la terza o quarta volta che, con la scusa che il Corpo diplomatico non è invitato, si finisce per impedire a me iniziative e gesti che di fronte a questa opinione pubblica avrebbero ottimo effetto nei confronti dell'Italia, riterrei opportuno che Voi, Signor Ministro, nella forma che credete migliore, faceste chiedere, via Mackensen, per quale ragione sia stata lasciata cadere la mia proposta.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 marzo 1942.

Il Trattato italo-turco di conciliazione e neutralità, concluso il 30 maggio 1928 (1), conteneva una clausola di proroga automatica della durata di cinque anni, salvo denuncia con sei mesi di preavviso, e avrebbe dovuto pertanto scadere nel 1939.

Con il Protocollo italo-turco del 25 maggio 1932, il Trattato stesso venne anticipatamente prorogato per tre anni a partire dalla data di scadenza e cioè fino al 29 aprile 1942.

Poiché tale Protocollo stabilì anche che il Trattato sarebbe rimasto in vigore, salvo denuncia delle Parti sempre con sei mesi di preavviso per altri cinque anni, si dovrebbe ritenere che esso scada definitivamente il 29 aprile 1947.

Senonché non è molto chiaro se la proroga di cinque anni prevista dal Protocollo si riferisca al periodo quinquennale già previsto dal Trattato o ad un nuovo periodo di altri cinque anni, e sorge il dubbio che il Trattato si debba intendere scaduto definitivamente il 29 aprile 1942.

Partendo dall'ipotesi che il Trattato scada a questa data il R. Ambasciatore in Ankara ha ricordato (2) che nel settembre 1941, in seguito alla conclusione del Patto turco-tedesco, noi proponemmo alla Turchia la conclusione di un nuovo Patto più preciso e più impegnativo che sostituisse l'antico (3). La Turchia lasciò cadere questa proposta né, a giudizio del R. Ambasciatore ad Ankara, essa aderirebbe ora ad una nostra iniziativa in questo senso.

Qualora noi non intendessimo riprendere la nostra proposta del 1941, resta a decidere se ci convenga o meno chiarire col Governo turco la questione del termine di validità del Trattato.

Qualora noi tenessimo a mantenere in vita, fuori di ogni dubbio, il Trattato del 1928 potremmo indirizzare al Governo turco una nota per chiedere la conferma che esso ritiene il Trattato tuttora valido in virtù del secondo alinea dell'art. l del Protocollo italo-turco del 1932.

Qualora invece volessimo far sussistere il dubbio sulla -validità del Trattato, non avremmo che a lasciare le cose come sono, riservandoci la libertà al

momento opportuno di sostenere l'una o l'altra delle interpretazioni poste dal Protocollo italo-turco e quindi la libertà di considerare il Trattato italo-turco del 1928 come o ancora valido o già scaduto (1).

(l) -Vedi serie VII, vol. VI, D. 372. (2) -Vedi D. 324. (3) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 605.
372

LA LEGAZIONE DI SVEZIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA. Roma, 16 marzo 1942.

La Croix Rouge suédoise a adressé aux Etats-Unis d'Amérique et à la Grande Bretagne un appel en vue d'obtenir une aténuation de la rigueur du blocus en faveur du peuple grec qui souffre de la famine. Les Gouvernements américain et britannique y ont répondu en s'offrant à autoriser le transport du Canada en Grèce de 15.000 tonnes de blé ou de farine par mois pourvu que la Suède soit en mesure de fournir sur les batiments qui se trouvent dans ses ports le tonnage nécessaire. Ils se sont engagés aussi à accorder des sauf-conduits pour les voyages des navires affectés au dit transport, y compris leur retour dans un port suédois.

Ils ont formulé en outre pour l'action de secours envisagée les conditions suivantes:

l) Que les Gouvernements de l'autre partie belligérante accordent également des sauf-conduits pour les voyages dans les deux sens des bàtiments transporteurs de vivres e n Grèce;

2) que la Suède s'engage à effectuer et à contròler par l'organe d'une commission suédoise établie en Grèce la distribution de toutes les marchandises importées dans ce pays e n vue de l'action de secours considérée;

3) que les denrées alimentaires importées en Grèce à travers le blocus soient reservées cxclusivement à la population du pays et distribuées aux lieux où, à l'avis de la commission, le besoin en est le plus urgent;

4) que les produits alimentaires originaires de la Grèce soient reservés exclusivement à la population qui y résidait avant la guerre.

Une enquéte effectuée par le Gouvernement suédois a permis de constater que des navires suédois chauffés à l'huile et jaugeant ensemble de 45.000 à

50.000 tonnes se trouvent disponibles dans les ports suédois, tonnage qui parait suffisant pour le transport des quantités envisagées de vivres.

Le Gouvernement suédois serait en conséquence désireux d'apprendre si les Gouvernements allemand et italien seraient disposés à donner leur assentiment à cette action de secours dont le principe parait admis du còté américain et britannique et s'ils consentiraient à charger le Gouvernement suép.ois de poursuivre les négociations y relatives avec les deux parties belligérantes à l'ef

(!) Il present~ documento è vistato cla Mussolini.

fet d'arriver à un arrangement conccrnant les modalités d'exécution. Il tient à déclarer aussi qu'il est prèt à coopérer à l'envoi en Grèce de la commission neutre prévue et à en assumer les frais.

Dans le cas où l'action de secours envisagée pourrait étre entreprise il conviendrait, semble-t-il, que la Croix Rouge suédoise prie le comité international de la Croix Rouge à Génève d'en assurer la protection (1).

373

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Berlino, 16 marzo 1942.

Il Duce e il Fiihrer non si vedono da oltre sci mesi.

Poiché l'intesa di massima era che si sarebbero normalmente incontrati ogni mese, poiché nelle loro ultime lettere essi hanno fatto riferimento a tale incontro e poiché -finalmente -in questi alti circoli politici è attesa con impaziente interesse la notizia di un incontro che, si sostiene qui, avrebbe una grande eco mondiale e permetterebbe ai due Capi di avere uno scambio di vedute di carattere generale, mi permetto di attirare su di ciò la Vostra attenzione.

Dato che questa volta toccherebbe al Fiihrer di venire ad incontrare il Duce penso che il primo gesto dovrebbe venire da Roma. È sottinteso che in materia io non prendo, nel modo più assoluto, nessuna iniziativa.

Nel caso che non si pensasse per adesso ad un incontro dei due Capi, sembrerebbe qui molto opportuno che Voi, Signor Ministro, Vi incontraste col Ministro von Ribbentrop che non vedete ormai da quasi cinque mesi.

Naturalmente anche in questo caso io non prendo nessuna iniziativa.

374

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

TELESPR. 13/0589/47. Roma, 17 marzo 1942.

Il Gran Mufti ed il Primo Ministro Gailani hanno in questi giorni manifestato il loro vivo desiderio che, in attesa che le Potenze dell'Asse consentano a concludere con loro gli accordi in corso di esame circa la futura indipendenza dei Paesi Arabi (2), sia intanto dato corso allo studio ed all'organizzazione per un piano di utilizza:;;ione, ai fini militari, degli elementi arabi che si trovano in Europa e che sono pronti a eseguire i loro ordini.

Tale piano potrebbe per ora comprendere: l) lo sviluppo e l'utilizzazione di una rete di servizi informativi dai Paesi Arabi per la quale già il Mufti dispone di emissari che trovansi nei territori occupati dagli inglesi e che sono in grado di viaggiare o di mandare messaggi;

2) l'istruzione militare di alcuni degli Arabi che si trovano attualmente a Roma, in particolar modo in quelle specialità, come paracadutisti, sabotatori e radiotelegrafisti, che richiedono un più lungo periodo di preparazione e nelle quali gli Arabi potrebbero al momento opportuno rendere segnalati servigi;

3) con tali elementi, e con altri che sia in seguito possibile trovare, la costituzione, in un secondo tempo di una «Legione Araba» la cui importanza dovrebbe essere prevalentemente quella morale e politica derivante dalla presenza di una bandiera araba tra le fila delle forze dell'Asse, quando giungerà il momento della liberazione dei Paesi Arabi.

Già il Duce, nel novembre u.s., aveva dato la sua approvazione in linea di massima «alla costituzione di una Legione Araba. destinata ad essere utilizzata, quando le circostanze lo permetteranno, contro gli Inglesi nel Medio Oriente>>.

Intanto codesto Comando Supremo potrebbe considerare l'opportunità di iniziare senz'altro a dar seguito concreto alle proposte di cui al n. l e 2.

In un secondo tempo potrà esser presa in esame, di comune accordo, la possibilità della costituzione della progettata Legione Araba, per la quale sarà anche opportuno prendere prima preventivi accordi con le competenti autorità tedesche Cl).

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Vedi DD. 272, 304 e 312.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO

T. 9620/99 P. R. Roma, 18 marzo 1942, ore 0,30.

Vostro telespresso in data lo corr. n. 569/292 (2). L'interpretazione secondo la quale la durata di vigore del trattato di neutralità e conciliazione del 30 maggio 1928 è da considerarsi già automaticamente prorogata fino al 29 aprile 1947 risponde alle stipulazioni del Protocollo del 1932, ed è, senza dubbio, giuridicamente fondata.

Nello scambio di note in data 31 maggio 1934 relativo alla ratifica del Protocollo del 25 maggio 1932, si constatava d'accordo che per effetto dell'articolo I del detto Protocollo il Trattato di neutralità, conciliazione e regolamento giudiziario del 30 maggio 1928 era stato prorogato da tre anni a partire dal 29 aprile 1939 e che. per conseguenza, la data di scadenza del detto Trattato diveniva quella del 29 aprile 1942. Ne consegue che, in virtù del secondo alinea dell'articolo I del Protocollo del 25 maggio 1932, il Trattato stesso, non essendo stato denunciato sei mesi prima del 29 aprile 1942, data di scadenza del pe

riodo di proroga di tre anm, sl troverà, a partire da questa data, prorogato automaticamente per un periodo di cinque anni, e cioè fino al 29 aprile 1947.

Non è il caso tuttavia di sollevare formalmente tale questione con il Governo turco. Né desideriamo procedere a uno scambio di note. Voi potrete trovare l'occasione -nel corso di una conversazione con codesto Ministro degli Affari Esteri -di sondare quali sono le intenzioni del Governo turco. E se il Ministro degli Esteri turco si mostrerà dello stesso nostro avviso Voi potrete dichiararvi d'accordo nel considerare il Trattato in vigore per un altro periodo di cinque anni, e, senza bisogno di uno scambio di note, ciò sarà sufficiente a considerare il Trattato come prorogato fino al 29 aprile 1947 (1).

(l) -Vedi D. 549. (2) -Vedi D. 324.
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IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 8319/150 P. R. Sussak, 18 marzo 1942, ore 15,30 (per. ore 23).

Nuovo Commissario croato, Dottor Vrancic, nel fare visita di presentazione a Ecc. Generale Roatta, ha accennato a problema delle relazioni coi cetnici (2). Egli sarebbe d'avviso che coi cetnici della Bosnia sia impossibile qualsiasi accordo, perché essi sono una lunga mano del Governo serbo, il quale ha tutto interesse a rinfocolare agitazioni in Bosnia, e continua a avviarvi formazioni cetniche dalla Serbia. È convinto invece che cetnici della Erzegovina, che conosce assai bene per aver vissuto dodici anni nella regione, sono anticomunisti e antimontenegrini, e che quando si uniscono agli uni e agli altri, è unicamente perché costrettivi. Dottor Vrancic suggerirebbe pertanto un accordo con cetnici della Erzegovina, e il loro armamento, sotto determinate condizioni, per dare loro almeno il modo di resistere a comunisti e montenegrini. Ritiene possibile e consigliabile uguale linea di condotta con altri cetnici. a cominciare da quelli della provincia di Knin.

377

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'ATETA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. RISERVATA ALLA PERSONA 1/1566. Roma, 18 marzo 1942.

In relazione al tuo appunto in data 16 corrente (3) concernente l'eventuale incontro delle «note alte personalità:>, ti informo che l'Eccellenza il Ministro non ritiene per il momento di dare un seguito alla tua proposta.

Il Conte Ciano mi ha accennato che te ne parlerà telefonicamente in una prossima occasione. Ad ogni modo ho ritenuto utile preavvertirti.

(1) -Per la risposta vedi D. 426. (2) -Vedi D. 345. (3) -Vedi D. 373.
378

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1930/261 Il. Bucarest, 19 marzo 1942, ore 18 (per. ore 1 del 20).

Oggi Mihai Antonescu farà dichiarazioni di politica estera e interna secondo quanto Vi ho comunicato con mio telegramma per corriere 31 del1'11 corr. (1).

Siccome egli si propone rispondere agli articoli dei giornali ungheresi ed a emissioni radio Budapest a carattere anti-romeno il suo discorso non sarà certo destinato rasserenare atmosfera. Non ho mancato farglielo notare nel corso del mio ultimo colloquio con lui.

Filotti gli ha telegrafato da Budapest facendogli presente che siccome nuovo Capo del Governo Ungherese sembra disposto fare una politica assai più larga in materia di minoranze sarebbe stato prudente di non peggiorare situazione con dichiarazioni accese. A quanto mi risulta Antonescu ha risposto seccamente a Filotti invitandolo astenersi dal dare consigli.

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IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1937/267 R. Bucarest, 19 marzo 1942, ore 24 (per. ore 7,30 del 20).

Mihai Antonescu mi ha chiarito che le sue dichiarazioni odierne concernenti Ungheria sono state determinate dal fatto che giornali ungheresi hanno recentemente pubblicato articolo offensivo per esercito romeno, che esso era riprodotto dal Krakauer Tagblatt. Da una inchiesta appositamente effettuata è risultato che il Krakauer non aveva mai pubblicato un simile articolo.

«Le mie dichiarazioni di politica estera -ha precisato Antonescu -sono quelle che vi avevo preannunziato (mio telegramma per corriere 031 dell'H corrente) (1). Quanto le frasi rivolte all'Ungheria che ho letto vi prego dire al Conte Ciano che non ho fatto che ripetere parola per parola dichiarazioni di Bardossy sostituendo la parola Ungheria a quella di Romania e viceversa. Quello che è stato detto a Budapest può essere ripetuta Bucarest».

Avendogli osservato che rottura dell'armistizio di stampa avrebbe prodotto penosa impressione a Roma, mi ha pregato dirVi che egli si asterrà in ogni modo dal rispondere eventuale reazione stampa ungherese, ripristinerà immediato armistizio stesso.

Ho l'impressione che Antonescu, vista la situazione interna sempre difficile e l'aggravarsi del malcontento abbia voluto toccare un tasto molto sensibile per l'opinione pubblica romena creando un certo calore intorno al Regime.

Effettivamente discorso che è stato fatto soprattutto ad uso interno ba suscitato ovunque molto entusiasmo.

(l) Vedi D. 357.

380

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1939/268 R. Bucarest, 19 marzo 1942, ore 24 (per. ore 7,30 del 20).

Ho richiamato [l'attenzione] di Michele Antonescu ::;ulla misura adottata dal Governo italiano di ridurre razione pane a 150 grammi. Gli ho detto che è questo il momento in cui Romania può e deve dare un gesto concreto di amicizia verso l'Italia intensificando al massimo le sue esportazioni di grano. Gli ho accennato che in Germania si mangia pane bianco mentre il popolo itallano ne ha una così scarsa disponibilità.

Antonescu mi ha pregato dirvi che quando prese l'impegno di fornirci 500 mila quintali grano ignorava che avrebbe dovuto alimentare una massa di 800 mila uomini che costituirà il complesso delle forze chiamate a soddisfare esigenze degli alleati e che questo lo ha obbligato costituire delle riserve per far fronte situazione. Mi ha promesso tuttavia che avrebbe fatto ogni sforzo per rispondere appello che gli rivolgevo e che domani stesso avrebbe convocato Ministro competente per decidere sul da farsi (1).

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IL MINISTRO DELLA CULTURA POPOLARE, PAVOLINI, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 19 marzo 1942.

Nei colloqui con Goebbels, il mio interlocutore ha tenuto questa volta un tono estremamente realistico, in contrasto con un certo piglio istintivo di propagandista che negli incontri precedenti non aveva mai del tutto abbandonato.

Mi ha detto che l'inverno non ancora finito è stato di gran lunga il più brutto inverno della sua vita. La crisi sul fronte russo è da lui definita una vera e propria «crisi di regime», che egli ha paragonato alla crisi Matteotti in Italia e a quella Rohm in Germania, ma con caratteri di maggiore gravità; sottolineando, tuttavia, che in ogni grande impresa o movimento una siffatta crisi sarebbe inevitabile. «Abbiamo camminato sul filo del rasoio», mi ha detto fra l'altro.

Quanto alle cause, egli non si è scostato dalla tesi secondo cui il ritardo di un mese dovuto alla campagna balcanica e la fatalità di un inverno precoce

avrebbero impedito di concludere a Mosca la prima parte della campagna, e forse la campagna stessa. Ha però convenuto che senza la campagna balcanica si sarebbe intrapresa la campagna di Russia avendo alle spalle non l'attuale guerriglia slavo-comunista, ma una vera guerra di eserciti.

Secondo Goebbels, il popolo tiene. Brontola, protesta con una unanimità spicciola e quotidiana, si fa aspro e scortese nell'attrito dei momenti delle privazioni, ma continua e continuerà a obbedire. E che altro potrebbe fare? «È il carattere nazionale», su cui Goebbels insiste. Come mi [ha detto esplicitamente, senza citare] «esempio » della resistenza inglese.

(Più in generale, la sua personale azione propagandistica ha assunto -nel giuoco interno delle varie «propagande » -un tono nettamente serio, veristico e un po' amaro. Non si tratta in questa fase di tentar di suscitare entusiasmo, mi ha detto, ma di alimentare la tenacia. Egli cerca perciò di andare incontro alla piccola gente, di mescolarsi bonariamente con le sue smentite o rettifiche in mezzo alle voci di « coda » e di famiglia, di far vedere che conosce le preoccupazioni e i dolori di tutti. Ciò negli articoli e nei discorsi. Nel cinema e nella radio l'indirizzo è semplicemente quello di rendere un servizio gradito ai più. Quindi, canzonette e ballabili alla radio; consegna ai cineasti di produrre, a parte i pochi colossi annuali, tìlm divertenti e leggeri).

Sempre secondo Goebbels, l'offensiva non potrebbe incominciare prima della seconda metà di maggio. Gli ho domandato in che senso dovesse intendersi l'interessante accenno, contenuto nel discorso del Ftihrer, a un bolscevismo da ricacciare al di là di frontiere dalle quali non possa più minacciare l'Europa: affermazione piuttosto diversa dalle precedenti, di guerra proseguita fino alla totale distruzione del regime di Stalin. Mi ha risposto che gli obiettivi sono: Ucraina e Caucaso, grano e petrolio, e «fiaccameiJ-to » del potenziale militare russo. In sostanza, mantenuta l'Ucraina, raggiunto il Caucaso, data un'altra botta offensiva allo schieramento bolscevico, la Germania riterrebbe che non vi sia l'opportunità di proseguire da quella parte.

Anche in relazione a questo (diciamo cosi) programma minimo, Goebbels ha messo l'accento sulle eccezionali difficoltà che permangono da superare, specie dal punto di vista logistico. Ha detto inoltre che le rappresaglie in massa e.3ercitate contro i « collaborazionisti» dai bolscevichi nei villaggi riconquistati hanno sparso il terrore un po' in tutta l'Ucraina e nelle altre zone d'occupazione, dove non si trova più gente che accetti di lavorare i campi. Le nuove restrizioni alimentari in Germania (pane, grassi, ecc.) saranno dure, né si vede come la situazione possa migliorare l'anno prossimo.

Riguardo al Giappone, Goebbels non è andato al di là di un agro accenno al «facile prestigio di quel che è lontano ». Vi si leggeva, se non m'inganno, lo stato d'animo prevalente fra i tedeschi nei riguardi dell'Alleato asiatico: notevole invidia (aggravata dalla persuasione che i giapponesi, nello stravincere, approfittino essi dei sacrifici tedeschi), delusione per il tramonto dei miraggi indiani, senso di razza piccato.

Per quel che ci riguarda, la testimonianza diretta dei militari tedeschi circa il valore degli italiani in Africa e Russia e circa le difficoltà della guerra libica costituirebbero -secondo Goebbels -la migliore e insostituibile propaganda italiana in Germania. In particolare Rommel sarebbe stato -negli ambienti intorno al Quartier Generale, dove Go<:bbels lo ha incontrato -un esaltatore leale ed esplicito .

. . Quanto ai nostri sacrifici sul fronte interno, è sempre bene che i tedeschi li conoscano, ma, dati i sacrifici loro, non si può pretendere -come ho constatato parlando appunto con Goebbels -che quelli nostri li interessino oltremodo, anche se in realtà più gravi dal punto di vista alimentare. Né credo di dover tacere l'impressione che equivoci anche importanti, a nostro riguardo, non siano del tutto scomparsi, se lo stesso Goebbels ha tentato cauti accenni esplorativi all'atteggiamento di Casa Reale, della massa cattolica, di « plutocrati » legati alla tradizione anglosassone; con una tendenza mentale -cortesemente dissimulata e pronta nell'accettare le smentite, ma evidente -a sopravalutare le vere o supposte forze di remora entro il blocco italiano ed entro la volontà unitaria di proseguire la guerra fino alla vittoria. Naturalmente, giuoca in questa sopravalutazione l'istinto di non riconoscere che, comparativamente, il nostro <<morale » è adesso il migliore.

Di Voi, Duce, Goebbels si è informato più volte, pregandomi di porgerVi il suo saluto. Mi ha parlato con commozione e con una effettiva conoscenza di Parlo con Bruno, che egli si era fatto tradurre per proprio conto. Ha rievocato con gratitudine l'udienza da Voi concessa alla signora Goebbels, e ha più volte citato brani del libro.

A girare per le strade, la penuria maggiore non è quella di vesti, vetture

o viveri, ma quella di giovani, d'uomini. Letteralmente non si vedono che donne e vecchi (i bambini sono a scuola o alla Hitler Jugend). Inoltre militari, e molti feriti e mutilati.

Fra i soli gerarchi del Partito nella città di Monaco i Caduti sono 626.

Ho visto sfilare la mattina presto reparti di soldati, giovanissimi. Cantavano, gravemente. La gente si affacciava da tutte le finestre a guardarli con una sorta di tenerezza accorata. L'impressione complessiva è di una gente duramente provata dalle difficoltà e dalle perdite, ma che resiste e resisterà.

La crisi non è stata e non è di popolo, ma, se mai. di dirigenza. Secondo alcuni, quella di quest'inverno è stata sopratutto una crisi personale di Hitler (anzi, in Hitler). Anche senza adottare questa tesi estrema, bisogna però riconoscere che non sono tanto le gerarchie a doversi preoccupare del morale della massa, quanto la massa a preoccuparsi dell'equilibrio e della coesione delle gerarchie. I dirigenti, o almeno quelli che vivono a diretto contatto con la massa, sono sicuri che la gente non subirà affatto quel «crollo verticale » in cui spera la propaganda inglese memore del '18. Meno sicuri appaiono invece i cittadini, dopo le esperienze del 30 giugno, di Hess, di von Brautchich, ecc., -esperienze, tutte, le quali hanno conservato per la gente spicciola un certo mistero -che qualche scissura fondamentale e subitanea non incrini il comando.

Sopratutto è caratteristica una specie di preoccupazione, avvertibile nell'attesa dei discorsi del Fiihrer: come se egli, e sia pure per combatterli, tendesse ad attribuire al popolo stati d'animo più depressi o più disorientati del vero.

Non agisce certo positivamente. in proposito, la carenza del Partito. Non dico delle organizzazioni periferiche, ma del centro: dove, scomparso Hess, si è andati in sostanza all'acefalia. Visitando nella Capitale del Movimento gli organi centrali del Partito, ho avuto il senso di una serie di uffici fra puramente storici e puramente amministrativi, donde è migrata qualsiasi funzione di direttiva politica e di contatto con le masse. Cimeli e schedari; senza capi, né frequentatori. (Nello schedario ho notato una intera parete per gli espulsi e i radiati).

Le accoglienze sono state cordialissime; calorose negli ambienti naziona·lsocialisti bavaresi (Wagner, von Epp, Esser, ecc.), dove l'amicizia per il Fascismo è tradizionale, alimentata dal ricordo sempre vivo per gli aiuti ricevuti dalle Camicie Nere nel tempo della lotta (ospitalità ai profughi, ecc.). Per il Duce, la deferenza si serba tutta particolare. Wagner mi ha fatto visitare, nel Palazzo del Principe Carlo, l'appartamento per Mussolini, sempre intatto e tutto montato, quello per Ciano, e, nei sotterranei, un grande rifugio appositamente costruito, a 14 metri di profondità, con doppie porte e doppia uscita, altri appartamenti, una centrale elettrica autonoma, un diretto collegamento telefonico con Roma e Berlino, ecc. Tutto questo, naturalmente, non può non riuscire toccante, da un lato; e, dall'altro, partecipa di certo entusiastico e provinciale candore monachese.

Di esso, a dire il vero, abbiamo avuto più d'una prova curiosa e bonaria

(negli inevitabili ricevimenti, dai quali era stato tolto, per nostro lutto di Corte, il programma di feste e spettacoli). E Monaco la città dove accade, a un ministro di Governo estero, di trovarsi a pranzi ufficiali con membri del Governo, comandanti dell'Esercito e caricaturisti del Simplicissimus, vedove di generali morti di recente in guerra e ballerine d'operetta, in una società gerarchico-artistica che non potrebbe essere più mista, cordiale e spaiata; e dove al termine del pranzo il Gauleiter fa visitare le cucine e presenta la sorella che ha diretto le operazioni culinarie, o, se si è in albergo, le figlie dell'albergato·re fanno a quattro mani esibizione di abilità pianistica.

Il senso localistico, di orgoglio cittadino e regionale è tuttora pronunciatissimo; ed appariva chiaro che anche uno come Goebbels doveva star attento a tenerne conto (a scanso di osservazioni e allusioni salaci, perfino in brindisi ufficiali).

Quanto all'antico dissidio fra i Ministeri degli Esteri e della Propaganda, si era questa volta trovato un modus vivendi nel senso di far venire a Monaco alcuni funzionarii degli ESTERI, di collegamento. «Ci siamo messi d'accordo, -ha detto Goebbels iniziando le conversazioni -. Tanto è vero che ci sono i rappresentanti dell'altro Ministero in anticamera, dove li lasceremo ».

Mi riservo dì riferire a parte sul molto e concreto lavoro che si è potuto svolgere nei settori: cinematografico, teatrale, musicale, letterario, radiofonico, ecc.

(l) Con successivo T.s n.d. 2113/291 r. del 26 marzo, ore 18,40, Bova Scoppa comunicò quanto segue: «Michele Antonescu mi ha comunicato oggi per iscritto di aver dato disposizione affinché esportazione cereali per l'Italia sia normalizzata. Il governo romeno farà tutti gli sforzi per aumentare invii cereali destinati Italia che fino ad oggi, per circostanze malgrado ogni buona volontà. non hrr potuto effettuare».

382

IL CONSOLE A BASILEA, CARACCIOLO, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. P. Basilea, 19 marzo 1942.

Per il caso che possa interessarti ti accludo un appunto nel quale riferisco succintamente alcune notizie ed opinioni che un ammiraglio giapponese ha

31 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

comunicato in questi giorni al signor Yoshimura alto funzionario di questa Banca dei Pagamenti internazionali.

L'ammiraglio è l'ammiraglio Nomura capo della delegazione navale a Berlino per l'applicazione degli accordi derivanti dal tripartito. Sembra che fosse in Italia durante il mese di gennaio dove sarebbe stato ricevuto anche dal Duce.

Il signor Yoshimura è persona seria e ponderata, generalmente bene informata. La sua lunga permanenza in Europa oltre alle sue qualità personali gli consente numerosi e cordiali contatti con persone in vista del suo paese quando percorrono il nostro continente.

ALLEGATO

APPUNTO

l) L'ammiraglio avrebbe innanzitutto espresso in termini generici ma vibrati il malcontento provato da lui e da altri alti esponenti dell'ambiente militare giapponese circa l'andamento imposto dai tedeschi alle operazioni militari nell'Oriente Europeo, andamento che sarebbe stato esplicitamente e ripetutamente sconsigliato dallo Stato Maggiore Imperiale. Anche di recente il supremo organo militare nipponico avrebbe insistito con energia, perché si abbandonasse il concetto di una nuova offensiva frontale per questa primavera e ci si limitasse a sferrare una campagna di distruzione con obiettivo i petroli del Caucaso.

Tagliato questo nerbo della resistenza sovietica tutto 11 fronte avrebbe dovuto essere organizzato elasticamente basandosi su pochi caposaldi regionali potentemente muniti, secondo l'esempio posto dai giapponesi in Cina, che senza esaurirsi e con forze relativamente modeste, avrebbero reso innocue dal punto di vista bellico quelle popolazioni.

2) Tuttavia questo punto di vista, al quale si sarebbe dimostrato incline il maresciallo Goering, non incontrerebbe favore presso il Fi.ihrer dominato dalla preoccupazione politica di toccare al cuore e distruggere il regime bolscevico. Progetto irrealizzabile secondo l'ammiraglio giapponese e che nel principio della sua attuazione provocherebbe un logoramento tale da pregiudicare gravemente gli effettivi ed il potenziale bellico dell'Asse e da renderlo impari al compito fondamentale di questa guerra che sarebbe la distruzione dell'Inghilterra.

3) La Russia e la Cina, secondo l'ammiraglio, sono immensi serbatoi di uomini insufficientemente attrezzati e che possono essere isolati dai loro alleati dell'Occidente con l'impiego di forze relativamente esigue.

L'America è un gigantesco cantiere le cui possibilità di costruzione sono quasi illimitate ma circoscritte nei loro affetti dalla difficoltà dei trasporti e dalla mollezza dell'-animus-nazionale.

L'Inghilterra rimane il centro spirituale ed il tessuto connettivo della coalizione che si sforza di contenere la marcia vittoriosa del tripartito. Londra è il cuore della alleanza anglosassone che va distrutta là o subordinatamente minorata in Egitto.

4) Qualora i tedeschi non entrassero in questo ordine di idee, i giapponesi giudicherebbero le sorti della guerra compromesse in Europa e non logorerebbero le loro forze per aiutare l'occidente sia continuando la pressione sull'India, sia muovendo azioni navali di una certa importanza nell'Oceano indiano e tanto meno poi attaccando la Russia in Estremo Oriente.

5) Essi si proporrebbero di concentrare i loro sforzi per ottenere a breve scadenza il controllo della Australia e della Nuova Zelanda, dopo di chè organizzerebbero a difesa l'impero cosi fulmineamente conquistato, sicuri di poter, malgrado un possibile rovesciamento della situazione in Europa, difendersi per un numero indeterminato di anni.

383

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1991/08 R. [Sussak], 20 marzo 1942 (per. il 22).

Riferimento mio telegramma 9 corr. n. 133/2 (1).

Comando II Armata ha ricevuto notizia da Zagabria che Stato Maggiore Generale Croato ha notificata sua adesione alle decisioni conferenza Abbazia, specificando però:

l) che naturalmente operazioni e temporanea occupazione truppe alleate in Bosnia non potevano in alcun modo pregiudicare principio della piena sovranità dello Stato Croato su tale regione;

2) che poteri civili nelle varie località occupate dovevano essere assunti dai comandi dei distretti militari croati e non già dai comandi delle diverse unità alleate operanti in ciascuna zona.

Quest'ultima riserva modificherebbe notevolmente spirito e lettera degli accordi raggiunti ad Abbazia.

384

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

L. 11/05977/9. Roma, 20 marzo 1942.

Per tua opportuna conoscenza ti comunico che, in seguito ad istruzioni Superiori intonate anche con quelle fornite da Berlino alle proprie competenti Autorità, l'atteggiamento nei riguardi della Francia dovrà essere improntato a criteri di maggiore rigidità ad una più stretta applicazione delle clausole armistiziali, pur senza giungere ad uno stato di tensione.

Ad ogni buon fine ti trasmetto copia di una nota (2) che il Presidente della C.I.A.F. ha inviato sull'argomento ai Presidenti delle varie Sottocommissioni per metterli al corrente della linea da seguirsi e per concertare i mezzi atti a rendere più severa l'applicazione dell'Armistizio.

(l) -Non pubblicato, ma vedi D. 360. (2) -Non pubblicata.
385

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 21 marzo 1942.

Questa Ambasciata di Germania ha fatto conoscere che il Governo tedesco ha dato la sua adesione per lo scambio di lettere da noi proposto tra Voi, Eccellenza, ed il Ministro von Ribbentrop, separatamente, da una parte ed il Primo Ministro Gailani per l'Iraq dall'altra 0).

Nel comunicare la propria adesione il Governo tedesco ha suggerito alcune insignificanti modiftcazioni di forma che non alterano in alcun modo la sostanza del progetto da noi elaborato e che possono essere da noi senz'altro accettate.

Si procederà nei prossimi giorni a presentare, anche alla presenza di un Funzionario di questa Ambasciata di Germania, i progetti delle lettere concordate, di cui si allega copia al Primo Ministro Gailani (2).

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI

T. S.N.D. 10319/90 P. R. Roma, 23 marzo 1942, ore 18,30.

Comando Supremo ha impartito allo Stato Maggiore seguenti istruzioni in relazione iniziativa del Generale Nedic (3).

l) Sta bene per collaborazione delle nostre truppe nella lotta contro i comunisti nei Balcani e specie nel Sangiaccato.

2) Nessun accordo e nessun vincolo deve essere stretto che possa comunque limitare nostra libertà d'azione nel campo politico.

Codesto Addetto Militare riceverà da Stato Maggiore istruzioni in questo senso. Intese per quello che riguarda collaborazione dovranno essere prese da autorità militari direttamente con il Generale Nedic.

Voi potrete tuttavia tenere con lui quei contatti che riterrete opportuni a scopo unicamente esplorativo (4).

(1) -Vedi D. 312. (2) -Il presente documento reca Il timbro: «Visto dal Duce •· (3) -Vedi D. 349. (4) -Vedi D. 455.
387

IL MINISTRO AD HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2196/02 R. Helsinki, 23 marzo 1942 (per. il 30).

Ricorrono nuovamente voci, secondo cui esercito finlandese si asterrebbe da partecipazione attiva a prossima offensiva primaverile sul fronte russo, almeno sino a quando non si determinasse una nuova situazione per effetto caduta Leningrado. Forze militari finlandesi si limiterebbero fare buona guardia a frontiere, recentemente conquistate.

Come ho avuto già occasione riferire a V. E., tale atteggiamento passivo sarebbe giustificato da situazione precaria Paese e spiegato da desiderio dare qualche soddisfazione agli anglo-americani; si tratterebbe di una sospensione di fatto delle ostilità.

Ministro Esteri ha smentito categoricamente quelle voci, che si fanno risalire ad ambienti a lui vicini.

388

LA LEGAZIONE DI UNGHERIA A ROMA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

PROMEMORIA. Roma, 23 marzo 1942.

Michele Antonescu, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri rumeno, il 19 corrente, in occasione della festa dell'Università di Bucarest, ha pronunciato un discorso (1), nel quale -fra l'altro -erano contenute le seguenti parti:

«La Rumenia, è la sentinella alle foci del Danubio della civiltà, e la consapevolezza di tale sua missione, portò i rumeni nel 1919 anche a Budapest, per distruggere il centro comunista costituito dal Governo ungherese d'allora; centro che, nel cuore dell'Europa centrale, minacciava tutto il sudest europeo, fino allo Adriatico. Nel corso dell'anno passato fummo vittime di gravi soprusi e provocazioni che lesero, non soltanto i nostri sentimenti rumeni, ma anche il nostro orgoglio europeo. La Transnvania settentrionale, culla dei nostri avi, fu sottomessa all'oppressione, alla umiliazione e al dominio della irragionevolezza; la popolazione è stata vessata, uccisa; sono stati atterrati i nostri templi; sottratte ai nostri rurali le terre che la giustizia sociale rumena aveva ad essi aggiudicate». E qui, il Vice Presidente del ConsigUo citò l'annullamento del diritto di proprietà della tenuta di Csucso, dove riposano i resti mortali del grande poeta rumeno Goga.

Ha poi dichiarato che l'onore della giustizia non può essere difeso con le sole parole. «Il Maresciallo Antonescu sa che la nazione lo seguirà, ed egli non tradirà i suoi diritti».

Michele Antonescu accusa inoltre la stampa ungherese di non aver mantenuto l'armistizio di stampa, e di avere offeso l'esercito rumeno.

«Se la stampa magiara continuerà i suoi attacchi, risponderemo ad essa! Facciamo sapere ai rumeni della Transilvania settentrionale, che i loro dolori sono anche i nostri, e rivolgiamo al Governo ungherese le seguenti parole, già da noi una volta pronunciate a Budapest: -ci stringe il cuore, rilevando che la situazione dei rumeni d'oltre frontiera è peggiorata, in confronto di una volta; ogni nostro affetto ed ogni nostro affanno sono diretti a questi rumeni, le cui pene noi seguiamo con animo affranto, e appena ci possiamo trattenere. È nostro dovere affermare, che così non può oltre durare».

Rivolgendosi ancora alla stampa ungherese, Antonescu la invita a smettere di parlare del diritto della nazione magiara di dirigere le sorti del Bacino Danubiano. «Non siamo popolo plebeo e non acconsentiamo di essere diretti».

I rumeni intesero dare al discorso la maggiore pubblicità. In ampi telegrammi riprodussero il suo contenuto all'estero, e la radio rumena, a mezzo degli altoparlanti, diffuse il discorso per le strade. E naturale che, in questa circostanza, non appena pronunciato il discorso, si verificarono delle dimostrazioni revisionistiche antiungheresi.

Il discorso non giustificato e saturo di menzogne, ebbe l'unico scopo di aizzare l'opinione pubblica rumena contro l'Ungheria, proprio allorché il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri d'Ungheria, nel suo discorso di presentazione alla Camera, nel modo più amichevole si era ricordato di tutti gli Stati del Bacino Danubiano. La differenza esistente nella mentalità dei due Governi, caratterizza palesemente e meglio di tutto, il paragone fra i due discorsi.

. Lo scopo del discorso di Antonescu, pronunciato alla soglia dell'inizio di questa lotta comune, non può mirare ad altro, se non a turbare, attraverso la questione ungherese, la situazione delle Potenze dell'Asse.

Peraltro, la stampa mondiale si occupa dettagliatamente di questo discorso, e i corrispondenti esteri di Bucarest, già comunicano che «i rapporti ungarorumeni sono entrati con questo giorno in una nuova fase».

La pazienza dell'Ungheria stà alla fine, declinando ogni responsabilità per le conseguenze causate dalle provocazioni rumene Cl).

(l) Vedi D. 379.

389

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2044/152 R. Ankara, 24 marzo 1942, ore 16,21 (per. ore 21 del 25).

In lunga conversazione di carattere confidenziale avuta ieri con Menemencoglu questi ha particolarmente insistito sul pericolo che l'Europa in genere e l'Asse in specie corrono se la Russia non sarà completamente sconfitta nei prossimi mesi ma riuscirà comunque a mantenere in vita il fronte dell'est.

Menemencoglu faceva osservare che in questa ipotesi, che egli deprecava, la Germania già indebolita dalla titanica lotta contro la Russia non potrebbe

distogliere forze da quel fronte e l'Europa non avrebbe né il pacifico possesso di zone ricche di materie prime né la possibilità di organizzarsi pacificamente; le democrazie invece sarebbero in grado con il progressivo aumento delle loro produzioni e la preparazione tecnica già in pieno avviamento di alimentare il fronte russo e probabilmente crearne altri nella stessa Europa. Le vittorie giapponesi, sempre secondo Menemencoglu, non rappresenterebbero un fattore decisivo né per la vittoria dell'Asse né per l'organizzazione europea.

Menemencoglu mi diceva anche che nulla è bene di quanto sta succedendo in Iran e che nel desiderare il completo annientamento della Russia egli interpretava il generale sentimento della Turchia.

Ho creduto interessante riferire a V. E. questa conversa~ione perché vedo un rapporto fra le preoccupazioni manifestatemi da Menemencoglu e la progressiva espansione dell'U.R.S.S. nel Medio Oriente. Continuano infatti a circolare voci che i russi si propongono di completare l'occupazione anche del nord dell'Iran e attaccare poi la Turchia dalla frontiera siriana creando cosi l'obbligo ai tedeschi di dover correre in soccorso dei turchi e di alleggerire in conseguenza il fronte russo, ciò non dispiacerebbe agli inglesi che riuscirebbero così a creare un nuovo fronte se non proprio balcanico almeno prebalcanico.

(l) Il presente documento reca il visto di Mussolini.

390

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2052/154-155 R. Ankara, 24 marzo 1942, ore 19,56 (per. ore 7,20 del 25).

Stamane ho avuto occasione di far parlare Saracoglu sulla situazione nel Medio Oriente. Egli mi ha detto che le notizie sull'Iran diramate dalle radio e dalla stampa dell'Asse corrispondono alla situazione di circa un mese fa. Vi sono state infatti sommosse e rivolte, vi sono stati dissidi fra gli alleati anglorussi e fra di essi ed il Governo iraniano; ma oggi, per motivi che diceva di ignorare, la situazione è mutata. Gli inglesi hanno ceduto ai sovietici, questi ultimi si sono messi d'accordo col Governo iraniano la cui polizia nel Paese è affidata agli iraniani, le rivolte sono sedate o quasi. L'Azerbaigian non è stato annesso alla Russia, anzi la tattica sovietica in quelle regioni è cambiata. Ai tentativi di bolscevizzazione del Paese è succeduta la politica contraria; i sovietici si atteggiano ora a difensori della grande proprietà, si mostrano tolleranti e permettono persino la pubblicazione di quattro giornali in lingua turca sebbene con caratteri arabi. Agli abitanti dell'Azerbaigian che si rivolgono per assistenza e consigli al Governo turco, questi fa sapere che conviene essere cauti, sopportando tutto per ora ed attendere che la loro situazione sia definita al termine conflitto mondiale.

Saracoglu mi ha detto anche che i sovietici hanno già oltrepassato il confine dell'Iran. Essi compaiono a gruppi e saltuariamente in varie località sulla frontiera turco-irachena dove si è costituita di fatto una specie zona neutra profonda in alcuni punti una ventina di chilometri. Anche qui i sovietici fingono per ora di far le « persone per bene » e permettono alle autorità locali di svolgere le normali attività doganali e altre evitando frizioni ed incidenti.

Questo prolungamento della frontiera comune con i sovietici non è affatto di gusto della Turchia e Saracoglu se ne mostrava seriamente preoccupato pur senza dirlo esplicitamente.

Saracoglu vede con ottimismo la futura azione della Germania contro la Russia. Egli crede che i russi abbiano impiegato e usato le loro riserve, sicché non avranno forze sufficienti da opporre alla prossima offensiva dell'Asse. Secondo lui l'aggressività che l'URSS dimostra oggi specie nella sua propaganda serve a nascondere la sua intima debolezza. Quasi a conclusione del colloquio egli mi ha detto: l'Asse è «condannato» a battere la Russia.

391

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2060/281 R. Bucarest, 24 marzo 1942, ore 22 (per. ore 12 del 25).

Questo Ministro di Germania mi ha detto aver ricevuto istruzioni da Ribbentrop di far presente ad Antonescu che il Governo tedesco era rimasto sorpreso del tono da lui adoperato nell'ultimo suo discorso (l) e aveva trovato inopportune le sue dichiarazioni nei confronti dell'Ungheria che avevano fornito buoni argomenti di propaganda ai nostri nemici.

Killinger mi ha precisato che Antonescu aveva reagito sostenendo necessità di tali dichiarazioni da un punto di vista nazionale e interno.

Quanto precede conferma le informazioni da me fornitevi e cioè: l. -che discorso Antonescu era stato fatto essenzialmente in funzione della situazione politica interna; 2. -che era assolutamente assurda ipotesi affacciata qm m molti ambienti che discorso fosse stato pronunciato previa intesa con questa Legazione.

Ho detto al barone Von Killinger che per parte mia non avevo mancato sia di dar consiglio di moderazione ad Antonescu quando mi aveva preannunziato il suo discorso, sia di avvertir,lo che con la violenza del suo linguaggio con l'Ungheria aveva fatto cosa non opportuna e fornito armi di propaganda ai nostri avversari.

392

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 24 marzo 1942.

Il Principe Bismarck è venuto stamane ad informare che in data di ieri è stato telegrafato al Ministro del Reich a Bucarest di compiere un energico

passo presso il Vice Presidente del Consiglio romeno Mihai Antonescu in relazione al discorso da lui recentemente pronunciato (1).

Il Ministro predetto ha avuto incarico di far presente a Mihai Antonescu che, dopo gli affidamenti dati dal Governo romeno di attenersi ad una giusta misura nena polemica anti ungherese, le sue dichiarazioni avevano suscitato il profondo rincrescimento e ,la più viva sorpresa del Governo del Reich, tanto nella sua qualità di arbitro di Vienna quanto in quella di alleato nella lotta antibolscevica, come pure infine in considerazione della stretta fraternità d'armi romeno-germanica.

Il Ministro del Reich è stato incaricato di far presente che continuando su questa strada la Romania faceva il giuoco dei comuni nemici e che le conseguenze di questi atti inconsulti ricadono direttamente sulle spalle dei combattenti romeni e germanici.

Il Ministro del Reich ha avuto infine istruzioni di concludere che per il futuro un simile atteggiamento doveva comunque cessare.

Bismarck ha aggiunto che il Ministro di Germania a Budapest ha avuto istruzioni di informare il Governo ungherese -pur senza metterlo al corrente dell'energico passo compiuto a Bucarest -che le recenti dichiarazioni antiungheresi del Vice Presidente romeno non erano state lasciate passare sotto silenzio dal Governo germanico (2).

(l) Vedl DD. 378 e 379.

393

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T.s.N.D. 10718/194 P.R. Roma, 25 marzo 1942, ore 19.

Vogliate far presente al Vice Presidente del Consiglio che le dichiarazioni fatte da lui giovedì scorso (3) nei riguardi dell'Ungheria sono state accolte con particolare rincrescimento. Il loro effetto non sarà indubbiamente che quello di acuire i rapporti fra la Romania e l'Ungheria, cosa che il Governo italiano non può non considerare senza preoccupazione, proprio in questo momento che tutti gli sforzi devono essere diretti a condurre la lotta contro il bolscevismo e mantenere compatto il blocco di forze che è impegnato in questa lotta.

Il Governo italiano, come arbitro di Vienna e come alleato della Romania, si augura che il Governo romeno, rendendosi conto di quelli che sono anche i suoi supremi interessi, non voglia dare alla polemica anti-ungherese un carattere che sarebbe contrario a questi interessi, e non gioverebbe che ai nostri comuni nemici (4).

(l) -Vedi D. 391. (2) -Il presente documento reca Il visto di Mussollnl. (3) -19 marzo: vedi D. 379. (4) -Per la risposta di Bova Scoppa vedi D. 415.
394

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T.s.N.D. 10719/133 P.R. Roma, 25 marzo 1942, ore 19.

Fate sapere a codesto Governo che non abbiamo lasciato passare inosservate le dichiarazioni anti-ungheresi fatte da Antonescu nel suo discorso del 19 corrente (1).

Per vostra personale informazione vi aggiungo che abbiamo fatto un passo a Bucarest (2) per far conoscere al Governo romeno il nostro particolare rincrescimento per tali dichiarazioni, il cui effetto non può essere che quello di acuire i rapporti ungaro-romeni e fare il giuoco dei nostri comuni nemici (3).

395

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA

T.s.N.D. 10682/195 P.R. Roma, 25 marzo 1942, ore 22.

In relazione Vostri telegrammi 269 e 277 (4) evitate che si accrediti convincimento che data mio viaggio costà sia stata fissata al 10 maggio o comunque che esso abbia luogo nel prossimo futuro.

Vi confermo al riguardo istruzioni di cui ai miei telegrammi 148 e 161 (5).

396

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 25 marzo 1942.

Il Generale Vacca Maggiollni ha diretto al Comando Supremo il foglio che si acclude in copia (6) per segnalare l'atteggiamento del Governo francese nei riguardi degli Stati Uniti.

In tale foglio viene ricordato che nel dicembre scorso il Governo francese dichiarò ufficialmente la sua neutralità e tale dichiarazione rinnovò in una risposta scritta, in data 24 febbraio us., a seguito di pressioni americane.

Giuridicamente è discutibile la conciliabilità di tale dichiarazione con le clausole armistiziali ancorché il Governo francese abbia formulato nella dichiarazione di neutralità predetta le sue riserve sugli obblighi che gli derivano dall'armistizio.

Sta di fatto però che questa neutralità della Francia si è tradotta di una riduzione al minimo degli obblighi armistiziali. Taluni atti del Governo americano e precisamente il riconoscimento (2 marzo) del movimento di De Gaulle e delle autorità da esso istituite come autorità legittime nei più importanti possedimenti francesi del Pacifico, tra cui la Nuova Caledonia, le Isole Paumotou, l'Isola Horn, le Isole Marquises; la dichiarazione che la difesa di tali isole verrà effettuata in collaborazione tra gli Stati Uniti ed il «Comitato Nazionale francese » (De Gaulle) non hanno incontrato che una reazione puramente formale da parte della Francia.

In tal modo il territorio francese verrà utilizzato per operazioni belliche contro le Potenze dell'Asse ed il suo alleato Giappone, come d'altronde è in atto da mesi l'utilizzazione del territorio dell'Africa Equatoriale francese (in mano della dissidenza) e potrebbe forse domani tentarsi di utilizzare o il Madagascar,

o la Costa francese dei Somali o il Senegal (Dakar). Quanto precede permette di ritenere che, tollerando la connivenza degli Stati Uniti con il degollismo senza trarne le necessarie conseguenze, il Governo francese stia attualmente traducendo il suo preteso comportamento neutrale benché non ne abbia forse espressa volontà -in una vera e propria insidia verso le Potenze dell'Asse.

Il Generale Vacca Maggiolini sostiene che tale atteggiamento della Francia possa essere fatto oggetto di un avvertimento al Governo francese in base all'art. 14 della Convenzione italo-francese di armistizio, che fa obbligo alla Francia di astenersi in qualsiasi luogo da qualsiasi forma di ostilità contro la parte vincitrice.

Quest'umcio ritiene che sia per lo meno discutibile che l'art. 14 si presti ad essere invocato ai fini anzidetti giacché con l'occupazione dell'Africa Equatoriale e delle Isole del Pacifico la Francia non ha effettuato un atto di guerra ma piuttosto lo ha subito sottostando a forza maggiore.

Chiedere una maggiore reazione potrebbe portare tra l'altro alla richiesta da parte francese di nuovi armamenti per potersi difendere.

Ciò non toglie che la questione possa essere considerata sotto il profilo politico e giustificare un nostro atteggiamento nonché, come il Presidente Vacca Maggiolini sembra opinare, l'attuazione di mezzi di pressione coercitivi e in particolare la soppressione del traffico marittimo concesso in base all'art. 14.

Il Generale Vacca Maggiolini ha chiesto istruzioni al riguardo al Comando Supremo pure esprimendo i dubbi sull'opportunità di un tale passo che comunque dovrebbe essere accordato con la C.T.A.

(l) -Vedi DD. 357 e 379. (2) -Vedi D. 393. (3) -Per la risposta di Anfuso vedi D. 398. (4) -Con T.s.n.d. 8658/269 p.r. del 21 marzo, ore 14 e successivamente, con T.s.n.d. 8854/2778 p.r. del 23 marzo, ore 22,30, Bova Scoppa aveva riferito a Ciano circa la «viva impazienza>> con la quale Antonescu aveva detto di attendere li ministro degli Esteri ital!ano per il 10 maggio a Bucarest. (5) -Vedi DD. 347 e 362. (6) -Non pubblicato.
397

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 25 marzo 1942.

Ieri sono stati consegnati al Primo Ministro Gailani, alla presenza del Principe di Bismarck, i noti progetti di lettere da scambiarsi tra Voi, Eccellenza ed il Ministro von Ribbentrop, separatamente, ed il Primo Ministro Gailani (1).

Il Primo Ministro Gailani fa ora conoscere la sua piena approvazione dei testi che gli sono stati proposti e si è dichiarato disposto ad addivenire senz'altro allo scambio di lettere tra Voi, Eccellenza, ed il Primo Ministro Gailani stesso.

I testo della lettera che il Signor Gailani Vi indirizzerà sarebbe, secondo il suo desiderio ed ove Voi, Eccellenza, approviate, da lui firmato nell'originale in lingua araba accompagnato da traduzione italiana. Viceversa, la lettera di risposta che Voi gli indirizzerete sarà da Voi firmata nei testo italiano ed accompagnata dalla traduzione in lingua araba.

La firma e lo scambio delle lettere (2) avrebbe luogo in occasione di una prossima udienza che Voi, Eccellenza, vorrete fissare al Signor Gailani.

Lo scambio delle lettere con il Ministro von Ribbentrop avrà luogo, secondo ha comunicato questa Ambasciata di Germania, quando il Signor Gailani si recherà a Berlino (3).

398

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 2110/141 R. Budapest, 26 marzo 1942, ore 20,45.

Ho detto a Kallay quanto mi avete comunicato con Vostro telegramma

n. 133 (4). Presidente del Consiglio dei Ministri Vi ringrazia ed aggiunge che continuerà osservare tattica silenzio confronti romeni convinto come è che una polemica di stampa fra i due Paesi o quello che è peggio fra i rispettivi uomini di Governo non gioverebbe che ai nemici dell'Asse, cosa di cui egli non si vuole rendere, sia pure come secondo, responsabile.

(l) -Vedi DD. 312 e 385. (2) -Vedi D. 414. (3) -Il documento è segnato da un «SI. Ciano». (4) -Vedi D. 394.
399

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4695/910. Berlino, 26 marzo 1942, (per. il 31).

Mi onoro unire dieci tesi per la propaganda contro l'America inviate da questo Ministero Esteri a tutte le rappresentanze diplomatiche e consolari germaniche.

Tali dieci tesi sono state fatte pervenire tanto all'Ambasciata italiana quanto a quella giapponese dal dirigente tedesco della commissione permanente del Tripartito per la propaganda.

Unisco il testo originale e la traduzione in lingua italiana (l).

ALLEGATO.

DIECI TESI PER LA PROPAGANDA CONTRO GLI STATI UNITI D'AMERICA

l) Roosevelt è il responsabile principale dell'attuale guerra. Egli ha cercato dapertutto di scatenare il conflitto. La Germania e l'Italia non nutrivano che sentimenti di amicizia per gli USA, ed il Giappone non domandava di meglio che di addivenire ad un modus vivendi. Una politica estera calma ed equilibrata come del resto la desiderava tutto il popolo americano avrebbe difesi benissimo gli interessi americani ed avrebbe tenuto l'Emisfero occidentale lontano dalla guerra. La dichiarazione roosveltiana che il Patto Tripartito costituiva una minaccia per gli USA è completamente senza motivo. Roosevelt perseguendo la sua fanatica lotta contro qualsiasi politica di comprensione sia in Europa che in Estremo Oriente ha chiuso il passo a tutte le soluzioni pacifiche. Ed egli è orgoglioso di ciò. Per tre anni egli non ha commesso che atti di aggressione contro l'Asse, ed ha sfidato permanentemente il Giappone senza averne alcun motivo.

2) Roosevelt si è rifugiato nella guerra. Quali sono state le ragioni che hanno spinto Roosevelt a questa politica bellicosa? Ambizione personale sfrenata, libidine di potere e la sua riconosciuta incapacità di risolvere i problemi economici' e sociali americani. Lo stato di malcontento provocato dalla sua politica hanno costretto il Presidente, per non perdere il potere, a trovare una via d'uscita. Questa via d'uscita si chiamava guerra. Solo con la guerra egli ha avuto la possibilità di far dimenticare agli americani la loro difficile posi-zione interna. Mediante il più grande spergiuro della Storia egli è riuscito ad ottenere per la terza volta il seggio presidenziale, e quindi preparare la guerra. Oggi Roosevelt desidera una lunga guerra per poter rimanere a lungo al potere. Se oggi i cittadini americani devono lasciare casa ed affari, se le madri devono veder partire i loro figli e le spose i loro mariti, se oggi tutto il popolo americano è costretto ad abbassare il suo livello di vita, tutto ciò avviene unicamente per appagare l'ambizione del Presidente e dei suoi complici.

3) La dichiarazione di Roosevelt di combattere per la salvezza delle democrazie è una menzogna. Roosevelt ha promesso al popolo americano durante la lotta elettorale di tenere gli USA lontani dalla guerra. Egli ha ingannato coscientemente il suo paese e non ha mantenuto la parola data. Egli ha posto sempre il Senato di fronte a fatti compiuti, ha distrutto sistematicamente la promessa neutralità ed ha precipitato il popolo americano nella guerra. Si è alleato poi con l'Impero britannico, oppressore dei popoli

e con i Soviet, la dittatura la più feroce e la più contraria al sistema democratico. Contrariamente ai dettami della dottrina di Monroe che è stata finora sempre rispettata dai popoli del Tripartito, Roosevelt si immischia negli affari interni di tutti i paesi e di tutti i continenti! Egli ha tradito il testamento di Washington. Egli desidera di divenire il poliziotto del Mondo.

4) La democrazia è per Roosevelt solo un paravento ed un pretesto. I suoi metodi di governo dimostrano che egli desidera l'instaurazione della dittatura e che ha già in pratica eliminata la vecchia costituzione americana. Roosevelt sta liquidando la democrazia americana. Del modo di vita prettamente americano non è rimasto molto. Dapertutto si possono notare le interferenze statali nella vita del singolo il libero commercio e la libera economia vengono liquidate, tasse altissime, grosso debito pubblico ne sono le conseguenze. Roosevelt sta aprendo al Bolscevismo le porte dell'America.

5) La dichiarazione di Roosevelt circa la libertà dei piccoli Paesi è una menzogna. Roosevelt ha usato violenza all'America Latina, ha occupato la Groenlandia, l'Islanda la Guyana olandese e l'Irlanda settentrionale, ha condotto all'occupazione anglo sovietica dell'Iran.

6) La guerra di Roosevelt non serve al popolo americano ma alla creazione di nuovi posti di comando per gli ebrei. Roosevelt è l'esponente dell'ebraismo internazionale ed è circondato da consiglieri giudei. L'ebreo Baruch che ha già spinto Wilson alla guerra è l'amico intimo di Roosevelt. Attraverso il dominio del popolo americano, spera l'ebraismo internazionale di potere poi riconquistare la sua posizione di supremazia nel mondo. Il popolo americano pagherà questa guerra con l'inflazione con debiti e con enormi sacrifici materiali. Ogni fucile ogni cannone ed ogni aeroplano che parte dagli Stati Uniti viene pagato dal contribuente americano che non riceverà mai nemmeno un dollaro in restituzione. La guerra porterà il popolo americano alla più grande crisi economica e sociale della sua storia. L'ebreo americano invece non combatte ma guadagna sulla guerra.

7) I discorsi di Roosevelt su Dio, Cristianesimo, Religione ed Umanità non sono che delle ipocrisie. Il suo patto con il Bolscevismo considerato la più grande organizzazione mondiale di Senzadio lo dimostra. I tentatvi di Roosevelt per accattivarsi il Vaticano non sono che manovre di politica interna per assicurarsi il voto degli elettori cattolici.

8) Le forze armate americane, per colpa di Roosevelt, Stimson, Knox e compagni hanno subito fin dal principio della guerra enormi sconfitte. Roosevelt ha proseguito la sua politica guerrafondaia pur sapendo che l'America né dal punto di vista della preparazione militare né da quella degli armamenti era preparata alla lotta. La flotta americana del Pacifico è stata semi distrutta, i punti d'appoggio americani nello stesso Oceano, in parte occupati dal nemico in parte seriamente danneggiati. Il Giappone si è conquistato il dominio dell'aria. I sottomarini dell'Asse stanno infliggendo alla marina americana nell'Atlantico gravissime perdite. L'Esercito americano manca di tradizione, di pratica, e di istruzione aggiornata. Roosevelt è al pari di Churchill, un dilettante militare. Il suo dilettantismo e quello dei suoi consiglieri ebrei sono la causa delle disfatte militari americane. La disfatta di Pearl Harbour si chiama Roosevelt.

9) Le cifre astronomiche date da Roosevelt per la produzione bellica futura non sono altro che del bluff. Gli americani si accorgeranno da sè che la realizzazione del programma degli armamenti roosveltiano è impossibile. Giammai Roosevelt potrà rifornire l'Inghilterra, i Soviet, la Cina, l'Australia, De Gaulle ed il Sudamerica continuando ad armare le proprie forze armate. Né la produzione delle materie prime né lo stato delle industrie americane lo permetterebbero. Già le conquiste giapponesi da sole hanno privato l'America della maggior parte della gomma, del wolframio e dello stagno necessario alla sua industria di guerra. La produzione di gomma brasiliana sarà pronta solo fra anni. L'industria pesante americana non ha bastanti capacità di produzione. Le mancano macchine operai specializzati ed organizzazione. Il confronto fra le capacità di produzione e le possibilità militari, dell'America e dell'Inghilterra, e quelle dei Paesi del Tripartito con i loro alleati ed i territori occupati, parla da sè:

America: 135 milioni di abitanti; Inghilterra e Canadà: 55 milioni di abitanti; In tutto 190 milioni.

Il potenziale bellico russo è solo di secondaria importanza perché gran parte delle industrie pesanti sovietiche sono state occupate dalla Germania, mentre il resto non ha grosse capacità di produzione per mancanza di operai specializzati e di materie prime. A parte gli arsenali per la marina da guerra, gli USA e l'Inghilterra non possiedono che pochissime industrie belliche di tradizione e di importanza, né possiedono sufficienti operai specializzati. D'altra parte hanno poca pratica nel collaudo del materiale bellico pochi tecnici per l'industria pesante, quadri insufficienti per quel che riguarda tanto gli ufficiali che i sottufflciali, nessuna pratica di guerra moderna, nessuna tradizione militare. E sopratutto manca una condotta di guerra sicura.

Da parte della potenza del Tripartito invece troviamo: la Germania e l'Italia con i loro alleati ed i Paesi sotto controllo 400 milioni di abitanti;

Giappone: 100 milioni di abitanti;

In tutto 500 milioni di abitanti.

Oltre a ciò le potenze del Tripartito hanno a loro disposizione il totale delle p1u grosse industrie pesanti del mondo con tradizioni secolari. A ciò aggiungasi centinaia di migliaia di tecnici, di operai specializzati, un formidabile corpo di ufficiali e di sottufficiali, con brillanti tradizioni militari, e grande pratica per la moderna condotta di guerra. A ciò aggiungasi la volontà di lotta e di vittoria che anima tutti i popoli europei che sanno di combattere per il loro avvenire. Lo stesso dicasi dei giapponesi. Da questo si può facilmente concludere che qualsiasi cosa succeda il Tripartito sarà sempre il più forte per quello che riguarda la produzione bellica. Per quel che riguarda le materie prime, dopo le conquiste giapponesi in Estremo Oriente e le conquiste tedesche in Russia, il Tripartito possiede oggi almeno lo stesso quantitativo posseduto dagli alleati. Roosevelt dice che la produzione bellica americana darà i suoi frutti maggiori nei prossimi anni. Di fronte a questa constatazione, c'è però il dato di fatto che il gran piano per gli armamenti stabilito fra le potenze del Tripartito, raggiungerà già nel 1943 il suo punto massimo. Qualunque cosa facciano Roosevelt ed i suoi alleati con i loro 190 milioni di abitanti e con mediocri capacità industriali, essi non potranno mai costituire un serio pericolo per 500 milioni di individui attrezzati come lo è il Tripartito.

10) L'attuale guerra mondiale è completamente diversa dalla prima, e gli USA perderanno la guerra sui due fronti. Gli alleati degli USA: Russia ed Inghilterra, sono già così indeboliti che oramai non si può più contare sulla loro totale partecipazione alla guerra. L'offensiva invernale dei Soviet è terminata in una disfatta che ha costato ai russi perdite enormi. L'esercito tedesco che ha dovuto fermarsi in autunno a causa del precoce inverno è oggi nuovamente pronto a lanciarsi sui Soviet. L'offensiva prossima riuscirà a scartare la Russia come importante fattore dell'attuale conflitto. L'Inghilterra ha subito durissimi colpi dopo le sconfitte subite in Europa, in Africa ed in Estremo Oriente. La sua posizione in India, in Africa e nel Mediterraneo diviene sempre più difficile. Il popolo inglese sull'isola diviene ogni giorno più deluso e più apatico. La guerra sottomarina condotta sempre più violentemente sta decimando in maniera catastrofica il tonnellaggio inglese ed americano. Nessun programma Roosveltiano potrà ricolmare nemmeno per una metà i vuoti prodotti. Con il tonnellaggio che hanno ancora a disposizione gli americani non potranno nemmeno provvedere al trasporto delle derrate e degli approvvigionamenti necessari. La lotta comune condotta in Europa dall'Asse ed in Estremo Oriente dal Giappone costringono l'America a spezzettare le sue forze. Tale

spezzettamento toglie agli USA tutte le speranze di poter vincere il Tripartito ed i suoi alleati. L'enorme tonnellaggio necessario a provvedere al trasporto dei materiali e dei viveri nello stesso tempo in Eur.opa, -in Asia, in America ed in Australia non .potrà mai venir messo a disposizione degli USA. Anche se l'America riuscisse veramente a produrre il materiale bellico necessario, ed a istruire tutte le truppe che Roosevelt ha promesso, la mancanza di tonnellaggio farebbe sì che tanto materiale che soldati non avrebbero la possibilità di essere trasportati sui luoghi di utilizzazione. La possibilità di uno sbarco in Europa come nel1917, oggi non c'è. Tanto il Presidente Roosevelt quanto i suoi consiglieri ebrei potranno fare l'impossibile, ma non riusciranno ad arrestare il cammino vittorioso delle armate del Tripartito.

(l) Il presente documento reca Il visto di Mussol!nl.

400

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. S.R.P. 1/1700. Roma, 26 marzo 1942.

Mi riferisco alla lettera 1/1012 del 22 febbraio (1), con la quale l'Eccellenza il Ministro ti ha segnalato l'opportunità di far comprendere costì che la situazione esistente nel Protettorato nei riguardi degli interessi italiani dev'essere ripristinata nei termini della cordiale collaborazione esistente fra i due Paesi dell'Asse. Nelle intenzioni dell'Eccellenza il Ministro non si trattava, come hai certamente ben compreso, di fare un vero e proprio passo. Tuttavia, poiché sicuramente hai avuto occasione di intrattenere in proposito l'Auswartiges Amt, il quale a sua volta avrà preso contatto con le autorità competenti, ti pregherei di farmi sapere se e quali affidamenti ti siano stati dati (2).

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 86/232 R. Roma, 27 marzo 1942, ore 19,30.

Vostro 159 (3).

A completamento delle considerazioni di cui al telegramma 175 ( 4), tenete presente che nostra richiesta va sopra tutto presentata nel quadro delle speciali relazioni di alleanza esistenti fra Giappone e Italia: essa ha quindi aspetto sopra tutto politico quale ulteriore manifestazione della stretta cooperazione in atto tra i due Paesi. Basti ricordare per analogia lo spirito di fattiva amicizia e comprensione dimostrato dal Governo Fascista per il Giappone nell'imporre ai

. (2) Per la r.isposta di Alfieri, vedi D. 412.

nostri rapporti verso Chung King una costante armonia con la politica nipponica in Cina e non senza spesso sacrificare considerevoli interessi nostri.

Ciò premesso si può rilevare, anche da un punto di vista giuridico, che autorizzazione data da codesto Governo ad Argentina per esercizio tutela interessi ellenici ad essa affidata da sedicente Governo ellenico di Londra importa un apprezzamento politico e giuridico sull'esistenza di detto Governo che, anche a norma dei principi di diritto internazionale, non può invece essere a nessun titolo considerato come internazionalmente rilevante anche perchè del tutto avulso dal territorio nazionale che è oggi, per contro, tutto e pacificamente sotto nostra occupazione militare.

D'altra parte Governo ellenico attualmente al potere in Atene è privo, data speciale situazione della Grecia, di organi propri per provvedere alla tutela degli interessi greci all'estero, tutela che è stata quindi assunta, com'era suo diritto e suo dovere, dalla Potenza occupante e cioè dall'Italia. Ciò è stato già 'de facto· ammesso, oltre che dalla Germania, dai Paesi aderenti al Tripartito e dalla Spagna, che hanno rotto ogni relazione anche indiretta col sedicente Governo ellenico di Londra.

È infine da tener presente che anche codesto Governo fin dal giugno dell'anno scorso (Vostro n. 389) (l) stava studiando le modalità relative a un provvedimento di espulsione di alcune rappresentanze diplomatiche, tra le quali quella dell'ex Regno di Grecia.

Amichevolmente e nei modi che ritenete più opportuni fate presente quanto precede a codesto Governo e riferite.

(l) -Vedi D. 303. (3) -T. 7266/159 p.r. del 12 marzo 1942, ore 7, non pubblicato: richiesta d! esatte indicazioni giuridiche e politiche per dare un carattere concreto al passo da fare presso 11 Governo giapponese circa la protezione degli interessi ellenici. (4) -Vedi D. 348.
402

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2160/106 R. Roma, 27 marzo 1942 (per. il 28).

Il Cardinale Maglione mi ha detto stamane che è pervenuta alla Segreteria di Stato del Governo giapponese la richiesta ufficiale di gradimento per un inviato speciale con rango di Ministro presso la Santa Sede.

Come è noto la persona designata è il signor Harada, attualmente Incaricato d'affari a Vichy, il quale giungerà a Roma nei prossimi giorni e la cui nomina è stata accolta in Vaticano con molto favore essendo noto che egli, oltre ad essere un ottimo diplomatico, è anche un buon conoscitore delle cose della Chiesa Cattolica, in particolar modo attraverso la moglie, che è cattolica praticante.

Come ho già fatto presente, l'invio di una Missione giapponese alla Santa Sede non avrà come corrispettivo l'elevazione al rango diplomatico della Delegazione apostolica di Tokio. Si è saputo però che il Governo giapponese ha già ugualmente concesso, a titolo di cortesia, a Monsignore Marella, il godimento di tutti i privilegi diplomatici.

3~ -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Mi onoro infine far presente che, nell'informarmi di quanto precede, il Cardinale Segretario di Stato ha espressamente fatto richiamo alle comunicazioni a suo tempo fatte a questa Ambasciata circa le pressioni che U Governo di Chang-Kai-Shek stava esercitando sopra la Santa Sede per l'invio presso di essa di un proprio rappresentante diplomatico e sulle difficoltà che avrebbe incontrato la Santa Sede a resistere ancora a tali pressioni qualora i'l progettato accreditamento presso di essa di una Missione giapponese divenisse effettivo (vedi telegramma per corriere n. 25 del 21 gennaio c.a.) 0).

Il Cardinale Maglione mi ha infatti accennato che la Cina nominerà anche essa un proprio inviato presso la Santa Sede e sulla persona che sarà designata mi riservo di dare precisazioni non appena possibile (2).

(l) Non pubblicato.

403

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. PER CORRIERE 2184/0163 R. Sofia, 27 marzo 1942 (per. il 30).

Con le mie comunicazioni teiegrafiche ho segnalato le varie induzioni e supposizioni qui suscitate dalla partenza di Re Boris per la Germania (3) e dai suoi incontri con il Cancelliere Hitler, con il Ministro von Ribhentrop e con il' Maresciallo Goering. Evidentemente la Bulgaria «sente >> che, in vista della partecipazione, sotto una qualsiasi forma, di tutti gli Stati del Tripartito ai previsti prossimi avvenimenti, anche essa dovrà in qualche modo prepararsi a maggiori prestazioni, siano esse militari o economiche. E comprende che, con probabilità, di tali prestazioni sarà fatta parola e saranno forse fissate le modalità nel corso di quel soggiorno di Re Boris nel Reich.

n Governo per conto suo cerca di sdrammatizzare l'avvenimento. Ed il Ministro degli Esteri nel parlarmi ieri di tale viaggio e nel ricordare, cosa perfettamente vera, che esso era già predisposto da varie settimane, ha insistito sulla circostanza che esso servirà soprattutto al Sovrano per « orientarsi» nell'attuale momento.

Nel mio telegramma n. 206 (4) ho accennato a taluni malumori qui sorti, particolarmente negli ambienti di Corte, per il fatto che la nostra Stefani ebbe a divulgare l'informazione della partenza per la Germania di Re Boris tre giorni prima che del viaggio e degli incontri venisse data notizia dall'Agenzia Bulgara e dal D.N.B. Tale malumore si è anche concretato in una protesta che la Direzione Governativa della Stampa ha fatto presso la R. Legazione e nella quale si accenna alla circostanza che, per tale indiscrezione dell'Agente Stefani, la Radio londinese aveva potuto eseguire senza frapporre tempo, nelle sue trasmissioni in lingua bulgara, velenosi attacchi contro la persona del Sovrano. La cosa

non ha avuto qui altro seguito ed è stata liquidata in una mia conversazione con il Signor Popov. Il ritorno del Sovrano a Sofia è atteso prima delle feste pasquali, ossia tra tre o quattro giorni.

(l) -Vedi D. 187. (2) -Il presente telegramma fu ritrasmesso ad Indelli con T. 11497/242 p.r. del 10 aprile 1942, ore 16. (3) -Vedi DD. 284 e 341. (4) -SI tratta del T. r. 2067/206 del 25 marzo 1942, non pubblicato.
404

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 9721/028 P.R. Berlino, 27 marzo 1942 (per. il 30).

Nelle giornate di venerdì e sabato della scorsa settimana la Gestapo ha provveduto a distribuire numerosi dei suoi agenti fra le diverse code davanti ai negozi di generi alimentari. Tali agenti avevano il compito di sorvegliare le reazioni delle massaie berlinesi alle recenti nuove limitazioni.

Tali reazioni sono state alquanto vivaci e le critiche sono state piuttosto aspre, tanto che nelle giornate suddette sono stati effettuati numerosi arresti. Le persone arrestate sono state condotte al posto di polizia dove dopo un predìcozzo, ed in certi casi dopo un severo ammonimento, sono state rilasciate circa un'ora o due dopo.

I maggiori arresti sono avvenuti nei quartieri del West berlinese, poiché nelle zone popolari dell'Ost non si è voluto procedere con tutta severità per timore di reazioni nel campo operaio.

405

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2190/029 R. Berlino, 27 marzo 1942 (per. il 30).

Con riferimento alla oramai famosa frase pronunciata dal Fuhrer nell'ultimo suo discorso (1), ove egli accenna alla possibilità che uno stato bolscevico continui ad esistere anche dopo la vittoria è interessante notare che una conferma è contenuta implicitamente nelle dieci tesi di propaganda contro l'America, consegnate a questa Ambasciata dal Ministro Luther nella sua qualità di dirigente da parte tedesca per la commissione permanente di propaganda per il Tripartito.

Al numero 10 di dette tesi è infatti detto: «La prossima offensiva eliminerà definitivamente la Russia come fattore bellico di decisiva importanza» (2).

In questa frase è contenuta la conferma dell'interpretazione da molti data alle parole del Fiihrer, in quanto vi si parla dell'eliminazione della Russia come fattore bellico decisivo, e non della distruzione totale del bolscevismo come si era sempre fatto finora.

(l) -SI riferisce al discorso pronunziato da Hitler a Berlino Il 15 marzo. (2) -Vedi D. 399, allegato.
406

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 2188/030 R. Berlino, 27 marzo 1942 (per. il 30).

Da fonte degna di fede si apprende che circa quaranta generali «silurati» dopo il principio della stasi nella campagna di Russia sono stati reintegrati nel comando. Pare che anche von Brauchitsch sia stato chiamato al Gran Quartiere Generale ed abbia partecipato alla discussione dei piani per la prossima offensiva.

Si apprende inoltre che numerosi soldati e specialmente sottut'f!ciali appartenenti finora alle Waffen SS e scelti fra gli elementi più fanatici e più fidati sono passati a far parte della Wehrmacht, con l'incarico sia di propaganda, che di sorveglianza e di controllo sulla Stimmung dell'Esercito.

Secondo il mio informatore questa misura sarebbe stata presa senza l'autorizzazione del Comando Generale della Wehrmacht, il quale non è stato nemmeno consultato in proposito.

407

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2225/054 R. Budapest, 27 marzo 1942 (per. il 31).

Mio telegramma N. 141 del 26 corrente (1).

Parlando con un funzionario di questa R. Legazione il Ministro Ullein Reviczky, capo ufflcio stampa di questo Ministero degli Esteri -le cui dichiarazioni riferisco per debito di ufficio e per gli eventuali controlli che V. E. ritenesse opportuni -ha detto di essere in grado di affermare con sicurezza, per informazioni ricevute da persona di sua fiducia residente a Lisbona, che il recente violento discorso anti-ungherese di Mihai Antonescu è stato pronunziato dopo contatti avuti dal Governo romeno col Governo inglese per il tramite di certo Lecca. Addetto alla legazione di Romania a Lisbona, che da tempo svolgerebbe in Portogallo, in maniera discreta, una funzione di collegamento tra Bucarest e Londra. Il carattere premeditatamente provocatorio del discorso rientrerebbe nel quadro generale dell'intensa attività che il Governo di Londra viene svolgendo in tutti i paesi balcanici per indebolire il fronte delle potenze

aderenti al Tripartito fomentando, secondo le opportunità e le possibilità locali, dissidi, crisi e rivolte. Conferma di ciò sarebbe data dall'immediato e generale compiacimento della stampa anglosassone per il linguaggio di Antonescu, dalla propaganda svolta dalla radio bolscevica tra le popolazioni ungheresi di frontiera per incitare i magiari a reagire contro l'atteggiamento provocatorio del Governo romeno e a scuotere la passività del Governo di Budapest. Ullein Reviczky ha osservato al riguardo che l'assoluto riserbo tenuto in questa occasione dall'Ungheria ha fortemente deluso tutti coloro che dalle parole di Antonescu si ripromettevano gravi complicazioni ai danni dell'Asse ed ha concluso con quella eh eappare oggi la parola d'ordine dei circoli ungheresi nei riguardi della Romania: «Per ora dobbiamo condurre a termine la lotta contro il comune e maggior nemico che è il bolscevismo; dopo sapremo regolare i nostri conti con i romeni».

(l) VPdl D. 398.

408

L'INCARICATO D'AFFARI A BRATISLAVA, DE VERA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2356/014 R. Bratislava, 27 marzo 1942 (per. il 6 aprile;.

Le preannunciate nuove disposizioni contro gli ebrei hanno avuto, improvvisamente, una drastica applicazione. Con precetto personale erano stati convocati per essere riuniti in campi di concentramento diecimila ebrei delle città e dei borghi.

Per facili conversioni alla Chiesa evangelica e perché molti dei precettati erano consapevoli dell'opposizione della maggior parte di questa opinione pubblica alla campagna antisemita, nonché della trapelata indiretta indiretta resistenza del Presidente della Repubblica Monsignor Tiso a tali sistemi di persecuzione, molti ebrei non hanno dato seguito agli ordini impartiti dal Ministro Mach. Ed allora nella notte dal 23 al 24 marzo pattuglie di polizia e di gardisti a cui si erano uniti elementi della S.S. giunti dalla vicina frontiera, penetrati nelle case ebree hanno razziato tremila donne dai 18 ai 35 anni, trasportandole repentinamente in autocarro nella Fabbrica di munizioni di Bratislava e verso le zone d'internamento di Mitra Zilina, Presov ecc.

Le Autorità più vicine al Presidente negano o cercano di ridurre a più miti proporzioni gli avvenimenti che hanno di certo impressionato questa pubblica opinione, mentre è a tutti noto che il fautore dell'impresa è il Ministro Mach, Capo della Guardia di Hlinka che, istigato da elementi di oltre frontiera e da altri in opposizione al Presidente, ne rende responsabili gli ebrei stessi, meritevoli di peggiori sanzioni.

È noto essere intendimento del Ministro dell'Interno, che subisce completamente ordini d'oltre Danubio, di procedere gradualmente al concentramento ed alla deportazione in massa di tutti gli israeliti di Slovacchia, che si aggirano sulle 70 mila anime, verso il Governatorato Generale di Polonia (zona di Lublin) i più vecchi e verso i centri ucraini i più giovani per essere adibiti ai servizi agricoli e dell'organizzazione Todt. Ma trattandosi, almeno per ora, prevalentemente di donne ed ancora nel fiore degli anni e di buono stato

sociale, il loro impiego sarà di certo di ben altra natura e finalità al seguito delle divisioni germaniche operanti nel sud della Russia.

Il preannunziato acuirsi delle disposizioni antisemite aveva già motivato da parte della Santa Sede la consegna di una nota a codesto Ministro di Slovacchia, Signor Sidor; le persecuzioni avvenute hanno poi dato motivo a dei ripetuti passi da parte di questo delegato apostolico, Monsignor Burzio, presso il Presidente del Consiglio Tuka. Al momento attuale, gli avvenimenti precedentemente descritti hanno aperto una crisi, non ancora pubblica, tuttavia pericolosa tra il Presidente del Consiglio Tuka e il Ministro Mach da una parte ed il Presidente Tiso dall'altra. Le conseguenze sono facili a prevedersi ove, persistendo la persecuzione antisemita nei modi surriferiti, il Presidente della Repubblica, quale sacerdote e parroco avente cura di anime, dovesse o prima

o poi trovarsi dinanzi ad una grave crisi di coscienza.

409

IL MINISTRO A BANGKOK, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2176/43 R. Bangkok, 28 marzo 1942, ore 14,45 (per. ore 14,40 del 29).

Credo interessante riassumere recenti relazioni Tai-nipponiche quali appaiono da Bangkok. Firmata alleanza col Giappone Siam ha voluto espressamente marcare sua entusiastica fiduciosa cooperazione grande alleato anche scopo cancellare dubbi che potessero persistere Tokio a causa precedente ambigua politica Tai. Da parte sua Giappone ha corrisposto con fervide espressioni amicizia e incoraggiamento fatte tanto a Tokio da parte personalità Governative quanto a Bangkok da parte questo Ambasciatore nipponico il quale ha ripetutamente dichiarato stampa locale debito gratitudine verso Siam cui atteggiamento è stato decisivo rapido successo Malesia e Birmania.

Caduta tuttavia Singapore Ambasciatore del Giappone ha cortesemente rifiutato proposte Tai celebrare insieme avvenimento. Successivamente Giappone non ha nascosto un certo fastidio per notizie radio Asse che valorizzavano (talvolta forse in modo esagerato) contributo bellico Tai. Ripetute i:nsistenze Siam far avanzare proprie divisioni Birmania ottenuto risposta dilatoria: aspettare occupazione Monlmein (mio telegramma n. 14) (1), poi Rangoon ora ulteriori progressi verso Mandalay. Nel campo economico Giappone lamentato eccessivi prezzi locali ha qui rarefatto suoi acquisti e sta esercitando pressione cui paese ha scarsa possibilità di resistere.

Mi risulta da fonte privata che Ambasciatore Tai Tokio nonostante successo di popolarità confessa non esser finora riuscito risolvere due principali compiti affidatigli: Adesione Tripartito e assicurazione circa soddisfacimento aspirazioni territoriali Tai. Giappone avrebbe promesso Siam Stati meridionali Shan ma farebbe difficoltà per altre rivendicazioni Birmania Malesia ed Indocina.

Da tutti questi indizi Siam ha ora tratto sensazione incertezza se non ... (l) disagio nei riguardi reali intendimenti del Governo nipponico. In questo quadro acquista significato accenno fattomi dal Primo Ministro ... (l) circa suo desiderio proporre Roma Berlino elevazione rispettive Legazioni rango Ambasciate. Pur esprimendo pieno apprezzamento spirito della proposta ho naturalmente manifestato qualche dubbio circa sua attuale opportunità.

(l) Non pubblicato.

410

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2205/163 R. Ankara, 30 marzo 1942, ore 15 (per. ore 21).

In conversazione avuta stamane con Menemencoglu il discorso è caduto fra l'altro sulle relazioni turco-bulgare. Menemencoglu mostrava il più vivo compiacimento per il recente discorso di Filoff che secondo lui equivaleva ad una netta presa di posizione. L'aver indicato il bolscevismo come il pericolo numero uno è già una preparazione del paese al prossimo conflitto armato. «Finalmente -mi ha detto Menemencoglu -si smetterà dal ripetere lo sciocco ritornello secondo cui I'esercito bulgaro deve montare la guardia in Tracia contro la Turchia: per troppo tempo questo specioso argomento ha servito di pretesto alla Bulgaria per esimersi da una collaborazione attiva nel conflitto mondiale: io stesso ho detto parecchie volte a questo Ministro di Bulgaria che un attacco della Turchia alla Bulgaria significherebbe la guerra contro la Germania e l'Asse, cosa alla quale non abbiamo mai pensato».

411

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI

T. 11369/49 P. R. Roma, 30 marzo 1942, ore 17.

Journal de Genève pubblica in data 27 corrente una informazione United Press da Washington secondo la quale Governo francese in cambio ripresa invii americani al Nord-Africa, oltre assicurazioni relative chiusura porti aerei e terrestri possedimenti americani della Francia a forze dell'Asse di cui vostro telegramma 55 (2), avrebbe dato a Governo americano seguenti affidamenti:

l) non fornire alle forze itala-germaniche in Libia né derrate alimentari né automezzi né materiali di qualsiasi specie;

2) non effettuare attraverso il territorio francese alcuna consegna di benzina alle predette forze;

3) a riconoscimento dei doveri inerenti neutralità non cedere all'Asse il proprio naviglio da guerra. Il Governo francese avrebbe anche fornito delle «spiegazioni soddisfacenti» sul trasferimento della Dunkerque dall'Africa del Nord a Tolone.

Come Vi è noto trasporti sospesi dovrebbero essere solo quelli « gamma» e «delta». Prego voler riferire quanto vi risulti in proposito (1).

(l) -Nota dell'Ufficio Cifra: <<Gruppo indecifrabile». (2) -T. 2151/55 r. del 27 marzo 1942. ore 2,15, non pubblicato.
412

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 3209/543 R. Berlino, 30 marzo 1942, ore 20.

Un alto funzionario degli Esteri col quale mi sono stamane intrattenuto della situazione in Francia, in relazione anche ai recenti colloqui fra Lavai ed il Maresciallo Pètain, mi ha confermato l'impressione di indifferenza con cui da Berlino si guarda alla Francia e di assoluto scetticismo circa possibilità di ulteriori sviluppi della politica collaborazionistica nell'attuale momento.

Fra l'altro mi ha detto che il Governo di Vichy aveva recentemente voluto dar l'impressione di cercare l'opinione ed il benestare tedesco circa talune leggi di carattere interno che si preparava ad emanare. Tale opinione era stata da Berlino rifiutata.

Qui si ritiene ora possibile che Lavai entri fra non molto nuovamente a far parte del Governo ciò che porterebbe ad una automatica retrocessione dell'ammiraglio Darlan dalla sua posizione attuale.

Per quanto riguarda il processo di Riom (2) si considera molto probabile a Berlino che il Maresciallo Pétain, verso la metà del prossimo aprile ne ordini la sospensione. Alla .ripresa il processo verrebbe impostato su basi del tutto diverse e Paul Relnaud e l'ex Ministro Mandel si troverebbero fra gli accusati.

413

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. 4860. Berlino, 30 marzo 1942.

Mi riferisco alla tua lettera 1/1700 del 26 marzo u.s. (3). In base alle istruzioni contenute nella precedente lettera dell'Eccellenza il Ministro, provvidi immediatamente a intrattenere l'Auswartiges Amt sulla non

soddisfacente situazione esistente nei nostri riguardi nel Protettorato, richiamandone l'attenzione sui principali inconvenienti segnalatimi da Caruso. Debbo dire che trovai subito la massima comprensione, il riconoscimento che la situazione doveva cambiare, la promessa infine che i miei rilievi sarebbero stati attentamente esaminati e che l'Auswartiges Amt avrebbe trovato modo di provvedere ad un opportuno richiamo degli organi tedeschi nel Protettorato.

Credo di poter dire che questo scambio di idee, al quale ho evitato di dare carattere di passo formale, abbia già avuto buoni frutti. Ho ricevuto proprio in questi giorni una comunicazione riservata di Caruso, il quale mi conferma che con il recente arrivo a Praga di un nuovo rappresentante dell'Auswartiges Amt la situazione è molto migliorata, dal punto di vista formale, nei riguardi del Corpo Consolare in genere e suo in particolare. Aggiunge che egli è stato personalmente oggetto di cortesie veramente apprezzabili ed è riuscito a risolvere in modo abbastanza soddisfacente il caso Zaccaria.

Si tratta di vedere se potranno ora essere risolte altrettanto tangibilmente le varie altre questioni in sospeso.

Naturalmente seguirò attentamente la cosa, riservandomi di intervenire ulteriormente ove vedessi che queste prove iniziali di buona volontà dovessero esaurirsi.

(l) -Per la risposta di Buti vedi D. 428. (2) -Vedi D. 299. (3) -Vedi D. 100.
414

SCAMBIO DI LETTERE TRA IL CONTE CIANO E RASCHID ALI EL GAILANI

ECCELLENZA CONTE GALEAZZO CIANO DI CORTELLAZ ZO MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI

ROMA

Signor Ministro,

nelle conversazioni che ho avute con Voi, Vi ho manifestato la fiducia che il popolo iracheno ha riposto nell'e Potenze dell'Asse e negli obiettivi che esse si prefiggono, la sua ferma volontà di liberare il proprio Paese dal dominio britannico e di assicurarne l'indipendenza, il suo desiderio di stabilire con l'Italia e con la Germania un regime di stretta e permanente collaborazione.

In relazione a questi intendimenti e alle assicurazioni che Voi mi avete date, ho ,]'onore di dichiararVi che il popolo iracheno si impegna a contribuire con tutte le proprie forze e tutte le sue possibilità materiali e morali alla guerra che l'Italia e i suoi alleati conducono contro il comune nemico e fino alla completa vittoria.

Ho l'onore inoltre di dichiararVi che l'Iraq considera che, in seguito all'aggressione britannica, sono decaduti e nulli tutti gli accordi, privilegi e concessioni di qualunque genere, stipulati o accordati precedentemente o che fossero stipulati dall'attuale illegale Governo, fra l'Iraq, ovvero Enti o Società i.rachene da una parte, e la Gran Bretagna e tutti gli altri Stati in guerra con l'Italia e con la Germania, ovvero Enti o Società pertinenti a detti Stati, dall'altra.

È intenzione mia e del popolo irachcno di stabilire e mantenere con l'Italia e la Germania un particolare regime di stretta e permanente collaborazione alla quale l'Iraq ispirerà la propria politica, fiducioso che l'Italia e la Germania vorranno prestargli il proprio aiuto. L'Iraq pertanto si rivolgerà all'Italia e alla Germania per tutto quello di cui il Paese avrà bisogno per la sua ricostruzione e il suo sviluppo, nonché per la riorganizzazione e l'armamento dell'esercito iracheno.

I particolari di questa collaborazione, basata sugli interessi reciproci, saranno fissati per mezzo di speciali intese.

L'Iraq conta anche sull'appoggio dell'Italia e della Germania nelle questioni economiche e finanziarie che potranno essere sollevate al momento della pace.

È inteso che il testo ed il contenuto di questa lettera conserveranno carattere di segretezza assoluta fino a diverso accordo in proposito. Vi prego di accogliere, Signor Ministro, gli atti della mia più alta considerazione.

Roma, 31 marzo 1942 (f.to) RASCHIO ALÌ EL GAILANI

* ... *

ECCELLENZA

IL PRIMO MINISTRO RASCHIO ALÌ EL GAILANI

Signor Primo Ministro,

ho l'onore di rispondere alla lettera che, in data odierna, Voi mi avete inviata a conferma delle conversazioni che ho avute con Voi.

Il Governo Italiano ha molto apprezzato il fermo atteggiamento Vostro, del Vostro Governo e del popolo iracheno nella lotta che, per difendere la propria indipendenza, l'Iraq ha dovuto sostenere contro l'aggressione britannica, come ha molto apprezzato la fiducia che Voi e il popolo iracheno avete riposto nelle Potenze dell'Asse e negli obiettivi che esse si prefiggono di raggiungere.

L'Italia, in pieno accordo con la Germania, considera che .fra questi obiet

tivi vi è la piena indipendenza e la completa sovranità dell'Iraq ed a questo

scopo essa è pronta a collaborare con Voi e con il popolo iracheno per la libe

razione del Vostro paese dal dominio britannico, nonché a rifornire, al mo

mento opportuno, l'esercito e il popolo iracheni di armi e di quanto è neces

sario per la completa liberazione dell'Iraq dall'occupazione britannica.

Ho l'onore di prendere atto che l'Iraq considera e considererà decaduti e

nulli, in seguito all'aggressione britannica, tutti gli accordi, privilegi e conces

sioni di qualunque genere stipulati o accordati precedentemente o che fossero

stipulati dall'attuale illegale Governo, fra l'Iraq, ovvero Enti o Società irachene

da una parte, e la Gran Bretagna e tutti gli altri Stati in guerra con l'Italia

e con la Germania, ovvero Enti o Società pertinenti a detti Stati, dall'altra.

L'Italia è particolarmente lieta delle intenzioni Vostre e del Vostro popolo

di stabilire e mantenere con essa e con la Germania un particolare regime

di stretta e permanente collaborazione e a questa collaborazione essa ispirerà

la propria politica. Prendo atto che l'Iraq si rivolgerà all'Italia e alla Germania

per tutto quello che il Paese avrà bisogno per la sua ricostruzione e per il suo sviluppo nonché per l'organizzazione e l'armamento dell'esercito iracheno e posso assicurarVi fin d'ora che l'Italia è pronta, per quanto possibile, a venire in ogni modo incontro ai relativi desideri dell'Iraq.

I particolari di questa collaborazione, basata sugli interessi reciproci, saranno fissati per mezzo di speciali intese. L'Iraq può contare sull'appoggio dell'Italia nelle questioni economiche e finanziarie che potranno essere sollevate al momento della pace. È inteso che il testo e il contenuto di questa lettera conserveranno carattere di segretezza assoluta fino a diverso accordo in proposito. Vi prego di accogliere, Signor Primo Ministro, gli atti della mia più alta considerazione.

Roma, 31 marzo 1942 (f.to) CIANO

415

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2275/316 R. Bucarest, 1° aprile 1942, ore 20,40 (per. ore 7 del 2).

Telegramma di V. E. 194 (1). Ho fatto a Mihai Antonescu comunicazione ordinatami da V. E. con ritardo perché egli è stato durante i vari giorni a letto fortemente influenzato.

Antonescu dopo aver ascoltato quanto gU ho detto, mi ha esibito, a sua giustifl.cazione e con preghiera di trasmetterveli, testi delle dichiarazioni al Parlamento ungherese di Bardossy da cui egli ha tratto dizione delle sue dichiarazioni del 19 marzo (2) e spera che Governo italiano avesse fatto a Budapest analoghe rimostranze quando quelle dichiarazioni furono pubblicate.

Ho risposto che era atteggiamento costante del Governo italiano di evitare che dissidio tra Ungheria e Romania si acuisse e che a questo mira nostro ammonimento; che quanto vi avevate ordinato di fare era logico corollario d1 quanto io gli avevo già largamente detto in proposito e che atteggiamento di Roma su tale problema era analogo a quello di Berlino. A proposito dell'atteggiamento di Berlino, Antonescu mi ha precisato che dopo notifl.cato comunicazione di rincrescimento (3), Von Ribbentrop gliene aveva fatto pervenire seconda quasi ad attenuare cattiva impressione che gli aveva suscitata la prima e la quale Ministro degli Affari Esteri tedesco gli comunicava che aveva letto testo integrale del suo discorso, che ne comprendeva motivi di ispirazione, che aggiornamento del viaggio di Franck a Bucarest non doveva in ailcun caso essere messo in relazione con sue dichiarazioni e che gli domandava di rispettare armistizio stampa con Ungheria.

Antonescu mi ha pregato dirvi che egli non ha assolutamente in animo di creare imbarazzi a suoi grandi alleati e fornire armi alla propaganda ostile;

che, come mi aveva dichiarato per farvi cosa gradita, rispetterà scrupolosamente armistizio stampa, come ha già fatto del resto dal 20 marzo, alla tassativa condizione che giornali ungheresi non attacchino esercito romeno.

(l) -Vedi D. 393. (2) -Vedi D. 379. (3) -Vedi D. 391.
416

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. S.N.D. PER CORRIERE 2288/114 R. Roma, 1° aprile 1942 (per. il 2).

Non ho mancato di accertare subito in Vaticano quale consistenza avessero le voci giunte a codesto Ministero, secondo ,le quali H Ministro inglese presso la Santa Sede, avrebbe recentemente comunicato alla Segreteria di Stato che la eventualità di un bombardamento di Roma era da ritenersi possibile, e si consigliava perciò di non oscurare la Città del Vaticano.

In Segreteria di Stato la cosa mi è stata smentita nella maniera più categorica, aggiungendomi che della questione non è più stata fatta parola, dopo le conversazioni avute sull'argomento, nel settembre dello scorso anno, con Taylor, e sulle quali la R. Ambasciata ha riferito con rapporto n. 2716 del 18 settembre 1941 (1).

Un consiglio del genere --definito ~in Vaticano semplicemente puerile venne bensì dato alla Santa Sede, ma poco dopo lo scoppio della ostilità, con l'accoglienza che tutti sappiamo (2).

417

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. PER CORRIERE 2346/060 R. Parigi, 1° aprile 1942 (per. il 5).

Riferisco le seguenti informazioni di fonte francese che ho avuto personalmente sull'incontro Pétain-Laval.

L'iniziativa è partita da alcuni uomini vicini al Maresciallo tra cui Benoist

Méchin, Segretario di Stato alla Vice Presidenza del Consiglio, che hanno fatto

ripetute insistenze presso Pétain. L'iniziativa si è urtata contro grosse dim

coltà. Tra l'altro contro una incompatibilità di carattere che ha sempre diviso

i due uomini. Poi, prima ancora di quanto si desiderasse dai suoi promotori,

ha avuto luogo l'incontro.

Come ho già riferito, Pétain e Lavai si sono trovati a metà tra Vichy e la

casa di campagna di Lavai. Darlan ha fatto successivamente una visita a Lavai

nella sua casa di campagna.

Fatto importante, Lavai avrebbe accettato il punto di vista di Pétain, che

cioè non è possibile una politica pro-Germania senza «concessioni » da parte

tedesca. Queste concessioni riguarderebbero la linea di demarcazione, i prig.io

nieri, le spese di occupazione; e di queste concessioni si sarebbe trattato nel

colloquio Laval-Abetz a Parigi il 30 marzo. Abetz si è mostrato però estremamente reticente (mio telegramma n. 58) (1). Così l'ingresso di Laval al Governo è sospeso. Si attende ora -mi si è detto ~-il ritorno di Abetz dal Quartier Generale tedesco, e per una quindicina di giorni non si anticipano novità.

Al pubblico questo arresto si presenta come una specie di tregua nella vita politica francese per la ricorrenza della Pasqua. Intanto gli americani (la radio degli Stati Uniti e Leahy a Vichy) fanno pressioni e minacce a cui Pétain non è insensibile, perché Lavai non torni al Governo. (Il MaresciaUo conserverebbe simpatia per l'America anche per una ragione personale. Fin dall'altra guerra egli ha serbato infatti grato ricordo dell'appoggio che ha allora trovato presso il Comandante delle Truppe americane Pershing contro l'opposizione fattagli costantemente dal Comandante inglese Haig).

Le persone dell'ambiente del Maresciallo a cui si dovrebbe l'iniziativa dell'incontro Pétain-Laval, si proporrebbero ora di continuare ad esercitare pressioni su Pétain perché si schieri gradualmente dal lato tedesco, anche se Berlino continuerà a mantenere il suo atteggiamento contrario a ogni concessione. Questi stessi uomini non si nascondono tuttavia le serie difficoltà che opporrà la massa della popolazione francese all'adozione di una simile politica, specialmente in difetto di «concessioni».

Riferisco altre informazioni contl.denziali pure di fonte francese, ma dell'ambiente vicino a Darlan. Secondo queste informazioni la spiegazione di quest'ultimo episodio della vita politica francese sarebbe da ricercare semplicemente nel desiderio di Lavai di tornare al potere. Mentre non si esclude affatto la possibilità di nuovi tentativi per la partecipazione al Governo sua o di altri, come lui più vicini alla Germania, si è completamente scettici sulla ioro riuscita anche in futuro.

Così anche queste diverse informazioni di fonte francese confermano, seppure occorre rilevarlo, il carattere essenzialmente tattico della mossa del Maresciallo.

Aggiungo per la cronaca che Lavai ha lasciato ieri Parigi. Schleier che ho incontrato casualmente ieri sera, mi ha ripetuto che da parte tedesca si intende tenersi completamente fuori. Non sapeva quando sarebbe tornato Abetz.

(l) -Non pubblicato. ma vedi aerle XI. vol. VII. DD. 548. 551. 563, 570 e 580. (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolini.
418

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R.S.N.D. PER CORRIERE 2377/0177 R. Sofia, 1° aprile 1942 (per. il 7).

Non sono sfuggite a Sofia le induzioni e le esagerate previsioni che la stampa turca ha espresso in occasione della visita di Re Boris al Cancelliere Hitler. Quanto quella stampa ha pubblicato circa pretese prestazioni militari bulgare alla Germania, circa l'imminente invio di almeno 200.000 soldati bulgari sul fronte orientale e circa una imminente dichiarazione di guerra della Bulgaria alla Russia, hanno mostrato ancor una volta come, in definitiva, la

profonda speranza di Ankara sia pur sempre quella di vedere la Bulgaria impegnata altrove, lontano cioè dalla frontiera di Adrianopoli.

Di una tale situazione si è fatto interprete qui, negli scorsi giorni, lo stesso von Papen, il quale nelle conversazioni avute con i dirigenti bulgari ha fatto comprendere che, dopo tutto, la migliore arma che l'Asse può impiegare per compiere qualche pressione sulla Turchia è tuttora la esistenza dell'esercito bulgaro. Ed egli, nel mostrarsi ottimista e nel dichiarare che forse non è lontano il giorno di un vero avvicinamento turco all'Asse, ha aggiunto che una qualche « garanzia » bulgara ad Ankara sarebbe tra gli argomenti maggiormente efficaci per il raggiungimento di quello scopo. Dichiarazione alla quale i Ministri bulgari hanno risposto ripetendo che la Bulgaria non persegue alcuno scopo offensivo contro la Turchia e che anzi, se questa un giorno veramente si decidesse a muovere contro l'Unione Sovietica troverebbe la Bulgaria al suo fianco pronta ad intervenire a sua volta contro Mosca.

A Sofia è giunto per qualche giorno il Ministro bulgaro ad Ankara, Signor Kirov, il quale, quindi, non ha assistito alla conclusione ed alla firma degli accordi commerciali bulgaro-turchi, intervenuti la scorsa settimana ad Ankara. Il Signor Kirov non condivide completamente l'ottimismo di von Papen, in quanto non crede alla possibilità, a meno che non si verifichino fatti del tutto nuovi, di un prossimo schieramento della Turchia a fianco dell'Asse; egli, a tale proposito, pur concordando nel ritenere che l'Esercito tureo nutre, nel complesso, una profonda ammirazione per la Germania e ritiene sopratutto che Inghi.lterra ed America non siano oggi in condizione di fornire alla Turchia armi moderne in quantità sufficiente, pensa che gli ambienti governativi di Ankara siano tuttora propensi a non impegnarsi definitivamente con nessuno.

Ad Ankara, naturalmente, secondo le notizie in possesso dei bulgari, tutti gli occhi appaiono rivolti verso il Fronte Orientale e verso gli avvenimenti che vi si preparano. Se i tedeschi riusciranno a sorpassare il Caucaso con forze tali, e tanto fresche, da poter ancora dilagare verso Sud ossia verso Iran e Golfo Persico, la Turchia potrà modificare il suo atteggiamento. Ma se viceversa, anche nel caso di una vittoria ad Oriente, l'Esercito germanico dovrà arrestarsi, perché stanco, prima di raggiungere la frontiera iraniana, la Turchia continuerà a barcamenarsi senza prendere atteggiamenti. Essa però, frattanto, a quanto sembra accertato, sta rinforzando con qualche unità le sue truppe dislocate alla frontiera verso il Caucaso e ciò evidentemente anche perché essa comincia ad impressionarsi della mano libera che gli inglesi stanno, in pratica, accordando, in Iran, ai sovietici.

(l) Con T. 2222/58 r. del 30 marzo 1942, ore 1,45, Buti aveva riferito che da parte tedesca non s'Intendeva fare pressioni per Il ritorno al Governo di Lavai.

419

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 1° aprile 1942.

Come è noto, il [28-l 29 marzo u.s. ha avuto luogo a Lubiana una riunione fra il Generale Roatta, il Generale Bader, Comandante tedesco in Serbia, e il Generale Laxa per l'Esercito croato, durante Ja quale sono state fissate le direttive e n piano d'impiego delle unità per le operazioni contro i ribelli in Bosnia.

L'unico punto rimasto controverso è quello della linea di condotta da seguire di fronte ai cetnici della Bosnia. Il Comando italiano ha fatto presente la convenienza di cercare di ottenere, prima dell'inizio delle operazioni, che i cetnici rimangano neutrali nella lotta che verrà condotta contro i nuclei comunisti. Il Comando tedesco si è dichiarato d'accordo, facendo presente la possibilità di un aggravamento della situazione in Serbia qualora si debba agire in Bosnia anche contro i cetnici. Da parte croata sono invece stati sollevati dubbi circa la possibilità di ottenere dai cetnici quanto desiderato. Il Generale Laxa si è riservato di riferire al suo Governo circa le proposte italatedesche e di far conoscere quanto prima il punto di vista delle Autorità croate.

420

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R.s.N. 6927/AG. Torino, 1° aprile 1942 (per. il 7).

Il 30 marzo u.s. l'Ammiraglio Duplat ha avuto un colloquio col Generale Vacca Maggiolini, nel quale ha esposto varie questioni.

L'Eccellenza il Presidente ne ha 'informato verbalmente l'Eccellenza Cavallero il 31 marzo, e mi disse che ne avrebbe intrattenuto anche i Ministri Pietromarchi e Vitetti.

Al Generale Gelich, attualmente a Parigi per incontrarsi col Col. Bohme, Capo di S. M. della Commissione tedesca, è stato 'inviato il foglio, qui unito in copia, nel quale è ampiamente riassunto il colloquio Vacca MaggioUniDuplat.

L'Ambasciatore Buti è stato informato di quanto precede dal Generale Gelich.

ALLEGATO.

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL SEGRETARIO GENERALE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, GELICH

Torino, 31 marzo 1g42.

Nel pomeriggio di ieri 30 marzo l'Eccellenza il Presidente della C.I.A.F. ha ricevuto l'Ammiraglio Duplat, il quale gli ha fatto importanti comunicazioni riguardo alle questioni più gravi attualmente in pendenza fra questa Commissione e la parte francese, ed in generale allo stato attuale dei rapporti fra i due paesi.

'l'ali comunicazioni assumono particolare rilievo per il fatto che, secondo l'espressa dichiarazione dell'ammiraglio Duplat, esse rispondono a precise istruzioni impartitegli in proposito dall'Ammiraglio Darlan, vice presidente del Consiglìo francese.

I punti toccati dall'Ammiraglio Duplat sono stati i seguenti:

l. ~~-Controllo marittimo.

Al riguardo l'Ammiraglio Duplat ha assicurato l'Eccellenza il Presidente nel modo plU esplicito che è intendimento del governo francese di risolvere in senso favorevole ai nostri desideri le questioni attualmente in pendenza, relative al controllo sulle navi e sugli impianti di difesa e di produzione navale. Alcune di tali questioni (visite a bordo delle navi armate, alle batterie costiere, controllo dell'arsenale di Tolone) erano come noto diventate particolarmente acute in questi ultimi tempi, ed in merito ad esse era stata appunto prospettata la utilità di un intervento compiuto d'accordo con la C.T.A. Le assicurazioni fornite dall'Ammiraglio Duplat rispondono al preciso richiamo compiuto in proposito dall'Eccellenza il Presidente in occasione delle concessioni accordate per la nave « Dunkerque ».

L'Eccellenza il Presidente ha avuto l'impressione che tali assicurazioni permettono di ritenere possibile e prossima l'auspicata parificazione dell'efficienza del controllo marittimo a quello terrestre e aereo, in vista specialmente del fatto che esse rispondono a precise direttive dello stesso Ammiraglio Darlan, nella sua duplice qualità di capo effettivo del governo francese e di comandante supremo della flotta.

2. -Attività esplicata da sudditi anglo-americani nella zona costiera mediterranea.

L'Ammiraglio Duplat ha assicurato all'Eccellenza il Presidente che la questione dell'attività esplicata da sudditi anglo-americani nella zona non occupata, e particolarmente nella regione costiera del Mediterraneo, è oggetto di seria considerazione da parte del suo governo, nell'intento di venire incontro ai nostri desideri e di stroncare l'azione spionistica esercitata a nostro danno.

L'Ammiraglio Duplat ha ammesso implicitamente che il provvedimento col quale il governo francese aveva disposto, nel luglio dell'anno scorso, l'allontanamento dai dipartimenti costieri dei sudditi inglesi, è rimasto ben lungi dal trovare integrale attuazione; ma ha fatto presente che, degli attuali residenti di nazionalità inglese e americana, 1'80-90 % sono vecchi e donne che si possono presumere innocui. A sua volta l'Eccellenza il Presidente non ha mancato di far rilevare all'Ammiraglio Duplat che, anche accettando per buona tale percentuale e tale presunzione, rimane una aliquota sufficiente -il 10 % -per esercitare efficacemente un'azione oltremodo dannosa.

Venendo quindi a parlare, accessoriamente, degli attuali rapporti tra la Francia e gli S.U.A., l'Ammiraglio Duplat ha lasciato intendere che sarebbe la stessa Germania a desiderare che il Governo francese non rompa interamente con quello americano. L'Eccellenza il Presidente ha accolto tale indicazione con molta riserva, e ritiene che essa debba esser posta in relazione con le note supposizioni circa un passo che già sarebbe stato compiuto da parte tedesca a Vichy allo scopo di chiarire l'esatto significato della attuale. poltiica francese, supposizioni confermate dalla recente intercettazione telefonica, da cui risultava che i rapporti tra Vichy e Washington erano oggetto di attenta sorveglianza da parte tedesca, e che questa ultima sembrava in possesso di importanti notizie al riguardo finora a noi non pervenute.

L'Eccellenza il Presidente ritiene che sarebbe utile che il Segretario Generale, approfittando dell'attuale suo soggiorno a Parigi e dei contatti da lui stabiliti colle autorità tedesche, compiesse al riguardo qualche sondaggio; successivamente, qualora non fosse possibile giungere ad una chiarificazione per tale via, verrà informato il colonnello Perrone a Wiesbaden.

3. -Tensione itala-francese.

Per ultimo l'Ammiraglio Duplat ha comunicato all'Eccellenza il Presidente che il Governo francese seguiva con grande preoccupazione i sintomi del riacceso atteggiamento anti-francese dell'Italia. I recenti attacchi della stampa italiana alla Francia e la ripresa campagna irredentistica avrebbero causato ai francesi una profonda e dolorosa sorpresa, e gli ambienti ufficiali francesi non riuscirebbero a comprendere le ragioni di tale rinnovata tensione nei rapporti fra i due paesi. Fra le possibili spiegazioni essi avrebbero pensato agli sviluppi del processo di Riom (1), oggetto dell'aspra condanna del Ftihrer e delle vivaci reazioni della stampa e dell'opinione pubblica dell'Asse. A questo proposito l'Ammiraglio Duplat aveva avuto l'incarico dal suo governo di comunicare ufficialmente all'Eccellenza il Presidente la notizia che il processo sarà sospeso, e ripreso in altro e più opportuno momento su basi interamente diverse. Tale notizia d'altronde è stata resa di pubblica ragione dai giornali odierni.

L'Ammiraglio Duplat si è peraltro mostrato ansioso di conoscere se altri motivi esistessero dell'attuale atteggiamento italiano; al che l'Eccellenza il Presidente, non ritenendo oportuno impegnarsi troppo formalmente in argomenti di carattere politico, ha risposto ricordando come, nello stesso quadro armistiziale, non manchino numerosi e gravi motivi per spiegare e giustificare l'inasprimento dei rapporti italo-francesi, quali i continuati incidenti antitaliani in Nord Africa, il trattamento fatto alle nostre collettività in quei territori, ed infine e particolarmente le manfestazioni svoltesi a Nizza per l'investitura del S.O.L.

L'Ammiraglio Duplat dichiarò di non essere al corrente di quest'ultimo argomento, che pure è stato oggetto del recente intervento della C.I.A.F. Tuttavia, in vista del fatto che effettivamente l'Ammiraglio Duplat è rientrato soltanto in questi giorni da Vichy, l'Eccellenza il Presidente si è formato la convinzione che egli fosse del tutto sincero in questa sua affermazione, come d'altronde lo fosse nelle assicurazioni da lui date di voler esaminare la questione, insieme alle altre citate, allo scopo di dare soddisfazione alle nostre rimostranze e di appianare nella maggiore misura possibile le cagioni di attrito nei nostri rapporti.

L'eccellenza il Presidente ha informato in data odierna l'Eccellenza il Capo di Stato Maggiore Generale delle comunicazioni fattegli dall'Ammiraglio Duplat, e desidera che, per il tramite del Segretario Generale, attualmente a Parigi, ne sia informato l'Ambasciatore Buti.

421

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2345/177 R. Kabul, 2 aprile 1942, ore 17,40 (per. ore 20,20 del 4).

Da telegrammi che ultimamente riceve Legazione Germania si ha impressione che a Berlino si creda che qualche cosa si prepari intorno Afghanistan.

Inglesi in questo momento dovrebbero avere altro da pensare; informazioni recentissime mi danno a 28 mila uomini truppe britanniche dislocate da Nowshera al confine Belucistan, truppe indiane che sono gran parte reclute; numero già bassissimo per normale compito polizia frontiera è assolutamente [inadeguato] per azioni offens1ive. Perfino Primo Ministro non sembra più credere pericolo inglese. Per quanto concerne Russia voci concentramento truppe russe a Merv non sono confermate: noto amico anzi mi ha

33 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

detto che secondo informazioni Governo non vi sono (ripeto non) concentramenti truppe sovietiche nel Turkestan.

Russi hanno principalmente lavorato creazione in Afghanistan partito comunista: hanno preso di mira proletari intellettuali; Governo non osa reagire apertamente e qualche successo c'è; nel Nord stanno cercando prendere contatti con vecchi autonomisti di Ibrahimbek. Ho poi impressione che Afghanistan serve di base intensa attività comunista in India, dove a Cripps ed a Nehru è solo affidata funzione di Kerensky. Ma a mia impressione si tratta per ora soltanto lav oro preparazione.

È vero fino ad un certo punto che l'Inghilterra ha bisogno di non irritare Russia. Ma è anche vero che cerca difendere come meglio può sue posizioni e credo che specie dopo esperienza Persia farà il possibile per evitare entrare -con i Russi -in Afghanistan; ma anche Russia non può ancora permettersi ignorare suscettibilità inglese né ha interesse disturbare con azioni intempestive campagna di addormentamento che sta facendo con successo in India.

Pericolo bolscevismo esiste indubbiamente per questo Paese ma tutto dipende da prossima campagna in Russia: se cose dovessero andare non bene, allora Persia Afghanistan India saranno fatalmente travolte; si tratta nella peggiore ipotesi di una eventualità che potrebbe cominciare a realizzarsi solo nella seconda metà dell'anno corrente.

(l) Vedl D. 299.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L.S.P. 1/1853. Roma, 2 aprile 1942.

Un industriale italiano di ongme tedesca e che ha frequenti contatti con ambienti tedeschi, ha scritto in una lettera di cui abbiamo avuto conoscenza, che in Germania circola il seguente << Witz »: la guerra contro la Russia durerà due mesi, quella contro l'Inghilterra quattro mesi e quella contro l'Italia quattro giorni.

Ti prego di volere accertare se questa barzelletta sia effettivamente diffusa costà (1).

423

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. R. 893/464. Ankara, 2 aprile 1942 (per. il 7 ).

Nell'imminenza delle attese operazioni militari a carattere decisi;,·o, stimo utile coordinare alcuni elementi informativi, già riferiti di volta in volta, per definire, in quanto possibile, la posizione della Turchia.

45R

Due fattori agiscono in misura preponderante sulle disposizioni attuali dei circoli dirigenti turchi: l 0 ) l'estendersi delle armate sovietiche lungo i confini orientali e sud-orientali della Turchia; 2°) la probabile partecipazione bulgara al conflitto armato.

Riguardo al primo di questi fattori non vi è il minimo dubbio che gli avvenimenti occorsi in Iran e la graduale ritirata degli inglesi davanti alla pressione russa nonché l'infiltrazione di elementi bolscevichi in zone dove finora si esercitava incontrastato il dominio britannico, provocano preoccupazione ed allarme. Si teme (e la propaganda tedesca è molto attiva nell'insinuarlo) che i russi per alleggerire la spinta tedesca sul loro fronte tentino di creare -volenti o nolenti gli inglesi -l'auspicato nuovo fronte precisamente ai margini della Turchia. Aggiungasi che gli anglo-americani non cessano di spingere la Turchia ad unirsi al fronte democratico servendosi di argomenti di pura propaganda ma fornendo anche le note positive prestazioni. Essi mettono in evidenza i meriti che si acquisterebbe la Turchia se ponendo a disposizione del fronte democratico le sue armi la sua attrezzatura i suoi aeroporti rendesse possibile dirigere verso l'Anatolia mezzi e rifornimenti in quantità illimitata, distruggere i pozzi petroliferi della Rumania, ricacciare i tedeschi dal Mar Nero, costituire successivamente il fronte balcanico, circuire la Germania e terminare la guerra.

La Turchia non si lascia impressionare dalla propaganda né sedurre dalle offerte, e persiste ad apporre il più formale rifiuto a qualsiasi partecipazione al conflitto. Ma è costretta a prendere misure di precauzione anche per l'eventualità cui sopra accennavo che la Russia, vedendosi perduta, cerchi comunque di creare nel Vicino Oriente il fronte prebalcanico. Risulta infatti che in questi ambienti militari si sta esaminando la possibilità di un graduale rafforzamento delle frontiere orientale e sud orientale.

L'altro fattore che .inftuisce sulle attuali disposizioni di questi circoli dirigenti è l'atteggiamento della Bulgaria. Con unanimità rivelatrice la stampa ed i circoli politici hanno plaudito al discorso di Filoff (l) ed hanno in ogni modo incoraggiato la Bulgaria a muovere in guerra contro la Russia, tranquillizzandola completamente circa le intenzioni della Turchia. Gli scopi che si vogliono così raggiungere sono evidenti: in primo luogo, mentre Rumania ed Ungheria proiettano vecchie controversie sullo sfondo del rispettivo concorso alla campagna di Russia, giova -nel calcolo della Turchia -che la Bulgaria non accampi pretesti per esimersi da tale concorso e che anzi vi si esaurisca il più possibile; in secondo luogo, se i bulgari sguarnissero la frontiera tracica ciò permetterebbe anche ai turchi di fare altrettanto e di convogliare maggior numero di forze verso le frontiere che oggi sembrano pm minacciate; in terzo luogo, la Turchia viene a crearsi per il futuro un nuovo titolo di benemerenza da far valere nei riguardi della Germania.

In seno al Governo turco, concorde nel desiderare ardentemente la completa sconfitta della Russia, si notano due tendenze: la prima, che fa capo a Saracoglu, è nettamente ottimista sui risultati della futura offensiva dell'Asse; la seconda, di cui è portavoce nei circoli diplomatici Menemencoglu,

459 considera l'avvenire con riserva. Per ora questa divergenza di apprezzamento della situazione militare non si ripercuote sulle direttive politiche che sono quelle ben note di neutralità e di difesa della neutralità; ma a misura che gli avvenimenti si svilupperanno in un senso o nell'altro una delle due tendenze prenderà il sopravvento e determinerà una maggiore o minore connessione della Turchia alla nostra causa o a quella del nemico 0).

(l) Alfieri non rispose per iscritto a questa lettera: è probabile che lo abbia fatto oralmente essendosi recato in congedo a Roma il 9 aprile.

(l) Vedi D. 410.

424

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. S. U. 7133/AG. Torino, 2 aprile 1942 (per. il 4).

Seguito n. del 1° corrente n. 6927/AG (2). La sera del 31 marzo u.s. il Generale Vacca Maggiolini è stato ricevuto dal Duce, in presenza del Generale Cavallero.

Si unisce ,l'appunto relativo al colloquio, nel quale il Capo del Governo ha confermato e precisato le direttive attuali da seguire nei confronti della Francia.

Per quanto concerne il rilievo del Duce (penultimo cpv. p. 2 dell'allegato) sui soli 1000 kmq. circa di territorio metropolitano continentale che noi rivendichiamo dalla Francia, si osserva che l'antica Contea di Nizza misurava 3054 kmq. Nel 1860 la Francia, dopo l'annessione di Nizza, aggiunse alla Contea il circondario di Grasse, e costituì così il Dipartimento delle Alpi Marittime (3736 kmq.). La superficie indicata dal Duce comprenderebbe presso a poco il saliente di Breglio e l'antica Contea fino alla Val Tinea, alla confluenza della Tinea nel Varo, e di lì fino alla foce di quest'ultimo.

Su indicazione di questa Sottocommissione la C.I.A.F. ha inviato a Roma un breve appunto all'Eccellenza il Presidente, per richiamare la sua attenzione in proposito.

ALLEGATO.

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA D'ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI

Roma, 31 marzo 1942, ore 20,45-21,15.

Su invito del Duce, gli espongo quanto l'amm. Duplat mi ha incaricato, a nome dell'amm. Darlan, di riferire al Governo italiano.

Il Duce, durante la mia esposizione, mi interrompe più volte, sia per esprimere il suo sdegno per quanto si va facendo a Riom (con particolare riguardo alle disposizioni di taluni generali circa le operazioni sulle Alpi occidentali), sia per dichiarare di non credere affatto che la Germania approvi le remissività francese verso gli S.U.A. Essendosi

accennato al riaffacciarsi di Lavai sulla scena politica, il Duce dice di crederlo un uomo senza seguito; il suo viaggio in Germania tende a trasformare una parte dei prigionieri in lavoratori agricoli e industriali concessi dalla Francia; a spostare la linea di demarcazione come premessa al trasporto della Capitale a Parigi; a ridurre le indennità. Sarà però ben difficile che Lavai possa riuscire.

Finita la mia esposizione, il Duce esprime il suo giudizio sulla situazione in Francia, giudizio che coincide esattamente colle più recenti lettere della C.I.A.F. in argomento: pericolosi progressi del comunismo in combutta col nazionalismo e col degollismo (tutti alimentati dall'oro anglo-sassone); nessuna energia volitiva; incomprensione della propria situazione in Europa; persistenza della vecchia albagia e della fiducia nel materialismo (potenza industriale e finanziaria degli S.U.A.); governo debole e di scarso prestigio.

Dichiara poi che noi ci terremo sempre in grado di fronteggiare la situazione. Anche la Germania, che evidentemente condivide i giudizi italiani sulla situazione in Francia, ha voluto assicurarsi che l'invio di nostre truppe in Russia non ci avrebbe troppo indebolito sulle Alpi. Glielo abbiamo garantito.

Interviene l'Ecc. Cavallero avvertendo che, all'occorrenza potremo contare anche su otto divisioni, tra cui una (Legnano) già fin d'ora in perfetta efficienza, una (Piave) motorizzata, una (Centauro) corazzata, mentre le altre sono in via di addestramento e di completamento.

Il Duce conclude ordinandomi di persistere nella via finora seguita. Se la Francia vuole collaborare con noi, si decida a fare all'Italia proposte concrete, che tengano conto realistico della situazione.

Il Duce è persuaso che se noi ci accordassimo direttamente colla Francia per le nostre rivendicazioni, la Germania non vi si opporrebbe; ne sarebbe anzi lieta, vedendosi così sollevata dall'azione, sempre ingrata, di mediatrice.

D'altra parte la Francia dovrebbe persuadersi che le nostre richieste sono modeste: del territorio metropolitano vero e proprio non chiediamo che mille Kmq. circa; della Corsica è inutile discutere, perchè non c'è trattato di geografia che non ne riconosca l'italianità.

Quanto alle colonie sarà facile intendersi quando, al tavolo della pace, si tratterà di ripartire la ricca eredità inglese.

(1) -Il presente documento è vistato da Mussollnl. (2) -Vedi D. 420.
425

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2323/217 R. Tokio, 3 aprile 1942, ore 7,50 (per. ore 17,15).

Telegramma Ministeriale n. 242 0).

Secondo R. Ambasciata presso il Vaticano ha riferito, Santa Sede si disporrebbe ricevere Rappresentanti diplomatici Chang-Kai-Shek parallelamente e quasi contemporaneamente all'inviato giapponese. Può anche darsi che la cosa non abbia qui immediate e clamorose ripercussioni. L'impressione sarà peraltro indubbiamente assai viva e tale da far perdere forza, in un Paese a reazioni lente ma decise, come questo, molto del terreno recentemente guadagnato col nostro appoggio. Non mancano in Giappone in questo momento di esaltazione nazionalistica correnti di opinione pubblica che proclamano necessità eliminare dalla nuova Asia Orientale altra forma di culto non strettamente nazionale o quanto meno di influenza straniera. È da tenere conto che Giappone controlla attualmente in Cina, in misura notevolmente maggiore di Chung-King, missioni

cattoliche colà esistenti. D'altra parte è noto come lotta con Chung-King ed estremo rispetto nei riguardi della Cina sia alle origini della parte essenziale degli orientamenti e delle iniziative nipponiche.

Né può ora considerarsi che Chang-Kai-Shek rappresenti la Cina, fuori che nei riguardi anglo-americani. Tanto che lo stabilire relazioni diplomatiche con Chung-King difficilmente potrebbe essere giustificato col principio della neutralità della Santa Sede. Sarebbe sommamente desiderabile per noi e consigliabile per la Santa Sede che si ponesse quanto meno qualche intervallo tra i due avvenimenti e, senza creare dannose animosità, Segreteria di Stato pazientasse nei riguardi di Chung-King almeno in questi giorni stabilendo opportuni contatti col nuovo Rappresentante nipponico e per questo e per altri riguardi.

(l) Vedi D. 402.

426

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2329/169 R. Ankara, 3 aprile 1942, ore 15,30 (per. ore 3,27 del 4).

Telegramma di V. E. n. 99 (1).

Senza sollevare formalmente la queste ho parlato con Saracoglu e Menemencoglu della durata di validità del trattato neutralità e conciliazione del 30 maggio 1928. Menemencoglu, che ha esaminato attentamente i testi, mi ha dichiarato stamane che il Governo turco è d'accordo nel considerare il Trattato automaticamente prorogato per un altro periodo di cinque anni. Nel corso della conversazione egli mi ha manifestato qualche dubbio sulla fondatezza giuridica di tale interpretazione ma si è detto lietissimo che essa rende così possibile il mantenimento in vita del Trattato politico esistente fra l'Italia e la Turchia.

427

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2366/319 e 330 R. Santiago, 3 aprile 1942, ore 16,34 (per. ore 6,30 del 5).

(!) Vedi D. 375.

Temo inoltre che pressione nord-americana, già economicamente divenuta intollerabile per maggioranza popolo per rarefazione ed estrema altezza prezzi merci, possa spingere per necessità popolo e Governo cileno verso gli S.U. d'America. Situazione a tale proposta descritta da Rossetti è in gran parte esatta per quanto concerne propaganda e pressioni nord-americane e situazione locale, e tutto fa credere che debba necessariamente peggiorare poiché S.U.A., che sono ormai unici fornitori questi mercati, saranno di giorno in giorno sempre meno in condizioni esportare merci Cile. Ma è evidente che egli vede situazione con esagerato pessimismo. Per amarezza lasciare potere, cui è particolarmente attaccato, senza speciale successo che lo rende uomo necessario politica estera Cile da fargli sperare prossimo ritorno Governo, fannogli considerare avvenimenti internazionali sotto angolo soggettivo e fallace, poiché tanto lui quanto gran parte uomini politici Cileni, ingannati e accecati dalla propaganda nord-americana o spinti da interessi non si rendono conto o non vogliono rendersi conto che le Potenze Patto Tripartito sono adesso vittoriose in ogni fronte.

Sta il fatto che nonostante suoi errori, sovente ragguardevoli, dovuti tutti ad inesperienza, a vanità e presunzione, ma mai per intenzione a noi avversa, egli seppe sino a qui mantenere Cile unito ad Argentina ed alieno conflitto, creando qua direttiva politica neutralità che ha potuto sino ad oggi resistere violenti attacchi S.U.A. e tutti i paesi americani con essi riuniti. Non so se Rossetti sarebbe stato in grado sempre e a mantenere Cile in tale situazione e a fronteggiare ogni offensiva anglo-americano-sovietica poiché resistenza questo piccolo e povero popolo è sotto ogni rapporto scarsa, ma è per lo meno certo che finché Rossetti fosse stato potere mai tale linea sarebbe stata abbandonata e mai Cile sarebbe entrato in guerra con sua patria origine, Italia.

Sua partenza, nonostante assicurazioni e dichiarazioni fattemi ripetutamente questi giorni da elementi nuovo Governo favore neutralità, apre pertanto nuova era non scevra grandi incognite e quindi pericoli. Neutralità cilena, proclamata Rio de Janeiro in unione Argentina come principio politico assoluta necessità e convenienza per avvenire paesi, può infatti, come già si intravede da qualche discreta manifestazione, cambiarsi in condizione provvisoria e accidentale, non rispondente ad alte finalità politiche, ma solo in previsione timore conseguenze che potrebbero derivare qualora fosse abbandonato per imbrancarsi con paesi già accodati S.U.A. nella illusoria credenza poter da essi aver allevio ed aiuto alla difficile penosa situazione cui incontrasi già paese, in parte come conseguenza avvenimenti mondiali, e in gran parte per imprevidenza e abusi questo Governo di fronte popolare.

Mi riservo ritornare più precisamente su tale questione non appena abbia avuto nuovi colloqui con nuovo Ministro degli Affari Esteri e con Presidente della Repubblica (1).

(ll Tale ulteriore dispaccio non è stato rinvenuto.

428.

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 10836/066 P. R. Parigi, 4 aprile 1942 (per. il 9).

Vostro telegramma n. 49 (1).

l. -Secondo notizie fornitemi da questo R. Commissario Commerciale e da Segretario Generale Commissione Italiana di Armistizio (questo ultimo a Parigi per qualche giorno per incontrarsi con Colonnello Bohme, Capo Stato Maggiore Commissione tedesca di Armistizio), e secondo loro apprezzamento la questione dei trasporti in Libia dalla Tunisia di automezzi e materiali vari, nonché di benzina, interesserebbe in questo periodo, più che tutto la Germania. Da parte tedesca non si sapeva esattamente però quali affidamenti potessero essere stati dati in proposito da Vichy a Washington.

Neanche per derrate alimentari la Commissione tedesca era bene informata. Per queste ultime tuttavia, secondo m'informa Pigozzi, continuerebbe attualmente, in misura ridotta, il trasporto del grano della seconda quota degli accordi Trevisani e la questione sarebbe stata esaminata recentemente a Roma dal R. Ministero, dall'Africa Italiana e dagli Scambi e Valute.

2. --Intero problema dei trasporti e dei rifornimenti dal Nord Africa francese in Libia e dal Nord Africa francese in Francia (fosfati e ferro) è stata già oggetto di esame da parte del Generale Gelich e del Colonnello Bohme. I Presidenti delle due Commissioni d'Armistizio italiana e tedesca prenderanno in questi giorni in esame l'opportunità di prospettare la questione ai rispettivi Comandi Supremi per chiedere se non si ritenesse opportuno di domandare chiarimenti alla Delegazione francese d'armistizio, in relazione ai probabili affidamenti che la Francia avesse potuto dare agli Stati Uniti. 3. --Le due Commissioni d'Armistizio italiana e tedesca hanno inoltre prospettato ai rispettivi Comandi Supremi la questione dell'esistenza o meno del diritto delle Potenze dell'Asse di essere tenute al corrente dalla Delegazione francese di Armistizio dei rapporti del Governo francese col Governo americano in base alla Convenzione d'Armistizio Italiana (art. XIV) e tedesca (art. X).

(319) Avuto con Rossetti lungo colloquio prima che abbandonasse potere. Mi ha confermato esser quasi certo che il suo successore e nuovo Presidente della Repubblica seguiranno «almeno in primo tempo » sue direttive politiche e manterranno Cile neutrale, ma che dubita seriamente che tali direttive possano essere seguite anche in prossimo futuro se in primavera potenze Tripartito non sapranno assestare colpo decisivo agli Alleati, esito di cui cominciasi dubitare Cile a causa sfrenata efficientissima propaganda nord-americano-sovietica che, a difetto vittoria, dilaga su America notizie destreggiate abilmente su condizioni interne Germania e Italia.

(330) Partenza Rossetti da Governo è comunque per noi sensibile perdita, poiché sua indiscutibile devozione sua patria origine e comune nostra cordiale amicizia mi permettevano parlare con lui con estrema franchezza ed anche sovente influito o anche intervenire sue direttive e decisioni.

429

IL CONSIGLIERE NAZIONALE, SCORZA, AL CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE DI MUSSOLINI, DE CESARE

L. P. Roma, 4 aprile 1942.

Sono stato mandato a celebrare il Natale dei Fasci a Monaco di Baviera. Cerimonia italiana, calda e vibrante; accoglienza tedesca, cordiale.

Ma un fascista deve sempre saper guardare, considerare, ascoltare.

Ti scrivo quindi per dirti il succo del mio viaggio, con questa mia preoccupazione e raccomandazione: che tu faccia di questa lettera l'uso più riservato perché non desidero affatto di urtare la suscettibilità di amici gerarchi e attirarmi -eventualmente -la loro ostilità.

l) Nella mattinata del giorno 29 fui invitato ad assistere -insieme con la rappresentanza uftìciale italiana -al rapporto di tutti i gerarchi della Baviera tenuto dal Gauleiter Wagner. Rilevo i seguenti punti:

a) nessun saluto alla rappresentanza italiana: l'unica presente; b) parlando degli operai stranieri che lavorano in Germania, Wagner non ha fatto alcuna distinzione tra le varie nazionalità, anzi ha indurito il tono ed il gesto per pronunciare parole come queste: «In Germania l'unico che ha diritto di comandare è il tedesco e tutti gli altri debbono assoggettarsi a ciò che vuole il tedesco». «Questi che vengono a lavorare da noi debbono pensare che noi abbiamo il diritto di pretendere da loro quanto pretendiamo dai nostri soldati, e aggiungo anche che i soldati rischiano la vita ed essi no». «Non vi può essere orario di lavoro da rispettare rigidamente, perché i soldati non hanno orario, né possono essere fatte delle condizioni particolari per nessuno». Queste parole del gerarca nazionalsocialista, messe in relazione con le nostre masse operaie presenti in Germania, possono lasciare perplessi per l'accomunamento che esse sottintendono tra lavoratori italiani e prigionieri di guerra di varie nazionalità;

c) il Wagner, esaltando lo sforzo guerriero della Germania sul fronte est, sul Mediterraneo, sull'Atlantico, non ha avuto alcuna parola di particolare riconoscimento per l'azione dell'Italia. «La Germania -ha detto -combatte non per sé sola, ma è essa sola che combatte per tutta l'Europa »;

d) il discorso conteneva inoltre vivaci spunti polemici interni; come: corruzione, insensibilità, mormorazioni su disagi e sulle restrizioni, gente che conduce vita comoda mentre c'è chi soffre, ecc. Dal che si vede che tutto il mondo è paese.

2) Ho fatto inoltre queste altre osservazioni: a) i nostri rappresentanti -sia quelli Consolari che di Partito -godono considerazione e simpatia persona-le. Ma ciò non basta per risolvere alcune questioni di prestigio -sostanziale e formale -accese dalla presenza delle masse operaie italiane;

b) l'operaio italiano in Germania ha, in generale, la mentalità dell'emigrato. Quindi, l'unica preoccupazione, far danaro, risparmiando il più che sia possibile anche a scapito della propria dignità; cercare con tutti i mezzi occupazioni -spesso mortificanti e in qualche caso anche non lodevoli -onde procacciarsi guadagni straordinari. Da tale mentalità deriva che i nostri operai non si sentono di fronte ai tedeschi alla pari e alleati in uno sforzo di guerra comune, ma si trovano esclusivamente nello stato d'animo di chi è costretto a fare un lavoro per guadagnare e deve ossequio e rispetto al datore di lavoro straniero verso il quale serba in fondo al proprio cuore rancore più che simpatia;

c) la popolazione giudica, in generale, questi nostri operai come degli imboscati venuti ad occupare il posto dei corrispondenti elementi tedeschi i quali sono costretti a fare la guerra anche per l'Italia. Come dicevo prima, i nostri operai -mancanti di una severa educazione e quindi di una chiara coscienza della nuova posizione dell'Italia all'estero -non fanno nulla per eliminare questo ingiusto giudizio o. almeno, per mitigarne le conseguenze;

d) molto tempo libero viene lasciato agli operai italiani fra i turni di lavoro senza una precisa occupazione che valga a sollevarli dalle considerazioni personali, d'ambiente ed anche dalla nostalgia, e a portare la loro fatica sopra un piano di valutazione generale e nazionale. Sopratutto interessante sarebbe tener desti e vigili gli spiriti in modo da renderli impenetrabili a due propagande. La propaganda tedesca che diffonde sempre di più il concetto di una supremazia guerriera della razza tedesca verso le altre razze di lavoratori (quella italiana compresa); la propaganda russa che si infiltra sia attraverso i prigionieri, sia attraverso agenti bolscevichi che certamente non mancheranno di circolare anche fra i nostri operai.

Occorrerebbe, a mio parere, che i capi preposti in Germania ad aver cura dei nostri operai fossero selezionati rigorosamente in modo da convincerli addirittura di un vero e proprio sacerdozio d'italianità da condursi oltre i confini della Patria. Questi capi -politici o sindacali -collegati fra di loro con un sistema gerarchico di piena responsabilità, dovrebbero giungere sino nei più lontani baraccamenti. La loro opera dovrebbe svolgersi dalla cura personale -barba, capelli, vestiti, scarpe, contegno sul lavoro, contegno in pubblico, rapporti con le famiglie e con l'Italia (l) -alla più profonda cura spirituale. Questa ultima non dovrebbe essere affatto intensa solamente come divertimento e svago, ma -essenzialmente -come educazione di carattere, di fierezza, di dignità della quale lo svago dovrebbe essere un'integrazione. Bisognerebbe arrivare al massimo di far sentire a ciascuno degli operai italiani di essere un rappresentante della civiltà fascista.

Compito difficile indubbiamente, ma indispensabile se si vuole raggiungere lo scopo di conservare il più vigoroso e più vitale elemento del prestigio italiano cioè: quello di essere -proprio noi --i rappresentanti dell'Era Nuova voluta e creata da Benito Mussolini.

Particolare valore questa azione ha in Germania, in un paese cioè in cui domina solamente il concetto della forza suffragata dal successo militare; e nel quale non da tutti -né compiutamente -è valutato l'apporto guerriero dell'alleata Italia.

La Germania è sensibile alla superiorità della cultura e del pensiero mussoliniani: occorre pertanto che anche il più umile rappresentante dell'Italia non diminuisca l'efficacia di tale patrimonio ideale.

Tutto quanto si riferisce ai rapporti fra l'Italia e la Germania riceve in Baviera una interpretazione particolare. Un miglioramento di tale rapporto viene

moltiplicato nell'opinione pubblica; come viene moltiplicato un qualsiasi movimento o episodio di disappunto: sensibilità pantografica.

Avviene però che, generalmente, Monaco è solamente la stazione di transito nei collegamenti tra Roma e Berlino. Di questo pare si dolgano un poco gli esponenti bavaresi i quali non si sentono abbastanza considerati dal Partito Nazionale Fascista. Non va dimenticato che la posizione di Monaco rispetto a Berlino è quella di Milano rispetto a Roma.

Talvolta sono piccole questioni di sfumatura che fra le capitali vengono rapidamente risolte mentre in Baviera acquistano una risonanza sentimentale non trascurabile.

Sarebbe forse opportuno che venisse trovata l'occasione di invitare in Italia il Gauleiter Wagner con i maggiori esponenti propagandistici per trattenervisi qualche giorno in visita alle nostre più notevoli organizzazioni, agli stabilimenti di guerra, ai cantieri, ecc.

Sarebbero proprio questi gerarchi che hanno quotidianamente rapporto con le centinaia di migliaia di iscritti al nazionalsocialismo i quali potrebbero, sotto l'impressione diretta di quanto il Regime ha realizzato in Italia e di quale immane sforzo bellico sia gravata la nostra nazione, snebbiare gli equivoci e gli errori di valutazione i quali ancora possono permanere nell'animo di questi camerati tedeschi: i più vicini alla nostra frontiera.

Non parlo poi se la visita potesse concludersi con un ricevimento del Duce. Acquisteremmo in Baviera una valutazione reale della nostra posizione: molto diversa di quella che attualmente in generale è diffusa.

Tutto questo, caro De Cesare, ho creduto di dirti perché i rapporti di amicizia che ci legano mi hanno fatto giudicare mio dovere metterti al corrente di quanto ho potuto osservare, per l'uso che tu crederai di farne. Comunque ti prego di non dimenticare la preoccupazione personale alla quale ti accennavo da principio.

(l) Vedi D. 411.

(l) Nota del documento: <<Non si potrebbe adottare una speciale 'tuta' oppure un bracciale, o semplicemente un distintivo con una scritta di questo genere: ' Corpo lavoratori italiani'? I tedeschi in Africa portano sul braccio 'Afrika Korp '>>.

430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. 12248/259 P.R Roma, 6 aprile 1942, ore 23.

Vostro 217 (1).

Questo Ambasciatore del Giappone ha oggi comunicato a questo Ministero d'ordine del suo Governo: che sono giunte a Tokio in questi giorni insistenti informazioni che danno per conclusi i negoziati fra il Governo di Chung-king e la Santa Sede per una ripresa dei rapporti diplomatici.

È molto sgradevole per il Governo giapponese -aggiunge la comunicazione --che ciò avvenga immediatamente dopo l'accreditamento di una missione nipponica presso il Vaticano e dopo che Italia, Germania ed altre Potenze

hanno dichiarato di riconoscere come il solo Governo della Cina quello di Nanchino.

Il Governo giapponese domanda in conseguenza che il R. Governo voglia cooperare con Tokio per cercare di impedire ripresa di relazioni tra Chang Kai Shek e Vaticano.

È stato risposto all'Ambasciatore del Giappone che può assicurare senz'altro il suo Governo che faremo da parte nostra del nostro meglio e con lo spirito più amichevole nel senso desiderato da Tokio.

Per Vostro orientamento ed informazione ricordo che sin dai primissimi approcci col Vaticano per favorire lo stabilimento di relazioni col Giappone, la Santa Sede ci aveva immediatamente fatto presente che, qualora queste fossero sboccate ad esito favorevole, le sarebbe stato certamente non agevole ulteriormente temporeggiare -come sinora aveva fatto -dì fronte ad analoghe richieste rivoltele già da qualche tempo da Chang Kai Shek. Ciò che era stato da parte nostra portato subito a conoscenza dell'Ambasciata nipponica.

Ci risulta d'altra parte che serie pressioni in quel senso sono state fatte in questi ultimi tempi non solo da parte cinese, ma da parte, ad esempio, americana e britannica, per ragioni ovvie. Ora la Santa Sede, Potenza non politica ma religiosa, deve necessariamente tener conto anche dei desideri e delle esigenze delle grandi masse cattoliche dei Paesi indicati. La questione non è per conseguenza limitata alla Cina, ma ha termini molto più vasti e portata molto più complessa.

Si aggiunge che la Santa Sede continua ad avere rapporti normali non solo con gli Stati in guerra con noi, ma continua anche a mantenere presso di sé i Rappresentanti diplomatici di quegli Stati, come la Polonia, ormai privi di personalità giuridica internazionale in seguito all'occupazione germanica. La neutralità vaticana va dunque intesa in senso particolare e comunque non politico o non prevalentemente politico.

In considerazione di quanto precede sembra molto improbabile riuscire ad impedire, per le ragioni indicate, stabilimento relazione con Chung-king. Anche in questo caso ci adopereremo tuttavia perché quest'ultima iniziativa sia allontanata nel tempo, in modo da non far coincidere i due avvenimenti e dare al primo il maggiore e al secondo minore rilievo possibile.

In questo senso converrebbe certamente affrettare arrivo Ministro Harada.

Ci riserviamo ulteriori, più precise informazioni appena il R. Ambasciatore presso la Santa Sede, che è stato subito interessato a compiere un ene.rgico passo presso la Segreteria di Stato (1), ci avrà fatto conoscere reazione e propositi Vaticano.

(l) Vedi D. 425.

(l) Ritrasmettendo a Guariglia con T. 12307 p.r. del 7 aprile 1942 il D. 425 e l primi cinque capoversi di questo telegramma, Ciano aggiungeva le seguenti istruzioni «VI prego di voler fare d'urgenza presso codesta Segreteria di Stato il passo richiesto dal Governo alleato. Non mi nascondo naturalmente la difficoltà che il Vaticano si Induca ad aderire al puntodi vista nipponico. Qualora essa si manifestasse invincibile, sottolineate sopra tutto la convenienza almeno di scaglionare i due avvenimenti nel tempo e l'opportunità di dare alla ripresa nipponica ed a quella cinese rispettivamente il maggiore e il minore rilievo possibile>>. Per la risposta di Guariglia vedi D. 433.

431

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 6 aprile 1942.

Il Gran Mufti e il Signor Gailani mi hanno consegnato l'acclusa lettera diretta alla Vostra persona (1).

In tale lettera essi, riconfermando la loro gratitudine per le accoglienze del Governo Italiano e per il documento che Voi, Eccellenza, avete rilasciato al signor Gailani, rinnovano la loro preghiera di voler venire a una definizione della questione del riconoscimento dell'indipendenza dei Paesi Arabi.

Essi richiamano Ia Vostra particolare attenzione sulla propaganda britannica che in questo momento è particolarmente attiva, e sulla necessità di opporre a questa propaganda un'azione in favore dell'indipendenza dei Paesi Arabi che attiri questi Paesi verso le Potenze dell'Asse.

Infine il Gran Mufti e Gailani propongono uno scambio di lettere sul tipo di quelle scambiate tra Voi e Gailani per l'Iraq (2).

Ho detto al Gran Mufti e a Gailani che avrei sottoposto a Voi, Eccellenza, i documenti che essi mi presentavano. A titolo personale ho fatto tuttavia osservare loro che uno scambio di lettere non semplificava ma complicava la questione. Da un gesto unilaterale da parte della Germania e dell'Italia si passava a un regime di accordi, che non trovavano la loro base effettiva nella situazione dei Paesi Arabi, e che implicavano degli impegni, prematuri, a parte di questi Paesi. Ho aggiunto che, ai fini della propaganda, era certo più utile un gesto unilaterale come quello che noi avevamo intenzione di fare.

In ogni modo ho detto che questa era la mia impressione personale, e che Voi, Eccellenza, avreste deciso, sempre d'accordo con la Germania, con la quale dovevamo intenderei.

Analogo documento il Gran Mufti e Gailani hanno presentato all'Ambasciata di Germania. Anche l'Ambasciata di Germania è contraria alla conclusione di accordi.

Allo stato delle cose sembra utile che questo problema, che ormai si trascina da molti mesi, venga riesaminato d'accordo con la Germania, e si ve-da se è possibile dare al Gran Mufti e a Gailani un documento qualsiasi, che li tranquillizzi. Si potrebbe pertanto studiare con questa Ambasciata di Germania un testo più vago della dichiarazione un tempo concordata e promessa al Mufti, sotto forma di una lettera segreta da dirigersi ai due Capi Arabi (3).

(l) -Non pubblicata. (2) -Vedi D. 414. (3) -Vedi D. 467.
432

IL MINISTRO A BUCAREST. BOVA SCO PPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2414/349 R. Bucarest, 7 aprile 1942, ore 22 (per. ore 7 dell'B).

Michele Antonescu ha dato conoscenza stamane a me ed a questo Minis'vro di Germania del testo di una Nota che Governo degli Stati Uniti ha trasmesso a quello romeno tramite questa Legazione di Svizzera. La Nota, cui testo invio per corriere>, afferma che Governo americano considerò a suo tempo dichiarazione romena dell'esistenza stato di guerra tra Romania e S.U.A. come dovuta a pressione di altre potenze e contraria alla volontà della maggior parte di questa popolazione; avendo però Romania dimostrato sua intenzione di assistere materialmente nemici dei S.U.A., Presidente Roosevelt proponesi raccomandare al Congresso dichiarazione esistenza di stato di guerra tra due paesi, a meno che Romania non si impegni a non fornire assistenza alle potenze dell'Asse; d~umento termina dicendo che profonda amicizia popolo americano per quello romeno indta Governo degli Stati Uniti a non porre per questa volta Governo di Bucarest condhnoni o termini di tempo per decidere futuro atteggiamento ed informa cLe uguale comunicazione viene fatta in pari tempo Budapest e Sofia.

Antonescu è d'avviso che Roosevzlt ha obbedito puramente e semplicemente ad una imposizione del Governo sovietico il quale cerca mediante minaccia pressione americana di alleggerire concorso militare delle potenze alleate all'Asse nella prossima offensiva U.R.S.S. Egli ha aggiunto che situazione giuridica nei rapporti tra i due paesi è determinata dalla dichiarazione di guerra romena e che Nota americana non può ... [alterare] ... di una linea tale situazione.

433

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 2393/122 R. Roma, 7 aprile 1942 (per. stesso giorno).

In assenza Cardinale Maglione ho intrattenuto personalmente Monsignor Tardini del contenuto del telegramma di V. E. 12307 (1).

Oltre considerazioni del R. Ambasciatore a Tokio e di quello giapponese a Roma circa sfavorevoli ripercussioni tanto in Europa che in Estremo Oriente invio Rappresentante Chang Kai Shek, ho sopratutto insistito su inconsistente situazione di quest'ultimo e su prevedibile assoluto predominio giapponese in Asia e in tutto il Pacifico e interesse quindi della Santa Sede di non alienarsi simpatie Giappone dal quale sempre maggiormente dipenderà l'avvenire delle Missioni religiose.

Monsignor Tardini mi ha detto che Santa Sede non ignora tutto ciò e che è anche essa convinta della necessità di non urtare il sempre più potente Giappone; ma che la colpa è tutta di quest'ultimo il quale ha tardato un mese e mezzo prima di far conoscere il nome del rappresentante che intendeva destinare. li: avvenuto così che la Cina ha avuto tutto il tempo di rinnovare alla Santa Sede la richiesta di invio di un rappresentante diplomatico che aveva fatta già da tempo, come è stato riferito da questa Ambasciata.

Da ciò è risultato un certo sincronismo nello svolgimento delle due pratiche.

La Cina ha chiesto anche l'invio di un Nunzio Apostolico a Chung King, ciò che è stato negato, contrariamente alle informazioni dell'Exchange (di cui ai telegramma di V. E. 12308) (1).

Ormai la Santa Sede attende di conoscere soltanto il nome del Rappresentante cinese e non può quindi materialmente non solo recedere dagli impegni assunti, ma nemmeno far passare un tempo abbastanza lungo per l'annuncio umciale quando le sarà comunicato il nome del Rappresentante.

Ho fatto notare a Monsignor Tardini che la reazione del Giappone è stata abbastanza forte poiché non solo il nostro ambasciatore ce ne aveva telegrafato, ma quello giapponese a veva chiesto anche i buoni uffici del R. Governo.

Monsignor Tardini, dimostrato tuttavia comprensione dello stato d'animo giapponese, mi ha promesso di fare del suo meglio per ritardare di qualche giorno la concessione del gradimento e poi di prendere a pretesto la sistemazione degli appartamenti nella Città del Vaticano per procrastinare il più possibile la venuta del rappresentante cinese.

Naturalmente tale affidamento mi è stato dato sotto l'impegno del massimo segreto da parte nostra e subordinatamente a quelle che potranno essere esigenze superiori (2).

Ritornerò sull'argomento col Cardinale Maglione appena questi rientrerà a Roma (3).

(l) Vedi D. 430, nota 2.

434

L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, BERlO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 2550/050 R. Ankara, 7 aprile 1942 (per. il 14).

Mio telegramma n. 172 del 5 aprile ( 4).

Ho visto oggi von Papen dopo il suo colloquio con Saracoglu. Mi ha detto che tale colloquio ha avuto carattere del tutto generico non avendo egli alcuna questione specifica da trattare col Ministro degli Affari Esteri turco come risul

p.r. del 9 aprile 1942, era preceduta dal seguente capoverso: «Trascrivo quanto comunica il R. Ambasciatore presso la Santa Sede sui primi passi effettuati in merito alle relazioni diplomatiche fra il Vaticano e Chung Klng. Come era prevedibile, la questione sembra già compromessa In senso positivo; converrà che in questo senso orientiate sin da ora codesto Governo, sottolineando soprattutto argomenti che vi sono stati prospettati nel mio precedente telegramma (vedi D. 429). Naturalmente assicurate ancora una volta che da parte nostra continueremo a fare ogni possibile azione in favore tesi nipponica >>.

tato del suo viaggio a Berlino.. I rapporti politici tra Germania e Turchia non presentano cambiamenti: a Berlino si è soddisfatti della Turchia e si prende atto del graduale consolidarsi della situazione dell'Asse in questo paese.

Von Papen mi ha poi sostanzialmente ripetuto quanto, sulla situazione generale e sul noto processo, ho già riferito con il mio telegramma succitato.

In base anche a conversazioni avute con funzionari di questa Ambasciata di Germania dopo il ritorno di von Papen, il punto di vista tedesco nei riguardi della Turchia può attualmente riassumersi come segue. Si è convinti a Berlino che l'evoluzione della Turchia verso di noi, pur facendo notevoli progressi, non è ancora matura. Un'eventuale diversione militare delle forze dell'Asse in direzione dell'Anatolia incontrerebbe certamente la resistenza armata del paese, ciò che significherebbe attirarsi un nemico di più e fare il gioco dell'Inghilterra. Del resto non sembra che, dal punto di vista strategico, il problema presenti un interesse immediato. In queste condizioni, il Governo del Reich si studia di guadagnare terreno con i mezzi pacifici e persuasivi e di infondere alla Turchia quella fiducia nell'amicizia della Germania che le impedisca, in un momento di panico

o di allarme, di cadere nelle braccia dell'Inghilterra.

Il problema turco assumerà presumibilmente un aspetto concreto allorché le armate dell'Asse si affacceranno sul Caucaso. Potrebbe infatti sorgere allora la convenienza di assicurarsi la collaborazione attiva della Turchia per le comunicazioni con il Medio Oriente attraverso la via più breve dell'Anatolia. Si ritiene tuttavia negli ambienti di questa Ambasciata di Germania che il raggiungimento del Caucaso non sarebbe ancora elemento sufficiente per indurre la Turchia a prendere netta posizione in nostro favore; si pensa invece che il momento più favorevole si presenterebbe dopo che gli eserciti dell'Asse, iniziando la discesa verso l'Iran e l'Iraq, avessero inflitto i primi colpi decisivi alle forze avverse concentrate nel Medio Oriente.

(l) -Non pubblicato. (2) -La ritrasmissione all'Ambasciata a Tokio di questo telegramma, con T.s.n.d. 12625/263 (3) -Vedi D. 446. (4) -Con T. 2534/172 r. del 5 aprile 1942, ore 19, non pubblicato. Berlo riferiva circa il ritorno di von Papen da Berlino.
435

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

H. s. 5323. Berlino, 7 aprile 1942.

I primi giorni di questo aprile, recando i segni dell'atteso inizio della primavera, trovano il popolo tedesco nella aspettativa febbrile che la nuova campagna abbia inizio, mentre politici e militari stanno predisponendo piani ed apparecchi ad essa relativi.

La fase finale di questo periodo di preparazione sembra ancora lontana; purtuttavia, mentre essa è attivamente in sviluppo, ritengo utile riassumere quali ne siano le linee principali nonché da quale stato d'animo, da quali timori, aspirazioni e speranze, le masse ed i dirigenti tedeschi sembrino dominati.

Il duro inverno 1941-42, a differenza dei precedenti inverni di guerra non ha recato una lunga pausa all'attività bellica ma è stato caratterizzato da una offensiva sovietica che, iniziatasi ai primi di dicembre, solo alla fine di marzo si può dire terminata.

L'eserdto tedesco, impreparato a combattere ~n quelle particolari condizioni di clima e di terreno, colto in piena crisi di schieramento e di trasporti, ha subito a tutta prima una durissima scossa iniziando una ritirata che in taluni momenti ed in certi settori ha avuto l'aspetto di una tragica fuga.

« Alla metà di gennaio -ha testè dichiarato un Ufficiale tedesco di Stato Maggiore -la crisi del nostro esercito era davvero preoccupante. Tutto il settore nord sembrava perduto ed i paesi baltici minacciati; Smolensk chiave del settore centrale era sgomberata e se ne riteneva inevitabile la caduta. Il nemico era nei sobborghi di Karkov mentre fra Crimea e Bacino del Donez si delineava una manovra delle più minacciose».

Se si paragona tale quadro della situazione con quello offerto dal risultati oggi effettivamente conseguiti dai russi si può con sicurezza affermare che la famosa offensiva sovietica invernale è terminata con un completo insuccesso.

A costo di gravissimi sacrifici i russi sono indubbiamente riusciti ad allontanare alquanto ,la minaccia su Mosca, a rimetter piede in Crimea ed a compiere su tutto il fronte delle Jocali avanzate. Ma il terreno da essi riconquistato non ha dal punto di vista militare che una importanza molto relativa.

Nel Nord il blocco di Leningrado è stato dai tedeschi parzialmente mantenuto e l'eroica difesa della XVIa Armata -uno degli episodi più belli dell'intera campagna -ha scongiurato la minaccia russa sui paesi baltici.

Nel centro, i baluardi di Wiasma e di R}ef, tenendo testa alle Divisioni rosse che li circondavano hanno frenato l'avanzata nemica ed impedito la caduta di Smolensk.

Tutti i centri minacciati sono ,rimasti in mano tedesca in modo che le basi di cui l'Asse potrà disporre per il futuro balzo offensivo sono pur sempre molto avanzate e, da'l punto di vista strategico, dislocate ottimamente sia per quanto concerne i settori di Leningrado e di Mosca sia per quanto riguarda l'importante fronte meridionale.

Una analisi delle fasi della campagna invernale e delle ragioni dei risultati raggiunti è per il momento fuori di luogo. Converrà tuttavia rilevare due elementi che vengono in questi circoli competenti posti in speciale riguardo e che sembrano dover esercitare una notevole influenza sull'ulteriore corso delle operazioni:

1°) l'azione personale del Fiihrer alla quale viene ormai attribuita un'importanza fondamentale. In proposito si osserva che i generali prussiani, perfetti esecutori di ordini ed ideatori di piani subiscono l'influenza di crisi improvvise quando non siano sottoposti alla ferrea autorità di un comandante supremo cui debbono ciecamente obbedire. Si cita il caso dei Generali di Federico il Grande sovente duramente trattati e puniti ma spinti ad agire là dove essi più non avrebbero saputo o voluto. Nei più chiusi ambienti di questo Stato Maggior,e si riconosce che Ja dura implacabile volontà del Fiihrer manifestatasi nel momento cruciale nonché la lineare semplicità deùle soluzioni da lui proposte, fondate sull'audacia e sul buon senso, siano state l'elemento determinante che ha permesso di superare la crisi di dicembre-gennaio. Egli ha saputo infatti vincere resistenze professionali, imporre talune manovre, esigere, punire, suscitare energie, ridare alla fine

fiducia.

34 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

2°) l'incapacità manovriera dei russi. Durante tre mesi, dal dicembre al febbraio, secondo quanto si afferma a Berlino, l'esercito russo ha perso le più grandi e favorevoli occasioni di sensazionali successi sopratutto nel settore meridionale. Non una sola delle sue manovre a tenaglia è riuscita; non uno del suoi colpi di mano è stato sfruttato stno alla fine. Ottimo, coraggioso combattente fornito di grandi quantità di buonissimi mezzi il .russo sarebbe vittima di un insufficiente addestramento e sopratutto di una grave mancanza di quadri intermedi. Questo esercito che nelle condizioni per esso migliori non ha saputo profittarne e non è stato in grado di assicurarsi neppure un solo vero successo, se non quello indiretto della veramente grande usura di mezzi che ha imposto ai tedeschi, questo esercito, ci si chiede, potrà resistere all'urto poderoso al quale l'Asse sta per sottoporlo?

Questa domanda: «resisteranno l russi? Si riescirà entro il 1942 ad infliggere loro una sconfitta decisiva? » È naturalmente quella che più di frequente è dato sentir formulare in Germania nel momento attuale.

È indubbio che -come ho già più volte fatto presente -mai il popolo tedesco ed i suoi dirigenti si sono preparati ad affrontare una lotta con maggiore energia e determinazione. E ciò non solo, o piuttosto non tanto per l'intendimento di conquistar la vittoria quanto per la sensazione che un prolungamento della lotta od un successo solamente parziale rendano ormai la vittoria stessa problematica.

La Germania sta compiendo da circa tre anni uno sforzo veramente eccezionale. Le limitazioni ai consumi e le compressioni di ogni manifestazione della vita di questo popolo ricco ed abituato ad alto tenore di esistenza stanno per raggiungere il limite estremo. I richiami in massa; l'orientamento unilaterale derlla produzione; il sistema vieppiù complesso dei controlli, hanno veramente scardinato il Paese che in questo periodo dà l'impressione di un motore sottoposto ad eccessivo regime di giri.

Alla mancanza di mano d'opera, preoccupante problema oggetto delle più grandi attenzioni, si cerca di rimediare con gli operai stranieri e con i prigionieri di guerra. Si dichiara tuttavia che tale soluzione di ripiego è fonte di gravi difficoltà ed offre risultati di circa un terzo addirittura inferiori al previsto.

Alle insulllcienze dell'industria e dell'agricoltura si cerca por rimedio sfruttando i territori occupati. Ma ecco allora sorgere gravi problemi di carattere politico ed aggravarsi la situazione interna di questi territori dove, i tedeschi non si fanno in merito più molte illusioni, l'odio per la Germania va aumentando in modo impressionante.

Qualche mese or sono Goebbels pronunciava in un discorso una delle poche frasi di propaganda che abbiano avuto fortuna in Germania durante questa guerra: «Non importa quando vinceremo, importa soltanto vincere». Il paese comprendeva allora e comprende oggi infatti che dagli avversari non c'è da aspettarsi la minima grazia: è una lotta di vita o di morte. Ma oggi il motto di Goebbels viene modificato come segue: «Non solo importa vincere ad ogni costo ma occorre vincere subito».

Vincere, per i tedeschi oggi significa battere i russi.

A vero dire le opinioni in merito manifestate nei circoli dirigenti lasciano alquanto perplessi.

Anzitutto non si nasconde che malgrado l'incapacità manovriera dei russi, malgrado i mezzi di cui l'esercito tedesco potrà disporre e le nuove esperienze fatte, la campagna sarà indubbiamente durissima ed esigerà dalle truppe il massimo sforzo ed i più grandi sacrifici. I russi hanno riserve inesauribili di uomini; dispongono tuttora di grandi quantità di materiali; sembra abbiano costruito salde linee di fortificazioni campali.

In secondo ,luogo ci si chiede: Esiste un settore del fronte orientale, raggiungibile nel corso della campagna del 1942, la cui caduta debba inevitabilmente provocare la sconfitta dei russi?

La possibilità di battere l'avversario in battaglia campale sembra venire esclusa. I russi disporranno sempre di uomini e di industrie sufficienti per organizzare una resistenza anche in Siberia. Occorre adunque privare il nemico eli uno di uno o di tutti i suoi gangli vitali almeno i più importanti: il Caucaso; Mosca; Leningrado.

La conquista del Caucaso, che senza dubbio costituirà il principale obbiettivo della futura campagna, potrebbe essere un durissimo colpo non solo perché priverebbe Mosca dei rifornimenti di carburante ma perché stroncherebbe di colpo la penetrazione sovietica nel Medio Oriente attualmente svolta con furiosa precipitazione.

Eppure, proprio negli ambienti dello Stato Maggiore si esprimono dubbi sul fatto che un completo successo nel Caucaso possa avere carattere decisivo.

Si ritiene probabile che il Giappone possa attaccare i russi in Estremo Oriente. Da parte tedesca si pensa che questo sarebbe indubbiamente un notevole apporto alla campagna ma si teme che le forze nipponiche, impegnandosi unicamente nel settore di Vladivostock non siano in grado di far sentire un peso notevole sul teatro principale del conflitto a circa diecimila chilometri di distanza.

Maggiore importanza viene attribuita ad un eventuale intervento della Turchia. È questo il settore in cui la diplomazia del Reich svolge attualmente l'azione più intensa. Per quanto risulta a Berlino ;i turchi però sembrano fermamente decisi a non impegnarsi contro la Russia prima che si intravveda chiaramente l'esito favorevole della lotta sul fronte orientale.

Ed allora?

La risposta a questi interrogativi che ripeto, formano argomento di riservata discussione negli ambienti politici tedeschi non sembra agevole. Taluni vogliono trovarla nella frase pronunciata in un recente discorso dal Ftihrer, frase che per la prima volta ha dato l'impressione che fra gli scopi di guerra del Reich non vi sia il totale annientamento del regime staliniano ma soltanto il suo allontanamento dall'Europa. Si spera che Stalin battuto nel Caucaso e di fronte alla incapacità dei suoi alleati, dando prova del suo realismo politico, si mostri disposto a venire col Reich ad una transazione. E qualora ciò avvenisse, si aggiunge, la Germania veramente non accetterebbe un qualche sondaggio magari da parte turca in vista di una soluzione di questo inestricabile conflitto?

Nel riferire queste correnti di opinioni verrei meno al mio dovere se non segnalassi del pari come, accanto al più fermo proposito dell'intero Paese di combattere con accanimento la imminente battaglia, accanto alle rosee speranze che si sentono formulare, si intuisca spesso, più che non si senta, una vaga impressione di sfiducia e di smarrimento: è tale impressione, il frutto deà timore che non sia possibile nel corso di questo anno stabilire nel campo militare le premesse sostanziali per un decisivo successo e che si riaffacci nell'autunno lo spettro di un quarto inverno di attesa e di preparazione, di una quarta campagna da dover affrontare nell'anno successivo.

Oggi dai campi di istruzione sparsi in tutto il Reich le prime nuove Divisioni incominctano a partire per ,le basi lontane; i trasporti militari appaiono sempre più numerosi alle stazioni di smistamento; ufficiali e soldati in riposo prendono affrettatamente congedo dai loro cari. Poco a poco tutte le parti della immensa macchina militare ed industriale, politico ed amministrativa del Reich, preparate ed addestrate durante l'inverno, confluiscono con meccanica precisione al loro posto di battaglia. La preparazione è in corso: essa si svolge con ritmo veramente febbrile ma con perfetto sincronismo e con straordinaria serietà ed energia.

Alla fine di maggio questa frase sarà presumibilmente terminata ed un nuovo più profondo esame della situazione sarà in quel momento necessario (l).

436

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. s. N. D. 2423/224 R. Tokio, 8 aprile 1942, ore 8 (per. ore 20,30).

Vostro 259 (2).

Da confidenze fattemi da questo Delegato Apostolico -delle quali prego non sia fatto cenno in Vaticano -risulta che egli ha segnalato a Roma antecedenti e sfavorevoli ripercussioni avute negli ambienti di questo Episcopato delle voci di un possibile accreditamento presso la Santa Sede del rappresentante diplomatico di Chung-King. In particolare egli ha segnalato come in tale ambiente una simile polemica avrebbe diffuso impressione che il Giappone fosse stato tratto in inganno.

Non so quanto fedelmente codesta Ambasciata del Giappone abbia qui riferito a suo tempo comunicazioni avute presso codesto Ministero circa situazione che avrebbe determinato lo stabilimento di rapporti diplomatici tra Vaticano e Tokio. Infatti atteggiamento dimostrato dalla Santa Sede, per il tramite nostro e di questa stessa Delegazione apostolica, non è stato certamente tale da far sentire una qualche esitazione che estrema delicatezza di una tale situazione avrebbe giustlficato. Molto più che si trattava non già di continuare rapporti con Stati in guerra con noi, ma di stabilirne dei nuovi con un regime di fatto il cui riconoscimento come Governo di diritto sia pure ai fini speciaJli della Santa Sede, sarebbe apparso un apprezzamento di situazioni politiche che non avrebbe potuto essere senz'altro accettato specialmente dal Giappone. Qui ci si rende esattamente conto che stabilimento rapporti diplomatici con Chun-King è essen

zialmente una soddisfazione politica e pubblica che esige il Governo di Washington; e ciò è stato non ultima ragione dell'iniziativa presa dal Giappone. Avvenimento non potrebbe quindi non avere sue ripercussioni sopra previsioni, forse troppo ottimistiche, del Vaticano per quanto concerne interessi cattolici in Giappone, di cui Vostri telegrammi 252 e 254 (1).

Un temporeggtamento di qualche mese, delle franche e persuasive conversazioni con H nuovo Ministro del Giappone, la manifestazione di qualche interessamento della Santa Sede ad una auspicata composizione tra Tokio e ChungKing, potrebbero anche far andare a posto le cose senza scosse pericolose.

Dellicada attende a partire per Roma che nuovo Ambasciatore a Vichy si metta in viaggio. Si prevede quindi suo arrivo a Roma per ultima decade corrente mese (2).

(l) -Il presente documento reca 11 visto di Mussol!n!. (2) -Vedi D. 430.
437

n. MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2425/352 R. Bucarest, 8 aprile 1942, ore 21 (per. ore 7,30 del 9).

Michele Antonescu ha dato istruzioni all'Eccellenza Marcu di portarvi suo saluto personale e devoto e gli ha confidato due sue pubblicazioni che Vi invia in omaggio.

Presidente del Consiglio dei Ministri ha incaricato Marcu di [dirvi] «che Romania è insensibHe e impermeabile a influenze che vengono dal Nord e che sua anima è latina e resta aperta al soffio della latinità, che dopo il crollo della Francia che per tanti anni ha tenuto posizioni preminenti in vita intellettuale della Romania oggi tutte le possibilità sono aperte all'Italia, che anche nella costruzione del nuovo Stato romeno formula di ispirazione non è basata sulla logica francese e sulla biologia tedesca ma sulla genialità e sulla umanità ita

liana~.

Antonescu ha inoltre .incaricato Marcu di ripeterVi ciò che del resto egli ha scritto nella sua pubblicazione « pro Italia ~ che « egli e il Conducator considerano Duce come creatore deUa nuova civiltà europea e dello Stato moderno e che questa verità non ha timore di affermarsi anche se ciò può dispiacere altrove». Marcu parte latore di una lettera per Voi (3) nella quale Antonescu vi dichiara a proposito Unirea che «fino ad oggi non sono state prese misure per il sequestro o per liquidazione dei beni interessi e diritti inglesi» ma che «quando questa situazione cambierà avl'à un sincero piacere nel soddisfare le richieste e gli interessi italiani ».

Per la risposta di Guariglia, vedi D. 446.

Nella stessa lettera è detto che « ritardi verificatisi nella consegna cereali sono state dovute in gran parte alle difficoltà di trasporto durante un inverno molto rigido ed alle necessità approvvigionamento dell'esercito. Mobilitazione di 800 m~la uomini implica un regime approvvigionamenti molto più difficile che nelle circostanze normali mentre necessità operare a grande distanza richiede comprensibilmente una nuova organizzazione dei trasporti. Siccome queste operazioni sono finite potremo prossimamente fare all'Italia le consegne che non abbiamo potuto fare sino ad oggi ».

Antonescu gli ha dato un prospetto statistico delle operazioni cerealicole e lo ha incaricato confermarvi che la Romania farà il massimo sforzo in questa materia per l'Italia. Devo precisare che effettivamente vi sono netti sintomi di un notevole miglioramento nel regime delle esportazioni verso il nostro Paese.

Lettera affidata a Marcu termina con la speranza che Voi vorrete accordare ai romeni «la grande gioia di una Vostra visita a Bucarest».

(1) -I telegrammi 12088/252 p.r. e 12091/254 p.r. del 4 aprile 1942, ore 23, ritrasmettevano a Tokio due telegrammi con cui Guariglia aveva riferito sulle positive ripercussioni avutesi in Vaticano e negli ambienti missionari in seguito allo stabilimento di rapporti diplomatici tra 11 Giappone e la Santa Sede. (2) -Il presente telegramma fu ritrasmes!':o a GuarigUa (T. 12851 p.r. dell'H aprile 1942, ore 8) con l'aggiunta delle seguenti istruzioni: «Tenete presente anche quanto precede nel caso Vostre conversazioni con Cardinale Maglione. Sottolineate anche da parte relativa interessamento per eventuale componimento fra Tokio e Chung-King, che contemporanea presenza Rappresentanti nipponlco e cinese a Roma potrebbe in sostanza favorire».

(3) Si tratta della risposta al D. 128.

438

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2523/075 R. Belgrado, 10 aprile 1942 (per. il13).

Indagini poste in atto in relazione insistenti voci ed indizi circa trattative in corso tra Governo Nedic e Governo del Reich per cambiamento «attuale situazione giuridica Serbia » hanno posto in chiaro seguenti elementi che possono essere considerati sicuri, dato che provengono confidenzialmente, per interposta persona dello stesso Generale Nedic, anche se per necessaria cautela sono stati formulati in termini generali, prescindendo in molti punti da particolari e precisazioni. Nonostante ciò, quadro ed informazioni nelle loro linee generali appaiono al momento attuale di singolare interesse e degni massima attenzione.

Nedic, al momento sua assunzione al potere, aveva ricevuto promessa da parte germanica che se fosse riuscito a ristabilire ordine nel territorio sarebbe stata concessa autonomia alla Serbia, e a lui stesso «reggenza» (ponendo cosi almeno per il momento da parte questione dinastica, difficile per tutte le parti interessate).

Reputando avere ormai conseguito lo scopo ed incoraggiato da elementi Ministero degli Affari Esteri Germanico, Nedic ha recentemente presentato un memorandum in questo senso (ad una data che potrebbe essere posta tra una settimana e dieci giorni fa) tramite Comandante Militare Serbia Generale Bader.

Memorandum Nedic, e sue aspirazioni secondo promesse fattegli, incontrano come di consueto strenua opposizione da parte elementi germanici locali gelosi conservare posizioni privilegio da essi acquistate in Serbia, che costituiscono, nella competenza di ciascuno, vero e proprio ed incontrastato monopolio. Tra essi in prima linea: Neuhausen, Delegato del Relch per economia, Turner, Delegato per Amministrazione Civile.

Nel memorandum Nedic questione frontiere Serbia non è stata toccata. Nella eventualità della reggenza, Generale Nedic ha studiato e prospettato plano per formare un « fronte unico nazionale » con eliminazione di tutti i

partiti attualmente esistenti, lvi compreso quello di Lijotic. Ciò ha dato luogo a divergenze nel Governo e a dimissioni (non ancora accettate) del Ministro ljoticiano Olcan, e a quelle minacciate del Ministro Marianovic (mio telegramma per corriere n. 071 in data 3 corrente) (1). Debbo rilevare in proposito singolare e piuttosto completa reticenza -che non è affatto la prima -del Ministro di Germania alla domanda da me postagli in proposito.

Si è diffusa oggi improvvisamente in Belgrado -sintomo che questione è ormai di considerevole sensibilità nella popolazione -notizia che Generale Nedic era partito o stava per partire per Berlino. Indagine immediatamente condotta presso fonti dirette ha avuto per risultato che notizia non rispondeva «per ora :t a verità.

439

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2576/062 R. Budapest, 10 aprile 1942 (per. il 15).

Quanto ho comunicato con i miei precedenti rapporti e telegrammi (2) circa lo stato d'animo del Reggente verso Bardossy e le ragioni che hanno condotto all'allontanamento di quest'ultimo, comincia ormai a diventare di dominio pubblico. È ovvio che in questi ultimi tempi non si è mancato di rinfocolare nell'animo di Horthy l'astio che già vi era. I familiari di Horthy accusano Bardossy di non aver osato o non aver voluto far approvare dalle Camere il progetto di successione nonostante i precisi intendimenti di Horthy e di essersi inteso con la maggioranza dei Partiti governativi per dare un contentino al Reggente senza risolvere la questione. Si tende perciò sempre più ad escludere un ritorno dell'ex-Presidente del Consiglio al Ministero degli ESTERI,

Intanto il Governo Kallay, ispirato drul Reggente, mette in moto tutti gli organi di propaganda al suo servizio per creare Intorno al giovane Vice-Reggente una popolarità nel Paese. Sicché il Vice Reggente è ininterrottamente presente a riviste militari, a manifestazioni patriottiche e ad altre iniziative di carattere nazionale nelle quali possa presentarsi alla folla. È da ammettere che questa propaganda abbia dato qualche frutto perché la campagna malevola che era condotta attorno al suo nome sembra in un certo modo essersi sopita.

Per quanto si riferisce alla possibilità di assicurargli in breve tempo l'esplicita successione, negli ambienti del Reggente si sta studiando la procedura più adatta per far accettare al Paese quest'ultima riforma. Si è anche detto che il Reggente pensi, d'accordo con la maggioranza del Parlamento, ad una tempestiva abdicazione a favore del proprio figlio, ma sempre più appare logico che lo jus successionis venga concretato in nuovo provvedimento legislativo. In quest'opera di collaborazione alla volontà del Reggente il nuovo Presidente del Consiglio dimostra, come era prevedibile, una assoluta sottomissione.

(l) -Non pubbl!cato. (2) -Vedi D. 355.
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IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALLA LEGAZIONE DI SVEZIA A ROMA

PROMEMORIA 8/10693. Roma, 10 aprile 1942.

Il R. Ministero degli Affari Esteri fa seguito al suo promemoria in data 2 aprile u.s. (1), relativo al progetto di trasportare dal Canadà in Grecia 15 mila tonnellate di grano o di farina al mese, di cui al promemoria della Legazione Reale di Svezia in data lG marzo u.s.

In merito a tale progetto il R. Ministero degli Affari Esteri tiene a comunicare che il Governo italiano, apprezzando la portata umanitaria dell'iniziativa presa dalla Croce Rossa Svedese e dell'azione condotta dal Governo svedese perché l'iniziativa possa realizzarsi, dà il suo consenso a che sia svolta in Grecia l'azione di soccorso proposta, secondo le modalità prospettate e secondo le precisazioni che vengono indicate qui appresso.

l) il Governo italiano è pronto, per la parte che 'lo riguarda, ad accordare i salvacondotti per i viaggi in ambedue i sensi dei bastimenti svedesi destinati al trasporto del grano dal Canadà alla Grecia.

2) Non sarà opposta alcuna difficoltà da parte delle autorità italiane a che sia effettuata e controllata da un organo della Croce Rossa Internazionale la distribuzione di tutte le merci importate in Grecia per l'azione di soccorso in parola. Il Governo italiano ritiene che, per garantire la piena efficacia dell'opera di soccorso considerata, convenga evitare la molteplicità degli organi ai quali tale assistenza è affidata. Attualmente l'azione di soccorso alle popolazioni civili della Grecia nelle sue varie forme (distribuzione di minestre popolari, assistenza sanitaria, assistenza all'infanzia ecc.) è affidata al Comitato Internazionale della Croce Rossa, che svolge la sua attività con efficaci risultati a mezzo di una sua Delegazione. Si ritiene perciò che l'azione di soccorso considerata nei promemoria della Legazione Reale di Svezia converrebbe fosse coordinata a quella svolta dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, nel cui ambito e sotto il cui controllo dovrebbe svolgersi. Nessuna difficoltà a che dei delegati della Croce Rossa Svedese facciano parte della Delegazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Atene, secondo modalità che potranno essere precisate d'accordo con il Comitato stesso.

3) Il Governo italiano concorda a che le derrate alimentari trasportate dalla Croce Rossa Svedese siano esclusivamente riservate alla popolazione del paese. Data la limitata entità del grano da trasportarsi mensilmente il Governo italiano è d'avviso che convenga concentrare tale quantità nei territori dove le condizioni alimentari sono o possono diventare più gravi, e cioè nella Grecia continentale, nel Peloponneso e nell'isola di Creta, salvo maggiori precisazioni.

4) Il Governo italiano è d'accordo in linea di principio che i prodotti alimentari originari della Grecia siano riservati alla popolazione civile greca,

{l) Con tale nota, il Ministero degli Esteri accusava ricevuta delle proposta svedese (di cui al D. 372) ed assicurava che essa era oggetto di un «attento e sollecito esame» da partedegl! uffici competenti.

come del resto avviene attualmente. Tale principio tuttavia non potrà essere inteso in senso assoluto, anche in considerazione del fatto che in tempi normali la Grecia era esportatrice di taluni prodotti alimentari eccedenti il suo consumo. Resta inteso perciò che i quantitativi di taluni dei prodotti predetti eventualmente esportati saranno compensati con altri da importarsi. Ciò vale soprattutto per i territori dei quali le Potenze occupanti continueranno ad assicurare il rifornimento alimentare.

Il Governo italiano si riserva, qualora in base alle circostanze di fatto lo ritenesse necessario, la facoltà di ritirare il suo consenso al sistema proposto di effettuare dei trasporti di grano alla Grecia su navi svedesi, dandone tempestivo preavviso alla Legazione Reale di Svezia.

Con le precisazioni predette il Governo italiano non vede o biezioni a che il Governo svedese continui le trattative da esso iniziate per giungere ad un accordo concernente ,le modalità di esecuzione del progetto in parola.

Il Governo italiano vedrà volentieri che il Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra sia interessato perché l'azione predetta si svolga nell'ambito della sua attività.

441

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 707/387. Parigi, 10 aprile 1942 (per. il 15).

Il R. Consolato Generale a Vichy ha riferito, in data 8 corrente, quanto segue: «Ho fatto oggi visita protocollare al Maresciallo Pétain nel suo studio all'Hotel du Pare.

Dopo le solite premesse sulla simpatia sua e della maggioranza dei francesi per il'Italia, Pétain, ricordando il tempo in cui mi aveva conosciuto a Madrid, mi ha detto: "Sono passati due anni da allm.-a, due anni da che mi sono assunto il compito di governare la Francia -compito duro per le circostanze, per la mia età e perché non è questo il mio mestiere. Io mi domando ogni giorno se le decisioni che prendo sono giuste o sbagliate: è difficile, credetemi, saper scegliere il cammino quando non si hanno dinanzi nemmeno due o più strade, è come marciare per campi senza che la via vi sia indicata neppure da una pista. Occorrerebbe avere una bussola morale, che indichi per ogni problema le soluzioni giuste, come quella magnetica vi indica 'la giusta direzione geografica. Si fa assegnamento sulla mia saggezza, ma ne ho io veramente della saggezza? E poi la saggezza non basta, occorre anche avere dell'autorità. E ne ho io dell'autorità? In ogni caso, devo dividerla continuamente con un angelo custode che non è sempre comodo".

Il Maresciallo si è quindi espresso in termini severi contro gli ing,lesi, " responsabili della situazione in cui è venuta a trovarsi la Francia", per i continui bombardamenti di Parigi, e mi ha espresso la preoccupazione che abbiano a bombardare anche Vichy: "Vi immaginate in che situazione mi troverei se bombardassero questi alberghi?". Ed ha concluso: "Siamo alla vigilia di grandi e forse decisivi avvenimenti e noi dovremo preparare! ad accettare il nostro destino nella speranza che la Francia non ne esca troppo rovinata. Quanto a me, non so ancora come né quando la mia vita finirà, ma in ogni caso so sin da ora che la mia sarà stata una vita ben tormentata".

Dal tenore delle sue parole e dal tono con cui esse sono state pronunciate, il Maresciallo, benché sempre fisicamente aitante nella persona e di aspetto robusto, mi è apparso, oggi, proccupato e moralmente sfiduciato, e, direi, stanco».

442

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RR. 1323. Sofia, 10 aprile 1942 (per. il 14).

Mi riferisco ai miei telegrammi degli scorsi giorni, relativi al viaggio di Re Boris in Germania, ai colloqui da Lui colà avuti con i dirigenti del Terzo Reich, ed alle induzioni e deduzioni qui fatte e tratte a seguito del viaggio stesso (1).

Non si può negare che questo contatto personale del Sovrano, agli inizi di una primavera attesa con una certa ansia, con il Cancelliere Hitler, con il Ministro von Ribbentrop e con il Maresciallo Goering abbia, per quanto da tempo atteso e previsto, provocato in Bulgaria nervosismo non piccolo. Di un tale stato d'animo, dei resto, hanno cercato di approfittare, come è noto, inglesi e russi che, con le loro radiotrasmissioni quotidiane in lingua bulgara, hanno, per intere settimane, e fin dal giorno della partenza di Re Boris da Sofia, accusato ai quattro venti il Sovrano ed il Governo di Sofia di « avere venduto la Bulgaria ai tedeschi», di «essere i servi di Hitler che si prepara ad impartire i suoi ordini» e cosi via. Propaganda, questa, per la verità troppo brutale e che, non tenendo conto dell'innegabile rispetto del quale Re Boris è qui circondato, non posso dire sia stata producente ai fini da essa perseguiti.

Sulla permanenza del suo Re in terra tedesca il Paese nulla ha saputo. Un brevissimo comunicato ufficiale, dato contemporaneamente a Berlino e a Sofia, ha parlato di cordiali conversazioni avvenute nello spirito dell'antica amicizia bulgaro-tedesca, già provata nel corso della precedente guerra europea. Ma nulla più. Ed al suo ritorno, avvenuto, secondo questo regale costume, in assoluta sordina, il Sovrano, approfittando anche delle ferie pasquali, si è ritirato nella sua villa campestre, mentre il Governo, chiudendo Ministeri ed Uffici, e disperdendosi, in visite e viaggi pastorali, nelle campagne e nelle provincie, è riuscito a tenere il silenzio sull'avvenuto contatto bulgaro-tedesco.

Ora la ventata della curiosità e della apprensione è alquanto passata, data anche la circostanza, non sfuggita alla massa, che il viaggio non è stato seguito, e contrariamente alle catastrofiche previsioni dei più agitati, da nessuna importante misura: né mobilitazione generale, né formazione di un Corpo di spedizione, né requisizioni di generi alimentari, né, infine, immediata presa di posizione antisovietica.

Vorrei anzi dire che, in questa prima settimana che ha seguito il ritorno del Sovrano in Bulgaria, si è abbondato in manifestazioni tranquillizzanti, destinate evidentemente a dare al Paese un certo senso di normalità: inaugurazione e valorizzazione della Fiera economica annuale di Plovdiv; esaltazione, sulla stampa e nei discorsi, di un certo processo graduale di distensione turcobulgara; ripresa, avvenuta in forma solenne, dei lavori di pubblica utilità; commemorazione, anch'essa solenne, del primo annuale della formazione della «grande Bulgaria'>.

E, poco a poco, lo stesso Governo comincia ad aprire la bocca, anche se indirettamente, per fare comprendere alle varie sfere che costituiscono la pubblica opinione, come le apprensioni ed i nervosismi fossero esagerati e come, in definitiva, nulla di sensazionale dovrebbe, almeno per ora, verificarsi. Cosi il Ministro della Guerra, in una adunata di Ufficiali tenutasi al Circolo Militare di Sofia, ha, a quanto mi risulta, fatto capire che tutti devono continuare a fare il proprio dovere per ~a Bulgaria, il cui esercito resta a guardia del Paese. Ed il Ministro dell'Interno, in un suo viaggio in Macedonia, ha, lunedl scorso, nella città di Prilep, ancora più apertamente dichiarato che «nessuno ha richiesto alla Bulgaria il suo esercito »: frase, questa, però, che la censura ha poi tolto dal testo del discorso ministeriale.

Di questa nuova mancata partecipazione attiva della Bulgaria al conflitto (partecipazione che, per la verità, e almeno a quanto è stato possibile fino ad oggi accertare, non appare essere stata richiesta, da parte tedesca, nei colloqui berlinesi) vi sono non pochi motivi. Essi mi sono stati direttamente compendiati da questo Ministro degli Esteri nella conversazione che ho avuto con lui nella giornata di ieri (mio telegramma n. 257) (l) nei punti seguenti:

l) Necessità che la Bulgaria continui, proprio ai fini della guerra dell'Asse, a compiere la sua funzione equilibratrice nei confronti della Turchia. Oggi, evidentemente, si nota in Turchia una qualche, anche se modesta, evoluzione in senso non sfavorevole all'Asse. Ma occorre sempre stare con gli occhi aperti anche perché non dipende interamente dai Turchi decidere delle proprie sorti e del proprio atteggiamento. Il movimento accerchiante sovietico verso Iran ed Iraq e la necessità, sempre più urgente, per J.'Inghilterra di « fare qualche cosa » in Oriente, non vanno perduti di vista e possono ad un certo momento provocare una violenta pressione anglo-russa sulla Turchia, la quale, se interamente liberata dalla permanente preoccupazione di un forte esercito bulgaro, potrebbe compiere un passo falso. Molto giustamente si è espresso qui, in conversazioni private, l'Ambasciatore von Papen allorché ha detto che «l'esercito bulgaro resta pur sempre il motivo migliore per il buonvolere della Turchia »!

L'esercito bulgaro quindi deve non disperdersi su fronti lontani dato anche che esso è buono ma non grande, e rimanere invece, nella primavera che si è iniziata, nene sue posizioni di potenza nel centro dei Balcani.

2) Altra circostanza che consiglia una permanenza in terra bulgara della più grande parte dell'esercito è la possibilità di un qualche colpo di testa sovietico nel Mar Nero e particolarmente contro i porti bulgari di Varna e di

Burgas. Sofia non condivide le grandi, e più o meno sincere, apprensioni di Bucarest a riguardo (vedi, ad esempio, il telespresso di V. E. N. 32/000887 del 16 marzo u.s. (1), contenente il promemoria rumeno consegnato a quella nostra

R. Legazione) ed anche i tedeschi non credono alle possibilità di organizzazione per uno sbarco sovietico in grande stile sulla costa bulgara e pensano piuttosto che la flotta russa, allorché messa alle strette, si limiterebbe a qualche bombardamento di quelle città. Ma anche ciò non toglie che da parte bulgara si sia reso necessario in questi giorni il rinforzamento delle misure protettive costiere e la dislocazione di unità in quelle zone.

3) Vi è poi una circostanza morale (sono queste le parole del signor Popoff) che non va perduta di vista. Il soldato bulgaro non ama allontanarsi dalla propria terra. Nell'altra guerra, allorché, dopo la battaglia di Tutrakan contro i russo-rumeni, si trattò di passare il Danubio per spingersi verso Nord, vi furono serissime difficoltà per persuadere i soldati ad attraversare quel grande fiume. In altre parole una spedizione lontano dalla Bulgaria (leggi in Russia) non sarebbe popolare e l'esercito bulgaro renderebbe, se impiegato in compiti non sentiti, meno di quanto sia lecito credere.

4) La primavera che è agli inizi fa ritenere possibile una qualche intensificazione della ribellione in Serbia. Questo 'ripetuto volo di apparecchi britannici che da Cipro si dirigono verso i cieli di Serbia, evidentemente per gettarvi materiali, armi e forse anche uomini, mostra come Londra e Mosca non abbiano perduto la speranza di creare qualche seria difficoltà nel centro dei Balcani e lungo l'importantissima direttrice Belgrado-Salonicco. Ora l'esercito bulgaro si è visto confidare dai tedeschi l'importante compito di controllare quasi tutta la Serbia orientale e non è da escludersi che la zona di occupazione bulgara verrà allargata con il conseguente e necessario impiego di nuove unità.

A tutte queste considerazioni bulgare intese a dimostrare come la partecipazione della Bulgaria alla guerra condotta dal Tripartito sia destinata, almeno per un altro periodo, ad esplicarsi, di necessità, in forme piuttosto indirette anziché dirette, ne aggiungo io un'altra.

La Bulgaria, per molti motivi, deve andare con i piedi di piombo prima di prendere un atteggiamento armato antirusso. Oltre la circostanza, precedentemente accennata e costituita dal pericolo di pronte reazioni militari sovietiche sulla zona costiera del Mar Nero, sta il fatto che una campagna « a freddo'> contro la Russia non sarebbe qui popolare. È inutile ripetere le solite argomentazioni circa la radicata simpatia verso la «Madre» degli Slavi o le spesso abusate, per non dire infondate, affermazioni che vorrebbero la Bulgaria segretamente filosovietica. Sta di fatto che il contadino bulgaro se un nemico conosce questo è il Turco oppressore e non il Russo liberatore. Ed oggi egli, se chiamato di colpo, mentre già è soggetto, per motivi più o meno compresi, a restrizioni alimentari di una certa importanza ed a disagi di varia natura, ad una guerra lontana contro la Russia, potrebbe forse compiere il suo dovere ma non certo con entusiasmo e con fede. E ciò Sovrano e Governo evidentemente qui non ignorano.

Che una propaganda sovietica, inoltre, esista nel Paese è, anche se in forme meno gravi di quanto normalmente si crede all'estero, indubbio. Proprio in questi giorni, a quanto mi risulta da fonte sicura, il Ministro della Guerra ha provveduto all'improvviso e simultaneo arresto nelle caserme di Sofia di una cinquantina tra sottufiìciali e soldati (nessun ufiì.ciale) facenti parte di una organizzata cellula comunista. A Skopie, nei giorni scorsi, si è cercato, senza successo, di fare saltare la centrale elettrica. Ed i processi in corso dimostrano come, sotto una forma od un'altra, la propaganda che sembra fare capo, in definitiva, a questa Legazione sovietica, tuttora ricchissima di funzionari e di agenti, sia tutt'altro che morta. Notevole, infine, la circostanza che a tutt'oggi non tutti i paracadutisti sovietici discesi negli scorsi mesi in territorio bulgaro, siano stati rintracciati ed arrestati.

È appunto, de'l resto, a questa propaganda sovietica che sarà dovuto il prossimo, inevitabile acuirsi, nel campo delle relazioni diplomatiche, della situazione russo-bulgara. E delle malefatte di quella propaganda approfitterà probabilmente il Governo di Sofia per iniziare, anche per fare contenti i tedeschi, una serie di misure contro gli agenti sovietici qui residenti e creare forse una situazione per la quale sarà la Russia quello, dei due Paesi, che si troverà nella necessità di assumersi ad un certo momento la responsabilità di una rottura di relazioni.

Tutto ciò, per ritornare alle possibili conseguenze del viaggio di Re Boris in Germania, fa, in conclusione, ritenere che in Bulgaria nei prossimi mesi, ad eccezione, forse, di una rottura formale delle relazioni con Mosca, non si dovrebbero verificare atteggiamenti sensazionali.

(l) Vedi DD. 284, 341 e 403.

(l) 81 tratta del T.s.n.d. 2459/257 r. del 9 aprlle 1942, non pubbllcato.

(l) Non rinvenuto.

443

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S.N.D. 12749/267 P. R. Roma, 11 aprile 1942, ore 1,30.

Vostro 224 (1).

Questo Ministero ignora naturalmente in che termini questa Ambasciata del Giappone abbia riferito al suo Governo circa primi approcci da noi fatti presso il Vaticano. Sta comunque di fatto, come risulta dal mio telegramma

n. 57 (2), che il Cardinale Segretario di Stato accennò sin dall'inizio e cioè due mesi or sono, alle pressioni di Chang-Kai-Shek e alle difiìcoltà di ulteriormente eluderle. Ciò fu da noi portato subito a conoscenza di questa Ambasciata nipponica e Vostra. Non è superfluo aggiungere che partenza Ando, come era prevedibile e preveduto, ha certamente minorato emcienza questa Ambasciata nipponica e notevolmente ridotto possibilità pratiche di utili e continuati contatti. E di ciò conviene che codesto Ministero Esteri si renda conto. Ho comunque dato istruzioni R. Ambasciatore presso la Santa Sede (3) di ulteriormente insistere, anche sottolineando possibilità di un qualche inte

ressamento per un eventuale componimento tra Tokio e Chung-king, che contemporanea presenza Rappresentante nipponico e cinese a Roma potrebbe in sostanza favorire.

Vi confermo in ogni modo che nostri passi presso Segretario di Stato sono stati fermi ed energici (1).

(l) -Vedi D. 436. (2) -Vedi D. 188. (3) -Vedi D. 436, nota 2, p. 4'1'1.
444

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL DOTTOR PASSERA A SANAA

T. 12883/4 P. R. Roma, 11 aprile 1942, ore 18.

Per vostra opportuna informazione ed eventuale norma di linguaggio con l'Ymam ed in ambienti yemeniti, comunicasi che nostra decisione chiudere

R. Legazione Gedda è dovuta al fatto che Governo britannico ha minacciato Governo saudiano di sospendere rifornimenti viveri alla Saudia se R. Legazione predetta continuava restare aperta. Governo saudiano si è quindi visto costretto a pregarci rimpatriare personale R. Legazione (2).

Da parte nostra ci siamo resi conto della difficile situazione in cui Governo saudiano era stato posto dalle pressioni inglesi ed abbiamo aderito desiderio espressoci.

Sua Maestà Ibn Saud, nell'udienza concessa al Ministro Sillitti a Riad ha manifestato proprio rincrescimento per averci dovuto pregare chiudere R. Legazione a Gedda; ed ha confermato amichevoli sentimenti Saudia verso l'Italia, e mantenimento sua posizione di neutralità.

Governo saudiano è stato largo di assistenza e cortesie al personale R. Legazione che ,rimpatriava. Chiusura R. Legazione a Gedda non significa quindi «rottura ) ma soltanto «sospensione » rapporti diplomatici fra Italia e Saudia.

Quanto precede precisa attuale posizione della Saudia nei nostri riguardi.

In base elementi posseduti da questo R. Ministero è inoltre da ritenere

che notizie propaganda britannica circa una adesione della Saudia ad un preteso blocco di Paesi arabi filo-britannici sono infondate. Durante recente visita al Cairo Emiro Mansur, figlio Re Ibn Saud, ha fatto, a nome del padre, dichiarazioni pubbliche nelle quali, pur accennando alla fraternità araba, ha mantenuto un tono di corretta neutralità.

445

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI, E AL MINISTRO A BANGKOK, CROLLA

T. 13025 P. R./C. Roma, 12 aprile 1942, ore 22,30.

La R. Legazione in Bratislava ha comunicato le seguenti dichiarazioni fatte dal Generale Oshima accreditato quale Ministro in quella città.

Il Giappone non ha alcuna intenzione di monopolizzare l'Asia, ma anzi conta sulla collaborazione del Tripartito per lo sfruttamento dell'enorme congerie di materie prime di cui è venuto in possesso.

Per rendere possibile la fornitura di materie prime dello spazio asiatico alle Potenze del Tripartito occorre la disponibilità della via più corta marittima; questo spiegherebbe l'attuale lotta dell'Asse nel Mediterraneo e probabilmente in un secondo tempo nel Medio Oriente e da parte nipponica l'inizio della pressione sull'Oceano Indiano.

I grandi successi giapponesi sono dovuti indirettamente alle campagne vittoriose dell'Asse; una eventuale occupazione nipponica di tutta l'Australia non risolverà di per sé la guerra nel settore Pacifico, mentre questo avverrà nel caso di una occupazione dell'India, anche perché il Tripartito potrebbe allora svolgere una stretta cooperazione strategica.

I rapporti nippo-russi sono normali; comunque un potente esercito nipponico è accampato nel Manciukuò.

(l) -Per la risposta vedi D. 447. (2) -Vedi, da ultimo, D. 229.
446

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2515/130 R. Roma, 12 aprile 1942 (per. il 12).

Riferimento telegramma n. 12851 dell'H corr. (1).

Mi sono recato immediatamente dal Cardinale Maglione per conferire su quanto è stato riferito dal nostro Ambasciatore a Tokio sulle reazioni giapponesi alla notizia ormai di dominio pubblico dell'accreditamento presso la Santa Sede di un inviato del Governo di Chung-King.

Ho trovato il Cardinale Segretario di Stato altrettanto comprensivo che Monsignor Tardini, sullo stato d'animo giapponese.

Egli però mi ha fatto presente che non è più possibile alla Santa Sede di recedere dall'assenso già dato al Governo di Chang Kai Shek per l'invio di un proprio rappresentante diplomatico.

Tutto quello che sarà possibile fare sarà di ritardare ancora per un certo numero di giorni l'annunzio u!Iìciale del gradimento della Santa Sede, alla persona che verrà designata di Chung-King .e procrastinarne poi l'arrivo con il plausibile motivo della penuria di alloggi nella Città del Vaticano.

Il Cardinale Maglione si è però profondamente rammaricato delle reazioni giapponesi che egli dichiara ingiustifìcate, avendo la Segreteria di Stato fin dal primo momento avvertito dell'impossibilità per la Santa Sede di il'esiste-re ulteriormente alle preesistenti pressioni di Chang Kai Shek per l'invio di un proprio rappresentante diplomatico, qualora la Santa Sede stessa avesse consentito ad entrare in normali relazioni diplomatiche col Giappone. Lo stesso Cardinale

mi ha detto che telegraferà al Delegato Apostolico a Tokio per chiarirgli ancora meglio lo stato delle cose che egli ha riassunto nei seguenti punti:

l) In data 20 gennaio scorso l'Ambasciata d'Italia fece conoscere in via confidenziale il desiderio del Governo nipponico di rafforzare i suoi rapporti col Vaticano sia direttamente a Roma sia attraverso un atteggiamento più favorevole da adottarsi da parte nipponica verso organizzazioni cattoliche in Cina, nelle Filippine e, in generale, negli altri territori che passeranno sotto il suo controllo, e chiedeva di conoscere il pensiero al riguardo della Santa Sede.

2) La comunicazione trovò la più gradita e premurosa accoglienza da parte degli organi vaticani tanto che il giorno seguente il Cardinale Segretario di Stato, dopo aver conferito con il Pontefice, convocò il Consigliere dell'Ambasciata d'Italia per informarlo che l'apertura giapponese era stata accolta col più vivo favore dalla Santa Sede e che l'invio di un rrappresentante nipponico presso di essa sarebbe riuscito particolarmente gradito.

3) Nello stesso momento però il Cardinale Segretario di Stato aveva informato il Consigliere dell'Ambasciata d'Italia che da parecchio tempo vi erano già richieste da parte del Governo di Chang Kai Shek per l'invio di un proprio rappresentante e che non escludeva che l'annunzio di un inviato giapponese avrebbe provocato un rinnovo delle pressioni da parte del Governo di ChungKing senza che la Santa Sede si trovasse più in grado di resistere. (Vedi telegramma per corriere n. 25 del 21 gennaio 1942) (1).

4) Che il Governo Giapponese aveva quindi, insieme alla notizia del gradimento della Santa Sede, avuta l'altra del possibile arrivo di un inviato di Chang Kai Shek ed era perciò in possesso tempestivamente di tutti gli elementi per poter giudicare sullo sviluppo ulteriore delle cose. Il sincronismo, come già rilevato col mio telegramma n. 122 del 7 c.m. (2) è quindi dipeso dal ritardo giapponese nella designazione del proprio rappresentante.

Il Cardinale Maglione mi è apparso preoccupato soprattutto dal fatto che si potesse considerare l'atteggiamento della Santa Sede come non leale verso il Governo nipponico, mentre ciò non è come chiaramente risulta da quanto precede. Qualsiasi intervento diretto o indiretto dal Governo di Washington al quale accenna il telegramma del R. Ambasciatore a Tokio è frutto di pura fantasia.

Quanto ad un possibile interessamento del Vaticano in senso conciliativo fra Tokio e Chung-King, il Cardinale Maglione mi ha detto che bene volentieri la Santa Sede agirà, al momento opportuno, in questo senso, tale essendo del resto lo scopo della sua Missione.

Egli mi ha aggiunto confidenzialmente che già Matsuoka, nella visita fatta in Vaticano l'anno scorso (3), gli rivolse premure in questo senso (4).

(l) Ved1 D. 436, nota 2, p. 477.

(l) -Vedi D. 188. (2) -Vedi D. 433. (3) -Vedi serie IX, vol. 858. (4) -Questo telegramma venne ritrasmesso a Tokio con T. 13812/290 p.r. del 19 aprile 1942, ore 3,30.
447

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 11305/236 P. R. Tokio, 13 aprile 1942, ore 8 (per. ore 17).

Vostro 267 (1).

Da questi ambienti militari, che sono naturalmente i più sensibili all'argomento, mi sono state irichieste notizie e conferma circa accreditamento di un rappresentante Chang-Kai-Shek presso la Santa Sede. Ho fatto rispondere con ogni adeguata giustificazione dell'eventuale avvenimento. In particolare ho fatto valere interesse che Giappone possa avere, attraverso Roma, una Rappresentanza nazionale, più sicura ed efficace di quella che egli dispone attualmente, per sondare possibilità di un'azione pacificatrice nei riguardi di Chung-King. Dalle prime impressioni raccolte, sembra che specialmente questi argomenti abbiano fatto una certa presa e che sia subentrata maggiore calma e comprensione. Ad ogni modo, per averne ulteriore norma di linguaggio, mi sarebbe utile conoscere se comunicazione fatta a codesta Ambasciata del Giappone, di cui al telegramma di V. E. n. 57 (2) -da me a suo tempo confermata a questo Ministero Affari Esteri -contenesse anche esplicito accenno del Cardinale Segretario di Stato al R. Ambasciatore presso la S. Sede, oggetto del telegramma di V. E. n. 242 (3) circa difficoltà per il Vaticano di resistere ulteriormente alle pressioni di Chung-King in caso di accreditamento del rappresentante nipponico. Tale precisazione può tornare molto opportuna anche in materia di preminenza attuale di codesta rappresentanza giapponese (4).

448

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2570/032 R. Madrid, 13 aprile 1942 (per. il 15).

Nei miei rapporti n. 6740/2188 del 28 agosto s.a., n. 8972/2940 del 14 novembre s.a. e n. 10316/3356 del 31 dicembre (5) ho riferito sulla evoluzione che si è venuta operando in Serrano nei riguardi della Restaurazione. Nuova prova del suo favorevole atteggiamento verso il partito mona·rchico la si può ora trovare nel seguente episodio:

-L'Infanta Eulalia, zia del defunto Re, oramai pressoché ottantenne, stabilita da decenni a Parigi prima nel Palazzo della Madre, la Regina Isabella II, e poi, in seguito alle sue fortunose vicende familiari e finanziarie, in un modesto appartamento di affitto, aveva manifestato il desiderio di venire in Spagna.

35 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Il viaggio era motivato apparentemente con la necessità di sistemare alcuni interessi e di riavere dei gioielli lasciati in consegna ad amici; ma la vera ragione, dato che la Principessa non possiede in Spagna né proprietà fondiarie né gioielli, consisteva nel desiderio di trascorrere alcune settimane nella Capitale.

Venuto a conoscenza delle intenzioni dell'Infanta. Serrano ne informava immediatamente il Generalissimo e, attenutone il consenso, metteva a disposizione della Principessa un appartamento nell'Albergo Ritz, dove essa è attualmente ospite del Governo spagnolo.

Senonché il gesto di Serrano è, per così dire, caduto nel vuoto in quanto non ha entusiasmato né i Borboni, né i monarchici.

La Principessa Eulalia, per lo spirito di intrigo, la libertà di linguaggio con lo stesso defunto Sovrano, la poco rigidità dei principi, è stata infatti costantemente tenuta in disparte dalla Famiglia; ed i monarchici, a loro volta, sempre le hanno manifestato piena disapprovazione per il fatto che essa ed il suo primogenito, Don Louis troppo abbiano fatto parlare di sé, sovente anche in modo clamoroso, nella stampa mondiale.

Il gesto di Serrano ha comunque dato alimento alle voci da tempo in circolazione -sulle quali ho sovente riferito -secondo le quali egli ambirebbe ad assumere un ruolo di primissimo piano negli sviluppi politici che dovessero ricondurre il Re nel Paese, e le cortesie da lui usate alla Infanta vengono spiegate con il suo desiderio di cattivarsi sempre più le simpatie della Famiglia Reale.

Tali voci troverebbero suffragio altresì nella più volte riferita aspirazione del Ministro ad essere destinato quale Ambasciatore a Roma dove egli avrebbe maggiori possibilità di contatti con Don Juan.

(l) -Vedi D. 443. (2) -Vedi D. 188. (3) -Vedi D. 402, nota 2, p. 442. (4) -La risposta del Ministero è lmpllcltamente contenuta nel D. 446, rttrasmesso poi a Toklo (vedi nota 4). (5) -Non rinvenuti.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2581/034 R. Madrid, 13 aprile 1942 (per. il 15).

Ottima impressione ha prodotto in questi ambienti monarchici la partita di caccia in Albania a cui Voi, Eccellenza, avete invitato il Conte di Barcellona.

Tale favorevole impressione è naturalmente diffusa anche nelle sfere governative dato che molti dei Ministri in carica sono notoriamente monarchici; il Ministro della Giustizia, Bilbao, che è ritenuto capo del partito monarchico, il Ministro della Guerra, Varela, che mai ha fatto mistero dei suoi sentimenti in favore della Restaurazione, il Ministro dell'Aeronautica, Vigòn, che è stato per anni precettore di Don Juan ed infine il Ministro dell'Agricoltura, Miguel Primo de Rivera, che è considerato uno degli esponenti della Falange maggiormente orientati verso la Monarchia.

Apertamente si esprime gratitudine al Governo fascista ed alla Reale Famiglia per l'ospitalità concessa al Pretendente e per gli onori sovrani tributat!gli in terra albanese.

Mi viene altresì riferito che il predetto invito avrebbe giovato al prestigio di Don Juan. Egli infatti verrebbe ora elogiato per la fermezza di carattere mostrata nel non lasciarsi influenzare da quei suoi gentiluomini che, in seguito all'allontanamento della Madre dal Regno, l'avrebbero consigliato a stabilirsi a Lausanne.

450

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2556/241 R. Tokio, 14 aprile 1942, ore 8,25 (per. ore 18).

Questo Ministero Affari Esteri mi comunica testo del progetto di dichiarazione Tripartito per India e Arabia, in discussione fra le tre Potenze fin dall'accordo dell'l! dicembre u.s. (1).

Testo è già stato telegraficamente trasmesso a codesta Ambasciata del Giappone per essere sottoposto a V. E.

Mi è stato fatto comprendere che, in vista dell'attuale situazione politicomilitare nei riguardi India, dopo fallimento missione Cripps, si annette speciale importanza a che dichiarazione avvenga quanto prima possibile (2).

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IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. U. s. 2562/80-81 R. Parigi, 14 aprile 1942, ore 17 (per. ore 21,40 del 15).

La manovra iniziata dal Maresciallo il 26 marzo col suo incontro con Laval (3) si è finalmente chiusa iersera, non però come il Maresciallo voleva, e cioè con un rimaneggiamento del Gabinetto, ma con il ritorno di Laval al potere.

Il Maresciallo diventa Capo dello Stato. Laval Presidente del Consiglio. Darlan Comandante in Capo di tutte le forze militari, comprese quelle nelle Colonie, e conserva la Marina Mercantile e l'Aviazione Civile. Resta del pari designato successore del Capo dello Stato.

La decisione è di iersera. Nell'informarmene, Schleier mi ha pregato di

volerla conside·rare per ora del tutto segreta. (Schleier ha dato ordine alla

censura della zona occupata di non permetterne la pubblicazione e ritiene che

non verrà pubblicata neanche nella zona libera). Egli ha aggiunto che nessuna

«concessione» (prigionieri ecc.) è stata fatta da parte dei Tedeschi; ma avrebbe

riferito che la Germania faciliterà la vita del nuovo Governo. La posizione um

ciale mantenuta in questo periodo dall'Ambasciata tedesca è quella che ho già segnalata, e ci risulta che essa ha considerato l'attuale crisi del Gabinetto Pétain come un affare interno che i Francesi dovevano liquidare da se stessi. Nessun dubbio .però che l'Ambasciata abbia esercitato una forte pressione.

Notizie confidenziali di fonte francese confermano l'intervento diretto tedesco a favore di Lavai, e confermano pure che l'opposizione americana ha preso forme «brutali ed inammissibili», fino a fare apparire agli stessi ambienti politici francesi la crescente pressione tedesca come una reazione all'opposizione americana. Il problema in questi ultimi giorni si è venuto sempre più impostando così (mio telegramma n. 068) (l): o con l'Asse o contro l'Asse; e Germania ha finito per aver ragione delle resistenze di Pétain.

Schleier non conosceva il preciso programma del nuovo Governo. Ritiene che Lavai si regolerà in modo non rompere con gli S.U.A. Pensa anche che sia possibile la partenza dell'Ambasciatore degli S.U.A. (Il pretesto è già pronto: la malattia della moglie). Si crede che gli S.U.A. abbiano tutto l'interesse a mantenere le relazioni diplomatiche con la Francia.

Lavai sarà a Parigi domani o dopo. Il nuovo Gabinetto sarà costituito per la fine della settimana. Abetz continua ad essere al Gran Quartiere Generale tedesco.

Schleier è d'avviso che il Paese finirà per seguire il nuovo Governo; e considera l'andata di Lavai al potere come un grosso scacco per l'Inghilterra e gli S.U.A.

Schleier continuerà a tenermi informato degli ulteriori sviluppi.

(l) -Vedi serie IX, vol. VII, D. 851. (2) -Ciano rispo~e con T.s.n.d. 13460/279 del 15 aprile, ore 24, quanto segue: «Testo progetto dichiarazione ci è stato consegnato da questo ambasciatore del Giappone e forma attualmente oggetto di esame fra noi e Berlino». Per Il seguito, vedi D. 511. (3) -Vedi D. 417, nota l, p. 453.
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IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2583/83-84 R. Parigi, 14 aprile 1942, ore 21 (per. ore 10 del 15).

Miei telegrammi 80 e 81 (2).

Avuto oggi occasione di avere una conversazione con Beaoist-Méchin, che è stato fra gli elementi che hanno più insistito presso il Maresciallo perché egli si decidesse per Lavai (mio telegramma n. 060 del 1° corr.) (3) e che viene considerato il Ministro degli Affari Esteri del futuro Gabinetto. Egli mi ha confermato che la lotta a Vichy è stata in questi ultimi giorni particolarmente serrata soprattutto a causa della opposizione americana; ma che appunto questa opposizione, e 1a forma che ha preso, hanno grandemente facilitato la soluzione Lavai. Era soddisfatto del modo con cui la crisi si era risolta, ma si rendeva conto dei grossi ostacoli a cui andava incontro il nuovo Governo, anche per le dimcoltà alimentari della Francia nei prossimi mesi e per le ripercussioni che avranno sul pubblico i bombardamenti inglesi che è a presumersi verranno

intensificati. Non si nascondeva nemmeno che le simpatie della maggioranza della popolazione non sono certo per l'Asse. Era tuttavia fiducioso che Lavai sarebbe riuscito ugualmente a superare queste difficoltà.

Mi ha ·anche detto che Darlan come Comandante in capo delle Forze militari dipende·rà direttamente dal Maresciallo, e che, pur non facendo parte del Governo, parteciperà ai Consigli dei Ministri e designerà i Capi delle amministrazioni militari. Mi ha confermato che da parte Darlan c'è stata opposizione, ma più per motivi personali (d'altronde comprensibili), che per ragioni di principio.

Conversazione ha avuto carattere del tutto confidenziale.

Questo Consigliere Ambasciata di Germania, a complemento notizie fornitemi stamane da Schleier, mi ha detto che la presentazione del nuovo Governo al Paese verrà fatta per gradi. Un comunicato pubblicato stasera sui giornali e datato da Vichy si limita infatti ad annunziare che « Pétain Darlan Lavai si sono <riuniti per cercare di precedere la costituzione di un Governo stabile su nuove basi~ e che si incontreranno di nuovo giovedì prossimo.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 451. (3) -Vedi D. 417.
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L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2609/244-245 R. Tokio, 15 aprile 1942, ore 8,30 (per. ore 19,30 del 16).

Editoriale Pravda in occasione annuale conclusione Patto Neutra1ità nipporussa (l) -Stefani Speciale 2663 -è messo in grande rilievo da stampa locale.

Esso costituisce evidentemente una prima precisazione degli orientamenti sovietici nei riguardi del Giappone, precisazione alla quale, come accennavo nel mio telegramma n. 852 del 27 dicembre u.s. (2), mirava azione di questo Governo.

Contemporaneamente, allo scopo evidente di calmare elementi nazionalisti più accaniti che, incoraggiati dai recenti successi militari, mostrano qualche impazienza in direzione della frontiera mancese, si fa dare diffusione alle numerose interviste concesse da Tatekawa reduce dall'U.R.S.S. (Stefani Speciale 2652) che esprimono alta considerazione per la forza morale e materiale di cui si disporrebbe in terra sovietica.

Sembra del resto che a Mosca sia stata fatta a Sato la più amichevole accoglienza con dimostrazioni di una inusitata buona volontà. E mi viene riferito che questo Governo abbia ora elementi che gli permetterebbero di poter contare sopra una acuta diffidenza sovietica verso Potenze anglo-sassoni tale da escludere, per il momento almeno, pericolo di azioni combinate in danno del Giappone.

Da fonte molto confidenziale mi si affermerebbe inoltre che, sopratutto in questi circoli militari, avrebbe prodotto impressione il fatto che a Sato, nel corso del suo primo colloquio col Vice Commissario per il Popolo per gli Affari ESTERI, sia stato accennato, sia pure molto vagamente, e quasi a dimostrazione del peso che a Mosca si darebbe alle buone relazioni col Giappone, alla parte che Tokio potrebbe eventualmente essere chiamato a rappresentare in un più

o meno lontano assetto dei rapporti germanico-sovietici.

Tutto ciò non può evidentemente essere considerato come sintomo di un effettivo nuovo orientamento dei rapporti nippo-sovietici. Anche qui si vorrebbe attendere a prendere posizione che un risultato conclusivo sia intervenuto in seguito offensiva Asse, in modo permettere di esercitare emcacemente su Mosca quella pressione diplomatica e militare destinata sistemare, secondo il programma di Tokio, la zona russa Estremo Orientale nel quadro del predominio nipponico in Pacifico occidentale.

(l) -Vedi serle IX, vol. VI, DD. 899 e 900. (2) -Vedi D. 70.
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IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA. CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. S. U. 213. [Sussak], 15 aprile 1942 (per. il 20).

Trasmetto, per opportuna conoscenza dell'E. V., copia del rapporto segreto

n. 7484 del 13 corr. diretto dal Gen. Roatta allo Stato Maggiore del R. Esercito, in cui sono riassunti i colloqui da lui avuti a Zagabria il 9-11 corr. con il Poglavnik ed il Maresciallo Kvaternik.

Gli argomenti principali di tali colloqui sono stati: i <<poteri» durante le operazioni e l'occupazione in Bosnia e le trattative con i cetnici. Per rendere maggiormente chiari alcuni punti di questa seconda questione, riassumo brevemente le ultime fasi che essa ha attraversato:

Come all'E. V. è noto, nell'incontro di Lubiana (28 marzo) il Gen. Roatta aveva sostenuto la opportunità, ai fini delle previste operazioni, di prendere contatto con i cetnici -non solo dell'Erzegovina, ma anche della Bosnia orientale -per cercare di separarli dai comunisti e di mantenerli almeno neutrali. Il rappresentante tedesco, gen. Bader, aveva pienamente aderito; il rappresentante croato, gen. Laxa, aveva invece sollevato qualche abbiezione e si era riservato di far conoscere l'avviso al riguardo del suo governo (Vedasi il telescritto del Comandante della 2a Armata diretto al Superesercito in data 30 marzo u.s. n. 6340, da me rimesso in copia, brevi manu, alla E. V.) (1).

Dopo alcuni chiarimenti, il Comando Supremo aveva fatto conoscere che, purché nelle trattative in questione fosse evitato ogni impegno di carattere politico, il gen. Roatta era autorizzato ad entrare in contatto con i cetnici e, se d'accordo con le autorità militari germaniche, a passar sopra anche ad eventuali resistenze croate in questo campo.

Ed in realtà queste resistenze si manifestarono quasi subito da parte del maresciallo Kvaternik che, tra l'altro, si dichiarava contrario a qualunque contatto con i cetnici. Vi era però ragione di ritenere che tale avviso rispecchiasse soprattutto le idee personali del vecchio maresciallo e che non tutti i membri del governo croato le condividessero. Infatti il Commissario Generale Amministrativo Croato presso la 2a Armata, dott. Vrancic, interpellato al riguardo, ebbe ad assicurare in modo categorico che il Poglavnik lo aveva esplicitamente autorizzato ad entrare in trattative con i principali esponenti ortodossi ed aggiunse che, a suo avviso, un diretto scambio di idee tra il Gen. Roatta, il Poglavnik ed il Maresciallo Kvaternik avrebbe risolto ogni dubbio ed avrebbe fatto cadere ogni opposizione da parte di quest'ultimo.

Ed effettivamente, appena l'argomento fu abbordato dal Gen. Roatta a Zagabria, il Maresciallo mostrò di rinunciare ad ogni obbiezione, aderendo in

3

pieno alle considerazioni del Comandante della Armata (l); ad analoghe conclusioni giunse poi anche il Poglavnik, il quale mise soltanto una limitazione: che da ogni eventuale trattativa fosse escluso il noto maggiore Jevdemir Dangic, perché nel passato egli aveva avanzato ai tedeschi proposte e richieste che venivano virtualmente a negare il principio della sovranità croata sulla Bosnia; (tale esclusione è invece probabilmente dovuta al fatto che il Dangic è notoriamente «longa manus » del Gen. Nedic ed il principale esponente delle -rivendicazioni serbe sulla Bosnia).

L'aver però superato le resistenze croate non ha servito; giacché alla vigilia degli incontri di Zagabria il Gen. Bader aveva fatto sapere di aver ricevuto l'ordine dall'O.K.W. di astenersi da ogni trattativa e contatto con i cetnici della Bosnia Orientale. Tale ordine veniva poi confermato dal Comando Supremo al Gen. Roatta; questo dovrà quindi assumere, per quanto riguarda le truppe italiane operanti in Bosnia Orientale, analogo atteggiamento.

Questa improvvisa presa di posizione da parte del Comando Germanico non trova una plausibile giustificazione nella situazione attuale ed è disapprovata anche dagli organi militari tedeschi interessati; (lo stesso Gen. Glaise Horstenau l'ha criticata, lasciando comprendere che essa potrebbe avere funeste ripercussioni anche nella situazione interna della Serbia); e certamente non corrisponde alla politica adottata finora dalle autorità germaniche, le quali -fin tanto almeno che erano le sole a presidiare la Bosnia Orientale hanno avuto non pochi contatti -e direttamente ed attraverso il governo del Gen. Nedic -con vari esponenti cetnici: tra gli altri, proprio con il Magg. Dangic ed il Gen. Mihailovic.

E tale decisione significa che nelle prossime operazioni nella Bosnia Orientale le nostre truppe si troveranno di fronte non soltanto i comunisti ed i partigiani, ma anche le bande cetniche e tutte le popolazioni ortodosse del luogo; significa cioè che la lotta sarà assai più dura del previsto e che comporterà assai maggiori difficoltà, perdite e sacrifici. E non è escluso altresì che le

conseguenze di ciò possano manifestarsi anche nella seconda e terza zona, influenzando sfavorevolmente l'atteggiamento dei cetnici nei nostri riguardi. Costoro infatti in alcuni settori mostravano da qualche tempo una certa tendenza a separarsi dai comunisti, ed in alcuni casi anche combattevano contro di essi o per conto proprio o a fianco dei nostri soldati; ora, come è stato convenuto nei giorni scorsi a Zagabria con il Poglavnik, le nostre autorità militari ed il Commissario Amministrativo Croato manterranno e cercheranno di sviluppare i contatti con gli ortodossi dell'Erzegovina ed in generale con quelli della 2a e 3a Zona; ma è dubbio che le buone disposizioni finora manifestate da alcuni loro capi possano continuare e conducano ad una concreta collaborazione, quando i cetnici vedranno che le truppe della 2a Armata combattono 1 loro f,ratelli nella Bosnia Orientale.

Per quanto riguarda i «poteri, che le truppe operanti potranno esercitare in Bosnia, non sembra sia stato difficile al Gen. Roatta ottenere dal Poglavnik che tali poteri avessero tutta la estensione e la durata richieste dalle esigenze delle operazioni militari.

Nel complesso il Gen. Roatta dai colloqui avuti col Poglavnik ha riportato un'impressione sostanzialmente favorevole. Altrettanto deve dirsi del Poglavnik se questi ha pregato 11 Comandante della 2a Armata di recarsi da lui, a Zagabria, almeno ogni tre settimane per mantenere i contatti personali e risolvere direttamente tutte le questioni relative all'Armata; il che è stato convenuto di fare, compatibilmente con le disponibilità di tempo; tali incontri periodici avranno comunque forma del tutto privata.

ALLEGATO

IL COMANDANTE DELLA SECONDA ARMATA, ROATTA, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, AMBROSIO

R. s. 7484 •.., 13 aprile 1942.

Riferimento ai telescritti di codesto Stato Maggiore del R. Esercito 6037 e 6080 in data 11 aprile c.a. (1). A semplice titolo retrospettivo (dati gli ordini contenuti nei telescritti in riferimento) comunico:

Ho avuto a Zagabria due lunghi colloqui col Poglavnik e col Maresciallo Kvaternik, nei quali furono esaminati in piena armonia tutte le principali questioni di attualità che interessano, in solido, il governo croato e questo comando di Armata.

Sono state trattate particolarmente a lungo due questioni: A) -trattative coi cetnici; B) -« poteri» durante le operazioni in Bosnia.

A) -Spiegato ancora una volta lo scopo di eventuali trattative coi cetnici (scopo militare, riassumibile nella frase «cloroformizzare i cetnici mentre si combattono i comunisti»), il Poglavnik ha dichiarato:

1°) Non ha nulla in contrario che in Erzegovina gli italiani ed il Dott. Vrancic continuino negli attuali contatti con i « cetnici », per meglio assicurare il tergo e le comunicazioni delle truppe operanti in Bosnia.

2") Non ritiene conveniente che i tedeschi trattino con i « cetnici della Bosnia tramite il Dangic, perchè quest'ultimo (a parte il fatto di «essere un ubriacone ») ha -in passato -preteso che i tedeschi affidassero alla sua gente l'amministrazione di tre distretti bosniaci, (cosa -si noti bene -che i tedeschi sarebbero stati propensi ad accettare). Trattare con lui sarebbe perciò come riconoscergli una figura ed una posizione, che non si possono ammettere.

3") Non ha, viceversa, nulla in contrario che si tratti direttamente (ossia senza il tramite Dangic) coi «cetnici » della Bosnia, allo scopo che non facciano causa comune con i comunisti.

Ho risposto: -saranno continuati gli attuali contatti coi « cetnici » della Erzegovina; -circa quelli della Bosnia, essendo intervenuto il divieto dell'O.K.W. al generale Bader (ne avevo già notizia generica), 'tlon posso nuovamente intervenire in proposito presso detto generale. Pertanto se lui -Poglavnik -ritiene che sia conveniente che il Bader tratti con quei « cetnici » nel senso di cui sopra, sarebbe opportuno che il governo croato lo faccia noto alle autorità germaniche.

Frattanto era avvenuto: -che le autorità croate hanno loro stesse trattato coi « cetnici » della regione della Petrova Gora; -che i cetnici della regione di Gacko hanno proposto al comandante di quel presidio croato, di combattere non solo a fianco delle truppe italiane, ma a fianco delle truppe croate; -che il comandante in parola ha chiesto a Zagabria come dovesse regolarsi; -che il Maresciallo Kvaternik, il giorno 8 aprile ha diretto al Comando Militare croato di Serajevo il seguente telegramma (intercettato): «Il Comandante del Presidio di Gacho comunica che non possiamo combattere assieme ai cetnici perchè anch'essi finora sono stati nostri nemici come i partigiani, perchè hanno collaborato con questi e combattuto in comune contro di noi. Notificate a tutti i cetnici che ritornano a casa, riconoscono lo Stato Croato e consegnano le armi, che noi garantiamo la proprietà, la vita, la pace, la religione ortodossa e la protezione contro i partigiani (gesto questo che se non costituisce trattativa vera e propria, non corrisponde neppure all'« ultimatum» di cui parla l'O.K.W. ».

B) -Circa i poteri in Bosnia ho spiegato chiaramente che si trattava unicamente di applicare, durante il periodo operativo, quella prassi che truppe operanti seguono anche nel proprio Stato, e la cui applicazione non implica nessuna questione di «sovranità» o similare.

In conseguenza di che tanto il Poglavnik quanto il Kvaternik si sono dichiarati d'accordo, sia su quanto stabilito in origine ad Abbazia (1), sia su quanto stabilito a Lubiana. Hanno aggiunto: «È naturale che nel periodo operativo, le autorità civili croate siano agli ordini delle autorità militari che dirigono le operazioni».

Ne risulta che sulle questioni di cui sopra era facile raggiungere l'accordo. È un peccato pertanto che l'O.K.W. «più realista del Re», per scopi forse non solo filo croati abbia ormai pregiudicato le cose.

A proposito un ufficiale germanico non mi ha nascosto che l'O.K.W. dimenticando che dispone in Croazia solo di sei battaglioni mobili, e non di venti divisioni, e dimenticando che non ha in Serbia forze sufficienti per far fronte ai moti conseguenti ad un conflitto armato coi « cetnici della Bosnia, considera la faccenda con intransigenza non adatta alla situazione contingente, e non richiesta neppure dalle autorità croate.

Per conto mio, salvo ordini in contrario, non mi occuperò mai più di contatti o trattative con i « cetnici » della Bosnia. Ho diretto al Gen. Bader il telescritto seguente:

«7460. Ho avuto comunicazione di quanto concordato da O.K.W. e Comando Supremo circa articoli VIII e X della convenzione di Abbazia. Resta perciò inteso: Primo. Circa nuovo articolo VIII: determinerò io volta a volta, su vostra proposta, se e per quanto tempo debbano rimanere truppe tedesche o italiane di presidio temporaneo nelle zone sorpassate dalle operazioni. In detto periodo tutti poteri saranno tenuti dai comandi delle truppe stesse. Secondo. Circa articolo X: per le trattative coi

cetnici regolatevi secondo le disposizioni dell'O.K.W. I comandi e le truppe italiane, un11. volta sorpassata linea demarcazione, si comporteranno coi cetnici della Bosnia secondo le disposizioni che darete voi ».

(l) Non pubblicato: è riassunto nel D. 419.

(l) Nota del testo: «Non è escluso tuttavia che tale cambiamento di atteggiamento da parte del maresciallo Kvaternik sia dovuto al fatto che questi era già a conoscenza che 11 progetto -almeno per quanto riguardava le bande cetniche operanti in Bosnia Orientale -era già virtualmente naufragato per l'opposizione tedesca. Tale interpretazione sembra confermata da un'intercettazione recentissima di istruzioni impartite dal Maresciallo ad un comando di truppe croate in Bosnia, con le quali si ordina di considerare i cetnici come nemici dello Stato alla pari dei comunisti>>.

(l) Non pubbllcati.

(l) Vedi D. 339.

455

L'ADDETTO MILITARE A BELGRADO, BONFATTI, AL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI

PROMEMORIA SEGRETO. Belgrado, 15 aprile 1942.

Come !n accordo con V. E. (l) l'incontro combinato dal noto fiduciario col Presidente del Consiglio Generale Nedic ha avuto luogo oggi alla sede del Governo nel palazzo dell'ex Ministero degli Esteri jugoslavo.

L'incontro fu improntato alla maggiore cordialità e durò dalle 12 alle 13,15.

Riassumo i punti essenziali della conversazione mantenuta da parte mia secondo le direttive della maggior cautela e senza alcun impegno cui corrispose d'altro canto, da parte del Generale Nedic, identico atteggiamento.

In primo luogo il Generale Nedic volle esprimermi, nella maniera più calorosa, la gratitudine profonda del popolo serbo e sua per il magnanimo contegno dell'Italia verso la Serbia ed i serbi. Mi incaricò ripetutamente di far pervenire l'espressione del ringraziamento suo e del popolo serbo al Duce, al Governo, alle forze armate italiane.

Altro punto che marcò, in maniera intenzionale, e ripetuta, il sentimento di amicizia verso l'Italia: «Credo fermamente e spero, bisogna anzi, che l'esercito della nuova Serbia sia con l'Italia>>. Volle a più riprese marcare la posizione d! amklzia della Serbia verso «l'Italia » sempre singolarmente nominata.

Ribadì la fede nella vittoria dell'Asse. Confermò la credenza della rinascita della Serbia il cui avvenire egli vede legato alla costituzione di una « Grande Serbia ». Il Generale Nedic si espresse in maniera nettamente contraria ad ogni risoluzione jugoslava del problema come ad ogni unione serbo-bulgara.

L'estrema prudenza del Generale Nedic non lo portò a precisare i limiti dl quella Grande Serbia che considerò (riferendosi ad una mia frase) come uutt forma gradualmente definentesi. Limiti invece ben precisati dai circoli a lui vicini come dal noto promemoria (2).

Egli mi affermò che i serbi sono un popolo disciplinato e che li tiene ferreamente in mano e che maggiormente li saprà tenere nell'avvenire. Il comunismo in Serbia, egli mi disse che era ormai sostanzialmente vinto e che Mihajlovic non rappresenta più un reale pericolo e che la vittoria sulla Russia avrebbe finito per vuotarlo di ogni consistenza.

Per quanto concerne lo scopo specifico dell'incontro mi domandò se le forze serbe al comando del maggiore Gljesic e del Tenente Colonnello Matic, dislocate sulla destra del Lim da Sijenica esclusa, per Nova Varos fino a Naijna Basta, potevano seguitare a restare sulle posizioni ora occupate per garantire la Serbia dalla irruzione di bande comuniste provenienti dal Montenegro. Mi assicurò che egli aveva dato ordine ai due ufficiali di uniformarsi strettamen

te agli accordi con le autorità italiane e di mettersi completamente a loro disposizione. Confermò che aveva proibito di occupare Sijenica ove vi sono una diecina di carabinieri italiani.

Io risposi che avrei esposto queste sue richieste all'Ecc. il Capo di Stato Maggiore riservandomi di comunicargli l'esito.

In linea «incidentale>> mi chiese se fosse stato possibile occupare Sijenica per meglio sistemare le truppe. Io risposi come sopra anche a questa domanda. Compresi quanto la cosa stesse a cuore al Generale (mi rimando a tutti i precedenti relativi all'occupazione di.. Sijenica).

Nedic mi precisò anche la posizione dei gruppi comunisti ancora esistenti:

quello della Toplica ridotto a 200 uomini ripartiti in gruppetti di scarsa entità; gruppi forti nel Montenegro dalla Kamena Gora al Durmitor; gruppo di maggiore efficienza del Generale Novakovic (circa duemila) tra Foca-Gorazde-Kalinovic;

un gruppo intorno a Sokolas-Olovo.

La conversazione toccò molteplici argomenti di carattere panoramico-storico e contingente in cui in sostanza il Generale Nedic disse che la creazione della Jugoslavia fu un errore e che questo errore fu pagato esclusivamente dai serbi.

Prendendo lo spunto dai sentimenti di amicizia dei serbi verso l'Italia e dalla mia affermazione che se i serbi avessero tenuto conto della comprensione che gli italiani ebbero sempre per loro, fin dalla guerra decorsa, il destino di questo popolo, sarebbe stato ben diverso. Nedic, assentendo vivamente, disse: «E' vero, è vero. Mussolini stese più volte la mano ai serbi».

La conclusione dei suoi discorsi ritornava a manifestare le sue speranze per l'ordine nuovo in quella pace (accordandosi con le mie parole) con giustizia e nel quadro dei reciproci interessi. Nedic ebbe occasione di precisare: «che la pace sopratutto dia ai popoli la possibilità di vivere proficuamente». Superfluo sottolineare il contenuto di tale dichiarazione dati i noti pensieri del Generale.

Le scottanti questioni dei croati in Bosnia e negli altri territori come quelle concernenti le varie aspirazioni non furono toccate: io mi astenni dall'indurlo in precisazioni specifiche osservando come egli fosse, nei punti di maggior delicatezza, desideroso di non porre questioni imbarazzanti o troppo precise mentre volle mantenere in tutto il suo lungo discorso il punto di vista dell'amicizia della Serbia per l'Italia e di vedere l'esercito serbo in avvenire con l'Italia. Le sue aspirazioni nazionali, che so così caldamente sentite, furono enunciate nella forma generica di una «Grande Serbia ».

Nedlc accennò che egli è contrario alle formazioni cetniche troppo indisciplinate (l); che è soddisfatto della organizzazione della << Srpska Narodva Straza » che conta 20 mila uomini efficienti.

Il Generale Nedic mi apparve come una persona consapevole della grana~:: difficoltà del suo compito; della estrema delicatezza della strada che egli deve percorrere; però pieno di fiducia nell'avvenire. Desiderò -evidentemente -evitare chiarificazioni troppo anticipate. Parlò come un patriota quale è innegabilmente e come serbo desideroso di far sapere all'Italia, al Duce, al Governo i sentimenti di riconoscenza e di amicizia evitando di associarvi precisazioni indubbiamente premature, e limitandosi a quanto sopra indicato circa la permanenza delle truppe a cordone per opporsi a possibili minaccie comuniste in Serbia. Velo trasparente di note aspiraziqpi.

Note al colloquio. In serata ebbi modo, in un colloquio col noto fiduciario, di conoscere le sensazioni del Generale Ne'CLic: soddisfazione di aver potuto esprimere i sentimenti di gratitudine per l'Italia e di aver rappresentato e sottolineato il desiderio di amicizia della Serbia con l'Italia. In parallelo alle mie sensazioni, Nedic notò come io fossi stato molto cauto; approfittai della cosa per precisare al fiduciario che, dati i momenti, occorra essenmalmente mantenersi in una linea della più grande prude111za e dare tempo al tempo rifuggendo da ogni intempestività.

Osservai anche che le persone vicine a,l Nedic hanno conseguito realmente il risultato, almeno per quanto finora constato e con riserva di conferma, di portare Nedic a esprimere la persuasione di associare l'avvenire serbo all'amicizia per l'Italia. Nedic si mantenne in una linea di estremo riserbo intonandosi, ritengo, del resto a quella del suo interlocutore. I contatti quindi sono stati mantenuti in quella sfera di cautela, di prudenza volute che permette gli sviluppi nella forma che si riterrà più opportuna sia nel campo di questioni puramente militari contingenti come, qualora lo si volesse, in chiarificazioni di altro carattere (1).

Riferisco quanto sopra all'Ecc. il Generale Ambrosio Capo di Stato Maggiore dell'Esercito in riferimento suo telegramma 429/C.S./63 del 27 marzo us. (2).

(l) -Vedi D. 386. (2) -Vedi D. 438.

(l) Nota del testo: «Evidentemente Nedic non volle toccare la larga azione affidata ai volontari sia nella lotta contro il comunismo sia per le realizzazioni delle aspirazioni nazionali in Bosnia, Montenegro, Kossovo ecc.... siccome era argomento troppo noto non insistetti. Se si riferisce ai cetnici di Kosta Pecanac la sfiducia di Nedic mi venne più volte, da tempo, riportata come segnalai. Ritengo confermare la mia sensazione che ora in Nedic prevalga il concetto di massima: forze regolari all'interno sicure ed in sua mano: volontarie all'esterno sia contro i comunisti sia per le affermazioni, nei vari territori, dell'idea nazionale serba».

456

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2614/248 R. Tokio, 16 aprile 1942, ore 19,30 (per. ore 21).

Mio telegramma n. 209 (3). A questo Ministero degli Affari Esteri mi è stato preannunziato prossimo invio di una nota nella quale verrà riconosciuta nostra protezione interessi ellenici in territo11io nipponico, a titolo potenza occupante Grecia. Correlativa comunicazione verrà fatta al Governo argentino, probabilmente non appena sistemata questione esodo di questo Ministro di Grecia, della quale si 1nteressa predetto Governo.

(l) -Per le proposte concrete del gen. Nedlc, vedi D. 535. (2) -Non pubblicato. (3) -T. 2210/209 r. del 30 marzo 1942, ore 9,40, non pubblicato, con Il quale Indelll assicurava di aver eseguito le Istruzioni dategli con Il D. 400, e di attendere la risposta del Governo giapponese.
457

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2680/059 R. Zagabria, 16 aprile 1942 (per. il 19).

In queste ultime settimane, che sono state prevalentemente dedicate dal Governo croato e dalle autorità di Partito, militari e amministrative, alla celebrazione dell'annuale dell'indipendenza si è manifestata una spiccata tendenza ad accentuare la volontà di collaborazione con l'Italia, in particolar modo nel campo politico.

Questa tendenza, a mio avviso, è determinata da un fattore esterno come reazione ad eccessive pressioni germaniche e da un motivo 1nterno, che semplicemente permette a Pavelic ed ai suoi fedeli di esprimere più liberamente il proprio pensiero politico nel momento ,:Ln cui sente consolidarsi il suo regime che raccoglie maggiori consensi. In più occasioni il Poglavnik -come per esempio nel rispondere al saluto che il Ministro De Cieco, Capo della Delegazione straordinal'lia italiana, gli ha rivolto; così pure nell'intervenire all'adunata del Fascio «Arnaldo Mussolini », dove pronunciò un breve significativo discorso; e ancora nel rimettere decorazioni croate a Ufficiali del Regio Esercito che un anno fa ricondussero dall'Italia, lui ed i suoi compagni proscr~itti, in Croazia per l'assunzione del potere -ha voluto porre in rilievo:

l) la devozione alla Maestà del Re e Imperatore e la sua riconoscenza per il Duce;

2) la fiducia e le prove di amicizia che egli ha sempre avuto dal «suo amico personale», il Conte Oiano;

3) il fatto che proprio in Italia e nella atmosfera fascista nella quale vissero come ospiti per dodici anni egli e quattroc.ento dei suoi ustascia, è nato il regime dell'attuale Croazia, che, da terra italiana e grazie all'ospitalità italiana, ha potuto sin da allora operare per l'indipendenza della Croazia.

Questo linguaggio del Poglavnik, che mi risulta aver impressionato e esercitato influenza negli ambienti croati, voleva essere l'espressione del suo pensiero, oltre che del suo sentimento, e a me è parso indizio di un proposito tendente a segnare una seconda tappa del suo orientamento.

Tale orientamento, che ho creduto opportuno segnalare alla E. v., mi riprometto seguire, contribuendo per quanto mi è possibile, affinché esso si affermi.

Sento H dovere di aggiungere che per l'affermarsi di tale orientamento e il concretarsi delle intenzioni di sviluppare in senso unitario la collaborazione con noi, occorre che le autorità politiche e militari, la cui azione direttamente si vipercuote sui rapporti italo-croati, quali, in primo luogo, il Governo della Dalmazia, e quindi il Comando della II Armata e la Provincia di Fiume, dimostrino comprensione e volontà di collaborazione nei riguardi del Governo di Zagabria.

458

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

1'. S. N. D. PER CORRIERE 2711/0122 R. Rcrna, 16 aprile 1942 (per. il 20).

Si é conclusa ora una lunga discussione con queste autorità politiche e militari circa i segnali di allarme al passaggio di aerei inglesi. Senza avvertire, tempo fa questi allarmi furono sospesi. Appena ce ne accorgemmo intervenimmo per farli ripristinare, perché ci davano la possibilità di avvertire Milano, facendo guadagnare quasi mezz'ora nei preparativi della difesa. Dapprima parvero disposti, da parte militare, ad avvertire direttamente la R. Legazione appena i passaggi si effettuassero. Ma le autorità politiche ritennero che questo sarebbe stato un atto d'apparente lezione della neutralità. Le autorità militari che avevano già piantato un telefono speciale per quelle segnalazioni, dovettero rinunciarvi. La discussione continuò. Dichiarai al Dipartimento Politico e feci dichiarare al Comando dell'Esercito che, se non avessimo avuto l'immediata segnalazione dei passaggi inglesi, avremmo considerato la Svizzera complice dei danni che ci sarebbero toccati in seguito alla violazione della sua neutralità. Ricordai di più e feci ricordare che il Governo svizzero aveva sempre affermato che, se la neutralità fosse stata violata, si sarebbe messo al fianco del nemico dei violatori. Dopo altre tergiversazioni, di fronte alle insistenze della R. Legazione, decisero di ripristinare i segnali con le sirene. Con ciò, in occasione dell'ultimo passaggio nella notte dal 12 al 13 aprile corrente, il servizio prestabilito dal R. Addetto Militare poté funzionare. Il primo passaggio della frontiera avvenne alle ore 24 e 6 minuti. L'Ufficio del R. Addetto Militare ne fu avvertito alle 24 e 9 e alle 24 e 12 Milano sapeva che gli aeroplani stavano per arrivare.

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IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 2758/05 R. Stoccolma, 17 aprile 1942 (per. il 22).

Mi sono intrattenuto in una interessante conversazione con eminenti personalità del Comando delle Forze Armate svedesi, fra cui il Generale Holmquist, Capo dell'Esercito, ed il Generale NordenskiOld che assumerà prossimamente il comando dell'aviazione.

Circa le probabilità di un tentativo anglo-americano di sbarco sulle coste della Norvegia, mi é stato espresso il giudizio che tale operazione richiederebbe non meno di otto divisioni ed un milione di tonnellate di naviglio, dovendosi poi aggiungere ulteriori impieghi di forze terrestri e marittime per i rincalzi e per compensare le perdite. Gli obiettivi sarebbero indubbiamente vantaggiosi, mirando a prendere alle spalle le forze tedesche dislocate sul set

tore nordico del fronte russo. Una volta poi raggiunto il Golfo di Botnia, l'invasore si proporrebbe di trasportarvi per via di terra sottomarini leggeri, destinati ad essere impiegati contro il traffico di rifornimenti navali tedeschi verso la Finlandia. Come conclusione, però, è stato affermato che mancano ai belligeranti anglo-sassoni i mezzi sufficienti per effettuare l'impresa; oltre alla considerazione che --anche se riuscisse loro, in caso favorevole, di assicurarsi il dominio nell'estrema zona di Murmans!{, e delle coste del Mar Bianco --rimarrebbe pur sempre la possibilità per le forze aeree germaniche di svolgere azioni offensive di distruzione e di perturbamento con effetti assai gravi.

Questa è la constatazione cui si è giunti in colloqui che i Capi militari svedesi hanno avuto (e me ne è stato fatto esplicito cenno) col Maresciallo List e col Generale Strupf durante le visite da questi ultimi qui compiute di recente.

Un'ipotesi che viceversa si continua a prospettare da parte tedesca, è quella che gli inglesi si propongano semplicemente di prendere piede su un punto qualunque della costa della Norvegia per crearvi un centro di agitazione che susciti nuovi imbarazzi e difficoltà al regime di Quisling. Si congettura a questo proposito, anche la possibilità che il principe ereditario norvegese venga ad insediarvisi. E non si esclude l'eventualità di esito favorevole di un simile colpo, almeno per qualche tempo, data la lunghezza e la natura frastagliata del litorale, con la conseguente difficoltà per il Comando germanico di esercitare ovunque una vigilanza con forze adeguate.

Accanto alle confidenze che ho avuto modo di raccogliere sullo scambio di consultazioni che ha avuto luogo fra lo Stato Maggiore svedese ed i comandanti tedeschi suddetti, su questioni considerate di comune interesse, un altro punto di notevole rilievo mi conviene sottolineare: la risposta datami dal Generale Holmquist senza esitazione: «noi ci difenderemo con le armi» allorché gli ho posto il quesito su quella che sarebbe la condotta della Svezia ove una minaccia britannica od anche sovietica arrivasse effettivamente a toccare il suo territorio.

La conversazione mi ha fornito H destro per intrattenere a lungo i miei interlocutori svolgendo i vari argomenti che era opportuno lumeggiare con loro per esteso (importanza del contributo italiano alla guerra dell'Asse con le operazioni nel Mediterraneo -virtù di fermezza e di spirito combattivo offerto dal nostro popolo -errori accumulati dagli anglo-americani di fronte al Giappone, che stanno conducendo all'attuale tracollo dalle loro posizioni nell'Estremo Oriente, e così via). Ho potuto constatare ancora una volta come nell'elemento militare svedese esista uno spirito di solidarietà verso la Germania e l'Italia sotto la pressione del pericolo rappresentato ormai per questo Paese dalla coalizione di Londra e Washington con il bolscevismo. Ed ho avuto la netta impressione che nei nostri particolari riguardi un tale sentimento prenda il carattere di una simpatia estendentesi -al di là del fattore militare, come riconoscimento della nostra potenza -alle sorti di tutto il popolo italiano.

È un atteggiamento degli animi di cui non mancano ogni tanto significative manifestazioni anche nella stampa.

Alla mia affermazione che -qualunque sia l'andamento ulteriore della guerra -la Gran Bretagna deve considerare la partita irrimediabilmente perduta per proprio conto, non potendo più sperare altro che sui risultati del suo aggiogamento all'aiuto americano, U Generale Nordenskiold in ripetute riprese ha replicato domandando quali condizioni verrebbero presentate all'Inghilterra nella eventualità di trattative per la pace. Naturalmente dal canto mio ho ritenuto di !imitarmi a dire che una premessa essenziale sarebbe il riconoscimento inglese di dover subire un trattamento di paese vinto.

Per altro l'intenogativo del futuro comandante dell'aviazione svedese -noto per i suoi legami di amicizia e di dimestichezza con i locali ambienti britannici -merita attenzione. Non sarei portato ad escludere che egli parlasse non soltanto per iniziativa personale, ma anche con qualche proposito di sondaggio, quale tramite per conto della parte direttamente interessata. Questa mia supposizione prende lo spunto altresì da segnalazioni pervenute ultimamente a questa Legazione, provenienti da persona amica che presta servizio nello Stato Maggiore svedese, secondo le quali, probabilità di un atteggiamento inglese proclive ad avanzare proposte per una soluzione pacifica del conflitto sarebbero da considerare non infondate.

Sono accenni rimasti ad un carattere generico, che tuttavia mi sembra dover porre in evidenza per gli elementi sintomatici che non sono in essi da escludere.

460

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 12381/047 P.R. Bucarest, 11 aprile 1942 (per. il 23).

Mihai Antonescu mi ha dato lettura del memoriale che nel febbraio scorso il governo romeno ha trasmesso al Fiihrer per stabilire le condizioni della partecipazione romena alla prossima offensiva contro l'U.R.S.S.

Si tratta di un lungo documento con allegati grafici e statistiche comprovanti lo sforzo che 'la Romania ha fatto dal giugno 1941 fino al febbraio c.a. in favore della causa comune. Il memoriale nella seconda parte è vivacemente polemico per quanto concerne la questione transilvana e l'Ungheria.

La conclusione più interessante è la seguente: il governo romeno ha impegnato finora nella lotta contro l'U.R.S.S. 527 mila uomini, 18 mila ufficiali, 22 mila sottufficiali. Ha avuto perdite considerevolissime in uomini e materiali che hanno notevolmente diminuito il potenziale bellico della nazione. È disposto a portare il suo concorso fino a un massimo di 800 mila uomini il che significa la mobilitazione generale ma non intende impegnarsi se prima non sarà rassicurato circa il concorso dell'Ungheria e della Bulgaria che hanno conservato finora quasi intatti i loro strumenti di guerra.

Mihai Antonescu mi ha precisato che a questo memoriale il governo tedesco non ha dato finora nessuna risposta scritta ma solo assicurazioni verbali; che peraltro una risposta scritta è attesa.

Egli mi ha aggiunto che invierà un memoriale con gli stessi allegati a V. E.

461

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROMANO

L. s. R. P. 1/2147. Roma, 17 aprile 1942.

È stato qui riferito che in codesti ambienti nazionalsocialisti si sarebbe formulato un programma secondo il quale il Ftihrer, alla fine vittoriosa della guerra, riunirebbe nella Grande Germania anche tutti quei territori che pil"ima dell'altra guerra mondiale appartenevano alla cessata monarchia austro-ungarica, ed in particolare Fiume, l'Istria e Gorizia; rimarrebbe escluso, da questo programma di annessioni, l'Alto Adige, di cui attualmente non si parla molto. L'Italia riceverebbe, come compenso, la Grecia con tutte le isole. Secondo il piano accennato, la Germania, la quale già da secoli mira all'Adriatico, non si lascerebbe sfuggire l'occasione per realizzare parte dei suoi sogni relativi a quel mare. Il Reich deplorerebbe molto se l'Italia dovesse opporsi a tale programma; comunque, la Germania si conquisterebbe con le armi i territori accennati, e forse altri ancora.

Sembra che si sia accennato a tale programma in occasione di commenti fatti in seguito ad una conferenza di codesto Consigliere Comunale Kozich, il quale avrebbe, tra l'altro, affermato quanto segue: «sotto il comando geniale del Flihrer è riuscito per la prima volta nella storia, di riunire la maggior parte dei popoli europei. All'avversario non rimane alcuna speranza e la vittoria nostra è sicura. La Germania non ha mire imperialistiche, ma vuole soltanto assicurarsi il primato in una lotta per la libertà sua e del continente europeo :P.

In seguito a ordini ricevuti, ti prego di voler riservatamente accertare e riferire quanto ti risulti in merito (1).

462

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 2661/659 R. Berlino, 18 aprile 1942, ore 20,30.

Dall'accurato esame della situazione al fronte orientale che ho compiuto al mio ritorno in sede, risulta quanto segue:

l) Su tutto l'insieme del fronte gli attacchi sovietici sono cessati e si ha un periodo di vera e propria calma interrotta soltanto da azioni locali di pattuglie. Anche in queste piccole azioni da parte tedesca è stato peraltro constatato come lo spirito aggressivo ed il «mordente » dei russi non sia molto diminuito. Peraltro negli ambienti tedeschi ponderati non si ritiene di poter per ora far previsioni circa il potenziale di resistenza e di offesa delle forze sovietiche nel prossimo avvenire.

1/i --Documenti tlijl[omatit:·i -f\erle lX -Vt•l. Vlll

2) Da parte sovietica si sta allestendo una linea di resistenza con fortificazioni campali semipermanenti in cemento armato. Tale linea seguirebbe all'incirca il tracciato di quello raggiunto dai tedeschi nella loro penetrazione massima durante la loro offensiva dello scorso ottobre (rialto dei Valdai, regione di Mosca, regione di Karkow ovest di Rostod).

3) Da parte tedesca è attivamente in corso il trasporto dell'ultimo quantitativo dei materiali alla fronte utilizzando sopratutto le linee ferroviarie che durante l'inverno sono state particolarmente rinforzate e raddoppiate. Questa fase preparatoria terminerà per fine maggio. Anche per quella data sono stati sospesi i congedi.

4) Negli ambienti dell'Alto Comando tedesco si ritiene che l'avversario accetterà battaglia nella larga zona antistante la linea di resistenza per ritardare al massimo e rendere difficile la rottura di questa.

5) Circa la data di inizio delle operazioni risulta confermato che lo Stato Maggiore tedesco, per quanto vivamente desideri di accelerarla al massimo, ritiene oggi che essa non potrà cadere prima della metà di giugno e cioè dopo le pioggie caratteristiche si afferma, in Russia ai primi di quel mese.

(l) Per la risposta di Romano, vedi D. 487.

463

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 2717/045 R. Berlino, 18 aprile 1942 (per. il 20).

Mi consta che il dissidio fra Goering ed Himmler, rappresentante il primo la corrente moderata ed il secondo quella intransigente, si è assai acuito in questi ultimi giorni in seguito alla richiesta presentata da Himmler di organizzare, sull'esempio delle Waffen SS, anche delle formazioni autonome di aviazione delle SS. A questa richiesta Goering sta opponendo la più forte resistenza. Si sta attendendo la presa di posizione del Fiihrer il quale pare, almeno da quanto affermatomi, più propenso a dar ragione a Himmler che al Reichsmaresciallo (1).

464

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. S. N. D. 2708/186-187-190 R. Budapest, 19 aprile 1942, ore 19 (per. ore 10 del 20). 176 (2).

Kallay mi ha detto conforme assicurazione già data egli non toccherà nemmeno per inciso questione rapporti ungaro-romeni in occasione Consiglio

50(1

Nazionale Partito. «Mi rendo conto -egli ha continuato -che la forza di Antonescu sta appunto nell'estrema debolezza della sua situazione interna che Germania e Italia non vogliono vedere aggravata. Riprendere polemica con lui significherebbe offrirgli la possibilità di galvanizzare nuovamente opinione pubblica ma in ogni caso accelerare una inevitabile crisi interna in Romania. Non sarò certo io a determinare uno stato di cose che non gioverebbe all'Asse. Mi proponevo al contrario di annunziare domani la concessione di certi privilegi elettorali alle minoranze romene e avevo anche in animo di sperimentare alcune concessioni nel campo religioso.

(186) Mio telegramma n. (l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Con T.s.n.d. 2561/176 del 14 aprile 1942, ore 13,16, non pubblicato, Anfuso aveva riferito che nel discorso di Kallay previsto per il 20 aprlle la questione dei rapporti ungaro-romeni sarebbe stata trattata con tono moderato.

(187) Ma poiché vedo che i giornali romeni scrivono che devono ad ogni costo mandare rappresentanti romeni al parlamento magiaro, sono costretto a ritirare ogni progettata provvidenza. Andrò fra giorni in Transilvania ma anche qui non risponderò alle provocazoni romene e mi limiterò ad annunziare un piano decennale di ricostruzione nei territori liberati. Se soluzione della vertenza ungaro-romena deve dipendere da me, prometto che essa sarà risolta ma allora in modo definitivo solo alla fine della guerra dell'Asse. Per ora antepongo raggiungimento di tale vittoria anche al vivo desiderio di ogni ungherese di liquidare per sempre vertenza con la Romania. Non ho nessuna fiducia però nell'evoluzione della situazione interna in Romania e non mi [procurerà] nessuna sorpresa vedere un giorno le truppe romene abbandonare il fronte della Transnistria per puntare sulla Transilvania. È bene perciò che l'Ungheria sia preparata a tale eventualità».

(190) Quanto ho riprodotto è la parte più saliente della lunga esposizione fattami dal Presidente del Consiglio magiaro dalla quale nonostante il tono vibrato si può trarre la conclusione che l'Ungheria conta su una certa distensione delle sue relazioni con Bucarest a meno che in Romania non venga ripresa polemica. Situazione continua perciò avere gli stessi caratteri da me denunziati col mio rapporto n. 413 del 30 marzo u.s. (1).

465

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. s. Berlino, 20 aprile 1942.

La manifestazione di ieri alla Philarmonie in occasione del compleanno del Ftihrer, straordinariamente montata con replicati annunci sulla stampa ed atraverso la radio, ha avuto un successo piuttosto modesto.

Il discorso di Goebbels radiotrasmesso ad un forte gruppo di Nazioni -secondo quanto avevano all'inizio comunicato gli annunciatori che si sono presentati alla ribalta ,in gruppo, come una squadra di lottatori prima della gara non è stato certamente dei più felici. Dimesso nel tono, non molto elevato nella forma, di un discutibile buon gusto nei riferimenti con il film -Der grosse Konig -il discorso ha lasciato il pubblico freddo: ed un non entusiastico applauso di convenienza ne ha salutato la fine.

Forse la luce accecante dei riflettori che emanavano un calore soffocante,

o la folla troppo stipata, o la massa corale sproporzionata alla capienza del locale, (una strana massa corale costituita da donne brutte ed anziane vestite di bianco, da uomini in frak od in uniforme militare), sta il fatto che neppure il celebre maestro Furtwangler ha trovato il tono giusto ed ha impegnato una specie di lotta musicale con Beethoven.

D'altronde, anche la giornata di oggi ha avuto una nota di festosità puramente esteriore. Moltissime bandiere, moltissime fotografie del Ftihrer nelle vetrine dei negozi: ma entusiasmo poco. Entusiasmo comandato, a seguito di parola d'ordine.

Ne ho avuto la prova quando stamane un mio funzionario è venuto a comunicarmi che la Direzione della Radio tedesca gli aveva chiesto se io avrei accettato di pronunciare un breve discorso, in occasione dell'anniversario del Ftihrer, da includersi nella radiotrasmissione seralé dedicata a tutti i lavoratori italiani in Germania.

Avendo valutata la richiesta ed essendomi convinto che era quasi impossibile declinare l'invito, ho girato la posizione basando il mio breve discorso sul commento delle parole dette dal Ftihrer in recenti occasioni verso l'Italia ed il Duce.

La verità è che il popolo tedesco è talmente teso nello sforzo della preparazione formidabile per cui non presta più attenzione ad altro. E distrarlo da questo complesso pensiero che tutto lo domina, è un errore (1).

(l) Non pubhl!cuto.

466

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. PER CORRIERE 2873/0208. Sofia, 21 aprile 1942 (per. il 25).

Moi telegramma per corriere n. 0196 (2).

Per quanto il Presidente del Consiglio, Filov, abbia praticamente trasferito il suo ufficio nella sede di questo Ministero degli Esteri e dia prova di volere veramente svolgere diuturnamente la funzione a lui affidata di Ministro degli ESTERI, non sono pochi quelli che ritengono che la formula, adottata da Re Boris, di unificare le due cariche di Presidente del Consiglio e di Ministro degli ESTERI, possa essere provvisoria.

Cosi anche da parte tedesca, a quanto mi risulta, si pensa che, dopo un certo periodo, il signor Filov possa chiamare a suo collaboratore, quale Ministro degli ESTERI, un diplomatico di carriera e, per tale carica, si fa nuovamente il nome dell'attuale Ministro di Bulgaria a Berlino, Signor Draganow persona di fiducia del Sovrano, del quale fu nei tempi. Aiutante di Campo, e che ha fatto buona prova nella Capitale del Reich.

Re Boris -sempre secondo queste voci e supposizioni -non avrebbe provveduto, durante il recente rimpasto, alla nomina immediata del Draganow per non aggravare con essa le critiche di quanti vorrebbero la ricostituzione del Gabinetto Filow una diretta conseguenza delle conversazioni avvenute in Germania, alla fine di Marzo, tra il Sovrano di Bulgaria ed il Cancelllere Hitler.

(l) -Il presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Non pubbl!cato. con tale telegramma (T. r. per corriere 2863;'0196 r., Magistrati riferiva sul cambiamenti nella composizione del governo bulgaro.
467

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 21 aprile 1942.

Il Governo Tedesco ci ha fatto conoscere che esso sta studiando il progetto giapponese di manifesto per l'indipendenza indiana ed araba 0). Non è ostile all'idea del manifesto, ma ha alcune osservazioni da fare e comunque non può dare una risposta immediata.

Il Governo Tedesco è invece d'accordo per provvedere allo scambio di lettere segrete con il Gran Mufti e con Gailani concernenti l'indipendenza e unità dei Paesi arabi (2).

Noi abbiamo espresso l'opinione che sia utile informare il Governo Giapponese della nostra intenzione di procedere a tale scambio, visto che il Governo Giapponese si è interessato a questo problema e che sono in corso le conversazioni relative al manifesto di dichiarazione dell'indipendenza araba.

Questa Ambasciata di Germania ha chiesto su questo punto l'avviso del proprio Governo (3).

468

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI

APPUNTO SS. 234. [Sussak], 21 aprile 1942.

Il Gen. De Blasio, Capo di Stato Maggiore dell'Armata, mi ha pregato di richiamare la attenzione della E. V. su quanto segue:

l) Nelle direttive per le prossime operazioni in Bosnia preparate dal gen. Bader, e da questi inviate all'Ecc. Roatta, è stabilito che, in tutti i territori oltre la linea di demarcazione, le truppe italiane ivi operanti non possano procedere sia alla requisizione di alloggi, depositi o altro, sia all'acquisto di qualun

(2} Vedi D. 431.

que genere occorrente alle truppe stesse senza la preventiva e specifica autorizzazione del Comando della «Kampfgruppe Bader » che si metterà d'accordo con le autorità croate locali.

2) Il Comando tedesco ha fatto ora conoscere che il 22 corr. inizierà per proprio conto e con la cooperazione delle truppe croate la riconquista di Rogatica e chiedeva che le nostre truppe si attestassero sulla linea di demarcazione per impedire il deflusso di ribelli in quella direzione. Tale iniziativa sarebbe in contrasto con quanto concordato ad Abbazia ed a Lubiana (1), giacché Rogatica era l'obbiettivo della prima azione combinata ed a cui dovevano partecipare tre nostre divisioni (la Taurinense, 1 Cacciatori delle Alpi e la Pusteria); tali operazioni dovevano aver inizio solo dopo che le tre divisione suddette si trovassero a piè d'opera; il che non sarà materialmente possibile per la data fissata dai tedeschi.

3) Nei precedenti accordi era stato stabilito che le divisioni Taurinense e Cacciatori sarebbero state trasportate, per la massima parte a Serajevo con le ferrovie Brod-Serajevo e Mostar-Serajevo. Ora, H Comando Tedesco ha fatto conoscere che può consentire su dette linee rispettivamente soltanto due e sette treni al giorno, cioè per una capacità di trasporto di 500 e 1500 uomini o materiale equivalente. In tal modo è reso impossibile alle nostre truppe potersi trovare nel tempo fissato nel settore delle operazioni.

4) Le truppe croate sono inquadrate nella divisione tedesca ed opereranno come parte integrante di essa.

Quanto precede dà l'impressione che il Comando tedesco faccia tutto il possibile per diminuire e rendere difficile la partecipazione delle nostre truppe alle operazioni in questione e per accentuare il carattere temporaneo e precario della loro presenza nella Bosnia Orientale.

Ciò sarebbe dovuto, ad avviso del gen. De Blasio, alle pressioni dei croati che si mostrerebbero sempre più preoccupati per la presenza delle nostre truppe in Bosnia. Tale sospetto si è aggravato dopo che si è saputo che ieri a Serajevo vi è stata una riunione -non prevista e mantenuta segreta -tra i gen. Bader, Glaise Horstenau, il Ministro Lorkovic, il Ministro Kvaternik junior ed altre personalità politiche e militari tedesche e croate.

Ignoro completamente cosa di tutto ciò pensi il gen. Roatta, che è partito da due giorni per incontrarsi oggi con il gen. Bader a Mostar e che non si era aperto al riguardo neanche con il Sottocapo di Stato Maggiore (il Capo di Stato Maggiore era assente da Sussa).

Devo infine aggiungere che questo Comando è sempre più scettico circa i risultati delle operazioni di cui trattasi, dato che -secondo la segnalazione del nostro ufficiale di collegamento con l'armata tedesca -il gen. Bader nel preparare il piano operativo si è preoccupato soltanto delle comunicazioni a fondo valle, trascurando completamente ogni operazione di accerchiamento e di investimento delle montagne. Il che significa che queste operazioni saranno una seconda edizione di quelle fatte dai tedeschi nella seconda metà di gennaio e che non portarono ad alcuno risultato concreto, giacché i ribelli, all'avvici

narsi delle colonne germaniche, avevano riparato sui monti e nei boschi, evitando ogni scontro, per poi riapparire appena i tedeschi si erano allontanati. Comunque le nostre truppe, dato quanto è stato precedentemente riferito,

non potranno dar inizio alle operazioni prima di maggio.

(l) -Vedi D. 459. (3) -Il presente documento reca il visto di MuRsolinl.

(l) Vedi DD. 339 e 419.

469

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL DOTTOR PASSERA A SANAA

T. 100/6 R. Roma, 22 aprile 1942, ore 1.

Corrispondenti britannici Medio Oriente hanno recentemente segnalato che sarebbero in corso tentativi per far aderire Imam Yahia ad un preteso blocco dei Paesi Arabi filo-inglesi, facendolo uscire dalla posizione di «rigido isolazionismo » che secondo detti corrispondenti Imam ha sinora mantenuto. Si cita l'influenza che l'Egitto potrebbe avere sullo Yemen, e si dice anche che l'Emiro Faisal dell'Arabia Saudita avrebbe inviato un messaggio all'Imam Yahia per incoraggiare lo Yemen ad «entrare nel campo democratico>>. In qualche corrispondenza si accenna al fatto che fra i Paesi Arabi soltanto lo Yemen conserva i suoi «consiglieri e tecnici italiani».

Pur dovendosi, com'è ovvio, far tutte le riserve circa esattezza delle predette informazioni, si porta a vostra conoscenza quanto precede ad ogni utile fine.

Come vi è stato già reso noto col telegramma quattro (1), atteggiamento politico del Re Ibn Saud non è tale da far ritenere verosimile che egli spieghi la suo influenza sull'Imam in senso filo-britannico.

470

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2764/257 R. Tokio, 22 aprile 1942, ore 8 (per. ore 21).

Secondo notizie provenienti da questo Stato Maggiore esercito, che ha comunicazione integrale dei rapporti dei rappresentanti diplomatici nipponici, risulta che Sato ha telegrafato come nel corso del suo primo colloquio con Molotov questi si sarebbe espresso in termini ammirativi per i recenti successi militari giapponesi e, accennando alle difficoltà della situazione sovietica in Asia Orientale, avrebbe dichiarato che URSS tiene ad assicurare Governo di Tokio che manterrà pienamente fede al patto di neutralità fino a tanto che il Giappone farà altrettanto.

Avrebbe poi esplicitamente dichiarato che URSS non ha alcuna intenzione di concedere nel suo territorio basi terrestri navali od aeree ai nemici del Giappone.

(l) Vedi D. 414.

471

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2771/397 R. Bucarest, 22 aprile 1942, ore 15 (per. ore 1,30 del 23).

Michele Antonescu mi ha letto un telegramma direttogli da Marcu e col quale questi rende conto della visita fatta a V. E. (1).

Marcu riferisce che Voi gli avete detto tra l'altro di non poter venire a Bucarest H giorno 10 maggio perché invito Vi è arrivato troppo tardi e avete già preso un impegno per quella data per recarVi Albania. Antonescu mi ha pregato dirVi che egli fin da febbraio Vi aveva offerto scegliere fra il 15 aprile

o maggio !asciandoVi anche fissare altra data Vostro gradimento. Gli ho risposto che invito Vi era stato trasmesso con ritardo da me e che sapevo come Voi avevate già un impegno precedente per l'Albania. Antonescu mi ha pregato informarVi che egli ed il Conducator considerano rinvio del Vostro viaggio come un semplice aggiornamento.

Antonescu mi ha intrattenuto lungamente sull'utilità di una presa di contatti con Voi con argomenti sulla politica generale europea che mi sembra superfluo ripeterVi.

Egli mi ha detto infine di avere ricevuto invito da Baldur von Schirach, tramite Ribbentrop, per presenziare tra il 9 ed il 15 maggio al Congresso della Gioventù europea a Venezia. Antonescu mi ha pregato chiederVi se assisterete a tale Congresso perché solo in tale caso, per avere il piacere di incontrarVi. egli accetterebbe invito rivoltogli da von Schirach.

472

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2900/064 R. Zagabria, 23 aprile 1942 (per. il 26).

Seguito telegramma 22 corrente (2). II Ministro degli Affari ESTERI, rientrato dal suo viaggio in Bosnia orientale, ha voluto vedermi e mettermi al corrente delle sue impressioni. Questione serba. L'argomento più delicato, che è al primo piano dell'interesse croato in questo momento, è senza dubbio quello delle mire espansionisti

che del Governo di Nedic e delle manovre alle quali sembra non siano estranei alcuni elementi responsabili della politica tedesca in Serbia. Tali manovre vengono condotte, secondo le recenti risultanze delle indagini croate, in connivenza

con esponenti serbi e mussulmani della Bosnia orientale. Il separatismo bosniaco sarebbe l'obiettivo immediato, al quale dovrebbe seguire un'ingerenza direta di Belgrado sul ricco territorio della Bosnia orientale. Il Governo croato ha dato prova, cosa che Lorkovic ha tenuto a sottolineare, di fermezza, valendosi di cinque battaglioni al comando del colonnello Francetic che ebbe l'ordine di attestarsi lungo il confine della Drina e di far fuoco contro chiunque tentasse di penetrare in territorio bosniaco. Allo stesso confine, dopo lo schieramento degli ustascia, si sono verificati scambi di colpi di fucileria durante i quali sembra (mi ha detto Lorkovic) che anche qualche soldato germanico sia rimasto ferito. Francetic ha operato con piena soddisfazione del suo Governo, e cioè con energia e con bravura. Si cerca di fare di lui un eroe nazionale presso l'opinione pubblica. esaltando le gesta dei reparti ustascia da lui comandati e le sue capacità di comandante, liberatore delle popolazioni che erano oppresse e vessate dai ribelli; ciò sta a dimostrare ancora una volta che il Governo croato è deciso a seguire una linea di intransigenza nelle questioni confinarie. Dopo avermi intrattenuto su questi argomenti, Lorkovic mi ha rimesso, quasi a significare analogia di situazioni, un promemoria relativo all'attività di emissari serbi nella Dalmazia italiana e zone della Dalmazia croata immediatamente vicine, presidiate dalle nostre truppe, pregandomi di esaminarlo e di raccomandare al mio Governo di sorvegliare tali attività e liberarsi da elementi che sono senza dubbio dannosi per i rapporti di amicizia italo-craoti. Trsametto a parte copia del promemoria (1).

Questione mussulmana. I mussulmani della Bosnia, benché duramente provati dalle invasioni e dai massacri compiuti dai cetnici e dai partigiani, dimostrano, secondo mi ha detto Lorkovic, uno spirito altamente patriottico. Le famiglie che ritornano alle loro case, in seguito alla liberazione dei viUaggi da parte degli ustascia di Francetic, inneggiano a lui con nuovi canti ispirati alla tradizione bosniaca e rivolgono preghiere per il trionfo delle sue armi. Contadini e artigiani sono assolutamente estranei a qualunque tendenza separatista; anzi «può affermarsi senza timore di smentita che proprio tra le popolazioni mussulmane della Bosnia è più acceso il sentimento nazionale croato». Qualche raro elemento intellettuale, abituato alla politica di caffè cerca di agitarsi, ma la Polizia, valendosi dei confidenti tratti dalla stessa popolazione locale, sta provvedendo a individuarli. E' intenzione del Governo, mi ha detto Lorkovic, di dare ai mussulmani della Bosnia ogni assistenza e ogni soddisfazione anche dal punto di vista religioso. A quest'ultimo scopo il Ministro di Croazia a Roma è stato incaricato di prendere contatto con Gran Mufti, del quale è previsto un viaggio in Croazia per l'inaugurazione solenne della moschea mussulmana che si sta edificando a Zagabria.

Ribellione nelle altre zone e presidio dei contini. Il focolaio che più preoccupa il Governo croato è quello della Bosnia centrale che si proietta anche verso l'Erzegovina. A questo proposito Lorkovic ha affermato che per operazioni

in quel settore è necessario un forte concorso delle truppe italiane. Ha aggiunto che è intenzione del Governo croato di stabilire anche lungo la linea di confine col Montenegro presidi confinari, per evitare il passaggio dei ribelli dal territorio nazionale a quello montenegrino. A sostegno di tali presidi è prevista la costruzione di fortini leggeri (bunker). sul genere di quelli che l'Austria costruì in Bosnia per la pacificazione del territorio. Questa intenzione mi è stata confermata stamane dal Capo della Polizia Kvaternik, reduce anche egli da un viaggio nella Bosnia orientale e centrale. Kvaternik ha precisato che lo stabilimento di presidi confinari potrebbe essere attuato d'accordo con il Comando italiano.

(l) -Vedi D. 437. (2) -Non pubblicato: con tale telegramma (T. 22791/s.n. r. del 27 aprile, ore 21). Casertano riferiva le prime impressioni di Lorkovic di ritorno dalla Bosnia; l'andamento delle operazioni condotte da reparti ustascla. di presidio al confine della Drina. era favorevole grazie anche al prestigio e all'ascendente goduti dal comandante Francetic.

(l) Non pubblicato.

473

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2914/084 R. Parigi, 24 aprile 1942 (per. il 27).

l. Abetz, che era venuto qui domenica per salutare la moglie in partenza per l'Italia (mio telegramma n. 081) (1), è ritornato in Germania mercoledì. Il giorno prima si era incontrato con Lavai, venuto a Parigi per la giornata.

2. -Prima di questa sua breve corsa a Parigi aveva avuto un'intervista col Fuehrer al Gran Quartiere Generale tedesco, presente Ribbentrop. Il Fuehrer avrebbe mantenuto anche in tale occasione il suo atteggiamento contrario ad un accordo colla Francia. Egli partirebbe dal principio che non si devono fare accordi tra Governi se essi non corrispondano al sentimento dei popoli. Non vedrebbe pertanto la possibilità di un accordo fra un popolo che non ha fatto la sua rivoluzione, e uno che l'ha compiuta e la sta vivendo pienamente. In ogni caso sarebbe contrario a trattare con la Francia mentre la guerra è in pieno sviluppo e mentre la Francia si trova alle prese con grosse difficoltà alimentari. Ho avuto questa notizia a titolo strettamente personale. 3. -Circa quella che sarà l'attività del nuovo Governo nell'immediato futuro, informazioni di fonte tedesca e francese concordano nel far ritenere che Lavai si occuperà anzitutto di questioni interne: problema dell'alimentazione e dell'amministrazione. Quest'ultima è, si può dire, in mano di elementi non collaborazionisti, e Lavai dovrà fare molti mutamenti. Secondo altre notizie (correnti in taluni ambienti francesi), non è da scartare la possibilità che Lavai cerchi ugualmente di ottenere dai tedeschi delle «concessioni » e anzitutto l'arretramento della linea di demarcazione. Sarebbero state definite recentemente le trattative da lungo tempo in corso perché Scapini, analogamente a quello che è avvenuto a Roma con la Delegazione economica francese, possa insediarsi a Berlino nella sede dell'Ambasciata tedesca. Ma si tratta di pura forma. Scapini ha detto qui che andava Ambasciatore a Berlino. Non risulta che sarà cambiata la sua missione, che è limitata, come è noto, ai prigionieri. Per domani sabato è annunciato un Consiglio dei Ministri, e si attendono indicazioni sul programma del nuovo Governo. 4. -Sull'atteggiamento tedesco nei riguardi del passato Governo Darlan, una voce che circola in questi giorni e che presenta un certo interesse è che ove Darlan fosse rimasto Vice-Presidente del Consiglio, i tedeschi avrebbero preso nei riguardi della Francia occupata delle misure di rigore. Non sentendosi sufficientemente sicura alle spalle con Darlan al Governo, la Germania, nell'imminenza della prossima offensiva in Russia, avrebbe assunto, l'amministrazione diretta della zona occupata, o in ogni caso avrebbe fatto un più largo uso di S.S., e represso atti terroristici e attentati con molto maggiore rigore. Di questa voce gli amici di Lavai si servono per sostenere che se anche il nuovo Presidente del Consiglio non ha ottenuto «concessioni», tuttavia il suo avvento al Governo avrebbe valso ad evitare il peggio. 5. -Va intanto rilevato che coll'andata al potere di Lavai sono aumentati gli atti terroristici che avvengono da qualche giorno in misura maggiore di quello che pubblicamente si conosca e si stampi. All'origine di questi atti di violenza sono, oltre che i comunisti, anche elementi anticollaborazionisti. L'AmbasC'iata tedesca di fronte a questa situazione è perplessa circa l'atteggiamento da adottare. Si domanda cioè se una repressione energica e la relativa pubblicità non danneggerebbe gravemente il Governo Lavai, ma teme d'altra parte che la clemenza possa essere interpretata con un segno di debolezza. Ho avuto anche quest'informazione a titolo personale. Comunque la recrudescenza degli atti di violenza non ha assunto per ora, in complesso, proporzioni tali da mutare sostanzialmente la relativa tranquillità con cui continua a svolgersi la vita di questo paese.

(l) Non pubblicato.

474

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 24 aprile 1942.

Dal 14 al 17 u.s. ha avuto luogo a Berlino una serie di riunioni di tutti gli Addetti Militari nipponici accreditati presso i vari Paesi europei, allo scopo di esaminare la situazione generale. I risultati di tali riunioni sono stati già trasmessi a Tokio e dovrebbero costituire notevole elemento di valutazione per la condotta politica e militare della guerra da parte giapponeese.

Il colonnello Shimizu ha, in via assolutamente confidenziale e segreta, fornito in proposito le seguenti informazioni:

l) La preparazione della Germania per la ripresa dell'offensiva in Russia è stata giudicata indubbiamente poderosa. Secondo i calcoli molto accurati degli Addetti Militari nipponici, i russi disporranno all'inizio della prossima campagna di circa 300 divisioni. Si può peraltro ritenere con molta approssimazione che -non tenendo conto delle molte unità logore -la reale forza sovietica non oltrepasserà le 200 divisioni. Circa una cinquantina di esse dovrebbero essere equipaggiate di armi inglesi e americane affluite in Russia durante l'inverno. Non si ritiene che la Russia potrà in queste condizioni essere eliminata militarmente, quantunque non sembri dubbio che l'offensiva tedesca possa ottenere vittorie di ampio raggio e portata. Secondo notizie in possesso dei giapponesi. i russi ripiegheranno -se costretti --con la massima parte delle forze verso il Caucaso e la zona compresa tra il Caspio ed il lago di Aral, per costituire un fronte laterale, con linee di comunicazione legate al Golfo Persico, al Mar Rosso e al Mediterraneo. Soltanto un'aliquota modesta ripiegherebbe verso gli Urali.

2) I giapponesi hanno aspramente biasimato, qualificandola non conforme agli interessi comuni delle Potenze del Tripartito, la condotta della Germania verso i Paesi occupati. Il modo e i mezzi con cui detti Paesi vengono depauperati delle loro risorse a beneficio della Germania e il trattamento durissimo inflitto alle popolazioni, creeranno dovunque odi insanabiH contro il Tripartito, con conseguenze di cui il Giappone non intende sopportare il peso. Tutti gli AdC:etti Militari hanno espresso la convinzione che se la Germania non adotterà un trattamento più umano verso i popoli, sia vinti che neutri, il mondo non avrà mai una pace giusta che sola potrà consentire quel periodo di ricostruzione di cui l'umanità ha bisogno.

3) Gli Addetti Militari nipponici hanno concordemente deplorato la convinzione tedesca, che sarebbe diffusa in tutte le zone dell'opinione pubblica germanica, circa la presunta decadenza dei Paesi latini, nessuno escluso. Essi hanno, per contro, concordemente riconosciuto che la razza latina ha tuttavia una grande missione da compiere nel mondo, e come tale, il Giappone deve favorirne il rafforzamento. Sopra tutto con l'Italia, il Giappone intenderebbe coltivare ogni possibile rapporto di particolare amicizia, incoraggiandone e appoggiandone iniziative, anche -se occorre ·-dispiacenti la Germania.

4) Il Giappone intende conservare piena libertà di azione nel campo operativo. Le forze giapponesi attualmente impegnate non sono che una piccola parte di quelle disponibili. La resistenza anglo-americana si è rivelata assolutamente inferiore a qualsiasi previsione. In ragione di ciò il Comando Supremo giapponese ha improvvisato iniziative non previste e moltiplicato le sue azioni belliche nell'intento di smantellare rapidamente tutte le posizioni chiave anglo-americane nel Pacifico e in Asia Orientale. Per la fine di giugno è in preparazione una grande spinta offensiva, la quale peraltro non è destinata a toccare in alcun modo la Russia. Le forze sovietiche in Estremo Oriente sarebbero tuttavia ingenti.

Tutto il tono della conversazione è stato improntato a un certo senso di diffidenza verso la Germania; a una vivace riaffermazione della autonomia politica e militare nipponica nei confronti di Berlino; a un sentimento di amicizia verso l'Italia attraverso la quale dovrebbe svolgersi -secondo l'affermazione di Shimizu -la azione politica nipponica europea.

Questi ambienti giapponesi, tanto diplomatici che militari, sembrano in sostanza orientati approssimativamente in questi termini:

a) Sensazione che le rapide e grandi vittorie nipponiche sono staté-acco"itè in Germania certamente con soddisfa:r.ione ma soltanto in quanto destinate ad influire decisamente sull'esito della guerra comune, e, insieme, con preoccupato disagio in ragione degli enormi vantaggi che Tokio si assicura in Asia ai danni dei bianchi in generale, degli europei in particolare.

Sl6

b) Sensazione del pericolo che potrebbe presentare per il Giappone un'Europa completamente dominata e controllata da una Germania vittoriosa, la quale potrebbe domani, indisturbata da preoccupazioni europee, costituire un preoccupante antagonista nel compito necessariamente complicatissimo dello sfruttamento, organizzazione e controllo dell'Asia Orientale e farsi comunque, quando che sia, interprete e assertore di un eventuale proposito di rivincita dei bianchi contro i gialli.

c) Conseguente tendenza nipponica a sostenere tutti quegli Stati dell'Europa continentale che possano in qualche modo costituire resistenza ed ostacolo all'incontrastato dominio germanico in Europa, e, in primo luogo, l'elemento giudicato più vitale e più amico: l'Italia.

Anche la politica non aggressiva giapponese nei confronti della Russia potrebbe forse essere almeno in parte spiegata nei termini suaccennati (1).

475

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 2888/700 R. Berlino, 25 aprile 1942, ore 21.

In relazione tuo telegramma n. 538 (2) di cui ti ringrazio. Ribbentrop giunto nel pomeriggio di oggi dal Quartiere Generale mi ha pregato di recarmi subito da lui per comunicarmi noto incontro insistendo sulla circostanza che il Ftihrer avrebbe molto desiderato recarsi in Italia sul Garda o almeno alla Frontiera se le esigenze militari non glielo avessero materialmente impedito.

Durante colloquio Ribbentrop, che si è manifestato pienamente convinto del successo dell'offensiva contro Russia, mi ha lasciato capire che due sono gli argomenti principali da trattare nell'incontro: l 0 ) Atteggiamento dell'Asse verso la Francia in relazione avvento al potere di Lavai; 2°) Operazioni militari dell'Asse nel Mediterraneo e in Libia.

Ribbentrop mi ha invitato a partire assieme a lui martedì mattina per essere sul posto la notte stessa.

<< Pur attraverso le cautele verbali di cui i giapponesi amano circondare in generale Il loro pensiero e particolarmente In materia cosi delicata, si è avuta peraltro la sensazione, in una recente conversazione con questo Addetto Militare nipponico, Colonnello Shimizu, che gli ambienti militari e navali giapponesi sia a Roma che a Berlino, considerino l'atteggiamento del nostro Comando Supremo nei confronti della Germania eccessivamente arrendevole, anche nelle occasioni in cui o non sarebbe necessario esserlo o sarebbe opportuno -a giudizio giapponese -non esserlo.

Anche il comportamento esteriore del nostro Comando Supremo nei confronti in generale degli ufficiali tedeschi sarebbe improntato -sempre a giudizio giapponese -a forrne di cortesia troppo marcata e spinta».

Entrambi gli appunti recano il visto di Mussollni.

(l) In un altro appunto della D.A.T. in pari data si aggiunge la seguente osservazione:

(2) Non pubblicato: con esso d'Ajeta informava Alfieri che nei giorni 29 e 30 aprile avrebbe avuto luogo a Salisburgo, <<a richiesta germanica», un incontro tra il Duce e li FUhrer (T. s.n.d. 14724/538 p.r. del 25 aprile 1942, ore 13).

476

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 3203/040 R. Madrid, 25 aprile 1942 (per. il 9 maggio).

Questo Ambasciatore di Germania, di ritorno dal suo recente viaggio di ispezione ai Consolati della Spagna meridionale (mio telespresso 18 corr.

n. 1078) (1), mi ha detto di aver incontrato a Malaga Generale Queipo de Llano il quale, dopo essersi lamentato dell'inimicizia che Serrano continuerebbe a mostrargli, si è anche rammaricato dell'atteggiamento tenuto nei suoi riguardi dalle autorità italiane che lo avrebbero ignorato durante suo soggiorno a Roma. Queipo de Llano si sarebbe tra l'altro risentito per non essere stato invitato, insieme agli altri Addetti Militari, a visitare fronte itala-francese e costa dalmata. Generale avrebbe concluso affermando essere irremovibilmente deciso non far ritorno in Italia. nemmeno se Governo spagnolo esercitasse su di lui più dure costrizioni.

477

IL MINISTRO PER GLI SCAMBI E LE VALUTE, RICCARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. Roma, 25 aprile 1942.

Mi perviene in questo momento una lettera del R. Commissario Commerciale Gr. Uff. Vezzari, lettera che ti trascrivo qui di seguito:

«N. 202 di prot. Madrid, 16 aprile 1942-XX Eccellenza Raffaello Riccardi Ministro per gli Scambi e per le Valute -Roma -Eccellenza, mi onoro di portare a conoscenza dell'E. V. quanto segue:

Quest'oggi, alle ore 18, si è presentato, nel mio Ufficio in Ambasciata, il Tenente Colonnello dell'Esercito Spagnolo Alberto Maquiera y Borbon, Aiutante del Duca di Siviglia, in divisa militare, accompagnato dall'Ing. Barello.

La visita del cennato Ten. Col. Maquiera ha avuto per iscopo la seguente proposta:

Gli inglesi sarebbero propensi di entrare in trattative con noi, qui in !spagna, per concertare uno scambio di merci utili a entrambi: essi avrebbero bisogno di zolfo, mercurio e alluminio; mentre in contropartita, gli inglesi cederebbero all'Italia rame, nichelio, caucciù ed eventualmente altre materie prime: quantità e prezzi da stabilirsi. Il tutto in compensazione.

Le suddette merci, e cioè tanto quelle inglesi come quelle cedute da noi in contropartita, sarebbero spedite ad una Autorità militare spagnola da determinare residente in un posto di frontiera ispano-francese (Irùn -Port Bou od altra), la quale si interesserebbe ad eseguire il successivo scambio ed inoltro alle relative destinazioni.

L'Ambasciata Inglese ha dato fin d'ora la sua approvazione a quanto esposto. Ritengo opportuno far presente all'E. V. che ,i proponenti sono stati gli inglesi ed essi i primi a visitarmi, attraverso il suddetto Ufficiale spagnolo.

Il Ten. Col. Maquiera mi ha inoltre comunicato che il mio collega dell'Ambasciata Inglese in Madrid, Consigliere Commerciale, Maclaurin, desidererebbe un abboccamento con me, ben s'intende in luogo da fissare e cioè all'infuori dei locali delle rispettive Rappresentanze Diplomatiche.

Ho espresso, in linea di massima, la mia opinione favorevole, però ho ritenuto mio dovere informare immediatamente il nostro Ambasciatore, Eccellenza Lequio, il quale mi ha detto che avrebbe telegrafato oggi stesso a Roma, per richiedere le opportune istruzioni in merito.

Vi comunico inoltre che il predetto Ten. Col. Maquiera y Borbon mi ha intrattenuto con un discorso politico-sentimentale e cioè mi ha voluto far rilevare che, pur in guerra, i nemici mai hanno tagliato tutti i ponti e che questa prima presa di contatto potrebbe anche significare forse il preludio di conversazioni di altra natura...

Nel mentre, Eccellenza, Vi prego di volermi autorizzare a marciare o meno, mi permetto richiederVi immediate istruzioni sia direttamente come attraverso il R. Ambasciatore.

Ripeto infine la mia opinione favorevole, tenuto presente che se pur queste trattative non avessero alcun esito, per lo meno mi darebbero agio di poter conoscere il pensiero della locale Ambasciata Inglese in questo momento.

In attesa di Vostre precise istruzioni telegrafiche, porgo all'E. V. devoti ossequi. F.to: Santorre Vezzari ».

Come vedi la lettera ha un profilo altamente politico; perciò sarebbe opportuno che tu sottoponessi la cosa in Sede Superiore e mi dessi subito le istruzioni relative.

Frattanto, da parte mia, desidero farti presente:

a) la richiesta viene dall'altra sponda, il che sta a dimostrare che il nemico ha un interesse maggiore del nostro ad acquistare le merci richieste; b) i nostri approvvigionamenti di rame, nichelio, caucciù anche se non

sono larghi, tuttavia coprono l'indispensabile o lo stretto necessario per i bisogni di guerra;

c) avevo già sentore dell'assillante bisogno di mercurio da parte degli inglesi; perciò ho voluto contrarre (invece di incrementare) le nostre esportazioni di tale prodotto verso la Svi~:zera (ad evitare che questa potesse essere

piazza intermediaria); d) le nostre disponibilità di zolfo non sono larghe, tant'è che abbiamo dovuto ridurre il contingente ai tedeschi; per questo prodotto, quindi, non potremmo, in ogni caso, accogliere una forte richiesta. Lo stesso dicasi per l'alluminio; e) per il mercurio resta però sempre il fatto che gl'inglesi possono comperarlo in !spagna anche se i tedeschi hanno invitato il Governo di quel Paese a vietarne l'esportazione verso l'Inghilterra. È facile trovare in un qualsiasi Paese neutrale un prestanome;

f) anche in considerazione che tanto le merci richieste quanto quelle offerte formano attiva parte degli scambi itala-tedeschi, mi sembra che nell'eventualità di un accoglimento della proposta, non potremmo non informarne preventivamente i camerati germanici.

Resto in attesa di un tuo riscontro 0).

(l) Non rinvenuto.

478

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 2909/706 R. Berlino, 26 aprile 1942, ore 20.

Discorso che Fuehrer ha pronunciato oggi è stato accolto da calorosi applausi, pur non avendo toccato quei punti di politica estera che opinione pubblica germanica attendeva con grande interesse e aspettativa.

Prime reazioni raccolte in questi ambienti giornalistici politici e diplomatici si possono così riassumere:

0 ) Discorso ha avuto un carattere spiccatamente di politica interna. Teneva cioè a provocare una manifestazione piena assoluta fiducia da parte del Partito, del Reichstag e della classe dirigente politica tedesca nella persona e nell'operato del Fuehrer; il che è stato concentrato nel voto per acclamazione con il quale tali poteri sono stati concessi.

2°) Fuehrer ha voluto ammonire un'ultima volta l'Inghilterra prima di applicare gravissime misure di rappresaglia, qualora aviazione britannica insista nel bombardamento delle città tedesche.

3°) Fuehrer ha dichiarato che in base alle difficoltà constatate nel passato inverno molti insegnamenti si sono ricavati per le future operazioni anche se esse dovessero protrarsi per l'inverno venturo; volendo con ciò sottolineare e far intendere assoluta preparazione tedesca anche per lunga lotta.

L'impressione generale che emana dal discorso è quella di durezza e di decisione.

Il Fuehrer non ha detto nulla di gradevole nè di sensazionale al popolo tedesco, ma ha voluto riconfermare nel momento decisivo che precede l'offensiva la necessità che tutti gli sforzi e tutte le energie tendano all'unico scopo della Vittoria.

Nel corso del discorso più volte il Fuehrer ha citato il Faf'cismo come esempio ed ha avuto parole di stima cordiale, che sono state sottolineate dagli

<<Ho sottoposto all'esame superiore la tua lettera del 25 corrente relativa alla propostadi scambi di materie prime proveniente dall'altra sponda, ma Il Duce non ritiene opportunoche alla cosa sia dato seguito».

52ù

applausi del Reichstag, per l'Esercito Italiano e specialmente per le nostre Divisioni 1mpegnate in Russia. Un analogo accenno, ma in tono minore, è stato rivolto alla Romania, agli altri Alleati ed anche alla Spagna (1).

(l) Il documento reca a margine l'annotazione di Mussolinl: «niente». Con lettera segreta del 28 aprile 1942 Ciano comunicò a Riccardi quanto segue:

479

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 27 aprile 1942.

Nel gennaio scorso, il fratello dell'Ambasciatore americano a Londra, Clinton Winant, che risiede in Svizzera, fece pervenire al R. Console a Losanna informazioni secondo le quali si sarebbe recato negli Stati Uniti su invito di Willkie. Quest'ultimo si proponeva di pronunciare un discorso di risonanza mondiale, invitando tutti gli Stati a trovare in un accordo la soluzione della .guerra. La stampa svizzera avrebbe dovuto riprendere insistentemente la manifestazione e uno svizzero, Schulthess, avrebbe dovuto stabilire i primi contatti tra i belligeranti (2). Successivamente lo Schulthess si recava dal R. Console a Losanna e, confermando le .surriferite informazioni. precisava che, dopo il discorso, Wìllkie, per mezzo di Winant, gli avrebbe indirizzato una lettera con un messaggio per il Fuhrer che lo Schulthess stesso avrebbe fatto pervenire al destinatario (3).

Ai primi di febbraio Clinton Winant si incontrava a Lisbona con Sir Samuel Hoare e con il fratello proveniente da Londra e ·insieme con questi proseguiva il gio.rno 6 per New York.

Da New York il Winant avrebbe inviato tre cablogrammi in Svizzera avvertendo che tutto proseguiva secondo il programma prestabilito. Il R. Console a Losanna e, confermando le surriferite informazioni, precisava che, dopo il di ottenere lo sbloccamento dei capitali svizzeri negli Stati Uniti e che sia il Winant che la consorte, vimasta in Svizzera, e una ex-cecoslovacca che fungeva da intermediaria, erano oggetto di sorveglianza da parte dell'Intellìgence Service e di interesse anche da parte di elementi tedeschi.

Da ultimo il R. Ministro a Berna ha comunicato (5) che sembra che il Governo sv•izzero voglia negare il visto di entrata a Clinton Winant e che questi ha scritto in termini .generali velati e confidenziali che vorrebbe vedere il

R. Console a Losanna, «dovendo il Generalissimo comunicare cose della massima importanza» (6).

(-4) Con telespresso 3506/686 da Berna del lO aprile 1942.

37 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

(l) -Vedi D. 484. (2) -Vedi D. 294. (3) -Vedi D. 295. (5) -Con T.s.n.d. 2898/278 r. del 25 aprile 1942, ore 20,30. (6) -Un'annotazione di d'Ajeta in testa al documento dice: «Per ora, non dar seguito alla richiesta». Con T.s.n.d. 15115/282 p.r. del 28 aprile 1942, ore 16, fu pertanto comunicato a Tamaro: «Proposto incontro non si ritiene opportuno».
480

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 27 aprile 1942.

Insieme con Bismarck ho consegnato ievi al Gran Mufti e al Signor Gailani il progetto di scambio di lettere concordate con Berlino per l'indLpendenza dei Paesi Arabi (1).

Stamane essi mi hanno fatto conoscere di essere pronti ad accettare tale progetto e a procedere alla firma (2).

Bismarck mi ha comunicato che U Ministero degli Esteri .tedesco pregava di non procedere alla firma fino a quando il Governo tedesco non avesse preso «una decisione definitiva». Sembrerebbe dunque esservi da parte tedesca qualche nuovo dubbio che ad ogni modo sarà chiardto nei prossimi giorni.

Bismarck mi ha aggiunto confidenzialmente che il Governo tedesco aveva voluto nel suo progetto parlare di Paesi «che soffrono sotto l'oppressione britannica » e non di Paesi « occupati da inglesi » per lasciare il dubbio che la Siria sia da considerarsi fra i Paesi del quali il Governo tedesco riconosce l'indipendenza.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 3504/1185. Madrid, 27 aprile 1942.

L'atmosfera politica della Spagna è stata in questi ultimi giomi nuovamente turbata da ulteriori tentativi contro il Governo e Serrano. La situazione si era anzi aggravata al punto che si sarebbe potuto temere per la compagine ministeriale e persino del Regime, se, come si è più volte osservato, la crisi governativa non fosse oramai endemica e tale da presentare quasi le caratteristiche di un diagramma di febbre.

Espongo l fatti.

Alcuni membri del Direttorio della Falange decidono, o per eccessivo zelo

-o per leggerezza, di affiggere manifesti che rappresentano un soldato che stringe la mano ad un falangista sotto la scritta «finalmente siamo d'accordo ». I «Generali» se ne offendono e danno ordine di strappare i manifesti. Le colluttazioni, i pugilati sono inevitabili e poiché spesso i militari hanno la peggio 1 «Generali» ottengono dal Comandante la Zona militare di Madrid che gli ufficiali possano uscire armati. Di qui proteste, recriminazioni che sono portate al Caudillo.

Il Ministro del Partito, Arrese, che ha certo scarsa sensibilità politica, in un discorso ai guipuzcoani commette lo sproposito di promettere loro l'indipendenza economica, il che significa ravvivare le antiche e mai sopite aspirazioni della Biscaglia all'autonomia. Arrese è richiamato, redarguito dal Caudillo e da Serrano, Capo della Giunta Politica, e solo una provvidenziale operazione chirurgica cui deve sottoporsi lo salva, per ora, dalla defenestrazione.

L'affare Sandoval (telegramma di quest'Ambasciata n. 877 del 28 marzo u.s.) (l) che ha rivelato come il funzionario in cui Serrano riponeva maggiore fiducia fosse un invertito ed un assoldatore di sicari viene giornalmente riesumato e sfruttato da parte degli alti Ufficiali dell'Esercito che mai hanno potuto sopportare la rapida ascesa del Ministro degli Esteri e che nella Falange vedono una minaccia al loro predominio nei pubblici affari del Paese.

Tra gli aggrediti da parte dei « pistoleros » assoldati da Sandoval si è trovato anche un nipote del Generale Espinosa de los Monteros, ex-Ambasciatore di Spagna a Berlino, acerrimo nemico di Serrano (mio telespresso n. 2716 del 23 ottobre s.a.) (2). Il Generale, che pure è persona ponderata e di buon senso, è stato cosi esasperato dell'accaduto da accusare il Ministro degli Esteri di « tradimento e slealtà politica » in un discorso tenuto a Burgos all'atto di assumere quel Govematorato Militare. Il Caudillo non poteva dunque far altro che decretarne l'immediato collocamento a riposo.

Serrano non è rimasto :inerte. L'intervista da lui concessa al giornalista danese Viggo Jensen (mio telegramma n. 431) (3) non è che una risposta ai suoi avversari. Trattando dell'opera di Lavai egli non fa che parlare della propria posizione personale in seno al Governo e davanti all'opinione pubblica nell'attuale momento. E parlando di «lealtà politica » non fa che ritorcere le accuse di Espinosa de los Monteros.

«Questa lealtà -ha dichiarato -è cosa assai complessa e difficile i cui presupposti essenziali sono l'intelligenza e una specifica sensibilità. La lealtà politica non può esistere senza tali presupposti, né può farsene giudice chi non li possiede. Tuttavia persone impreparate ma presuntuose non lo comprendono ed è per questo che innumerevoli sono coloro che si autoeleggono giudici in materia di lealtà pubblica e che si commettono tante iniquità nell'ordine morale e personale con danno talvolta irreparabile per il Paese in cui tali giudizi si manifestano ».

In conclusione Serrano ha trionfato ancora una volta dei suo1 avversari. Non è da escludere che con un rimpasto ministeriale possa essere affidata ad altri la Presidenza della «Junta Politica», ma anche se questo dovesse avvenire sembra ai più impossibile che il Generalissimo, in un momento di cosi gravi difficoltà interne ed internazionali come il presente, voglia e possa privarsi di una personalità come quella del Ministro degli ESTERI,

Tutto ciò sta poi a provare come la Spagna sia ben lontana da quella tranquillità interna in cui proficuamente potrebbe affrontare e risolvere i pro

blemi che le incombono, e come dì questi inestinguibili odi e rancori personali ampiamente si avvalga la propaganda nemica per indebolire la compagine interna del Paese.

Qui unito il testo dell'intervista di Serrano (1).

(1) -Vedi D. 467. (2) -Vedi DD. 488 e 500. (l) -Non rinvenuto. (2) -Non pubblicato. (3) -T. 2754/431 r. del 22 aprile 1942, ore 1,40, non pubblicato, relativo a dichiarazioni fatte da Serrano circa la situazione In Francia.
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L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2938/154 R. Roma, 28 aprile 1942 (per. il 28).

Riferimento telegramma a mano n. 14858 del 26 c.m. (2).

Ho conferito stamane col Cardinale Segretario di Stato per informarlo del desiderio del Governo finlandese di nominare a proprio rappresentante presso la Santa Sede il Signor Giorgio A. Gripenberg.

Il Cardinale Maglione, nel mentre mi ha assicurato che della nostra comunìcazione avrebbe subito fatto partecipe il Santo Padre mi ha tuttavia aggiunto che, secondo le consuetudini della Santa Sede, per la concessione del gradimento, era necessario attendere risposta alle informazionì -che sarebbero state subito richieste -sulla situazione familiare del Signor Gripenberg non avendo anzi un proprio rappresentante ad Helsinki egli mi ha pregato, in via strettamente confidenziale, di agevolare la Segreteria di Stato interessando al riguardo anche il nostro Ministro in quella capitale.

Riferendomi al contenuto del telegramma n. 14108 P.R. in data 21 c.m. (3) prego pertanto codesto Ministero di volersi compiacere interessare il nostro R. Ministro in Finlandia affinché voglia, con ogni posslbile urgenza, assumere, in via del tutto riservata, notizie al riguardo -magari presso quel Vicario apostolico -e telegrafare particolarmente gli estremi precisi dell'annullamento del primo matrimonìo che il Signor Gripenberg avrebbe ottenuto dal Vaticano.

483

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1210/588. Budapest, 28 aprile 1942.

Telecorrìere di cod. R. Min. n. 12713 del 10.4.u.s. (4).

V. E. sarà già stata informata da codesto Ministero di Ungheria -secondo quanto mi viene assicurato a questo Ministero degli Esteri -della risposta

che il Governo Ungherese ha dato alla comunicazione effettuata dagli Stati Uniti di America in quella capitale, come a Bucarest e a Sofia per il tramite della Legazione di Svizzera.

La comunicazione aveva lo scopo di esercitare sull'Ungheria una estrema pressione per dissuaderla dal proseguire nella sua solidarietà con le Potenze dell'Asse, minacciando diversamente di addivenire a quella dichiarazione dello stato di guerra tra Stati Uniti e Ungheria che non è stata ancora, a tutt'oggi, proclamata dal Governo di Washington, malgrado che questo Paese abbia da tempo, per suo conto, dichiarato di trovarsi in stato di guerra con Confederazione Nord-Americana.

In un primo tempo era prevalso, presso questo Ministero degli ESTERI, il parere di lasciare senza risposta alcuna la comunicazione americana, limitandosi ad accusare ricevuta della nota alla Legazione di Svizzera. Successivamente è intervenuta invece la decisione di replicare agli Stati Uniti con una nota avente lo scopo di respingere l'affermazione che la solidarietà dell'Ungheria con l'Asse è determinata dalla pressione di quest'ultimo anziché dalla libera volontà e dagli interessi della nazione ungherese.

La replica ungherese è basata su quegli stessi concetti che sono stati qualche giorno dopo sviluppati dal Presidente Kàllay nel suo discorso al Consiglio Nazionale del Partito e cioè che la guerra dell'Ungheria contro la Russia Sovietica è una guerra essenzialmente nazionale, determinata nelle sue circostanze occasionali dall'aggressione compiuta dall'aviazione sovietica su Kassa e nel suoi motivi storici dall'imprescindibile necessità dell'Ungheria di difendersi dalla minaccia bolscevica, solidale, in questo suo compito, con gli interessi essenziali della civiltà europea. L'Ungheria ha in sostanza colto volentieri quest'occasione per postulare nuovamente -e non soltanto nei confronti dei suoi avversari anglosassoni -il principio della piena libertà della sua azione politica e della spontanea collaborazione che ne consegue con le forze dell'Asse al di fuori di ogni esteriore coercizione. Impostando su queste basi la sua attiva partecipazione alla lotta antibolscevica, questo paese ubbidisce inoltre al desiderio di differenziare in qualche modo le caratteristiche della «sua » guerra da quelle della contemporanea guerra che gli altri popoli dell'Europa centro-orientale conducono contro la Russia sovietica, ed è questo uno dei non meno interessanti aspetti della resistenza che l'Ungheria oppone ad ogni parificazione o livellamento che le intenzioni degli uomini o la forza degli avvenimenti potrebbero determinare nei destini delle nazioni balcanico-danubiane.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 14858/p.r. del 26 aprile 1942, ore 8, non pubblicato: Istruzioni di richiedere il gradimento per Gripenberg come rappresentante finlandese presso la Santa Sede. (3) -T. 14108/p.r. del 21 aprile 1942, ore 8, non pubblicato, relativo alla situazione familiare dl Gripenberg. (4) -Ritrasmetteva a Budapest il D. 432.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 6432. Berlino, 28 aprile 1942.

Nei circoli politico-diplomatici e giornalistici di Berlino si era avuta conferma nella giornata di sabato che per domenica il Reichstag sarebbe stato convocato e che il Ftihrer vi avrebbe pronunciato un discorso. Ma la popolazione apprese tale notizia solamente domenica mattina. L'annuncio destò una certa sorpresa e vivo interesse. Per quanto la splendida giornata, piena di sole, avesse invitato la maggior parte dei cittadini a sciamare verso [ boschi della periferia, pure notevoli gruppi di persone si erano spontaneamente raccolti nella Wilhelmstrasse e assistevano all'improvviso risveglio di traffico che notavasi nei palazzi della Cancelleria e dei Ministeri.

Bisogna dire, per descrivere poi più sotto quale impressione abbiano suscitato le dichiarazioni del Fiihrer, che molti cercavano di spiegarsi in diversi modi le ragioni per cui Hitler era stato indotto alla convocazione del Reichstag, dopo avere quest'anno pronunciato già due discorsi. Fra la gente del popolo si esprimeva la timida speranza che la Russia avesse chiesto un armistizio, i più propendevano a credere che il Fiihrer volesse in qualche maniera esporre un programma che attirasse gli avversari verso proposte di pace. Circolava pure nascostamente una strana voce: che cioè il FUhrer intendesse cedere ad altri la carica di Cancelliere e di Capo del Governo, per riserbarsi quella Suprema di Condottiero nazionale, volesse insomma liberarsi dal disbrigo degli affari civili per dedicarsi interamente ai compiti militari.

Non vi è dubbio, comunque, che la mancanza di una occasione esterna, feste nazionali o simili, o di un motivo conosciuto, avevano acuita l'attesa per la seduta del Reichstag.

Essa si è tenuta in quella sala Kroll ove, dopo l'incendio del palazzo del Reichstag e dell'Opera di Stato, si svolgono normalmente le stagioni liriche dt questa, interrotte per alcuni giorni quando è indetta una seduta.

Nella platea hanno preso posto i deputati. In prima fila i Reichsleiter. Proprio di fronte alla tribuna dell'oratore, Himmler, che aveva vicini a sè Schwarz e Bormann, gli attuali dirigenti del partito nazionalsocialista, entrambi in uniforme SS. Ministri e Sottosegretari si trovavano nei banchi disposti sul palcoscenico. Ribbentrop ha voluto marcare il suo ingresso entrando per ultimo, ma non ha ottenuto dai colleghi particolari saluti. Egli si è seduto al secondo posto, immediatamente seguito dall'Ammiraglio Raeder e dal Maresciallo Keitel, che avevano a loro volta vicini il Ministro dell'Interno, quello della Propaganda, quello delle Finanze. Hitler, preceduto da Goering e salutato da una lunga acclamazione, prima di salire alla tribuna degli oratori si è messo al suo solito posto a fianco di Ribbentrop.

Il Fiihrer ha Ietto questa volta interamente il suo discorso, raramente sollevando gli occhi dal testo e procedendo assai rapidamente. Gli amplificatori erano male regolati, così che nella sala il discorso non è stato percepito in modo perfetto, e pochi l'hanno compreso dalla prima all'ultima parola. Man mano che il Fiihrer proseguiva nelle sue dichiarazioni, si poteva avvertire nelJ'uditorio un senso di pesantezza. Nel discorso al palazzo dello Sport, il 30 gennaio, di fronte ai compagni del Partito, Hitler appariva annervato, pieno di foga, suscitava frequenti e accesi applausi. Stavolta sembrava che egli parlasse con un senso di distacco dal pubblico ufficiale che gli stava dinanzi e che non cercasse neppure, con i mezzi consueti della sua innegabile arte oratoria, di suscitare acclamazioni. Così, all'infuori di alcuni applausi cordiali all'indirizzo delle Forze Armate, negli accenni a quelle germaniche e a quelle, particolarmente, italiane e spagnole, non si sono sentiti quei consensi immediati,

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quella rispondenza tra oratore e ascoltatori, quella vibrazione insomma che, quando vuole, il Filhrer non manca di suscitare nelle assemblee.

La parte destra della galleria era occupata dai Marescialli e dai Generali, Impettiti e immobili, partecipanti agli applausi con una certa sostenutezza, questi rappresentanti delle Forze Armate sembravano agli occhi di alcuni osservatori giustificare, con il loro contegno, certe illazioni che sono tratte, in Germania, da elementi per verità non trascurabili. A parte U proposito di «ringiovanire ed epurare gli alti comandi» che si riferisce a Hitler, il famoso film su Federico il Grande tanto esaltato ufficialmente anche in sede politica sottolineava appunto l'incomprensione dei generali per il grande condottiero prussiano e, nell'ultimo discorso alla Philharmonie, Goebbels non ha mancato di far nuovamente un parallelo fra lo squarcio storico del film e quello presente. Nella risoluzione sui pieni poteri non limitati da alcuna legge, enunciata poi da Goering e approvata dal Reichstag, si è detto espressamente come essi si estendano a ogni tedesco, ufficiale e soldato, elencando poi di seguito le altre categorie burocratiche o meno.

Alla f·ine del discorso, salutata da un lungo applauso e dal canto degli inni nazionali, Hitler è tornato a sedersi sul banco dei Ministri. Egli è rimasto così, curvo e come accasciato, congiunte sul tavolo le mani pallidissime, un po' appoggiato sui gomiti, mostrando di non voler prolungare la manifestazione di omaggio dell'assemblea. Ha dato cosi l'impressione, più che mai, di essere chiuso in sé stesso, concentrato nei suoi piani, raccolto a pugni chiusi per il grande sforzo dietro un isolamento da lui stesso voluto. È apparso più che mai il grande solitario. L'assemblea si è quindi sciolta in un'atmosfera di cupa pesantezza.

La parte del discorso del Filhrer che è stata più commentata e che ha fatto maggiore impressione fra la massa della popolazione tedesca è stata. come era ben faclle prevedere, quella in cui egli parla della necessità assoluta che gli siano concessi dei pieni poteri completi in vista del prossimo periodo di particolare gravità per la sorte del popolo e della nazione tedesca.

Negli ambienti popolari ci si domanda la ragione di questa proclamazione, ci si chiede quali motivi potessero aver spinto il Capo della Nazione tedesca a chiedere dei pieni poteri che la Germania volente o nolente gli ha già effettivamente concesso da anni.

Il popolino ha interpretato questa messa a punto più che altro come una minaccia, confermato in questa sua tesi dal fatto che mentre n Filhrer non ha risparmiato i più caldi e più fervidi elogi a tutte le Forze Armate, non una parola ha rivolto al fronte interno, a quei fronte interno che ha dietro di sé uno dei più tragici inverni della storia tedesca, durante n quale egli ha lavorato, patito e durato in silenzio, convinto dell'assoluta necessità di vincere per risparmiare al propri figli, alle proprie donne, alla propria casa l'onta di una invasione bolscevica che tutto distruggerebbe come un ciclone.

Questo fronte interno, che forse ha talvolta mormorato o criticato, ma che ha resistito magnificamente a tutte le prove ed a tutti i sacrifici, si aspettava evidentemente una parola di lode o per lo meno di soddisfazione. Questa parola non è venuta. È venuto invece un provvedimento che qui si pensa possa riservare chissà quali sorprese, sopratutto per il fatto che esso non stabilisce nulla di nuovo, né nulla ,cambia nella situazione già praticamente esistente; quindi, dice il popolo, deve esserci sotto qualcosa di più, perché non si aduna il Reichstag, non si fa un discorso solamente per annunciare che si desidera da parte dei rappresentanti del popolo il consenso per uno stato di fatto cui il popolo stesso, e già da anni, ha dato praticamente la sua sanzione positiva.

Vi era quindi ieri sera fra la popolazione berlinese un'atmosfera di ansia e di attesa nervosa e piena di malessere. Atmosfera che non è certo quella che possa essere considerata la più desiderabile in un momento come questo ave tutti, uomini e donne, stanno attendendo con i nervi tesi e con l'anima ansiosa gli sviluppi della futura situazione militare da cui dipende la singola vita e l'avvenire di ognuno.

Al contrario della massa popolare, i ceti medi e gli ambienti intellettuali, più al corrente della situazione, sono stati portati a dare alla richiesta di pieni poteri fatta dal Fuhrer un significato ben più preciso. E cioè quello di un altro passo decisivo compiuto da Himmler e dalle SS nel tentativo di accaparramento progressivo in tutti i rami della vita nazionale.

L'unico organismo che la SS continuava a trovare sulla sua strada durante il compimento delle innumeri azioni illegali affidate a tale organizzazione, era ancora la Giustizia del Reich. I magistrati tedeschi, almeno in buona parte, hanno sempre cercato di opporre, quando hanno potuto, contro i metodi abusivi ed arbitrari della Gestapo e delle SS la barriera della Legge e dei Codici. In molti casi le organizzazioni suddette hanno avuto il sopravvento, in altri però il Magistrato riusciva ad imporre ed a far trionfare la via legale.

Tutto questo ha eccitato, e già da tempo, l'antipatia e l'ostilità di tutti gli ambienti a cui fa capo Himmler contro i rappresentanti della Giustizia del Reich accusati di non aver nulla capito dell'ordine nuovo e delle sue necessità. Molti giudici sono stati sostituiti in questi ultimi anni sotto la pressione delle SS e della Gestapo, ma la situazione desiderata da Himmler non si era ancora potuta formare.

II FUhrer, che non aveva mai ufficialmente preso posizione in merito, ha nel suo discorso dato ragione agli estremisti dicendo che «la Giustizia tedesca deve alfine rendersi conto che non la Nazione è al suo servizio, ma che essa è al servizio della Nazione~.

Questo pensano gli ambienti medi ed intellettuali, corroborati nella loro convinzione sia dai precedenti di questi ultimi mesi, in cui le SS hanno registrato sempre maggiori successi, sia dalla lode speciale fatta dal Fuhrer nel suo discorso alle Divisioni delle Waffen-SS, il cui elogio, venuto immediatamente dopo quello fatto alla Fanteria ha preceduto l'elogio rivolto a tutte le altre Armi, perfino quello fatto all'Aviazione, così cara al cuore del Reichsmaresciallo Goering.

Per quel che riguarda poi le ripercussioni che il discorso potrà avere all'estero, tutti si trovano d'accordo nel prevedere che esso dà ottime possibilità di sfruttamento alla propaganda inglese, la quale non mancherà di porre in rilievo tutte le parti di esso dalle quali può risultare il malessere del fronte interno germanico.

Un altro commento è stato quello che, nonostante la sua affermazione fatta in un precedente discorso che errato sarebbe stato paragonare la campagna di Russia attuale a quella di Napoleone, è chiaro che il Ftihrer è stato assillato per tutto l'inverno dal parallelo napoleonico e dal destino del grande Corso.

Nel suo discorso infatti attraverso le numerosissime citazioni fatte sulla campagna del 1812 si legge la soddisfazione e l'orgoglio di essere in definitiva riuscito a dominare il destino che aveva a suo tempo spezzato lo sforzo europeo di Bonaparte.

Ha sollevato critiche e malumore anche l'attacco fatto dal Ftihrer alle licenze non militari, che sono considerate, specie in questi tempi, non uno svago ma una necessità onde non compromettere definitivamente la salute del singolo, specie fra ,le donne delle officine, delle fabbriche e degli uffici.

L'« Urlaub » è per il popolo tedesco una vera istituzione. Durante tutto l'anno egli lavora e risparmia preparando giorno per giorno quello che sarà il suo mese, quelli che saranno i suoi quindici giorni di libertà. Levargli all'ultimo momento il permesso per delle ragioni superiori, è possibile, ma errato sarebbe ai fini della propaganda interna levargli durante il periodo di lavoro la possibilità di prepararsi e di pensare all'« Urlaub » stesso.

Circa l'Italia, è stato qui universalmente notato che il Ftihrer ha tenuto a nominare parecchie volte il nostro Paese nel corso della sua allocuzione.

Non è passato inosservato neppure il passo de~ discorso nel quale egli ha detto che errato sarebbe credere che l'Impero Romano sia caduto per opera degli invasori germani.

Come notato è stato in particolar modo l'accenno nel quale Hitler valorizza il contributo italiano alla vittoria sulla Francia dicendo: «Noi abbiamo potuto con l'Italia ottenere grandi successi non solo con la guerra contro la Francia, ma anche neUe campagne d'Africa».

Questo accenno alla comune vittoria sulla Nazione francese, fatto per la prima volta in un discorso del Ftihrer e per di più nell'attuale particolare momento, è stato qui interpretato come il desiderio ancora una volta espresso da Hitler di marciare, anche per quel che riguarda la Francia, sempre di comune accordo con l'Italia.

Il passo più notato, per quel che riguarda il nostro Paese, è stato naturalmente quello ove il Ftihrer con beUissime parole ha riconosciuto al Fascismo il merito di avere per primo, in una Europa plutodemocratica, iniziato la lotta contro il bolscevismo. Frasi come quelle di: «Io consiglio ad ogni tedesco di studiarsi la storia della Rivoluzione Fascista » e di « Solamente dopo la vittoria del Fascismo si potè cominciare a parlare di salvezza ,per l'Europa», come pure eli «Noi consideriamo la lotta del Fascismo come una parte della nostra stessa battaglia » hanno fatto qui indubbiamente grande impressione.

Si considera sopratutto che il Flihrer abbia voluto dedicare alcuni importanti periodi del discorso al Fascismo non solo per la sua simpatia per il nostro movimento e per la sua grande amicizia e ammirazione per il Duce, ma anche per smentire in questo modo con la sua viva voce alcune chiacchiere inconcludenti circolanti in Germania circa pretesi indebolimenti della posizione del Partito nel nostro Paese.

Circa il Giappone, è stato qui notato come esso s~a stato nominato un paio di volte, ma senza particolare rilievo, ciò che ha contribuito a rafforzare local

mente l'impressione che tra la Germania e tale paese non ln tutte le questioni vi sia l'accordo più idHlico e più completo.

L'ultima osservazione che ho udito è stata quella riguardante le parole di chiusura pronunciate dal Reichsmaresciallo, circa le quali tutti si sono trovati d'accordo nel dire che mai Goering aveva parlato con un tono così debole e poco sicuro. Conoscendosi nel pubblico il suo attrito con Himmler, si è pensato di interpretare tale tono minore come una conseguenza delle dichiarazioni e del riconoscimenti del Fiihrer per l'organizzazione delle SS.

Persona vicina al Ministro Ribbentrop ha detto al riguardo che il discorso rappresenta il passaggio dal «Reichtstaat :» (Stato basato sul diritto) al «Polizeistaat :» (Stato basato sulla polizia) (1).

485

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 6433. Berlino, 28 aprile 1942.

In questi ultimi tempi si è qui notata la tendenza, nel quadro della preparazione bellica per la nuova offensiva contro l'URSS, di procedere fra gli appartenenti alle Forze Armate ad una revisione basata su criteri politici, cercando di eliminare o di escludere dall'Esercito, dalla Marina e dalla Aviazione tutti quegli elementi che non diano assoluta fiducia per i loro sentimenti nazionalsocialisti.

Così, tempo fa, sono stati congedati tutti i gesuiti che fino ad ora avevano combattuto fra le file delle Forze Armate del Reich. All'atto del congedo è risultato che quasi la metà di essi avevano ricevuta nel corso delle varie operazioni la croce di ferro.

Più tardi questo vaglio si è esteso anche agli appartenenti alle ex-famiglie regnanti tedesche.

L'aristocrazia di questo paese, a parte qualche eccezione, ha sempre avuto, se non proprio nei confronti del nazionalsocialismo, certamente però nei confronti delle sue correnti estremiste e nel confronti sopratutto di certi metodi usati dalle correnti medesime, una posizione di riserva e in qualche caso anche di ostilità.

Scoppiata la guerra, però, tutti i membri dell'aristocrazia tedesca, dagli Hohenzollern ai piccoli Junker terrieri, hanno compiuto incondizionatamente il loro dovere di soldati e di patriotti, sollecitando, anche quando ciò non sarebbe stato assolutamente necessario, l'onore di combattere in primissima linea.

L'entusiasmo e lo spirito di sacrificio dimostrato dall'aristocrazia tedesca durante l'attuale conflitto è provato sopratutto dal numero dei suoi morti, la cui altissima percentuale documenta meglio di qualunque altra cosa la dedizione completa dei suoi membri nei confronti del Paese.

Questo comportamento è stato assa'i rilevato sia dai solda1Jl. che dalla popolazione civile, in seno alla quale non è stato possibile reprimere certi confronti .tra la partecipazione totale al conflitto in prima linea dei membri della ex-classe dirigente tedesca ed il comportamento di molti membri del Partito a cui si rinfaccia dalla massa popolare di approfittare della loro posizione per sottrarsi al dovere di combattere sulla linea del fuoco.

Ha fatto a suo tempo grande impressione la morte sul campo di battaglia di due appartenenti alla famiglia degli Hohenzollern ed alcuni giorni dopo una disposizione del Governo proibiva agli appartenenti della famiglia stessa di partecipare alle operazioni militari di prima linea. La disposizione diceva che con la perdita di due congiunti gli Hohenzollern avevano dato già un sufficiente contributo di sangue alla causa, ma l'opinione pubblica ha interpretato tale divieto come la preoccupazlione che gli ulteriori sacrifici fra i .ranghi della famiglia stessa non potessero ridarle, anche se in parte, la popolarità a suo tempo ~duta.

Le famiglie tedesche ex-regnanti hanno partecipato a questa guerra con 220 dei loro membri, la quasi totalità dei quali si è battuta finora in primissima linea durante le varie campagne condotte dal Reich nel corso dell'attuale conflitto. Di essi 27 hanno dato la vita per il Paese.

Improvvisamente e senza alcuna spiegazione, alcune settimane fa, tutti i membri delle case tedesche ex-regnanti che combattevano fra le file delle Forze Armate germaniche sono stati messi in congedo, e questo proprio nel momento in cui il Reich sta mo biUtando fino ai limiti del possibile tutto n materiale umano non assolutamente indispensabile allo svolgimento regolare della vita e del lavoro nel fronte interno.

Si dice che la dtsposizione sia stata presa in seguito a pressioni esercitate dalle SS (1).

(l) Il presente documento reca !l visto di Mussollnl.

486

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL CAPO DELL'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, CONFALONIERI

L. 8945/AG. Torino, 28 aprile 1942.

Ad ogni buon fine, e per l'opportuna documentazione del tuo Ufficio, ti rimetto, qui unito, copia del rapporto n. 36010/Pr. in data 25 conente, inviato dal Presidente all'Eccellenza Cavallero, e che contiene considerazioni sintetiche sul nuovo Governo francese, desunte, in gran parte, da rapporti già a te noti.

Ho fatto rilevare all'Ecc. Vacca Maggiolini come non sia del tutto esatto affermare che Lavai non abbia accennato nel suo radiodiscorso del 20 corrente, all'integrità dell'impero francese, poiché ha accennato due volte alla «défense de l'empire » e ai francesi d'oltremare.

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. 36010/P.R. Torino, 25 aprile 1942.

Faccio seguito alle mie ripetute comunicazioni di questi ultimi giorni sugli sviluppi della crisi governativa francese, e in particolare al mio foglio n. 35471/Pr. del 15 corrente (l), per prospettare -vagliati i fatti alla stregua delle recenti notizie pervenute a questa Presidenza da varie fonti -le principali considerazioni che, al riguardo, credo si possano oggi esporre.

1°) Origini della crisi.

A più riprese ho avuto occasione di illustrare a codesto Comando Supremo i sintomi dell'aggravarsi della situazione francese: le crescenti difficoltà economiche e alimentari della Francia, l'influenza delle contrastanti pressioni esercitate su Vichy dagli Stati Uniti e dal Reich, gli sviluppi del processo di Riom, oggetto dell'aspra censura e dei giornali dell'Asse e dello stesso Ftihrer e non certo soddisfacenti neppure per il Governo, i continui violenti attacchi della stampa parigina contro il regime, etc. Questi vari sintomi, corroborati dalle impressioni concordi dei nostri osservatori, concorrevano tutti ad avvalorare la sensazione netta dell'avvicinarsi di una crisi: crisi che peraltro è stata -almeno sino ad ora -contenuta nell'ambito puramente politico e si è risolta con un radicale cambiamento di governo. Nel nuovo governo domina la figura di Lavai, quel Lavai che, già arbitro della politica francese nei primi mesi dopo l'armistizio e artefice di quell'incontro di Montoire del 24 ottobre 1940 (2) che era parso l'inizio di una nuova era nei rapporti franco-tedeschi, era stato poi clamorosamente cacciato dal potere poco più di un mese più tardi.

Se dunque le circostanze su accennate sono sufficienti a spiegare il determinarsi inevitabile di una crisi, bisogna invece riconoscere che a tutt'oggi rimangono poco chiari i motivi che hanno riportato al potere il presidente Lavai.

In proposito possono essere affacciate due ipotesi, senza che sia ancora possibile appurare quale delle due debba essere accolta come più corrispondente al vero. Dalle notizie pervenute dai vari ufficiali di collegamento di questa Commissione e dalle assicurazioni dell'ufficiale germanico di collegamento a Torino, oltre che dal riserbo sinora manifestato dai circoli ufficiali e dalla stessa stampa del Reich, sembrerebbe doversi desumere che la chiamata di Lavai al governo -pur vivamente desiderata e ottimamente accolta in Germania -sia dovuta all'iniziativa del Maresciallo Pétain, sul quale possono avere agito così l'influenza di alcuni suoi intimi collaboratori, specie fra quelli più vicini all'ambiente parigino, come il suo sdegno patriottico di fronte alle recenti offensive provocazioni americane. Che questa e non altra sia l'origine immediata della soluzione Lavai si va insistentemente -forse troppo insistentemente -ripetendo da parte di tutti i circoli tedeschi.

Invece tutte le voci che è dato raccogliere in Francia, e più ancora gli organi responsabili e la stampa dei paesi anglosassoni attribuiscono la soluzione stessa esclusivamente ad una imposizione tedesca, attuata con più o meno larvate pressioni e minacce. E qualora si consideri che la stampa della zona occupata, di evidente ispirazione tedesca, per lunghi mesi non ha fatto che sostenere la necessità che la direzione politica della Francia fosse assunta dal signor Lavai, giungendo sino a minacciare al riguardo una « marcia su Vichy »; che gli ambienti diplomatici tedeschi di Parigi, sempre in contatto col signor Lavai, hanno pubblicamente dimostrato più volte, ancor di recente, il loro favore per lui; che anzi le previsioni da tali ambienti formulate sul

probabile sviluppo dell'ultima crisi governativa francese si sono avverate punto per punto, non si può non essere indotti a pensare che Lavai possa essere stato davvero imposto dalla Germania.

Depone tuttavia contro quest'ultima interpretazione un elemento che non pare possibile trascurare: e cioè il fatto che, se il ritorno di Laval al potere fosse stato oggetto di una precisa pressione politica tedesca, la Germania avrebbe dovuto agire in perfetto accordo col Governo italiano. Su questo punto mancano peraltro a questa Presidenza elementi di conoscenza e di giudizio.

Né d'altra parte si può escludere che a far risalire Laval al potere si siano adoperati esclusivamente -fors'anche di loro iniziativa ed a insaputa del loro governo -l'ambasciatore Abetz ed i suoi funzionari sempre molti attivi e personalmente impegnati alla riuscita della politica di collaborazione.

Certo è, ad ogni modo, che -ammesso pure che Laval sia stato chiamato al governo per esclusiva inziativa di Pétain -la soluzione adottata in Francia assume oggi l'aspetto di una chiara vittoria tedesca, sopratutto ove si tenga conto delle ultime vivaci pressioni esercitate dagli Stati Uniti a Vichy.

2°) Caratteristiche della soluzione raggiunta.

La soluzione raggiunta, attraverso ad alterne vicende e superando difficoltà non lievi, s'impernia sul trionfo Pétain-Laval-Darlan. La «direzione effettiva della politica interna ed esterna della Francia» è stata espressamente affidata a La val. L'ammiraglio Darlan, sino a ieri vice-presidente del Consiglio, oggi non partecipa più al Governo, pur prendendo parte alle sedute del Consiglio dei Ministri. Egli resta peraltro successore designato del Capo dello Stato (Delfino) ed assume la carica, appositamente costituita, di comandante in capo delle forze armate. La figura di Pétain -come Capo dello Stato -assicura la continuità col passato e copre col suo prestigio la nuova combinazione politica (esplicite dichiarazioni di Lavai e di Pétain in tal senso).

A parte la diversità delle funzioni, Lavai e Darlan si trovano dunque in una situazione per così dire parallela, quali delegati diretti del Capo dello Stato nella sfera di competenze ad ognuno affidate. Non è da escludere che tale parallelismo, tale diarchia, possa essere causa di rinnovata rivalità e G conseguenti attriti per l'avvenire.

Di fatto, però, il vero arbitro della situazione è Lavai, come capo del nuovo Governo; il carattere radicale del cambiamento così avvenuto non può non apparire in piena luce quando si pensi alle difficoltà, che risultano con tutta certezza essere state frapposte alla soluzione Laval dalla vecchia équipe di Vichy (facente capo allo stesso ammiraglio Darlan), alle precise ed ancor recenti prese di posizione del Maresciallo Pétain (ad esempio nel suo messaggio di capo d'anno) contro l'opposizione dei circoli parigini capeggiati da Laval, ed infine al carattere veramente totalitario del rinnovamento di personale effettuato (vedi mio foglio n. 35670/Pr. del 19 corrente) (1).

3°) Consistenza e indirizzo politico del nuovo governo.

Per quanto riguarda la consistenza del nuovo governo, tutte le segnalazioni concordano nel rilevare che la grande maggioranza -oserei, anzi, dire la totalità -dei dei francesi è recisamente contraria alla persona di Lavai e ne vede ostilmente il ritorno al potere e perchè egli è esponente della invisa collaborazione con la Germania e perchè si teme che il suo avvento possa significare una nuova partecipazione alla guerra della Francia che a ciò è certamente impreparata ed unanimamente avversa. Tuttavia è da ritenere probabile che, almeno per il momento, non siano da temere reazioni popolari di seria gravità, né in Francia né in Nord Africa. L'apatia in cui sembra caduta la grande massa dei francesi, congiunta al desiderio di migliorare a qualsiasi costo una situazione che si va facendo ogni giorno più grave, concorreranno probabilmente ad impedire ogni esplosione improvvisa. Né sembra da temere, per ora, una reazione del Nord Africa capeggiata dal Generale Weygand.

Certo è però che oggi l'opinione pubblica francese, pur contraria in linea di principio alla persona del signor Lavai e al programma politico che essa rappresenta, guarda tutta allo stesso Lavai per vedere se egli riuscirà ad ottenere favorevoli realizzazioni eon la Germania. È ovvio come sia prematuro ipotizzare sin d'ora quelle che saranno le conseguenze nel caso che Lavai nulla ottenga.

Alcuni indizi circa il probabile indirizzo che il signor Lavai seguirà nella politica interna e nella politica estera è dato trarre dalle segnalazioni più sopra citate, oltre che dalle prime manifestazioni del nuovo governo (in particolare dal radio-discorso di Lavai del 20 corrente mese).

Per quanto riguarda la politica interna, è da ritenere che l'azione del nuovo capo del governo sarà rivolta anzitutto ad epurare l'amministrazione statale ed i quadri di governo da tutti gli elementi non fidati e a crearsi quel seguito nelle masse, ma più ancora quella base politica personale che è invece del tutto mancata all'ammiraglio Darlan.

A tal riguardo è opportuno notare come molte delle manchevolezza dell'amministrazione Darlan -manchevolezza di cui questa stessa C.I.A.F. si avvedeva per le evidenti difficoltà trovate dal governo di Vichy a ottenere la piena e cordiale obbedienza degli organi periferici -sono ora attribuite alla scarsa pratica che l'ammiraglio Darlan aveva dell'azione governativa ed alle limitate conoscenze da lui possedute negli ambienti estranei alla Marina; per governare è perciò stato indotto a valersi largamente di alti ufficiali suoi dipendenti, i quali, a loro volta, privi di pratica amministrativa e di influenze e come spaesati nelle loro nuove funzioni, non erano mai riusciti ad imporsi ai loro inferiori. Ciò non dovrebbe accadere al Laval che ha invece perfetta pratica della macchina statale e larghe conoscenze in tutti gli ambienti.

In politica estera il programma formulato da Lavai appare, come era prevedibile, decisamente collaborazionista. Il suo discorso è tutto dominato dall'affermazione della necessità del ravvicinamento franco-tedesco e di una politica di intesa e di riconciliazione praticate lealmente. Quanto alle mete immediate che tale politica, si propone, è assai caratteristico rilevare, dallo stesso citato discorso, che esse rimangono sostanzialmente quelle stesse che già erano state illustrate dal passato regime del noto « Memento » e nelle « Suggestions » rimesse alla C.I.A.F. il 13 gennaio u.s. (l)

(prigionieri -spese di occupazione -linea di demarcazione: Défendre nos prisonniers ... alléger nos charges ... desserrer nos entraves »). Se d'altro canto dobbiamo credere alle esplicite affermazioni fatte da parte tedesca circa la determinata volontà del Reich di non fare concessioni sostanziali alla Francia, rimane da vedere quali maggiori risultati potrà mietere, in questo campo, il nuovo regime Lavai, il cui destino appare necessariamente legato alla politica collaborazionistica e ai suoi risultati.

Di particolare importanza è altresì da rilevare, nel citato discorso, che la collaborazione di cui si parla si riferisce unicamente alla Germania, non all'Asse, nè tanto meno all'Italia. L'Italia è però nominata da Lavai per ricordare gli sforzi da lui compiuti sette anni addietro per stabliire le basi di una comune politica mediterranea, politica alla quale perciò sarebbe logico attendersi che egli anche oggi si attenesse. Non è tuttavia da porre in dimenticanza quanto da me venne rilevato nel citato foglio del 15 corrente circa la totale incomprensione manifestata nelle odierne circostanze dal Lavai nei nostri riguardi (2).

(ll Vedi D. 160, allegato I, annessi I e II.

Da ultimo occorre considerare che, nel suo discorso, Lavai si è prudentemente astenuto da ogni impegno e persino da ogni anche larvato affidamento circa la futura integrità territoriale della Francia metropolitana e del suo Impero. Dal che si può dedurre che egli non escluda la necessità di sacrifici in tal senso. Il voler però cercare di indovinare se, nel pensiero di Lavai, tali sacrifici debbano limitarsi all'Alsazia e Lorena ovvero estendersi alle rivendicazioni italiane, sarebbe oggi evidentemente avventato. Solo l'avvenire e specialmente i futuri sviluppi della situazione militare potranno dirlo, poichè, probabilmente, saranno soltanto essi ad imporre le definitive decisioni a Lavai, il quale, frattanto, non ha voluto compromettersi.

4°)Conclusione.

Le considerazioni sopra esposte inducono a formulare -in attesa di ulteriori elementi -le seguenti conclusioni: necessità di riservare per il momento il giudizio circa la stabilità del nuovo regime francese, alla quale contrastano la profonda impopolarità del suo capo e della politica da esso perseguita, le difficoltà che egli necessariamente incontrerà nell'assolvimento del compito che si prefigge, la complessiva precarietà della situazione francese, la riluttanza tedesca a impegnarsi a fondo sulla via delle concessioni etc;.

-necessità per noi di esercitare la più acuta vigilanza sugli sviluppi della nuova politica francese, sia per la mancanza di chiarezza nelle sue prime manifestazioni relative all'Italia, sia per il pericolo che essa miri a stabilire l'intesa con la Germania a spese dell'Italia, sia infine perchè manca finora anche da parte tedesca una presa di posizione chiarificatrice;

-necessità di tenerci ancor sempre pronti a far fronte a qualsiasi evenienza, in vista della possibilità di improvvisi mutamenti della situazione dovuti a cause interne od esterne.

(l) Il presente documento reca li visto di Mussolinl.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Vedi serie IX, vol. V, D. 807.

(l) Non pubblic~to.

(2) Nota del documento: «Per quegli elementi che è dato desumere dalla composizione del Gabinetto, non può non rllevarsi che: non è entrato a far parte del nuovo governo l'ex-ministro De Monzle, noto amico dell'Italia; è uscito dal governo Il ministro di Stato Moysset, collaboratore dell'amm1ragl1o Darlan dall'inizio della guerra e segretario generale alla vice-presidenza del Consiglio nel precedente Gabinetto. Sentimenti di amicizia per l'Italia furono espressi dal Moyssetnello scorso novembre a Vichy, In occasione delle esequie del generale Huntzlger: accomiatandosi dal Segretario ueuera.Ie aeua C:.l.A . .lo'., Il sig. Moysset. ebbe In quella occasione a pronunclarA con tono particolarmente caloroso le parole «VIve l'Italle ». VIceversa è entrato a far parte perla prima volta del governo, quale segretario di Stato al lavoro, il signor Lagardelle, noto esperto In questioni Industriali e sindacali, e conosciuto In Francia e all'estero come legato di amicizia col Duce, con Il quale avrebbe (secondo la stampa svizzera) stretti rapporti risalenti a molto tempo addietro ».

487

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROMANO, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. S.P. 4238/576. Vienna, 28 aprile 1942.

In risposta alla tua n. 1/2147 del 17 corrente, (l) mi affretto a comunicarti quanto segue.

Subito dopo il crollo della Jugoslavia i numerosi agenti informatori, nonché i propagandisti della penetrazione culturale ed economica del Reich nei territori di quell'ex Stato, rientrando in Germania andavano dicendo che quest'ultima doveva necessariamente riprendersi, a guerra finita, le varie regioni che avevano fatto par.te della Monarchia austro-ungarica, come Trieste, l'Istria, Fiume, la Dalmazia, Lubiana e anche la Croazia: non si parlava invece dell'Alto Adige. Si affermava che ciò era reso mdispensabile non solo dalla volontà delle popolazioni delle zone indicate, le quali, ricordando il loro .passato in seno alla Duplice Monarchia, avrebbero vivamente desiderato tali annessioni; ma anche dal fatto che la grande Germania aveva assoluto bisogno dell'Adriatico per vivere, non potendo restar confinata ai soli mari nordici. Si aggiungeva che

l'Italia sarebbe stata compensata con la Grecia e il Montenegro, nonché con ampliamenti in Albania e con concessioni territoriali (non meglio precisate) in Africa; e si considerava in generale che il nostro Paese avrebbe acconsentito allo scambio.

Di queste voci si impadronirono volentieri i circoli nazionalisti della Marca Orientale, sia del Partito che dell'Esercito, i quali le propagarono con grande abilità. Esse riaffioravano di tempo in tempo durante il periodo della campagna estiva 1941 contro la Russia, che tante speranze fece sorgere nella popolazione; ma col sopraggiungere dell'inverno e col prolungarsi della sanguinosa controffensiva sovietica sono andate a mano a mano perdendo di consistenza e frequenza, tanto che ormai da vari mesi non se ne parla quasi più.

È tuttavia possibile che qualcuno degli ascoltatori di una conferenza del Kozich abbia ricordato tali voci, basandosi probabilmente sulla frase citata nella tua lettera, cioè che la Germania vuole assicurarsi «il primato , 1n questa lotta per la libertà. In proposito va tenuto presente che più volte, specialmente dopo i grandi successi delle armi tedesche, oratori grandi e piccoli ebbero a ripetere che al Reich sarebbe spettato, al termine della guerra, una «fiihrende Rolle » in Europa, ossia una parte direttiva, un primato; sicché la frase attribuita al Kozich non avrebbe nulla di nuovo.

Né alcun carattere speciale può assegnarsi alle conferenze del predetto oratore. Com'è noto (vedi da ultimo mio rapporto n. 3657/502 del 15 corrente, in fondo a pag. 3) (1), il Partito ordina di tanto in tanto che vengano tenute, nei vari quartieri della Città, apposite riunioni di iscritti, durante le quali dei conferenzieri nazisti appositamente designati devono svolgere un tema stabilito. In generale, in queste che vengono chiamate « Versammlungswellen » (ondate di riunioni) si tratta di convincere i gregari -perché a loro volta facciano propaganda tra il popolo -della bontà di qualche nuovo provvedimento o della necessità di affrontare qualche nuovo sacrif.icio. L'ultima di tali « ondate » ha avuto luogo recentemente per illustrare la duplice necessità di adattarsi ad ogni costo alla riduzione delle razioni alimentari, e di produrre di più nonostante ciò, anche in vista di un possibile prolungarsi della guerra al prossimo inverno. Il Kozich è stato appunto uno dei tanti oratori ufficiali in questa circostanza.

Egli è «Gemeinderat » (Consigliere Comunale), « Gausportleiter » (Capo dell'Ufficio sportivo della Provincia) e uno dei « Gauredner, (Oratore ufficiale per la Provincia). Tra le gerarchie del Partito a Vienna è una figura di secondo piano; tuttavia è spesso menzionato dalla stampa, sia perché presenzia ad ogni manifestazione sportiva ed è a contatto con le organizzazioni straniere del genere, sia perché è spesso incaricato di tenere discorsi nelle riunioni ordinate dal Partito. Non eccelle per cultura e perspicacia, e le sue conferenze sono improntate al frasario preparato dagli Organi Centrali e, con maggiori o minori varianti, ripetute da tutti gli oratori.

In definitiva, ritengo che le voci di cui si tratta riflettano, se non proprio un piano concreto, almeno un insieme di desideri e di aspirazioni degli elementi nazionalisti, e che esse perciò, anche se attualmente in sordina, abbiano valore di sintomo. Che se poi si passa dal campo dei presunti ingrandimenti territoriali

a quello della penetrazione commerciale, culturale ed anche politica, nei territori sopra menzionati, si va notando una vera e propria azione, più o meno aperta e serrata, di vari organi in questo senso (1).

(l) Vedi D. 461.

(l) Non rinvenuto.

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SCAMBIO DI LETTERE TRA IL CONTE CIANO, IL GRAN MUFTI DI PALESTINA E RASHID ALI' EL GAILANI

ECCELLENZA CONTE GALEAZZO CIANO DI CORTELLAZZO MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI

ROMA Signor Ministro,

nelle conversazioni avute con Voi, noi Vi abbiamo espresso la fiducia riposta dal Popolo Arabo nelle Potenze dell'Asse e nei loro alti obiettivi e Vi abbiamo esposto le aspirazioni nazionali dei Paesi Arabi del Vicino Oriente, che attualmente soffrono sotto l'oppressione inglese. Abbiamo dichiarato ·inoltre che il Popolo Arabo è pronto a prendere parte alla lotta contro i comuni nemici fino alla vittoria finale.

Ci rivolgiamo quLndi al Governo italiano per pregarlo di volersi dichiarare pronto a concede.re ai Paesi Arabi che attualmente soffrono sotto l'oppressione britannica ogni possibile aiuto nella loro lotta di liberazione; a riconoscere la sovranità e l'indipendenza dei Paesi Arabi del Vicino Oriente che attualmente soffrono sotto l'oppressione inglese; a consentire alla loro unione, qualora questa sia desiderata dagli interessati, nonché all'abolizione del Focolare Nazionale Ebraico in Palestina.

Resta inteso che n testo ed il contenuto di questa lettera rimarranno assolutamente segreti, fino a che non sia disposto altrimenti di comune accordo. Vogliate gradire, Signor Ministro, gli atti della nostra alta considerazione.

Roma, 28 aprile 1942. (f.to) AMIN EL HUSSEINI RASCHID EL GAILANI

EMINENZA AMIN EL HUSSEINI GRAN MUFTI DI PALESTINA

Eminenza,

in risposta alla lettera da Voi inviatami oggi insieme all'Eccellenza il Presidente del Consiglio Rashid Alì el Gailani e a conferma delle conversazioni avute con Voi, ho l'onore di comunicarVi quanto segue:

38 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Il Governo italiano apprezza pienamente la fiducia riposta dal Popolo Arabo nelle Potenze dell'Asse e nei loro obiettivi e il suo intendimento di prendere parte alla lotta contro i comuni nemici fino alla vittoria finale. Esso ha piena comprensione per le aspirazioni nazionali, da Voi esposte, dei Paesi Arabi del Vicino Oriente che attualmente soffrono sotto l'oppressione inglese. Ho pertanto l'onore di assicurarVi, in pieno accordo col Governo germanico, che l'indipendenza e libertà dei Paesi Arabi che attualmente soffrono sotto l'oppressione britannica è anche obiettivo del Governo italiano.

L'Italia è perciò pronta ad accordare ai Paesi Arabi del Vicino Oriente che attualmente soffrono sotto l'oppressione britannica ogni possibile aiuto nella loro lotta di liberazione; a riconoscere la loro sovranità ed indipendenza; a consentire alla loro unione, qualora questa sia desiderata dagli interessati, come pure all'abolizione del Focolare Nazionale Egraico in Palestina.

Resta inteso che il testo e il contenuto di questa lettera rimarranno assolutamente segreti, fino a che non sia disposto altrimenti di comune accordo. Vogliate gradire, Eminenza, gli atti della mia alta considerazione.

Roma, 28 aprile 1942. (f.to) CIANO

ECCELLENZA RASCHID ALI EL GAILANI PRIMO MINISTRO D'IRAQ

Signor Primo Ministro, in risposta alla lettera da Voi inviatami ogg1 msieme all'Em~nenza Amin el Husseini, Gran Mufti di Palestina, e a conferma delle conversazioni avute con Voi, ho l'onore di comunicarVi quanto segue: Il Governo italiano apprezza pienamente la fiducia riposta dal Popolo Arabo nelle Potenze dell'Asse e nei loro obiettivi e il suo intendimento di prendere parte alla lotta contro i comuni nemici fino alla vittoria finale. Esso ha piena comprensione per le aspirazioni nazionali, da Voi esposte, dei Paesi Arabi del Vicino Oriente che attualmente sofirono sotto l'oppressione inglese. Ho pertanto l'onore di assicurarVi, in pieno accordo col Governo germanico, che l'indipendenza e libertà dei Paesi Arabi che attualmente soffrono sotto l'oppressione britannica è anche obiettivo del Governo italiano. L'Italia è perciò pronta ad accordare ai Paesi Arabi del Vicino Oriente che attualmente soffrono sotto l'oppressione britannica ogni possibile aiuto nella loro lotta di liberazione, a riconoscere la loro sovranità e indipendenza; a consentire alla loro unione qualora questa sia desiderata dagli interessati, come pure all'abolizione del Focolare Nazionale Ebraico in Palestina. Resta inteso che il testo e il contenuto di questa lettera rimarranno assolutamente segreti, fino a che non sia disposta altrimenti di comune accordo. Vogliate gradire, Signor Primo Ministro, gli atti della mia alta considerazione.

Roma, 28 aprile 1942. (f.to) CIANO

(l) Il presente documento reca il visto di Mussollnl.

489

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.s.N.D. 13148/243/15 P .R. Sussak, 29 aprile 1942, ore 11,20 (per. ore 19,30).

Generale Roatta mi ha detto che, durante recente visita Zagabria (1), Poglavnik ha intrattenuto a lungo Generale Cavallero su due seguenti questioni:

l. -Poteri civili nella seconda zona che -secondo quanto lo stesso Poglavnik ha riconosciuto -l'armata ha esercitato solo parzialmente e che ciò nonostante sono stati spesso causa di attrito e di malinteso con autorità locali; e che egli suggeriva che fossero sostituiti dai poteri riconosciuti dalla legge di guerra all'occupante.

2. -Costituzione di reparti ustascia seconda zona e loro collaborazione effettiva con nostre truppe nella campagna contro ribelli.

Generale Cavallero, adducendo ragione di non essere bene al corrente del dettaglio, si è riservato dar risposta in seguito ed ha pregato generale Roatta compilare due promemoria da sottoporre al Duce. Mi riservo inviare tempestivamente a V. E. testo detti promemoria (2).

Nuovo incontro di Zagabria ha confermato nel generale Roatta impressione che Poglavnik sia lealmente intenzionato continuare ad approfondire cordiale collaborazione con noi, ma che ambiente Governo ce sopratutto militare) cerchino ogni modo ostacolare tale politica.

490

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Salisburgo, 29 aprile 1942 (3).

Nei settori più importanti, seri e delicati della vita nazionale tedesca, il recente discorso del Fuehrer ha suscitato commenti che concordano nel considerare la richiesta e la conseguente concessione dei pieni poteri extralegali una misura di gravità .ingiustificata dalla attuale situazione politica e militare del paese e dal fatto che, praticamente, il Fuehrer aveva già tutto il potere nelle sue mani per fronteggiare qualunque situazione, anche gravissima.

Ciò suggerisce e giustifica l'opportunità di riesaminare la situazione generale nella sua realtà, sotto il nuovo aspetto che il Fuehrer ha voluto darle, conferendo alla situazione stessa una valutazione interna e internazionale differente da quanto prima ufficialmente non apparisse.

La Germania si trova ora di fron~-:: a questa situazione: gli immancabili successi strategici della prossima offensiva, anche se notevolissimi, non potranno modificare fortemente in senso positivo l'umore della popolazione germanica che, intristita dai lutti e dai sacrific,i, privata rigorosamente di tutto il superfluo e ridotta a un arido e sempre minore soddisfacimento delle ~ndispensabili esigenze della vita, è ancor più ossessionata che per il passato daH'incubo del precedente dell'altra guerra, nei confronti della quale essa ravvisa preoccupanti coincidenze.

Tali successi non potranno quindi influenzare in senso assolutamente favorevole questa opinione pubblica se non in funzione di un decisivo passo verso una più rapida conclusione della guerra; perché ormai qui si pensa che a ben poco servono le singole battaglie vinte se non portano alla conclusl.one vittoriosa della guerra.

Da tenere inoltre presente la situazione dell'opinione pubblica nei paesi occupati, neutrali e anche alleati (vedansi per esempio le recenti manifestazioni ungaro-romene) che seguirà anch'essa, in modo analogo a quella dell'opinione pubblica tedesca, l'andamento e sopratutto il risultato più o meno decisivo delle future operazioni.

Ciò premesso, la situazione dovrebbe essere esaminata sotto i suoi tre seguenti principali aspetti:

n L'offensiva sul fronte orientale avrà, secondo la opinione prevalente, un forte successo, ma non decisivo se non verrà integrato da una offensiva parallela verso l'Egitto, e se la propizia situazione militare non verrà subito sfruttata sul piano politico.

II) In considerazione della metodica, caratteristica ,lentezza di maturazione dei piani germanici, sembra opportuno provocarne fin d'ora la preparazione, in modo da dare all'opinione pubblica europea, ansiosa di conoscere quale sarà la sorte definitiva dei differenti Stati d'Europa, le necessarie precisazioni sull'organizzazione dell'ordine nuovo continentale. A ciò può dare opportunamente occasione l'imminente esame della nuova situazione francese.

III) In questo campo, fondamentale è la funzione dell'Italia. Ad essa, come fattore di equilibrio, e al Duce, come all'unico Uomo che sia in grado di parlare autorevolmente, apertamente e di influire su Hitler, guardano con ansia i paesi occupati, neutrali, alleati, e gran parte della ,stessa Germania, come risulta da fatti e da sicuri indizi (1).

(l) -Vedi D. 501. (2) -Non pubblicati. Sul telespresso di trasmissione di essi (n. 305 del 19 maggio 1942) Pietromarchi ha annotato: «La questione è superata dalla nota verbale in corso: 28 maggio 1942 >>. Per tale nota vedi D. 569. allegato. (3) -Il presente documento, preparato da Alfieri durante il viaggio da Berlino a Salisburgo. fu dall'ambasciatore consegnato a mano al ministro Ciano la mattina del 29 aprile 1942.
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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. 2965/864 R. Lisbona, 29 aprile 1942, ore 19,58 (per ore 21,10).

Diffusasi oggi verso ore 12,30 notizia di colpo stato in Italia: Badoglio chiamato da Sovrano a potere e richiesta pace separata a potenze alleate.

Secondo informazioni raccolte tratterebbesi di notizia Reuter diramata da Buenos Aires o da Zurigo e raccolta da radio Londra. Prodottasi molta emozione in tutti questi ambienti. Provveduto immediatamente, anche in base notizie emissione delle 14,35.della Stefani captata da questo Ufficio Sampa, a smentire notizia presso i giornali, agenzie stampa e radio portoghese.

(l) Il presente documento reca Il visto di Musso!lnl.

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COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (l)

PROMEMORIA (2) [Salisburgo, 29 aprile 1942, ore 15-17].

Prima parte della conversazione a quattrocchi durata circa due ore: racconto emozionato e drammatico della disavventura russa.

Sbaglio de[ meteorologi che paragona ai teologi, entrambi inutili. Caduta improvvisa della temperatura, giunta a 52 gradi sotto zero. Napoleone soli 22. Gli indumenti 1nvernali tedeschi c'erano, ma solo per resistere a una temperatura di 20-25 gradi sotto zero, non a quella che non si era più verificata da centoquaranta anni. Cedimento di nervi di moltissimi generali e malattie di molti altri. Dilagante sfiducia. Impossibilità di rifornimenti salvo che per via aerea, traffico insufficiente e qu.indi inenarrabili sofferenze ai soldati. Secondo i « tecnici » la situazione era vicina al disastro. A credere che si sarebbe potuto resistere non c',erano che il Fuhrer, alcuni generali, tutti gli ufficiali li.nferiori e la massa dei soldati, fra i quali -specie le S.S. -hanno dato prove superbe. Numero dei morti durante questi mesi 260 mila. Tutte le richieste d.i aiuti dalle pr,ime linee non sono state accolte: [primo] perchè l'ordine era di resistere e morire sul posto; secondo perchè il traffico -salvo l'aereo era .impossibile; terzo perché non «ho voluto disintegrare le divisioni che venivo preparando per la primavera ». «Considero la resistenza dei tedeschi durante questo ,inverno, come la pagina più gloriosa della storia militare tedesca». Improvvisazione. Incapacità per molti tedeschi. Necessità di possedere questa dote in determinati momenti, quando la tecnica morale (3) si appalesa impotente. Il bolscevismo sarà battuto. Lo scopo è di annullarlo come potenza militare anche se rimarrà come fronte più o meno lontano. Non si è parlato di Pietrogrado e Mosca. Poche forze basteranno a difendere questo fronte in posizioni che saranno preparate. Tutta la massa tornerà a gravitare verso Occidente, contro gli anglosassoni. Può darsi che la Gran Bretagna, convinta che non può vincere, chiederà di trattare. Ma non potrà essere una pace di compromesso, poiché ciò significherebbe una nuova guerra a breve scadenza. Intensifìcazione della guerra sottomarina. Bombardamenti di rappresaglia. Fortificazioni da Narvik al Golfo di Biscaglia. In Francia trenta divisioni e tre corazzate; in Norvegia dieci. Gli anglo-americani non potranno che fare del

tentativi e solo nei prossimi mesi durante l'offensiva anti-russa, perché a offensiva ultimata, lo schieramento delle forze in Occidente sarà tale che ogni tentativo di invasione sarà assurdo.

Francia: sempre la stessa. Giudizio su Laval. «Vi dichiaro ancora una volta che io non farò mai la pace con la Gran Bretagna se non vi saranno restituite le vostre terre dell'Africa Orientale, né con la Francia se non accoglierà in pieno le vostre rivendicazioni territoriali metropolitane e coloniali. La Tunisia è un territorio ricco e d'altra parte solo col possesso di Biserta voi siete padroni nel vostro spazio vitale che è il Mediterraneo, mentre il nostro è a Nord e ad Est>>.

Per quanto riguarda le colonie tedesche d'Africa esse hanno perduto importanza dal punto di vista economico. I territori dell'est europeo sono il vero campo d'azione dei tedeschi. Tutto è predisposto perché nel 1943 il raccolto dell'Ucraina (78-80 milioni di [tonnellate] (l)) sia a disposizione dell'asse e degli altri paesi europei.

<<Io credo che la Provvidenza mi protegge. Almeno in due casi. Se le mie truppe fossero giunte al Volga prima dell'inverno e là fossero state sorprese dall'inverno, con oltre duemila Km. di spazio senza comunicazioni, noi avremmo vissuto la più grande delle catastrofi. Un altro segno della benevolenza della Provvidenza è stata la vostra campagna di Grecia, poiché se non fosse stato cauterizzato il bubbone balcanico, non si può prevedere quali complicazioni e quali pericoli si sarebbero avuti».

* * *

[Ore 17-20]. Giro d'orizzonte a quattro. Durata tre ore (2).

America. Tendenza a svalutarne l'apporto militare, comunque già neutralizzato dal Giappone. «Bisogna che le potenze del Tripartito continuino anche dopo la guerra a camminare insieme >>.

Spagna. Meno animosità delle volte scorse, salvo Contro Sufler. Ampio riconoscimento del valore dei soldati della divisione Azzurra. Rimpianto per non aver fatto l'operazione di Gibilterra per la quale tutto era pronto, ivi compreso una montagna, trovata nella catena del Giura, rassomigliante a Gibilterra e attorno alla quale furono fatte esercitazioni infinite. Conclusione: è bene che la Spagna abbia simpatia per l'Asse, ma non si può chiederle quello che non può dare.

Francia. Nessuna delle eventuali richieste di Lavai può essere accolta. C••••• (3) indennità -capitale etc.) sino a quando la « collaborazione » non sarà piena, leale, concretata nei fatti. Nell'Europa di domani la Francia non potrà più giocare il ruolo di prima. E sarà sempre più vostra nemica, mano mano che voi italiani diventerete più numerosi e potenti. «L'avversione della Francia all'Italia non è di ieri: data dalla unificazione del vostro Paese».

Svizzera e Svezia. Ostilità dichiarata specie contro la Svizzera. Romania -Ungheria. Entrambe esagerano. Entrambe hanno occupato territori così vasti, che i « vostri seimila Kmq. dì rìvendìcazìonì territoriali nei confronti della Francia sono una ben modesta cosa». Durante la guerra devono marciare con noi e tutto dev'essere messo in opera per evitare che sì azzuffino. Quindi lodo di Vienna. A guerra finita, se lo vorranno e sopratutto se lo potranno, la loro irreconcìlìabile antitesi sarà decisa dalle armi. Diminuzione delle simpatie per Antonescu. Scarse sempre per Horthy. Nessuna considerazione per l'altro Antonescu Capo del Governo romeno. Turchia. Secondo il Fiihrer si avvicina gradatamente all'Asse. Il suo atteggiamento definitivo dipenderà dall'esito della campagna russa. I turchi hanno terrore e odio per i russi. La classe politica turca è comperata dagli inglesi, ma presso i militari l'Asse incontra molte simpatie. Due generali turchi hanno visitato il fronte russo ospiti del Comando germanico. Il processo per l'attentato a von Papen, ha provocato una seria tensione russo-turca che non ha mancato di preoccupare la Gran Bretagna. A mia domanda circa eventuali rivendicazioni territoriali della Turchia, il Fiihrer mi ha detto che non c'è alcuna proposta ufficiale, ma dall'insieme delle cose risulta che i turchi desiderano una rettifica di confme nella zona di Adrianopoli per portare su territorio turco un braccio della ferrovia. « Se la Turchia -ho detto --si decidesse un giorno a far causa comune con noi e data l'enorme importanza strategica della cosa, l'Italia potrebbe -quale pegno di amicizia presente e futura -cedere alla Turchia l'isolotto dì Castelrosso che si trova nelle acque territoriali turche e che non è per l'Italia di dominante importanza». Il Fiihrer accenna alla possibilità che la Siria e in genere l'atteggiamento inglese proebrei possa costituire elemento di frizione fra Gran Bretagna e Turchia.

Bulgaria. Niente. Giappone. Il Fiihrer è d'accordo che ai finì del Tripartito è bene che il Giappone non si impegni con la Russia, ma continui a combattere contro Gran Bretagna e America. Circa una dichiarazione -richiesta da Tokio -per l'indipendenza dell'India e dei paesi arabi, si conviene che tale dichiarazione può essere fatta dal Giappone che è alle frontiere dell'India e l'Asse vi dà l'adesione, mentre per i paesi arabi «sino a quando non si sia al sud del Caucaso» tale dichiarazione sarebbe prematura e puramente platonica e secondo Ribbentrop «potrebbe essere sfruttata dalla propaganda estremista inglese >>.

(1) -In Archivio Centrale dello Stato, Carte della valigia d! Benito Mussolini. Ed. !n Hitler e Mussolini: Lettere e documenti, cit., pp. 119-122. (2) -Copia dattiloscritta -e non corretta -dell'originale autografo non rinvenuto. (3) -Sic nel dattiloscritto forse per «normale». (l) -Parola in bianco nel dattiloscritto. (2) -Sono presenti ora al colloquio anche Ciano e Ribbentrop, che in precedenza si erano incontrati separatamente. Vedi D. 506. (3) -Parola in bianco nel dattiloscritto: forse «Sospensione».
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COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO, CON IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA WEHRMACHT, KEITEL (l)

VERBALE. Castello di Klessheim, 29 aprile 1942, ore 15,20.

Il maresciallo Keitel, dopo cordiali parole di saluto, e un accenno ai grandi e inattesi risultati dell'entrata in guerra del Giappone, comincia l'esame della situazione militare su tutte le fronti che è esposta dal generale Jodl.

Fronte est. È francamente messa in luce la grave crisi dell'inverno, che ormai può dirsi superata. In Crimea sono ancora da attuare delle operazioni (Korc e· Sebastopoli). La fronte del gruppo armato sud è ormai molto bene stabilita: il corpo italiano si è portato ,in modo eccellente. Già affluiscono riserve (dal 40 al 60 % a piedi stante le difficoltà dei trasporti). Sulla fronte del gruppo di armate del centro la pressione del nemico è maggiore: ancora nelle retrovie partigiani lanciati di notte con paracadute. Sulla fronte del gruppo di armate nord vi sono ancora dei vuoti e un corpo d'armata è rimasto per molto tempo completamente accerchiato (80-90 mila uomini) e rifornito con soli aerei.

Ora che la mobilità delle forze ritorna ad essere possibile la situazione si modificherà presto. I tmsporti ferroviari, che nell'inverno erano ridotti a 72 treni, hanno raggiunto ora i 220 treni. Si sottolinea che non la condotta russa ma la sorpresa di un inverno estremamente crudo ha determinato la crisi che il soldato tedesco è fiero di avere superato, pur cedendo talora alla superiorità numerica senza però essere mai inferiore sotto gli aspetti tattico e tecnico.

Con la ripresa dell'iniziativa da parte tedesca si completerà l'accerchiamento di Leningrado, prendendo collegamento con i finnici, si ripulirà la zona centrale della fronte e ,si agirà decisivamente in direzione del Caucaso.

Il maresciallo Keitel esprime il proprio ringraziamento per l'ulteriore concorso italiano con altre sei divisioni, e manifesta la sua soddisfazione per la designazione del generale Garibaldi a comandante dell'armata. Promette l'impiego unitario delle nostre forze. Conferma che i movimenti di radunata non potranno essere tutti compiuti per ferrovia; anche divisioni tedesche sono in marcia dalla fine di marzo; le linee di tappa sono, però, perfettamente organizzate.

Il generale Jodl lumeggia la situazione del nemico e la definisce critica, per le gigantesche perdite subite: si tratta di masse incapaci di attaccare, che però sono migliori nella difesa.

L'unico pericolo è rappresenta;to dai carri armati T. 34 (da 26 tonnellate) e da 52 tonnellate. Essi, d'inverno, potevano muoversi anche con la neve alta, mentre quelli tedeschi erano immobilizzati, né potevano essere distrutti dalle normali armi anticarro. Si tratta di veri mostri.

Il fronte finnico è stato il più sta;tico: i russi hanno attaccato, ma sono stati respinti con gravi perdite. Gravi sono state le difficoltà per i rifornimenti, essendo stato impossibile di utilizzare il mare. Qui non verranno fatte grandi cose; ma si difenderanno le miniere di nichel di Petsamo e si tenterà di tagliare la ferrovia di Murmansk.

Anche da parte degli anglo-americani non ci sarà da aspettarsi gran che in questo scacchiere.

Le forze navali (sommergibili e cacciatorpediniere) ed aeree tedesche mirano a disturbare i rifornimenti nemici che affluiscono ~ai porti di Murmansk e di Arcangelo.

Quanto ai Finlandesi, essi non possono fa,re più sforzi, avendo già mobilitato il 16 % della popolazione.

In Norvegia è stato possibile fare affluire via mare dei rinforzi in previsione di tentativi di sbarco nemici. Così pure si sono guarnite le coste di fortificazioni, di truppe e di centinaia di batterie. In complesso sono qui circa dodici divisioni. Sono state altresì create basi aeree per dare libertà di manovra all'aviazione. Ma [uno] sbarco in Norvegia è poco verosimile, specie dopo l'entrata in guerra del Giappone, data la grande quantità di tonnellaggio occorrente.

La situazione francese, sia in madrepatria sia nel Nord Africa, è delicata per effetto delle pressioni anglo-americane. La breve distanza (treDJtacinque Km.) che separa l'Inghilterra dalla costa francese sulla Manica rende meno improbabili tentativi di sbarco nemici sul suolo francese. Bisogna, dunque, essere sempre pronti contro la Francia per marciare al primo cenno contro di essa, anche dalla frontiera italiana: ciò tanto più in quanto gli anglo-sassoni saranno indotti a fare imprese anche pazzesche pur di poter dire a Stalin che fanno per lui quanto possono. Ma noi dobbiamo impedire ad ogni costo la creazione di un secondo fronte.

Le forze tedesche in Francia sono molto diminuite: da 42 divisioni sono scese a 34-35 divisioni di cui molte in ricostituzione dopo l'impiego sulla fronte orientale. Le divisioni corazzate sono solo tre, più una brigata con carri di preda bellica.

Queste forze si addensano verso le coste. L'occupazione è particolarmente debole verso la Francia libera: maggiormente necessita quindi che l'Italia abbia forze alla sua frontiera.

L'Ecc. Cavallero assicura che saranno avvicinate alla frontiera francese anche una divisione corazzata (Centauro) e una divisione motorizzata (Piave). Il maresciallo Keitel insiste sull'immediatezza di una avanzata in Francia

da parte italiana, in caso di necessità.

Il generale Jodl segnala come più probabili zone di sbarco nemico le penisole di Brest e di Cherbourg. Lì sono state dislocate unità di primo ordine (paracadutisti). Manca ora ai tedeschi una riserva centrale: in Germania nulla più resterà appena iniziata l'offensiva ad est. Perciò in caso di necessità si dovrà ricorrere alle forze aeree di Kesselring o ad altre forze italiane.

Ora il nemico ha cominciato attacchi aerei terrorizzanti: basti l'esempio di Rostok dove non vi erano obiettivi militari. Può essere questa una forma di offensiva primaverile a favore di Stalin.

Il generale Jodl mette in luce alcuni procedimenti particolari usati dagli inglesi nei loro tentativi di sbarco in Francia: utilizzazione degli ,aerei per coprire col loro rumore quelli delle imbarcazioni e per attrarre su di loro la luce dei riflettori, lasciando il mare nell'oscurità; utilizzazione di segnali di riconoscimento tedeschi; impiego di cariche esplosive intonate all'ambiente dove dovevano essere utilizzate.

Circa i Balcani il maresciallo Keitel ribadisce il concetto che non si deve assolutamente fare alcuna trattativa con i ribelli ma che occorre ottenere una sottomissione senza compromessi. L'importante è battere i ribelli e perciò non st dovrà trovare ostacolo in linea di demarcazione.

Portogallo e Spagna, date le condizioni precarie in cui sono, non potranno aiutare ma difficilmente potranno essere oggetto di aggressioni date le ripercussioni sfavorevoli per gli Stati Uniti che si avrebbero nell'America Meridionale.

Nel Nord Africa francese gli americani tessono intrighi: si è già detto che le commissioni d'armistizio agevolino il riarmo nell'Africa occidentale e non in Tunisia.

La flotta francese ha limitate possibilità, specie nei riguardi della nafta.

Il maresciallo Kesselring, che alle 17 interviene al colloquio, dice che la situazione nel Nord Africa è legata a quella del Mediterraneo e annuncia che è stato iniziato il bombardamento di singoli obiettivi di Malta non attaccati prima d'ora.

Egli afferma che Malta è stata neutralizzata, ma che, finché essa non sarà italiana, non si può impedire che vi vadano aerei.

L'Ecc. Cavallero illustra la indispensabile necessità dell'impresa che si deve compiere al più presto. Passa quindi ad esporre, in base ai risultati di un primo studio, i mezzi occorrenti.

Il maresciallo Keitel fa presente le difficoltà che si oppongono a fornire subito un'intera divisione di paracadutisti, mezzi navali leggeri ed una ingente quantità di nafta. Conclude quindi che sarebbe impossibile essere pronti per metà giugno, tanto meno per fine maggio; ed allora appare indispensabile dare la preceednza all'azione in Libia per annientare le forze mobili inglesi davanti a Tobruk. Tale azione dovrebbe essere fatta, al più tardi, al principio di giugno. Viene esaminata la situazione logistica e la si giudica molto migliorata; specie per l'aumento della potenzialità di scarico di Bengasi dove ormai possono essere dirette navi di ogni grandezza.

L'Ecc. Cavallero esprime il convincimento che si debba rimandare l'azione di Malta al più tardi a metà luglio: ed allora saremo meglio preparati e i mezzi saranno accresciuti.

A fine maggio o ai primi di giugno si farà invece l'operazione in Cirenaica.

Ed allora darà l'ordine di non muovere semoventi tedeschi da Bengasi e di riprendere parzialmente (per metà) i trasporti aerei soppressi. Farà affluire in Libia per via aerea i battaglioni che mancano alle divisioni di prima schiera ma non intende muovere nulla da Agedabia verso est né toccare la divisione Littorio, data la situazione incerta esistente nel Nord Africa francese.

Il maresciallo Kesselring fa un cenno alla necessità che il comando dell'operazione di Malta sia di competenza dell'aviazione.

Il maresciallo Keitel, pur riconoscendo che così è stato a Creta, ritiene che occorre considerare la necessità di ben coordinare gli elementi delle varie forze armate destinate all'operazione.

Il maresciallo Kesselring accenna alla necessità che i paracadutisti non siano lanciati in mezzo alle mitragliatrici e fa rilevare l'importanza decisiva dell'impiego degli alianti.

Si discute poi sull'opportunità di impiegare mezzi chimici speciali a Malta, ma si conclude poi che solo la nebbia debba essere impiegata e che essa possa sufficientemente servire allo scopo di neutralizzare le offese costiere ancora attive.

Sabato venturo 2 maggio, alle 9, i generali Student e Ramche si presenteranno all'Ecc. Cavallero per esaminare il problema della preparazione per la conquista di Malta.

(l) In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

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IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 29 aprile 1942.

Il Conte Volpi ha intrattenuto il Duce sui contatti da lui avuti col Ministro Toth nella sua qualità di Presidente della Commissione Economica Permanente italo-croata. Ha riferito che negli ambienti croati si rileva come la presenza della 2a Armata, così numerosa, pesi sulla Croazia per gli acquisti di viveri in loco, i conseguenti aumenti di prezzi e la richiesta di fondi in kune per i pagamenti da effettuarsi in Croazia. Il credito del Governo croato verso l'Italia per i versamenti effettuati al Comando della 2a Armata ammonta già a 1250 milioni di kune, pari a circa 500 milioni di lire italiane, cifra che per la finanza croata è di notevole entità e che si ripercuote sulla circolazione monetaria. Accordi sono in corso per una sistemazione di tale credito che però è destinato ad accrescersi di mese in mese. Il Conte Volpi si è chiesto se non converrebbe considerare la possibilità, una volta effettuata l'azione combinata contro i ribelli in Bosnia, di raggruppare le nostre truppe in un territorio più ristretto di quello da noi occupato, attestandole al crinale delle Dinariche. Il Duce si è dichiarato perfettamente d'accordo con tale idea, aggiungendo che al riguardo aveva anche intrattenuto il Capo di Stato Maggiore Generale Cavallero. Il Duce è d'avviso che occorre evitare di soffocare la Croazia che deve la sua nascita all'Italia. , ~ .~':z;

Il Conte Volpi, uscendo dal Duce, si è incontrato col Gen. Cavallero, al quale ha riferito il colloquio che precede, e dal quale ha avuto assicurazione che condivide pienamente l'opportunità di ritirare la 2a Armata prima del prossimo inverno sul crinale delle Dinariche.

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COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (l)

VERBALE. Berchtesgaden, 30 aprile 1942, ore 11-14.

EsAME DELLA SITUAZIONE

Il generale Jodl illustra la situazione alla fronte russa il mattino del 30 aprile.

Il Fuehrer commenta al riguardo che le forze russe non devono calcolarsi in base al numero delle divisioni perché esse sono di composizione assai infe

{l) In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Erano presenti al colloquio anche i generali Cavallero, Keitel, Jodl e Kesselring.

riore a quelle delle tedesche. Per di più molti soldati hanno un'istruzione dl qualche giorno appena, se non addirittura di qualche ora. Inoltre molti soldati sono disarmati e attendono che cadano quelli che li precedono per prenderne le armi. Il valore poi del soldato è dovuto più che altro al timore dei commissari. La brutalità arriva fino al cannibalismo, come al fronte nord. Ià dove le unità sono rimaste prive di rifornimenti. In giugno si scatenerà l'offensiva tedesca per la quale sono già in corso i movimenti sia per via ordinaria come per ferrovia.

Per Leningrado e Sebastopoli non si dovranno spendere vite umane. La prima cadrà per fame, precludendole ogni rifornimento; la seconda sarà oggetto di un attacco con formidabile massa di artiglieria. Caduta Sebastopoli ed eliminato completamente il nemico dalla Crimea si avrà sul mar Nero un forte pilastro che faciliterà la grande offensiva gravitante per le due estremità del Caucaso con obiettivo i pozzi petroliferi della Russia. Precedentemente saranno compiute operazioni a raggio più modesto per eliminare pericolosi salienti come quello di Izjum.

Il Fuehrer esprime la sua piena fiducia nella vittoria. È tuttavia da supporre che il nemico voglia fare qualche cosa per aiutare Stalin che è l'alleato più prezioso ma anche il più pericoloso per l'Inghilterra in quanto potrebbe agire contrariamente agli interessi inglesi in India come in Iran e Iraq. Gli sbarchi sulla costa norvegese, se riuscissero, porterebbero come conseguenza lo schieramento della Svezia dalla parte inglese, il che sarebbe assai poco gradito ai fini dell'ulteriore prosecuzione della lotta. Tutte le misure sono state prese per impedire che ciò si verifichi. Comunque non si deve dimenticare che il Re di Svezia è vecchio ed il principe è anglofilo anche perché ha sposato una inglese.

Gli sbarchi sulla costa francese, specie in Bretagna e in Normandia, sarebbero, se riuscissero, non meno pericolosi. Anche per questa eventualità sono stati presi dei provvedimenti, ma le forze necessarie sono poche essendo indispensabile fare la massa all'est. Occorre perciò che l'Italia sia pronta alla frontiera occidentale a marciare nella Francia occupata con forze adeguate fra le quali almeno una divisione corazzata. Il Duce afferma che le divisioni disponibili per. questo scopo saranno otto, tra cui una divisione corazzata.

Anche se succedesse qualche cosa nel Nord Africa bisognerebbe subito marciare contro la Francia metropolitana.

Bisognerebbe muoversi anche in Africa e quindi occorre mantenere per ogni eventualità nella zona di Tripoli due divisioni corazzate. L'Ecc. Cavallero assicura che si sta già agendo in questo senso. Una divisione corazzata è già a Tripoli (la Lìttorìo) e sarà al completo fra due-tre mesi.

Circa Malta, il Fuehrer è dell'avviso che deve essere tolta agli inglesi. L'Ecc. Cavallero fa leggere al Fuehrer l'elenco di ciò che abbiamo disponibile allo scopo e di ciò che occorrerebbe fosse dato da parte germanica. Il Fuehrer promette di venire incontro alle nostre richieste e in particolare di darci dodici carri T. 34 ed altri pesantissimi (sedici da 5 tonnellate) tolti ai russi, con i quali ottenere la sorpresa assoluta. Un carro di questo genere vale un reggimento. Per il loro trasporto via mare occorrerà modificare adeguatamente le zattere semoventi.

Egli vede l'operazione basata sull'impiego di truppe sbarcate da alianti le quali preparano lo sbarco dei paracadutisti. Con questi si deve tendere ad un campo di aviazione lanciandoli dove la difesa antiparacadutisti appare meno forte .e ciò ,sembra che sia nei pressi dell'aeroporto di Ta Venezia (sud-ovest). L'Ecc. Cavallero assicura che si sta studiando il piano ed il fabbisogno di forze e di mezzi definitivi in accordo con i camerati tedeschi i quali già lavorano al riguardo e presenteranno le loro conclusioni. Queste saranno esaminate insieme con il "Genera! der Flieger" Student (Xl C.A.).

Circa la data dell'operazione il Fuehrer afferma che ritardare le operazioni in Libia significherebbe consentire al nemico di rinforzarsi troppo, mentre l'offensiva ,su Malta, se differita, non consentirebbe nessun vantaggio all'avversario purché fosse continuamente tenuto sotto pressione. Ed allora occorre fare l'azione in Libia a fine di maggio o ai primi di giugno e rimandare l'azione su Malta a metà luglio. Ecc. Cavallero dice che la luna nuova cade verso il 13 luglio; verso quell'epoca potrebbe essere fatta l'operazione.

Il Fuehrer preferisce iniziare il 14 o ancora qualche giorno dopo.

L'Ecc. Cavallero sottopone all'esame del Fuehrer il piano di Napoleone per la conquista di Malta nel 1798. Vengono poi esaminate delle interessanti fotografie mostrate dal maresciallo Kesselring e riproducenti i danni subiti da Malta in seguito agli attacchi aerei tedeschi. Il Fuehrer insiste sulla necessità della preparazione minuta e completa trattandosi di impiegare mezzi tecnici complessi e nuovi e richiama l'attenzione anche sulla imprescindibile necessità del mantenimento del segreto, portando l'esempio della imp.resa di Norvegia che era nota a pochissime persone. Al riguardo il Fuehrer dice che nelle Forze Armate Tedesche sono in vigore i seguenti ordini:

-nessuno deve sapere qualche cosa di ciò che non è necessario che conosca;

-nessuno deve sapere di più di quello che occorre sapere;

-nessuno deve sapere, prima dell'azione, più di quello che gli occorre conoscere.

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IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2993/874 R. Lisbona, 30 aprile 1942, ore 21,35 (per. ore 7 del 1° maggio).

In questi circoli anglo-americani si continua a parlare di un prossimo attacco degli alleati nel Mediterraneo.

L'Addetto Militare degli Stati Uniti ha in conversazioni privàte precisato -e troppo apertamente -che ben presto una azione anglo-americana sarà sferrata contro Biserta.

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 3036/084 R. Belgrado, 30 aprile 1942 (per. il 3 maggio).

È largamente conosciuto in Belgrado, e non meno ampiamente commentato, atteggiamento tenuto da molti Ufficiali germanici in relazione recente discorso Fiihrer. Tale atteggiamento, attraverso varie sfumature consiste principalmente in perplessità, preoccupazione e critica. Concetto più diffuso da Ufficiali germanici è che discorso confermerebbe gravi dissensi all'interno, e particolarmente con alti comandi esercito. Molti deplorano che tutto ciò sia stato palesato all'estero.

Tali concetti vengono largamente espressi in discorsi degli Ufficiali germanici che non sono assai spesso né riservati, né confidenziali. Non si tratta di pochi, ma di un numero così considerevole che alcuni osservatori non esitano a giudicare ripercussioni ed opinioni citate come generali in questi ambienti militari germanici, pur tenendo conto della circostanza che quadri rimasti in Serbia non appartengono in generale, come noto, a reparti scelti di linea, ma a formazioni di occupazione territoriale (1).

498

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 3092/054 R. Bucarest, 30 aprile 1942 (per. il 5 maggio).

Mihai Antonescu non ha lasciato passare l'occasione dell'incidente di Venezia senza dirmi che si sentiva scoraggiato di fronte alla situazione dei rapporti itala-romeni. «Da che sono venuto al potere -egli ha detto -ho fatto infiniti sforzi per cercare di stabilire le relazioni dei nostri due Paesi su un nuovo piano di amicizia e di intesa. Questi sforzi non sono stati coronati da alcun successo. A Roma la formula Romania -Titulescu -sanzioni è rimasta invariata. Io non mettevo e non ho mai messo come condizione ad un'intesa stretta tra i nostri due Popoli che Voi abbandonaste la Vostra vecchia amicizia con l'Ungheria premessa che del resto Voi mi avete lealmente fatta appena giunto qui. Ma speravo che qualche cosa avremmo potuto fare di concreto. So che il Duce è irritato contro la Romania perché essa dà poco grano. Io spero che Voi Gli abbiate chiarito i termini della nostra situazione che è tutt'altro che lieta. Per quanto concerne il petrolio, settore sul quale non incidono elementi di politica interna come accade per il grano che è un problema

contadino (v. mio telespresso n. 1821/592 odierno) (l) noi abbiamo fatto ogni sforzo e ancora più lo faremo. I Romeni hanno sofferto e Voi siete testimone perché avete visto nella stessa Capitale le lunghe fila di gente che mendicava per ore alle rivendite un litro di petrolio per riscaldamento, pur di dare tutto il carburante disponibile all'Asse.

Ho mandato una Delegazione di giornalisti a Venezia con la speranza che ciò servisse a stabilire dei rapporti amichevoli e viceversa i giornalisti sono tornati avviliti per l'incidente Gray.

Ho sperato nella venuta del Conte Ciano; ho chiesto che si stabilissero delle prese di contatto per orientare la nostra politica e il Ministro Ciano ha detto a Marcu che ciò è prematuro. Debbo confessarVi che noi dei punti fermi dobbiamo tuttavia prenderli in previsione di tutte le eventualità e li prenderemo quindi con la Germania. Lungi da me l'idea di interferire nella Vostra azione politica. So che Roma punta tutte le sue carte sull'Ungheria e non vuol far niente con la Romania per non dispiacere a Budapest, ma non vorrei che al termine della guerra Vi trovaste con un'Ungheria e una Romania entrambe facenti parte dello spazio vitale economico e politico tedesco, nel qual caso non avere raccolto le offerte romene di oggi Vi sembrerà un errore.

So ad esempio che la Germania è propensa a favorire un'industria tessile in Ungheria ma non vedo come ciò quadrerà con i Vostri interessi. Potrei elencare numerosi altri elementi per dimostrare che per Voi in un'Europa vittoriosa è più facile perdere l'Ungheria, attratta fatalmente dalla Germania, che la Romania desiderosa di difendere con tutti i mezzi il suo orgoglio razziale, ma non lo farò per non avere l'aria di ispirare la mia azione politica solo in funzione anti-ungherese ed anche perché, a quanto Marcu mi ha detto, a Roma si è scettici e non si crede nella nuova Romania. Comunque ho voluto dirVi tutto il mio pensiero >>.

Ho avuto facile gioco per demolire gli argomenti del mio interlocutore uno ad uno. Gli ho detto che la Vostra politica era leale e rettilinea. L'Ungheria non sarebbe stata in nessun caso abbandonata da noi. Ciò non escludeva la possibilità di intese franche e cordiali in ogni settore che naturalmente presupponevano la buona fede da entrambe le parti. La politica era fatta dagli uomini e i Governanti romeni non avevano capito di aver perduto un'occasione eccezionale davanti al Duce e a Voi per far credere alla loro parola e alla loro amicizia e questa occasione era stata offerta dal drammatico problema del grano. Mi rendevo conto delle loro difficoltà; si fosse egli però reso conto delle reazioni di Roma di fronte alla lentezza, al torpore e alla incoerenza della politica commerciale romena. Quando sarebbe stato necessario agire con la visione di un orizzonte vastissimo, si era lavorato con mentalità piccola e mercantile e con riserve contraddizioni e lungaggini esasperanti. Gli davo atto della sua buona volontà, ma ciò non bastava a rovesciare i termini di un cosi grande problema politico. Quanto al Vostro viaggio, Voi avevate chiarito le ragioni a Marcu per cui non avevate potuto accogliere la data del 10 maggio. Circa gli orientamenti politici futuri era inutile insistere. Voi avreste giudicato in base all'evolversi della situazione militare se e quando prenderli e in che senso prenderli.

(l) ll presente documento reca il visto di 1\llussolinl.

(l) Non rinvenuto.

499

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3016/567. R. Buenos Aires, 1° maggio 1942, ore 11,14 (per. ore 7 del 2).

Sono stato ricevuto ieri dal Presidente della Repubblica cui avevo chiesto udienza conformemente uso questo cerimoniale per ringraziarlo invio corona, sua presenza servizio funebre e vibrante partecipazione presa da Nazione Argentina e suo Governo a solenni onoranze tributate compianto Ambasciatore (1).

Dottor Castillo dopo avermi rinnovato espressioni suo cordoglio per immatura scomparsa illustre rappresentante Italia amica che aveva saputo con sue preclare doti mente e cuore cattivarsi generale stima e simpatia, ha detto che reperentino triste avvenimento lo aveva particolarmnte e profondamente addolorato. Ho accennato a mia volta a Capo dello Stato non essermi sfuggito suo gesto altamente significativo unirsi a tutti noi per seguire salma da altare ad uscita cattedrale ed ho aggiunto che tradizione latina e cattolica popolo argentino non avrebbe potuto manifestarsi modo più convincente vincolandolo una volta di più intimamente a popolo italiano. Dottor Castillo ha ascoltato con segni assentimento e mi ha risposto testualmente: «Legami che esistono fra nostri due popoli sono ben saldi ed è impossibile spezzarli ».

Nel congedarmi ha ripetuto tale ultima frase che ritengo attuale momento assai significativa.

500

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 1° maggio 1942.

Il Gran Mufti e Gailani hanno accettano il nostro progetto di scambio di lettere per l'indipendenza dei Paesi Arabi, senza fare alcuna eccezione o chiedere alcun mutamento (2).

Essi hanno firmato le lettere dirette al Conte Ciano e al Ministro von Ribbentrop.

La risposta italiana verrà consegnata loro domani.

Il Gran Mufti e Gailani si recheranno a Berlino il giorno 6 per ricevere la risposta. tedesca. A Berlino il Signor Gailani provvederà anche allo scambio di lettere con il Ministro Ribbentrop relativamente alla collaborazione dell'Iraq con l'Asse (3), scambio di lettere identico a quello avvenuto già con noi (4).

(l) -L'ambasciatore Boscarelli era deceduto l! 23 aprile 1942. (2) -Vedi D. 488. (3) -Vedi D. 414. (4) -Il presente documento reca l! visto di Mussolini.
501

L'INCARICATO D'AFFARI A ZAGABRIA, GIUSTINIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. S. 2150/541. Zagabria, 1° maggio 1942 (per. l'11).

Mio telegramma per corriere n. 065 del 27 aprile u.s. (1).

A seguito del telegramma sopra citato, trasmetto l'unita particolareggiata

relazione sul colloquio Poglavnik-Cavallero del 25 aprile u.s., colloquio al quale

ero presente.

ALLEGATO

COLLOQUIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO, CON IL CAPO DEL GOVERNO CROATO, PAVELié

R. R. 688. Belgrado, 25 aprile 1942.

Si sono toccati argomenti vari. Ha parlato quasi esclusivamente il Poglavnik.

Al Generale, che egli aveva portato i saluti di Sua Maestà e del Duce, il Poglavnik ha risposto dicendo che « quando sentiamo parlare di Sua Maestà, della Casa Savoia e del Duce ci sentiamo come se fossimo della stessa famiglia». Fu questo, del resto, l'unico accenno monarchico, se si tralascia quello in cui, alla chiusura del colloquio, nel consigliare le cose meritevoli di essere visitate nella capitale, ha indicato anche li luogo dove dovrà sorgere la futura residenza reale.

In tema di rapporti italo-croati, il Poglavnik ha più volte usato il termine «fratellanza », il confine è stato da lui definito con la parola « ideale». Da oltre dodici anni egli aveva riposto la più completa fiducia nel Duce e nell'Italia fascista e era lieto che egli eventi gli avevano dato ragione. Nonostante qualche piccola difficoltà, nelle grandi linee, l'intesa era sempre stata perfetta. La collaborazione, pur attraverso qualche attrito interno, sarà mantenuta e sviluppata. (Il Capo di Stato Maggiore Generale ha a questo punto dichiarato che quanto verrà compiuto in questo campo per rendere più intima la collaborazione allo scopo di rinforzare la Croazia ci sarà gradito).

Il Poglavnik non dimenticherà mai il suo debito di gratitudine. Egli ha, per merito dell'Italia fascista, portato in Croazia lo Stato: c'era la Croazia, il paese; lo Stato è stato immesso di colpo dall'Italia. «Finchè ci sono io « l'indirizzo politico non sarà mutato».

La Croazia ha appartenuto per molto tempo al sistema, « diciamo, centro-europeo». Essa non vi è però intimamente legata.

La Croazia ha origini e tradizioni latine, mediterranee.

Economicamente il paese è ricco. Ciò è stato dimostrato dal fatto che, nelle attuali circostanze, il paese vive con la produzione della sua terra compresa tra Sava e Drava. Oggi il paese subisce delle restrizioni anche per venire incontro ai bisogni dei suoi alleati, impegnati in una guerra di vitale importanza. Tali restrizioni sono consentite volentieri in riconoscimento del debito di gratitudine.

Questione demografica. Le regioni più prolifiche sono quelle più povere (Zagoria ad es.). Nelle città la denatalità era grave. Anche nella ricca Slavonia, e tra i contadini. numerosi tedeschi -vigeva l'« Ein-kind-System ». Ha preso energici provvedimenti per colpire le pratiche abortive e già adesso si nota un grande progresso demografico.

In tutto il colloquio la Germania non è stata mai menzionata. Ma che essa fosse il pensiero dominante, per così dire sottinteso, è stato rivelato da una uscita che merita

39 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

riferire. Parlando dello stanziamento di popolazioni germaniche nella Slavonia e nel Sirmio al tempo di Maria Teresa, essendo stato citato anche U Principe Eugenio, 11 Poglavnik osservò: «avrebbe forse fatto meglio a portare! dei piemontesi».

(l) Non pubblicato.

502

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 3095/056 R. Bucarest, 2 maggio 1942 (per. il 5).

Date note difficoltà che esistono per ottenere che esportazioni cerealicole dalla Romania si adeguino alle nostre esigenze, ho creduto opportuno di chiedere una speciale udienza al Conducator il quale mi ha ricevuto stamane nella sua villa privata. Ho fatto al Maresciallo Antonescu un esposto dettagliato della situazione consegnandogli l'unito promemoria (l) redatto da quest'ufficio commerciale e attirando in particolare modo la sua attenzione sulla gravità del nostro deficit alimentare e sulla necessità che Governo romeno si rendesse conto dell'importanza politica che avrebbe per lui l'osservanza degli impegni assunti nel novembre scorso. Gli ho dichiarato che pur rendendoml conto delle difficoltà romene, in base a quanto egli stesso mi aveva precedentemente detto l'Italia aveva assoluto bisogno per i mesi di maggio e giugno di un minimo di cereali per concorrere alla copertura del deficit aggravatosi a causa delle mancate forniture romene.

Il Conducator mi ha dichiarato: 1°) che malgrado non potesse considerarsi contento della situazione politica esistente tra l'Italia e la Romania egli era disposto a fare il massimo sforzo nei confronti del nostro Paese. Sapeva della difficilissima situazione alimentare italiana ed anche se non fosse stato nostro alleato in una guerra comune avrebbe fatto tutto il possibile per l'Italia sia perché era codesto un sentimento di solidarietà sia perché egli si sentiva profondamente latino;

2°) desiderava vivamente che fosse richiamata l'attenzione del Duce e Vostra sulla situazione romena. Egli voleva che si sfatasse la leggenda accreditata dai tedeschi che le riserve cerealicole della Romania erano inesauribili. Siccome gli avevo chiesto che quel minimo indispensabile alla copertura del nostro fabbisogno fosse prelevato con uno sforzo che ho definito «cameratesco~ dalle scorte accantonate per l'esercito mobilitato, il Maresciallo Antonescu ha immediatamente telefonato al gen. Costantin che trovasi a letto indisposto e gli ha ordinato di portare i grafici segreti delle disponibilità per le forze armate. Da tali grafici di cui ho preso attenta visione risUlta che per il periodo dal 12 aprile al 1° agosto 1942 (considerato come inizio della campagna cerealicola) mancano alle disponibilità dell'esercito romeno calcolato sulla cifra di 800 mila uomini, 998 vagoni di grano turco e 458 vagoni di grano. Il Maresciallo mi ha mostrato anche i grafici relativi alla situazione alimentare della stessa Capitale da cui risulta che anche in tale settore vi sono deficienze considerevolissime;

3°) Il Conducator mi ha pregato di farVi conoscere che fino a tutt'oggi 2 maggio dei quattordici milioni di ettari coltivabili in Romania ancora nove milioni attendono di essere lavorati e seminati e ciò in conseguenza della progressiva crisi di mano d'opera e soprattutto dell'eccezionale maltempo di quest'anno. Mi ha ripetuto le argomentazioni che già conoscete e cioè che il grano esiste presso i contadini, che il granturco esiste anche in una certa abbondanza, ma data l'inclemenza della stagione non è esportabile perché non è stato né ammassato, né essiccato; che egli è impotente a prendere misure di rigore contro la classe contadina che è la classe dei combattenti, unico sostegno del suo Regime. «Io sono un mito per i contadini -ha precisato il Conducator -e non devo far nulla che possa distruggere tale mito e con esso tutto il sistema da me rappresentato ) :

4°) una soluzione però è possibile che venga trovata. Vi dirò in gran segreto che i tedeschi dispongono di depositi di grano sul territorio romeno accumulati precedentemente alle misure restrittive e di controllo da me emanate. Tali depositi -dopo consultazione di ulteriori cifre fornite dallo stesso gen. Costantin -ammonterebbero a circa mille vagoni di grano. Io mi impegno a reintegrare i depositi dei tedeschi se essi sono disposti a cedervi tali quantitativi. Il sig. Cloudius sarà qui il giorno 5. Sarebbe forse utile che il Ministro Riccardi si trovasse a Bucarest per la stessa data con il che si potrebbe fare un'azione coordinata.

Ho risposto al Maresciallo che lo ringraziavo per la soluzione che egli era propenso ad adottare, che non ritenevo possibile una anticipata venuta del Ministro Riccardi a Bucarest dato che egli ha un programma già fissato di visite ed impegni, che avrei immediatamente comunicato quanto precede a Voi per quell'azione che riteniate utile di svolgere a Berlino e, mio tramite, presso Clodius, qui.

Da tutto quanto ho esposto deduco: l) che il Maresciallo è effettivamente in buona fede ed intenzionato a venirci incontro mentre forse non lo è altrettanto l'amministrazione romena;

2) che non bisogna farsi più nessuna illusione che il mercato romeno possa fornirci nell'epoca cruciale prima del nostro raccolto né le quantità di cereali contrattate né quel minimo promesso in epoca recente attraverso la fissazione delle quote mensili. Il massimo che potremo trarre in un futuro immediato oltre a 300 vagoni di frumento e a 500 di granturco, promessi ieri dallo stesso Sottosegretario agli approvvigionamenti, potrà consistere in mille vagoni, ma consiglio di accogliere con molta prudenza anche quest'ultima cifra a scanso di ogni possibile sorpresa ed anche perché essa è subordinata ad una accettazione tedesca. Aggiungo a tale proposito che da notizie fornitemi dal Presidente Antonescu uno degli scopi del viaggio di Clodius sarebbe precisamente quello di ottenere maggiori quantitativi di cereali le cui consegne alla Germania sono state da oltre un mese completamente sospese totalizzando essa cifre assai inferiori alle nostre.

(l) Non pubblicato.

503

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. PER CORRIERE S. N. Berlino, 2 maggio 1942.

Prima ancora che la radio ed i giornali pubblicassero il comunicato dell'incontro, la notizia dell'arrivo del Duce si era diffusa con una straordinaria rapidità, suscitando dovunque -nelle gerarchie del Governo, del partito, delle forze armate; ed in mezzo al popolo, al popolino -un senso di grande soddisfazione ed i più favorevoli commenti. Nell'atmosfera di pesantezza e di preoccupazione che caratterizza l'attuale momento, la visita del Duce è stata per tutti in Germania ragione di grande sollievo.

Come ho avuto spesso occasione di dichiarare nei m1e1 rapporti scritti e verbali, il Duce è profondamente amato ed ammirato per quelle qualità eccezionali di intuito, di equilibrio, di saggezza, di calma serena, che qui non hanno facile corso.

Si sa come il Fiihrer gli sia sincero e devoto amico leale. E quindi tutti in Germania hanno appreso con grande compiacimento che dopo i lunghi mesi di isolamento trascorsi al Quartier Generale in una cupa atmosfera di così gravi preoccupazioni, il Fiihrer abbia la gioia di incontrarsi, nel luogo che gli è particolarmente caro, il suo grande e fedele amico.

Indipendentemente dal suo valore e contenuto politico e militare, l'incontro ha grande importanza psicologica ed umana derivante dal fatto che 1 due Capi abbiano potuto parlarsi a cuore aperto, scambiandosi le loro idee e le loro impressioni. Nel seguito del Filhrer si è registrato con particolare compiacimento come dopo due giorni a contatto col Duce il Fiihrer, subendo come una benefica influenza, avesse rasserenata la sua fisionomia che specie in questi ultimi tempi era aggrondata e severa.

Ciò essendo subito risaputo, si è rapidamente ed automaticamente dif

fuso suscitando conforto e fiducia in mezzo a questo popolo straordinaria

mente suscettibile alle più sottili sfumature sentimentali.

Duplice, quindi, è il risultato attivo di questo incontro. Verso l'Italia,

perché le simpatie naturali verso di noi ed i riconoscimenti verso il nostro

esercito sono stati sottolineati e messi in maggior valore dalla presenza del Duce.

Verso la Germania, perché il popolo tutto ha avuto come una iniezione tonificante: ed ora dà l'impressione di sentirsi più forte nel sopportare la durezza della attuale situazione e più deciso nello sferrare l'offensiva da cui attende successi decisivi (1).

504. IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO, A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 969/540. Parigi, 2 maggio 1942 (per. il 5).

Dopo aver dato rilievo alle tre visite di Leahy a Pétain, Darlan e Lavai (mio telegramma per corriere n. 090 del 29 aprile) (2) questa stampa pubblica sta

mane i particolari dell'ultima di queste tre visite, quella a Lavai: la visita sarebbe durata 40 minuti e sarebbero stati presenti al colloquio il Segretario Generale del Ministero degli Esteri francese e il Consigliere dell'Ambasciata americana. Leahy successivamente si sarebbe espresso nei seguenti termini:

«Credevo di aver da fare con un avvocato abile, fertile in combinazioni ed evasioni. Ho trovato un uomo leale che non può in alcun modo prendere la responsabilità della rottura dei rapporti diplomatici fra Stati Uniti e Francia),

Sempre secondo l'Ammiraglio Leahy, Lavai avrebbe dichiarato: «La Francia non prenderà l'iniziativa della rottura delle relazioni con gli Stati Uniti.' Se questo avvenisse la responsabilità incomberebbe al Presidente Roosevelt. In ogni caso il fatto che io sia Capo del Governo non può in alcun modo servire di pretesto agli Stati Uniti. Si possono trovare nel mio passato numerose prove del fatto che io ho mantenuto sempre buone relazioni con gli Stati Uniti. Oggi non sono attaccato dal popolo americano ma dagli ebrei degli Stati Uniti. La campagna che si conduce contro di me ha origini esclusivamente ebraiche. Io sono stato sempre per la collaborazione europea e d'altronde l'unità dell'Europa è anche nell'interesse degli Stati Uniti».

Avendo l'Ammiraglio Leahy osservato che gli Stati Uniti sono in guerra con la Germania, Lavai avrebbe risposto: «Gli Stati Uniti sono ben lontani dal continente europeo. Noi, invece, siamo in Europa».

Nel corso della conversazione l'Ammiraglio Leahy ha affermato che gli Stati Uniti lottano per la libertà dei popoli e per gli ideali repubblicani. Lavai avrebbe replicato che tutta la sua carriera politica dimostra che egli ha sempre lottato per la libertà e che la sua fede è repubblicana. Ma appunto come repubblicano egli combatteva il parlamentarismo che aveva trascinato la Francia nell'attuale situazione. Lavai avrebbe testualmente aggiunto: «Io voglio la fine del parlamentarismo ».

L'Ammiraglio Leahy ha detto allora che gli Stati Uniti non desideravano la rottura delle relazioni diplomatiche con la Francia..

Nel corso dela conversazione Lavai ha detto che egli credeva nella vittoria tedesca. Egli si è scagliato contro i degaullisti aggiungendo che intende combatterli efficacemente. Egli non poteva tollerare che dei traditori si impadronissero delle colonie francesi.

Queste dichiarazioni sono apparse in tutti i giornali del lo maggio della zona occupata, compresa la Pariser Zeitung, in un:;~. versione sostanzialmente identica. I giornali le riportano come provenienti dai circoli americani di Vichy.

Ho chiesto a Zoppi di accertare per quanto possibile la loro esattezza. Zoppi informa che il suo collega tedesco gli ha detto che, a quanto gli risulta, esse rispondono in massima alla verità. Aggiunge che nulla è stato finora pubblicato in proposito nei giornali della zona libera. Egli si riserva ulteriori comunicazioni in proposito dopo aver visto il Segretario Generale, Rochat (1).

Mentre la stampa del l o maggio fa largo posto a queste dichiarazioni, essa pubblica contemporaneamente articoli di protesta contro lo sbarco nella Nuova

Caledonia e contro la «politica di rapina :b praticata dagli anglo-sassoni contro l'impero francese (vedi fonogramma stampa di ieri). Si informa da ultimo che secondo telegramma stampa l'Ambasciatore Leahy risulta giunto a Lisbona (l).

(l) -Il presente documento reca 11 visto dl Mussollnl. (2) -Non pubblicato.

(l) Vedi D. 512.

505

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3052/288 R. Tokio, 3 maggio 1942, ore 6,45 (per. ore 17,30).

Mio telegramma 245 (2).

Dalla stessa fonte, che è molto attendibile, mi viene assicurato che sono state impartite istruzioni ad Ambasciatore Sato Naotake di far sapere che nei riguardi sistemazione rapporti russo-tedeschi Governo giapponese sarà sempre molto favorevolmente disposto ad adoperarsi, molto più che a Tokio si conterebbe che, nell'occasione, un definitivo assetto venisse raggiunto per quanto concerne questioni pendenti nippo-russe, in specie nei riguardi «politica sociale , in Asia Orientale.

506

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (3)

APPUNTO. Roma, 3 maggio 1942.

Nei colloqui avuti a Salisburgo col Ministro von Ribbentrop nei giorni 29 e 30 aprile, egli ha particolarmente parlato della situazione sul fronte russo. È il problema russo che ormai domina nettamente il panorama politico nella mente dei dirigenti del Reich. Ribbentrop non esita a dire che durante i mesi di dicembre e gennaio una « catastrofe », paragonabile come cause ed effetti a quella napoleonica, ma di portata infinitamente più vasta, si sarebbe realizzata sul fronte orientale qualora fosse mancata l'azione personale del Ftihrer, cui solo si deve se l'esercito tedesco ha potuto compiere l'autentico miracolo di rimanere praticamente sulle posizioni raggiunte, nonostante un inverno di rigidità indescrivibile e la furia degli attacchi russi condotti da uomini decisi e con mezzi adeguati. Ormai la situazione sul fronte orientale è da considerarsi stabilizzata. Bisogna attendere la stagione favorevole per passare alla offensiva e ridare uno sviluppo attivo allo svolgimento della guerra. Per quanto Ribbentrop eviti di entrare in particolari di carattere militare, mi ha lasciato intendere che difficilmente l'esercito tedesco porterà i suoi sforzi contro Pietroburgo e Mo

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sca, mentre dirigerà invece le sue pressioni al sud, nella direzione del Caucaso. Obiettivi principali dell'offensiva: i pozzi di petrolio. Obiettivi questi, oltreché militari, essenzialmente politici, poiché Ribbentrop ritiene che la Russia, privata in tal modo della fonte indispensabile dei carburanti, possa considerarsi praticamente strangolata e ciò valga a determinare la fine del conflitto. In questo senso: una volta immobilizzata la Russia (pur non volendo fare la più favo

revole ipotesi di un armistizio chiesto dagli stessi sovietici), l'Inghilterra dovrà rendersi conto che non le rimane più alcuna possibilità di lotta effettiva sul continente. Le speranze inglesi sono ormai concentrate soltanto sulla Russia: l'America, che in un :primo tempo agli occhi inglesi sembrava dover giocare un ruolo decisivo, appare adesso come «un colossale bluff ,. Comunque gli interessi inglesi ed americani sono già in molti settori in contrasto e non è da escludere che l'Inghilterra, una volta perduta l'alleanza russa, si renda conto della necessità di chiedere all'Asse le condizioni di pace. Ciò è tanto più probabile se i conservatori saranno ancora al governo. Essi cominciano a realizzare che ogni giorno che passa fa crollare una pietra dell'edificio imperiale britannico, del quale vorranno tentare ogni parziale possibile salvataggio. Una simile eventualità sarebbe invece da escludere qualora n governo venisse assunto dai laburisti che continuano a dimostrarsi i più accaniti sostenitori della guerra ad oltranza. Quindi, secondo Ribbentrop, le prospettive avvenire della guerra sono le seguenti: concentrare ogni sforzo contro la Russia per mettere praticamente a terra il colosso bolscevico, nella eventualità che da questa vittoria possa anche sorgere la possibilità della conclusione soddisfacente del conflitto. Naturalmente l'Asse non potrebbe concludere nessuna pace che non desse piena e totale soddisfazione alle giuste aspirazioni della Germania, del Giappone e dell'Italia, sia nei confronti dell'Inghilterra che nei confronti della Francia.

E qualora anche il crollo russo non valesse a determinare una richiesta di trattative da parte dell'Inghilterra? Qualora anche perduto in tutto o in parte l'alleato bolscevico, gli anglosassoni volessero continuare a condurre la guerra contro le Potenze del Tripartito, quale strada dovrà essere battuta, secondo il Ministro degli Esteri del Reich? A questa domanda la risposta è vaga, estremamente vaga. Ribbentrop si limita a dire che una volta battuta la Russia, la Germania potrà riportare la grande massa della sua aviazione sul fronte occidentale e, con questa, tempestare l'Inghilterra fino a determinarne 11 cedimento. Insieme alla guerra aerea, sarà intensificata la guerra sottomarina: i calcoli più accurati provano che se i sottomarini del Tripartito riusciranno a mantenere il ritmo degli affondamenti sulle 7-800 mila tonnellate mensili, l'Inghilterra e l'America alla fine dell'anno saranno definitivamente a terra. Insomma si ritorna alle formule della guerra aerea e della guerra sottomarina come elementi risolutivi del conflitto, formule che erano già adottate dai tedeschi nell'estate del 1940 e che poi furono almeno abbandonate dopo l'insuccesso della offensiva aerea su Londra.

La Francia è oggetto dei sospetti, non della simpatia germanica. Anche rispetto ai colloqui che ebbi con Ribbentrop su questo argomento nel novembre scorso (l) ho trovato un netto inasprimento. Il Governo Lavai è venuto

all'insaputa di Berlino, senza la volontà di Berlino, per non dire addirittura contro Berlino, che avrebbe preferito mantenere la carta Lavai in serbo per qualche tempo ancora. Lo stesso Abetz, che Ribbentrop confessa di dover tenere per le orecchie onde impedirgli le galoppate nell'utopistico settore della collaborazione, deve ammettere che i collaborazionisti francesi sono nella migliore delle ipotesi il 5 %. Gli altri sono degaullisti, apertamente o nascostamente, magari sl chiamano opportunisti, attentistes o con altri nomi ma hanno tutti il comune denominatore dell'odio immutabile verso la Germania e verso l'Asse. In questo stato di cose nessuna possibilità di collaborazione è da prendersi sul serio. Quindi alla Francia conviene dare ogni tanto un mazzo di fiori, come ad esempio il permesso a Scapini di risiedere all'Ambasciata senza però riconoscergli il rango di Ambasciatore oppure qualche miglioramento nel trattamento dei prigionieri che potrà arrivare fino alla concessione di una speciale licenza ai più meritevoli, ma niente di più. E stare cogli occhi molto aperti per essere pronti a reagire colla massima energia a qualsiasi tentativo che i francesi volessero fare di mordere alle calcagna la Germania e l'Italia impegnate in una lotta di vita o di morte sul fronte orientale.

Ribbentrop è per la Turchia meno ottimista di quanto non si sia dichiarato successivamente il Fiihrer. Egli è convinto che la Turchia nutra nei nostri riguardi sentimenti sostanzialmente ostili che riesce a mascherare con abile gioco di ipocrisia orientale. Non esclude però che dopo i successi che l'estate riserberà agli eserciti dell'Asse in Russia, la Turchia possa prendere, sotto la spinta degli avvenimenti, un atteggiamento a noi favorevole. Ma vorrà dire che non ne avrà potuto proprio fare a meno.

Ungheria e Romania sono due alleati per il momento assai utili e per questo bisogna evitare che la loro frizione faccia accendere la fiamma di un conflitto. Finita la guerra, se veramente vorranno ancora da una parte e dall'altra reagire contro il verdetto di Vienna: ebbene, converrà lasciar loro la libertà di battersi. E Ribbentrop crede che nonostante le sparate oratorie sia ungheresi che romeni eviteranno di servirsi di una tale libertà.

Nella valutazione tedesca sono molto scese le azioni romene mentre sono risalite, ma non di altrettanto, quelle ungheresi. Poco interesse per la Spagna che nella fase attuale del conflitto sembra divenuta elemento di secondaria importanza.

Da quando Ribbentrop, nella stessa Salisburgo, pronunciò per la prima volta -agosto 1939 -la parola «guerra» (1), questo è stato il mio ventesimo incontro col Ministro degli Esteri del Reich. Ogni volta ho trovato nel suo atteggiamento lo specchio dei tempi, e, più ancora, nelle sue parole l'eco fedele del pensiero contingente di Hitler; quanto egli diceva l'avevo sempre sentito

o stavo per sentirlo dalla bocca del Fiihrer.

Adesso ho trovato un Ribbentrop che non è il Ribbentrop euforico della campagna di Francia, né il Ribbentrop cupo del novembre scorso; è severo, conscio delle ore dure che ancora verranno, ma è anche molto sereno e convinto di arrivare in porto e di arrivarci a vele spiegate.

Nei nostri riguardi, il suo atteggiamento è perfetto. Migliore di ogni altra volta precedente. Non c'è occasione che egli si lasci sfuggire, per sottolineare

che la partita è condotta dalla Germania, dal Giappone e dall'Italia su un piano di perfetta eguaglianza, che il contributo di ognuno è altrettanto indispensabile per vincere e che infine il mondo di domani sarà regolato dall'associazione di questi tre Paesi, che dopo la guerra dovrà essere resa permanente attraverso nuovi ed ancor più stretti legami.

(l) -Il presente documento reca il vtsto di Mussollni. (2) -Vedi D. 453.

(3) Ed. in G. CIANo, L'Europa verso la catastrofe, clt., pp. 715-719.

(1) Vedi serle IX, vol. VII, D. 786.

(l) Vedi serle VIII, vol. XIII, D. l.

507

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 6859. Berlino, 3 maggio 1942.

L'incontro di Salisburgo ha avuto un'atmosfera interessante anche vissuto fra le persone del seguito di Hitler e di Ribbentrop. Evidente, in tutte, il compiacimento di avere finalmente superato il lungo e duro inverno, trascorso in disagevoli condizioni nei quartieri stabiliti in Prussia orientale. I camerati italiani, giungendo da regioni più serene, benedette dal sole, recavano con loro come un'ondata di cordialità al cui calore si fondevano le maschere aggrondate in cui le fisionomie tedesche sembravano irrigidite. Così, tutti stavano volentieri in compagnia degli ospiti, apparivano più del solito desiderosi di comprensione e di rispondenza. Certo, nei loro discorsi nessun elemento affiorava che non apparisse contingente e che non fosse strettamente legato alla guerra, come se il fronte orientale verso cui tutti guardano fosse una spessa parete di nebbia che bisogna squarciare prima di intravedere l'avvenire.

Non vi è dubbio che questa parete accorcia la vista di tutti. Già, il temperamento germanico è analitico, restio alla sintesi. Solo faticosamente si distraggono questi interlocutori dalla fissità dell'obbiettivo cui sono tesi e se si accenna, per esempio, all'ordine nuovo, a un regolamento postbellico dell'Europa e del mondo, vi rispondono con vaghi cenni di assenso, ma stancamente, senza poter concentrarsi in un'idea costruttiva.

Bei soldati e forti uomini, si. Più di azione che di pensiero. Il nazismo ha messo a nudo in loro la quintessenza della razza, brutalmente guerriera. Involuta e subordinata e linfatica è invece la ragione, il conclamato ordine nuovo par piuttosto un telaio su cui intessere un disegno insuperabile di dominio.

Perciò, nelle conversazioni, non vi è altro che tutto quanto si oppone a tali piani. La guerra degli avversari la quale si oppone alla guerra propria, come la si era prevista e preparata. E una eco dolorosa dell'inverno scorso, il primo inverno sul fronte russo.

«Nessuno poteva immaginare una cosa simile» -ha detto il Generale Schmundt, capo degli aiutanti militari del Flihrer. -«Il freddo anzitempo, e con temperature come da molti anni non se ne registravano. Aver resistito in tali condizioni è tale merito che il Flihrer pensa di istituire una decorazione speciale, da assegnare a coloro che si son trovati in Russia nell'inverno scorso. Feriti accumulati sui carri e che si congelavano senza che si riuscisse a portarli via... Un nemico bestiale e tenace. E tuttavia è da meravigliarsi di come il bolscevismo abbia fatto presa su quelle popolazioni. Abbiamo presentato ora al Fuhrer la traduzione del diario di un soldato rosso. Parla della necessità di sterminare gli eserciti che combattono per gli Stati borghesi, esalta la "patria" comunista. Vi è in tutto ciò qualcosa di religioso, per gente che ha abolito i culti. E d'altra parte, strano a dirsi, un vivo senso familiare. Nel diario si trovano frequenti accenni alla moglie e al bimbo. I comandi? Buoni quelli di mezzo, cattivi gli alti e i bassi. La qualità del soldato peggiora sempre, ma egli dimostra un accanimento implacabile. Avevano armi buonissime. Ora anche noi, ammaestrati dall'esperienza, abbiamo migliorate le nostre. La nuova granata va benissimo. Ma ci si domanda che cosa sarebbe avvenuto se fossimo rimasti all'oscuro della preparazione militare bolscevica e la Russia avesse potuto svilupparla fino a saltare addosso un giorno all'Europa: senza che da parte nostra, ignorando i progressi degli armamenti avversari, avessimo avuto lo sprone di perfezionare i nostri. Che cosa sarebbe avvenuto, ripeto, se dopo le vittorie piuttosto facili riportate nella presente guerra ci fossimo fermati, non calcolando abbastanza il pericolo rappresentato dal colosso bolscevico? Esso sarebbe passato sull'Europa schiacciando tutto, come un rullo livellatore~.

«La nostra aviazione ha lavorato in condizioni difficilissime~ -ha rilevato il Generale Bodenschatz. «Anche la loro è fortemente impiegata, a masse, su obbiettivi delle immediate retrovie. Hanno il grande vantaggio, come per gli automezzi, di avere i rifornimenti e le officine di riparazione a poca distanza, a Mosca e a Leningrado. Come se noi facessimo la guerra davanti a Berlino. Avremmo tutto a portata di mano. Quanto agli inglesi, io credo che eviteranno di bombardarci Berlino. La difesa contraerea vi è formidabile, essi preferiscono le zone meno difese, anche se militarmente questi danni a Lubecca, Rostock, Colonia, ecc. non hanno rilievo. Si tormentano le popolazioni civili, ecc. Useremo le stesse misure. Gli effetti delle torpedine aeree? No, i maggiori danni li abbiamo avuti dalle bombe incendiarle. Hanno una nuova bomba, che sparpaglia pezzetti di caucciù infiammanti, dalla lenta combustione e che diffondono quindi numerosi focolari~.

« Questo inverno al Quartier Generale, ce lo ricorderemo nella nostra vita '>

ha affermato il Ministro Plenipotenziario Steengracht. «Talvolta la neve era così alta che non vi era nessuna possibilità di comunicazione fra il Quartiere del Fuhrer e quello del Comando Supremo. Collegati, come sapete, da un trenino a locomotore. Non poteva più funzionare, e neppure le automobili. Si doveva andare a piedi, affondando nella neve sino al ginocchio. E dalla residenza di Ribbentrop a quella del Fuhrer, in slitta sul lago gelato. Talvolta di notte. Arrivavo letteralmente intirizzito)).

«Io sono arrivato in Sicilia dopo aver passato l'inverno sul settore centrale del fronte russo '> -dice l'aiutante di Kesselring. «Dall'inferno al paradiso, non posso dire altro. Tanto più apprezzo come hanno magnificamente resistito anche al clima russo l vostri soldati. E come cl serve, il soggiorno in Italia, per comprendere il vostro popolo sempre sereno e talmente buono, vorrei dire affettuoso, anche con noi. Sotto quel cielo ... Nelle celle di San Domenico, per poter lavorare, dobbiamo girare il tavolo e volgere le spalle alla finestra~.

«Berchtesgaden è la vera espressione del Fuhrer » -ha rilevato il Ministro Plenipotenziario Hewel che nel suo umcio di collegamento fra Ribbentrop ed il FU.hrer gode la particolare fiducia di quest'ultimo. «Egli dice che, quando la sua opera di salvamento del popolo sarà compiuta, vorrà ritirarsi e vegliare sulle sue sorti lasciando le cure del governo a chi, più giovane, può venire da lui formato, aiutato, addestrato alle mansioni di capo. Lo stesso Fuhrer dice di sentirsi soprattutto un artista: politicamente come militarmente è il senso di una missione da svolgere che lo ha impegnato nell'azione. Ma, raggiunta la meta, vorrà finalmente seguire la sua inclinazione originale, l'arte».

Queste dichiarazioni possono costituire un preannuncio, per quanto lontano, e acquistano speciale interesse quando siano messe in rapporto con le voci che circolavano a Berlino prima dell'ultimo discorso di Hitler, riferite nel mio rapporto precedente (1).

In aggiunta a questi commenti e alle impressioni raccolte a Salisburgo tra il più ristretto ed importante seguito del Fuhrer, devo dichiarare che a Berlino ed in tutta la Germania permane la eco più lusinghiera dei risultati dell'incontro.

Come ho già avuto l'onore di far presente, la venuta in Germania del Duce ha enormemente contribuito a riequilibrare una situazione psicologica che il discorso del Fuhrer -sopratutto a causa del noto provvedimento straordinario di cui ancora non si riesce a capire la ragione -aveva reso estremamente pesante.

Di tale pesantezza mi hanno dato unanime conferma i Consoli in occasione della loro convocazione a Berlino (2).

Ma, ripeto, l'incontro di Salisburgo ha squarciato il fitto grigiore di questi ultimi tempi; e non ha mancato di avere i suoi favorevoli rifiessi anche su tutto il Corpo diplomatico berlinese.

Mi consta in modo preciso perché mi è stato riferito dai suoi più stretti e vicini collaboratori -che il Fiihrer è stato intimamente e profondamente soddisfatto di aver potuto avere col Duce un così lungo scambio di idee. Ed ha anzi manifestato il proposito che secondo l'intesa precedente, questi incontri possono diventare periodici e normali.

È stato notato da molti, sopratutto da parte tedesca, che, quando il treno si è mosso lentamente, il Fuhrer ha accompagnato per molti metri la vettura alla quale era affacciato il Duce, come se volasse approfittare ancora di qualche istante per star vicino al suo grande amico.

Attraverso lo scorrere del tempo e lo svolgersi degli avvenimenti, che 11 Duce -come ora si riconosce da tutti -ha personalmente influenzato colla sua intuizione e colla sua fermezza, viene cosi a sempre più realizzarsi la formula che l'Italia ha bisogno della Germania almeno quanto la Germania ha bisogno dell'Italia (3).

(l) -Vedi D. 484. (2) -Vedi D. 280. (3) -n presente documento reca 11 visto di Mussollnl.
508

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3069/291 R. Tokio, 4 maggio 1942, ore 7,30 (per. ore 21).

Ultimi risultati elezioni generali per rinnovamento Camera Rappresentanti saranno resi noti oggi.

Essi assicurano al Governo Tojo più dei 4/5 dei seggi.

Opposizione, che si era presentata in gara numerosa e minacciosa ma molto frazionata, con programma evanescente, senza precisa base popolare all'infuori di quella dei vaghi malcontenti, è, secondo era prevedibile, miseramente caduta.

Governo ha agito sulla tradizionale disciplina e patriottismo degli elettori con estrema energia Era infatti in gioco, ed in tempo di guerra, lo stesso esercito che ha assunto la responsabilità del Governo. Lotta elettorale lascia peraltro diffuso senso insoddisfazione e si parla già di una prossima e radicale riforma del sistema elettorale.

È apparso infatti inadeguato al momento cosi grave della vita dell'Impero e dell'azione di un Governo militare la preoccupazione di questa pubblica dimostrazione di ortodossia nel rispetto delle forme parlamentari, da apprezzarsi dalle democrazie nemiche, con rischio della situazione interna.

509

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T.S. N. D. 111/336 R, Roma, 4 maggio 1942, ore 17,30.

Contemporaneamente alle comunicazioni relative al progetto nipponico circa dichiarazione comune del Tripartito nei confronti India e Arabia (1), ho anche verbalmente messo al corrente questo Ambasciatore del Giappone di uno scambio di lettere segrete che ha avuto luogo ieri fra i Governi Italiano e Tedesco da una parte ed il Mufti e il Presidente Gailani dall'altra (2).

Gli è stato spiegato che il contenuto di tali lettere è assolutamente generico e concerne unicamente l'indipendenza dei «Paesi Arabi oppressi dalla dominazione britannica». Tale scambio ha avuto luogo dopo lunghe insistenze da parte del Mufti e Gailani per ottenere uno speciale riconoscimento delle Potenze dell'Asse che facilitasse il loro compito e giovasse all'azione che essi svolgono nel mondo mussulmano.

Datene anche da parte Vostra comunicazione verbale costì (3).

(-3) Per la risposta vedi D. 520.

Sia comunicazioni relative alla dichiarazione comune, sia quelle di cui al presente telegramma sono state verbalmente fatte alla stessa data ed in termini analoghi da Ministro Von Ribbentrop all'Ambasciatore Oshima.

(l) -Vedi D. 511. (2) -Vedi DD. 488 e 500.
510

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 3067/744 R. Berlino, 4 maggio 1942, ore 19,30.

Da notizie avute da fonte sicura risulta che Laval subito dopo l'assunzione al potere ha avuto un colloquio con l'Incaricato d'Affari del Giappone a Vichy e lo ha informato che la Francia non era contraria, in vista di un'azione anglo-americana contro l'isola del Madagascar, che detto possedimento francese venisse occupato al pari da forze giapponesi. Sembra però escluso che per ora i nipponici possano effettuare tale occupazione. È stato qui rilevato come molto significativo questo passo del Governo Laval in quanto si ritiene qui che la Francia intende in qualunque modo assumere un ruolo nel nuovo ordinamento mondiale avvicinandosi, ove possibile, ad una delle tre Potenze dell'Asse con la quale non esistono profonde divergenze né mire territoriali e più preci·· samente il Giappone. Non mancherò di seguire questo lato che sembra molto interessante delle relazioni franco-giapponesi per quanto mi sarà dato di sapere in questi ambienti diplomatici.

511

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S. N. D. 112/337 R. Roma, 4 maggio 1942, ore 24.

Ho ieri comunicato verbalmente a questo Ambasciatore del Giappone che Governo italiano ha esaminato con la maggiore attenzione proposta nipponica di una dichiarazione comune delle Potenze del Tripartito nei confronti India ed Arabia (1). Questione è stata altresì esaminata nell'ultimo incontro DuceFtihrer a Salisburgo. Tale esame ha confermato il concorde parere dei due Governi di approvare in massima idea tale dichiarazione, circa la forma della quale essi si riservano a momento opportuno e sopratutto in vista della complessità del problema arabo, di far delle proposte concrete al riguardo. I due Governi sono peraltro del parere che non (dico non) è tuttora giunto il momento opportuno per procedervi e ciò sopratutto in quanto essa sarebbe destinata a restare una dichiarazione puramente platonica, dato che ancora non vi sono, in particolare per l'Arabia, le premesse militari immediate per imporla con la forza.

In queste condizioni una dichiarazione che fosse fatta nelle circostanze attuali rischierebbe di non suscitare reazioni particolari tanto nel mondo arabo che in quello indiano e gioverebbe probabilmente anzi alla propaganda britannica, la quale avrebbe infatti buon gioco nel sostenere che non vi è dietro le nostre platoniche affermazioni la corrispondente effettiva potenza politica che possa in concreto attuarlo. Potrebbe altresì avvenire che la dichiarazione suscitasse effettivamente in India e in Arabia azioni di più vasta portata, le quali peraltro, in quanto premature, potrebbero facilitare il gioco britannico consentendo agli inglesi di rapidamente identificare le forze avverse ed agevolmente stroncarle.

In sostanza dunque i Governi dell'Asse ritengono che una dichiarazione dovrebbe esser fatta soltanto quando la situazione militare del Tripartito, tanto nell'Oceano Indiano che nel Medio Oriente, sia talmente forte da rendere possibile una rivolta generale nei Paesi interessati ed essere parallelamente appoggiata da parte nostra con un intervento attivo militare.

Se peraltro il Governo giapponese, per ragioni militari connesse con l'Oceano Indiano, ritenesse opportuno, in aggiunta alle precedenti dichiarazioni del Presidente Tojo, di dare ulteriori assicurazioni al popolo indiano, i Governi dell'Asse sono naturalmente d'accordo con qualsivoglia dichiarazione Tokio decidesse di fare al riguardo, dichiarazione che Roma e Berlino desidererebbero per il momento appoggiare soltanto con i mezzi propagandistici di cui dispongono.

Confermate verbalmente quanto precede anche da parte Vostra costi. Potrete aggiungere che la costituzione della Società Amici dell'India, avvenuta qualche giorno fa solennemente a Roma, sotto la Presidenza del Vice Presidente della Camera Gray, rappresenta del resto, da parte nostra, una presa di posizione indiretta ma chiara nei confronti del problema indiano (1).

(l) Vedi D. 450.

512

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. PER CORRIERE 3137/095 R. Parigi, 4 maggio 1942 (per. il 7).

Sciogliendo riserva di cui al mio telespresso n. 969/540 del 2 maggio (2), Zoppi mi riferisce ora quanto segue circa colloquio Laval-Leahy, riportando informazioni fornitegli da Rochat, Segretario Generale Ministero Esteri francese:

«Laval nel colloquio con Ambasciatore americano gli avrebbe detto: "Noi non ci conosciamo ancora, o meglio Voi mi conoscete attraverso quello che di insolente dice nei miei riguardi la stampa e la radio del Vostro Paese e attraverso quello che di sgradevole per me vi è nei rapporti che sul mio conto arrivano al Dipartimento di Stato a Washington. Io non risponderò con inso

lenza alle insolenze, le ignorerò e continuerò a seguire la via che mi sono tracciata. Io sono convinto della vittoria dell'Asse, dirò di più la desidero perché una vittoria inglese significherebbe la bolscevizzazione dell'Europa. Sono anche convinto della necessità per l'Europa di organizzarsi su nuove basi e della necessità per la Francia paese continentale ed europeo, di inserirsi in questa riorganizzazione.

Io desidero mantenere con gli Stati Uniti buoni rapporti però subordinatamente alle premesse suesposte. Quanto ai degaullisti che Voi proteggete, li considero dei traditori e se fosse nelle mie possibilità li combatterei dovunque si trovino.

Si è detto che io metterei la flotta francese alla disposizione dell'Asse. Non ho preso alcun impegno del genere e del resto una tale richiesta non mi è stata mai fatta da parte dell'Asse né ritengo verrà fatta perché non credo che l'Asse abbia bisogno dell'aiuto della flotta francese.

Spero che il popolo americano finirà per comprendere il patriottismo che ispira la mia politica; dopo la vittoria dell'Asse la Francia potrà forse avere un ruolo nella ripresa dei rapporti fra l'Europa e l'America". A questo punto Rochat mi ha voluto chiarire che l'a::c::mno di Lavai non intendeva riferirsi ad una possibilità di mediazione come taluni giornali parigini avrebbero pubblicato ma semplicemente alle riprese delle relazioni in genere fra i due Continenti.

Secondo quanto dettomi da Rochat, che mi ha parlato seguendo gli appunti da lui presi durante il colloquio Laval-Leahy, quest'ultimo ha sempre ascoltato in silenzio quanto dettogli dal Capo del Governo francese; solo all'ultima frase avrebbe replicato: "Dopo la disfatta della Germania spero che la Francia possa contare in America su dei buoni amici ed io sarò certamente fra questi".

Rochat ha aggiunto che specie dopo discorso del lo maggio di Roosevelt e le frasi estremamente sgradevoli per la Francia e per Lavai pronunciate in tale discorso, lo stato delle relazioni fra i due Paesi permane alquanto precario>.

(l) -Per la risposta di Indelll, vedi D. 520. (2) -Vedi D. 504.
513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 16058/586 P. R. Roma, 5 maggio 1942, ore 17.

Vostro 744 (1).

Il Duce ritiene che le dichiarazioni fatte da Laval ai giapponesi nei riguardi del Madagascar siano state fatte quando già il Governo francese era a conoscenza della intenzione anglosassone di occupare l'Isola e ciò tanto allo scopo di coprire con un doppio gioco il reale animo francese, quanto anche per compiere una indiretta pressione sugli anglo-sassoni affinché accelerassero la realizzazione del loro progetto.

Fate conoscere opportunamente costà questo punto di vista (2).

(l) -Vedi D. 510. (2) -Per la risposta di Alfieri, vedi D. 553.
514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S. N. D. 113/339 R. Roma, 5 maggio 1942, ore 18.

Trovate modo di far giungere a codesto Governo, nei modi e nelle forme che riterrete più opportuni, l'avviso amichevole del Duce che, subito dopo la totale conquista della Birmania, gioverebbe molto alla causa nipponica e nostra se da parte nipponica si potesse per quelle regioni rapidamente concretare e pubblicamente annunziare una qualche formula di indipendenza.

Una iniziativa di questo genere, sia pur destinata a restare in un primo tempo pressoché esclusivamente teorica, eserciterebbe indubbiamente una decisa, energica benefica influenza su tutta l'opinione pubblica indiana; calmerebbe i sospetti e le diffidenze nei riguardi dei giapponesi; spunterebbe le migliori armi della propaganda avversa; rinvigorirebbe automaticamente ed in ogni campo le resistenze antibritanniche 0).

515

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3200/156 R. Shanghai, 5 maggio 1942, ore 18 (per. ore 17,30 del 6).

Vostro 115 (2).

Per quanto concerne avvenire delle grandi imprese tedesche in Cina, questo Ambasciatore di Germania più non nasconde suo pessimismo. Inutili tutti i suoi passi per difenderle a Shanghai e specialmente ad Hankow dove esse controllavano la quasi totalità del commercio.

Attualmente tutta la loro attività concentrasi nello sforzo difficile di mantenersi in vita. Assaggi fatti qui ed appoggiati a Tokio per una qualsiasi collaborazione sistematicamente avversati dalle autorità militari.

Nel fatto tutto sembrerebbe accreditare voci circa esclusione dei bianchi dall'azione in Cina, che nessuna discriminazione è stata e si prevede possa essere adottata a breve scadenza a favore dell'Asse.

Gli ultimi tentativi tedeschi tendono a sfruttare le urgenti richieste giapponesi di speciali prodotti di origine tedesca, dei quali si promette consegna sollecita, al tempo stesso cercando qualche punto appoggio per il futuro, dopo che progetti riguardanti concessione o collaborazione nelle Indie Olandesi furono superati dalla vittoria giapponese. D'altra parte secondo informazioni raccolte presso questo Ambasciatore di Germania, Berlino si prepara a trarre migliore

partito dalla preoccupazione del Giappone di essere lasciato indietro dai pro~ gressi attrezzatura bellica degli Stati Uniti a migliorare la quale ebbero a mobilitare lo sforzo inventivo dell'intero Paese. Il bisogno morale e fisico del Giappone di non sentirsi isolato e quello urgente di prendere contatti con nostri tecnici potrebbero aprire la strada a intese che valgano ad ammettere sia pure limitata collaborazione dell'Asse della enorme zona passata in così breve tempo sotto il dominio giapponese.

È questa speranza che guida oggi l'azione della Germania, azione che è tuttavia divenuta guardinga per essersi troppe volte urtata ad una resistenza giapponese sempre dura e spesso ostile, appunto per affermare, ritengo, che il Giappone non permetterà mai che all'influenza anglo-americana si sostituisca quella di altre Potenze.

Telegrafato Roma e Tokio.

(l) -Per la risposta vedi D. 521. (2) -T. 14602/115 p.r. del 24 aprile 1942, ore 23, non pubblicato: osservazioni del Governo giapponese che le attività industriali e commerciali di terzi paesi nei territori occupati dal Giappone rimarrebbero indisturbate.
516

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3240/099 R. Parigi, 5 maggio 1942 (per. Z'11).

Ero rimasto d'accordo con Zoppi che egli si sarebbe attenuto nei riguardi del nuovo Capo del Governo alle norme protocollari in proposito. Egli riferisce, in data 4 maggio, quanto segue:

«Laval, che dalla settimana scorsa ha incominciato a ricevere i rappre~ sentanti diplomatici stranieri, mi ha ieri fatto dire di recarmi a vederlo sta~ mane lunedì.

Mi ha ricevuto nel suo utncio all'Hotel du Pare ed ha iniziato la conversazione chiedendomi se la mia posizione a Vichy fosse identica a quella di Krug von Nidda. Gli ho risposto affermativamente, dopo di che è venuto a parlare della recente crisi governativa, dicendo che egli, "al contrario di quello che si crede comunemente", deve il suo ritorno al Governo non a Hitler ma a Roosevelt. "Da parte tedesca -ha soggiunto -non era stata fatta in un primo tempo alcuna pressione in mio favore, ma dopo le minacce americane era apparso evidente che la Francia era giunta ad un bivio: o da una parte

o dall'altra". A questo punto mi ha chiesto se avessi letto nei giornali il resoconto del suo colloquio con l'Ambasciatore americano; gli ho risposto di si (miei telegrammi 389 e 410) (l) e gli ho chiesto quale impressione egli ne avesse riportato; mi ha detto che Leahy gli aveva promesso di cercare di persuadere Roosevelt che egli Lavai non è un nemico dell'America.

Lavai ha continuato dicendo che il compito che lo attende è quanto mai arduo e che anzitutto egli si dedicherà "a mettere ordine in casa", "a cambiare i capi di molte amministrazioni, ad eliminare i filodegaullisti e tutti coloro che si erano troppo bene installati nelle loro poltrone, mai più pensando alla possibilità di un mio ritorno al Governo". A questo proposito ha aggiunto

40 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

che, per ora almeno, dovrà rimanere a Vichy, e non si recherà che assai raramente a Parigi.

Ha poi ricordato gli accordi di Roma accusando l'Inghilterra di avere distrutto l'amicizia italo-francese che egli aveva voluto ristabilire, ed ha concluso: " Se quanto era stato fatto allora non fosse andato perduto, la Francia non sarebbe oggi in questa situazione. Spero di poter riprendere e mantenere con l'Italia quei rapporti che rispondono ai miei sentimenti"».

(l) Non pubblicato, ma si vedano 1 DD. 504 e 512.

517

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, CORTESE

TELESPR. S. 8/11415 Roma, 5 maggio 1942.

Telespresso di questo R. Ministero n. 8/10263 del 30 aprile (1).

Questo Ministro di Svezia ha fatto rilevare che mentre da parte italiana era stata prospettata alla Legazione di Svezia l'opportunità di concentrare presso la Delegazione del C.I.C.R. in Atene la distribuzione e il controllo del grano fornito dal Canadà alla Grecia, da parte germanica non erano state invece sollevate obiezioni circa la proposta svedese di affidare tale distribuzione e tale controllo ad una commissione svedese ad hoc la quale collaborasse strettamente con la Delegazione del C.I.C.R. in Grecia.

È stato risposto al Ministro di Svezia che il divario fra la risposta italiana e quella germanica è puramente di forma e che nella sostanza non si poteva che insistere sul concetto espresso di evitare una molteplicità di organi di assistenza in Grecia ed accentrare tutta l'azione di soccorso nell'organizzazione esistente della Croce Rossa Internazionale, alla dipendenza della quale gli elementi svedesi potranno opportunamente esplicare le loro funzioni.

Poiché il Ministro di Svezia ha osservato che un irrigidimento da parte nostra su questa tesi avrebbe potuto provocare obiezioni da parte dell'Inghilterra e degli Stati Uniti d'America, gli è stato risposto che noi intendiamo rimanere sul terreno delle convenzioni internazionali, le quali riconoscono un organo con speciali garanzie e speciali caratteri perché possa, in conformità a norme da tutti accettate, svolgere la sua attività di soccorso in tempo di guerra.

Non si vede perciò né l'opportunità né alcun motivo plausibile per esautorare nel caso in questione l'organo internazionale previsto dalle convenzioni internazionali; tanto più che esso ha finora funzionato con piena soddisfazione di tutti.

Tale insistenza degli svedesi a sottrarre alla Croce Rossa Internazionale alcune sue specifiche funzioni non può non suscitare dubbi, che sembrano avvalorati da informazioni in nostro possesso, secondo cui agenti svedesi, sotto il mantello della Croce Rossa Internazionale, agirebbero da informatori dell'Inghilterra e degli Stati Uniti d'America.

Vogliate naturalmente tenere segreta quest'ultima informazione, ma trarne motivo per interessarVi nel modo più emcace amnché la responsabilità dell'azione di soccorso in Grecia, anche per quanto riguarda la distribuzione del grano canadese, sia affidata al Comitato della Croce Rossa Internazionale.

Il Ministro di Svezia ha assicurato che la Croce Rossa svedese prenderà gli opportuni accordi con codesto Comitato Internazionale di Croce Rossa. InteressateVi perché le modalità che verranno concordate si ispirino ai concetti suesposti Cl).

Di quanto precede è stata opportunamente informata anche questa Ambasciata di Germania.

(l) Non rinvenuto.

518

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 5 maggio 1942.

Circa l'azione di riavvicinamento al Giappone condotta dal Governo francese e segnalata dal R. Ambasciatore a Berlino (2), risulta a questo ministero da fonte nipponica che il Governo giapponese si adopera anche dal canto suo per tentare di risollevare le sorti e le condizioni della Francia sia in Europa, sia fuori d'Europa.

Tale azione farebbe parte del proposito giapponese di cercar di impedire un totale controllo europeo da parte della Germania, totale controllo che non ritiene possa assicurare un assetto stabile del continente nel dopo guerra e che giudica pericoloso per la sua stessa sicurezza avvenire, in ragione di un possibile ritorno offensivo della razza bianca guidato appunto dalla Germania.

Tale proposito giapponese si attuerebbe sopra tutto attraverso un'azione di rivalorizzazione dei latini (Francia compresa), e, fra essi, in primo luogo, dell'Italia.

519

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S. N. D. 114/588 R. Roma, 6 maggio 1942, ore 0,30.

II Duce ha ricevuto stamani (3) Bose e ha esaminato con lui situazione indiana, sopratutto nei confronti del recente progetto giapponese per una dichiarazione comune delle tre Potenze del Tripartito concernente l'India e l'Arabia (4).

(-4) Vedi D. 449.

A seguito di tale esame, e, sopratutto in vista della situazione militare che ha nel frattempo, dopo la quasi totale occupazione nipponica della Birmanil:l e Io sbarco britannico in Madagascar, subito importanti sviluppi, il Duce ritiene conveniente che da parte italiana e tedesca siano riviste e aggiornate le decisioni che furono già adottate a Salisburgo al riguardo.

Fu allora, come è noto, deciso di rinviare tale pubblica e comune dichiarazione a un momento milltarmente più propizio e di fare le conseguenti comunicazioni in proposito al Governo nipponico che ne era stato l'iniziatore. Ciò che fu infatti regolarmente effettuato qualche giorno fa dal Governo tedesco e da noi (1).

Si tratterebbe ora di rivedere tale decisione nel senso che se il Governo giapponese dovesse per conto suo decidere -ciò che è libero di fare e molto probabilmente farà -di procedere anche in assenza nostra a una dichiarazione unilaterale sia pure nei confronti della sola India, tale dichiarazione dovrebbe, non soltanto -come è stato assicurato -essere appoggiata e fiancheggiata da parte italiana e tedesca con mezzi esclusivamente propagandistici, ma formar oggetto di una vera e propria formale adesione anche da parte dell'Italia e della Germania.

Oltre che dagli sviluppi della situazione militare più in alto accennati, l'affrettare i tempi sembrerebbe suggerito anche dalle notizie giunte in questi giorni sulla situazione interna in India e sullo stato di quella opinione pubblica sempre più disorientata ed incerta e che potrebbe, come tale, essere di molto rinvigorita in senso antibritannico se a tale presa di posizione si addìvenisse senza altro anche da parte delle due Potenze dell'Asse nella forma proposta.

È d'altra parte da considerare la circostanza che se il Giappone -il quale con i discorsi Tojo ha già preso da tempo esplicita e formale posizione nel confronti dell'indipendenza dell'India -procedesse in assenza nostra e per suo conto esclusivo ad ulteriori pubbliche e formali manifestazioni nello stesso senso, esso avrebbe indubbiamente l'aria di esercitare una sorta di monopolio d'iniziativa politica su tutta l'Asia il che desta sospetti nei popoli asiatici e non si vede come e in che cosa possa giovare alle due Potenze dell'Asse.

Fate presente d'urgenza quanto precede a codesto Governo e pregatelo di voler riesaminare in conseguenza le decisioni già adottate al riguardo, facendoci appena possibile conoscere il suo pensiero e il suo avviso (2).

(l) -Vedi DD. 570 e 647. (2) -Vedi D. 510. (3) -Il 5 maggio. Del colloquio fu data notizia alla stampa a fine maggio con il seguentecomunicato: «Il 29 maggio il Duce ha ricevuto In udienza il Signor Subhas Chandra Base, Capo nazionalista indiano e lo ha intrattenuto in lungo cordiale colloquio». Non fu redatto un verbale dell'incontro, ma si veda Ciano, Diario 1939-1943 cit., stessa data.
520

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3169/296 R. Tokio, 7 maggio 1942, ore 8 (per. ore 7,30 dell'B).

Vostri 336 e 337 (3).

Ho oggi confermato verbalmente a Togo comunicazione fatta da V. E. a Horikiri circa progetto di una dichiarazione comune italo-tedesca-nipponica per indiani e arabi circa portata dello scambio lettere intervenuto con Gran Mufti e Presidente Gailani.

Togo mi ha detto che Governo giapponese aveva predisposto progetto di dichiarazione soprattutto per corrispondere alle sollecitazioni fattegli da tempo da Berlino e rinnovategli in occasione missione Cripps in India; che, ciò stante, di fronte alle considerazioni ora fattegli presenti, non aveva nessuna difficoltà a dichiararsi parimenti d'accordo per rimandare dichiarazione a momento più opportuno.

È assai probabile che Tojo e Togo trovino occasione per una manifestazione pro India in occasione dei discorsi che pronunceranno alla riapertura della Dieta fra una ventina di giorni.

(l) -Vedi D. 511. (2) -Con T.s.n.d. 3150/761 r. del 7 maggio 1942, ore 18, Alfieri rlferi di aver effettuato subito 11 passo con li Segretario di Stato, li quale aveva assicurato che ne avrebbe informato li Ministro. Per la risposta di Rlbbentrop, vedi D. 538. (3) -Vedi DD. 509 e 511.
521

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3170/297 R. Tokio, 7 maggio 1942, ore 8 (per. ore 7,30 dell'B).

Telegramma di V. E. n. 339 (1). Ho fatto giungere a Tojo attraverso questo ambiente militare ed ho personalmente accennato a Togo avviso del Duce a proposito Birmania. Ne è stata subito compresa tutta la portata e l'intenzione profondamente amichevole della quale si è qui realmente gratissimi.

Tojo a varie riprese, nei suoi recenti discorsi, aveva accennato, per quanto in modo assai generico, all'indipendenza dell'India, in particolare, il 12 marzo u.s., ha parlato innanzi alla Dieta della prossima realizzazione della «Birmania per i Birmani ».

Mi è stato detto che ora, seguendo avviso al Duce, egli approfitterà della prima occasione per ribadire tali direttive in forma più concreta e tale da corrispondere ai risultati che se ne attendono.

Ho notato peraltro, nello speciale argomento indiano, qualche non manifesta perplessità nei riguardi delle reali intenzioni tedesche.

522

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3138/757 R. Berlino, 7 maggio 1942, ore 12 (per. ore 13).

Le operazioni di rettifica del fronte russo, che precederanno l'offensiva vera e propria, stanno per avere inizio.

Vengo informato che i preparativi per l'attacco a Sebastopoli ed a Kerc che costituirà l'aspetto principale di questa fase iniziale, sono a buon punto e l'attacco stesso è considerato imminente.

(l) Vedi D. 514.

523

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3180/172 R. Roma, 7 maggio 1942 (per. l'B).

La Segreteria di Stato ha diretto a questa R. Ambasciata la seguente nota:

«La Segreteria di Stato di sua Santità è venuta a conoscenza che il Governo britannico, d'accordo con quello degli Stati Uniti d'America e del Canadà, ha consentito che navi svedesi trasportino in Grecia 15.000 tonnellate di grano ogni mese per soccorrere quella popolazione (1).

Sembra che il Governo svedese attenda solo il consenso del R. Governo d'Italia e di quello di Germania per il libero passaggio delle sue navi, perché si possa iniziare il provvidenziale rifornimento viveri alla Grecia.

La Segreteria di Stato, nel dare a conoscere quanto sopra alla R. Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede, le manifesta il suo vivo desiderio, che da parte del Governo siano agevolate quanto più possibile le trattative per una favorevole conclusione dell'affare».

Prego codesto R. Ministero di voler pormi in grado con cortese urgenza di assicurare la Segreteria di Stato che il R. Governo -che già ha assunto a suo carico tanto notevoli sacrifici per il rifornimento alimentare della Grecia consente il libero passaggio delle navi svedesi e pormi in grado altresì di dare una risposta circa l'atteggiamento del Governo germanico al riguardo (2).

524

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. CONFIDENZIALE PER CORRIERE 3245/0100 R. Parigi, 8 maggio 1942 (per. l'11).

Come ho segnalato col mio telegramma per corriere n. 094 del 2 maggio (3),

il Governo tedesco ha chiesto a suo tempo a quello francese che il Generale

Giraud fosse fatto ritornare «volontariamente » in Germania.

La questione assume agli occhi dei tedeschi particolare importanza per

diverse ragioni. Anzitutto perché Giraud era uno dei Generali più in vista del

l'Esercito francese (come Gamelin era l'uomo delle sinistre, pare che Giraud

fosse quello delle destre. In realtà si tratterebbe di persone di scarso rilievo). Inoltre gli si è attribuito il proposito di passare ai gaullisti.

Da parte francese sembra che, tanto Lavai, quanto Darlan, sarebbero favorevoli ad accogliere la richiesta tedesca; ma Darlan che, per quanto Comandante in capo di tutte le Forze Armate, appartiene alla Marina, non riterrebbe di avere l'autorità necessaria ad obbligare un generale a tornare in Germania. Lo stesso, a più forte ragione, varrebbe per Lavai. Inoltre Pétain (che ha ricevuto lungamente e trattenuto a colazione il Generale) appoggerebbe il desiderio di Giraud di restare in Francia.

Abetz stesso ha avuto un colloquio con Giraud alla linea di demarcazione, e precisamente a Moulins, in zona occupata, presenti Darlan e Lavai, ma non è riuscito finora a far desistere Giraud dal suo proposito.

Giraud ha rilasciato una dichiarazione con la quale s'impegna sul suo onore di astenersi da qualsiasi attività militare, ma questa dichiarazione non soddisfa la Germania.

Si spera in una decisione favorevole nella settimana ventura, al ritorno di Pétain a Vichy dalla campagna dove è andato a passare la fine della settimana. Se no, pare certo che le autorità tedesche passeranno senz'altro ad applicare un trattamento più severo nei riguardi di tutti i prigionieri, Generali compresi. Questi ultimi sarebbero consegnati in celle individuali.

(l) -Vedi D. 371. (2) -Per la risposta di Ciano, vedi D. 529. (3) -Non pubblicato.
525

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI

L. 278. [Sussak], 8 maggio 1942.

Per quanto abbia già accennata la cosa a Ducci per telefono, credo opportuno riferirTi più dettagliatamente le dichiarazioni fatte dal Col. Gurreri al suo ritorno da Roma.

1°) -Rapporti tra Ministero Esteri e za Armata. Il Gurreri ha avuto l'impressione che a Palazzo Chigi tutti fossero mal prevenuti contro la 2a Armata; ha aggiunto che tale atteggiamento trovava corrispondenza anche in altri ambienti politici della Capitale, per cui si poteva pensare ad una vera offensiva contro la 2a Armata, capitanata dal Ministero degli ESTERI,

(Ho dichiarato che ciò era completamente sbagliato; che Tu personalmente avevi sempre avuto un debole per la 2a Armata; ma che, appunto perché Ti interessavi ad essa, volevi che qui si sapesse tutto ciò che ambienti ostili le rimproveravano).

2°) -Questione dei poteri civili. Il Gurreri ha detto che Tu gli avresti dichiarato che in tale campo non si doveva «mollare di un centimetro», neanche nelle questioni di forma, per le quali io stavo convincendo il Gen. Roatta a vedere quello che era possibile fare per venire incontro in qualche cosa alle richieste del Poglavnik (ved. mio telegramma 28 aprile u.s. n. 243/15) (1).

3°) -Questione di Veglia. Sempre stando a quanto dice il Gurreri, Tu gli avresti dichiarato che condividevi interamente l'avviso del Prefetto Testa e che non vedevi alcuna ragione per accordare ai piccoli proprietari croati l'autorizzazione di recarsi a Veglia per coltivare i loro terreni.

526

IL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3227/S. N. R. Helsinki, 10 maggio 1942, ore 13 (per. ore 24).

Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che recente attività bellica bolscevica in direzione località Louli potrebbe servire due scopi:

l. -proteggere ferrovia Murmansk per avviamento rifornimenti di materiale di guerra e di viveri verso sud;

2. -mascherare preparativi per tentativo sbarco. Ministro degli Affari Esteri ha osservato che attacchi bolscevichi non suscitano almeno per ora alcuna preoccupazione perché in quella zona settentrionale terreno diventa praticabile soltanto in estate inoltrata.

Ministro degli Affari Esteri ha soggiunto che secondo le notizie pervenutegli dall'America, che tuttavia non è stato possibile controllare, 200 piroscafi fortemente scortati avrebbero iniziato rotta verso Europa. Essi sarebbero diretti a Murmansk non soltanto per portare aiuti in favore U.R.S.S. ma anche per assicurare sbarco truppe in quella regione.

527

IL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3229/97 R. Helsinki, 10 maggio ore 13,40 (per. ore 20,25).

Circa voci recentemente diffuse in Svezia di contatti tra elementi facenti capo Legazione di Germania e Legazione dell'U.R.S.S. in Stoccolma per giungere trattative di pace basate su compromesso, Ministro Affari Esteri mi ha detto essergli stato riferito qualche cosa di analogo ma in forma diversa. Secondo voci a lui giunte si sarebbe parlato recentemente a quello scopo mediazione giapponese tra Germania e U.R.S.S.

Ministro Affari Esteri attribuisce naturalmente tali voci alla propaganda nemica intemlficatasi ultimamente contro Paesi Asse e loro alleati per suscitare diffidenze e sospetti.

(1) Vedi D. 489, in realtà del 29 aprile.

528

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. s. N. D. 118/616 R. Roma, 10 maggio 1942, ore 24.

Come vi è noto, durante recenti colloqui Salisburgo (l) Ribbentrop mi accennò ai motivi pei quali sembrava opportuno sospendere per la durata della guerra l'esecuzione degli Accordi italo-germanici relativi all'Alto Adige e mi assicurò che mi avrebbe fatto pervenire quanto prima proposte concrete al riguardo.

Sarebbe per noi utile conoscere con una certa sollecitudine quali siano le precise intenzioni germaniche in proposito e Vi prego pertanto di voler richiedere a Ribbentrop notizie circa le proposte da lui preannunziate.

Vorrete tener conto nelle Vostre conversazioni che per ovvi motivi, particolarmente di carattere interno, sarebbe nostro desiderio che il deflusso degli alto atesini, anche qualora dovesse ridursi notevolmente, non fosse del tutto sospeso, soprattutto per quanto riguarda le famiglie di coloro che hanno già optato per la cittadinanza tedesca e che prestano servizio militare in Germania.

Aggiungo per Vostra notizia che negli ultimi quattro mesi tale deflusso è stato limitato a cifre oscillanti fra un massimo di mille ed un minimo di cinquecento mensili (2).

529

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 16799 P.R. Roma, 11 maggio 1942.

Vostro 172 (3).

Potete informare la Segreteria di Stato che i Governi italiano e germanico vennero interessati nel marzo scorso, a mezzo delle Legazioni di Svezia a Roma e a Berlino, in merito a una proposta della Croce Rossa svedese di trasportare dal Canadà in Grecia 15.000 tonnellate mensili di grano o farina (4).

I Governi italiano e germanico hanno fatto già conoscere al Governo svedese che sono disposti a dare il loro consenso a che sia svolta in Grecia l'azione di soccorso considerata, secondo le modalità ritenute necessarie (5).

Il R. Governo è tuttora in attesa di una definitiva risposta da parte della Legazione di Svezia a Roma circa l'atteggiamento dei Governi britannico e americano (6).

530.

IL MINISTRO AD HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3687/07 R. Helsinki, 11 maggio 1942 (per. il 29).

È stata diffusa notizia invio Delegazione finlandese a Berlino per spiegare difficile situazione Paese ed appianare motivi malintesi frizione con Governo Reich, che sarebbero andati crescendo recentemente.

Essi consistrebbero nel rifiuto finlandese aderire richiesta tedesca maggiore collaborazione militare sia in settore Pietroburgo per accerchiamento città, sia in settore circostante località Sorokka, importante nodo Murmansk, attraverso cui vengono avviati rifornimenti anglo-americani verso interno U.R.S.S.

Delegazione finlandese dovrebbe spiegare impossibilità compiere ulteriori sforzi e sacrifici a causa situazione interna (stanchezza e demoralizzazione popolazione) e a causa difficoltà economiche alimentari. In realtà Governo sarebbe sospettato superstiti riguardi verso America e timoroso eventuali reazioni.

Maggiori esponenti Delegazione sarebbero ex Presidente Repubblica, Signor Svinhufvud (ormai ottantenne e lontano da vita politica attiva) e Sig. Paasikivi, nota personalità politica locale, che trattò pace Mosca 1939 e successivamente fu Ministro Finlandia nell'U.R.S.S. Entrambi sono noti per loro sentimenti simpatia verso Germania.

Ministro Affari Esteri ha smentito categoricamente notizia in parola, attribuendola manovre propaganda avversaria, diretta scuotere resistenza interna per tentare eliminare Finlandia, come fattore attivo ed operante, nella crociata contro comunismo e suscitare sospetti nei Paesi dell'Asse.

531.

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L. 7155. Berlino, 11 maggio 1942.

Faccio seguito alla mia lettera 4860 del 30 marzo scorso (1).

In occasione della recente riunione dei Consoli ho avuto nuovamente la possibilità di intrattenermi con Caruso il quale mi conferma che, almeno dal punto di vista formale, i suoi rapporti con le Autorità tedesche a Praga continuano a segnare un netto miglioramento. Caruso ha avuto un soddisfacentissimo colloquio con Heydrich il quale gli ha già dato assicurazione di aver disposto per l'estensione a tutti i cittadini italiani nel Protettorato delle spe · ciali facilitazioni annonarie concesse ai cittadini tedeschi. Anche altre questioni in sospeso sembrerebbero bene avviate.

Naturalmente non mancherò di seguire la situazione riserbandomi di rincalzare la mia precedente azione ove queste dimostrazioni di buona volontà dovessero rimanere al loro stato formale.

(l) -Vedi D. 506, dove però non è menzionato l'argomento. (2) -Per la risposta di Alfieri, vedi D. 539. (3) -Vedi D. 523. (4) -Vedi D. 372. (5) -Vedi D. 440. (6) -Vedi DD. 570 e 647.

(l) Vedi D. 413.

532

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3279/440 R. Santiago, 12 maggio 1942, ore ... (per. ore 10.15).

Mio telegramma 422 (l) e Stefani 88.

A iniziativa nord-americana continua su tutti giornali ed anche su quelli cattolici campagna intesa dimostrare che Asse Roma-Berlino è anticattolico e che Santa Sede è ostile Asse Roma-Berlino e favorevole Alleati. Stessa offensiva è cominciata adesso anche contro Spagna Nazionalista come « mancipia >>.

Tanto noi che i tedeschi e spagnoli valendosi nostra stampa ribattiamo giorno per giorno tale campagna che ci reca indubbiamente assai danno sia perché fa breccia sui Cattolici e Conservatori che almeno per noi e spagnoli avevano conservata viva tradizionale simpatia, sia perché questi paesi sud-americani anche se governati dal Fronte Popolare si atteggiano adesso insieme Stati Uniti d'America a supremi tutori Cattolicismo e Vaticano.

Dato ciò sarebbe opportuno veramente che Santa Sede non restasse totalmente agnostica innanzi tale campa~na (2) che le è poi dannosa perché le aliena simpatia nostri connazionali locali, e intervenisse tempestivamente con comunicato carattere generale per far sapere che è estranea totalmente a tali manovre a noi ingiustamente ostili (3).

533

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RR. 3305/610 R. Buenos Aires, 12 maggio 1942, ore 21 (per. ore 10,30 del 13).

Seguito miei 554 (4) e 567 (5).

In relazione onoranze defunto Ambasciatore e conformemente usi questo cerimoniale, dopo aver ringraziato personalmente Dr. Castillo, Vice Presidente in esercizio potere esecutivo e membri del Governo, ho fatto visita dovere in forma strettamente privata anche al Presidente Ortiz il quale si era fatto rap

presentare funerali da Segretario privato e due Ufficiali dell'Esercito e Marina addetti sua Casa particolare.

Dato che come è noto Ortiz pur non esercitando per gravi ragioni salute effettive funzioni non ha legalmente rinunziato sua alta carica che egli spera poter riassumere appoggiato in questo dal Governo degli S.U.A. (mio telegramma 577) (l) di cui è fervente ammiratore, ritengo utile riassumere linee generali conversazione avuta con Presidente stesso.

Dopo avermi rinnovato espressioni suo cordoglio per repentina scomparsa Ambasciatore che aveva avuto occasione conoscere personalmente e di cui aveva apprezzato preclare doti signorilità ed equilibrio, è scivolato suo tema favorito formazione «blocco latino» basato sull'armonica collaborazione economica politica e spirituale tra Francia Spagna Italia e Argentina da opporre alla Germania la quale, per suo spirito aggressivo e per suo « disprezzo vita umana >> si allontana da concetti di pacifica e cristiana solidarietà propria di una benintesa latinità.

A questo ho ritenuto dovere cortesemente ricondurre conversazione scopo mia visita.

Presidente Ortiz sempre sullo stesso tema è passato allora a parlare dell'apporto latino alla formazione e progresso Argentina rilevando come questa ultima debba alla Spagna la sua realtà storica e alla Francia gran parte della sua cultura. A mia volta ho fatto notare al Dr. Ortiz come l'Argentina debba quasi esclusivamente alla geniale iniziativa, alla operosità feconda e allo spirito di sacrificio della gente italiana sviluppo sua agricoltura che costituisce base essenziale suo attuale prosperità economica. Presidente ha annuito vivacemente aggiungendo parola calda simpatia per nostri lavoratori e rilevando in particolare come in provincia Santa Fé due terzi proprietà fondiaria appartenga italiani. Egli ha concluso testualmente: «Siamo e continueremo ad essere amici».

Ho tratto impressione che stato salute Ortiz sia veramente molto grave e che solo un miracolo, c~me del resto affermano gli stessi medici curanti, potrebbe consentirgli tornare potere. È però opinione questi circoli politici e diplomatici che tale miracolo (quello cioè atteso da Dott. Castrovietto) molto difficilmente potrà verificarsi.

(l) -Con T. 3040/421-422 r. del 2 maggio 1942, non pubblicato, De Rossi aveva riferito sull'Inizio della Campagna anti-Asse nel giornali cileni. (2) -Vedi D. 293. (3) -Prunas ritrasmise a Guariglia questo telegramma con T. per corriere 17824 p.r. del 20 maggio 1942, ore 8, aggiungendovi le seguenti istruzioni: Mi rendo conto delle difficoltà da parte del Vaticano di fare al riguardo delle formali e pubbliche messe a punto. Ma non mancheranno certamente alla Santa Sede mezzi a suo modo di svolgere quell'azione che riterrà più atta ad impedire che propaganda avversa abbia l'aria di avvalersi del suo tacito assenso ad una campagna costruita, per quanto ci riguarda, su falsità evidenti. Se l'Osservatore Romano trovasse modo di occuparsi della faccenda un suo eventuale obiettivo commento al riguardo potrebbe certamente giovare e potrebbe essere ripreso dalla nostra stampa e radio. Parlatene amichevolmente alla Segreteria di Stato, sottolienando che, !n sostanza, tutto quanto tende nell'America Latina a falsare la posizione italiana, si ripercuote, !n quanto Potenza cattolica, anche sugU Interessi spirituali della Santa Sede e dovrebbe esser per conseguenza interesse comune contrastarlo >>. Per la risposta d! Guariglia, vedi D. 555. (4) -Con T. 2975/554 r. del 29 aprile 1942, ore 20 (per. 11 30, ore 12,30), non pubblicato, aveva riferito sulle espressioni di amicizia ricorrente in occasione del decesso dell'Ambasciatore Boscarelll. (5) -Vedi D. 499. '
534

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3330/0157 R. Berna, 12 maggio 1942 (per. il 14).

Questo Ministro di Spagna, de las Barcenas, mi ha confidenzialmente riferito che, in un recente colloquio avuto con lui Pilet-Golaz, dopo aver fatto un bilancio delle forze armate contrapposte in questo momento, parlando con

molta leggerezza, come fa spesso, si sarebbe espresso in senso molto pessimista sulla possibilità di una vittoria dell'Asse. Dividerebbe quindi anche egli l'opinione di questo paese, che quasi tutto crede e spera nella vittoria delle cosidette democrazie.

(l) Con T. 3074/577 r. del 4 maggio 1942, ore 21 (per. il 5 alle 6,30), non pubblicato, Garbacelo aveva riferito sulla «nota simpatia di Ort!z alla causa anglosassone».

535

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. S. 2239/610. Belgrado, 12 maggio 1942 (per. il 15).

Mio telespresso n. 1833/475 del 17 aprile u.s. (1).

Il R. Addetto Militare mi ha rimesso i due rapporti di cui accludo copia redatti in seguito ai contatti cautamente proseguiti, dopo il colloquio con il Generale Nedic, con i fiduciari di quest'ultimo, e nel quadro delle istruzioni ricevute in argomento.

Il primo rapporto concerne progetti di collaborazione con noi nell'ambito della lotta contro il comunismo, ed è sintomatico della ansiosa ricerca da parte serba di una collaborazione italiana. Ricerca che è cautissima ma non meno appariscente, da parte del Generale Nediç, attivissima e spesso senza molto discernimento da parte dei suoi collaboratori. I progetti sono due, e scarsamente ho bisogno di indicare che pienamente concordo con il

R. Addetto Militare nell'aver scartato e respinto a priori il primo progetto. Quanto al secondo esso potrebbe presentare vantaggi, specie dopo la costituzione da parte nostra dello speciale ufflcio di cui è a capo il Generale Pièche. Ma occorre subito rilevare che se si arrivasse a qualunque pratica proposta (che nelle attuali circostanze dovrebbe essere accuratamente studiata) con ogni probabilità ci urteremmo al costante atteggiamento delle autorità locali di occupazione e cioè che ogni collaborazione debba avvenire attraverso di esse, ad esclusione dei serbi. In altri termini è evidente la preoccupazione e la ricerca da parte serba di superare appunto tale ostacolo, addivenendo ad un collegamento diretto con noi, in qualsiasi campo, naturalmente con il consenso ed il concorso inevitabili delle autorità di occupazione che sinora vi si sono opposte. È appena necessario di sottolineare che da parte mia si tratta di questione che può presentare per noi innegabili vantaggi sia nelle attuali difflcili circostanze di situazione locale, come per il futuro; ma nella quale occorre anche, per evidenti ragioni, usare la massima cautela. Frattanto gli opportuni contatti mantenuti con gli ambienti del Governo serbo, stanno portando alla conoscenza di vari punti ad aspirazioni di indubbio interesse per noi. Tale linea esplorativa può senza difflcoltà essere mantenuta sinché sia giudicato necessario.

Il secondo rapporto segnala quanto un fiduciario ha riferito circa un colloquio da lui avuto con Ljotic, per incarico di Nedic.

A riscontro di tale colloquio può riuscire interessante riferire anche alcune considerazioni espostemi dal mio collega di Germania in una recente conversazione.

<< Nedic e Ljotic sono certamente al momento attuale le maggiori personalità politiche in Serbia. Nedic ha collaborato con fedeltà con le autorità di occupazione e in ogni modo si è adoperato per il ristabilimento ed il mantenimento di una situazione estremamente difficile. All'equilibrio, alla ponderatezza e alla cautela di Nedic fanno contrasto lo spirito impetuoso e ardente di Ljotic, orientato tuttavia su una linea di politica pura e alimentato da una ambizione che ha pochi limiti. D'altra parte nella lotta anti-comunista, i volontari di Ljotic hanno reso indubbio servizio».

«Ljotic -ha concluso Benzler -rappresenta per noi l'incentivo, il caustico per Nedic ed il suo Governo».

ALLEGATO I

L'ADDETTO MILITARE A BELGRADO, BONFATTI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, AMBROSIO

R. s. 688. Belgrado, 9 maggio 1942.

Faccio riferimento alle mie precedenti segnalazioni concernenti il desiderio del governo serbo di prendere contatti con l'Italia senza urtare la vigile gelosia delle autorità germaniche, nell'ambito di una forma elastica e di attualità: la lotta contro il comunismo. Azione bene inteso da svolgersi nel quadro dell'Asse.

L'unito Promemoria riporta le due formule successivamente presentate: -l'una che si basava sullo stato di fatto (sia pure transitorio) della presenza di forze serbe in territorio di pertinenza italiana oltre la linea di demarcazione; formula che venne rappresentata da una locuzione del genere: «zona di occupazione serbo-montenegrina ». Per evidenti ragioni tale formula è da respingere a priori: -l'altra attraverso la collaborazione da esplicarsi da una commissione serba che dovrebbe essere in contatto con una corrispondente italiana in accordo con i tedeschi. Formula assai più pratica e che potrebbe permetterei di realizzare, per lo meno, contributi nel campo informativo.

Inoltre da parte del nostro Ministero degli Esteri viene affidata al generale del CC.RR. Pièche una missione coordinatrice per lo studio dell'azione generale comunista nei Balcani. Eppertanto orientamenti in questo senso anche da parte nostra sono considerati.

Occorrerebbe comunque il consentimento germanico per la collaborazione che i serbi vorrebbero instaurare e non è detto che i tedeschi siano inclini a concederlo (1).

ANNESSO I

L'ADDETTO MILITARE, BONFATTI, AL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI

PROMEMORIA SEGRETO Belgrado, 8 maggio 1942.

Segnalo a seguito, quanto il generale Nedic mi fece sapere attraverso il noto fiduciario, circa formule escogitate per permettere, al desiderio serbo, di intrattenere rapporti con l'Italia col consentimento ed in comunanza coi tedeschi attraverso la collaborazione della lotta contro il comunismo.

:a: superfluo che premetta che si tratta di iniziative personali da parte serba e che io non ho motivo di respingere come mi astengo dall'incoraggiare perché esse provengono tutte da parte locale e d'altro canto comunque giovano non fosse altro a seguire da vicino il pensiero del governo serbo, le ardenti aspirazioni dei circoli nazionalisti, il lavorio assai attivo per rassodare le posizioni serbe, il gioco delle forze in lotta, l'atteggiamento germanico tralasciando gli sviluppi ulteriori che in materia non si possono a priori escludere.

Ciò premesso riferisco circa queste formule interessanti come esplorazione di sentimenti.

Il giorno 27 aprile mi venne rapportata una formula che merita di essere rimarcata per la sua non so se ingenuità o eccessiva furberia. Per ottenere che ufficialmente si possa parlare di rapporti serbo-italiani nel campo militare e nella lotta contro il comunismo, veniva suggerito di fissare nella linea di demarcazione un tratto da definirsi all'incirca «zona di occupazione i taio-serba» comprendente cioè regioni abitate da serbi e corrispondenti ai fronti Montenegro e Sangiaccato ossia il famoso tratto fronteggiante le forze serbe da Sijenica esclusa, Nova Varos e Nord.

Io espressi la mia sorpresa e meraviglia per una simile trovata per due motivi: 1° -perché in quel tratto vi sono montenegrini e non serbi; 2° -perché i serbi sono invece in altre zone e delle quali non si parla.

È inutile che riporti le argomentazioni etniche secondo cui i montenegrini sono serbi ecc.: è ovvio che si mirava a stabilire un principio « serbo » in quel tratto ... da svolgersi sotto un nostro presunto patronato.

Io precisai che si trattava bene inteso di discorsi assolutamente privati tra di noi, ma feci ben comprendere che si continuava a peccare di prematurità.

Il giorno 2 maggio mi venne rappresentata un'altra formula: di creare una «commissione» (vi dovrebbero far parte il generale Milutin Nedié, fratello del Presidente; il dott. Perié, l'intelligenza più dinamica vicina a Nedié) per la lotta contro il comunismo e che dovrebbe prendere contatti con altra nostra corrispondente per svolgere lavori in collaborazione con le autorità germaniche.

Io mi limitai ad ascoltare per il principio che ogni contributo alla lotta contro il comunismo nell'ambito dell'Asse è sempre utile.

Riferisco per conoscenza però esprimendo il pensiero che una formula di questa natura appare abile, logica nel quadro attuale degli avvenimenti e per noi molto conveniente almeno in linea informativa.

La serbia è una realtà che non si può escludere; i rapporti marginali con essa saranno tanto meglio coordinati se ad essi corrisponderanno rapporti centrali.

Per queste ragioni principali ho ritenuto invitare l'avvocato Stakié a riferire direttamente a V. E. sulla proposta stessa che trova inoltre negli orientamenti della nota « missione Pièche » una base per essere varata.

ALLEGATO li

L'ADDETTO MILITARE A BELGRADO, BONFATTI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, AMBROSIO

R. s. 687. Belgrado, 9 maggio 1942.

Trasmetto nel Promemoria allegato il resoconto di un colloquio che il noto fiduciario di Nedic ha. avuto ieri -8 -con Dimitrije Ljotic nella versione datami subito dopo il colloquio stesso.

Esso è di notevole interesse in quanto rispecchia il più recente pensiero di Ljotic sia sul programma jugoslavo, sia sui rapporti con l'Italia. Riferii coi fogli 384 dell'8 agosto 1941, 548 del 18 settembre 1941, 617 del 26 settembre 1941 (l) ed altri, sulle tendenze jugoslave di Ljotic. Esse non sono molto mutate. Egli

rimane fautore di un'unione degli slavi del sud con un'organizzazione autoritaria. Perciò egli si distacca -ideologicamente -da Nedic e dai circoli nazionalisti che a lui fanno capo. Mentre Nedic è per la creazione di una Grande Serbia fuori da ogni compromesso con altri popoli balcanici, Ljotic persiste nel suo programma unitario. E, dati i suoi sentimenti, con il ritorno dei Karadjordjevic. Siccome Ljotic è un patriota egli non si sente di respingere però la tesi serba di Nedic. Lascia la porta aperta -in sostanza -alle più ampie soluzioni.

Ritoccati sarebbero i suoi punti di vista con l'Italia. Egli stesso ritiene che senza la spinta dell'Italia, la Germania non ricostruirebbe una potenza serba nei Balcani, ma sarebbe più incline ad affidare il ruolo preminente ai croati. Problema ancora allo stato potenziale, pur tuttavia i giudizi di Ljotic non sono senza interesse.

Ljotic ha poco seguito nel paese; ha però un gruppo di volontari capaci di azione; è ben visto dai tedeschi. Domani potrebbe assolvere qualche ruolo importante ed anche sostituire Nedic nel Governo.

Superfluo lumeggiare che una tesi jugoslava sotto l'egida germanica non è un'eventualità che si possa escludere. E, considerato il tortuoso agire della linea di condotta germanica in Serbia, è opportuno evitare ogni negazione aprioristica.

Il Ministro Benzler conferisce frequentemente con Ljotic. In proposito di recente gli chiese cosa facesse Nedic circa contatti con l'Italia: a cui Ljotic rispose asserendo che Nedic svolge un'azione rettilinea.

A conferma di quanto segnalai con foglio n. 664 del 4 maggio u.s. (l) circa i rapporti di comprensione Nedic-Ljotic informo che anche il Ministro Olcan ha ritirato le proprie dimissioni: in parte per desiderio tedesco, in parte per i rapporti personali Nedic-Ljotic. Così la crisi governativa è, per il momento, sanata.

Seguirò ulteriormente l'azione di Ljotic e dei suoi volontari.

ANNESSO II

L'ADDETTO MILITARE, BONFATTI, AL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI

PROMEMORIA SEGRETO Belgrado, 9 maggio 1942.

Riferisco su di un interessante colloquio avvenuto ieri -8 -da parte dell'avvocato Stakié con Dimitrije Ljotic. Il colloquio ebbe luogo consenziente Nedié ed aveva lo scopo di sentire il parere di Ljoti nei riguardi di una politica serba verso l'Italia.

Il colloquio fu impostato sulla questione seguente:

-creare una Grande Serbia e respinge l'idea jugoslava;

-regolare il problema serbo con l'aiuto dell'Italia.

Riporto testualmente quanto mi riferì l'avvocato Stakié subito dopo il colloquio.

Ljotic rispose: « Io sono disposto ad appoggiare la soluzione che potrà far uscire il popolo serbo dalla situazione difficile in cui si trova; io sono pronto ad aiutare il popolo serbo nell'attuazione del programma da voi voluto; io sono convinto che noi dobbiamo, nell'avvenire, indirizzare! all'Italia. E se l'Italia non vuole una Jugoslavia io sono pronto ad accettare anche una soluzione che la escluda. Ma prima che l'Italia fissi definitivamente il suo punto di vista nei Balcani, io vorrei presentare un quadro della situazione. Non ritengo che l'Italia abbia fatto bene a sciogliere la Jugoslavia: l'Italia ha importato Pavelié; l'Italia ha ricostituito il Montenegro. Che cosa è successo della Croazia? La Croazia sotto i molteplici aspetti spirituali, economici, politici, militari ecc. si è completamente legata ai tedeschi e con una punta antitaliana. Tale stato d'animo croato è partecipato ancora da molti circoli in Germania che non hanno molta simpatia e fiducia verso l'Italia e che appoggiano i croati nella loro resistenza alla pressione italiana. Circoli

croati e tedeschi non hanno rinunziato per sempre all'aspirazione di avere uno sbocco in Adriatico. I croati pensano che con l'aiuto dei tedeschi, quando il complesso dei problemi sarà risolto, riusciranno a respingere gli italiani da molte parti dell'Adriatico. Che cosa ha ricevuto l'Italia dopo la dissoluzione della Jugoslavia? Una Serbia totalmente occupata dai tedeschi e che non può nemmeno respirare; una Croazia che è più nemica deli'Italia che amica che è destinata a diventare ancor più ostile; un problema montenegrino non ben risolto. Come potrebbe la Serbia così piccola e così debole fare una politica indipendente sotto la pressione e con la gelosia dei tedeschi? Io sono pronto ad accettare l'amicizia dell'Italia ed il problema serbo come voi lo volete, ma vorrei consigliare l'Italia a rivedere l'intero problema balcanico e, sotto la sua direzione, fare dei tre tronconi Serbia-Croazia-Montenegro che ora sono deboli, uno stato che sarà legato nelle sue tre parti e che non sarà la Jugoslavia del 1918, ma una Jugoslavia sorta con l'appoggio italiano. Allora l'Italia avrebbe nei Balcani uno stato più forte di quello che non sia rappresentato dall'esistenza di questi tre elementi separati tra di loro e dove potrebbe contare sull'amicizia e sulla collaborazione dei serbi. L'Italia avrà bisogno di una simile Jugoslavia perché è probabile che in avvenire si creerà un'altra Jugoslavia sotto la pressione germanica nella quale gli elementi croati avranno la superiorità sui serbi. Questa Jugoslavia ricostituita secondo la volontà tedesca potrà avere una punta antitaliana ».

Ljotic concluse dicendo: «Vorrei che gli italiani sapessero che anche io vedo e sento che la Serbia non potrà ottenere l'indipendenza senza l'aiuto dell'Italia. Che i tedeschi non faranno mai questa Serbia senza la spinta dell'Italia perchè il loro più grande desiderio è di fare della Croazia la loro base nei Balcani».

Ljotic precisò che il suo punto di vista non deve essere inteso come assolutamente rigido. Ma egli è pronto ad accettare la soluzione come è vista da Nedié se ciò è nell'interesse della Serbia.

(l) Non pubblicato: conteneva un resoconto d! Mamell sul colloquio tra. Il gen. Nedlc e l'addetto militare ltallano, basato sul promemoria del col. Bon!attl, per Il quale vedi D. 455.

(l) Per la risposta del Comando Supremo, vedi D. 612).

(l) Non pubblicati.

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A ZAGABRIA, GIUSTINIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2365/588. Zagabria, 12 maggio 1942 (per. il 21).

Ad un anno di distanza dall'inizio della campagna antiebraica intrapresa dal Regime Ustasa all'atto del suo avvento al potere e normalizzatasi in un quadro di stretta legalità la politica razziale croata, può essere interessante fare il punto della situazione.

Le basi del razzismo croato trovano la loro ragione di essere nel paragrafo XI dei Principi Ustasa del 1933 dove si accenna per la prima volta al «sangue croato».

Da queste origini proviene la disposizione legislativa del 30 aprile 1941 sulla razza ariana, testo fondamentale del razzismo croato. In base a detta legge vengono infatti considerati ebrei tutti coloro che: l) discendono da almeno tre ascendenti di secondo grado che sono di razza ebraica;

2) coloro che hanno due ascendenti di razza ebraica e precisamente nei seguenti casi:

a) se in data 10 aprile 1941 appartenevano alla religione ebraica o se più tardi passarono a tale religione,

b) se hanno coniuge considerato ebreo,

41 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

c) se dopo l'entrata in vigore del presente decreto hanno contratto matrimonio con persona che ha due o più ascendenti di secondo grado di razza ebraica, nonché la prole di tale matrimonio,

d) se sono figli illegittimi da unione con un ebreo;

3) coloro che sono nati fuori del territorio dello Stato Indipendente di Croazia da genitori che non traggono la loro origine dallo Stato Indipendente di Croazia, se in data 10 aprile 1941 erano di religione ebraica o se hanno per lo meno due ascendenti di secondo grado di razza ebraica, oppure sono considerati ebrei agli effetti della legge del paese dal quale traggono la loro origine;

4) coloro che dopo l'entrata in vigore del presente decreto legge contraggono matrimonio con persona di razza non ariana;

5) coloro che sono figli illegittimi di ebrea.

Gli appartenenti alla razza ebraica non godono dei diritti di cittadinanza ed è pertanto loro vietato di partecipare all'attività ed alle organizzazioni economiche, sociali, giovanili, sportive e culturali del popolo croato in genere ed in specie alla letteratura, al giornalismo, alla scultura, alla musica, al teatro ed al film.

Il Decreto-Legge del 30 aprile 1941 deve essere poi completato con quello istitutivo della «Commissione Politica della Razza>>, che esprime pareri e presenta proposte su tutti i casi dubbi di appartenenza di razza, e con l'altro « Per la tutela del sangue ariano e della dignità del popolo croato » con il quale viene espressamente vietato il matrimonio dell'ebreo e di quelle persone che non sono di razza ariana con persone di razza ariana e vengono punite assai severamente le relazioni extraconiugali dell'ebreo o di quella persona che non è ariana per sangue con persone di sesso femminile di origine ariana.

Oltre questi provvedimenti legislativi esiste anche tutto un complesso di disposizioni di polizia riguardanti gli ebrei di cui la principali sono: divieto agli ebrei di abitare determinati quartieri della città; confisca dei beni mobili senza indennità; divieto di tenere apparecchi radio e telefonici; obbligo di iscrizione, per gli ebrei maschi dai 16 ai 60 anni, su speciali registri; obbligo di portare, senza distinzione né di età né di sesso, uno speciale contrassegno sul petto e sul dorso; obbligo di conformarsi a speciale coprifuoco; divieto di soffermarsi nelle vie del centro per le quali potranno semplicemente transitare; divieto di entrare nei locali pubblici, ecc.

Fissata così la posizione giuridica degli appartenenti alla razza ebraica, occorreva regolare tutte le questioni economiche da essa derivanti.

Con un primo provvedimento venivano infatti dichiarati nulli tutti i negozi giuridici conclusi fra ebrei e fra ebrei e terzi, entro i sessanta giorni precedenti la proclamazione dello Stato Indipendente di Croazia, se il valore dell'affare legale era superiore ai 100 mila dinari e se non veniva approvato in seguito dal Ministro della Giustizia.

Quasi contemporaneamente veniva emanato un Decreto Legge con il quale venivano considerate «ebraiche » quelle aziende che in tutto od in parte erano di proprietà di ebrei come pure quelle presso le quali uno o più ebrei erano membri del Consiglio di Amministrazione od occupavano posti direttivi.

Lo stesso Decreto faceva inoltre obbligo agli ebrei, alle persone di origine ariana in relazione coniugale con ebrei, agli ebrei stranieri che si trovavano in territorio croato alla data del 5 giugno 1941 ed alle aziende ebraiche, dl denunciare il loro patrimonio come pure tutti i cambiamenti di proprietà avvenuti dopo il 10 febbraio 1941.

Con tale provvedimento si rendeva impossibile ogni aUenazione del patrimonio degli ebrei, come pure la cessione di aziende ebraiche, di titoli azionari, di quote consorziali e di altri diritti patrimoniali, in quanto era necessario per qualsivoglia negozio giuridico il benestare del Ministro dell'Economia Nazionale.

Le imprese economiche ebraiche, che lo Stato veniva cosi a confiscare, potevano essere gestite dallo Stato stesso oppure date in affitto o vendute

o liquidate a favore dell'Erario. La decisione definitiva in tutti questi casl spettava al Ministro dell'Economia Nazionale.

Con Decreto infine del 10 ottobre 1941 tutte le questioni patrimoniali riguardanti ebrei singoli od imprese ebraiche sono state devolute alla competenza della «Direzione di Stato per la Ricostruzione » che può, con decisione insindacabile, statizzare il patrimonio di ogni ebreo come di ogni azienda ebraica e stabilire l'ammontare ed il modo di pagamento di eventuali indennità. I patrimoni così acquisiti possono essere devoluti a favore dell'Indipendente Stato di Croazia od a favore della Direzione di Stato per la Ricostruzione.

Recentemente detta Direzione, come pure la Commissione Politica della Razza, è stata soppressa e tutte le competenze riguardanti le questioni economiche ebraiche e quelle sull'accertamento di razza sono passate rispettivamente al Ministero delle Finanze, Ufficio del Patrimonio statizzato, ed al Ministero degli Affari Interni.

L'attuazione di tutte queste misure non fu in verità cosa molto semplice.

L'opinione pubblica croata non sufficientemente preparata ad una campagna razziale ed ancora diffidente verso il nuovo Regime ma soprattutto impressionata da un continuo susseguirsi di atti illegali compiuti da funzionari ustasi senza scrupoli, reagì piuttosto negativamente contro queste misure antiebraiche, osservando con molto scetticismo lo svolgersi degli avvenimenti.

Dal punto di vista tecnico poi la Direzione di Stato per la Ricostruzione, su cui tutto il sistema doveva poggiare, e che aveva essenzialmente il compito di accentrare ed inventariare tutto il patrimonio ebraico, fu nettamente inferiore al compito affidatogli sia per la disorganizzazione dei suoi uffici che per la nessuna competenza in materia dei suoi funzionari.

Di questo stato di cose ne approfittarono elementi del gruppo etnico tedesco in Croazia che, tramite i loro organi economici, riuscirono ad entrare legalmente in possesso delle principali imprese economiche già ebraiche.

Per quanto riguarda l'attuale situazione di croati proprietari di beni ex ebraici è da notare in fine che essi ne sono venuti in possesso nei modi più diversi ma soprattutto mediante un sistema di vendite fittizie in quanto avvenuto a vantaggio di persone nominate dallo Stato con l'incarico di amministrare tali beni.

Dei 40 mila ebrei che, secondo calcoli fatti, vivevano in territorio croato, oggi non ne rimangono che circa 6 mila quasi tutti internati in campi di concentramento od addetti a lavori agricoli o di bonifica. Del rimanente, parte è riuscito ad emigrare e parte deve essere considerato come «disperso».

Il problema ebraico può dunque dirsi virtualmente risolto nello Stato Indipendente di Croazia; restano ancora in sospeso alcune questioni, quali ad esempio quella dei matrimoni misti, che non tarderanno ad essere affrontate e definite (1).

537

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 3301/790 R. Berlino, 13 maggio 1942, ore 10,15.

Mio telegramma n. 777 (2).

Le operazioni sul fronte di Kerc si svolgono con successo. Sfondata la linea di fortificazione le truppe tedesche sono penetrate per una trentina di chilometri nella penisola catturando con riuscita manovra un numeroso gruppo di prigionieri. Si ritiene in questi ambienti militari che una forte resistenza possa esser ancora tenuta dai russi nelle vicinanze immediate della città di Kerc che costituisce un punto di capitale importanza per il futuro sviluppo delle operazioni nel Caucaso.

Queste notizie di fonte militare mi sono state pienamente confermate da Ribbentrop il quale prevede entro breve tempo la favorevole conclusione di questa prima importante azione.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3351/058 R. Berlino, 13 maggio 1942 (per. il 15).

Durante colloquio che ho avuto il 12 corrente con Ministro von Ribbentrop (3), gli ho chiesto quale risposta avrebbe potuto darmi circa la nota questione di cui da ultimo al mio telegramma n. 761 del 7 corrente (4) relativa all'opportunità di concretare una dichiarazione circa l'Indipendenza dell'India.

Von Ribbentrop mi ha risposto che l'atteggiamento del Governo tedesco al riguardo non era ancora fissato e che la questione era tuttora allo studio.

(-4) Vedi D. 519.

Mi ha anche accennato al fatto che gli sembrava opportuno ritardare di qualche tempo un eventuale mutamento di posizione relativamente a questa questione, data la recente comunicazione fatta nel senso concordato a Salisburgo al Governo nipponico (1).

Von Ribbentrop mi ha quindi mostrato una lunga lettera che Bose gli aveva scritto per convincere il Governo del Reich a prendere una precisa posizione nei riguardi dell'India. Non ostante questo, Ribbentrop continuava a ritenere la cosa molto delicata e non urgente. Egli in ogni modo si riservava di conferire specificamente circa tale questione col Fiihrer, per il quale in questi giorni egli stava preparando un promemoria.

Mi ha assicurato che mi avrebbe data immediata comunicazione delle decisioni del Fiihrer al riguardo (2).

(l) -Il presente documento reca Il visto di Mussol!nL (2) -T.s.n.d. 3210/777 r. del 9 maggio 1942, ore 19,50, non pubblicato: Informava circa l'Inizio all'alba dell'8 maggio, della fase preliminare dell'offensiva al fronte russo, nel settore di Kerc. (3) -Vedi D. 539.
539

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3354/060 R. Berlino, 13 maggio 1942 (per. il 15).

Ho visto ieri il Ministro von Ribbentrop. Nel corso della mia visita gli ho comunicato ed illustrato il contenuto del telegramma n. 616 (3) relativo al trasferimento degli alto atesini.

Von Ribbentrop mi ha confermato che egli aveva già conferito con Voi, e anche col Duce, circa le grandi difficoltà che da parte tedesca si debbono vincere per effettuare il trasferimento di così rilevanti masse di alto atesini entro il limite stabilito dai nostri accordi, e cioè, entro il 1942. Il Ministro von Ribbentrop ha particolarmente insistito sulla circostanza che riusciva quanto mai difficile trovare in Germania regioni adatte a essere destinate a zone di insediamento per masse di alto atesini rimpatriandi.

Pertanto, egli si riservava di chiedere, allo scadere del termine fissato dagli accordi, una proroga di un anno, suscettibile di ulteriore prolungamento.

Von Ribbentrop mi ha detto che Voi, signor Ministro, come pure il Duce, avevate concordato con lui nel riconoscere le difficoltà della situazione in parola e la conseguente opportunità di risolverla nel modo più soddisfacente possibile per ambo le parti.

Non ho potuto non avvertire un certo grado di disinvoltura nella naturalezza con cui von Ribbentrop mi accennò al suo proposito di chiedere a tempo debito, la proroga del termine 1942 e anche 1943.

Pertanto, ho ritenuto di richiamare la sua attenzione sulla opportunità che l'evacuazione, seppure allentata, non fosse propriamente interrotta. Ciò anche per evitare che da un'eventuale sospensione di trasferimenti, potesse trarre motivi di incoraggiamento la campagna di irredentismo che viene condotta tra gli alto atesini.

Il Ministro von Ribbentrop si è dichiarato del tutto ignaro dell'esistenza di tale campagna. L'ho messo subito ampiamente al corrente, dicendogli pure che, se sembrava ovvio che tale propaganda non potesse imputarsi ad ambienti od organi responsabili, pur tuttavia stava il fatto che essa effettivamente esisteva e aveva innegabili effetti nella massa popolare. A tale proposito gli ho pure detto dei, manife.stini, di indubbio tono irredentistico, messi nelle cassette di frutta dell'Alto Adige spedite ai soldati tedeschi in Sicilia.

Von Ribbentrop ha reagito assicurando che si sarebbe sollecitamente interessato della cosa, che avrebbe subito convocato il suo rappresentante, signor Meyer, al quale avrebbe dato precise istruzioni nel senso di far sapere negli ambienti interessati, attraverso gli organi tedeschi competenti e a mezzo di propaganda verbale, che, se l'evacuazione d'ora innanzi verrebbe effettuata con ritmo più lento, ciò sarebbesi dovuto imputare alle contingenze dello stato di guerra, e che tale rallentamento in nessun modo avrebbe potuto essere interpretato come una anche minima possibilità di ritorno su un problema che è già stato risolto, una volta per tutte, dal Duce e dal Fuehrer.

Circa poi la particolare questione del trasferimento almeno degli altoatesini che hanno optato per la Germania e si trovano già incorporati nelle forze armate tedesche, von Ribbentrop mi ha dichiarato di non potermi dare sul momento alcuna risposta, ma che avrebbe presto chiamato Himmler -al quale è affidata l'esecuzione da parte tedesca dei noti accordi -e che mi avrebbe dato quanto prima possibile una risposta in merito (1).

(l) -Vedi D. 511. (2) -Vedi D. 574. (3) -Vedi D. 528.
540

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA, D'AJETA, AL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI. BUTI

L. s. 1/2679. Roma, 13 maggio 1942.

Per tua informazione strettamente personale e confidenziale, ti comunico che nel recente incontro di Salisburgo (2) si è parlato anche della Francia, ma che nei suoi riguardi non vi è nulla di cambiato nella comune politica dell'Asse.

La Francia è oggetto dei sospetti, non della simpatia germanica. Si è riscontrato anzi un inasprimento del linguaggio dei germanici verso di essa. Il Governo Lavai sarebbe stato costituito all'insaputa di Berlino, senza la volontà di Berlino, che avrebbe preferito tenere in serbo ancora per qualche tempo la carta Lava!.

Ribbentrop ha dichiarato che lo stesso Abetz deve ammettere che i collaborazionisti francesi sono nella migliore ipotesi il 5 %. Tutti gli altri, degaullisti, «attentistes » ecc. sono nemici della Germania e dell'Asse. In questo stato di cose, ha affermato Ribbentrop, nessuna possibilità di collaborazione è da prendersi sul serio: conviene dare alla Francia ogni tanto un mazzo di

fiori, come ad esempio il permesso a Scapini di risiedere all'Ambasciata a Berlino senza per<' riconoscergli il rango di Ambasciatore oppure qualche miglioramento nel trattamento dei prigionieri che potrà arrivare fino alla concessione di una speciale licenza ai più meritevoli, ma niente di più. E stare cogli occhi molto aperti per essere pronti a reagire colla massima energia a qualsiasi tentativo che i francesi volessero fare di mordere alle calcagna la Germania e l'Italia impegnate in una lotta così ardua.

Immagino che queste notizie, che ti invio a titolo personale, possano interessarti: superfluo farti rilevare la delicatezza dell'argomento.

(l) -Vedi D. 623. (2) -Vedi DD. 492-506.
541

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

T S. N. D. PER CORRIERE 3475/046 R. Madrid, 14 maggto 1942 (per. il 20).

Serrano mi ha detto che codesto Incaricato Affari Spagna gli ha riferito che Voi Eccellenza non sareste alieno incontrarlo quanto prima in Italia. Egli è perfettamente d'accordo ritenendo momento internazionale assai opportuno per scambio idee. Sarà perciò lieto partire quando Voi lo crederete e per quella città italiana che gli indicherete. Nel corso conversazione ha accennato Genova o altra località Liguria, ed ho pertanto tratto impressione che egli preferirebbe recarsi colà perché viaggio più breve.

Ministro ha aggiunto che con nostro prossimo corriere aereo in partenza mercoledì 20 corrente Vi invierà sua lettera (2).

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IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. R. 818/163. Stoccolma, 14 maggio 1942 (per. il 19).

In Svezia è subentrata una certa calma. Non si ritiene probabile un'azione alleata contro la Norvegia in quest'anno. Vengono continuati febbrilmente i preparativi di difesa e gli apprestamenti militan.

Le relazioni con la Germania appaiono normaU.

I due piroscafi norvegesi rientrati a Gotemburgo dopo 11 tentativo di raggiungere l'Inghilterra sono stati sequestrati dal Governo svedese. Mentre sono partiti i tre funzionari della Legazione britannica responsabili, il Ministro Mallet rimane. Da parte tedesca non si è insistito: preferibile un Ministro così poco abile ad un successore certo migliore di lui.

Resta sempre aperta la questione norvegese: la stampa continua a riportare notizie e commenti aspri. I tedeschi asseriscono che gli svedesi fanno la politica «sentimentale», gli svedesi dal canto loro dichiarano che non possono imbavagliare la stampa, e che le notizie sulla Norvegia continuerebbero comunque a circolare. Il primo tentativo tedesco, già segnalato, di inviare in Norvegia giornalisti svedesi non è riuscito. Esso verrà ripetuto ancora una volta, di qui a qualche tempo.

I tedeschi continuano a compiere opera di penetrazione. Ho riferito sulla recente inaugurazione del centro germanico di informazioni a Stoccolma: qualche giorno fà è stata aperta la Mostra delle scuole artigiane germaniche: un certo numero di pellicole tedesche viene proiettato in alcuni cinematografi, e si susseguono continuamente gli arrivi in Svezia di elementi germanici rappresentanti della cultura, della scienza, dell'industria germanica ecc. Ma non si può dire che la simpatia verso la Germania in questo pubblico sia aumentata di molto, malgrado tutto ciò. Il discorso di Hitler ha avuto un'eco tutt'altro che favorevole, e ciò per i noti motivi.

Il Generale Thornell, capo delle forze armate svedesi, con cui mi sono recentemente intrattenuto, appare sempre scettico nei riguardi degli alleati. Egli mi osservava che gli anglo-americani si contentano di fare della propaganda sulla produzione bellica. Con questo -egli ha soggiunto -non si vince certo la guerra.

Nel settore della vita economica un avvenimento di rilievo è costituito dal recente nuovo accordo commerciale con la Finlandia, risolventesi praticamente in un credito aperto per 35 milioni di corone in favore del paese amico, che può importare cosi un valore corrispondente di forniture di merci senza obblighi immediati di contropartita. L'accordo comprende anche una ripresa del sistema del « clearing triangolare» già posto in funzione in addietro (come applicazione pratica dei principi di intesa nordica) per cui la Finlandia può effettuare acquisti in Danimarca, specie di generi alimentari, mentre la compensazione avviene attraverso esportazioni dalla Svezia sul mercato danese, le cui partite vengono poi segnate nel credito svedese verso la Finlandia.

Circa gli scambi con noi, è tuttora oggetto di esame e di discussioni la questione delle nostre forniture tessili e delle fluttuazioni di prezzi verificatesi nel loro svolgimento da qualche tempo a questa parte. Questo addetto commerciale, ultimamente chiamato a Roma per riferire, sta fornendo elementi illustrativi e di giudizio in sede competente.

Nell'insieme generale mi sembra che una maggiore comprensione vada facendosi strada sempre più nei nostri riguardi. Con opportune pressioni e chiarimenti sono riuscito ad evitare la pubblicazione di notizie tendenziose lanciate dalla propaganda anglo-russo-americana. Il contegno della stampa, come può constatarsi dalla Stefani Speciale, è riguardoso ed alcune volte simpatico.

In questi giorni si è costituito a Stoccolma un gruppo giovanile itala-svedese con 80 iscritti che aumenteranno: a Norrkoping, importante centro di provincia, ha ripreso a funzionare la «Dante Alighieri», e nel prossimo autunno vi farò iniziare dei corsi regolari di lingua italiana; a Goteborg, .Lund e Malmo potrà venire ancora intensificata la nostra azione culturale se verrà assegnato un nuovo lettore a Lund; un numero sempre maggiore di spettatori

sn

accorre alle nostre rappresentazioni clnematografiche di documentarli, che man

mano, oltre che a Stoccolma, Goteborg e Uppsala verranno date anche in altre

città.

L'insistente cura con cui sono state seguite le questioni culturali ed artistiche (corsi di lingua, conferenze, articoli ed interviste sull'Italia, esposizione di mode italiane, proiezioni cinematografiche, costituzione di gruppi giovanili, diffusione del libro e del teatro italiani, ecc.) ha avuto i suoi effetti non solo sugli studiosi e sui cosiddetti « intellettuali» ma sull'intera opinione pubblica. Questa constata come le tradizioni umanistiche ed umane italiane vengono curate dal Fascismo, e rimangono una caratteristica del nostro Paese anche in guerra, anche nella sua azione politica. Sintomatico a questo riguardo le due magnifiche recensioni sul libro del Duce, «Parlo con Bruno».

Questa maggiore comprensione si unisce ad un sempre crescente riconoscimento degli sforzi italiani in guerra, evidentemente partito dagli elementi militari con i quali così da parte mia come da parte dei due addetti militari sono mantenuti continui e cordiali rapporti (cito fra l'altro i due ricevimenti offerti in Legazione per gli invalidi finlandesi di guerra, simpaticamente accolti e commentati da pubblico e stampa).

La nostra azione non ha mancato di richiamare l'attenzione delle rappresentanze nemiche: un rilievo in tono dolente e meravigliato del Ministro degli Stati Uniti, Johnson, sulla popolarità di cui l'Italia sta godendo in Svezia in questo momento, mi è stato ripetuto: commenti analoghi sono stati fatti in ambienti russi e britannici. È pertanto più che probabile che ai governi dei paesi nemici venga segnalato da Stoccolma come, contrariamente a quanto si sforza periodicamente di sostenere la loro propaganda, l'Italia in guerra ha la vitalità, la serenità ed i mezzi di continuare a curare validamente i suoi interessi ed affermare i suoi valori morali e spirituali.

(l) -Un'annotazione marginale dice: «Visto dal Duce». (2) -Vedi D. 551.
543

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3422/088 R. Budapest, 15 maggio 1942 (per. il 18).

Mio rapporto n. 1331/654 del 13 corrente (1).

Von Jagov mi ha chiesto cosa pensassi di Kallay e se ritenessi che la sua premura nel moltiplicarsi a dare assicurazioni di lealtà all'Asse dovesse essere considerata sincera. Gli ho risposto che tale contegno irreprensibile era quello che per noi contava al ché Jagov obiettava non potersi non tener conto del passato liberale di Kallay finendo poi per concludere con me che in fin dei conti era meglio dichiararsi soddisfatti della sua presente ortodossia nei confronti dell'Asse, senza cercare di indagare. Von Jagov aggiungeva poi filosofi

camente che in Ungheria, del resto, non si troverebbe niente di meglio ad eccezione forse di Bardossy il quale curava forma e sostanza e negli ultimi tempi aveva preso a considerare da vicino molto seriamente il problema di una collaborazione con la Germania anche nel campo sociale. L'allontanamento di Bardossy a poca distanza dalla visita in Ungheria dei due Ministri degli Esteri dell'Asse ha causato un certo malumore a Berlino, malumore che adesso è diminuito ma che nei primi tempi non ha giovato a Kallay -ha concluso il Ministro di Germania.

(l) Non pubblicato. In tale rapporto Anfuso sottolineava l'atteggiamento di riserva e di perplessità di alcuni ambienti (liberali e leg!ttimlstl) e personalità ungheresi verso 1 regimi autoritari; lo stesso Ka!lay sembrava condividere, In conseguenza del proprio passato liberale, l'Ispirazione diffusa di evitare una stretta suddltanza nel confronti della Germania.

544

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S. N. D. 17430/641 P. R. Roma, 16 maggio 1942, ore 23.

Mio 616 e Vostro 060 (1).

Prendete contatto con Himmler e fate presente anche a lui che -mentre .::i rendiamo conto dei motivi pei quali non è possibile mantenere la data del 31 dicembre 1942 quale termine per la completa evacuazione dei tedeschi altoatesini -desideriamo che il deflusso degli elementi che hanno optato continui, sia pure in misura ridotta (2).

545

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 maggio 1942.

Il Comando Supremo informa di aver concordato col Comando Supremo teàesco di considerare come ultimate le operazioni coordinate in Bosnia Orientale, con la data del 14 maggio.

In conseguenza è stato dato ordine al Generale Roatta di comunicare al Generale Bader che le truppe da lui dipendenti (unicamente tedeschi e croati) anziché proseguire la loro azione verso sud effettueranno il rastrellamento nelle zone di loro competenza al di fuori della nostra linea di demarcazione.

Il Generale Roatta con la Divisione «Taurinense » provvederà a svincolare al più presto i reparti della «Pusteria» che occupano attualmente la Val Drina allo scopo di restituire la piena disponibilità di questa Divisione al Governatorato del Montenegro per fronteggiare le esigenze operative nel Sangiaccato.

Dal 20 aprile al 13 corrente le perdite italiane in Croazia e Montenegro sono state di 220 morti, 556 feriti e 173 dispersi; le perdite tedesche di 11 morti, 15 feriti e l disperso; dei croati 82 morti, 149 feriti e 121 dispersi.

I ribelli hanno avuto in totale 1720 morti, 821 feriti. Sono stati catturati 2626 individui, di cui 259 sono stati fucilati.

(l) -Vedi DD. 528 e 539. (2) -Per la risposta vedi D. 623.
546

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. (l) Berlino, 16 maggio 1942.

Si compiono precisamente oggi due anni dal mio arrivo a Berlino. Due anni veramente pieni -come si dice -di eventi storici durante i quali ho sempre cercato di fare del mio meglio nell'assolvimento dell'alto incarico affidatomi.

Le lusinghiere parole di riconoscimento con cui hai -in taluna occasione voluto approvare il mio lavoro, riconoscimento che anche il Duce ha avuto la bontà di esprimere a me personalmente, mi fanno ardito nel manifestare una mia aspirazione: quella, cioè, che tale riconoscimento possa tramutarsi in una forma concreta.

Quale, non saprei né pure io dire con precisione: forse la nomina a membro del Gran Consiglio o a Ministro di Stato?

Un tale fatto aumenterebbe anche il mio prestigio nell'adempimento del lavoro che, per verità, non è facile sopratutto quando lo si voglia mantenere in una atmosfera di cordialità ma anche di assoluta dignità. Compito, questo, non facile: perché se si esagera appena un poco nella cortesia i camerati tedeschi scambiano ciò per debolezza e prendono subito il sopravvento; se si esagera appena un poco nella fermezza, si rischia di rompere i ponti.

Nemici temibili e amici non facili sono i tedeschi. Ma posso in coscienza anch'io riconoscere che fino adesso le cose hanno camminato bene. Per questo oso chiederti, in via del tutto riservata ed amichevole, se credi io possa aspirare a tale premio.

Fra sottosegretario e ministro, io sono stato al Governo più di nove anni: e attraverso la Presidenza delle Cooperative -tenuta in tempi particolarmente difficili -quella della Società degli Autori, l'organizzazione della Mostra della Rivoluzione Fascista ho sempre cercato di servire il Duce con assoluta devozione avendo in prezioso cambio la dimostrazione della sua benevolenza.

Affido alla tua amicizia e comprensione di decidere se ritieni di farne parola al Duce; ma ti prego sopratutto di tenere presente che non vorrei in modo alcuno ed a nessun costo, diminuirmi al suo giudizio (2).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI

T. S. N. D. PER CORRIERE 17599 P. R. Roma, 18 maggio 1942, ore 18.

Vostro rapporto n. 1244 (3).

Si concorda in linea di massima su esposto piano assistenza gruppi etnici albanesi, e su contemporanea necessità estrema prudenza nell'attuazione piano stesso. In tale ultimo intento e particolarmente al fine di evitare che eventuali involontarie indiscrezioni possano far ritenere alle autorità bulgare dl trovarsi in presenza di una organizzazione di tipo cellulare, si fa presente l'opportunità che sia diminuito numero persone utilizzate anche in sola fase esecutiva. Analogamente versamenti di carattere pecuniario non dovrebbero mai essere periodici e tutte possibili precauzioni -come quelle che già vengono suggerite del R. Consolato in Skoplje -dovrebbero esser prese onde non rivelare fonte provenienza.

È stato disposto versamento al Vostro conto corrente della richiesta somma di lire italiane un milione, il cui controvalore Istituto Cambi coll'Estero provvederà a farvi pervenire direttamente in valuta locale (1).

(l) -La lettera era accompagnata dal seguente biglletto manoscritto: «Caro Galeazzo, mi decido a mandare questa lettera, dopo molte perplessità. Chiedo ancora una volta alla tua provata amicizia di valutare la cosa. Ti abbraccio con riconoscenza. Alfieri». (2) -Il presente documento reca il visto di Mussolinl. Alfieri fu nominato membro del Gran Consigllo del Fascismo Il 24 maggio 1942. (3) -Non pubblicato, ma vedi D. 244.
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L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3458/448 R. Santiago, 18 maggio 1942, ore 20,27 (per. ore 24 del 19).

In circoli politici locali solitamente bene informati si era sparsa la voce, di cui si è fatta eco anche stampa locale, che S.U.A. stavano facendo forti pressioni anche in Cile, facendo vantaggiose importazioni merci prima necessità allo scopo ottenere da questo Governo cambiamento atteggiamento verso conflitto abbandonando neutralità per assumere posizione non belligeranza.

Dalle informazioni assunte presso questo ministero Affari Esteri che mi sono state fornite da nostro amico senatore Erraguriz che ha avuto ieri al riguardo colloquio con il Ministro Affari ESTERI, sembra che tali voci non abbiano fond·amento e che questo Governo non intende per ora apportare alcuna modifica sua posizione internazionale. Ministro Affari Esteri avrebbe dichiarato a senatore Erraguriz, comprovandoglielo col leggergli istruzioni impartite dal Governo cileno a diplomatici all'estero, che a suo avviso non esisterebbero pressioni S.U.A. per ottenere che il Cile modifichi sua posizione innanzi belligeranti e che se anche ciò si manifestasse suo Governo si manterrebbe fermo nella sua determinazione «per ragioni dignità nazionale». Gli ha detto che il Governo allo scopo chiarire definitivamente sua posizione innanzi S.U.A. aveva continuato insistere (mio telegramma n. 381 (2) presso ex presidente Alessandri affinché a tale scopo si recasse Washington e che sperava avere avuto suo consenso al riguardo. Gli ha aggiunto poi che il Governo, sia perché giudicava inopportune trattative sia perché non approvava completamente posizione assunta da precedente Governo a Rio Janeiro, aveva deciso sospen

dere definitivamente tali sue conclusioni ciò che equivaleva mettere da parte qualsiasi discussione circa eventuale :rnodifica posizione internazionale cilena innanzi conflitto come conseguenza conferenza Rio.

Non ho ragione di dubitare né su serietà tali informazioni né su buona fede questo Governo circa quanto precede, ma, come ebbi precedentemente ad osservare, data posizione questo paese e sua nota debolezza, le sue determinazioni sono da considerarsi valide e sicure solo in funzione evoluzione generale conflitto e interesse che S.U.A. possano avere trascinare tutti i paesi americani nel conflitto. Tale interesse, se esiste dal punto di vista prestigio internazionale e politica interna nord americana, non dovrebbe assolutamente esistere adesso dal punto di vista militare poiché intervento Cile guerra non potrebbe oggi che appesantire posizione militare S.U.A. nel Pacifico e sopratutto privarli o rendere difficile importazione di quei minerali, dai quali essi non possono assolutamente prescindere per industrie nazionali belliche.

(l) -Per la risposta di Magistrati vedi D. 611. (2) -Con T. 2675/380-381 del 17 aprile 1942, non pubblicato, De Rossi aveva riferito sull'orientamento del Governo cileno di Inviare una missione speciale a Washlngton.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S. N. D. 17602/652 P. R. Roma, 18 maggio 1942, ore 24.

Vostro n. 807 (1).

L'iniziativa del signor Grobba di chiedere al Mufti ed a Gailani l'autorizzazione alla costituzione di una Legione araba da parte t~desca -senza che ne sia stata data preventiva comunicazione al Governo italiano -non sembra conciliarsi con le intenzioni varie volte espresse da codesto Governo per quanto riguarda la politica da svolgere verso i Paesi [arabi] e con il Mufti e Gailani.

Secondo quanto giorni or sono è stato da noi comunicato a questa Ambasciata di Germania è stato costituito a Roma un centro di preparazione militare per gli arabi dei noti Paesi del Vicino Oriente destinato a trasformarsi appena possibile in una Legione araba che sarà a suo tempo utilizzata dove sarà giudicato opportuno dai Comandi Supremi italiani e tedesco. In tale occasione è stato richiesto al Governo tedesco di mettere a disposizione dell'Italia i circa 400 prigionieri arabi di cui la Germania dispone.

La costituzione di una seconda Legione araba rappresenterebbe un duplicato dell'iniziativa italiana ed aumenterebbe le difficoltà che già si incontrano per lo scarso numero di elementi arabi disponibili, alla costituzione di una sola Legione la quale anche solo nominalmente presenti una qualche consistenza.

Vi prego voler intrattenere opportunamente in proposito il signor Weizsaecker (2).

(l) -T.s.n.d. 3358 r. del 15 maggio 1942, ore 13,30, non pubbllcato: riferiva la notizia ricordata nel primo capoverso di questo documento. (2) -Con T.s.n.d. 3495/540 r. del 22 maggio 1942, ore 11, Alfieri riferì: « Weizsaecker mi ha dichiarato trattarsi di un equivoco. Questione rimane pertanto risolta nel senso che spetta solo a noi organizzare legione araba •·
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

TELESPR. 8/11828. Roma, 19 maggio 1942.

Il Ministro croato delle Finanze Kosak, durante il suo recente soggiorno a Roma, è venuto a trovarmi. Nel colloquio egli mi ha parlato anche di questioni militari, che reputo opportuno portare a conoscenza di V. E.

Kosak mi ha detto che durante un viaggio da lui compiuto per ordine del Poglavnik a Ragusa e nell'Erzegovina ha avuto modo di constatare che i reparti italiani sono irreprensibili per il loro comportamento verso la popolazione. Il numero delle truppe italiane stazionanti in Croazia è però, a suo avviso, talmente denso che costituisce un onere troppo grave per l'economia e per le finanze croate. Infatti per gli acquisti che l'Armata italiana, forte di oltre duecentomila uomini, deve fare sul territorio croato, il Governo di Zagabria, accogliendo la richiesta italiana, ha sinora corrisposto 250 milioni di kune mensili, raggiungendo la cifra di un miliardo e 250 milioni a tutto il 30 aprile come anticipazioni in valuta del paese. Sopra una circolazione complessiva di otto miliardi la Croazia, alla fine del prossimo giugno, avrà anticipato un miliardo c mezzo all'Armata italiana.

Kosak ha aggiunto che «si verificano incidenti di vario genere, come inevitabile per la presenza di un esercito così numeroso, soprattutto dove i poteri civili sono stati assunti dal Comando italiano. L'esercizio dei poteri civili ha presso le popolazioni locali e, di conseguenza, presso l'opinione pubblica croata, una ripercussione che non è favorevole all'Italia, e neppure allo sviluppo dei rapporti itala-croati, nel senso desiderato dal Duce e dal Poglavnik.

Ogni condanna, ogni repressione, ogni coercizione praticata dal Comando italiano vengono considerate con insofferenza e malanimo, perché non promanano direttamente, e neanche formalmente, dalle Autorità croate, ma da un'autorità straniera che esercita in realtà i diritti dell'occupante. Ne deriva uno stato d'animo di scontento e di sordo rancore. Se invece i poteri civili fossero restituiti all'Autorità croata, si potrebbe agire con la severità necessaria, d'intesa con le Autorità militari italiane, e si otterrebbero effetti certo meno negativi dal punto di vista psicologico ».

Kosak ha quindi osservato che «quella che si conduce in alcune regioni della Croazia non è guerra nel senso militare della parola, ma è vera e propria guerriglia. Sarebbe perciò desiderabile che, con l'alleggerimento dei contingenti italiani, si stabilissero forme pratiche di collaborazione fra truppe croate e italiane, essendo le prime adatte alla guerriglia che conducono comunisti e ribelli, in un terreno che esse conoscono meglio dei nostri reparti».

Sul tema della collaborazione militare nel territorio croato, Kosak ha accennato altresì che «sarebbe vista con particolare gradimento dal suo Governo una più larga collaborazione fra reparti della Milizia fascista e reparti della Milizia ustascia, uniti da affinità rivoluzionaria e spirituale. Gli esperimenti che sono stati fatti nelle operazioni del Cordun, a sud di Karlovac, impiegando un battaglione ustascia e due plotoni di milizia fascista e a Virgin Most, dove

reparti italiani hanno cooperato efficacemente con le formazioni ustascia, costituiscono due significativi esempi.

Così pure una stretta collaborazione tra Milizia ferroviaria fascista e milizia ferroviaria ustascia, varrebbe a garantire il funzionamento delle linee ferroviarie che interessano i due paesi, mentre oggi i trasporti sono quotidianamente insidiati dagli atti di sabotaggio dei comunisti che, oltre a produrre le interruzioni del traffico, costano la vita a tanti soldati e cittadini italiani e croati. Le cifre dei caduti in imboscate e atti di sabotaggo sulle linee ferroviarie e sulle vie di comunicazioni in genere stanno a confermare l'opportunità di adottare misure in tal senso, promuovendo la collaborazione tra militi ferroviari fascisti e ustascia ».

Kosak ha poi detto che sarebbe utile in certe zone, e specialmente in alcuni villaggi, armare, sotto il controllo comune italo-croato, gli elementi più sicuri, nativi del posto, formando bande di militi volontari a protezione delle case e delle popolazioni contro qualunque minaccia. Questo darebbe buoni risultati militari, e avrebbe felice ripercussione, come è stato constatato in Bosnia, sulle popolazioni stesse, che oggi si sentono poco tranquille. A questo riguardo Kosak ha ricordato che in Bosnia, presi accordi col Comando tedesco, la Legione ustascia del Col. Francetic che era partita da Zagabria con 800 uomini, ha portato i suoi effettivi a oltre 3 mila, arruolando sul posto bande di volontari mussulmani e ha potuto cosi decisamente condurre le azioni in territorio di montagna che i volontari conoscono palmo a palmo, azioni che recentemente hanno permesso di catturare parecchie migliaia di comunisti armati.

Kosak ha infine concluso informandomi di aver messo al corrente del punto di vista del Governo croato circa le varie questioni sopra esposte il Ministro di Croazia a Roma, Dottor Ferie. Questi ha manifestato l'intenzione di chiedere a V. E. un colloquio nei prossimi giorni, per esporVi personalmente la cosa.

Questo Ministero si tiene a disposizione di codesto Comando Supremo per gli eventuali chiarimenti che potessero sembrare opportuni in quanto di sua competenza; e gradirà esser tenuto cortesemente informato sulle eventuali disposizioni che V. E. riterrà di impartire al Comando Superiore FF.AA. SloveniaDalmazia.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO, SERRANO SUNER, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. Madrid, 19 maggio 1942.

Solo dos lineas para decirte que la indicaciòn que has hecho a nuestro Encargado de Negocios de que deseas verme y hablarme, coincide con mi deseo (1).

Quiero dejar arreglados los asuntos pendientes que os interesan y enseguida me transladaré a Italia para cambiar impresiones contigo sobre todas las cosas de comùn interés.

Por las circumstancias generales, por las especiales de tu paìs, y basta por las mias particulares desearia que la entrevista se produjera sin ningun aparato oficial y, a ser posible, en lugar tranquilo que a la vez pudiera proporcionarme un pequefio descanso.

Con mi invariable devociòn al Duce -a quien el porvenir tiene reservadas todavìa las tareas màs importantes de nuestro tiempo -te ruego le hagas llegar estas lineas del Genemlissimo (l).

552.

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3512/294 R. Kabul, 20 maggio 1942, ore 15,50 (per. ore 14 del 21).

È stata ripresa propaganda contro attività Tripartito a Kabul:

1° -Bombay Chronicle [pubblica] articolo contro attività quinta colonna in Afghanistan cui capo sarebbe Ministro Giapponese Kobayashi (deceduto nel settembre scorso).

2° -Colonnello Abdul Samed Khan che fa conferenze in persiano a radio Dehli ha ripetutamente consigliato Afghanistan fare bene attenzione attività diplomatica Asse a Kabul.

3° -Reuter in data 15 maggio ha detto che attività diplomatica Asse Kabul non ha avuto successo ma crea tuttavia dimenticanze Governo afghano nel mantenere sua politica neutralità.

A tutto ciò risponde Anis con un articolo spiritoso ma fermo in cui dice «diplomatici Asse sono nostri cari ospiti ma noi prendiamo ben cura che non possano entrare in nostri affari interni» (niente del resto di più vero) aggiungendo che politica neutralità Governo afghano è approvato dal Re e dal popolo e se amici Afghanistan riflettessero comprenderebbero che migliore cosa per loro è lasciare Afghanistan in pace.

Sarebbe bene che la nostra radio (persiana, francese, inglese e indostana) rilevasse opportuna risposta stampa afghana a questa accusa fuori luogo e ne approfittasse per riprendere per qualche giorno campagna propagandistica su mene inglesi e russe contro Afghanistan.

Sembra opportuno quando occasione si presenti ricordare masse afghane pericolo inglese. Sarei d'avviso però in questa campagna non attaccare nemmeno indirettamente Governo afghano: in quest'ultimo tempo lo abbiamo abbastanza seccato con Aman Ullah ed è consigliabile non peggiorare situazione; basta non menzionarlo.

(1) Vedi D. 541.

(l) Per la risposta di Ciano vedi D. 561.

553

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3494/065 R. Berlino, 20 maggio 1942 (per. il 22).

Da vari indizi mi risulterebbe che l'atteggiamento del Governo tedesco nei confronti del Signor Lavai è in questi ultimi giorni notevolmente mutato. Infatti il Governo di Vichy, soprattutto per la questione della Martinica è stato qui severamente criticato. Pare quindi chiaro come i tedeschi si rendano ora perfettamente conto che ancora una volta il Duce sino dalla assunzione al potere del Signor Laval aveva visto giusto e l'interpretazione da lui data (e di cui al telegramma di V. E. n. 586) (l) della occupazione del Madagascar da parte delle forze inglesi corrispondesse alla realtà dei fatti. Questa mattina lo stesso Sottosegretario di Stato Woermann infatti diceva apertamente al Consigliere dell'Ambasciata che l'atteggiamento del Governo tedesco di fronte a Laval è oggi molto chiaro e fermo. Non si vede infatti di qui come il Capo del Governo francese possa impedire all'Ammiraglio Robert di cedere agli americani le navi da guerra e mercantili rifugiate nella Martinica. Tutto questo non fa che provare l'impossibilità, almeno per ora, nonostante tutti gli sforzi del Signor Abetz, di poter addivenire ad un qualsiasi avvicinamento con la Francia. L'attitudine ferma e rettilinea dell'Italia è oggi qui chiaramente indicata come l'unica via da seguirsi nel passato e da continuare a perseguire nel presente.

554

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. s. N. D. 17869/662 P.R. Roma, 21 maggio 1942, ore 0,30.

Vostro 816 (2).

Bose aveva manifestato stesso proposito durante suo recente soggiorno a Roma, motivandolo con scarsa o nessuna utilità suo ulteriore soggiorno in Europa.

Riconosciamo da parte nostra che intenzione Bose è perfettamente comprensibile. Un uomo politico e un patriota della sua statura non può limitare sua attività, e nel momento grave che l'India attraversa, al puro e semplice fuoruscitismo, se e quando abbia la possibilità di svolgere azione ben altrimenti diretta ed efficace in patria o alle frontiere della patria. Dovrebbe quindi essere interesse suo e nostro favorirne, se crede, partenza o comunque non ostacolarla, se interessato vi insista. Tanto più che tenerlo forzatamente o quasi in Europa,

42 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

significherebbe quasi certamente perderlo a tutti gli effetti utili che ci proponiamo di conseguire dalla sua persona e dalla sua amicizia.

Ignoriamo quale esattamente sia il pensiero del Governo tedesco al riguardo. Ma converrà troviate modo di fargli sapere qual'è il nostro amichevole punto di vista (1).

Dovrete far riservatamente sapere anche a Bose che avete avuto istruzioni di parlare costì nel senso che egli desidera.

(l) -Vedi D. 513. (2) -Con T.s.n.d. 3417/816 r. del 17 maggio 1942, ore 15, Alfieri aveva comunicato che Bose gli aveva espresso « suo fermo desiderio ottenere mezzi necessari per trasferirsi al più presto in Birmania e organizzare da tale regione rivolta in India» ed aveva sollecitato l'appoggio del Governo italiano presso quello tedesco «per rendere possibile suo rapido trasferimento ».
555

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3505/199 R. Roma, 22 maggio 1942 (per. il 22).

A telegramma ministeriale n. 17824/C del 20 corrente (2).

Ho intrattenuto ampiamente il Cardinale Maglione su quanto riferisce il

R. Ambasciatore a Santiago. E ne ho parlato poi anche con Monsignor Tardini.

Circa questa campagna anglo-americana che tende a mostrare le Potenze alleate come le sole protettrici del cattolicesimo, la reazione vaticana è sempre la stessa.

Si afferma cioè che tutta la colpa è della Germania la quale non solo commette delle « nefandezze » (è la parola che si usa correntemente nei riguardi della politica anticattolica tedesca) ma pretende anche di smentirle tentando di accreditare fuori della Germania una serie di «menzogne» che non ingannano nessuno e che naturalmente fanno il giuoco degli anglo-americani.

Il Cardinale mi ha ancora una volta ripetuto che la Santa Sede sta ancora pazientando e vuole astenersi tuttora dallo smentire le smentite tedesche, facendo la luce della verità sulle persecuzioni religiose che hanno luogo in Germania, ma se questo giuoco tedesco « del fare e dello smentire di aver fatto » · continuerà, la Santa Sede non potrà più tacere.

Il Cardinale, inoltre, mi ha detto di non comprendere come l'opinione pubblica cilena possa essere traviata quando il Governo cileno -che malgrado il suo colore democratico intende mantenersi neutrale nell'attuale conflitto -sa bene che la Santa Sede non è ostile alle potenze dell'Asse, ma è chiamata a conservare il suo atteggiamento religioso e morale tendente al ristabilimento della pace.

Ho fatto osservare al Cardinale che la stampa cilena come quasi tutta la stampa sud-americana è pagata dagli Stati Uniti, avendone anch'io fatta esperienza personale a Buenos Aires, e che quindi essa rappresenta realmente un servizio di propaganda che a volte va contro gli stessi interessi ed orientamenti dei governi locali.

In sostanza in Vaticano si è restii ad intervenire nella questione, anche a mezzo di qualche articolo dell'Osservatore Romano, ricordando d'altra parte i malintesi che sorsero durante la Conferenza di Rio in cui si volle e dagli uni e dagli altri tirare in ballo la Santa Sede.

Credo però che potrei ritornare alla carica se fossi messo in grado di mostrare al Cardinale qualche articolo della stampa cilena specialmente significativo.

Prego quindi codesto Ministero di voler, ove non abbia nulla in contrario, invitare il R. Ambasciatore a Santiago a far pervenire al più presto qualche sunto dei più malefici articoli e appena possibile i relativi numeri originali dei giornali.

(l) -Con T.s.n.d. 16418/871 p.r. del 28 maggio 1942, ore 14,10, Alfieri riferì che Hitler e R!bbentrop avrebbero ricevuto Base e che «suo desiderio» sarebbe stato accolto <<soprattutto !n base al parere favorevole espresso dal governo !tal!ano al riguardo». Vedi D. 574. (2) -Vedi D. 532, nota 3.
556

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3522/578 R. Madrid, 22 maggio 1942, ore 23,25 (per. ore 7 del 23).

Serrano mi ha detto confidenzialmente che, secondo ha riferito Lequerica. si teme a Vichy che Duce proceda quanto prima occupazione militare della Corsica.

Questo Ministro degli Affari Esteri ha aggiunto che a suo avviso tale mossa sarebbe quanto mai opportuna e tempestiva poiché porrebbe la Francia ed il mondo di fronte fatto compiuto.

Egli ha espresso anche opinione che Lavai non sarebbe in grado mutare né politica né atteggiamento opinione pubblica in Francia contrario all'Asse. e che, ove non vi fossero truppe tedesche, scoppierebbe colà rivoluzione comunista (1).

557

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 1707/0P. ..., 22 maggio 1942 (per. il 24).

Nel trasmettere, con l'approvazione del Duce, la risposta di questo Comando al foglio di codesto Ministero n. 11828 del 19 corrente (2), comunico che il Duce ha subordinato la propria approvazione ai concetti seguenti:

l0 ) garanzia del Governo croato che nei presidi che fossero da noi sgombrati l'ordine pubblico sia assicurato;

2°) garanzia da parte del Governo croato della sicurezza dei nostri trasporti ferroviari attraverso il suo territorio;

3°) garanzia del Governo croato che da parte degli elementi armati ustascia non. saranno fatti in nessun luogo soprusi o rappresaglie verso le popolazioni.

ALLEGATO

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 21706/0P. ..., 22 maggio 1942.

Con riferimento al foglio di cotesto Ministero n. 11828 del 19 corrente, ed al successivo colloquio qui ieri intervenuto, comunico il punto di vista di questo Comando Supremo:

l. - Riduzione delle truppe italiane in Croazia.

Poiché la richiesta croata coincide coi nostri attuali interessi militari (maggiore raggrupamento delle nostre forze -maggiore disponibilità di truppe da impiegare in Slovenia), si è di avviso di addivenire alla riduzione di cui trattasi, ritirando gradualmente gli attuali presidi della « 3• zona» (meno quello di Karlovac), nonché alcuni minori presidi della « 2a zona » a mano a mano che ciò sarà opportuno.

Detto ritiro non dovrebbe essere annunciato al governo croato in blocco e sotto forma di accettazione della richiesta da esso inoltrata, ma a volta a volta, presidio per presidio, in tempo utile affinché le autorità militari croate possano, se lo credono, sostituirvi loro truppe alle nostre.

Con questo procedimento rimarranno immutati i nostri attuali diritti di operazioni e di occupazione delle intere « 2" e 3" zona».

2. - Riduzione dei versamenti mensili di Kune.

Poiché tali versamenti rappresentavano grave difficoltà per la finanza croata, si è d'avviso si debba cercare di ridurne l'ammontare.

Si è inoltre d'avviso, per ragione d'ordine pratico e per consentire la maggiore indipendenza del punto di vista militare, di non ragguagliare detta cifra alle forze che rimarranne in ogni singolo presidio in territorio croato, ma di stabilire una cifra globale, che abbia, se si vuole, la figura di contributo economico dello Stato croato al sostentamento delle forze italiane operanti nel suo territorio e a suo vantaggio.

La determinazione di questa cifra dovrebbe essere fatta in base a dati e considerazioni d'ordine prettamente finanziario ed economico.

3. -Impiego di truppe croate e milizia ustascia nelle regioni sgomberate dalle truppe italiane.

Nelle regioni completamente sgomberate (3• zona) è chiaro che la lotta contro i ribelli ed il mantenimento dell'ordine pubblico sarebbero affidati esclusivamente alle autorità mliitari o di polizia croate, le quali avrebbero così campo di dimostrare la tesi recentemente sostenuta di essere pienamente e facilmente in grado di farvi fronte.

Nelle regioni della « 2• zona» da cui verranno ritirati alcuni presidi italiani, allo scopo di concentrare le forze in vista dt operazioni di assieme, le piccole azioni locali ed il mantenimento dell'ordine pubblico verranno affidati normalmente a truppe croate, eccezionalmente a minori formazioni di milizia ustascia, tutte agli ordini dei comandi delle nostre G.U.

Per ovvie ragioni conviene che l'impiego di formazioni ustascie nella « 2• zona>> rappresenti una concessione più formale che sostanziale, lasciando poi l'attuazione al Comando Superiore delle FF.AA. Slovenia e Dalmazia.

Nulla in contrario poi ad armare, sotto il controllo comune italo-croato, gli elementi sicuri di alcuni villaggi per metterli in grado di difendere le proprie . case e famiglie.

4. -Protezione delle ferrovie.

Nulla in contrario a ché la protezione di alcuni tratti di ferrovia, meno importanti, venga nella « 2a zona» affidata a reparti croati, sia come protezione in posto, sia come scorta ai treni.

A questo provvedimento dovrà però corrispondere una maggiore ingerenza direttiva italiana sulle ferrovie in esercizio della « 2a zona» (maggior numero di personale italiano nelle stazioni e nel « movimento ») e l'uso di mezzi mobili blindati di sorveglianza con personale militare italiano. È chiaro, inoltre, che i reparti croati di cui trattasi saranno agli ordini dei comandi italiani competenti per territorio.

In primo tempo si può applicare il sistema in parola sulla linea Ogulin-Spalato nel tratto Gospic-Knin, e sulla linea Ragusa-Sarajevo nel tratto a monte di Mostar; ed eventualmente in parte di quello Ragusa-Metkovic.

5. -Poteri civili.

È noto che attualmente le autorità militari italiane esercitano effettivamente nella « 2a zona» più che altro un diritto di « veto », e poteri che sono grosso modo equivalenti a quelli propri di qualsiasi «truppa operante».

Così stando le cose, non si vede nulla in contrario che si passi alle autorità civili croate l'esercizio pratico di alcuni di detti poteri.

L'importante è che le autorità militari italiane continuino ad esercitare nella « 2a zona» (senza stabilire differenze fra le regioni di essa effettivamente tenute e quelle non materialmente presidiate; ciò in vista del futuro), i poteri propri delle «truppe operanti », mantenendo alle loro dipendenze le autorità civili croate locali.

Con il che si viene in certa misura incontro ai desideri del governo croato senza mutare in misura apprezzabile lo stato di fatto attuale.

Il Comando Superiore delle FF.AA. Slovenia e Dalmazia è stato incaricato di concordare con codesto Ministero e proporre a questo Comando lo schema di accordo per quanto concerne i poteri civili ( 1).

(l) -Il presente telegramma reca Il visto di Mussolini. (2) -Vedi D. 550.
558

IL MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO, SERRANO SUNER, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. 2 Madrid, 22 maggio 1942.

En relacion con el Acta final de los trabajos de la Comision Mixta Hispano-Italiana constituida en Roma para la revision periodica de los Acuerdos comerciales entre ambos paises, firmados en Madrid el 8 de mayo de 1940, cuyas reuniones han venido celebrandose en esa capitai durante el primer trimestre del afio en curso, tengo el honor de comunicar a V. E. quel el mencionado documento recoge los vivos deseos del Gobierno espafiol de dar satisfaccion, en la maxima medida de sus posibilidades, a las necesidades de intercambio italianas que durante dichas reuniones fueron formuladas por lor Delegados de ese Gobierno. En tal sentido el documento en cuestion refleja nuestro proposito de acceder a aquéllas, pero me considero en el deber de

rogar a V. E. que tome nota de que las prev1s10nes en la citada Acta consignadas, a cuyo complimiento consagrare mos nuestro mas diligente y tenaz esfuerzo, podran verse dificultadas en cuanto a su total ejecuciòn por la imposiciòn de las actuales circunstancias econòmicas internacionales, no obstante los deseos de llevarlas a término que quedan expresados.

Para el caso de que esta eventualidad se presentase, el Gobierno espafiol esta seguro de contar con la comprensiòn y el espiritu de amistosa colaboraciòn que siempre encontrò en ese Real e Imperia! Gobierno y en su insigne Duce, cuyo amparo personal ha sido tan precioso para los intereses espafioles durante esta larga negociaciòn.

Aprovecho la ocasiòn, mi querido sefion Ministi"o y amigo, para reiterarle con mi mas alta consideraciòn las seguridades de mi personal afecto (1).

(l) Vedi D. 568.

559

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 23 maggio 1942.

Il R. Ambasciatore Colonna, testè rientrato dagli Stati Uniti, ha riferito che alla vigilia dell'arrivo del piroscafo a Lisbona si è a lui presentato un segretario dello State Department il quale -dopo aver premesso che l'incarico da lui ricevuto aveva carattere strettamente confidenziale -gli ha dichiarato che il signor B. Long, ex ambasciatore degli Stati Uniti a Roma ed attualmente Assistant Secretary allo State Department, gli aveva dato istruzioni di far pervenire al R. Ambasciatore i suoi saluti personali e l'espressione del suo rincrescimento per la situazione creatasi nei rapporti fra l'Italia e gli Stati Uniti. Lo aveva altresì incaricato di aggiungere che gli Stati Uniti non ritengono di avere con l'Italia motivi di litigio e pertanto non nutrono verso di essa un'animosità analoga a quella nutrita verso la Germania e il Giappone (2).

560

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. R. 1211/657. Parigi, 24 maggio 1942.

Le note che seguono, e che riprendono e completano quelle di volta in volta sottoposte al Vostro esame, hanno per scopo di illustrare la situazione del Governo di Lavai e della quistione del Madagascar e delle Antille, nonché della politica francese di fronte all'Asse per quanto più particolarmente può in teressarci.

Come si ricorda, Lavai è andato al Governo il 18 aprile u.s., nelle circostanze allora ampiamente esposte (1). Il sentimento del paese era di contrarietà pel suo avvento al potere e di diffidenza verso la sua persona.

Il suo primo atto è stato quello di annunciare che, contrariamente alle decisioni prese dal suo predecessore, egli avrebbe mantenuta inalterata la razione del pane: mio telegramma n. 088 (2). (Contemporaneamente, allo scopo di saldare il deficit delle scorte esistenti, ha cercato di ottenere che i germanici gli consentissero di consumare per i bisogni della popolazione civile, 4 o 5 milioni di quintali di grano, che essi avevano a suo tempo requisito e che si troverebbero ancora in Francia. Ma sull'esito di questa richiesta si mantiene tuttora il più grande riserbo).

Ha fatto e fa (alla stessa maniera di Darlan) un largo uso dei mezzi di polizia verso i suoi oppositori.

Ha cambiato parecchi Prefetti, e, in genere, ha messo ai posti di comando uomini propri in luogo degli Ammiragli c dei Comandanti di Marina che Darlan aveva piazzato un po' dappertutto. (È quello che ha fatto dire che il ritorno di Lavai al Governo era <<le retour à la mer » (le retour à la mer degli Ammiragli), ironizzando così sul « retour à la terre>>, come egli stesso aveva definito il suo primo Governo per riguardo alle sue origini contadine e al « nuovo » indirizzo politico).

Ha fatto dire e ripetere che il suo precedessore non aveva saputo riorganizzare le varie Amministrazioni del «nuovo» Stato francese e che le aveva lasciate nel più gran disordine (ciò che non è poi inesatto), e ha fatto esaltare insistentemente dai suoi amici la sua abilità politica.

Ha disposto la creazione dei <<Consigli dipartimentali», nei quali dovrebvero rivivere parzialmente i «Consigli generali>> di un tempo. La riforma contrasta col carattere «autoritario» del Governo, ma, come si capisce, mira ad assicurare a Lavai una clientela politica in tutto il paese.

2. Nel campo della politica estera, Lavai è andato al potere con la formula «ritorno a Montoire ». La prima quistione che ha messo alla prova la sua politica è stato il caso Giraud; ed esso è ancora aperto.

Ho riferito a suo tempo le informazioni fornitemi da questa Ambasciata di Germania e la posizione che, di fronte alla fuga del Generale, hanno preso Lavai, Pétain e Darlan (mio telegramma n. 0100 dell'8 maggio) (3). Qualunque sia l'intimo convincimento e il reale proposito di ognuno dei tre uomini (e Lavai insiste nel dire di essere molto contrariato per l'accaduto), il fatto è che Giraud continua a restare in Francia.

Pel Madagascar, Lavai si è comportato come si era comportato Darlan in precedenti casi analoghi. Da notare che questa volta l'Inghilterra ha fatto a meno di mascherare di gaullismo l'attacco.

Non diversamente Lavai si è regolato nei riguardi degli Stati Uniti. Di fronte all'approvazione e all'appoggio apertamente dati dall'America all'azione

inglese, egli si è limitato a dichiarare che non avrebbe mai preso l'iniziativa di una rottura.

Similmente si è regolato per le richieste americane per le Antille e per la Guiana. Si potrebbe anzi dire che egli avesse in massima preannunciato il suo atteggiamento fin dalla visita di congedo dell'Ammiraglio Leahy, colle dichiarazioni allora fattegli, e largamente riprodotte nella stampa (mio telegramma

n. 095 del 4 maggio e seguenti) (1). Sarebbe stato difficile, io credo, mettere in maggiore evidenza e annunciare più chiaramente a tutti, amici e nemici, l'importanza che il Governo «collaborazionista» di Lavai annette al fatto americano nella politica estera della Francia.

La stampa, su sua diretta inspirazione, ha sottolineato la dignità e la fermezza della risposta francese, in contrasto col tono aggressivo della nota americana, ma l'ha fatto evidentemente non per dare soddisfazione al sentimento pubblico, quanto per dare la parvenza di un contenuto ad un'azione che non ne ha.

Lavai tuttavia non ha potuto fare a meno di tener conto delle disposizioni delle clausole di Armistizio, e ha dato istruzioni all'Ammiraglio Robert di procedere all'affondamento delle navi mercantili in caso di necessità (mio telegramma n. 148) (2). «Per dimostrare però la buona volontà francese verso gli Stati Uniti» (mio telegramma n. 163) (2), esso ha acconsentito subito dopo che gli ufficiali francesi, d'accordo con gli ufficiali americani, predisponessero l'immobilizzazione delle navi da guerra.

Nei due casi del Madagascar e delle Antille, la Germania, secondo si dice e si ripete negli ambienti francesi, e non soltanto in quelli vicini a Lavai, e secondo mi risulterebbe dai contatti che ho avuto con i germanici, non ha dato nessun incoraggiamento a rompere con l'America o a inasprire ancora di pm 1 rapporti con l'Inghilterra. Impegnata in Russia, la Germania vuole evitare tutto quanto possa portare un peggioramento della situazione in Occidente.

(Un aspetto interessante di questa vicenda, e che spiegherebbe in parte le esitazioni degli Stati Uniti dopo l'ultimatum del 10 maggio (mio telegramma

n. -138) (2), è costituito dalle preoccupazioni degli Stati sud-americani di fronte ad un'eventuale occupazione delle Antille e della Guiana: mio telegramma n. -0109 (2). Aggiungo che il tonnellaggio francese alle Antille ammonta a circa 80 mila tonnellate e che le petroliere sono sei).

3. Gli altri due uomini che con Lavai dividono il potere, hanno continuato, come prima, nella loro linea politica.

Quando Darlan si è accomiatato dal Ministero degli ESTERI, ha detto che si sarebbe ritirato sull'Aventino; e di fatto o per volontà sua o per volontà di Lavai o per le due assieme, egli è pressoché scomparso dall'attenzione del pubblico, e dice e fa dire che è ben contento di non avere la responsabilità politica degli odierni avvenimenti. È accaduto tuttavia che le sue dichiarazioni per l'aggressione inglese contro il Madagascar fossero più forti e più antinglesi di quelle di Lavai (mio telespresso n. 571) (2).

Quanto al Maresciallo, egli si regola, nelle attuali contingenze, come si sarebbe regolato, né più né meno, prima dell'avvento di Laval al potere. Incoraggia e sostiene apertamente la resistenza di Giraud. Mantiene contatti col Generale Weygand. Si guarda bene dal dissipare l'impressione che continua a prevalere nel pubblico, che la presenza di Lavai al potere è dovuta alle pressioni che i germanici hanno esercitato su di lui.

A loro volta i politicanti di ieri e di oggi, ai quali la crisi di Darlan aveva fatto sorgere nuove speranze e nuove ambizioni, rivolgono contro di lui le loro critiche e il loro disappunto.

4. Di fronte a tutto questo, il paese è attesista, come prima, e più di prima; e l'apprezzamento che esso fa della situazione politica e militare generale rimane quello che ha sempre fatto (mio rapporto del 1° marzo) (1).

Esso non presta più interesse o quasi al Madagascar, dove la difesa agonizza, e segue con scarsa attenzione le vicende delle Antille.

Esiste nell'animo di molti francesi un senso di amarezza e di umiliazione di fronte alle ripetute aggressioni inglesi e alle richieste americane e alla mancata reazione francese; ma esso trova un limite nella considerazione che, dopo tutto, nelle condizioni in cui si trova la Francia, non era forse possibile né conveniente di fare di più o di meglio. Il pensiero che la Francia è umiliata e danneggiata, passa in seconda linea dietro quello del danno, che deriva all'Asse dall'azione inglese e americana, e questa considerazione è ragione di rinnovate speranze. Si può anzi dire che l'atteggiamento di certi ambienti (operai e giovani) è divenuto più ostile col prolungarsi dell'occupazione.

5. Un accenno particolare meritano le Colonie e i territori francesi in Africa. Occorre distinguere tra Africa Equatoriale, Occidentale e Settentrionale, e il resto.

Se la stampa collaborazionista, pur risparmiando Lavai, continua come ho già segnalato (mio telegramma n. 134) (2) a stimolare la sua azione di Governo, lo fa, non tanto cogli occhi volti al Madagascar e alle Antille, quanto a Dakar, Casablanca etc.; e il tema che svolge è quello della difesa dell'Impero. Il Madagascar e le Antille contano fino a un certo punto. Quello che conta è l'Africa Equatoriale, Occidentale e Settentrionale, e il Governo di Laval, come quello di Darlan, coltiva questo sentimento. Si veda da ultimo il mio telespresso

n. 668 del 21 maggio (2) sulla Quindicina Imperiale etc.

Si può essere sicuri che l'aggressione al Madagascar e le richieste americane sono, o saranno, sfruttate dal Governo francese allo scopo di ottenere l'autorizzazione a migliorare la sua difesa in Africa e sul mare, alla stessa guisa di quello che esso ha sempre fatto, con o senza Laval al potere, dall'Armistizio in poi, a ogni occasione propizia. (Non ho notizie in proposito, e la quistione andrebbe verisimilmente dinanzi alla Commissione d'Armistizio).

6. Nei riguardi dell'Italia, non è da registrare da parte di Lavai e del suo Governo nessuna manifestazione ufficiale. Nel discorso del 20 aprile, ha ricor

dato l'Italia solo per gli Accordi del 1935. Alla stessa maniera si è regolato nella conversazione che ha avuto col R. Console Generale a Vichy (mio telegramma n. 099) (1). Personalmente ho avuto occasione d'incontrarlo a un ricevimento all'Ambasciata di Germania che ha avuto luogo nei giorni scorsi, ma la conversazione ha avuto carattere di cortesia e non politico.

Quanto ai rapporti della R. Ambasciata e del R. Consolato Generale a Vichy e degli altri Consolati con le Autorità francesi, per quistioni d'ordine commerciale e amministrativo e su un piano d'ordinaria amministrazione, essi continuano a svolgersi in un modo del tutto regolare e corretto. Di recente varie richieste italiane hanno trovato favorevole considerazione: cessione all'I.R.I. di 102 mila azioni francesi della « Dalmatienne »; aumento dei trasporti di fosfati effettuati con navi francesi per conto italiano dal Nord Africa a Marsiglia; ripresa delle forniture di grano alla Libia contro reintegro da parte italiana alla Francia metropolitana; accordi cinematografici, etc. etc.

Giorni addietro e di nuovo in questi giorni, hanno circolato (da ultimo mio telegramma n. 0107) (2) voci di concentramenti di truppe italiane verso Mentone e di minaccie di sbarchi in Corsica, e gli ambienti governativi francesi sembrano preoccupati e dichiarano a chi li interroga che non posseggono proprie notizie al riguardo.

7. Quanto ai rapporti franco-germanici, Lavai ha dedicato alla Germania il suo discorso programma del 20 aprile, ed è alla Germania che si riferisce anzitutto la formula della «politica di Montoire ».

Prima di andare al potere (nella prima fase della crisi del Gabinetto Darlan), egli aveva chiesto alla Germania delle «concessioni>>, e, come si ricorda, è stato il rifiuto germanico che ha permesso allora a Darlan di rimanere al Governo (mio telegramma n. 060) (3).

Andato al potere, ha chiesto nuovamente delle «concessioni», ma il risultato è stato del pari negativo. Il caso Giraud ha poi impedito anche le facilitazioni ai prigionieri. Ho segnalato col mio telegramma n. 0101 (2), le informazioni fornitemi in proposito da quest'Ambasciata di Germania.

Diversi sono i rapporti economici.

Come si sa, le industrie francesi producono da tempo per rifornire gli eserciti germanici; e, dati i mezzi di pressione di cui i germanici dispongono e la necessità pei francesi di produrre per vivere, i risultati sono stati notevoli.

Con Laval questa forma di «collaborazionismo» economico sta ricevendo nuovo impulso.

Dopo un primo tempo di dubbio, negli ambienti della Delegazione economica germanica si esprime ora un palese senso di soddisfazione. A questo proposito ho anche segnalato un incontro di Goering col nuovo Capo del Governo francese (mio telegramma n. 0106) (2).

Perché le industrie francesi rendano, non basta che esse siano attrezzate e che dispongano di mano d'opera etc. È anche necessario che l'ordine pubblico e che la difesa del paese siano assicurati.

Per la difesa del paese contro possibili attacchi inglesi, la Germania ha aumentato da un certo tempo e riordinato le forze militari del Nord della Francia (mio telegramma n. 077) (1), e continua ancora a rafforzare il sistema difensivo esistente. Per la tranquilità e l'ordine pubblico, essa ha proceduto alla riorganizzazione dei mezzi di polizia affidati alle S. S. nella Zona occupata, e l'opera di repressione contro i gaullisti e i comunisti procede attivamente.

Il mantenimento della tranquillità e dell'ordine pubblico rappresenta inol.:. tre una parte importante nei rapporti tra Francia e Germania. La Germania evita. per quanto possibile, difficoltà e attriti con la Francia e tutto quello che possa inasprire la situazione della Francia verso l'Inghilterra o verso gli Stati Uniti. Continua pure lo scambio di cortesie ufficiali tra Autorità francesi e germaniche.

Ho già accennato di sopra (punto 2) all'opinione corrente che la Germania non ha fatto niente per spingere Lavai ad assumere un atteggiamento intransigente verso le due Potenze anglosassoni. Impegnata a fondo in Russia e decisa a non distrarre dal fronte orientale altro che il minimo indispensabile, essa non trascura niente di quanto possa giovare a questo scopo; e questa preoccupazione è palese in tutti gli ambienti germanici. I germanici evitano per quanto possibile di spingere Lavai a prendere atteggiamenti o misure che ne accrescano le difficoltà di fronte al paese e di fronte a Pétain.

8. Completo queste indicazioni con alcuni dati sul «collaborazionismo» economico franco-germanico e sullo scambio di cortesie ufficiali.

Si calcola che, tra prigionieri, operai francesi in Germania e operai francesi impiegati nelle industrie belliche della Zona occupata, più di tre milioni di uomini lavorino e producano attivamente per la Germania, e che una parte importante dei rifornimenti per gli eserciti germanici in Russia venga dalla Francia.

Lo sforzo maggiore che la Germania chiede ora alla Francia consiste principalmente nell'invio in Germania di altri 350 mila uomini, che essa vorrebbe che partissero al più presto.

Il Governo francese è imbarazzato perché la richiesta, come si capisce, non è facile a soddisfare, anche per mancanza di braccia disponibili in così gran numero. Tuttavia il Governo germanico insiste.

Quanto alle cortesie ufficiali franco-germaniche, devo dire che esse non sono mai cessate.

In questi giorni in occasione della presenza a Parigi dello scultore ufficiale della nuova Germania, Breker, oltre agli inviti consueti, si è avuto un ricevimento all'Ambasciata di Germania, al quale ha partecipato Lavai (mio telespresso n. 655) (l) e una colazione offerta dallo stesso Lavai a Breker alla presenza delle Autorità germaniche. Durante la colazione, Lavai ha rivolto un salute all'ospite e ha parlato dell'« avvenire dei buoni rapporti franco-ger

manici». Nessun discorso da parte germanica, né in questa, né in altre manifestazioni.

9. Ove, al termine di quest'esposizione, si voglia riassumere questo primo mese di attività del nuovo Capo del Governo francese, mi pare che si possa ripetere l'osservazione fatta, e cioè che, andato al potere per applicare la «politica di Montoire », invisa ai francesi, Lavai ha fatto coi germanici del «collaborazionismo » economico, e si è regolato verso l'Inghilterra e gli Stati Uniti non diversamente da quello che avrebbe fatto il suo predecessore.

Contemporaneamente ha fatto all'interno molta politica, ciò che Darlan non era in grado di fare. Ma la sua posizione resta sempre molto ditncile e precaria.

Oggi, come tre mesi fa (mio rapporto del l o marzo), come prima, la situazione in Francia è dominata dall'andamento degli avvenimenti militari in Russia.

Prima di Lavai, la politica francese era condotta direttamente da Pétain a mezzo di Darlan. Oggi Darlan è in riserva, ed è Lavai che conduce la politica, ma la volontà di Pétain e degli uomini che gli sono vicini, conta tuttora, e il paese si mantiene più attesista che mai. Lavai è e resta pel gran pubblico, l'uomo dei germanici, e s'ingegna di durare nell'attesa dello svolgimento degli avvenimenti militari. A loro volta, i germanici adoperano il suo «collaborazionismo» ai fini della produzione bellica e dello sfruttamento agricolo e commerciale della Francia, ed evitano tutto quello che possa nuocere a questo scopo.

Continuerò a riferire (1).

(l) -Per la risposta di Ciano, vedi D. 593. (2) -Il presente telegramma reca il visto di Mussolini. (l) -Vedi DD. 451, 452 e 486, allegato. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi D. 524. (l) -Vedi D. 512. (2) -Non pubblicato. (l) -Vedi D. 326. (2) -Non pubblicato. (l) -Vedi D. 516. (2) -Non pubbllcato. (3) -Vedi D. 417.

(l) Non pubblicato.

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO, SERRANO SUNER

L. P. 1/2906. Roma, 25 maggio 1942.

Ti ringrazio della tua lettera (2) e desidero informarti che sono molto lieto di incontrarti e di potere avere con te un utile scambio di vedute sui problemi del momento.

Come data, ti proporrei che l'incontro avvenisse verso il 15 giugno e circa la località, poiché tu mi dici che desidereresti evitare ogni apparato utnciale, e approfittare dell'occasione per prenderti un po' di meritato riposo, ti suggerirei una località della riviera (San Remo, Rapallo o Santa Margherita) ovvero Livorno. Tanto sulla data, quanto sul luogo, ti prego di farmi sapere appena possibile ciò che ti è più gradito, affinché io possa prendere a tempo le disposizioni necessarie ( 3).

(l) -Il Presente documento reca il visto di Mussolini. (2) -Vedi D. 551. (3) -Nella lettera di trasmissione del presente documento all'ambasciatore Lequio, !l capodi gabinetto d'Ajeta scriveva: «Per tuo orientamento aggiungo che l'Eccellenza il Ministro gradirebbe molto che l'incontro avesse luogo a Livorno».
562

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. R. P. 37685 (1). Torino, 25 maggio 1942.

Recenti fatti, resi noti dalla stampa internazionale o altrimenti pervenuti a conoscenza di questa Commissione, quali: -la raccomandazione del Governo nordamericano ai propri sudditi residenti in Francia di tenersi pronti a lasciare quel territorio;

-l'avvenuta cessazione della sospensione (decretata dal Governo francese al momento dell'aggressione al Madagascar) della concessione dei visti di uscita sui passaporti dei cittadini americani, le cui partenze -via Spagna -vengono ora invece facilitate dalle autorità francesi;

-l'evoluzione delle trattative circa i possedimenti francesi nelle Antille, dove gli Stati Uniti cercano di immobilizzare le navi da guerra e -forse -di impossessarsi di tutto il naviglio mercantile francese colà esistente (circa

140.000 tonn.);

-l'intenzione degli Stati Uniti, annunciata da fonte bene informata, di sospendere per la durata di sei mesi l'intero tralfico marittimo col Sudamerica, per usare così il naviglio disponibile esclusivamente per il trasporto di materiale bellico o per altri fini di guerra;

-l'annuncio dato il 16 maggio u.s. della decisione presa dall'ulficio nordamericano per la produzione di guerra di sospendere le costruzioni di impianti industriali che non fossero in grado di iniziare le forniture belliche prima della metà del 1943;

-l'arrivo di crescenti rinforzi americani nelle isole britanniche, in particolare lo sbarco, recentemente avvenuto nell'Irlanda del Nord, di un contingente americano di molte migliaia di uomini, comprendente formazioni blindate con carri d'assalto e reggimenti d'artiglieria da campagna (notizia Reuter);

-la campagna inglese per il «secondo fronte», in relazione anche ai discorsi ad essa recentemente dedicati dal Premier Churchill e dai ministri Attlee e Cripps;

-lo scontro aero-navale tra le forze britanniche e forze francesi avvenuto il 18 maggio u.s. al largo di Algeri (e precisamente davanti a Guyotville);

-l'intensificarsi, in questi ultimi tempi, delle ricognizioni aeree inglesi su Casablanca (per lo meno 10 voli nel periodo dal 5 al 20 aprile);

-la situazione interna francese, sempre grave e piena di incognite, caratterizzata dalla propaganda anglo-americana, comunista e degollista, dalla per

durante ostilità contro la Germania e contro l'Italia, dalla simpatia per gli Stati Uniti e anche per l'Inghilterra, a malgrado di talune manifestazioni antiinglesi, più o meno spontanee;

-l'instabilità del Governo francese, minato anche dalla discordia LavalDarlan e dalla diminuita autorità del maresciallo Pétain;

-l'attività sempre infida esercitata nella zona dell'Estere! (Cap d'Antibes) dal generale Weygand, a cui le voci popolari attribuiscono la preparazione di piani per una azione bellica contro l'Italia in connessione con una azione navale anglo-americana sulle coste francesi; congiunti a notizie varie e a voci più o meno fondate, quali:

-le notizie sul permanere a St. Nazaire di britannici che circolerebbero fra le installazioni portuali e nei ricoveri corazzati per i sottomarini, appoggiati dalla popolazione locale, fra le quali sarebbero state eseguite fucilazioni in massa;

-quelle, che prendono sempre più consistenza, circa la possibilità di una aggressione americana in determinati punti del territorio coloniale o metropolitano francese (vengono nominati Dakar, Casablanca, Algeri, Bona, Biserta, La Corsica), accreditate dalla stampa neutrale e da dichiarazioni più o meno ispirate degli ambienti ufficiali di Washington;

-la grande diffusione data a queste voci negli ambienti diplomatici di Vichy, in quelli internazionali di Tangeri e del Marocco francese e presso le stesse popolazioni del Nord Africa (a Bona si è diffusa ultimamente la notizia di un imminente sbarco anglo-americano vicino alla città, compiuto con l'appoggio delle navi da battaglia americane «Washington » e «North Carolina» che si troverebbero nel Mediterraneo, insieme a numeroso naviglio minore, pronte ad entrare in azione);

-le notizie secondo le quali la Germania non sarebbe affatto contenta del presidente Lavai, che pure sembrava l'uomo politico francese da essa prediletto e la cui politica è anzi oggi attaccata dai collaborazionisti ad oltranza;

-le voci, diffuse in quel di Tolone, secondo cui sarebbe imminente un'azione anglo-americana sulla costa francese mediterranea, nella zona dell'Estere! (fra Antibe e St. Tropez), dove le truppe coloniali colà esistenti e fedeli a Weygand appoggerebbero lo sbarco;

-il grande rilievo dato da tutta la stampa neutrale e nemica alla campagna italiana per le rivendicazioni contro la Francia, le voci di imminenti azioni italiane su Nizza e la grande diffusione di tali voci in tutta la Francia non occupata, dove il Governo di Vichy sembra considerarlo con la maggiore attenzione;

fanno seriamente pensare che l'Inghilterra e l'America vogliano giocare in Francia o territori francesi una carta importante proprio nel 1942, approfittando del momento in cui le potenze dell'Asse ed i loro alleati si trovano maggiormente impegnate in Russia.

Questa tesi viene del resto avvalorata dagli osservatori diplomatici a Washington, i quali sembrano ritenere sommamente probabile una offensiva americana al più tardi nel prossimo autunno.

Ad avviso di questa Commissione, occorre pertanto dedicare a tale eventualità ogni maggiore attenzione, dato sopratutto l'atteggiamento che è lecito attendersi dalla Francia, alla luce della situazione attuale. Ed infatti, dinanzi agli importanti territori che gli anglo-sassoni le son venuti sottraendo -o direttamente o mediante l'attività dei dissidenti -promettendone la restituzione se la Francia non sarà prona ai voleri dell'Asse, e dinanzi alle rivendicazioni agitate più che mai in questi ultimi tempi, quale interesse può avere la Francia stessa a schierarsi risolutamente a favore dell'Asse, resistendo validamente ad una aggressione anglo-americana?

La grande maggioranza della popolazione francese è -come è detto più volte -decisamente contraria all'Asse, dalla cui vittoria non si ripromette se non menomazioni territoriali ed una posizione di vassallaggio in un « ordine nuovo» che essa detesta. Le popolazioni francesi del Nord Africa in particolare, secondo alcune notizie, attenderebbero con gioia uno sbarco americano in quei territori. Le forze armate francesi del Nord Africa, anche se fedeli, sono però convinte -come senz'altro ritengono i circoli anglo-sassoni e come in gran parte giudicano anche i nostri organi di controllo -dell'inutilità di una resistenza agli anglo-americani.

D'altro canto non sfugge certamente ai francesi che il concorso italiano alle nuove operazioni in Russia si traduce in minori disponibilità di truppe verso la Francia.

L'insieme di questi elementi induce pertanto a considerare come atti offensivi anglo-americani debbano ritenersi probabili anche a non lontana scadenza.

Dove questi atti offensivi potranno verificarsi non è però dato prevedere. Un efficiente concorso alla Russia nel senso di distogliere forze tedesche dal fronte orientale indurrebbe a considerare come zona probabile d'attacco (a parte la Norvegia che non interessa la C.I.A.F.) la Francia metropolitana con particolare riguardo alle penisole del Cotentin (Normandia) o della Bretagna.

È vero che tale operazione, per la vicinanza alle coste inglesi, richiederebbe una quantità di naviglio non rilevante e beneficierebbe di ampia protezione aereo-navale, ma è altresì certo che essa urterebbe nell'apparato difensivo tedesco, che non pare facile a superare. Difficoltà logistiche molto maggiori ma più facili probabilità di sbarco e più promettenti obiettivi, presenterebbe invece uno sbarco nei pressi di Bordeaux e più a sud, ove minore è la profondità del territorio occupato dai tedeschi che, inoltre, vi hanno forze limitate.

Tutto considerato tuttavia, e tenuto specialmente conto della situazione politica locale, penso che le maggiori probabilità di attacco -nonostante il maggior tonnellaggio di naviglio occorrente -si abbiano invece (a parte quanto può avvenire nella «Costa francese dei Somali » ove la situazione è sempre pericolante) o nell'Africa occidentale (Dakar) o nel Nord Africa (costa atlantica o mediterranea).

In queste regioni la difesa sarebbe affidata -almeno in primo tempo -· alle sole forze francesi sulle quali non è lecito, come ben noto, fare sicuro affidamento e per quantità di mezzi e per lealismo.

Anche contro la Corsica un'aggressione è possibile, ma forse meno probabile.

Tale situazione minacciosa va comunque tenuta ben presente nei vari scacchieri per quelle provvidenze che si ritenesse di attuare sia nel campo militare propriamente detto che nel campo politico.

In particolare la situazione militare per l'Africa occidentale e per il Nord Africa -quest'ultima sulla base dello studio «W » già trasmesso (foglio numero 37296/Pr del 18 corrente) (l) -sarà oggetto di prossimo esame nell'incontro di questa Presidenza con quella della Commissione tedesca d'armistizio. Già si conosce però che la C.T.A. -pare su conformi direttive dell'O.K.W. avrebbe intenzione di fare sollecite concessioni di aumento alle forze armate francesi nell'Africa occidentale e nel Nord Africa, specialmente nella sua parte occidentale. Al riguardo mi riservo di riferire in concreto dopo conosciuti i precisi intendimenti tedeschi.

(l) Non è stato rintracciato Il documento di trasmissione, al Ministero.

563

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3613/329 R. Tokio, 26 maggio 1942, ore 12,30 (per. ore 17).

Miei telegrammi nn. 208 (2), 281 (3) e 302 (4).

Ho colto occasione numerose richieste informazioni pervenutemi in questi giorni da codesto Ministero per sollevare di nuovo presso questo Ministero Affari Esteri questione nostri interessi in territori occupati dal Giappone. Mi è stato ancora una volta escluso che si possa pensare alla riapertura di Consolati. Legazione di Svizzera mi conferma a tale proposito che al Console di Svizzera a Batavia, messo nella assoluta impossibilità esercitare sue funzioni e tenersi in contatto con Berna e con Tokio sono state date istruzioni di venire qui con il primo mezzo onde coadiuvare lavori Legazione. Mi è stato in modo esplicito accennato al precedente della Germania che non ha consentito al Giappone di tenere un rappresentante consolare in nessuno dei Paesi occupati e persino a Parigi. Quanto all'invio anche temporaneo di un agente di collegamento o di un semplice connazionale già residente in quei Paesi, mi è stato detto che tale possibilità sarà esaminata in un prosieguo di tempo, ma che, per il momento, anche queste autorità militari si oppongono. Ho insistito perché almeno in queste condizioni, autorità giapponesi trovino il mezzo di esau

dire richieste informazioni che sono loro rivolte e che finora --sopratutto per

quanto riguarda Indie Olandesi e Malesia non hanno avuto alcun seguito,

malgrado i ripetuti solleciti di questa Ambasciata. Mi è stata allegata difficoltà

comunicazioni e «autorità militari considerano ancora tutti quei territori come

zone attive di operazioni e che nessun provvedimento è stato ancora pratica

mente adottato per organizzazione amministrazione civile».

Comunico quanto precede per norma di codesto Ministero, avvertendo che

per il momento occorre considerare territori di occupazione giapponese come

difficile campo di azione pratica di questa Ambasciata.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 2708/208 r. del 30 marzo 1942, ore 8,40, non pubblicato, relativo alla tutela degli interessi italiani nel territori occupati dal Giappone. (3) -T. 13332/281 p.r. del lo maggio 1942, ore 8, non pubblicato, riferiva circa le difficoltà nelle comunicazioni postali, telegrafiche e radlofoniche con le Filippine, con la Malesia e le Indie Olandesi. (4) -T. 14683/302 p.r. del 12 maggio 1942, ore 15, non pubblicato, relativo alla situazione del cittadini olandesi nelle isole.
564

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3624/597 R. Madrid, 26 maggio 1942, ore 23 (per. ore 7,30 del 27J.

A seguito suo colloquio con Franco preannunziato con mio telegramma

n. 524 (1). Serrano mi comunica decisione procedere al più presto firma accordo commerciale itala-spagnolo. Pertanto Mosquera partirà stasera Roma portando seco testo accordo e lettera personale Serrano diretta a V. E. (2).

Contemporaneamente firma si addiverrebbe scambio lettere segrete fra Voi e lui.

Mosquera, che viaggia per treno arriverà Roma 30 corrente e spera che accordo potrà essere firmato giorno successivo onde si possa subito riprendere scambi commerciali ora sospesi.

565

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3650/049 R. Madrid, 26 maggio 1942 (per. il 28).

Atteggiamento Serrano apertamente favorevole ritorno Monarchia in Spagna è andato accentuandosi negli ultimi tempi. Egli non tralascia occasione per riaffermare convincimento che restaurazione monarchica rispondente tradizionali sentimenti popolo spagnolo è unica via uscita presenti difficoltà e in tal senso si è espresso ancora ieri con persone assoluta fiducia.

Ho appreso altresì che, per avere più seguiti contatti con Don Juan, Serrano avrebbe intenzione nominare quale addetto stampa costà Dionisio Ridruejo, Consigliere Nazionale, letterato assai noto, tornato ora dalla Russia dove si trovava con la divisione Azzurra (3).

43 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VITI

(l) -Non rinvenuto. (2) -Vedi D. 558. (3) -Il presente telegramma reca il visto di Mussollnl.
566

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3651/050 R. Madrid, 26 maggio 1942 (per. il 28).

Proveniente dal Liechtenstein e dalla Svizzera e diretto Brasile, è qui giunto Don Duarte di Braganza, pretendente trono Portogallo. Sua presenza Madrid mentre, come ho informato (1), eventualità restaurazione monarchica in Spagna è tema preferito discussioni politiche e diplomatiche, ha suscitato curiosità e commenti.

Serrano -accennandomi in via di conversazione al Portogallo -si è espresso nel senso che unità geografica, etnica ed economica Penisola Iberica è fatto innegabile e che logica vorrebbe ne fosse perfezionata anche unità politica, affermazioni queste che costituiscono riprova aspirazioni imperialistiche spagnole, già da me segnalate, nei riguardi Portogallo e Marocco.

Parlando di Salazar, Serrano ha poi detto che Capo Governo portoghese è monarchico convinto e che sua azione politica mira a restaurazione monarchica nel proprio Paese. A quest'ora il Re già avrebbe fatto suo ingresso -ha aggiunto il Ministro -se Presidente Carmona, uomo di grande capacità ed esperienza e che scrupolosamente si mantiene nei limiti della Costituzione, non rappresentasse per Salazar il Capo di Stato ideale. Però Carmona ha più di settanta anni -ha concluso Serrano -e Don Duarte non ne ha ancora trenta. Lecito quindi dedurre che Pretendente ha molte probabilità di regnare (2).

567

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3664/071 R. Berlino, 26 maggio 1942 (per. il 29).

Durante il colloquio che ho avuto stamane con l'Ambasciatore giapponese Oshima, quasi mi ha detto che, per quel che riguardava la situazione militare in Birmania, le truppe giapponesi stavano attualmente provvedendo ad un'azione di rastrellamento del territorio occupato.

È sua opinione personale che l'attacco contro l'India verrà indiziato non appena le operazioni in parola saranno compiute e si sarà potuto provvedere ad una completa riorganizzazione delle forze giapponesi che hanno partecipato alla campagna birmana.

Le direttive di marcia nipponiche saranno: l'Assan a nord, e le foci del Gange a sud-ovest. Oshima reputa che non ci si accontenterà però di occupare Chittagong, e di arrivare all'alta valle del Bramaputra a nord, ma che la marcia giapponese si dirigerà pure verso il Bengala e verso la sua capitale Calcutta.

61H

Il Bengala è sempre stato il massimo focolaio del movimento anti-inglese in India ed è quindi considerato da parte nipponlca come base preziosa per la propaganda e per l'azione che sarà condotta per estromettere definitivamente i britannici dalla penisola indiana.

Circa il programma della futura propaganda che il Giappone intende fare nell'India, Oshima mi ha detto che in seno al Governo nlpponlco ci sono due tendenze.

La prima, desidererebbe evitare una rivoluzione in India e preferirebbe che il popolo indiano si attenesse al programma della non violenza e della resistenza passiva appoggiato da Gandhi. Si temono infatti le conseguenze che movimenti violenti potrebbero avere gettando il paese nel disordine, provocando massacri di persone di razza bianca, e portando indubbiamente a distruzioni di averi, di opere e di possedimenti britannici ed europei in genere. Cose che si vorrebbero evitare anche per le ripercussioni che fatti simili potrebbero avere sull'opinione pubblica degli altri paesi. Naturalmente questa tendenza prevede, per ottenere un successo positivo, un tempo assai più lungo della seconda tendenza che sarebbe quella di fomentare in ogni modo e con ogni mezzo movimenti di rivolta in seno al popolo indiano il quale dovrebbe con la violenza attiva aiutare i nipponici a cacciare gli inglesi dal suo paese.

Tale tendenza considera che anche eventuali massacri o distruzioni non potrebbero dal punto di vista propagandistico, avere eccessiva importanza dato il fatto che manca oggigiorno nel mondo un'opinione pubblica neutrale importante al punto da dover essere presa in seria considerazione prima di prendere delle decisioni di una certa portata.

Oshima è personalmente di questa seconda opinione e considera che questa tendenza sia quella che porterà più rapidamente ad un risultato definitivo, ed è in questo senso che egli cerca e cercherà di infiuire sul suo Governo.

Portato il discorso su Bose, Oshima ha dichiarato che in un suo colloquio con Ribbentrop egli lo ha trovato favorevole, in linea di principio, ad assecondare il desiderio dell'ex Presidente del Congresso indiano, di partire al più presto per la Birmania (1). In quanto all'opinione giapponese, a questo riguardo, egli ha espresso il parere che considera comunque assai utile l'invio di Bose nel territorio occupato dai Giapponesi, che desidera però prima di fare una richiesta ufficiale a questo riguardo presso il Governo tedesco, di avere istruzioni precise in proposito dal suo Governo, dove ancora il programma per la futura azione in India non è stato definitivamente fissato, trovandosi, come sopra detto, in contrasto le due tendenze della non violenza e della rivolta a mano armata.

Oshima ha promesso di farmi sapere, non appena gli sarà possibile, le decisioni che 'il Governo di Tokio vorrà adottare in proposito, decisioni però che egli ritiene di poter prevedere favorevoli alla tesi rivoluzionaria, che è quella di Bose, al quale dovrebbe in questo caso venir facilitata in ogni modo la possibilità di raggiungere Rangoon.

(l) -Vedi D. 565. (2) -Il presente telegramma reca il visto di Mussolini.

(l) Vedi D. 554.

568

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

TELESPR. 8/012029. Roma, 26 maggio 1942.

Il Comandante Superiore delle FF.AA. Slovenia-Dalmazia ha rimesso brevi manu a questo Ministero, in base agli accordi intervenuti con codesto Comando Supremo; un Pro-Memoria relativo all'esercizio dei poteri civili nella 2a Zona.

Questo Ministero, a seguito anche dei chiarimenti verbali avuti con l'Ecc. Gen. Roatta, sottopone all'esame di codesto Comando Supremo la formula seguente che, mentre lascerebbe invariata la sostanza dei poteri esercitati, nel campo delle attribuzioni civili, dal Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, darebbe al Governo croato una soddisfazione, sia pure formale, ma che sarebbe certamente da esso apprezzata.

La formula potrebbe essere del seguente tenore:

«A modifica degli accordi intervenuti tra il Governo italiano e quello croato per quanto riguarda l'esercizio dei poteri civili da parte del Comando della 2a Armata (ora Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia) nella fascia costiera del territorio croato (cosidetta «2a zona~), varranno, dalla data che sarà stabilita, le seguenti intese:

l. -La collaborazione più stretta dovrà essere mantenuta in detto territorio fra le autorità civili croate e le autorità militari italiane, in considerazione del fatto che alle une ed alle altre incombe solidariamente il mantenimento dell'ordine pubblico.

2. --In conseguenza di detto criterio, le autorità civili croate terranno costantemente informate le autorità militari italiane di tutti i provvedimenti che, esorbitando dalla sfera della ordinaria amministrazione, possano in qualunque modo avere una ripercussione sulle condizioni dell'ordine pubblico. 3. --Le autorità militari italiane, nel territorio predetto, conservano, oltre alle ordinarie attribuzioni inerenti alla attività militare intesa al mantenimilnto dell'ordine pubblico, anche il diritto di indicare alle autorità civili croi.lte quei provvedimenti (da dette autorità preventivamente -come detto sopra comunicati, o comunque venuti a conoscenza), ai quali non dovrà essere dato seguito, o che non dovranno essere mantenuti.

Le autorità civili croate saranno tenute a regolarsi, immediatamente e direttamente, in conseguenza di tali indicazioni.

4. -La quantità e dislocazione delle truppe croate (dell'esercito ed ustascia) impiegate nel territorio in questione saranno concordate fra lo S. M. croato ed il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia.

Dette truppe saranno, per l'impiego, agli ordini delle autorità militari italiane. Lo stesso avverrà per la gendarmeria croata quando impegnata in operazioni che esorbitino dalla polizia ordinaria.

5. -I civili imputati di atti di ostilità alle truppe italiane, o di inosservanza di prescrizioni dalle autorità militari italiane emanate in vista della attività bellica inerente al mantenimento dell'ordine pubblico, continueranno ad essere giudicati dai tribunali militari italiani».

In altri termini, verrebbe lasciata alle Autorità civili croate la ordinaria amministrazione e si snellirebbe il controllo imponendo alle Autorità croate di tenere informato il nostro Comando di tutti i loro atti di un certo rilievo e mantenendo intatto il diritto di veto per quanto riguarda le misure delle Autorità civili croate qualunque ne sia la importanza e la portata.

Riuscirà gradito conoscere se codesto Comando Supremo non ravvisi obbiezioni alla soluzione prospettata (1).

569

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 27 maggio 1942.

L'Ufficio ha esaminato con il Generale Cavallero e con il Conte Volpi, interessato quest'ultimo alle ripercussioni finanziarie della nostra occupazione militare in Croazia, il seguito da dare alle richieste del Ministro Kosak per:

a) un alleggerimento delle truppe di occupazione;

b) l'abbandono dei poteri civili esercitati dal Comando FF.AA. SloveniaDalmazia (2).

Per quanto riguarda l'alleggerimento delle truppe il Comando Supremo, presi gli ordini dal Duce, ha precisato le disposizioni che esso intende impartire al Generale Roatta.

Per quanto riguarda l'esercizio dei poteri civili, trattandosi di materia politica. il Generale Cavallero se ne è rimesso alla soluzione che questo Ministero ritenesse di patrocinare di accordo con il Comandante delle FF.AA. SloveniaDalmazia (3).

È stata concordata con il Generale Roatta una formula che, pur dando qualche soddisfazione di carattere formale al Governo croato, lascia intatti gli attuali poteri del nostro Comando.

Su tutte le questioni prospettate dal Ministro Kosak è stata pertanto redatta l'acclusa Nota Verbale che precisa i nostri criteri e che si sottopone, Eccellenza, alla Vostra approvazione (4).

Il Comando Supremo ha preso visione di detto progetto e lo ha trovato pienamente rispondente ai suoi criteri.

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALLA LEGAZIONE DI CROAZIA A ROMA

NOTA VERBALE 8/12288. Roma, to giugno 1942 (1).

Il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di riferirsi alle comunicazioni fatte dal Ministro delle Finanze dello Stato Indipendente di Croazia Dottor Kosak per conto del Governo croato in merito alla situazione militare in Croazia.

1. -Il Ministro Kosak, in particolare, ha fatto presente che il numero delle truppe italiane stanziate in Croazia costituisce un onere grave per l'economia e per le finanze croate, la conseguenza degli acquisti che esse compiono sul territorio croato o degli anticipi in kune che vengono ad esse corrisposti. 2. -Il Ministro Kosak si è anche riferito all'esercizio dei poteri civili da parte del Comando italiano, e alle ripercussioni che ne derivano nella opinione pubblica croata. 3. -In relazione allo stato di guerriglia, che imperversa in alcune zone, il Ministro Kosak ha espresso il desiderio del suo Governo che si addivenga a una più stretta collaborazione fra truppe croate e italiane, essendo le prime adatte alla guerriglia in un terreno che esse conoscono meglio dei reparti italiani. 4. -Egli si è riferito altresì all'opportunità di una stretta collaborazione tra Milizia Ferroviaria fascista e Milizia Ferroviaria ustascia per proteggere il funzionamento delle linee ferroviarie che interessano i due Paesi. 5. -Infine egli ha accennato all'utilità che in alcune zone vengano armati gli elementi locali più sicuri sotto il controllo comune italo-croato, in modo da formare delle bande di militi volontari a protezione delle popolazioni.

Il Governo Fascista ha considerato le comunicazioni predette del Ministro Kosak con quello spirito di cordiale amicizia che presiede ai rapporti fra i due Paesi, e tiene a far noto quanto segue:

l. Al termine delle operazioni combinate condotte dal 23 aprile al 14 maggio da parte delle truppe croate, tedesche e italiane, il Comando Supremo italiano ha riesaminato la situazione militare in Croazia e, tenuto conto dei risultati ottenuti, è venuto nella determinazione di procedere a una nuova dislocazione delle forze dell'armata della Slovenia e Dalmazia. Per effetto di tale nuova disposizione, è previsto il graduale ritiro di alcune guarnigioni dagli attuali centri di presidio. Il Comando dell'Armata terrà volta a volta informate le Autorità militari croate della sua intenzione di ritirare l'una o l'altra guarnigione, in tempo utile affinché le Autorità militari possano, se lo credono, sostituirle con le loro truppe.

Resta tuttavia inteso che, in considerazione degli impieghi assunti dal Governo italiano di fronte alle popolazioni civili dei territori surriferiti per la tutela dei loro fondamentali diritti e interessi, alfine di affrettare il ritorno a una piena pacificazione e normalizzazione, il Governo italiano si attende che il Governo croato garantisca che nei presidi che fossero da noi sgombrati l'ordine pubblico venga assicurato nel modo più efficace e osservati scrupolosamente gli impegni da noi assunti. In particolare il R. Governo si attende dal Governo croato una precisa garanzia che non vengano commessi in alcun modo soprusi o rappresaglie verso le popolazioni.

La situazione che risulterà dal ritiro delle guarnigioni predette, sarà tenuta presente per determinare l'ammontare globale delle mensilità in kune da mettersi a disposizione del Comando dell'Armata da parte del Governo croato.

2. Per quanto riguarda l'esercizio dei poteri civili da parte del Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, si propone che a modifica degli accordi a suo tempo intervenuti tra il Governo italiano e quello croato, valgono, dalla data da stabilirsi, le seguenti intese:

a) La collaborazione più stretta dovrà essere mantenuta nel territorio croato temporaneamente occupato da truppe italiane fra le autorità civili croate e le autorità militari italiane, in considerazione del fatto che alle une e alle altre incombe solidariamente il mantenimento dell'ordine pubblico.

b) In conseguenza di detto criterio, le autorità civili croate terranno costantemente informate le autorità militari italiane di tutti i provvedimenti che, esorbitando dalla sfera della ordinaria amministrazione, possano in qualunque modo avere una ripercussione sulle condizioni dell'ordine pubblico.

c) Le autorità militari italiane, nel territorio croato temporaneamente occupate da truppe italiane, conservano, oltre alle ordinarie attribuzioni inerenti alla attività militare intesa al mantenimento dell'ordine pubblico, anche il diritto di indicare alle autorità civili croate quei provvedimenti (da dette autorità preventivamente -come sopra -comunicati, o comunque venuti a conoscenza), ai quali non dovrà essere dato seguito, o che non dovranno essere mantenuti.

Le autorità civili croate saranno tenute a regolarsi, immediatamente e direttamente, in conseguenza di tali indicazioni.

d) La quantità e dislocazione delle truppe croate (dell'esercito e ustascia) impiegate nel territorio in questione saranno con:ordate fra lo S.M. croato ed il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia.

Dette truppe saranno, per l'impiego, agli ordini delle autorità militari italiane. Lo stesso avverrà per la gendarmeria croata quando impegnata in operazioni che esorbitino dalla polizia ordinaria.

e) I civili imputati di atti di ostilità alle truppe italiane, e di inosservanza di prescrizioni delle autorità militari italiane in vista della attività bellica inerente al mantenimento dell'ordine pubblico, continueranno ad essere giudicati dai tribunali militari italiani.

3. -Il desiderio del Governo croato di addivenire a una sempre più stretta collaborazione tra le Autorità Militari, di Polizia croate e la formazione Ustascia da una parte con le Forze militari italiane dall'altra, trova piena rispondenza in analogo desiderio da parte del Comando Supremo italiano. In conformità a tale criterio, diretti accordi potranno essere presi fra il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia e le Autorità militari croate per quanto riguarda l'inquinamento delle truppe croate operanti e la condotta di azioni in collaborazione. 4. -Il Governo italiano vedrà favorevolmente che alla sorveglianza delle linee ferroviarie, che interessano i due Paesi, partecipino reparti croati, sia per la protezione delle linee sia come scorta ai treni. A questo riguardo accordi diretti potranno intervenire fra Comando italiano ed Autorità croate.

Il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia deciderà sui provvedimenti più opportuni per garantire la piena sicurezza delle linee ferroviarie che interessano i due Paesi.

5. Infine nulla si oppone da parte del Governo italiano a che elementi sicuri locali vengano organizzati in bande armate sotto il controllo delle autorità croate e italiane.

Le modalità pratiche per l'applicazione dei criteri sopra accennati potranno essere concordate dal Comandante delle FF.AA. della Slovenia e Dalmazia in diretti contatti col Governo croato a Zagabria.

(l) -Vedl D. 569. (2) -Vedi D. 550. (3) -Vedi D. 557. (4) -Un'annotazione manoscritta siglata d'Ajeta dice: <<Sta bene».

(l) La nota fu inviata al ministro Perié la mattina del 2 giugno 1942 con la data del giorno precedente.

570

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 28 maggio 1942.

La Legazione di Svezia a Roma, nell'inoltrare la nota proposta relativa all'invio di 15.000 tonnellate mensili di grano canadese (1), fece presente che, per accordi intervenuti fra la Croce Rossa svedese e i Governi britannico e americano, il controllo sulla distribuzione avrebbe dovuto essere affidato ad una Commissione svedese.

Da parte nostra fu osservato che, ad evitare molteplicità di controlli, sarebbe stato desiderabile che la responsabilità della distribuzione venisse affidata agli organi della Croce Rossa Internazionale già esistenti in Grecia, nulla ostando tuttavia a che delegati della Croce Rossa svedese ne facessero parte (2).

La Croce Rossa svedese ha esaminato la questione con il Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra, il cui Delegato Generale, dott. Junod, attualmente ad Atene, ha proposto di concentrare tutte le azioni di soccorso straniere a favore della Grecia in un'unica Commissione, sotto la direzione della Croce Rossa Internazionale.

A tale scopo il dott. Junod ha chiesto al R. Plenipotenziario una dichiarazione con la quale ci si impegni da parte nostra a riservare alla popolazione civile greca tutti i prodotti alimentari del paese, compensando con altri prodotti la parte esuberante che venisse esportata. Tale assicurazione è stata, in sostanza, già data al Governo svedese nella nota italiana di risposta a quella relativa all'invio del grano canadese.

Il dott. Junod ha chiesto inoltre al Ministro Chigi il nostro consenso scritto a che sia costituito in Grecia, sotto la direzione del Delegato della Croce Rossa Internazionale, un Comitato di distribuzione composto di membri svizzeri e svedesi nella misura di trenta persone compreso il personale d'ordine.

Il R o Plenipotenziario per la Grecia ha espresso parere favorevole circa

il rilascio delle due dichiarazioni richieste, salvo a limitare eventualmente il

numero del personale del Comitato.

Analoghe comunicazioni e richieste sono state fatte al Plenipotenziario

del Reich per la Grecia, il quale ha interessato a sua volta il Governo ger

manico.

L'Ufficio sarebbe d'avviso di accogliere le proposte del dott. Junod e sotto

pone pertanto alla Vostra approvazione l'unito progetto di telegramma (3).

n. -18973/918 p.r. Per la risposta si veda il D. 647.
(l) -Vedi D. 372. (2) -Vedi DD. 440 e 517. (3) -Il telegramma, che non si pubblica non presentando differenze con gli elementi contenuti in questo appunto, fu spedito ad Atene lo stesso 28 maggio alle ore 24, con 11
571

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3671/342 R. Tokio, 29 maggio 1942, ore 12 (1).

Mio telegramma n. 297 (2).

Nell'imminenza suo recente discorso alla Dieta Generale Tojo, per lo stesso tramite del quale mi ero servito per fargli giungere suggerimenti del Duce, mi ha fatto insistentemente pregare di far giungere a sua volta al Duce seguente sua dichiarazione in relazione argomento di cui ai telegrammi di V. E.

n. 336 e 337 (3). Egli considera questione indipendenza popolo arabo come di precipuo interesse italiano e in tale ordine di idee egli sarà sempre pronto appoggiare qualsiasi iniziativa o decisione che verrà presa da Roma per questione stessa (4).

572

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3677/609 R. Madrid, 29 maggio 1942, ore 14,35 (per. ore 19!.

Secondo questa Ambasciata di Germania Ministro dell'Aeronautica Generale Vigon avrebbe intenzione recarsi quanto prima Berlino allo scopo esaminare apparecchi nuovo tipo ed acquistare pezzi ricambio. Scopo dichiarato non sarebbe che pretesto. Generale Vigon che è stato precettore di don Juan (mio telegramma per corriere n. 034) (5) vorrebbe invece sondare membri del Governo e alti ufficiali Stato Maggiore Reich nei riguardi restaurazione Spagna mettendoli al corrente sentimenti monarchici esercito clero aristocrazia. Ho ancora saputo che questo Ambasciatore di Germania avrebbe fatto presente Berlino fermento monarchico acuitosi negli ultimi mesi e pericolo che Gran Bretagna si sostituisca all'Asse se questo si lascerà sfuggire occasione appoggiare monarchia, ciò che significherebbe trovarsi in seguito di fronte a paese ostile. Finora rapporti e telegrammi in tal senso non avrebbero avuto risposta alcuna (6).

(l) -Non risulta l'ora di arrivo. (2) -Vedi D. 521. (3) -Vedi DD. 509 e 511. (4) -Per la risposta di Ciano vedi D. 586. (5) -Vedi D. 449. (6) -Vedi D. 590.
573

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE AFFARI ESTERI DEL SENATO

RELAZIONE (1). Roma, 30 maggio 1942.

Desidero in primo luogo ringraziare la Commissione degli Affari Esteri dell'attenta ed assidua premura con la quale sempre si dedica all'adempimento del suo alto compito, e un ringraziamento speciale porgo al Senatore Salata, che con l'accurato suo studio, ha dato una nuova lusinghiera prova di acuta competenza nei difficili problemi della politica internazionale, nonché ai Camerati Senatori Maraviglia, Parodi Delfino e Aloisi, che hanno portato alla discussione n loro così utile contributo.

È per me ragione del più vivo compiacimento l'avere l'opportunità di parlare oggi di fronte alla Commissione degli Affari Esteri del Senato dell'attività svolta dal Ministero che ho l'onore di dirigere in questo periodo di fortunose e gloriose vicende della storia italiana e mondiale. E poiché mi propongo, in questa sede eminentemente tecnica in materia di relazioni internazionali, di dare alle mie dichiarazioni il carattere di una relazione documentaria e informativa, basata su dati di natura spesso riservatissima, non mi soffermerò a parlare ancora una volta degli avvenimenti e delle cause remote e profonde dell'immane conflitto che insanguina il mondo, né ripeterò le ragioni per le quali l'Italia non ha esitato a sfoderare la spada e a prendere a fianco dell'alleata Germania il suo posto di combattimento. Tutto ciò è noto ai Camerati Senatori al pari di quanto lo sia a me. Preferirò invece ragguagliarli su quanto è stato compiuto e si compie da parte del Ministero degli Affari Esteri e degli organismi ad esso collegati o da esso dipendenti, in relazione allo sviluppo del conflitto, e farò il punto dei nostri rapporti con i Paesi stranieri.

Dal giorno 10 giugno 1940 la politica italiana nei confronti dell'Inghilterra non ha avuto che una direttiva e si può sintetizzare con queste brevi parole: fare la guerra. L'Italia ha fatto la guerra alla Gran Bretagna dovunque le possibilità di attacco e di combattimento si siano manifestate, e questa guerra l'ha fatta con violenta energia in cielo, in terra e sul mare, riportando ;successi, impegnando ingenti forze, talché può affermarsi che l'apporto dell'Italia al conflitto fin dalla sua prima fase sia stato, anche nel settore militare, fondamentale e come tale giustamente apprezzato dai nostri alleati. Ma non è questa la sede né è mio compito di parlare del contributo militare dato dall'Italia alla guerra di oggi ed alla vittoria di domani: mi limiterò a rendere omaggio all'eroismo dei Camerati combattenti di ogni arma e su ogni fronte e a rivolgere loro il grato e commosso pensiero.

Dall'll dicembre 1941, in virtù degli impegni derivanti dall'alleanza tripartita e da altri accordi segreti all'uopo intervenuti tra noi la Germania e il Giappone, l'Italia si trova formalmente in guerra con gli Stati Uniti d'Ame

rica. Dico formalmente, poiché nella pratica uno stato di guerra, che potremmo chiamare bianca, già esisteva tra l'Asse e l'America. Allorché il Duce annunciò al popolo italiano dal balcone di Palazzo Venezia la storica decisione disse che Roosevelt aveva determinato il conflitto «attraverso una serie infinita di provocazioni». Ritengo superflua fatica il documentare questa affermazione. I ricordi sono vivi nella mente di tutti. Le provocazioni vanno dall'emendamento alla legge di neutralità, per cui la produzione bellica americana poteva venire ceduta soltanto alla Francia e alla Gran Bretagna, al riconoscimento di un sedicente Governo polacco in esilio, alle assicurazioni date al Presidente Reynaud, affinché continuasse la guerra ad oltranza contro l'Italia e la Germania, all'arruolamento di sudditi americani nell'aviazione britannica e all'addestramento di piloti britannici negli Stati Uniti, alla cessione infine di 50 cacciatorpediniere alla Marina inglese. E per quanto più direttamente ci riguarda ricorderò la ingiustificata presa di possesso di 28 navi mercantili italiane nel marzo del 1941 cui si aggiunse l'organizzazione di arbitrari processi politici contro i nostri equipaggi rei soltanto di avere ubbidito agli ordini della Patria, la chiusura dei Regi Uffici consolari sotto pretesti ingiustificati, e così via.

È stata la politica di Washington che ha determinato l'irrefrenabile dilagare del conflitto, che le Potenze dell'Asse avevano cercato di localizzare, politica della quale non si debbono ricercare le ragioni nei convincimenti, nei sentimenti o nelle aspirazioni del popolo, bensì nella volontà personale di un uomo e negli interessi della fazione che con lui si è impadronita della vita nazionale americana.

L'intervento in guerra degli Stati Uniti ha determinato la crisi nelle relazioni tra l'Asse e i Paesi sud-Americani. Gli Stati Uniti, puntando sui precedenti teorici e verbali delle Dichiarazioni di Lima del 1938 e delle successive conferenze di Panama e dell'Avana, provarono subito a trascinare in guerra tutta l'America Latina. Il tentativo però falli completamente, ché non possono venir presi sul serio i piccoli Stati centro-Americani i quali dell'indipendenza hanno, nei confronti del loro padrone americano, perduto persino ogni apparenza esteriore. Gli altri Stati chiesero invece ed ottennero la riunione di una Conferenza speciale a Rio de Janeiro con lo scopo preciso di definire la posizione dell'America Latina di fronte agli Stati Uniti. Alcuni Paesi cedettero alle intimidazioni americane, ma si deve alla consapevole resistenza dell'Argentina e del Cile, se non si manifestò quell'unanime presa di posizione di tutto il continente a fianco di Washington, come era ferma certezza americana di ottenere od imporre.

Al raggiungimento di questo risultato altamente rimarchevole, che ha provocato una profonda crisi di coscienza nell'America Latina e il risveglio di forti correnti che reclamano una maggiore aderenza spirituale alle origini e alle tradizioni della loro medesima civiltà, il contributo più forte è stato dato dall'Italia, che madre della latinità e del cattolicesimo, ha rappresentato e rappresenta il faro verso il quale le migliori coscienze e i più chiari spiriti del Sud America spontaneamente si orientano.

Oggi si può dire che i nostri rapporti con l'Argentina e il Cile siano divenuti, attraverso la prova che hanno subito, ancora più stretti e cordiali di

quanto non lo fossero stati in passato, né per il momento è da temere che essi possano mutare nonostante le incessanti pressioni americane, esercitate particolarmente nel settore economico.

Allorché si parla delle due Americhe, il pensiero corre spontaneo alle grandi masse di nazionali che da un secolo ormai danno il contributo del loro ingegno e della loro fatica alla civiltà e al progresso di quelle terre, e ci si domanda quale destino è riservato durante questo periodo di aspra contesa agli Italiani che gli Oceani separano dalla Madre Patria. Negli ultimi anni -anche precedentemente allo scoppio del conflitto -la situazione delle nostre laboriose collettività era andata gradualmente aggravandosi in quasi tutti i paesi, e ciò ad un tempo per ragioni di natura economica e per ragioni di natura politica. Limitando adesso l'esame agli Italiani residenti nelle Ame~ riche, bisogna ricordare che si era accentuata ovunque una netta politica nazionalista, una politica cioè tendente a far sparire i vari gruppi etnici per fonderli in una nazionalità omogenea. Ne è seguita una legislazione, talvolta anche estremamente rigida, mirante a togliere ai gruppi etnici ogni e qualsiasi privilegio che valesse a mantener viva la loro nazionalità originaria.

Con lo scoppio della guerra le misure di compressione sono state intensificate, ma in genere non si può dire che i nostri connazionali, sia negli Stati Uniti, sia nei Paesi americani che hanno rotto con noi le relazioni diplomatiche, abbiano avuto trattamento di preoccupante durezza. I provvedimenti sono quasi ovunque diretti a colpire le proprietà oppure a bloccare le attività economiche dei nostri connazionali e delle loro ditte. A quanto risulta poche sono state le misure limitative della libertà personale. Negli Stati Uniti su 700 mila connazionali residenti, sono stati finora tratti in arresto soltanto 500, di cui effettivamente internati 200, mentre per gli altri sono state comminate misure varie di polizia. Aggiungerò che in alcuni Paesi, e particolarmente nel Brasile, vi è stata una netta discriminazione nel trattamento usato ai nostri connazionali nei confronti del trattamento usato ai cittadini del Reich tedesco e dell'Impero nipponico. Aggiungerò infine che i provvedimenti vessatori adottati contro le nostre collettività non hanno provocato scissioni, sbandamenti o diserzioni nelle fine degli Italiani, ma che viceversa hanno ravvivato la fiamma nazionale e hanno determinato una totalitaria riaffermazione della loro fede nella vittoria della Patria.

Il 22 giugno 1941 si apriva il conflitto fra la Germania e la Russia e poche ore dopo il Governo fascista dichiarava la guerra alla Repubblica Sovietica. Si verificava così quel violento urto tra le Potenze dell'Asse e il bolscevismo, che era sempre apparso fatale a chiunque avesse avuto il senso storico degli avvenimenti che si erano svolti in Europa nel tormentoso periodo che aveva preceduto lo scoppio del nuovo conflitto mondiale. Questo senso storico non è mai venuto meno alla politica estera italiana. Per noi è apparso sempre chiaro che il dissidio che divideva la Russia dalle Potenze dell'Asse era insuperabile: insuperabile nello spirito dei nostri popoli, nelle ragioni delle nostre Rivoluzioni nazionali, nella inderogabile necessità di difenderci dalla pressione russa verso Occidente e dall'attacco che il boscevismo muoveva alla struttura civile dell'Europa.

Gli anni che hanno preceduto il conflitto hanno determinato con precisione il carattere di questo dissidio: da una parte il tentativo russo di piombare attraverso la Spagna nel cuore dell'Europa occidentale, dall'altra la nostra intima collaborazione con la Germania che aveva trovato il suo primo fondamento diplomatico nel Patto Anticomintern del 1937, col quale furono fissate le direttive anticomuniste e, per parlare francamente, anti-russe della politica italiana, tedesca e nipponica.

Nell'imminenza della guerra, la Germania concluse con la Russia -come ognuno ricorda -quel Patto decennale di non aggressione che avrebbe dovuto porre i rapporti russo-tedeschi sopra una base veramente nuova. Ma a qualsiasi attento osservatore dei fatti apparve fin da allora evidente che un tale Patto era dettato soltanto da ragioni contingenti e dalla necessità nella quale si trovava la Germania di eliminare il pericolo di un secondo fronte mentre si era alla vigilia dello scontro con l'Inghilterra e con la Francia. Una tale interpretazione fu appunto quella data dal Governo fascista all'avvenimento, che allora colse di sorpresa il mondo, e di essa ebbi l'onore di far parte al Paese attraverso un discorso che pronunciai alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni (1). Gli avvenimenti ben presto provocarono quali erano i reali intendimenti russi. Non ricapitolerò adesso le vicende attraverso le quali in breve tempo il Governo moscovita senza colpo ferire o quasi, portò i segni del bolscevismo in Polonia, nei Paesi Baltici, in Bessarabia. Di fronte ad una così aperta e pericolosa avanzata comunista verso il centro dell'Europa, la Germania non poteva più oltre rimanere indifferente. Né indifferenti potevamo rimanere noi dato che la Russia, dopo aver fatto un largo bottino a nord, concentrava ormai le sue mire egemoniche verso i Balcani, dove l'incertezza della situazione sociale ed una lunga tradizione dell'idea slava apriva al boscevismo le più vaste e pericolose possibilità di espansione. Giunti a tal punto, il prezzo di una sia pure apparente collaborazione con la Russia cominciava ad essere non solo troppo caro, ma anche pericoloso. Non poteva mancare il primo altolà da parte nostra. E questo si ebbe a Vienna, il 30 agosto 1940, allorché concludendosi l'Arbitrato per la spartizione della Transilvania, la Germania e l'Italia decisero di assumersi la garanzia dei confini romeni e costituirono così la prima linea di sbarramento alle mire sovietiche nei Balcani, mire che già si profilavano nella intensa attività spiegata dal Governo sovietico in Jugoslavia, in Bulgaria, in Grecia, verso l'Egeo e fin sull'Adriatico. Da quel momento in realtà si apre il conflitto tra la Russia e le Potenze dell'Asse, conflitto che se durante i mesi invernali ha potuto rimanere circoscritto a scontri soltanto diplomatici, che però si determinarono in ogni settore e su ogni questione, trovò nella primavera il suo logico e naturale epilogo: la lotta delle armi. A questa lotta, la cui fondamentale importanza non può sfuggire a nessuno poiché è dal risultato di essa che dipende la conservazione di quel patrimonio ideale di civiltà e tradizioni cui siamo attaccati più che alla stessa nostra vita, l'Italia ha dato il contributo di un corpo di spedizione che si è eroicamente battuto nella dura stagione invernale e che mai, anche sotto la pressione di forze di gran lunga numericamente superiori, ha retrocesso di un metro. Adesso mentre la Germania

si prepara a portare un nuovo e più decisivo colpo alla Russia sovietica, noi ci apprestiamo ad inviare ulteriori contingenti militari, sicché la parte presa dal nostro Paese in questa lotta sia equamente proporzionale alla potenza dell'Italia fascista e alla sua decisione di combattimento.

Il conflitto con la Russia porta automaticamente a considerare quella che è stata la politica italiana nel settore Danubiano-Balcanico, poiché i due problemi sono intimamente connessi e interdipendenti.

Al momento della nostra entrata in guerra, la situazione balcanico-danubiana si presentava per noi assai incerta ed equivoca. La Romania era ancora legata ai nostri nemici, benché ormai si cominciassero ad avvertire in molti settori dell'opinione pubblica romena le fatali conseguenze della politica piccolo-intesista. L'Ungheria seguiva il tradizionale programma revisionista, che avrebbe avuto come sbocco fatale il conflitto con la Romania, e che sarebbe valso a richiamare l'intervento russo nei Balcani. La Bulgaria, isolata tra Jugoslavia e Romania, non era in condizioni di prendere iniziative. La Grecia era asservita alla influenza inglese. In Jugoslavia riaffioravano le correnti di ostilità all'Italia che, dopo la caduta di Stoyadinovic, avevano ripreso attività e vigore. Questo il quadro della situazione, mentre era invece una nostra imprescindibile necessità stringere questi Stati in una comune politica. Ciò però non si poteva realizzare senza aver prima distrutto le tracce dell'azione piccolointesista, senza avere proceduto ad una revisione delle frontiere magiare e bulgare nei confronti della Romania e senza aver definitivamente espulso l'Inghilterra dalla Grecia. Il compito non era facile. Si trattav&. di distruggere un ordine ormai ventennale e di crearne uno nuovo, contro il quale si erigevano innumerevoli interessi costituiti.

Con l'aggressione diplomatica russa verso la Romania, che si concluse con l'abbandono della Bessarabia, questo paese avverti il peso dell'isolamento, nel quale era caduto dopo il crollo della Francia, ed intese la necessità di modificare la propria politica mettendosi sulla strada di ragionevoli concessioni all'Ungheria. La politica Hlo-magiara dell'Italia non Ir,sciava adito a dubbi. Per primi abbiamo compreso le necessità di questo eroico popolo e per primo il Duce ha solennemente reclamato giustizia. Non potevamo quindi che prendere ancora una volta posizione in favore di una revisione delle frontiere che cancellasse le ingiustizie del Trattato del Trianon. Si giunse cosi al Lodo di Vienna, il quale ha rappresentato quanto di più equo fosse possibile raggiungere nella soluzione di un problema molto complesso derivante dall'incredibile frammischiamento delle due nazionalità. La Transilvania, come del resto tutte le zone controverse dei Paesi Balcanici, non è divisibile su linee che facciano coincidere i criteri etnici con la realtà geografica. Il Lodo di Vienna rappresentò quindi un compromesso e, come tutti i compromessi, anche il più equo, non ebbe il potere di annullare i tanti motivi di frizione esistenti. È innegabile che anche oggi le relazioni tra Ungheria e Romania sono aspre ed avvelenate da una continua polemica che nemmeno le necessità di una guerra combattuta insieme valgono a far sopire. Italia e Germania si adoperano, si può dire quotidianamente, a Bucarest e a Budapest perché da una parte e dall'altra siano messe a tacere, almeno per il momento, le antiche voci di odio e perché lo sforzo unanime sia adesso portato contro il nemico comune.

La guerra alla Grecia ha avuto nelle intenzioni della nostra politica un duplice scopo: quello di smantellare una fortezza britannica, dalla quale si meditava, come risulta da incontrovertibili documenti in nostro possesso e che a suo tempo saranno resi di pubblica ragione, di vibrare un proditorio colpo alle spalle dell'Italia e della Germania, nonché lo scopo di attirare a noi Bulgaria e la Jugoslavia con la prospettiva, sempre presente nelle aspirazioni di questi due Paesi, di offrire loro uno sbocco nel Mare Egeo: la Bulgaria in Tracia e la Jugoslavia a Salonicco. Antiche aspirazioni ed antiche rivendicazioni che bisognava soddisfare per creare le basi di un'alleanza con quei due Paesi e che l'Italia non aveva considerato mai come in contrasto con i propri interessi. Attirare i serbi verso l'Egeo e distrarli dall'Adriatico era sempre stata una vecchia idea italiana, mentre il restituire ai Bulgari lo sbocco al mare poteva considerarsi quale un atto di giustizia. L'atteggiamento della Bulgaria e della Jugoslavia nei confronti della guerra italo-greca è troppo noto perché io mi indugi a ricordarlo. La Bulgaria aderì lealmente al Tripartito, e del pari fece qualche tempo più tardi, non senza incontrare resistenze e vincere esitazioni, il Governo di Belgrado allora presieduto dal signor Cvetkovié. I negoziati per l'adesione della Jugoslavia al blocco danubiano-balcanico che le Potenze dell'Asse stavano costruendo avevano avuto come base la promessa della cessione alla Jugoslavia di Salonicco e l'impegno da parte delle Potenze dell'Asse a non richiedere alla Jugoslavia aiuti di carattere militare ed il passaggio di truppe. Ma nonostante queste condizioni così eccezionalmente favorevoli, l'elemento militare serbo capovolse la situazione e attraverso un vero e proprio colpo di Stato prese posizione contro le Potenze dell'Asse. La stipulazione del Patto di Amicizia e di non aggressione con la Russia, avvenuta il 5 aprile, fu l'ulteriore prova delle reali intenzioni del Governo di Simovic. Di fronte alla situazione che maturava, le Potenze dell'Asse non potevano che prendere una strada. Quella della guerra. Questa strada fu presa senza esitazioni e con i fulminei risultati che tutti conoscono. Così attraverso l'azione ideata e iniziata dall'Italia nei Balcani, la nostra opera era perfettamente compiuta alla vigilia della campagna di Russia. Tutta l'Europa sud-orientale era nell'orbita dell'Asse: o territori occupati da noi, oppure Paesi con noi alleati. Questo stato di fatto costituiva finalmente la garanzia principale per potere senza la tema di colpi proditori iniziare la più grande operazione della guerra che è la campagna di Russia.

Nei recenti colloqui di Salisburgo (l) ho inteso il FUhrer dire con profonda riconoscenza al Duce quanto segue: «Quando Voi attaccaste la Grecia io stesso mi domandai quali ragioni vi avevano indotto a compiere un passo cosi decisivo e rimasi perplesso. Ora rivedendo a distanza di tempo lo sviluppo degli eventi debbo dichiararvi che nel fatto di aver Voi iniziato l'operazione bellica nei Balcani, io vedo uno dei segni più chiari del favore della Provvidenza».

Il rapido crollo del regime e dell'esercito serbo pose l'Italia e la Germania dinanzi al problema della sistemazione politica delle genti e dei territori che avevano fatto parte dello Stato jugoslavo. L'Italia però non era stata sorpresa dagli avvenimenti. Da lungo tempo noi ci eravamo resi conto, pur sforzandoci

di mantenere con la Jugoslavia rapporti di fiduciosa collaborazione, che vi erano fermenti sempre più virulenti ed attivi di decomposizione nello Stato jugoslavo. Pertanto mentre da una parte non avevamo mancato di annodare relazioni cordiali con i Croati e col loro Capo Ante Pavelic, dall'altra ci eravamo preoccupati di fissare con l'alleato Governo del Reich la posizione dell'Italia nei confronti di alcuni territori della Jugoslavia qualora una dislocazione di questo Stato avesse avuto luogo. Fin dal 20 marzo 1939 abbiamo avuto dal Ministro degli Esteri del Reich, in una lettera a me indirizzata, l'assicurazione del disinteresse germanico alla soluzione del problema adriatico e il riconoscimento del preminente interesse italiano nelle zone finitime.

Sorto il 15 aprile lo Stato Croato, il Governo fascista si riservò esplicitamente, all'atto di riconoscere la Croazia, il diritto di intendersi col Governo nazionale croato per la determinazione dei confini del nuovo Stato. È chiaro che lo smembramento della Jugoslavia aveva riportato sul tappeto vecchie ma mai dimenticate questioni, delle quali ognuno di noi aveva saputo per lungo tempo tacere anche e specialmente se vi aveva sempre pensato. Il problema adriatico doveva avviarsi alla sua definitiva soluzione in virtù della quale intendevamo assicurare all'Italia il controllo totale di questo mare, riprendere le posizioni storiche tenute da Roma e da Venezia con risultati rimasti ancora oggi vivi ed operanti, schiudere le vie di penetrazione nel mondo balcanico per portarlo a gravitare nell'ambito delle correnti culturali e dei traffici italiani. I termini degli accordi firmati dal Duce il 18 maggio 1941 sono di pubblica ragione e non è adesso il caso di soffermarsi a commentarli: basta ricordare che in virtù di essi i segni di Roma sono tornati per sempre là ove era in fedele attesa il leone di San Marco.

Sistemata nelle linee note la questione dei rapporti politici tra l'Italia e la Croazia si è posta la massima cura nello sviluppare la collaborazione italacroata in tutti i settori previsti dagli accordi del 18 maggio. Naturalmente la azione da noi svolta a tale fine non poteva non risentire gli effetti di anormalità in cui si trova attualmente l'Europa a causa del conflitto. Le truppe italiane durante la campagna di Jugoslavia avevano occupato un territorio pari a circa due quinti di quello dell'attuale Croazia. Al di là di tale territorio delimitato dalla linea di demarcazione, l'occupazione era stata fatta dalle truppe tedesche. Subito dopo la firma degli Accordi, il Duce dispose il graduale ritiro delle nostre truppe. Senonché, iniziatosi al principio dell'estate del 1941 un movimento di rivolta da parte degli elementi serbi e comunisti, nei territori meridionali della Croazia, il Governo fascista, d'accordo col Governo croato, rafforzò gli effettivi delle nostre truppe, allo scopo di tutelare il nuovo Stato, in conformità alla garanzia assunta dall'Italia, e nello stesso tempo per mettere al sicuro da ogni minaccia l'intero litorale adriatico. La sicurezza del litorale adriatico è e deve rimanere l'obiettivo supremo della nostra politica danubiano-balcanica; e questa sicurezza il Governo fascista è deciso ad assicurare sempre ed a qualsiasi prezzo. La rivolta, istigata e sovvenzionata da agenti di Londra e di Mosca, doveva, secondo informazioni in nostro possesso, sboccare, questa primavera, in una ripresa offensiva su vasta scala, contro i territori occupati dalle Potenze dell'Asse. Ma tali propositi sono stati pre

venuti da un'azione combinata delle truppe alleate, iniziatasi il 22 aprile e che ha duramente colpito le organizzazioni ribelli. Continuano adesso le azioni conclusive e di rastrellamento.

Assicurata in tal modo, a costo di sacrifici non lievi, l'integrità della Croazia, l'Italia si è dedicata in pari tempo a promuovere i rapporti di scambio con essa. L'organo della collaborazione economica tra l'Italia e la Croazia è stata la Commissione Permanente prevista dai Trattati del 18 maggio e presieduta, con l'autorità e la competenza che gli sono proprie, dal Senatore Conte Volpi di Misurata. Una delle direttive principali, perseguite dalla Commissione, è stata di mettere in grado le province annesse di integrare i loro rifornimenti nei territori croati confinanti, in modo da alleggerirne il peso sulla situazione alimentare del Regno. A questo scopo, e tenuto presente il principio accettato anche dal Governo croato, che la linea di frontiera dalmata deve essere considerata una linea ideale e non una barriera politica ed economica, si è convenuto il 27 ottobre 1941 di sopprimere la frontiera doganale tra Dalmazia e Croazia. Ancorché, per le attuali difficoltà di trasporti e di organizzazione interna nella Croazia, gli accordi non abbiano risposto totalmente alle aspettative, è da tener presente che la loro efficacia è destinata sopratutto ad esplicarsi in regime di normalità. Maggiori risultati hanno avuto gli accordi per i rifornimenti del Fiumano e della 2a Armata. Quest'ultima si approvvigiona, per una certa parte, in Croazia, effettuando i pagamenti con fondi in lmne, anticipati dal Governo croato, che hanno raggiunto il totale di un miliardo e 250 milioni di kune. Merita di essere segnalato, per quanto riguarda lo sviluppo economico della Dalmazia, l'accordo col Governo croato per la creazione di una grande industria di trasformazione che utilizzerà le enormi risorse idro-elettriche di quel territorio e delle zone finitime a mezzo di una società italo-croata con un capitale di 500 milioni di lire. Tra i numerosi accordi stretti in materia economica vanno inoltre ricordati: il trattato commerciale e di pagamento, la costituzione di una società finanziaria itala-croata, per l'appalto e l'esecuzione dei lavori di pubblica utilità in Croazia, la cessione in sfruttamento alla nostra Milizia Forestale delle ricchezze boschive esistenti nei territori occupati dallE' nostre truppe.

Nel settore più specialmente politico è stata completata la sistemazione confinaria tra i due Paesi. Un trattato firmato a Zagabria il 27 ottobre 1941 stabilisce le frontiere tra la Croazia e i territori del Governatorato del Montenegro seguendo la vecchia linea di confine tra l'Impero austro-ungarico e il Montenegro stesso.

La politica di collaborazione e di garanzia ha trovato espressione in numerose precise testimonianze da parte dei due Governi e nelle visite del Poglavnik e della maggior parte dei suoi ministri in Italia. Il Governo croato, superando le difficoltà degli inizi, ha compiuto notevoli passi nell'organizzazione dello Stato e nel rafforzamento della sua compagine e di ciò r:oi ci compiaciamo.

L'Italia segue con attenta simpatia lo sviluppo della nuova Croazia ed è decisa a darle il suo appoggio, così come ha consentito a darle, nella persona del Duca d'Aosta, il futuro Capo dello Stato, pegno e simbolo dell'amicizia tra i due Paesi legati nel nome caro ed Augusto di Casa Savoia.

44 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Nel Montenegro, uno dei capisaldi della nostra cintura adriatica, l'Italia ha cercato di avviare il Paese, ricostituito nelle sue giuste frontiere, verso una piena autonomia nell'ambito dell'influenza italiana.

Era nostra intenzione procedere nel più breve tempo possibile alla ricostituzione dello Stato Montenegrino, senonché prima che il nostro programma fosse messo in atto, si determinò, nel luglio 1941, un primo movimento insurrezionale per opera di elementi locali sobillati da agenti nemici. La rivolta fu ed è attivamente combattuta dalle nostre Forze Armate agli ordini del Governatore Generale Pirzio Biroli, che hanno già ottenuto risultati molto notevoli.

Il Governatore, mentre procede a tale opera di repressione, provvede all'organizzazione dell'amministrazione civile. Ha esteso tra l'altro al Paese la circolazione della lira ed ha curato con particolare efficacia il rifornimento di viveri e d'indumenti. I risultati di questa comprensiva politica hanno avuto per effetto di avvicinare a noi buona parte della popolazione che prende parte alla repressione della rivolta a mezzo di bande armate sotto il nostro controllo. Sono i primi sintomi di una situazione nuova, della quale è da attendersi con fiducia il progressivo sviluppo.

La situazione della Grecia, al momento della capitolazione, si presentò in forma molto diversa da quella jugoslava poiché i greci, stremati da cinque mesi di dura e sanguinosissima guerra, non ebbero più soffio per imbastire una resistenza sia pure sporadica e nel paese si determinò il collasso completo. La Grecia rimase sotto il controllo militare italiano e in parte, tedesco e bulgaro. La Grecia continentale, tranne alcune zone che specificherò in seguito, le Isole Ionie, Cicladi e Sporadi, ad eccezione di Lemno, Mitilene, Chio e Milo, nonché la parte orientale di Creta, sono alle dipendenze del comando italiano con una area di 175 mila chilometri quadrati e oltre 4 milioni di abitanti. La zona di controllo tedesca comprende il Pireo, la parte orientale dell'Attica, le province di Kozane, Florina, Salonicco, Calcide e Creta. Area 76 mila chilometri quadrati, abitanti 1.700.000. La zona bulgara comprende la Tracia occidentale e parte della Macedonia. Area 17.800 chilometri quadrati, abitanti 750 mila.

Per agevolare l'opera delle autorità di occupazione fu deciso in un Protocollo segreto italo-germanico di consentire l'istituzione in Atene di un Governo presieduto dal Generale Tsolacoglu, Governo cui fu demandato il compito di provvedere all'ordinaria amministrazione. Conviene riconoscere che il Governo Tsolacoglu, fiancheggiato dal plenipotenziario italiano e dal rappresentante tedesco, ha svolto sin qui un'opera degna di considerazione.

Naturalmente l'amministrazione di un Paese, ridotto in condizioni di estrema povertà, come era ed è la Gr.ecia, presentava eccezionali difficoltà, prima fra tutte quella dell'alimentazione. Al momento dell'occupazione italiana e tedesca abbiamo trovato, per quanto concerne il grano, tra vecchie scorte e nuovo raccolto, un quantitativo appena sufficiente per giungere al principio dell'autunno. Dopo di che si disegnava lo spettro di una carestia di proporzioni tali da trovare riscontro soltanto nelle carestie del Medioevo. Il fabbisogno greco, in tempi normali, poteva considerarsi di circa 14 milioni di quintali dei quali 10 prodotti nel Paese e 4 importati. Di fronte alla situazione gravissima, l'Italia

e la Germania si sono subito concertate sul da fare ed hanno anche interpellato la Bulgaria, la quale però ha fatto conoscer3 la sua impossibilità di dare un qualsiasi contributo. Gli esperti consideravano che un minimo necessario per passare l'inverno e giungere al nuovo raccolto era di 1.500 mila quintali. L'Italia e la Germania si assunsero l'incarico di fornire insieme tale quantitativo di cereali, senonché ai primi dell'inverno il Governo tedesco fece conoscere la sua impossibilità di mantenere il contributo previsto. Da parte nostra abbiamo fatto tutto quanto era nelle nostre facoltà al fine di venire in soccorso del popolo greco, nonostante le evidenti difficoltà determinate dal quantitativo notevole di grano che dovevamo sottrarre al consumo interno, ditncoltà aggravate dalla scarsezza dei mezzi di trasporto. Comunque nel complesso l'Italia ha fornito un totale di 770.970 quintali di grano, granturco, farina, pasta e riso che integrati da alcuni rifornimenti successivamente offerti dal Govarno tedesco e da un quantitativo di grano inviato per tramite della Croce Rossa Internazionale hanno permesso di superare la fase critica e di avviarci alla saldatura. Il raccolto si presenta ora assai favorevole, mentre sono in corso negoziati con la Svezia per l'invio regolare -tramite la Croce Rossa Internazionale -di un notevole quantitativo di grano già comprato e pagato, durante la guerra, dal Governo di Atene in paesi transoceanici. Le prospettive per il futuro sono quindi meno preoccupanti di quanto non sia grave il consuntivo del passato. Ma, nonostante i nostri sforzi, la popolazione greca ha molto sofferto. I morti di inanizione sono stati numerosi e nel periodo che decorre dal P dicembre 1941 al 30 aprile 1942 nella sola città di Atene i morti accertati per fame ammontarono a 11.850 con una media di 2370 al mese.

Superata, almeno per qualche tempo, la crisi della alimentazione, restano alcune gravissime questioni, delle quali talune ancora insolute, principale fra esse quella della fornitura di carbone, indispensabile per assicurare alla Grecia i servizi essenziali e per mantenere in vita alcune industrie che occupano la maggior parte della popolazione operaia. Né potrei tacere l'incubo che pesa su tutti i settori della vita greca e che è rappresentato dall'inflazione monetaria. La Grecia, che aveva una circolazione in tempi normali di 11 miliardi di dracme, ha visto salire il circolante a 19 miliardi durante la guerra, a 50 miliardi nel mese di gennaio e, benché molte misure siano state tentate onde frenare questo fenomeno, si può calcolare che oggi i segni monetari greci superino gli 80 miliardi di dracme.

Nonostante queste aspre difficoltà la situazione in Grecia è tranquilla. La popolazione si rende conto degli sforzi che noi facciamo per venire incontro ai suoi bisogni e pertanto non abbiamo mai dovuto ricorrere a misure eccezionali di forza, dando ancora una volta prova dell'alta capacità dell'Italia a mantenere l'ordine con la saggezza e l'equità, caratteristiche imperiture di una lunga tradizione civile.

Un cenno particolare deve essere fatto per quanto concerne l'amministrazione delle Isole Jonie, delle Sporadi e delle Cicladi, e per alcuni territori dell'Epiro ove è stato predisposto un regime amministrativo speciale con un carattere nettamente accentuato di autonomia nei confronti di Atene e di più stretta dipendenza dal Governo di Roma. Particolarmente per quanto riguarda le Isole Jonie non bisogna dimenticare che quattro secoli di dominazione vene

ziana hanno impresso nel carattere e nel linguaggio degli abitanti, nell'aspetto delle città e dei loro monumenti, segni indelebili che le fanno partecipi dell~ civiltà e della vita italiana. Esse, situate in posizione di controllo della costa albanese, a breve distanza dalle coste di Puglia, costituiscono la chiave di volta del sistema difensivo dell'Adriatico di cui dominano l'ingresso. Per quanto, per ragioni evidenti, non si sia ancora voluto procedere ad atti formali, la decisione del Governo fascista nei riguardi di questi territori è ormai definitivamente fissata ed è intesa dagli stessi greci: il tricolore, issato nell'aprile dello scorso anno sui castelli veneziani delle Isole Ionie, non verrà più ammainato.

Non potrei chiudere questa rassegna della situazione balcanica senza parlare dell'Albania la quale è e rimane, serena e fedele, il caposaldo della nostra influenza, il sicuro baluardo della nostra potenza nei Balcani, la testa di ponte per la nostra espansione politica ed economica nel vicino Oriente. L'esperienza che l'Italia ha compiuto e compie in Albania ha mostrato che anche nel campo dei più delicati interessi può essere stabilita una fruttuosa solidarietà fra i popoli se è fondata sul leale rispetto dei loro diritti nazionali. Non è difficile d'altra parte sceverare gli interessi nazionali albanesi da quelli imperiali e quindi da quelli più tipicamente italiani. Interessi prettamente nazionali sono quelli che nascono in Albania e si esauriscono in Albania quali la strada comunale e provinciale, l'artigianato e la piccola industria; interessi imperiali quelli che sorgono in Albania ma che, superando il piano nazionale, divengono interessi della comunità, quali le grandi arterie di comunicazione, le strade strategiche militari, le miniere, la grande bonifica, i porti e così via.

L'innesto dell'Albania nella struttura imperiale italiana esigeva ed esige -nel nostro stesso interesse -uno sforzo da parte nostra tale da valorizzare tutte le energie albanesi e da dare un impulso vigoroso a tutta la vita del Paese.

Da ciò la nostra intensa e sollecita politica di lavori pubblici che, attraverso una spesa complessiva di 2 miliardi e 154 milioni, assicura all'Albania la sistemazione di 1.048 chilometri di strade preesistenti, la costruzione di 298 chilometri di nuove arterie, del tronco ferroviario Durazzo-Elbasan-Labinoti, destinato a collegare il maggiore porto albanese con l'interno della penisola balcanica, la sistemazione dei porti, la costruzione di otto acquedotti, la bonifica dei comprensori di Durazzo, di Valona e della Musacchia, oltre ad un imponente complesso di edifici pubblici, scuole, palestre, caserme, strade urbane e altre opere igieniche.

In termini di percentuale si può affermare che di tutta questa grande mole di opere il 35 % è già compiuto, il 50 % è in via di realizzazione, il 15 % resta da fare e sarà fatto.

L'agricoltura che è stata, resta e resterà la base dell'economia nazionale albanese, si avvia con le sue progredienti culture -la superficie lavorata a grano è stata quest'anno del 40% superiore a quella del 1939-1940 -e con il contributo delle feraci terre del Kossovo, ad assicurare l'autarchia agricoloalimentare del Paese mentre contribuisce all'autarchia bellica con le sue lane, le sue pelli e, se pure in modesta misura, con il suo cotone.

Nel settore minerario l'attività iniziale, subito ripresa dopo la stasi imposta dalle operazioni belliche, ha dato già risultati assai soddisfacenti. La produzione del cromo nel secondo semestre 1941 è salita a 12.102 tonnellate. Essa, che già copre interamente il fabbisogno delle nostre industrie belliche, si eleverà nell'anno in corso a 30 mila tonnellate. Quella del ferro è salita nel 1941, in fase di ricerca, a 16 mila tonnellate, mentre i nuovi impianti di Bulgri, entrati in questi giorni in funzione, assicurano una produzione mensile di 150 tonnellate di rame metallico. La produzione di grezzo petrolifero, che nel 1941 è stata di 150 mila tonnellate è ora stazionaria ma potrà in prosieguo di tempo notevolmente aumentare. La produzione di bitume ha raggiunto il livello di 50 tonnellate al giorno, pari a 18 mila tonnellate annue, mentre da poco tempo si è iniziato con promettenti esordi lo sfruttamento delle miniere di carbone.

Le ragioni politiche e spirituali che avevano costituito la premessa dell'unione italo-albanese, e nella prima fase della sua attuazione, ne avevano mostrato le salde basi, hanno trovato una conferma ancora più decisa durante il conflitto contro la Grecia. Il contegno degli albanesi durante la guerra italo-greca è stato in ogni istante esemplare. Il popolo schipetaro, oltre a dare all'esercito combattente tutto il sostegno che gli venne richiesto, ha sopportato con perfetta disciplina e con una consapevole serenità i sacrifici e i disagi, spesso duri, della guerra. In sei mesi di conflitto non un filo telefonico è stato rotto su 25 mila chilometri di rete telefonica stesa, non un atto di sabotaggio, non un incidente che abbia potuto creare difficoltà ai nostri combattenti, anche nei momenti più delicati quando tutte le nostre forze erano impegnate sulla linea del fuoco. I centri urbani hanno subito 202 bombardamenti aerei. Centinaia di vittime, danni rilevanti alle persone, alle case ed ai villaggi. La calma delle popolazioni è stata sempre esemplare. Tra i 18 mila combattenti albanesi si sono avuti 207 morti, 430 feriti, 177 decorati al valore tra i quali una medaglia d'oro.

Il raggiungimento della Grande Albania ha premiato la fiducia degli albanesi ed ha aperto nel contempo un più vasto campo di azione alle nostre possibilità imperiali. L'Italia è oggi presente nel centro della penisola balcanica -nella valle del Vardar, che scende a Salonicco, nella valle della Morava che si stende poi fino al Danubio -dando all'Italia un confine comune con l'amica Bulgaria, e attraverso di essa, una via per i nostri traffici verso l'Egeo e il Mar Nero. L'Albania, soltanto con l'annessione dei territori ex jugoslavi del Kossovo e del Dibrano, si è accresciuta di una popolazione di 800 mila abitanti e di una superficie di 15 mila chilometri quadrati con vaste piane rigogliose di frumento, e ricche nel sottosuolo di cromo, di manganese, di piombo e di zinco.

Il dopoguerra ha presentato anche per l'Albania aspetti delicati e complessi dal punto di vista economico e politico. Dal punto di vista economico in relazione al necessario rallentamento del regime di vita produttivo che era stato impresso al paese ed è oggi contenuto in ristretti limiti per la deficienza dei rifornimenti e dei trasporti e per non gravare il bilancio italiano con oneri finanziari non direttamente rivolti alla guerra.

Difficoltà di ordine politico per le ripercussioni che la tormentata atmosfera dei Balcani non poteva non produrre sull'Albania, che costituisce uno dei centri nevralgici della penisola.

Nel mentre si è sviluppata una insidiosa azione di oltre frontiera, si è maturato nel paese un senso rigoglioso di nazionalismo, che è la sintesi delle forze che si sprigionano da una nuova esistenza oltre che dai contatti con la vita italiana e con la dinamica fascista. Non si può evidentemente portare in un Paese il fascismo e, contemporaneamente, negargli il principio di nazione che è l'essenza stessa della nostra dottrina.

Se noi avessimo scelto la soluzione di disperdere o di comprimere questa corrente nazionalista, noi avremmo rinnegato i nostri principi ideali ed avremmo fatto, in definitiva, il gioco dei nostri nemici. Il nazionalismo albanese sarebbe stato la maschera del bolscevismo in Albania, come è avvenuto e avviene tuttora in altri paesi balcanici. Noi abbiamo invece preso il comando del nazionalismo, lo abbiamo preceduto e inquadrato secondo i nostri fini e i nostri principi.

Il migliore esponente del nazionalismo locale Senatore Kruja, è stato chiamato dalla fiducia del Sovrano alla carica di Presidente del Consiglio succedendo al Senatore Verlaci, il cui nome e le cui opere resteranno legate alla più gloriosa epoca della storia albanese.

Col nuovo Governo le nostre previsioni si sono perfettamente avvalorate. Roma impartisce sempre le sue fondamentali direttive politiche ed economiche e vigila con costante attenzione su tutta l'attività del Governo locale. Un solo fondamentale fatto basta a lumeggiare l'efficacia della nostra linea di condotta. Nel mentre centinaia di giovani italiani muoiono per la Patria nelle varie regioni balcaniche, non una goccia di sangue italiano è stata finora versata in Albania per la tutela del nostro ordine. Le opere di pace continuano silenziose c indisturbate. L'Albania appare oggi un'oasi in un mondo sconvolto e tormentato quale è quello balcanico.

Se lo stato di guerra ci ha costretti a sospendere la realizzazione di molte delle iniziative prospettate per la valorizzazione albanese nel quadro degli interessi imperiali, la pace vittoriosa schiuderà nuovi orizzonti di azione e di prodUzione nei quali lavoro, capitale e tecnica italiani avranno agio di sviluppare tutta la loro dinamica di opere e di pensiero.

La nostra azione in Albania costituisce di fronte al mondo la prova documentaria che nel nuovo ordine preconizzato da Roma le Nazioni non vengono asservite ma valorizzate, e che l'Italia è sempre fedele alla umanissima formula che Augusto espresse nel suo testamento: «Externas gentes, quibus tuto ignosci potuit, conservare quam excidere malui ».

Esaminiamo adesso i nostri rapporti con la Francia. Essi sono regolati dalla Convenzione di Armistizio, e sulla base di questa Convenzione sono stati affrontati e risolti tutti i complessi problemi che, per il lungo perdurare del regime armistiziale, si sono in questi due anni posti tra la Francia e noi. Tale regime non è stato in questo periodo modificato o intaccato, né la politica dell'Italia verso la Francia ha subito né subirà alcun mutamento.

Ai primi di dicembre dello scorso anno io ho avuto a Torino, con l'Ammiraglio Darlan, un incontro da lui sollecitato (1). Nel corso di questo incontro quello che di essenziale fu detto dall'Ammiraglio Darlan era che «la Francia

desiderava uscire dalla situazione attuale che rendeva impossibile ogni ulte

riore sviluppo della politica francese e che «pagati i suoi debiti 1> la Francia

intendeva riprendere parte attiva alla ricostruzione del nuovo ordine europeo l>.

Era questo il programma, del resto assai generico, tante volte già esposto

dal Maresciallo Pétaìn e dai suoi collaboratori agli uomini di stato tedeschi, e

nel quale consiste la cosiddetta politica dì collaborazione del Governo francese.

Dal convegno di Torino i rapporti itala-francesi uscirono nella sostanza inalterati. La sola decisione presa fu quella di istituire un organo di collegamento tra il Governo italiano e il Governo francese, quale già esisteva tra il Governo francese e il Governo del Reìch, e fu inviato così a Parigi un Plenipotenziario italiano in posizione analoga a quella dell'Ambasciatore Abetz. Contemporaneamente veniva concessa al Governo francese la facoltà di inviare a Roma una Delegazione economica la quale, pur avendo cura di interessi francesi, fu bene inteso che non dovesse avere carattere di rappresentanza diplomatica.

Nella istituzione di questi organi tecnici -resa necessaria dal fatto che ad una brevissima guerra è succeduto un periodo di armistizio tanto lungo quale non vi è esempio nella storia -si è esaurito l'unico contatto di natura politica che abbiamo fin qui avuto con la Francia.

È ovvio che non era questo il programma del Governo francese. La politica del Maresciallo Pétain è stata in questi due anni diretta ad attenuare le conseguenze della disfatta, a ridurre la lista dei conti che la Francia dovrà pagare, a porre i rapporti tra le Potenze dell'Asse e la Francia sopra una base diversa da quella che esiste tra vincitori e vinti. A queste direttive e a questi obiettivi ha risposto e risponde il permanente tentativo francese di prospettare all'Italia e alla Germania possibili, future forme di associazione della Francia alla nostra politica, con il sottinteso di concessioni che noi da parte nostra dovremmo fare per il presente, e di impegni che dovremmo assumerci per l'avvenire.

Non so quali desideri o quali illusioni nutriscano questo tentativo. Quello che è certo è che né noi né la Germania riconosciamo alcuna convenienza

o abbiamo la minima intenzione di secondario.

I rapporti fra la Germania e la Francia sono tali quali erano al momento dell'armistizio. Vi sono stati incontri e colloqui, e la Francia ha offerto alla Germania molta letteratura nel campo dell'Ordine Nuovo; la Germania alla Francia qualche modesta concessione formale o qualche spoglia illustre. Ma nessun fatto politico di un certo rilievo si è verificato tra i due Paesi, come non si è verificato fra l'Italia e la Francia. Posso aggiungere che il Governo del Reich dà, in materia di rapporti con la Francia, una valutazione realistica della situazione quale la diamo noi. E lo stesso avvento del Signor Lavai al potere -con tutta la cura che egli ha avuta nel coltivare la sua reputazione di collaborazionista -non ha modificato questa valutazione e tanto meno ha inciso sulla perfetta intesa che esiste fra noi e la Germania circa le nostre rivendicazioni. Queste non sono state mai oggetto di trattative o di baratti. Abbiamo sempre definito con assoluta precisione e chiarezza quelli che sono i nostri obiettivi. Al Maresciallo Pétain, che nel maggio del 1941, volle riservatamente conoscere quali erano questi obiettivi, abbiamo risposto con la precisa indicazione delle nostre concrete rivendicazioni: il Nizzardo, con il confine del Varo e la Corsica che devono rappresentare il compimento della nostra unità nazionale, la Tunisia, ove l'Italia dovrà sostituirsi alla Francia, in virtù di un antico diritto che le deriva dall'immenso lavoro compiuto dagli italiani per mettere in valore quel territorio e dalle necessità più elementari della nostra sicurezza, e finalmente la Costa francese di Somali, sbocco indispensabile del nostro Impero africano.

Questi termini sono anche noti al Governo tedesco il quale, devo aggiungere con la più assoluta fermezza, non ha mai accennato a chiederci alcun sacrificio. È vero anzi il contrario: e cioè che in ogni occasione, e anche nel recente incontro di Salisburgo, tanto il Fiihrer che il Ministro von Ribbentrop hanno dato piena e completa assicurazione che la Germania considera le nostre rivendicazioni come un indiscutibile diritto, e che alla realizzazione di questo diritto la Germania tiene se stessa inderogabilmente impegnata.

Tra i Paesi non direttamente impegnati nel conflitto, quelli la cui politica merita una speciale attenzione sono la Spagna, la Turchia e la Svizzera.

La politica estera della Spagna è stata dominata in questo periodo dalle imperiose esigenze della sua situazione interna. La guerra civile ha lasciato al Generalissimo Franco il compito immane della ricostruzione economica, politica, spirituale del Paese devastato da tre anni di una lotta cruenta, le cui conseguenze non potevano e non possono essere rapidamente riparate. Noi abbiamo sempre considerato che la Spagna avrebbe avuto bisogno di un lungo periodo di pace e di tranquillità per procedere al proprio riassetto interno. E portendo da questa visione realistica della situazione spagnola non abbiamo mai chiesto alla Spagna impegni che sapevamo essa non essere in condizioni di mantenere.

Il nostro interesse essenziale nella guerra civile spagnola era che la Russia sovietica non stabilisse la sua influenza nel Mediterraneo Occidentale, poiché fino da allora prevedevamo che in caso di un conflitto europeo, si sarebbe fatalmente determinato un urto tra le Potenze dell'Asse e la Russia. Questo essenziale interesse noi abbiamo preservato e difeso, strappando la Spagna al bolscevismo e le presenti circostanze mostrano quale nostra vitale necessità noi abbiamo fin da allora tutelato. Quello che noi chiedemmo alla Spagna nel corso della guerra civile fu che la Spagna, in caso di guerra, mantenesse verso di noi un atteggiamento di benevola neutralità, e un tale impegno il Generale Franco assunse nell'Accordo Segreto del 28 novembre 1936. Tenendo fede a questo Accordo, al momento della nostra entrata in guerra, la Spagna, che aveva precedentemente proclamato la sua neutralità, modificò la propria posizione dichiarando la non belligeranza.

Non vi è dubbio che la Spagna, per raggiungere gli obiettivi della sua politica -rivendicazione di Gibilterra, espansione africana, e difesa della rivoluzione nazionale contro ogni ritorno offensivo del comunismo -sia direttamente interessata alla vittoria delle Potenze dell'Asse. La sua solidarietà con noi è stata ripetutamente ed apertamente espressa dal Caudillo, al quale solo tuttavia spetta il giudizio sul momento in cui questa solidarietà possa prendere aspetti più concreti.

La politica turca è stata diretta fin dagli inizi del conflitto alla preservazione della neutralità. Legata all'Inghilterra e alla Francia da un Trattato di

alleanza, la Turchia seppe sfruttare abilmente in suo favore l'interpretazione di questo Trattato per dichiarare lo stato di non belligeranza e a questa interpretazione si è attenuta, anche dopo la nostra entrata in guerra e durante il conflitto italo-greco, quando le pressioni inglesi si fecero più insistenti e più vive.

Dopo la conclusione vittoriosa della guerra balcanica, la Turchia intese che essa si trovava più esposta ai pericoli di essere coinvolta nella guerra, e iniziò un movimento di avvicinamento alle Potenze dell'Asse, concludendo con la Germania il 18 giugno 1941 un Trattato di amicizia, che, nell'imminenza del conflitto russo-tedesco, era inteso a realizzare il non facile scopo di conciliare l'alleanza con l'Inghilterra con l'essenziale interesse di vedere la Russia sconfitta.

La posizione della Turchia è dunque oggi in sostanza questa: essa è riuscita a rallentare i legami con l'Inghilterra e a mettersi in una posizione di equidistanza dai due gruppi belligeranti, posizione che ha tenuto a definire subito dopo l'inizio del conflitto con la Russia. Gli avvenimenti, particolarmente gli avvenimenti sul fronte orientale, decideranno: per ora gli sforzi della Turchia sono soltanto diretti alla salvaguardia della neutralità.

Dopo circa due anni da quando l'Italia è in guerra i cordiali rapporti con la Confederazione Elvetica proseguono inalterati. L'impegno che il Governo italiano a mezzo del proprio Ministro a Berna comunicava al Governo Federale fin dal 31 agosto 1939 -alla vigilia dello scoppio del conflitto europeo secondo il quale in caso di guerra l'Italia avrebbe rispettato scrupolosamente la neutralità e l'integrità della Confederazione e le vie e i porti italiani sarebbero rimasti aperti alle merci destinate alla Svizzera, è stato ed è strettamente osservato. Sarà però necessario che a questo atteggiamento di assoluta correttezza da parte nostr;:~. ~orrisponda, non solo da parte del Governo di Berna, che è nei suoi atti irreprensibile, ma anche da parte della stampa elvetica una maggiore obiettività nei nostri riguardi come in quelli dei nostri alleati, affinché siano preservate, com'è nostro vivo desiderio, le attuali amichevoli relazioni.

Dal corso stesso di questa mia esposizione risulta quali siano i nostri rapporti con i due grandi alleati, la Germania e il Giappone, e come intima e costante sia la nostra collaborazione, profonda l'intesa, assoluta la solidarietà che ci lega. I nostri Governi e i nostri popoli hanno la perfetta coscienza che quella che essi combattono è -su fronti molteplici -una guerra sola. Comune lo sforzo, comune l'obiettivo, comune il destino delle tre Potenze.

In questo spirito i nostri alleati e noi costantemente lavoriamo ad attuare in ogni settore la più stretta cooperazione, indispensabile in una guerra che unisce alla vastità delle operazioni e alla imponenza dei mezzi impiegati, un complesso di finalità d'immensa portata.

Questa collaborazione è sempre improntata, non solo alla più completa lealtà, ma anche alla precisa decisione di far fronte, con ogni possibile sforzo, a tutti gli impegni che abbiamo mutuamente assunto. Noi, fin dall'inizio dei nostri rapporti di alleanza con la Germania e poi con il Giappone, abbiamo posto organicamente il problema di una guerra nella quale dovevamo operare con assoluta unità di programma. Ed è questa la guerra che oggi conduciamo:

congiunta l'azione delle diplomazie, congiunti gli sforzi nel campo economico, congiunte le operazioni militari.

Non è solo la fraternità di armi che unisce camerati italiani, camerati tedeschi e camerati giapponesi, ma è anche una visione unica della guerra e un unico piano, nel cui quadro operano, in Russia come in Africa, nel Mediterraneo come nell'Atlantico e nel Pacifico, le forze delle tre Potenze.

A queste forze combattenti va il nostro pensiero, reverente e commosso. Di vittoria in vittoria, eserciti e flotte hanno portato la guerra nel cuore della Russia, stroncato la potenza inglese nel Mediterraneo, eliminato la preponderanza anglo-americana dal Pacifico occidentale, spinto le loro armi sui confini dell'India. Mai la storia del mondo ha conosciuto operazioni di così vasta portata e successi tanto fulminei.

La rotta, che già divampa o sta per divampare su tutti i fronti, sarà ancora aspra e lunga e sarebbe imperdonabile errore il sottovalutare un nemico che sa di combattere per la sua stessa preservazione e che getta nella guerra tutti i suoi mezzi e le sue vaste risorse. Ma non è più in suo potere l'arrestare il corso della Storia: alla tenacia del nemico noi opporremo una ancor più dura e irriducibile volontà di combattimento.

Questa volontà è il pegno sicuro della vittoria che il popolo italiano saprà, a qualsiasi costo, raggiungere agli ordini del Duce, nel nome del Re.

(l) Di questo discorso non fu fatto il resoconto stenografico. Sia per gli Atti del Senato che per la stampa ru predisposta solo una sintesi curata dal Gabinetto del Ministro. Il testo che qui si pubblica è quello originale, preparato da Ciano, sulla base di 27 appunti predisposti dai competenti uffici del Ministero, e approvato senza correzioni da Mussolini.

(l) Il 16 dicembre 1939.

(l) Vedi D. 492.

(l) Vedi Serle IX, vol. VII, D. 84o.

574

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 16328/893 P. R. Berlino, 30 maggio 1942, ore 18,40.

Mio telegramma n. 871 (1).

Riferisco circa colloquio avvenuto ieri tra Fiihrer e Bose: durante primo dei due discorsi, Fiihrer ha detto a Bose che cons_iderava per il momento come inopportuna qualsiasi dichiarazione per indipendenza sia dell'India che dei paesi arabi, poiché allo stato odierno delle operazioni militari non si sarebbe potuto trattare che di dichiarazione completamente platonica.

Differente sarebbe stata situazione giorno in cui forze alleate, scendendo dal Caucaso, dovessero affacciarsi al vicino e al Medio Oriente. Accennando inizio offensiva Libia, Fiihrer ha fatto capire come eventuale estendersi operazioni belliche territorio egiziano potrebbe rappresentare momento adatto per tale dichiarazione specialmente relativamente paesi arabi. Bose, prendendo atto dichiarazioni Fiihrer, facevagli peraltro notare che effettiva indipendenza India avrebbe provocato favorevole reazione su popolo indiano cui Inghiltera tende far credere che potenze Asse non desiderano altro che sostituirsi al suo dominio nell'India.

Fiihrer dichiarava in seguito a Bose che, se Forze Armate tedesche fossero in questo momento ai confini dell'India, egli non si sarebbe privato sua preziosa collaborazione e lo avrebbe voluto consigliere per sviluppo eventuali

operazioni nel territorio indiano, ma poiché alle frontiere dell'India vi sono oggi giapponesi e non tedeschi, egli lo lasciava libero di rimanere a Berlino, ove sua presenza sarebbe stata gradita, o di recarsi in Birmania per realizzare suo programma rivoluzionario.

Bose ha espresso Fiihrer riconoscenza per libertà di movimento concessagli ed ha persistito intenzione recarsi in Italia per la prima quindicina di giugno per rendersi conto possibilità tecniche del viaggio che egli si propone di compiere.

Bose, riferendosi conversazione avuta con Fiihrer, mi ha ringraziato per appoggio concessogli presso questo Ministero degli Affari Esteri e mi ha pregato esprimerVi, Eccellenza, sentitamente, sua più viva e cordiale riconoscenza per intervento Governo Fascista presso Governo del Reich, intervento che egli considera essere stato veramente decisivo per raggiungimento scopo che egli desiderava.

Riservomi comunicare possibilmente precisa partenza Bose per Roma.

(l) Vedi D. 554, nota 1 p. 601.

575

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. U. U. S. N. D. PER TELEFONO 19189/251 P. R. Roma, 30 maggio 1942, ore 20.

Nel corso delle dichiarazioni fatte stamane alle Commissioni Legislative del Senato, l'Eccellenza il Ministro ha detto, fra l'altro:

«Con l'aggressione diplomatica russa verso la Romania, che si concluse con l'abbandono della Bessarabia, questo paese avvertì il peso dell'isolamento, nel quale era caduto dopo il crollo della Francia, ed intese la necessità di modificare la propria politica mettendosi sulla strada di ragionevoli concessioni all'Ungheria. La politica filo-magiara dell'Italia non lasciava adito a dubbi. Per primi abbiamo compreso la necessità di questo eroico popolo e per primo il Duce ha solennemente reclamato giustizia. Non potevamo quindi che prendere ancora una volta posizione in favore di una revisione delle frontiere che cancellasse le ingiustizie del Trattato del Trianon. Si giunse così al Lodo di Vienna, il quale ha rappresentato quanto di più equo fosse possibile raggiungere nella soluzione di un problema molto complesso derivante dall'incredibile frammischiamento delle due nazionalità. La Transilvania, come del resto tutte le zone controverse dei Paesi Balcanici, non è divisibile su linee che facciano coincidere i criteri etnici con la realtà geografica. Il Lodo di Vienna rappresentò quindi un compromesso e, come tutti i compromessi, anche il più equo, non ebbe il potere di annullare i tanti motivi di frizione esistenti. È innegabile che anche oggi le relazioni tra Ungheria e Romania sono aspre ed avvelenate da una continua polemica che nemmeno le necessità di una guerra combattuta insieme valgono a far sopire. Italia e Germania si adoperano, si può dire quotidianamente, a Bucarest e a Budapest perché da una parte e dall'altra siano messe a tacere, almeno per il momento, le antiche voci di odio e perché lo sforzo unanime sia portato contro il nemico comune~.

Vorrete far mettere opportunamente in rilievo costà il particolare calore col quale l'Eccellenza il Ministro ha ricordato i vincoli di amicizia che legano l'Italia e l'Ungheria (1).

576

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 16341/623 P. R. Madrid, 31 maggio 1942, ore 3,10 (per. ore 8).

Personale per Eccellenza Ministro Affari ESTERI,

Ho oggi stesso consegnato a Serrano lettera V. E. (2) qui giunta stamane.

Questo Ministro Affari Esteri è d'accordo circa data 15 giugno p.v. e sarà lieto incontrarVi Livorno. Si è riservato precisare mezzo di trasporto e itinerario che mi farà conoscere primi giorni settimana. Serrano mi ha espresso nuovamente suo vivo piacere recarsi in Italia e avere con V. E. scambio di vedute nell'attuale momento (3).

577

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 16423/280 P. R. Budapest, 31 maggio 1942, ore 14,10 (per. ore 20).

Vostro telegramma 251 (4).

Presidente del Consiglio, al quale ho presentato parte Vostro discorso fatto al Senato concernente questo paese e situazione europea danubiana, mi ha incaricato esprimerVi sua riconoscenza per la nuova prova di amicizia e di comprensione data all'Ungheria. Kallay mi ha detto che al pari di tutti i suoi compatrioti sa quanto deve all'Italia e cercherà di poterlo dimostrare. Egli si ripromette oggi stesso di illustrare al Reggente Horthy testo Vostre dichiarazioni alle quali questa stampa dà grandissimo rilievo consacrandovi editoriali che vi definiscono <<l'antico e provato amico dell'Ungheria».

578

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3734/281 R. Budapest, 1° giugno 1942, ore 20,30 (per. ore 7,30 del 2).

Mio telegramma n. 280 (5).

Presidente del Consiglio mi ha detto che nel corso della corrente settimana partirà per la Germania per incontrarsi con il Fuehrer. Egli mi ha detto che spera di poter poi avere l'onore di rendere visita al Duce ed al Ministro per gli Affari Esteri e si riserva di farmi conoscere la data che egli vorrebbe sottoporvi per effettuare il suo viaggio (1).

(l) -Per la risposta di Anfuso, vedi D. 577. (2) -Vedi D. 561. (3) -Per la risposta di Ciano vedi D. 579. (4) -Vedi D. 575. (5) -Vedi D. 577.
579

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO

T. s. N. D. 132/579 R. Roma, 2 giugno 1942, ore 19.

Personale per Lequio.

Vostro 623 (2).

Sono lieto che Serrano Sufier abbia aderito alla mia proposta di tenere il nostro incontro a Livorno il 15 corrente. Potete fargli sapere che sarebbe mio vivo desiderio averlo mio ospite per alcuni giorni il che, oltre ad un utile scambio di vedute, consentirebbe a codesto Ministro degli Esteri di trascorrere qualche gwrno di riposo in Italia come egli mi ha accennato nella sua lettera. Fatemi conoscere con ogni urgenza definitiva decisione e numero giorni sua permanenza.

Circa richieste contenute nel Vostro n. 625 (3) nessuna difficoltà di mettere a disposizione saloncino per l'una o l'altra eventualità prospettata. Attendo conoscere tempestivamente l'itinerario prescelto per predisposizioni del caso, nonché elenco persone che accompagneranno Ministro.

Mi riservo da parte mia, non appena verrà indicata data esatta arrivo Italia nonché durata soggiorno, di farVi pervenire programma di massima. Telegrafate ( 4).

580

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3794/253 R. Ankara, 2 giugno 1942, ore 20,30 (per. ore 17,30 del 3).

Nell'accordo germanico-turco ieri reso di pubblico dominio e tuttora in via di perfezionamento a Benino le due parti contraenti hanno cercato o finto dl ingannarsi a vicenda.

I turchi hanno detto a questa Ambasciata di Germania presso a poco cosi: «Dio non voglia, ma potrebbe darsi, che la campagna sul fronte dell'est di questa

estate pur essendo vittoriosa non fosse decisiva. Anche in questo caso la Turchia vorrebbe poter conservare la sua neutralità. Senonché sarebbe da prevedere forti pressioni e anche concrete minacce alla Turchia da parte russo-angloamericana nell'autunno e nell'inverno. Dateci quindi le armi per resistere in attesa che veniate a soccorrerei». Ottimo ragionamento, dietro il quale si nasconde la tenace decisione della Turchia di armarsi a spese di chiunque e contro chicchessia.

I tedeschi da parte loro esagerano l'importanza del sacrificio che compiono per l'amica Turchia con cedere di propria iniziativa e in questo momento materiale bellico. Ma sopratutto perseguono il segreto intento di iniziare un traffico di armi verso la Turchia sì da poter domani, quando le armate germaniche giungeranno al Caucaso, occultare l'avviamento di maggiori quantitativi destinati alle dette armate.

(l) -Con successivo T.s.n.d. per telefono 3828/286 r. del 5 giugno, ore 12,25, Anfuso comunicò quanto segue: «Presidente del Consiglio dei ministri è partito per Berlino stamane, alle ore otto e cinquanta, In forma privata. A richiesta tedesca, notizia partenza è tenuta riservatissima». (2) -Vedi D. 576. (3) -Con T.s.n.d. 16422/625 del 31 maggio, ore 20, Lequio aveva chiesto quanto segue: «Qualora. come sembra, ministro Serrano preferisse compiere viaggio via terra prego farmi conoscere se potrà eventualmente essere messo vagone riservato Italiano a Cerbère per Il caso in cul venisse prescelto itinerario litoraneo, ovvero a Parigi nell'eventualità scelta cadesse su linea Chambéry-Modane. (4) -Per la risposta d! Lequio vedi D. 582.
581

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 16699/913 P. R. Berlino, 2 giugno 1942, ore 21,30.

Con riferimento Vostro 726 (l) comunico quanto ho potuto sapere qui circa l:l.ccordi commerciali turco-germanici.

Tra la Germania e la Turchia è stato concluso un accordo commerciale il quale pur lasciando inalterati tutti i trattati commerciali precedentemente firmati stabilisce uno scambio di merci per altri ulteriori 100.000.000 di marchi. Da parte tedesca verranno consegnate alla Turchia esclusivamente armi e munizioni. Una commissione militare turca è già arrivata in Germania per il collaudo e la consegna del materiale bellico pattuito. Il prezzo corrispettivo del materiale verrà per ora addebitato alla Turchia la quale si è impegnata a compensarlo con altra merce e materie prime nel più breve tempo possibile. Fra le materie prime sono comprese anche importanti partite di rame. Le trattative per questi nuovi accordi condotte ad Angora hanno durato circa due mesi.

582

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3779/631 R. Madrid, 2 giugno 1942, ore 23,35 (per. ore 7 del 3).

Per l'Eccellenza il Ministro degli Affari ESTERI,

Ho veduto nuovamente Serrano il quale mi ha confermato per incontro data 15 giugno e località Livorno.

Egli viaggerà quasi sicuramente per treno via Parigi e sarei pertanto grato risposta mio telegramma n. 625 (1).

Signora Serrano probabilmente accompagnerà o precederà Ministro il quale mi ha detto anche scopo riposo egli si fermerà, oltre Livorno, anche due giorni Parigi, un giorno Torino e due a Roma in stretto incognito.

Telegraferò risposta definitiva questo Ministro degli Affari Esteri (2).

(l) T. 19417/726 p.r. del lo giugno 1942, ore 21, non pubblicato: richiesta di informazioni circa !"accordo commerciale turco-tedesco.

583

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. 3806/396 R. Sofia, 3 giugno 1942, ore 21 (per. ore 7 del 4).

Seguito telegramma 391 (3).

Da conversazione avuta con persone degli ambienti politici e giornalistici ho tratto conferma che effettivamente non mancano qui coloro che sono rimasti alquanto perplessi dinanzi discorso di V. E. Ha colpito frase che Italia si trova oggi sul Vardar e sulla Morava, quasi che ciò rivelasse programma italiano di espansione ad oriente passando di forza su corpo della Bulgaria. Dato che invece proprio perché Italia travasi attualmente nel cuore della Penisola Balcanica si apre nuova possibile facilitazione per diretti fruttuosi e necessari contatti politici ed economici itala-albano-bulgari sarebbe opportuno forse in qualche nostro articolo ufficioso di commento si accennasse appunto a significato e valore di tale nuova situazione realistica collaborazione.

Tale articolo qui opportunamente ripreso metterebbe i punti sugli i e stroncherebbe speculazione dei soliti ambienti macedoni ed anche di terzi interessi (4).

584

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI

T. S. N. D. 19678/332 P. R. Roma, 3 giugno 1942, ore 23.

Tuo 387 (5).

A causa di altri improrogabili impegni mio viaggio dovrà subire un certo ritardo. Prevedo che verso la fine di questo mese potrò concretare la cosa e autorizzarti a provocare invito ufficiale.

(l) -Vedi D. 579, nota 3. (2) -T.s.n.d. 3809/635 r. del 4 giugno 1942, non pubblicato, che comunicava la data di partenza per l'Italia di Serrano Sufter (10 giugno) e l'Itinerario scelto. (3) -Non pubblicato: in tale telegramma (T. 3781/391 r. del 2 giugno 1942) Magistrati, dopo aver riferito 1 commenti del presidente del Consiglio bulgaro al discorso d! Ciano del 30 maggio, aggiungeva: «a quanto m! risulta qualche ambiente macedone a carattere ultra nazionalista è rimasto alquanto perplesso dinanzi precisa affermazione del valori albanesi». (4) -Per la risposta d! Ciano, vedi D. 587. (5) -Con T. s.n.d. 16447/387 p.r. del 31 maggio, ore 15 (non pubblicato), Magistrati aveva comunicato quanto segue: «Sono In attesa Istruzioni perché eventualmente possa partire da questo Governo invito per V. E.».
585

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3812/223 R. Roma, 3 giugno 1942 (per. il 4).

Ho richiamato oggi stesso l'attenzione del Cardinale Segretario di Stato sull'articolo dell'Osservatore Romano «Sotto l'arco di Tito» segnalatomi da codesto Ministero. Gli ho fatto rilevare come il quotidiano vaticano, nonostante i ripetuti richiami, continui a pubblicare ogni tanto articoli assolutamente inopportuni tanto dal punto di vista politico internazionale che da quello puramente interno.

Ho parlato contemporaneamente al Cardinale Maglione anche di un'altra pubblicazione apparsa sull'Osservatore di domenica scorsa riportante larghi brani del noto articolo di Paul Reynaud.

Il Cardinale Maglione mi ha subito detto che, nel mentre aveva rilevato quest'ultima pubblicazione e che aveva già in animo di fare in proposito un richiamo al Conte Dalla Torre, non appena questi fosse di ritorno a Roma, gli era sfuggito l'articolo da me segnalatogli. Lo avrebbe perciò subito esaminato per rendersi conto della sua inopportunità.

Non ho mancato di far presente al Cardinale Segretario di Stato che questi slittamenti dell'Osservatore Romano fuori della linea di condotta che la stessa Segreteria di Stato cerca di imporre alla Direzione non potevano non portare a reazioni da parte nostra.

Il Cardinale Maglione mi ha dimostrato di rendersi conto di questo stato di cose e si è riservato di riparlarmene posdomani (1).

586

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S. N. D. 19672/398 P. R. Roma, 4 giugno 1942, ore 12,30.

Vostro 342 (2).

Fate sapere Primo Ministro Tojo che il Duce ha molto apprezzato dichiarazione che gli è stata fatta pervenire per il Vostro tramite a proposito della preminenza degli interessi italiani nella questione araba e lo ringrazia dei sentimenti amichevoli che l'hanno ispirata.

(l) -Vedi D. 589. (2) -Vedi D. 571.
587

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI

T. 19865/338 P. R. Roma, 5 giugno 1942, ore 23.

Vostro 396 (1).

Non mi rendo conto delle preoccupazioni bulgare per le mie dichiarazioni alla Commissione degli Esteri del Senato. Io ho tenuto a mettere in rilievo che, nella nuova sistemazione balcanica, l'Italia e la Bulgaria erano divenuti paesi confinanti. A Sofia è noto che l'Italia ha sempre considerato la Bulgaria come un paese amico, ha appoggiato le sue rivendicazioni e ha considerato la contiguità territoriale con l'Albania un interesse comune dei due paesi. È in ragione delle relazioni particolarmente cordiali che esistono tra i due paesi che l'Italia considera tale contiguità utile ad attivare i nuovi traffici con la penisola balcanica. Per la stessa ragione abbiamo sempre sostenuto la necessità che la Bulgaria abbia uno sbocco nell'Egeo, necessità che io ho al Senato chiaramente riaffermata.

Le mie dichiarazioni al Senato sono state verbali, e non è stato redatto alcun resoconto stenografico. Quello che è apparso nella stampa è un riassunto fedele delle mie idee.

Di quanto sopra potrete intrattenere codesto Governo (2).

588

IL CAPO DELL'UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON IL COMANDO DELLA SECONDA ARMATA, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3833/332/26 R. Sussak, 5 giugno 1942 (3).

Ho rimesso copia al Generale Roatta della nota verbale (4) contenente decisioni del suo Governo circa le varie questioni relative alla nostra occupazione in Croazia, spiegando pensiero intendimento di cui al telegramma di

V. E. a riguardo (5).

Generale Roatta si trova perfettamente d'accordo, obbiettando soltanto che frase suggerita dal Comando Supremo: «territorio croato temporaneamente occupato da truppe italiane» sembravagli imprudente perché lasciava fuori tutte le località ove materialmente non vi erano o non vi sarebbero stati nostri presidi; egli si propone pertanto nelle conversazioni che avranno luogo con autorità croate di interpretare questa frase come: « seconda zona>>. Inoltre -dato che precisazioni dei dettagli da concordare con Governo croato richie

(-2) Per la risposta di Magistrati. vedi D. 595. (-4) Vedi D. 569, allegato.

45 -DocumAnti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

deranno presumibilmente qualche giorno e che egli non potrebbe per ragioni di servizio assentarsi in questo momento da Sussak --Generale Roatta avrebbe avuto intenzione convocare qua competenti Autorità militari croate per definire tutti i particolari varie questioni e recarsi quindi a Zagabria per accordo definitivo. Comunque prima di prendere iniziativa in questa materia egli attenderà naturalmente istruzioni da Comando Supremo.

Telegrafato Roma e Zagabria.

(l) -Vedi D. 583. (3) -Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo. (5) -Non rinvenuto.
589

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R.R. S.N.D. PER CORRIERE 17078/226 P. R. Roma, 5 giugno 1942 (per. il 5).

Riferimento mio telegramma n. 223 del 3 giugno corrente (1).

Sono tornato stamane dal Cardinale Maglione, il quale mi ha detto che, dopo aver esaminato il noto articolo dell'Osservatore Romano, conveniva pienamente su quanto io gli avevo detto e deplorava vivamente la pubblicazione di articoli di questo genere.

In via del tutto personale, mi ha poi dato lettura di una lettera scritta da lui di proprio pugno, diretta al Conte dalla Torre con la quale egli richiama seriamente l'attenzione di costui tanto sull'articolo «Sotto l'arco di Tito», quanto su altri che ultimamente l'Osservatore è venuto pubblicando, dichiarandoli assolutamente inopportuni.

In sostanza il Cardinale invita nella sua lettera il Direttore dell'Osservatore Romano a non turbare con siffatte pubblicazioni la situazione della Santa Sede.

Per quanto concerne la riproduzione fatta pure dall'Osservatore Romano della nota auto-difesa di Paul Reynaud, mi consta che ha protestato presso il Vaticano anche l'Ambasciatore di Francia, Bérard.

590

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3933/052 R. Madrid, 5 giugno 1942 (per. il 10).

Con mio telegramma n. 609 del 29 maggio u.s. (2) ho avuto l'onore di segnalarVi, Eccellenza, quanto questo Ambasciatore di Germania aveva a suo tempo riferito al suo Governo circa il movimento monarchico in Spagna. Aggiungevo che von Stohrer a quella data non aveva ancora ricevuto alcun riscontro da Berlino. Ora, da questa Ambasciata tedesca ho saputo che Ribbentrop, pur

astenendosi dall'esprimere una opinione al riguardo, ha chiesto a Stohrer di fargli conoscere in quale senso la Germania potrebbe eventualmente svolgere una azione diretta od indiretta in favore della Restaurazione.

Dopo avere ancora una volta segnalata l'intensificazione del movimento monarchico e fatto presente che l'Inghilterra vi profonde buona parte delle somme destinate alla propaganda in Spagna, somme che come ho riferito ammontano a sei milioni di pesetas pari a circa 12 milioni di lire mensili (mio rapporto n. 4405/1479 del 23 maggio u.s.) (1), Stohrer, nel suo rapporto, esamina brevemente in quale maniera il Reich potrebbe intervenire. Le linee di azione che egli prospetta sono le seguenti:

l) -La Germania potrebbe chiedere ufficialmente al Caudillo quale atteggiamento il Governo spagnolo si propone di adottare nei riguardi di Don Juan.

Se il Caudillo dichiarasse che non intende appoggiare le aspirazioni dei monarchici, la Germania potrebbe limitarsi a prendere atto della dichiarazione.

Se invece il Generalissimo, come già fece in un suo discorso in Catalogna (mio telespresso n. 1015/349 del 3 febbraio u.s.) (2), affermasse nuovamente che egli, pur riservandosi di stabilire il momento del trapasso dei poteri, considera il ritorno della Monarchia come il coronamento della sua opera, la Germania potrebbe lasciar intendere che desidera rinviare la questione al dopo guerra e ciò per evitare violente scosse al Paese che tuttora non si è riavuto dalla lotta civile. Tale dichiarazione sarebbe però solo diretta a prendere tempo, per dar modo cioè al Governo tedesco di cercare di attirare il futuro sovrano nella sua orbita. Don Juan verrebbe invitato nel Reich e si farebbe il possibile per guadagnarlo alla Germania.

2) -Nel caso ritenesse la Restaurazione di suo preciso interesse il Reich potrebbe intervenire militarmente e alle condizioni che crederà porre. Stohrer ha concluso il suo rapporto domandando di essere chiamato a Berlino per conferire (3).

(l) -Vedi D. 585. (2) -Vedi D. 572.
591

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 4693/1579. Madrid, 5 giugno 1942.

Circa l'imminente incontro di Livorno il Ministro Serrano mi ha ancora ieri pregato di esprimerVi, Eccellenza, la sua profonda soddisfazione di trascorrere alcuni giorni nella nostra Patria e di essere Vostro ospite nella città che ha dato i natali all'Eroe di Buccari. Egli, a quanto ripetutamente mi ha detto, desidera non solo avere con Voi uno scambio di idee sulla situazione mondiale ma, per quanto riguarda le relazioni fra i due Stati, si propone anche di trattare alcuni problemi di indole economica. A suo modo di vedere non

sarà dunque necessario alcun comunicato ufficiale sulle conversazioni e tutt'al più, a visita avvenuta, potrà esserne data breve notizia alla stampa.

Serrano ha dunque tenuto a precisare che non si tratterà di convegno politico ma di viaggio di riposo nel Paese che predilige e di visita a Persona per cui nutre affetto ed ammirazione.

Né altro linguaggio egli poteva tenere.

Consentitemi tuttavia, Eccellenza, di formulare l'ipotesi che da considerazioni di indole generale Serrano sia inevitabilmente condotto a parlarVi della Restaurazione e della situazione interna della Spagna, questioni che in definitiva non ne formano che una sola.

Per la Restaurazione mi riferisco ai miei rapporti in materia (1). In essi ho rilevato il fermento prodottosi negli ultimi tempi, ho cercato di collegare gli avvenimenti con le sfumature ambientali e i moti psicologici che in questa atmosfera politica potranno divenire gli elementi costitutivi della nuova realtà spagnola, ho infine riferito le dichiarazioni di Serrano a persone di assoluta fiducia che me le hanno comunicate. Con me egli mai ha parlato del problema ed io, per parte mia, me ne sono costantemente astenuto ritenendo l'argomento di tale natura da non potere essere trattato se non sulla base di superiori direttive (mio telegramma per corriere 010 del 27 gennaio u.s. (2).

Il ritorno della Monarchia è fatale. Ma nella odierna situazione della Spagna stretta tra nazioni in guerra, con un Governo composto di elementi in continuo contrasto, con una Falange che non riesce ad avere una propria consistenza, con un Capo che vorrebbe tutto «accomodare» in base a procedimenti conciliativi e che ancora non si è deciso a pronunciare un discorso dal 3 gennaio, in questa paradossale situazione che né l'insopprimibile orgoglio castigliano, né la mai piegata insolenza dei generali possono modificare, sarà possibile un colpo di stato senza imposizioni, ingerenze, consigli stranieri? E come? E quando?

I Ministri militari al potere, i generali d'armata, gli ufficiali subalterni, sono apertamente per il Re. Essi si fregiano con insegne monarchiche, essi ostentano nelle loro case e nei loro uffici ritratti del Pretendente, essi, e anche in pubblico, come recentemente ha fatto il generale Espinosa (mio rapporto

n. 3504/1185 del 27 aprile u.s.), auspicano alla Monarchia, ma potranno essi giungere al Pronunciamiento? Una sommossa militare non significherebbe sottomettersi a questo od a quel belligerante, compromettere la libertà della Dinastia, coscientemente predestinarla al fallimento? Meglio non è forse attendere una decisione dalla forza delle circostanze o quando sarà chiarito il destino europeo? Questi i quesiti che renderebbero esitanti gli elementi più ponderati dell'Esercito, il quale, come è noto, costituisce con il Clero la sola forza organizzata della Spagna.

Il Clero è anch'esso incondizionatamente per la Dinastia, tuttavia i Ge-· suiti, che tanto potere hanno in Spagna, che trasferirono i loro capitali in Inghilterra e in America e che quindi una sconfitta inglese danneggerebbe

652 in maniera diretta e sensibilissima (mio telespresso n. 3310/1013 del 2 maggio 1941) (1), e che infine ritengono la Germania contraria al movimento monarchico, preferiscono, come è loro abitudine, l'azione in profondità per non esporsi alle rappresaglie del Nazismo che preme ai Pirenei e che è temuto ed odiato ancor più del bolscevismo.

La classe dirigente? I funzionari mai hanno fatto le rivoluzioni.

La massa? La massa spagnola è senza dubbio sensibile, passionale anzi, coraggiosa, sprezzante del pericolo e della morte quando deve combattere, ma nella vita di ogni giorno opaca, assente, primitiva. Le ideologie ancora non l'hanno penetrata, neppure la comunista perché, grazie all'intervento fascista, la vittoria dei nazionali ha impedito agli emissari di Mosca di esercitare nella misura che essi speravano il loro influsso. I fenomeni di ignoranza, di incomprensione, di fanatismo che qui è dato osservare e che quasi sempre degenerano in fatti di sangue, non sono dunque tanto dovuti al comunismo quanto all'anarchia, che, in determinati momenti, spinge questa gente a ribellarsi all'autorità della Legge. No, altri sono i principi che sono stati assorbiti dalla massa spagnola, i principi cioè dell'indipendenza politica e dell'intolleranza religiosa. Di qui le lotte secolari contro i mussulmani, contro l'eresia, contro lo straniero (Napoleone commise l'errore di gettarsi sulla Spagna troppo tardi quando già aveva logorato le sue forze contro le coalizioni orientali), principi sempre vivi nella coscienza del popolo spagnolo tanto che oggi l'attività propagandistica britannica s'impernia sopratutto nel diffondere la persuasione che la vittoria germanica significherà la supremazia di una potenza egemonica e anticattolica.

L'aristocrazia? Sicuramente essa ha la sua importanza. Ma l'aristocrazia ha lasciato che il Re abdicasse in seguito alle risultanze di insignificanti elezioni municipali e per quanto si affatichi a dichiarare che andrà a prendere 11 Re in aereo o a Roma o a Lausanne difficilmente potrà avere una azione decisiva.

Ciò premesso, oggi ancon non appare chiaro, come e per mezzo di quale forza nazionale, il Sovrano potrà rientrare nella capitale.

Occorre inoltre tener presente che il prestigio del Caudillo è ancora grande e che la Falange, pur non avendo acquistato la preponderanza che si sperava, è tuttavia riuscita a formarsi una rete di interessi e di influenze in modo da costituire elemento da non negligere.

Infine, e non per ultimo, sarebbe necessario conoscere gli intendimenti in proposito di don Juan.

Quanto si è detto per la Restaurazione vale previamente per la situazione interna. È anzi la situazione interna che, come più volte ho cercato di rilevare, ha ridestato le non sopite nostalgie per quella Monarchia che dava alla Spagna l'Impero senza tramonti.

La Spagna non ha sanato le ferite della lotta civile: il Paese ancora è sparso di rovine: le passioni ancora non sono quetate. Da una parte e dall'altra i misfatti sono stati innumerevoli e la sete di vendetta non è sedata. Settimanalmente vengono fucilati gruppi di rossi che altro torto forse non

hanno se non quello di avere supinamente seguito il capo comunista che dominava nel villaggio e nella provincia e che con altrettanta abnegazione e altrettanto coraggio avrebbero obbedito al capo nazionale.

La situazione economica è certo migliorata. La Spagna sta facendo affari d'oro con i metalli che vende in contrabbando ad entrambi i belligeranti: il raccolto delle olive dell'anno scorso è stato abbondante e quello prossimo del grano si annuncia stupefacente, tra i migliori dell'ultimo cinquantennio. Ma la fame persiste, il benessere non è diffuso e rimane la prerogativa di una casta. Colpa questa della secolare disorganizzazione, delle difficoltà di approvigionamenti di materie prime al di là dell'Oceano, della deficienza di mezzi di trasporto.

Questo il clima politico in cui Serrano si accinge a recarsi in Italia. Sulla sua posizione personale ho più volte riferito e vogliate permettermi di richiamare la Vostra alta attenzione sul rapporto n. 10316/3356 del 31 dicembre

u.s. (1), in cui ne ho tracciato il profilo di uomo politico. Certo egli è in contrasto con tutti o quasi tutti, generali e falangisti. Certo egli spesso non condivide le idee del Capo. Ma certo è anche che, fra gli uomini rappresentativi della Spagna, è uno dei pochi che abbia sensibilità politica e larghezza di vedute, e che, quando manifesta i suoi sentimenti di simpatia per l'Italia Fascista, è sincero. Nelle sue conversazioni egli ama ricordare gli anni trascorsi a Bologna, non cela la speranza di ritornare un giorno in Italia come Ambasciatore del suo Paese e nutre una ammirata amicizia per Voi, Eccellenza.

Non sarebbe poi da escludere che nel suo intimo Serrano ritenga che il Convegno di Livorno varrà, dopo i duri attacchi ancora recentemente subiti, a rafforzare la sua posizione personale e a porlo in migliore luce presso partigiani ed avversari.

Circa l'atteggiamento della Germania sulla Monarchia riferisco con odierno telegramma per corriere n. 052 (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Il presente telegramma reca il visto di Mussol\ni. (l) -Vedi DD. 564, 565 e 572. (2) -T.s.n.d. per coniere 751/010 r. del 27 gennaio 1942, non pubblicato, relativo al colloqui con l'ambasciatore e con l'incaricato d'affari di Germania a Madrid circa la restaurazione monarchica in Spagna.

(l) Non pubblicato.

592

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI, GIANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO 42. Roma, 5 giugno 1942.

Ho firmato i nuovi accordi commerciali con la Spagna, rompendo ogni ulteriore indugio, perchè, in discussioni più o meno fruttuose, abbiamo perduto ben cinque mesi. Infatti i nuovi accordi decorrono non dal lo gennaio ma dal l o giugno soltanto.

Nel complesso c'è una riduzione dei traffici, ma ciò era inevitabile, dato che non possiamo dare alla Spagna forniture equivalenti a quelle che chiediamo. Più grave è forse la lettera di Serrano Sufier (3), che sono stato incaricato di rimetterVi, in quanto da essa si desume che sui contingenti conve

nuti si può contare relativamente, cwe m quanto la Spagna sara m grado di dare quello che ora crede di poter dare. L'Incaricato d'Affari, al momento di firmare, ha letto un discorso more hispanico, nel quale ha sottolineato che l'Accordo si è concluso grazie all'intervento del Duce e Vostro e quello di Serrano Sufier, accentuando che non manca la buona volontà di eseguirlo ed anzi si spera che si potrà migliorare per via.

Il precedente Accordo fu concluso in analoghe condizioni. Anche allora fu firmato perché riuscii a far comprendere che l'indugio ci costava. I fatti mi hanno dato ragione, perché l'applicazione pratica ha superato le nostre aspettative ed è andato benissimo. Ritengo che anche il nuovo Accordo potrà essere migliorato nell'applicazione, se sapremo e potremo vivificarlo.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 590. Il presente documento reca il visto eli Mus~olini. (3) -Vedi D. 558.
593

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO, SERRANO SU:NER

L. s. N. Roma, 5 giugno 1942.

Con riferimento alla Vostra del 22 maggio desidero anzitutto far pervenire a Voi, Eccellenza, l'espressione del mio più cordiale ringraziamento per l'attiva parte che avete presa alla conclusione degli Accordi commerciali fra i due Paesi.

Come Voi ben dite i risultati raggiunti sono buoni nel complesso e dimostrano, ancora una volta, quella perfetta profonda e completa comprensione che esiste fra i nostri due Paesi.

Ed è proprio in base a tale comprensione, che io sono sicuro che da una parte e dall'altra si farà ogni sforzo per l'integrale mantenimento degli impegni presi.

Mi è gradita l'occasione per rinnovarVi, Signor Ministro e caro Amico, l'espressione della mia più alta considerazione e della mia più cordiale amicizia.

594

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 3856/290 R. Budapest, 6 giugno 1942, ore 13,40 (per. ore 21).

Mio telegramma 286 (1).

Kàlly mi ha fatto dire da Ghizy di aver dato istruzioni a Mariassy perché senta costà quale sia la data più conveniente per la visita del Presidente del Consiglio dei Ministri Ungherese in Italia. Sarò grato a V. E. se vorrà a suo tempo informazioni delle decisioni prese (2).

(l) -Vedi D. 578, nota l p. 645. (2) -Per la risposta di Ciano vedi D. 599.
595

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. R. 17275/400 P. R. Sofia, 6 giugno 1942, ore 14,40 (per. ore 21).

Telegramma di V. E. n. 338 (1).

Ho intrattenuto questo Presidente del Consigìio dei Ministri nel senso indicato, Egli ha ringraziato e mi ha detto di altamente apprezzare quanto V. E. ha voluto riaffermare circa utilità e scopo della frontiera comune creatasi fra i due paesi amici. Rinnovata affermazione di V. E. circa necessità per Bulgaria aver sbocco all'Egeo che nel testo riassunto telegrafico del discorso non era apparsa in giusta luce, è destinata provocare Sofia viva soddisfazione. Presidente del Consiglio ha infine aggiunto che perplessità di taluni circoli si è venuta dileguando dopo più approfondita lettura del discorso quale pubblicato dalla stampa italiana. Segue rapporto (2).

596

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER TELESCR. 17284/946 P. R. Berlino, 6 giugno 1942, ore 18,30.

Visita di Hitler a Mannerheim ha avuto in Germania grande eco nella stampa e nella opinione pubblica. A parte i sentimenti di cameratismo militare marcati dall'avvenimento, esso suscita negli ambienti politici commenti dei quali desidero far rilevare:

l. -Anche se visita non ha avuto cerimoniale diplomatico, e se ad essa non ha partecipato il Ministro degli Affari Esteri del Reich, sta di fatto però che vi è stato un incontro fra Capi di Stato, Hitler e Ryti, sul territorio finlandese e che Fiihrer ha quindi per la prima volta messo su un piede di eguaglianza internazionale un piccolo paese.

2. -In ciò si vuole vedere un riconoscimento della piena autonomia e indipendenza della Finlandia anche per il futuro. Fatto è tanto più notevole perché Finlandia è gelosissima della sua costituzione democratica. Fiihrer ha dato così dimostrazione di come Germania sia disposta ad aver considerazione e amicizia politica anche per uno Stato di regime diverso e non autoritario, purché sia convinto della volontà leale di collaborazione di tale Stato nella nuova Europa sotto il segno antibolscevico.

Tali punti, sfiorati anche commenti di stampa e meglio precisati nei colloqui con persone vicine alla Wilhemstrasse meritano attenzione perché potrebbero indicare un atteggiamento più conciliante della Germania nei riguar

di dei piccoli popoli europei. Effettivamente Berlino comincerebbe ad accorgersi che andamento economico industriale dei paesi occupati è maggiore se essi possono aver garanzia per il loro avvenire.

(l) -Vedi D. 587. (2) -Non pubblicate..
597

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO

T. U. S. N. D. 20040/400 P. R. (l) Roma, 7 giugno 1942, ore 2,30.

Il Poglavnik ha invitato generale Roatta trovarsi domani sette Zagabria per concordare modalità pratiche applicazione criteri contenuti in nota verbale rimessa al Ministro Ferie in risposta richieste Ministro Kosak su alleggerimento effettivi Supersloda, esercizio poteri civili ecc. (2).

Duce ha disposto che Generale Roatta non venga costi fino a quando non sia stata data piena soddisfazione richieste Supersloda riparazioni incidenti Serajevo di cui telegramma di Castellani n. 333 (3).

Nota Verbale vi viene trasmessa in copia per corriere. Nel rimettere detto documento al Ministro Ferie gli è stato fatto osservare che con soluzioni in esso prospettate R. Governo aveva inteso dare nuova prova comprensione e amicizia verso Governo croato. Dato tale carattere della Nota è stato raccomandato a Perle che soluzioni in essa contenute non siano fatte oggetto di mercanteggiamento, rappresentando m.assimo sforzo per venire incontro desiderata codesto Governo.

Generale Roatta è stato incaricato da Comando Supremo attirare attenzione codesto Governo su taluni suoi atteggiamenti per quanto riguarda sue velleità in materia navale che consideriamo in aperto contrasto con impegni Croazia in base accordo demilitarizzazione maggio 1941. In particolare ci riferiamo a accenno Marina da guerra nel decreto sulla costituzione forze armate croate ; all'esistenza di un Comando Marina; alla modifica del nome delle Capitanerie di Porto in Comandi costieri. Generale Roatta chiederà che siano eliminate tre predette locuzioni.

598

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3874/261 R. Ankara, 7 giugno 1942, ore 16,16 (per. ore 18).

Saracoglu parlando con me iersera in via del tutto confidenziale mi ha detto che non solo lui ed io desideriamo ardentemente la sconfitta della Russa

sovietica ma anche gli inglesi ed americani. Avendogli io fatto osservare che gli anglo-americani aiutano Stalin di cui sono alleati, mi ha risposto che queste sono le necessità contingenti di una politica transitoria quale si trova tutti i giorni in Oriente. Tale opinione di Saracoglu rispecchia i nuovi indirizzi della propaganda americana; essa comunque conferma esser sempre negli intendimenti della Turchia di favorire una pace di compromesso una volta schiacciata la Russia.

(l) -Il telegramma venne inviato per telescrivente tramite il Comando Supremo. (2) -Vedi D. 569. (3) -Non pubblicato: con tale telegramma (T. 3832/333 r. del 6 giugno 1942), Castellani riferiva su alcuni incidenti occorsi a Serajevo nei giorni 31 maggio, 3 e 4 giugno, in relazione ai quali Roatta aveva elevato formale protesta al Governo croato chiedendo punizione per l responsabili, presentazione di scuse e adozione di provvedimenti energici.
599

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO

T. S. N. D. 20091/266 P. R. Roma, 7 giugno 1942,ore 23.

Personale per Anjuso.

Mariassy ha fatto il passo di cui al Vostro 290 (1). Gli è stato risposto che Duce sarà molto lieto di vedere Kàlly, ma che è preferibile rinviare visita ai primi di settembre dati altri impegni del Duce e miei. È stato infatti chiarito a Mariassy, con la preghiera del più assoluto segreto, che il Duce intende nei prossimi mesi compiere delle visite ai fronti. Da parte mia dovrò incontrare fra qualche giorno Ministro Esteri Spagnolo.

Quanto sopra per Vostra confidenziale norma di linguaggio con codesto Presidente del Consiglio (2).

600

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3905/530 R. Santiago, 8 giugno 1942, ore 20,11 (per. ore 12,30 del 9).

Mentre avvenimenti bellici svolgonsi con esito negativo per Alleati, propaganda Nord-Americana si è in questi ultimi tempi specialmente intensificata, usando ai suoi fini ogni attività locale, stampa e radio, istituzioni culturali religiose e di assistenza sociale. Poichè vi ha impiegato mezzi enormi non poteva mancare di conseguire certo successo in un paese ove tutti più o meno sono molto sensibili a interessi.

Stampa e radio, a parte nostri modesti organi, ci sono ormai totalmente contrari, eccetto qualche articolo che con difficoltà e spese sempre maggiori cerchiamo pubblicare in giornali locali e nostro bollettino guerra, essi non pubblicano ormai che informazioni e notizie americane false ingiuriose e calunniose per noi, che il pubblico comincia a credere. Profittando sofferenze popolo e difficoltà industrie e classe media inerenti situazione mondiale e anche imprevidenza Governo ed a rarefazione importazioni messa in atto dagli stessi S.U.A. come pressione, propaganda nord-americana sforzasi dimostrare che ciò dipende da posizione assunta Cile in conflitto che tale situazione potrebbe

di gran lunga favorevolmente modificarsi se il Cile rompesse sue relazioni con Asse. Opinione pubblica popolare seguita restare completamente aliena da ogni velleità bellica. Questo popolo soffre duramente ed altro non cercherebbe che un pò di lavoro e un pò di benessere. Ma è evidente che promesse illusorie nord-americane cominciano far breccia in sue sofferenze. Non vuole guerra, non intende unirsi Nord-America che in fondo d!sprezza ma comincia rivolgere sordamente suo risentimento verso noi come capro espiatorio sue sofferenze.

Partiti estremi notoriamente soldo S.U.A. cui sono iscritti quasi tutti lavoratori locali contribuiscono tale stato animo. Loro giornali ripetono giornalmente sofferenze lavoratori non potranno alleviarsi se non unendosi strettamente con S.U.A. contro Asse. Tale propaganda è sopratutto anti-germanica e anti-giapponese ma noi ne soffriamo per contraccolpo. Classi superiori qualsiasi partito, anche conservatori cattolici presso cui avevamo speciali simpatie, vanno progressivamente inclinandosi, attraverso vecchi snobbismi filobritannici, verso alleati, sia per simpatia ideologica, sopratutto in funzione anti-germanica, sia per interesse materiale, poiché denaro è stato sempre qua elemento essenziale ogni direttiva politica. Presidente della Repubblica che si mantiene prudentemente appartato e silenzioso si dice che non intende recedere dalla linea delle direttive politiche internazionali fissate suo messaggio che possono riassumersi in non belligeranza verso paesi americani, neutralità verso altri continenti e che Cile non sarà mai base attacco contro democrazia. Ma se non riesce tempestivamente a porre argine a enormi pressioni che pesano su suo Governo e sopratutto se non riesce liberarsi a tempo di qualche collaboratore che per suoi precedenti (mio telegramma n. 296) (l)

o per filiazione politica (mio telegramma n. 526) (2) sono indubbiamente in mano nord-americano; vi è da temere [che] ogni sua decisione e ogni sua buona volontà possa divenire impari innanzi enormi interessi contrari.

(l) -Vedi D. 594. (2) -Per la risposta di Anfuso vedi D. 610.
601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BERNA, TAMARO

T. S. N. D. 135/387 R. Roma, 9 giugno 1942, ore 24.

A conferma comunicazioni telefoniche odierne si informa che codesto Ministro Cina è stato nominato Ministro presso Santa Sede ed ha in questi giorni ottenuto gradimento Vaticano.

È nostro interesse che egli raggiunga Roma il più tardi possibile. Alla sua richiesta di visto per ingresso in Italia dovrete per conseguenza opporre procedura dilazionatrice, motivandola con presunta necessità adozione speciali disposizioni Autorità militari e svolgimento pratiche conseguenti.

Rifiuto permanente da parte nostra o difficoltà troppo marcate contrasterebbero con le disposizioni Trattato Laterano. Vostro atteggiamento dovrà invece avere carattere di semplice temporeggiamento, motivato con procedure burocratiche anzidette e diretto dilanzionare arrivo Rappresentante Chung King almeno quindicina di giorni a partire dalla data cui Vi sarà presentata richiesta visto passaporto.

(l) -Con T. 2034/296 r. del 22 marzo 1942, non pubblicato, De Rossi aveva riferito che l'avvocato Barros, designato come ministro degli ESTERI, era «da tempo vincolato con finanza nordamericana >>. (2) -Con T. 3866,526 del 6 giugno 1942, non pubblicato, De Rossi aveva segnalato l'affiliazione del ministro delle Finanze al partito socialista, che seguiva una politica contraria al Presidente.
602

IL PRESIDENTE DELLA SOTTOCOMMISSIONE AFFARI GENERALI DELLA COMMISIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, LIBERATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R.R. 12050 AG. Torino, 9 giugno 1942 (per. il 12).

Si rimette, qui unito, copia del rapporto inviato dall'Eccellenza il Presidente al Comando Supremo in data 7 corrente, e concernente una sua recente conversazione con l'Ammiraglio Duplat, di ritorno da Vichy.

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. 38375 PR. Torino, 7 giugno 1942.

Nel colloquio da me avuto con l'ammiraglio Duplat il 3 corrente, l'ammiraglio, esaurito l'argomento della convivenza tra italiani e francesi in Tunisia, del quale ho riferito con lettera n. 38374 odierna (1), ha affrontato quello delle relazioni tra Italia e Francia nei riguardi, specialmente, dell'aspra campagna mossa in Italia contro il governo Laval.

L'ammiraglio mi ha riferito di aver visto a Vichy il signor Laval il quale gli ha manifestato il suo rincrescimento per le attuali condizioni delle relazioni italo-francesi. Il signor Lavai gli ha detto di non aver cambiato affatto il suo punto di vista, ben noto, nei riguardi dell'Italia e di voler, oggi come ieri, risolvere i problemi dell'ora con senso realistico e perciò senza vani sentimentalismi.

L'ammiraglio Duplat mi ha poi fatto notare come i problemi dell'ora siano, per la Francia, gravissimi, quasi tragici e come perciò sia « regrettable » la campagna della stampa italiana, in quanto essa non giova a facilitare l'arduo compito del signor Laval. L'ammiraglio Duplat ha proseguito -avvertendomi però che in questo egli esprimeva il suo pensiero personale, non avendo parlato dell'argomento col signor Laval -dicendomi che se nel suo radio-discorso iniziale il signor Lavai non ha fatto cenno esplicito all'Italia, si è perché quel discorso era essenzialmente diretto al popolo francese, pel quale il problema della collaborazione si restringe al solo problema dei rapporti tra Francia e Germania, visto che questa è la potenza militare preponderante.

Per mio conto ho fatto osservare all'ammiraglio -asserendo anch'io di parlare a titolo puramente personale -che in realtà il problema della collaborazione riguarda l'intero Asse e non la sola Germania e che tra Italia e Francia, affacciandosi entrambe e soltanto nel Mediterraneo, esistono, oltre al problema generico della collaborazione, altri problemi specifici che esigono una loro risoluzione.

L'ammiraglio Duplat ne ha convenuto e mi ha confermato che il signor Lavai tratterà i problemi che ci dividono tenendo conto della realtà della situazione pur badando -come è suo dovere -agli interessi francesi.

(l) Non pubblicata.

603

L'AMBASCATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 18171/195 P.R. Shanghai, 10 giugno 1942, ore 6 (per. ore 21,45).

A complemento del mio telegramma n. 156 del 5 maggio u.s. {l) comunico che recentissime istruzioni tedesche circa azione economica tedesca in Cina prescrivono di far ogni sforzo per mantenere le posizioni attuali nessuna esclusa e di intensificare a tal fine trattative per una collaborazione sia pure personale con enti giapponesi (che controllano interamente attività Shanghai). Sono stati portati quegli assaggi cui accennavo telegramma suddetto, sono stati fatti anche esperimenti benché in minima scala. Per franca ammissione del funzionari tedeschi tali esperimenti sarebbero addirittura scoraggianti. I giapponesi chiedono la maggior parte dell'affare togliendo l'iniziativa e le trattative a tedeschi, ad essi lasciando un profitto indicato per alcuni casi al 5 % netto. Non sembra per ciò che una collaborazione vera e propria possa essere mai stabilita. Si sarà ridotta pertanto a mantenere ditte ed organizzazioni con misure di ripiego aspettando che mutino le circostanze e che da parte giapponese si dimostri comprensione e disposizioni più favorevoli. E si torna a guardare all'azione economica tedesca in Cina già fiorente come a una possibilità che sembra allontanarsi ogni giorno di più, in contrasto con le previsioni di qualche tecnico che faceva deviare le eventualità di una ripresa dalla enorme estensione al sud dell'attività finanziaria ed economica giapponese. Cadono dunque molte illusioni e sembra stiano per cadere anche quelle accarezzate da questa Ambasciata di Germania circa la possibilità non lontana di trattative per ottenere che almeno il Siam e l'Indocina siano lasciate aperte alle iniziative dell'Asse per ottenere un minimo di materie prime.

Telegrafato Roma e Tokio.

604

IL MINISTRO A HELSINKI, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3929/119-120 R. Helsinki, 10 giugno 1942, ore 13 (per. ore 19).

Circa visita Hitler in occasione anniversario nascita Maresciallo Mannerheim Ministro degli Affari Esteri ha osservato che essa non può modificare noti capisaldi della politica estera finlandese ma vale rafforzare vincoli cordiale collaborazione militare finlandese tedesca. Ministro degli Affari Esteri ha soggiunto che non è stato sottoscritto alcun accordo, che apparisce del resto superfluo in vista identità obbiettivi due paesi in guerra, ed in considerazione senso di fiducia che ispirano loro relazioni.

A Ministro degli S.U.A. che ha chiesto se impegni sono stati assunti signor Witting ha risposto negativamente.

Ministro degli Affari Esteri ha severamente giudicato interpretazione anglosassone, secondo cui visita Fuehrer sarebbe da riportarsi a diminuito senso sicurezza nella guerra contro l'U.R.S.S. ed a desiderio rendersi conto personalmente stato d'animo dirigenti finlandesi. Egli mi ha detto che al contrario Presidente della Repubblica e membri del Governo hanno tratto impressione che il Fuehrer è animato da sano senso fiducia e che con suo sicuro controllo avvenimenti sa infonderla in quelli che l'avvicinano.

Ho chiesto a Ministro degli Affari Esteri se si sia parlato con Fuehrer situazione economica alimentare e durata operazioni belliche in questo settore. Egli mi ha risposto non essere in grado fornirmi dettagli, perché non ha partecipato conversazioni svoltesi tra Fuehrer, Presidente della Repubblica, Maresciallo Mannerheim e Generale Keitel. Si è compiaciuto tuttavia recenti accordi con Germania per invio Finlandia carne fresca e conservata esclusivamente per l'esercito, oltre alla segala frumento orzo per la popolazione civile.

Si afferma che in ambienti social-democratici visita Hitler avrebbe suscitato malumore a causa delle note preoccupazioni per accrescimenti posti bellici a disposizione della Germania in questo paese. A riprova tale affermazione è stato osservato che organo radica-socialista Sozial Demokratic, a differenza altri giornali, si è limitato pubblicare comunicato ufficiale astenendosi da commenti e da qualunque altro dettaglio. A tale riguardo Ministro degli Affari Esteri ha rilevato che ritardo col quale venne diramato comunicato non permise a Sozial Demokratic che dispone scarsi mezzi, occuparsi tempestivamente e diffusamente avvenimenti.

(l) Vedi D. 515.

605

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'.f. S. N. D. 3947/299-301-304 R. Budapest, 10 giugno 1942, ore 23 (per. ore 18 dell'11).

Fronte russo: il Fuehrer conta nei prossimi due mesi di poter avere ragione dell'esercito sovietico. Questo -dice Hitler -è l'obiettivo importante, al di fuori di qualsiasi successiva occupazione territoriale, distruggere tutte le armate sovietiche da Murmansk al Mar Nero, evitare che esse si ritirino e creino un nuovo fronte. Che l'esercito tedesco arrivi a Baku o al Volga è

certo importante ma lo scopo della prossima offensiva è debellare esercito sovietico. Quando Germania avrà raggiunto questo scopo, le truppe tedesche potranno essere impiegate, se è necessario, nel prossimo anno su altri fronti. Circa probabile inizio offensiva Kallay non crede, in base a quanto gli ha detto Hitler, che essa possa iniziarsi prima della fine di questo mese poiché è in corso attacco su Sebastopoli che dovrebbe essere decisivo e ripulitura della sacca di Charkow dove sono ancora resti di alcune divisioni che oppongono resistenza. Kallay è rimasto colpito efficienza e aspetto truppe tedesche. Per quanto concerne attacco su Sebastopoli Fuehrer gli ha detto che truppe romene sono state ritirate in seconda linea e che investimento è condotto principalmente da truppe tedesche. (301) Il Fiihrer si è mostrato con Kàllay altamente ammirato del contegno delle truppe italiane. Egli ha elogiato agguerrimento e capacità di resistenza delle nostre truppe durante il terribile inverno sovietico ed ha detto a Kallay che le truppe fasciste non sono in valore seconde a nessuno. Kallay ha tenuto a ripetermi testualmente questo giudizio. Il Fuehrer ha lodato contegno dei soldati spagnuoli che ha definito « Mordskerle ». Parlando delle truppe ungheresi ha detto che esse avranno un compito molto difficile nel prossimo impiego, forse più difficile di quello assegnato alle truppe romene.

Rapporti ungaro-romeni: Kallay ha rappresentato al Fuehrer il punto di vista ungherese sulla situazione romena. Ha detto cioè che mentre l'Ungheria non può essere e non può vivere che con Asse, la Romania è ancora chiaramente legata agli interessi anglo-americani; sua opinione pubblica è nella grande maggioranza sfavorevole all'Asse. Si aggiunge -ha detto Kallay -che la Romania può facilmente cambiare bandiera poiché la sua composizione sociale ed etnica le può consentire di diventare tanto comunista che democratica mentre per l'Ungheria non vi è che la strada che segue adesso. Avendogli Fuehrer fatto un vivo elogio del Maresciallo Antonescu, Kallay mi ha detto di avergli risposto che pur associandosi ad elogi, egli si permetteva pensare che Antonescu non era la Romania poiché romeni a seconda delle vicende della guerra avre.bbero da un giorno all'altro lasciato solo anche Antonescu. Comunque la discussione si è chiusa con l'assicurazione da parte Fuehrer che il Lodo di Vienna, almeno sino alla fine della guerra, non sarà toccato e che Governo germanico d'accordo alleata Italia eviterà che la polemica trascenda tanto da turbare condotta della guerra. Uguale assicurazione Kàllay prometteva dare per conto Ungheria sempre che Bucarest desista dalla sua propaganda. (304). Kallay mi ha aggiunto che niente è stato detto circa situazione interna in Ungheria.

Per programma politico si è parlato della Croazia e Fuehrer ha detto essere molto soddisfatto delle relazioni itala-croate.

La nota fondamentale mie conversazioni con il Fuehrer, mi ha detto KaJlay, è stata quella dell'assoluta coincidenza interessi Ungheria con quelli dell'Asse. Ha citato anche esempio di un paese slavo come la Bulgaria, il quale è oggi fedele all'Asse ma la cui struttura etnica potrà domani farlo deviare dal compito assegnatogli dalla sua classe dirigente. Fuehrer ha avuto parole comprensione per la causa magiara ed ho motivo di sperare -ha concluso Kallay -che il Paese sarà soddisfatto dei risultati dell'incontro.

(299) Questo Presidente del Consiglio dei Ministri che non si era mai incontrato con Hitler mi ha detto essere soddisfatto dei colloqui avuti col Fuehrer e colpito dalla sua semplicità ed umanità. Colloqui svoltisi nel consueto quadro del Quartiere Generale sono stati alternati da due visite alla residenza di Ribbentrop il quale ha anche illustrato situazione militare al Capo del Governo ungherese. Riassumo quanto Fuehrer ha detto a Kally.

606

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3937/0101 R. Zagabria, 10 giugno 1942 (per. l'11j.

Mie precedenti comunicazioni e da ultimo telegramma n. 712 del 9 corr. (1).

Dall'ultimo colloquio che ho avuto col collega di Germania in merito alla nota questione del porto di Ploca sono emersi elementi che presentano un certo interesse di ordine politico e superano i limiti della questione stessa.

l) Il fatto che la Legazione di Germania a Zagabria avesse assunto con la parte croata impegni di carattere tecnico-commerciale, persino con dettagli di prezzi e di trasporti, quando si trattava di un porto sull'Adriatico, è certo un elemento nuovo che a noi rivela un estendersi dell'interessamento tedesco alla Croazia sino alla fascia costiera. Tale interesse non promana soltanto da iniziative della Legazione di Germania a Zagabria, tanto più che questo Addetto commerciale di Germania è notoriamente un esponente di fiducia delle organizzazioni economiche centrali del Reich e ha lavorato in patria e altrove attivamente per il piano quadriennale.

2) Quando Kasche mi ha rappresentata la difficile situazione in cui la sua Legazione viene a trovarsi nei confronti del Governo croato per non mantenere gli impegni di cui sopra, ha aperto una larga parentesi risalendo alle origini del riconoscimento dato alla Croazia dal suo e dal mio Governo e sottolineando il dovere di appoggiare i croati nell'opera di ricostruzione economica e di valorizzazione delle risorse del loro territorio. In quel momento egli, preoccupandosi troppo dell'interesse croato, mi diede l'impressione precisa di assumere l'aria del « protector ». Il discorso fu da me ricondotto all'argomento iniziale per uscire dalla parentesi. Ma egli dopo poco volle tornarvi e, riferendosi alla collaborazione così cordialmente impostata con questa

R. Rappresentanza, risali ancora al tempo in cui, per ragioni militari, le rispettive zone di influenza in Croazia vennero segnate dalla linea di demarcazione.

3) È ovvio che, quando si parla di «linea di demarcazione >>, termine

convenzionale adottato puramente e semplicemente ai fini militari contingenti

subito dopo la sconfitta jugoslava, non si dovrebbe arrivare ad una estensione

interpretativa che porti al concetto delle «zone di influenza». Se così fosse,

cadrebbe ogni fondamento di quella realtà che noi riteniamo acquisita per

gli accordi col Reich: Croazia « spazio vitale » dell'Italia.

E il concetto di zona di influenza, oltre a compromettere la nostra posi

zione in Croazia, sarebbe implicitamente lesivo della sovranità territoriale

croata. Escludo che il mio collega di Germania si lasci andare col Governo

croato ad accenni sulle zone di influenza, perché so che egli cerca di non urtarne mai la suscettibilità nazionale; ritengo ormai, invece, che tale suo modo di vedere rientri propriamente nel suo metodo di azione.

4) Quanto a collaborazione, devo mettere in rilievo che è la prima volta che da parte tedesca viene invocata una collaborazione fattiva in questo settore balcanico, e proprio nel momento in cui, andando oltre lo stesso concetto di zona di influenza, i tedeschi mostrano di voler spingersi verso l'Adriatico. Ai rapporti formali, e anche sostanziali, di cordialità, di correttezza di amichevoli cortesie concretati talvolta in consultazioni su questioni di politica interna croata, di propaganda anticomunista, di organizzazione di partito, ecc., non si è mai fin qui accompagnato uno spirito di collaborazione realistico, nel campo, per esempio, degli interessi economici. Anzi l'azione tedesca è stata improntata ad un criterio di accaparramento esclusivo, rapido e intransigente. La nostra pressione, che qui viene svolta costantemente a salvaguardia degli interessi e del prestigio italiano, è stata esercitata sempre sui croati, nel senso positivo di ottenere concessioni e affermarci, politicamente e, nel senso negativo, di evitare o rinviare le altrui acquisizioni, senza che mai da parte nostra si sia data l'impressione di una concorrenza, che del resto sarebbe stata leale.

Qualche mia garbata battuta di arresto agli accenni e alle asserzioni di Kasche non ha prodotto in lui stupore perché evidentemente egli è al corrente degli accordi presi dai nostri due Governi per quanto riguarda la Croazia; anzi egli è perciò tornato sull'argomento specifico della collaborazione per il porto di Ploca. E ciò conferma che questi nostri camerati tedeschi preferiscono parlar poco di quanto fanno, e quel poco soltanto a fini di pratica espansione, almeno per quanto riguarda il settore croato.

Ora io ritengo per certo che la questione del porto di Ploca porterà a nuove conversazioni che mi saranno sollecitate dal collega di Germania. Non solo, ma ho la sensazione che l'interesse tedesco per la cosidetta zona di influenza italiana non si fermerà a tale questione; potrà anche assumere altri aspetti prevedibili ed imprevedibili.

E perciò mi proporrei, salvo contrario superiore avviso, qualora ricondotto nuovamente dal collega tedesco sopra l'argomento generale con conseguente significato di riaffermazione o limitazione dei nostri interessi in Croazia, dJ ribadir il fatto, che dovrebbe essere ormai pacifico, di una posizione preminente italiana in Croazia, sia sotto l'aspetto politico che economico, intesa nel senso di « spazio vitale ».

(l) Con T. 175191712 del 9 giugno 1942, ore 2,20, non pubblicato, Casertano riferiva come nell'ultimo colloquio avuto con Kasche, in merito alla questione del porto di Ploca, questi gli avesse fatto presente la difficoltà della sua posizione nei confronti del Governo croato, con il quale, o di sua iniziativa o dietro istruzioni, erano già stati assunti impegni di carattere tecnico-commerciale.

607

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 17897/080 P.R. Berlino, 10 giugno 1942 (per. il 12).

Stamane ho avuto un colloquio con il Ministro von Ribbentrop, colloquio che si svolto su linee molto generali e senza che venisse trattato alcun specifico argomento. Naturalmente, molto ottimismo e certezza nella vittoria.

46 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Dell'incontro con Kallay (1), Ribbentrop ha detto che esso non ha avuto nessun particolare momento se si eccettuano le solite lamentele per i rapporti con l'Ungheria e l'assicurazione che sarà mantenuta inalterata la partecipazione militare ungherese alla guerra di Russia.

608

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 3961/081 R. Berlino, 10 giugno 1942 (per. il 12).

Ho avuto oggi con Himmler un colloquio che, come sempre, è stato molto amichevole e cameratesco, durante il quale egli si è manifestato particolarmente compiaciuto della mia proposta di tenere relazioni dirette e riservate con me anche attraverso un comune fiduciario. Mi ha promesso che ci vedremo a lungo prossimamente e mi ha detto che se io dovessi eventualmente recarmi a visitare le nostre valorose truppe al fronte russo, egli molto volentieri verrebbe con me.

Circa la situazione generale, lo ho trovato tranquillo, e mi è apparso soddisfatto dei suoi aumentati poteri.

Circa questione dell'Alto Adige, Himmler mi ha detto che essa è stata recentemente trattata assieme al Ftihrer e a von Ribbentrop, e mi ha assicurato che egli si era adoperato affinché il desiderio del Duce fosse accolto nel senso che non venisse completamente interrotto il deflusso degli altoatesini divenuti cittadini del Reich. La risposta ufficiale alla nostra richiesta verrà da questo Ministero degli Esteri che fino ad oggi non ha fatto ancora alcuna comunicazione.

Himmler, mi ha pure incaricato di trasmettere i suoi cordiali saluti per il Ministro Ciano e di farmi interprete delle sue espressioni di devozione per il Duce (2).

609

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.s.N.D. PER CORRIERE 3948/239 P.R. Roma, 11 giugno 1942 (per. l'11).

Mi sono recato stamane dal Cardinale Maglione per attirare tutta la sua attenzione sul nuovo articolo «Sotto l'Arco di Tito» apparso sull'Osservatore Romano del 3 corrente.

Gli ho espresso il mio vivo rincrescimento per il fatto che, dopo le esplicite assicurazioni datemi nel colloquio precedente e da me trasmesse a

V. E. (1), il giornale si sia permesso di pubblicare nuovamente le insulsaggini di questo signore che si nasconde sotto lo pseudonimo di Folchetto.

Non ho nascosto al cardinale che ove la cosa avesse a ripetersi, gravi provvedimenti potrebbero essere presi in esame dalle Autorità competenti. Ero pertanto assolutamente stupito che dalle fantasie di questo signor Folchetto potessero nascere così spiacevoli conseguenze.

Ho trovato però il Cardinale Segretario di Stato al pari di me sorpreso e dispiaciuto dell'accaduto dopo gli avvertimenti dati per iscritto al Conte della Torre e le conseguenti assicurazioni date a me.

In mia presenza il Cardinale Maglione ha telefonato al competente ufficio della Segreteria di Stato dandogli incarico di far sapere all'Osservatore Romano che «non si trattava più di un invito, come l'altra volta, ma di un ordine categorico di non rompere le scatole (sic)! ).

(l) -Vedi D. 605. (2) -Il presente telegramma reca 11 visto di Mussolinl.
610

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 4039/0101 R. Budapest, 11 giugno 1942 (per. il 15).

Vostro telegramma n. 266 (2).

Kallay che era già stato messo al corrente da Mariassy della Vostra proposta di fissare la data della sua visita a Roma per i primi di settembre, mi ha detto di essere completamente d'accordo. Egli terrebbe ad effettuare le sue visite precisamente verso il 2 o il 3 del detto mese, data più con

veniente in relazione ai suoi impegni successivi. Ha aggiunto che, personalmente avrebbe preferito venire prima a Roma che a Berlino nella sua qualità di «sincero e provato amico dell'Italia )) ma che per una serie di ragioni interne, ha dovuto dare la precedenza alla sua visita a Berlino. Effettivamente, gli ambienti di estrema destra avevano fatto correre la voce che Kallay non era in grazia di Berlino dato il suo passato liberale e la sua antica amicizia per Bethlen (3) e che la sua visita al Fuehrer era stata perciò varie volte ritardata. Il viaggio compiuto e le ripetute dichiarazioni di lealtà all'Asse fatta da Kallay, hanno per il momento sopito questa ormai nota polemica condotta da Imrédy e dai crocefrecciati.

(l) -Vedi D. 589. (2) -Vedi D. 599. (3) -Vedi D. 543.
611

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 4059/0289 R. Sofia, 11 giugno 1942 (per. tl 16).

Telegramma per corriere di V. E. n. 17599 del 18 maggio u.s. (1).

Ho riunito qui i nostri RR. Consoli in Skoplje e di Bitolj per concertare con loro i dettagli dell'opera assistenziale che iniziamo a favore delle minoranze di sangue albanese di Macedonia e per impartire loro istruzioni di estrema prudenza e riservatezza, secondo le direttive impartitemi dall'E. V. Essi sono ora ripartiti per le loro sedi, provvisti dei necessari mezzi, e potranno iniziare tra breve la fase pratica del compito loro affidato. Ho dato loro la massima libertà circa l'elasticità, la scelta del tempo, i sistemi, ecc., sempre :r;>er evitare che si possano creare situazioni facilmente identificabili e controllabili da parte di chi vi abbia interesse.

Aggiungo che questa nostra azione diretta, anche se estremamente discreta, giunge in buon punto, dato che, come ho riferito telegraficamente, proprio ora i bulgari sono giunti alla determinazione di «fissare» lo stato giuridico, in tema di cittadinanza, delle minoranze di sangue non bulgaro residenti in Macedonia.

Informo infine che, con il trasferimento, oggi annunziatomi, del R. Console Relli da Bitolfo, si rende necessaria una urgente nomina di un funzionario capace a suo successore onde evitare colà pericolose soluzioni di continuità.

612

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI

T. S. PER CORRIERE 20692 P.R. Roma, 12 giugno 1942.

Il Comando Supremo comunica in data 8 corrente: «Il R. Addetto Militare a Belgrado è stato autorizzato a suo tempo dal Duce a stabilire contatti con il Generale Milan Nedié; su richiesta di quest'ultimo, circa un'eventuale collaborazione italo-serba nel campo militare per la repressione del comunismo, con astensione però da qualsiasi impegno nel campo politico (2). Il Generale Nedié, dopo alcuni sondaggi circa una eventuale nostra autorizzazione all'occupazione già in atto da parte di cetnici serbi nel distretto di Nova Varos, e all'estensione di essa a Sjenica, ha ulteriormente presentato le seguenti proposte:

-riconoscimento uflìciale di un'occupazione italo-serba nella zona del Sangiacca t o;

-oppure costituzione di una commissione mista italo-serba per coordinare un'azione in comune contro il comunismo (1).

Al riguardo si fa presente che ogni nostra collaborazione nel Sangiaccato con formazioni armate, aventi rapporti ufficiali o non con il Governo di Belgrado, è stata fino ad oggi accuratamente evitata.

Il mantenimento di tale linea di condotta è più che mai indispensabile, date le note aspirazioni serbe su quella provincia del Montenegro ed i riflessi sfavorevoli che qualsiasi nostra concessione in tale campo potrebbe avere sulla cooperazione -sempre più efficace -che attualmente danno alle nostre truppe le formazioni nazionaliste montenegrine.

Al riguardo aggiungo che in data odierna il Governatore del Montenegro ha ordinato che Nova Varos e Sijenica siano rioccupate da truppe italiane. Ritengo quindi che le proposte serbe non offrano alcuna conveniente base di discussione nel campo militare. Il R. Addetto Militare a Belgrado ha ricevuto istruzioni di astenersi da ulteriori contatti sull'argomento con esponenti del Governo Nedié ».

(l) -Vedi D. 547. (2) -Vedi D. 386.
613

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4018/418 R. Sofia, 13 giugno 1942 ore 13,40 (per. ore 7,30 del 14).

Questo Presidente del Consiglio dei Ministri mi ha oggi parlato a lungo del trattato alleanza russo-britannico e delle dichiarazioni americane.

Di tutte le possibilità circa apertura secondo fronte egli ritiene maggiormente probabile quella di un qualche tentativo nel medio Oriente. A tale proposito ha aggiunto che secondo talune informazioni America intenderebbe sfruttare linee di comunicazioni Mar Rosso che sono ritenute abbastanza sicure per l'invio nei prossimi mesi proprie truppe calcolate a cinque divisioni da destinarsi poi in Egitto o Iraq.

Tutto ciò fa nell'insieme nuovamente viva l'attenzione Bulgaria ad atteggiamento della Turchia. Anche signor Filoff pensa comunque che tutta la situazione sia in funzione dell'azione militare tedesca contro la Russia.

614

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. 4015/517 R. Bucarest, 13 giugno 1942, ore 15 (per. le ore 0,30 del 14).

Sottosegretario di Stato Aviazione Romena reduce fronte est ha espresso suo convincimento personale -che comunico per notizia e con ogni riser

(l} Vedi D. 535.

va -che prossima offensiva contro esercito sovietico non potrà avere ancora per questo anno carattere risolutivo e ciò perché:

lo -malgrado perdite ingenti di uomini e di materiali esercito sovietico resta ancora blocco moralmente solido che non dà prova di collasso come hanno largamente provato battaglie Kertsch Charcoff e Sebastopoli;

2° -perché Sovieti dispongono immensa quantità materiale (nella battaglia Charcoff hanno messo in linea 1.200 carri armati) e forniture tuttavia continuano largamente ad affluire sopratutto via nord;

3° -perché durante inverno bolscevichi hanno sistemato a difesa ogni più piccolo villaggio sovietico costituendo formidabili campi trincerati muniti di mezzi anti carro. Secondo predetta personalità anche lo Stato Maggiore germanico segretamente rinunzierebbe considerare campagna estiva anno 1942 come decisiva e mirerebbe a obiettivi più limitati e circoscritti che non siano totale conquista territorio russo e annientamento esercito sovietico. Ciò mi è stato confermato ieri da questo Ministro di Germania il quale parlando dell'attuale battaglia Charcoff e di quella di Sebastopoli che richiedono larghi sacrifici di uomini mi ha detto obiettivo Stato Maggiore tedesco è attestarsi al Nord sul Volga seguendo poi linea che passa ad est di Mosca. Stato Maggiore tedesco avrebbe rinunziato conquista Leningrado che non presenta nessun interesse militare e che domanderebbe enorme sacrificio di uomini.

Von Killinger mi ha detto che prossimo inverno sarà durissimo per quanto concerne situazione alimentare. Nel 1943 invece 70% superficie coltivabile Ucraina e Transnistria permetterà all'Asse superare difficoltà inerenti forniture cerealicole (1).

615

IL PLONIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELESCR. 3997/187 R. Parigi, 13 giugno 1942, ore 19,30.

Lequio mi prega comunicare quanto segue:

«Dai contatti avuti questa prima fase viaggio mi risulterebbe che, come

previsto, Serrano Sufier avrebbe fra altro intenzione parlarvi situazione inter

na spagnola in relazione problema monarchico. Egli considererebbe restaura

zione inevitabile. Movimento favorevole dinastia sarebbe, secondo lui, limi

tato sfere superiori Nazione mentre resto popolazione di tendenza anarchica

sarebbe facilmente influenzabile da propaganda anglo-sassone che vorrebbe

gettare un'altra volta Spagna nella guerra civile.

D'accordo con Caudillo egli si proporrebbe pertanto presentirvi, Eccellenza, circa surriferita questione che dovrebbe soluzionarsi in ritorno monarchia e collaborazione Generalissimo.

Dopo convegno Livorno e breve soggiorno Roma Serrano Sufier si recherebbe Svizzera per abboccarsi con pretendente'>.

(l) Il presente documento reca U visto d! Mussol!n!.

616

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 4036/0106 R. Budapest, 13 giugno 1942 (per. il 15).

Col mio telegramma filo 299 (l) Vi ho comunicato quanto ho appreso dalla viva voce del Presidente del Consiglio circa i suoi colloqui col Filhrer. Da fonte fiduciaria e attendibile mi pervengono ora le informazioni che riferisco qui di seguito in merito ai colloqui stessi ed alle dichiarazioni rese in proposito da Kallay di fronte alle commissioni degli Esteri delle due Camere.

Il presidente del Consiglio ha innanzi tutto assicurato le Commissioni che l'Ungheria non avrebbe assunto obblighi superiori a quelli già esistenti. Mentre quindi nessun nuovo invio di truppe sarebbe previsto per il fronte russo, Kallay avrebbe avuto modo di sviluppare nel corso dei suoi colloqui il concetto che le dieci divisioni ungheresi inviate al fronte dell'est costituiscono per capacità guerriera un contributo alla guerra dell'Asse non inferiore a quello romeno che conta venti divisioni.

Il Filhrer avrebbe chiesto a Kallay di consentire l'arruolamento di altri diecimila tedeschi appartenenti al Volksbund, oltre ai ventimila già precedentemente arruolati. Kallay avrebbe aderito a tale richiesta purché tale quantitativo venga compreso nel contingente di truppe ungheresi che, in base ai precedenti Accordi, dovranno recarsi al fronte russo. Il Presidente non avrebbe mancato di sottolineare lo squilibrio che la mancanza di questi trentamila uomini produce sulla produzione del Paese ed avrebbe accennato alla possibilità che l'Ungheria, anche in vista delle poco soddisfacenti previsioni sul prossimo raccolto, sia costretta a ridurre le sue forniture alla Germania.

A questo proposito il Filhrer avrebbe chiesto che l'Ungheria ceda alla Germania tutto il raccolto di cereali; che verrebbe restituito prelevandolo dal raccolto ucraino un mese più tardi, quando quest'ultimo fosse giunto a maturazione. La Germania si impegnerebbe ad approvvigionare l'Ungheria per il caso che il raccolto ucraino non fosse sufficiente. Kallay avrebbe dato a questo proposito una risposta evasiva.

Quanto allo sviluppo delle operazioni militari il Filhrer avrebbe detto che l'obiettivo principale dell'esercito germanico è quello di logorare e distruggere gli uomini e i mezzi dell'esercito sovietico. Ottenuto questo risultato, le forze germaniche dovrebbero avanzare fino al Volga ove si attesterebbero, ma non fino agli Urali.

Kallay avrebbe altresì riferito che in diverse occasioni avrebbe accennato nei suoi colloqui col Ftihrer alla questione ebraica ed ai provvedimenti presi dal Governo ungherese al riguardo. Hitler avrebbe ascoltato con attenzione, ma senza pronunciarsi, ciò che nell'interpretazione dei parlamentari ungheresi, starebbe a dimostrare la scarsa importanza che il Ftihrer attribuirebbe a questa questione interna dell'Ungheria.

Il Presidente del Consiglio avrebbe inoltre menzionato l'episodio della conversazione telefonica tra il Maresciallo Keitel e Rommel, ottenuta in soli pochi minuti ed avrebbe esternato la sua ammirazione per la meravigliosa organizzazione riscontrata in tutti i settori della vita del Paese, per l'assoluta fiducia nella vittoria finale della quale la Nazione germanica dà prova e per la grande operosità che i singoli dimostrano e che può essere anche riscontrata nella perfetta coltivazione dei campi.

Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio avrebbero incontrato l'unanime approvazione di tutti i presenti, ivi compresi gli esponenti dell'opposizione.

(l) Vedi D. 605.

617

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 4037/0102 R. Zagabria, 13 giugno 1942 (per. il 15).

Mi riferisco al rapporto 244 del 29 aprile del Comandante Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, trasmessomi da V. E. col telespresso 11563 del 9 maggio (1).

l o -Anche a questa Legazione risulta che i sentimenti del Poglavnik, quale assertore dell'amicizia con l'Italia e dell'interesse croato di stringere sempre più i legami fra il suo e il nostro Paese, sono immutati, nel senso a noi più favorevole. Egli si trova nella migliore disposizione d'animo per venirci incontro nei vari settori della collaborazione. Appare però evidente in lui la preoccupazione di non forzare la mano ad alcuni esponenti di altre tendenze, prendendo posizione nettamente autoritaria, che potrebbe anche determinare scissioni interne ed eventualmente attriti con altre Potenze.

2° -Ho più volte riferito circa la linea di condotta tiepida, non sempre legale, anticollaborazionista, e spesso anche avversa a noi, seguita dagli elementi ex austriaci, capeggiati dal Maresciallo Kvaternik e appoggiata dal «Deutscher Generai in Agram ». Il Kvaternik avverte che questo suo atteggiamento non è più un mistero per nessuno e cerca di attenuarlo nelle forme, ma finora non dà segno di modificarlo nella sostanza.

Lo stesso suo figlio, Capo della Polizia, giudica il padre come « mediocre croato» per il fatto che lo considera infeudato agli austriacanti, e cerca con tutti i mezzi di isolarlo per renderlo il meno possibile nocivo ai rapporti itala-croati, almeno per quanto riguarda l'interesse politico della Croazia.

In conclusione, sono in grado di affermare, concordando col parere del Comandante Superiore delle FF.AA. Slovenia-Dalmazia, che la situazione, per quanto concerne questo gruppo di dirigenti, e sopratutto la politica militare croata, non ha subito mutamenti, anzi dimostra tendenza a cristallizzarsi, né è prevedibile che migliori se non interverranno fatti nuovi, come, per esempio: accentramento dei poteri nelle mani del Poglavnik, eliminazione di tutti o gran parte degli elementi in questione, crisi interna di Governo. Di tale situazione risente molto il nostro lavoro di penetrazione politica e sopratutto la collaborazione militare. A questo proposito va detto chiaramente che il Kvaternik e i suoi vecchi generali interpretano in senso facoltativo la clausola militare del Trattato itala-croato, riducendone praticamente l'attuazione ai modesti fini voluti dagli esponenti ex austriaci dello Stato Maggiore.

3° -La presunzione di maturità di altri elementi responsabili, rilevata dal Comandante delle Forze Armate Slovenia-Dalmazia, crea suscettibilità ad ogni istante, ed è origine di errori nella politica di Governo e di malintesi nei nostri riguardi. Unica giustificazione che potrebbe darsi all'atteggiamento del cosiddetto gruppo dei presuntuosi è la seguente: il solo ideale sul quale può fare veramente leva il Governo ustascia, com motivo di propaganda per galvanizzare le masse, è quello dell'indipendenza politica, dell'« Autosufficienza» economica, del bastare a se stessi anche sotto l'aspetto del consolidamento interno; e con tale ideale è evidentemente in contrasto il presidio militare itala-tedesco, particolarmente quello italiano perché più numeroso è perché gravita sulla zona costiera.

Questi «presuntuosi», che sono anche dei croati intransigenti, e i più fedeli al Poglavnik, devono essere in un certo senso considerati come elemento meno pericoloso, sul quale probabilmente si può anche fare assegnamento, sia perché non cedono nulla alle altre Potenze della propria indipendenza statale, sia perché sono pronti a seguire il Poglavnik più degli altri negli sviluppi della sua politica.

Costoro non vanno confusi con una terza categoria che si potrebbe definire di «espansionisti ad oltranza» pescatori nel torbido, che considerano provvisori gli impegni di carattere internazionale assunti dal Poglavnik e persino la soluzione politica data dalle Potenze dell'Asse alla Croazia, all'indomani della sconfitta jugoslava, rimandando, nel loro pensiero, alla fine della guerra, la definitiva sistemazione che dovrebbe soddisfare le loro mire più accese con l'appoggio germanico. Sono questi certamente gli elementi più pericolosi perché possono suscitare attriti tra Italia e Germania e tra Croazia e Italia.

Essi vanno dicendo che anche da parte italiana, almeno per quanto riguarda questo settore politico, si considera provvisoria l'attuale situazione e si attende la fine della guerra, o una crisi dei rapporti itala-tedeschi per rivedere la posizione della Croazia.

Nel complesso -a mio modo di vedere -un disinteressamento nostro in Croazia, nel campo del presidio militare, è certamente per ora prematuro. Ci si potrà gradualmente arrivare, soltanto quando l'organismo delle forze armate croate sarà così strettamente controllato e indirizzato da noi, da avere sicuri e completi elementi sulla capacità dei croati a fronteggiare ogni eventualità in pieno e perfetto accordo coi nostri intendimenti.

4° -La volontà di collaborazione dimostrata dal nostro Comando delle FF.AA. Slovenia-Dalmazia e dai Comandi militari dipendenti ha qui ripercussioni di sensibilissimo rilievo, specie nell'atteggiamento di quegli elementi del Governo Centrale (il Poglavnik per primo) e delle Autorità periferiche che ci sono favorevoli e che possono appoggiare a fatti concreti la loro tesi collaborazionista per contrapporla a quella degli altri.

Debbo constatare che da alcuni mesi a questa parte tale volontà di collaborazione, sempre sottolineata da questa R. Rappresentanza nei contatti con le Autorità di Governo croate, non ha potuto essere smentita. L'indirizzo impresso in tale senso dal nostro Comando ha avuto e avrà certamente in avvenire ulteriori favorevoli sviluppi.

(l) In tale rapporto, non pubblicato, Roatta sottolineava accanto al sentimenti di amicizia verso l'Italia dimostrati personalmente dal Poglavnik, gli atteggiamenti di altre personalità di Zagabria variamente ostili alla volontà di collaborazione dimostrata dal comando ital!ano.

618

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. PER CORRIERE 4048/0103 R. Zagabria, 13 giugno 1942 (per. il 15).

Mi riferisco al mio telecorriere odierno 0102 (l) ed al mio telegramma 703 (2) dell'8 corrente, nel quale accennavo ai riflessi politici negli ambienti di questo Governo, in conseguenza degli incidenti di Serajevo (3). Per informazione di V. E. riferisco alcuni dati che mi sembrano di qualche interesse, riservandomi di completarli, appena mi sarà consentito dagli sviluppi della situazione con ulteriori notizie.

2°) Risultò al Poglavnik che il Ministero delle Forze Armate si era assunto iniziative di politica militare, a volte in contrasto con l'azione dei Batta

glioni ustascia, e che in un settore, quello della Bosnia, lo Stato Maggiore croato aveva cercato di evitare la permanenza delle truppe italiane.

3°) Risultò inoltre che il Ministero degli Affari Esteri era messo nella impossibilità di condurre con unità di indirizzo la politica estera, attenendosi ai Patti conclusi con l'Italia e mantenendo gli affidamenti dati in occasione di passi svolti da questa R. Rappresentanza. Questo accadeva per l'intromissione arbitraria del Maresciallo Kvaternik non soltanto nelle questioni militari ma anche in quelle politiche ed economiche.

4°) In una riunione del Consiglio dei Ministri, che ha avuto luogo ieri l'altro, è sorto un acceso dibattito tra il Maresciallo Kvaternik e alcuni componenti del Governo. Sembra, da informazioni attendibili avute da un Ministro che partecipò alla riunione, che vi sia stato da parte dei titolari dei più importanti Dicasteri quasi un atto di accusa nei riguardi del Maresciallo, tanto che egli fu indotto a dichiarare che d'ora innanzi non sarebbe più intervenuto in questioni se non di stretta tecnica militare, e per quelle di rilievo avrebbe chiesto gli ordini del Poglavnik. Inoltre al Kvaternik sarebbe stata rivolta la domanda esplicita se le Forze Armate croate fossero in grado di sostituirsi, almeno in parte alle truppe di occupazione italiana, dato che molti nostri presidi della 3a zona stanno per essere ritirati. Il Maresciallo avrebbe soltanto a parole dimostrato tale possibilità, ma sarebbe stato smentito dai dati in possesso di altri Ministri. A questo punto la discussione avrebbe assunto carattere finanziario: dove erano i quadri e gli effettivi che avrebbero dovuto raggiungere il totale di 170 mila unità, equivalente alle razioni quotidianamente corrisposte dal Ministero del Commercio e ad altrettanto di stipendi e di soldo corrisposti dal Ministero delle Finanze?

5°) Da quanto precede è facile rendersi conto che la situazione, definita da alcuni come crisi nella compagine del Governo, è da considerarsi tuttora fluida per il fatto che qualche provvedimento di rilievo potrà maturare ma non certo radicate nei riguardi del Maresciallo Kvaternik, il quale, tuttavia, rimane profondamente scosso nella posizione personale che aveva assunto, e ciò malgrado 1 manovrati appoggi che possono venirgli dal suo amico Generale Gleise von Horsternau.

Si parla intanto:

a) di sostituzione del Capo di S. M. dell'Esercito (Generale Laxa, che proviene dall'Esercito austro-ungarico e non conosce nemmeno la lingua croata); b) di ripresa del tema collaborazione militare con l'Italia, valendosi della

Missione Militare che già da un anno trovasi a Zagabria;

c) della nomina di un nuovo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con ampi poteri di coordinamento, così da permettere al Poglavnik un più sicuro controllo sui diversi Dicasteri.

Data la delicatezza delle comunicazioni che precedono, pregherei almeno per il momento, di non voler darne notizia ai nostri Comandi militari.

l 0 ) Il Poglavnik, a seguito dell'azione svolta da parte italiana per i noti incidenti, avocò a sé lo svolgimento delle indagini e diede personalmente disposizioni per soddisfare le nostre richieste. Emersero nel corso delle indagini elementi gravi per cui egli ebbe la prova che alcuni suoi collaboratori nel Governo e alcune autorità periferiche agivano a sua insaputa e a volte contrariamente ai suoi ordini. Ebbe così conferma di quel certo «slittamento 1> del potere, che questa R. Rappresentanza aveva già avuto modo di rilevare; richiamando anche altre circostanze la sua attenzione.

(l) -Vedi D. 617. (2) -Non pubblicato: con tale telegramma (T. s.n.d. 3899/703 r., dell'S giugno 1942, ore 14,20 (per. ore 9,30 del 9), Casertano riferisce d! aver sottoposto al Governo croato, !n seguito agli Incidenti d! Serajevo, le eventuali ripercussioni politiche da esso derivanti, ottenendo ampia assicurazione d! provvedimenti atti a dare piena soddisfazione alle richieste d! Roatta. (3) -Vedi D. 597.
619

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO S. Roma, 13 giugno 1942.

Il Console Generale Pasqualini della Delegazione Economica francese intrattenendosi a titolo personale sulla presente situazione del Gabinetto Lavai, mi ha detto che i rapporti fra il Capo del Governo e le alte gerarchie delle forze armate sono ancora molto delicati.

Noguès al momento dell'avvento al potere di Lavai avrebbe desistito di darsi alla dissidenza solo in seguito a ripetute energiche sollecitazioni da parte del Maresciallo.

Alcuni esponenti dell'esercito avrebbero fatto poi sapere al Governo che erano decisi di passare alla dissidenza qualora Vichy avesse aderito alla richiesta tedesca di consegnare il Generale Giraud. In tal caso sembra fosse stata predisposta la fuga del Generale che sarebbe passato al comando delle forze dissidenti.

Il mio interlocutore accennando nuovamente a Noguès ha aggiunto che il Generale pare abbia presentemente messo da parte i suoi propositi di dissidenza, in seguito all'azione personale ed agli affidamenti di carattere generale dati dal Maresciallo in occasione della crisi Giraud (1).

620

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. 4035/281 R. Ankara, 14 giugno 1942, ore 15,26 (per. ore 9,30 del15).

Con riferimento recenti conversazioni avute da me e da von Papen con gli alti esponenti della politica estera turca, conversazioni su cui volta a volta ho riferito, stimo utile riassumere l'interpretazione che sono portato a dare al pensiero di questi circoli dirigenti.

Il ritardo della annunziata e auspicata offensiva contro l'U.R.S.S., da una parte fa temere che le forze dell'Asse non siano più in grado di raggiungere obiettivi decisivi, dall'altra avvalora la voce sparsasi che la Germania cerchi

-o abbia cercato di concludere con l'U.R.S.S. una pace separata. Da ciò l'ottimismo che Saracoglu ostenta circa i risultati di una azione offensiva contro l'U.R.S.S. che secondo lui sarebbero assolutamente sicuri; da ciò la convinzione espressa da Saracoglu una volta vinta la Russia si addiverrebbe alla pace generale; da ciò le assicurazioni formali del Presidente della Repubblica sui sentimenti della Turchia verso la Germania e la possibilità da lui fatta balenare di una revisione dell'atteggiamento turco: in altri termini azione di incitamento ad agire subito ed a fondo contro l'U.R.S.S.

Mi consta che la breve visita fatta ad Ankara dal Generale Banzai, Addetto Militare giapponese a Berlino, è stata messa in relazione con voci di tentativo di conversazioni tra Germania e Russia. Lo stesso Saracoglu mi ha esplicitamente confidato l'esistenza di tali voci a lui segnalate anche da un telegramma dell'Ambasciatore di Turchia a Vichy secondo il quale vi sarebbero già contatti segreti tra von Papen e Vinogradov a Ankara.

L'azione contro Sebastopoli e nel settore di Charkow nonché il trattato di alleanza per la guerra ed il dopoguerra tra Inghilterra e Russia hanno in un certo senso calmato le suddette apprensioni turche; Ambasciatore del Giappone ha definito ridicola l'interpretazione che si vuole dare alla visita di Banzai ad Ankara; von Papen, purché si parli di lui, tiene atteggiamenti e conversazioni che potrebbero giustificare qualunque interpretazione.

(l) -Il presente documento reca Il visto di Mussollnl.
621

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 14 giugno 1942.

Bismarck mi ha stamane letto confidenzialmente un telegramma dell'Ambasciatore di Germania a Madrid, Stohrer, il quale riferisce che sarebbe ampiamente noto negli ambienti spagnoli che il viaggio di Serrano Sufier ha lo scopo di ottenere l'approvazione dell'Italia ad una ormai necessaria restaurazione monarchica in Spagna.

Secondo il telegramma di Stohrer il noto Generale Vigon, Ministro del~ l'Aeronautica di Spagna, il quale -come fu a suo tempo telegrafato dalla

R. Ambasciata a Madrid (l) -doveva recarsi a Berlino, per incarico del Generalissimo, al fine di perorare la causa della Monarchia, avrebbe rinviato il suo viaggio in seguito alle istruzioni dello stesso Governo spagnolo, il quale desidera conoscere prima le reazioni italiane al progetto di restaurazione che verrà sottoposto al Governo fascista dal Ministro degli ESTERI,

Stohrer conclude il suo telegramma attirando l'attenzione del suo Governo sulla priorità che viene riservata da parte spagnola all'Italia su di una questione tanto importante per la vita nazionale spagnola (2).

622

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, MORGANTI, AL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA

L.s.R. Innsbruck, 14 giugno 1942.

Ti rimetto copia di una lettera personale da me inviata all'Ecc. l'Ambasciatore Alfieri in data 4 corrente relativa a voci che circolano in questi ambienti circa profondi dissensi tra alcuni diretti collaboratori del Fiihrer.

Data la estrema delicatezza dell'argomento, non ho ritenuto opportuno trattare la cosa con rapporto ufficiale anche per il fatto che mi manca qui ogni possibilità di controllo sebbene la persona che ha ammesso l'esistenza dei dissensi tra Goring, von Ribbentrop e Himmler sia effettivamente molto bene informata, essendo in quotidiani contatti con membri del governo ed esponenti del Partito.

Ti prego -per le ragioni a te note -di voler tener presente la mia particolare delicata situazione.

Mi sono incontrato alcuni giorni or sono a Bolzano con l'Ecc. Podestà e gli ho brevemente accennato alle tesi von Ribbentrop e Himmler circa il trasferimento degli optanti ex allogeni. Anche a lui risulta la stessa cosa e ciò, a mio avviso, conferma la serietà della fonte dalla quale ho appreso la notizia.

ALLEGATO

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, MORGANTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L.s. Innsbruck, 4 giugno 1942.

Da qualche tempo circolavano in Innsbruck voci circa profondi dissensi tra alcuni diretti collaboratori del Flihrer (Maresciallo Goring, von Ribbentrop e Himmler) e si parlava, anche, della intenzione del Capo dello Stato di sostituirli con altre personalità di sua assoluta fiducia e che fossero tra loro in buona armonia.

Si diceva, inoltre, che il Flihrer avrebbe annunziati tali cambiamenti in un discorso che avrebbe dovuto pronunciare al Reichstag verso la fine del mese di aprile.

Pur ritenendo che tali notizie fossero diffuse da elementi notoriamente avversi al Regime Nazionalsocialista e malati di inguaribile pessimismo circa l'esito dell'attuale conflitto, ho ritenuto mio dovere di svolgere, con le dovute cautele, qualche indagine al riguardo, allo scopo di appurare, prnicipalmente, la fondatezza delle voci corse sui presunti dissensi in atto tra le personalità sopra citate.

Sono stato indotto a far ciò poiché, sebbene la notizia di eventuali cambiamenti nella compagine ministeriale abbia avuto la più recisa smentita dal recente discorso del Fiihrer che non ne ha fatto alcun cenno, in questi ambienti si continua ancora ad insistere sull'argomento.

Un'altra personalità che di recente è stata di passaggio in Innsbruck, parlando con un suo intimo amico, ha ammesso che, effettivamente, esistono profondi dissensi tra il Maresciallo Goring, von Ribbentrop e Himmler nonché tra von Ribbentrop e Himmler. Ha inoltre precisato che, tra questi due ultimi, sarebbero sorti seri contrasti circa l'applicazione dei noti accordi sul trasferimento degli alto-atesini poiché, mentre von Ribbentrop, vista l'attuale impossibilità di procedere al trasferimento di tutti gli optanti, propenderebbe per una sia pur limitata revisione delle opzioni secondo criteri da stabilirsi d'intesa tra gli Alti Commissari Italiano e Germanico, Himmler sosterrebbe la tesi che tutti coloro nelle cui vene scorra una stilla di sangue tedesco e che siano di origine germanica, anche se remota, debbono rientrare nel Reich.

Sia il Maresciallo Goring che von Ribbentrop si dolgono del fatto che Himmler, nei continui contatti che ha col Flihrer, cercherebbe di svalutare l'azione da essi svolta, mettendo in evidenza le manchevolezze nella preparazione bellica -nei riguardi del primo -e la insufficienza dell'azione diplomatica svolta dal secondo.

Mi è sembrato opportuno riferire quanto precede poiché -come ho detto sopra le voci qui corse sono state confermate da un'alta personalità la quale -per i compiti che esplica -è molto vicina a membri del Governo del Reich e ad esponenti del Partito e perché le notizie stesse -qualora ne fosse possibile il controllo -potrebbero indubbiamente essere a V. E. di utile indicazione.

Sto seguendo con molta attenzione le evoluzioni della locale situazione -caratterizzata dai soliti alti e bassi -e mi riservo, non appena sarò in possesso di elementi concreti, di riferime esaurientemente al Superiore Ministero e a V. E. (1).

(l) -Vedi D. 572. (2) -Il presente documento reca !l visto di Mussollni.
623

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 4122/091 R. Berlino, 15 giugno 1942 (per. il 19).

Per il Ministro Ciano.

Con riferimento al telegramma n. 616 dell'Il maggio (2), al successivo scambio di comunicazioni ed ai colloqui da me avuti con Ribbentrop (3) e con Himmler circa la questione degli alto-atesini, informo che questo Ministero degli Esteri mi ha verbalmente fatto le seguenti comunicazioni:

-In adesione al desiderio epresso dal Duce, il Governo tedesco non intende sospendere la corrente di deflusso verso il Reich degli alto-atesini di razza tedesca. Mi è stato precisato a questo proposito che durante gli ultimi due mesi sono stati trasferiti nel Reich circa duemila alto-atesini (un migliaio al mese), cifra che è evidentemente molto inferiore a quella stabilita, ma che può difficilmente essere superata in considerazione delle note esigenze militari.

L'Auswaertiges Amt mi ha fatto inoltre rilevare che, per quanto riguarda il trasferimento delle famiglie degli alto-atesini che hanno già optato per la cittadinanza germanica e che prestano servizio militare in Germania, la cosa presenta difficoltà, desiderandosi trasferire villaggi interi e non singole famiglie. Per di più l'assenza del capo della famiglia combattente nelle FF.AA. tedesche, renderebbe il trasferimento particolarmente disagiato alle famiglie degli emigranti.

Il Governo tedesco, rendendosi conto che una ulteriore riduzione od una interruzione potrebbe tener viva quella propaganda irredentistica che ho avuto occasione di illustrare nei miei colloqui, intende mantenere l'attuale cifra di deflusso e propone che a complemento degli accordi vigenti vengano scambiate tra il Ministro Ribbentrop e l'Ambasciatore d'Italia a Berlino lettere di cui al seguente progetto: « Nach den in Rom am 21. Oktober 1939 unterzeichneten Richtlinien ftir die RUckwanderung der Reichsdeutschen und Abwanderung der Volksdeutschen aus dem Alto Adige, Ziffer 8, soll die Abwanderung der Volksdeutschen bis zum 31. Dezember 1942 durchgeftihrt sein. Die Deutsche Regierung und die Koeniglich Italienische Regierung haben gemeinsam festgestellt, dass es infolge der durch den Krieg veranlassten besonderen Umstande nicht mi:iglich sein wird, die Abwanderung der Optanten bis zu diesem Zeitpunkt durchzufuehren. Sie stimmen darin tiberein, dass die Abwanderung auch wahrend des Krieges soweit durchgeftihrt werden soll, als dies nach den Umstanden und insbesondere auf Grund des Wunsches nach einer mtiglichst

gescholossenen Siedlung der Abwanderer im Reich moglich ist. Dementsprechend sind sie iibereingekommen, die Frist, bis zu der die Abwanderung durchgefiihrt werden soll, bis zum 31. Dezember 1943 zu verlangern. Die beiden Regierungen sind sich dariiber einig, dass eine weitere VerHingerung erfolgen soll, wenn sich dies im Lauf des Jahres 1943 als notwendig erweisen solite~

Qualora Voi riteneste, Eccellenza, di modificare il testo proposto, farò immediatamente presso questo Ministero i passi necessari perché il punto di vista del Governo fascista venga esaminato attentamente e possibilmente accolto (l)

(l) -Non sono state rinvenute ulteriori comunicazioni di Morganti al riguardo. (2) -Vedi D. 528, in realtà del 10 maggio. (3) -Vedi D. 539.
624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S. N. D. 21155/822 P.R. Roma, 16 giugno 1942, ore 16,30.

Informate d'urgenza Bose in via strettamente personale e confidenziale che partenza nostro aereo per Oriente avrà probabilmente luogo a brevissima scadenza. Si tratta -com'è noto -di un primo esperimento, che, quantunque condotto con mezzi e uomini di prim'ordine, non può non comportare un ovvio margine di rischio. Ci occorre in conseguenza conoscere subito se egli è dispor;to -solo e senza bagagli di alcun genere -a partecipare volo insieme equipaggio.

A seconda della sua risposta, saranno da noi informati e interpellati al riguardo i Governi tedesco e giapponese per opportuno nulla osta.

Aggiungo che, qualora Bose non intendesse per ora muoversi dall'Europa, converrebbe egli ritardasse sua venuta in Italia a tempo che mi riservo precisare.

Quanto precede è per il momento per esclusiva informazione personale di Bose che dovrà considerarlo nei confronti di chiunque, segreto (2).

625

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. PER TELESCR. 18364/1014 P.R. Berlino, 16 giugno 1942, ore 17,16.

Auswaertiges Amt mi informa che situazione dei rapporti romeno-ungheresi sta diventando sempre più delicata. Mi riferisco a questo proposito anche

al telegramma 998 (l) col quale si trasmetteva il testo del rapporto della Commissione Ufficiale italo-tedesca per la Transilvania redatto in data 12 corr.

All'Auswaertiges Amt erano rimasti molto sorpresi ed impressionati per il fatto che l'Incaricato d'Affari di Ungheria aveva chiesto ieri un'udienza al Ministro Ribbentrop alle due di notte ed era stato ricevuto solo la mattina dal Sottosegretario di Stato; ma, pur cercando di non drammatizzare la situazione, si è qui assai preoccupati della tensione e si desidera mantenere stretti contatti con noi per influire con una azione comune in senso pacifico sia a Bucarest che a Budapest.

L'Ambasciata di Germania in Roma ha avuto ordini in questo senso e farà comunicazioni al riguardo (2).

(l) -n presente documento reca il visto di Mussolini. Per la risposta del Ministro vedi D. 678. (2) -con T. s.n.d. 4084-1019 r. del 17 giugno 1942, ore 14, Alfieri comunicò che Bose aveva risposto «accettare con entusiasmo». Vedi D. 642.
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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 giugno 1942.

L'accordo italo-tedesco relativo all'attuazione, agli effetti economici, del trasferimento di allogeni e di cittadini germanici dall'Italia in Germania, firmato a Roma il 21 ottobre 1939 (3), non stabilisce un termine entro il quale deve effettuarsi il trasferimento in Germania degli alto-atesini optanti per la cittadinanza tedesca.

Sembra che nemmeno nell'accordo base per l'Alto Adige del giugno 1939 (4) di cui peraltro questa Direzione Generale non possiede il testo che trovasi al Gabinetto -sia indicato alcun termine.

Tale termine è stabilito invece dalle «Norme per il rimpatrio dei cittadini germanici e per l'emigrazione di allogeni tedeschi dall'Alto Adige in Germania» firmate a Roma (rispettivamente dal Prefetto di Bolzano e dal Console Generale di Germania) alla stessa data del 21 ottobre 1939. Il patagrafo 8 di dette Norme dice testualmente: «L'emigrazione degli allogeni tedeschi che intendono trasferirsi in Germania e acquistare la cittadinanza germanica avverrà pure dopo che sarà stato pagato in Italia il ricavo della vendita del loro patrimonio. Tale emigrazione dovrà effettuarsi entro il termine massimo del 31 dicembre 1942 ».

Secondo i dati in possesso del R. Ministero dell'Interno:

gli allogeni emigrati in Germania fino al maggio 1942 risulterebbero 69865,

il ritmo delle partenze degli allogeni nei primi mesi dell'anno in corso è il seguente: gennaio 1054; febbraio 984; marzo 964; aprile 510; maggio 888,

il numero degli allogeni optanti che sono ancora in Alto Adige è all'ingrosso 130 mila.

t3) Vedi serie IX, vol. II, appendice II.

47 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

La situazione giuridica degli alto-atesini che hanno optato per la cittadinanza germanica e che non sono ancora emigrati non essendo definita con chiarezza nei detti accordi, diede luogo a discussione.

Da parte germanica si sosteneva la tesi che col solo acquisto della naturalizzazione tedesca, e cioè al momento in cui ha luogo la materiale consegna agli optanti del relativo atto, si verifichi la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dal trasferimento della residenza.

Da parte di Autorità italiane si sosteneva invece che gli allogeni tedeschi perdono la cittadinanza italiana soltanto dopo che -ottenuto l'atto di naturalizzazione germanica -abbiano anche trasferito in Germania la residenza.

In relazione a tale questione un accordo Cdi cui peraltro a questa Direzione Generale non risultano i termini precisi) sarebbe intervenuto nel dicembre 1939 tra le Eccellenze Buffarini e Bocchini e due Rappresentanti del Governo Germanico e in base al quale l'Autorità germanica limiterebbe il rilascio delle carte di naturalizzazione agli allogeni optanti in modo che non vi fossero contemporaneamente residenti in Alto Adige più di 15 mila allogeni divenuti germanici.

La questione relativa al momento della perdita della cittadinanza italiana da parte degli optanti venne più precisamente considerata e risoluta da uno scambio di lettere in data 20 agosto -4 settembre 1941, tra il Console Generale di Germania Bene e il Prefetto di Bolzano. In base all'intesa risultante da tale scambio di lettere è chiarito che «nel momento del conferimento della cittadinanza germanica l'optante perde la cittadinanza italiana e diventa germanico a tutti gli effetti di legge». Secondo la stessa intesa «la cittadinanza germanica sarà conferita dopo il rilascio dei moduli 4 e 8 da parte dell'Autorità italiana».

Nella citata lettera del Console Generale Bene è poi detto testualmente: «Per evitare la presenza di un numero sproporzionato di cittadini germanici nella provincia, generalmente la cittadinanza germanica sarà conferita breve tempo prima dell'emigrazione. In tal modo i citadini germanici residenti nella provincia non sorpasseranno il numero di 15 mila persone».

Se ora in dipendenza dello stato di guerra si dovrà addivenire ad una proroga del termine del 31 dicembre 1942 per il trasferimento degli allogeni alto-atesini (telegramma 060 del 13 maggio u.s. della R. Ambasciata a Berlino (l) converrà:

a) far risultare il nuovo termine da uno scambio di note;

b) stabilire che il deflusso degli alto-atesini optanti continui sia pure in misura ridotta;

c) confermare esplicitamente che il rilascio dei mod. 4 e 8 da parte delle Autorità italiane e la consegna degli atti di naturalizzazione germanica agli optanti si svolgano in correlazione con il movimento di effettiva emigrazione in Germania in modo che il numero dei cittadini germanici residenti ancora nell'Alto Adige non superi i 15 mila.

(l) -T. 18208/998 del 15 giugno 1942, ore 14, non pubblicato. (2) -Vedi D. 629. (4) -Vedi serle VIII, vol. XII, D. 334.

(l) Vedi D. 539.

627

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. PER CORRIERE 4113/262 R. Roma, 18 giugno 1942 (per. il 18).

Per notizia informo che il Papa, apparso sofferente già nell'udienza generale di ieri mattina, è effettivamente ammalato ed aveva ieri sera febbre alta a 40°. Si tratta di una forma influenzale, ma la cosa preoccupa, dal punto di vista immediato, i circoli vaticani, in relazione alla visita già fissata in principio che Serrano Sufier doveva rendere al Papa in occasione della sua permanenza romana. In Vaticano si tiene in modo speciale alla visita del Ministro degli Esteri spagnolo, sia perché questa risana una situazione personale spiacevole, creata dal fatto che nel 1940 Serrano Sufier non si recò a visitare il Pontefice, e sia anche perché dopo i recenti accordi si vogliono rendere sempre più cordiali i rapporti colla Spagna in vista di possibili sviluppi. Non si vorrebbe quindi che accadessero malintesi per il caso che le condizioni di salute del Pontefice fossero realmente tali da impedire la visita del Ministro spagnolo.

628

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.S.N.D. PER CORRIERE 4175/0109 R. Zagabria, 18 giugno 1942 (per. il 22).

Riferimento mio telecorriere n. 0101 (1), telegramma V. E. n. 413 (2) e mio telegramma n. 757 (3). Come era prevedibile, Kasche è venuto a vedermi per riparlare della questione del Porto di Ploca.

Poiché ad un certo punto egli ha fatto appello allo spirito di collaborazione, sempre però nel senso affermativo e vantaggioso per la parte tedesca, la conversazione è facilmente stata condotta sull'argomento generale e cioè sul modo di intendere il nostro spazio vitale.

Kasche è a conoscenza delle intese fra i due Governi in merito alla Croazia, intese che hanno preceduto la firma dei Patti di Roma, e perciò ha accolto le mie parole con spirito amichevole anche per il tono cordiale che ho voluto dare al discorso. Egli, senza avere nulla da obiettare, intende sì come principio acquisito la posizione preminente italiana in Croazia ma in una forma teorica e direi quasi 'platonica', come se diritti preesistenti, o diritti sopravvenuti modificassero nella pratica le intese stesse. Interpretazione arbitraria

T. -0101, aveva scritto: «sta bene tenore Vostro linguaggio con Kasche per quanto riguarda modo di intendere nostro spazio vitale. su argomento ci proponiamo, come già accennatoVi nel carteggio relativo affare Montecatini, intrattenere Clodius. Per quanto riguarda Ploce confermo istruzioni impartiteVi».

dato che -rispondendo ad una mia domanda -egli mi ha detto di avere ricevuto dai suoi superiori istruzioni conformi alle intese, prima di venire come Plenipotenziario in questa Capitale, un anno e tre mesi orsono. L'ho pregato perciò di precisare il suo modo di vedere, per essere in grado di comprendere come fosse possibile conciliare con la pratica un accordo ormai pacifico e chiaro che dovrebbe essere norma di condotta e al quale dovrebbe ispirarsi non soltanto la nostra cameratesca collaborazione ma anche, e sopratutto, la politica dei croati.

Kasche ha risposto elencando una serie di temi (concessioni che la Germania si era già assicurate dalla Jugoslavia, interesse alla bauxite, al tabacco, al ferro e al legname croato; arruolamento di oltre 100 mila operai croati e necessità di arruolarne altri per l'industria del Reich; tutela e organizzazione dei croati di origine nazionale germanica), tra i quali dominava quello di una 'diversa concezione dell'indipendenza croata' considerata in senso realistico da parte tedesca per la valorizzazione, sotto l'aspetto politico economico, della Croazia nell'attuale momento.

Secondo lui i croati hanno bisogno dell'appoggio tedesco per consolidarsi all'interno; tutte le loro energie debbono essere utilizzate, le loro forze militari impiegate, la struttura amministrativa e organizzativa perfezionata, l'economia potenziata. (Questa concezione, a mio avviso, può essere definita senz'altro 'protettiva' e perché ad essa si attiene nell'azione che svolge qui la rappresentanza germanica, ne deriva: a) per quanto riguarda la posizione dell'Italia nel suo spazio vitale una netta limitazione alla libertà di movimento per agire in Croazia e collaborare coi croati; b) per quanto riguarda i croati un incoraggiamento al gioco balcanico di appoggiarsi ora all'una ora all'altra Potenza che essi vedono come concorrenti).

A questa concezione tedesca dell'indipendenza croata si contrappone -secondo Kasche -la nostra, che egli non ha esitato a definire 'dalmatica e militare'; essa, che si concreta tanto in collaborazione coi croati, ma è piuttosto penetrazione, assorbimento, almeno -ha precisato -se ci si riferisse alla fascia costiera, anzi al territorio croato che va dal nuovo confine alla linea di demarcazione. Tornava così ad accennare alle due zone di influenza, che dividerebbero la Croazia in due parti, segnate dalla «linea di demarcazione».

Ho creduto perciò opportuno ricordargli che il termine « linea di demarcazione» è soltanto convenzionale, e fu adottato come tale dai nostri due eserciti al momento della sconfitta jugoslava; che l'interesse italiano si estende a tutto il territorio croato; che lo spirito dei Patti di Roma non è soltanto militare, bensì collaborazionista in tutti i campi, militare compreso; che la posizione geografica della Croazia, la quale ha con noi in comune frontiere terrestri e marittime, aveva suggerito al Governo italiano di dare appunto una impostazione di garanzia e di alleanza ai rapporti italo-croati, improntandoli a un senso unitario di collaborazione e al massimo di comprensione. Kasche è tornato alla sua concezione dinamica e attualistica, per meglio mettere in rilievo con le sue affermazioni un «naturale stato di fatto » che costituisce terreno favorevole all'azione tedesca in Croazia, stato di fatto oggi negativo ancora per noi e forse apparentemente contrastante coi nostri desideri e con le nostre aspirazioni, che egli vede «realizzabili in avvenire». (In altri termini, da quel che ho capito: «lasciate fare e organizzare a noi, e potrete poi trarne la vostra parte di vantaggio »).

Quanto sto per riferire risulta dalle sue esplicite dichiarazioni e anche dall'atteggiamento talora reticente da lui assunto nelle pause tra l'una e l'altra battuta su determinati argomenti toccati nel nostro colloquio:

l) La collaborazione tedesco-croata -egli ha detto -è cosa spontanea, è come un derivato della simpatia, quasi tradizionale, che viene alimentata da ogni forma di appoggio, di valorizzazione o di propaganda anche perché non esistono interessi territoriali, né ragioni politiche di contrasto tra i due Paesi. Qui egli voleva dire che contrasti esistono invece con l'Italia. Ha fatto allusione alla Dalmazia, come motivo di attrito.

2) Ha parlato di cetnici, e poi, rettificando una sua troppo spinta affermazione sulla nostra cordialità nei riguardi di costoro, ha detto che, mentre da parte germanica per ragioni ovvie si sono dovuti mantenere contatti coi cetnici della Serbia da parte italiana tali contatti hanno avuto luogo in territorio croato, naturalmente urtando la suscettibilità dei Croati.

3) Ha parlato di ebrei, riferendosi sempre alla zona di occupazione italiana, dove si sarebbero rifugiati numerosi quelli fuggiti da Zagabria e da altri centri controllati dalla Germania.

4) Si è lasciato andare anche a considerazioni sopra presunti giudizi che da parte italiana si darebbero della incerta volontà di collaborazione da cui sono animati i croati nei nostri riguardi. Ha difeso l'opera di alcuni Ministri croati, senza che io gliene dessi lo spunto (voleva alludere al Maresciallo Kvaternik, al Ministro delle Comunicazioni e forse a quelli economici). Particolarmente ha voluto fare la difesa dei ferrovieri croati che, secondo lui, «sono ammirevoli per bravura tecnica e per coraggio poiché sfidano i pericoli delle zone infestate dai ribelli». E anche a tale proposito, egli voleva fare paragoni tra zona e zona di influenza: si comprendeva anzi che voleva riferirsi ai ferrovieri di Spalato e a quelli in servizio sulla linea Fiume-Zagabria, che è oggetto di quasi quotidiani atti di sabotaggio.

(Queste sue citazioni, fatte a scopo comparativo e alle quali ho naturalmente replicato, erano fuori dell'argomento, e anche perciò inopportune, ma volevano essere una facile giustificazione dell'azione che egli svolge, valendosi spesso di alcuni elementi responsabili della politica croata).

5) Ha fatto un accenno al sentimento marinaro e alla fierezza nazionale dei croati, aggiungendo che era difficile comprimere il primo, e che avrebbe dovuto forse passare del tempo, prima che l'opinione pubblica croata si adattasse alla realtà dei nuovi confini.

Per ricondurre nei suoi giusti termini l'argomento da lui posto, ho accennato a certa propaganda che provoca malinteso e porta il nazionalismo croato qualche volta ad allinearsi con sabotatori e sovversivi; così, ad esempio, il diffondersi e il perdurare di voci, a tutti note sparse da piccola gente e da persone comunque irresponsabili per le quali la cosidetta questione adriatica, per noi italiani risolta, viene tenuta ancora viva in Croazia dove si va dicendo che essa sarà riveduta a favore dei croati quando sarà finita la guerra.

A questo punto Kasche mi è parso trovarsi in un certo imbarazzo, e ha abbassato gli occhi. Ho creduto perciò di riprendere il tema della collaborazione tra noi, che egli aveva trattato, in precedenza e sul quale, tolto ormai dall'imbarazzo, si è indugiato volentieri, particolarmente sul campo economico.

«Vi è noto -ha detto fra l'altro -che interessa molto alla Germania di poter trarre dalla Croazia la bauxite di cui essa è ricca~. Gli ho risposto che avevo da tempo ricevuto istruzioni di facilitare con ogni mezzo a mia disposizione tale attività mineraria dei tecnici tedeschi anche nelle zone presidiate da nostre truppe. Kasche ha aggiunto: «interesse altresì di poter trasportare la bauxite nella maniera più rapida al mare, dato che non è agevole e sarebbe troppo lungo valersi delle linee di comunicazione ferroviarie che dalla Croazia conducono al Reich ~. A questo riguardo ha parlato, oltre che dell'Erzegovina anche della zona Drnis-Knin e ha pronunciato che sarebbe tornato sulla questione anche per chiedere facilitazioni ai tecnici per recarsi in questa ultima zona e nei porti di sbocco.

Kasche ha convenuto con me che, intensificando i contatti fra la sua e questa Legazione, si potrebbe dar luogo a un lavoro più spedito attenuando nei croati l'impressione della concorrenza. Ma, a proposito di consultazioni, per esempio, in materia di scambi commerciali, di concessioni e anche di prezzi, egli ha soggiunto che sarebbe -a suo avviso preferibile informare i croati dei nostri colloqui.

Il mio linguaggio è stato improntato al massimo di cordialità tutte le volte che si è parlato di collaborazione tra noi e anche quando i delicati argomenti da lui toccati a giustificazione dell'opera sua hanno reso necessaria qualche precisa battuta di risposta.

Riterrei di attuare questo programma di contatti e di consultazioni, pur non nascondendomi la dift'icoltà di ottenere da parte di questa Legazione germanica sincero gradimento alle mie sollecitazioni. Penso di farlo per dar prova del più leale cameratismo e non soltanto per le questioni economiche ma per quelle politiche e anche per quelle culturali. Le consultazioni potrebbero essere proficue anche perché costituirebbero in se stesse preventivo scambio di vedute sulla materia che potrebbe, invece, divenire oggetto di concorrenza e dar motivo poi a chiarimenti.

Proprio in materia culturale va ricordato che il Governo del Reich mesi or sono fece sapere a codesto Ministero che aveva intenzione di concludere un «accordo ~ col Governo croato e che, se da parte nostra vi fosse stata la stessa intenzione, avrebbe dato a noi la precedenza. Ma il passo è rimasto un gesto di cortesia formale, perché, in sostanza, qui si è verificata una serrata azione tedesca nel campo culturale, con introduzione di elementi di controllo nel Ministero dell'Educazione, nell'Università e nelle scuole, mentre le autorità croate, attraverso elementi individuabili, oppongono a noi una resistenza che è facile spiegarsi.

(l) -Vedi D. 606. (2) -In tale telegramma (T. s.n.d. 20709/413 p.r. del 12 giugno, ore 24), Ciano, rispondendo al (3) -Non pubblicato.
629

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE FERRARIIS

T. S.N.D. 140/288 R. Roma, 19 giugno 1942, ore 15.

Questo Ministro d'Ungheria ha qui effettuato passo da voi preannunciato (telegramma 320) (l) e gli è stato risposto che saremmo entrati subito in contatto con Governo tedesco ai fini di concordare opportune comuni istruzioni per le Rappresentanze dell'Asse a Bucarest.

Nel frattempo da parte tedesca sono state suggerite, e da noi accettate, le istruzioni che vi vengono inviate con telegramma a parte (2), per una dichiarazione uguale da farsi tanto a Bucarest quanto a Budapest. È apparso infatti opportuno di mantenere un atteggiamento imparziale e di equilibrio nei riguardi delle due parti in contrasto, anche allo scopo di rendere ·meno difficile una immediata distensione.

Tuttavia, nel dare corso alle istruzioni che vi vengono inviare a parte, vogliate far comprendere che il nostro passo viene svolto a Budapest nello spirito dei particolari amichevoli rapporti itala-ungheresi e adottare quindi allo scopo possibilmente opportune modalità procedurali.

Come è ovvio quanto precede è per vostra conoscenza e norma strettamente personale.

630

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE, E A BUDAPEST, DE FERRARIIS

T. 141/425 (Bucarest) 287 (Budapest) R. Roma, 19 giugno 1942, ore 15,40.

In relazione attuale crisi nei rapporti ungaro-rumeni, Governi italiano e tedesco hanno deciso che propri Rappresentanti Budapest e Bucarest siano incaricati consegnare ai due Governi una dichiarazione uguale del seguente tenore:

«Dopo che la Commissione degli Ufficiali di Brasov è stata interessata alla situazione creata dalle requisizioni di generi alimentari presso il gruppo etnico ungherese in Romania, la Commissione stessa ha fatto rapporto ai Governi italiano e tedesco.

In base a questo rapporto ed alle racocmandazioni espresse dalla Commissione degli UIDciali, nonché tenendo conto delle comunicazioni pervenute direttamente ai Governi italiano e germanico, il Governo italiano ed il Governo germanico esprimono la ferma speranza:

1°) che il Governo rumeno sospenda con effetto immediato le requisizioni da esso disposte presso il Gruppo Etnico ungherese in Rumania, ed abbia

cura che venga immediatamente eliminata la carestia che si è in conseguenza verificata presso quelle popolazioni, ed impedita ogni ulteriore penuria di viveri, e questo, per quanto possibile, restituendo i viveri e foraggi requisiti, od altrimenti con altri mezzi;

2°) che i Governi rumeno ed ungherese mettano termine senza indugio, e con tutti i mezzi a loro disposizione, al movimento di fuggiaschi da ambo le parti; e che il Governo ungherese abbia cura perché vengano immediatamente eliminate le lagnanze rumene qualora risulti che le disposizioni delle autorità ungheresi in Transilvania abbiano dato giustificato motivo ai procedimenti del Governo rumeno;

3°) che i Governi rumeno ed ungherese si dichiarino d'accordo che i Governi italiano e germanico inviino immediatamente incaricati speciali in Transilvania per aiutare la Commissione degli Ufficiali nei suoi lavori, e che i due Governi si impegnino a dare a questi incaricati ogni facilitazione e ogni appoggio per rendere loro possibile di esaminare la situazione del Gruppo Etnico ungherese in territorio rumeno e del Gruppo Etnico rumeno in territorio ungherese. Gli incaricati faranno rapporto sul risultato del loro esame ai Governi italiano e germanico.

I due Governi si riservano di indirizzare, in base a tale rapporto, ulteriori raccomandazioni ai Governi rumeno ed ungherese».

Nel consegnare tale dichiarazione, vogliate insistere sulla sua immediata accettazione, richiamandovi al Lodo di Vienna del 30 agosto 1940 ed in particolare al chiaro obbligo dei due Governi contenuto nel paragrafo 5 di detto Lodo.

Da parte tedesca è stato suggerito che la dichiarazione sopra trascritta

venga rimessa, oltre che ai Ministri degli Esteri rumeno ed ungherese, anche

a S. A. Serenissima il Reggente ed al Maresciallo Antonescu.

Al riguardo prendete accordi col Vostro collega tedesco, e regolatevi in conformità, tenendo conto anche della pratica possibilità di attuazione del suggerimento tedesco.

Fregasi assicurare (1).

(l) -Con T. 4101/320 r. del 17 giugno 1942 ore 22 (per. ore 9,30 del 18), non pubblicato, Anfuso comunicava l'intenzione del Governo ungherese di sottoporre a Roma e Berlino la situazione critica determinata dalle requisizioni compiute dalle autorità romene a danno delle minoranze ungheresi in Transllvania. (2) -Vedi D. 630.
631

IL MINISRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4131/779 R. Zagabria, 19 giugno 1942, ore 22,30 (per. ore 9 del 20).

Telespresso di V. E. n. 12347 del 16 giugno (2). Oggi sono stati conclusi accordi dettaglio relativi eserc1z10 dei poteri civili sulla seconda zona. Oltre convenzione al riguardo è stata firmata dal

Poglavnik una dichiarazione concernente le varie richieste del R. Ministero della Marina di cui al telegramma di V. E. n. 400 del 7 corrente (1). Trasmetto testi col prossimo corriere (2).

(l) -Per la risposta di Bucarest vedi D. 636; per quella da Budapest, vedi D. 635. (2) -Non pubblicato.
632

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S. N. D. PER CORRIERE 4178/0110 R. Zagabria, 19 giugno 1942 (per il 22).

Mio telegramma n. 413 del 17 corr. (3) e telecorriere n. 0109 in data 18 (4).

Col Poglavnik, che ho visto ieri e che era stato informato da parte tedesca sommariamente della conversazione da me avuta il 16 corr. con Kasche, ho pure trattato lo stesso argomento senza entrare nei dettagli.

Mi sono limitato a richiamare la sua attenzione sul senso unitario di collaborazione, secondo lo spirito dei Patti di Roma, e a fare opportuni misurati accenni alla concezione «protettiva 1> del mio collega di Germania e alle sue affermazioni sul «naturale stato di fatto 1> che sarebbe favorevole all'azione tedesca.

Il Poglavnik si è molto interessato alle mie comunicazioni, e particolarmente mi è parso meditare sul modo di intendere l'appoggio fornito ai croati, la simpatia di questi, nonché sull'aspetto politico che si vorrebbe ravvisare nel termine « linea di demarcazione , .

Egli mi ha dato l'impressione che avrebbe desiderato conoscere anche i particolari del colloquio, forse per avere elementi di confronto con le sue informazioni o di conferma a certe sue preoccupazioni. Egli mi ha detto di sapere che si cerca di determinare un distacco di alcuni suoi principali col1<~ boratori da lui, dalla sua linea di condotta politica nei nostri riguardi, iso landolo quale amico sincero dell'Italia e fautore della collaborazione totalitaria con noi.

Ha aggiunto, richiamandosi alle risultanze di un movimento nazionalsocialista-croato, di cui a suo tempo ho riferito, ed agli arresti operati nella prima decade di aprile e successivamente, che dovette in quella circostanza dar conoscenza a Kasche dei nomi di alcuni cittadini tedeschi implicati nella faccenda che egli fu costretto a trarre in arresto.

Si è indugiato su questo argomento, come se volesse cercare un nesso tra l'appoggio tedesco ritenuto da essi come necessario « per il consolidamento interno della Croazia 1> e certe tendenze a organizzarsi nell'interno stesso del Paese e ad agire eventualmente in accordo con gli uomini politici croati.

La delicatezza dell'argomento mi ha suggerito di non intrattenermi troppo a lungo con lui sulla questione. Nel congedarmi egli ha espresso il proposito di svolgere nelle prossime settimane un'opera di revisione nei quadri dei suoi collaboratori, anche in profondità, di convocare più spesso a rapporto i Prefetti

ed i Federali per orientarli opportunamente e richiamarli allo spirito e alla lettera dei Patti di Roma che costituiscono il «punto di partenza e la base della politica di Governo croata».

(l) -Vedi D. 597. (2) -Non pubblicati. (3) -Riferimento errato; si tratta del T. s.n.d. 4127/757 r. del 17 giugno, ore 21,30, non pubblicato. (4) -Vedi D. 628.
633

COLLOQUI DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI SPAGNOLO, SERRANO SUNER

VERBALE. Livorno, 15-19 giugno 1942.

Ho avuto col Ministro Serrano Sufier, nei tre giorni di permanenza a Livorno, lunghi e cordiali colloqui ma, come con lui avviene, spesso disordinati. Cercherò di ricapitolarli nei loro punti essenziali.

-Restaurazione della Monarchia. Serrano dice che il problema monarchico non si sarebbe presentato così decisamente in Spagna, qualora non fosse stato lo stesso Franco a sollevarlo asserendo, a parecchie riprese, che egli intendeva procedere alla restaurazione. Una volta agitato il problema era impossibile metterlo a tacere, ed è assurdo l'atteggiamento che tiene adesso Franco cioè fingere di ignorare i dibattiti in merito, nella speranza forse di sopire ogni discussione.

Comunque la questione pur presentandosi come uno dei problemi importanti della vita spagnola, non appare né urgente né tanto meno immediata. Franco non si è ancora pronunciato in merito. Ed è certo che la restaurazione oggi, a meno di avvenimenti imprevisti e imprevedibili, non potrebbe essere fatta senza Franco o contro Franco. Per quanto la posizione di questi, come dirò in seguito, non sia, secondo il giudizio di Serrano, solida né propizia, ha ancora molte cartuccie da sparare e le sparerebbe. Il movimento monarchico nel paese, considerato nelle grandi masse popolari, non esiste: esiste invece una piccola minoranza di gente interessata alla restaurazione, che parla molto, si agita molto e tiene vive le speranze specialmente in alcuni circoli aristocratici, militari ed ecclesiastici.

Non è nemmeno da dimenticare il fatto che l'Ambasciata d'Inghilterra svolge un'attivissima propaganda monarchica appoggiandosi sugli elementi anglofili.

In questo modo Serrano fa il punto della situazione. Per quanto però direttamente lo riguarda, egli dice che, qualora il regime falangista fosse riuscito a mettere più solide radici nel paese, avrebbe continuato a considerare deprecabile il ritorno della monarchia. Ma l'esperienza di questi anni di governo e l'esame del poco che è stato fatto, del moltissimo che si dovrebbe fare, e delle crescenti difficoltà a farlo, lo inducono a ritenere che la restaurazione monarchica non debba essere scartata a priori. Naturalmente a due condizioni: 1°) -che la restaurazione avvenga attraverso la persona di Franco e sotto gli auspici della Falange; 2°) -che Don Juan abbia preventivamente compreso

l'indispensabilità di una politica nettamente orientata sulle Potenze dell'Asse. Serrano ritiene, e su fondati elementi, che la famiglia Reale spagnola sia per tante ragioni sentimentalmente e ideologicamente rivolta verso l'Inghilterra. Però giudica anche possibile una modifica profonda nei sentimenti del pretendente. Per queste ragioni egli consiglia soprattutto l'Italia di iniziare verso la persona di Don Juan un'azione diretta ad attrarlo nell'orbita dell'Asse, azione che deve essere svolta con molta circospezione e prudenza per evitare che « questo ragazzo, che non ha molto ingegno, si monti la testa e si giudichi un personaggio di importanza superiore a quella che veramente può avere ». Gli avvenimenti diranno poi se la restaurazione potrà o dovrà essere compiuta: a giudizio di Serrano -ed è questo il consiglio principale che egli voleva farci tempestivamente avere -conviene all'Italia di avere la carta monarchica nel proprio giuoco.

-Situazione interna spagnola. Non buona. Serrano, col suo consueto linguaggio avventato, pronunzia giudizi nettamente pessimisti su Franco, sul suoi colleghi di Governo, sui Generali ed anche sul popolo spagnolo. La rivoluzione non ha avuto luogo né politicamente né socialmente: è rimasta alla fase di insurrezione militare. Franco si è circondato di una quantità di uomini trascurabili sotto ogni aspetto, che hanno creato nel Pardo una atmosfera parodistica della vecchia Corte spagnola. Anche la Signora Franco, estremamente beghina e che «praticando l'onestà crede di avere compiuto tutti i propri doveri » esercita un'influenza nefasta sul marito. Franco ha ancora ascendente sulle masse popolari, ma è un ascendente in diminuzione tanto più che egli adesso prende contatto diretto con queste masse e vuole pronunciare discorsi sui quali i giudizi sono concordemente negativi. Le classi superiori sono ostili alla persona del Caudillo e l'esercito è minato da una quantità di intrighi, complotti e ambizioni. Citerò una frase di Serrano che riassume la situazione interna spagnola: «La fortuna della Spagna è la guerra mondiale. Questa enorme vicenda tiene gli spagnoli con l'animo sospeso ed impedisce loro di prendere iniziative nella politica nazionale. Se non ci fosse la guerra, Franco avrebbe già avuto grossi dispiaceri>>.

-Posizione della Spagna rispetto alla guerra. La Spagna non può che mantenere la propria neutralità e anche Serrano, che ha sempre sognato per il proprio paese il momento in cui gli fosse concesso di giuocare un ruolo decisivo per il futuro, si è convinto adesso che alla Spagna mancano le più elementari possibilità, materiali e morali, per partecipare al conflitto. II paese è moralmente diviso su ogni questione e, in primo luogo, sulla partecipazione alla guerra. Vi sono molte simpatie per l'Asse ma vi sono anche molte, e non secondarie simpatie, per l'altra parte. Quindi se un giorno le vicende imporranno alla Spagna di entrare in lizza (e questo potrebbe essere una occupazione americana del Marocco francese) la Spagna dovrà snudare

la spada, ma altrimenti, no, a nessun costo. Serrano dice che sa bene i tedeschi essersi risentiti per non avere la Spagna l'anno scorso acconsentito al progetto

germanico di attacco contro Gibilterra. I tedeschi hanno torto: non si rendono conto che se le truppe del Reich fossero entrate in Spagna, sia pure col beneplacito di Franco, tutto il paese sarebbe insorto e si sarebbero trovati alle spalle una insurrezione di proporzioni tali da fare impallidire le difflcoltà balcaniche e la stessa guerriglia di Russia. Il desiderio del popolo spagnolo si deve quindi riassumere in una sola parola: neutralità.

-Sviluppo del conflitto. Per quanto Serrano sia in l)€Ssime relazioni personali con gli inglesi e gli americani, (mi ha raccontato di essere arrivato, in un colloquio con Samuel Hoare a promettergli due revolverate in testa «da consegnargli personalmente qualora egli avesse continuato ad intrigare nella politica interna spagnola»), pure, attraverso i suoi contatti con l'altra parte in conflitto è giunto alla convinzione che il morale inglese, dopo avere attraversato periodi di cupa depressione, si è adesso rialzato mentre il morale americano è tuttora singolarmente basso. Comunque negli ambienti anglosassoni è inalterata la decisione di lottare e, nelle classi meno elevate, radicatissima la convinzione della vittoria. Le condizioni di vita in Inghilterra risultano ancora e sotto ogni aspetto sostanzialmente buone. In tutti gli ambienti neutrali -e Serrano personalmente condivide questo avviso -si ha la convinzione che gli avvenimenti dei prossimi quattro mesi siano del tutto decisivi per il risultato della guerra. Serrano continua a fare, come sempre ha fatto in passato, le previsioni più favorevoli per il successo dell'Asse.

-Rapporti con la Germania. Molto migliorati. Anche personalmente si esprime in termini più riguardosi verso i tedeschi in generale e particolarmente verso Ribbentrop, che in altri tempi vedeva come un pruno negli occhi. Ha detto questa frase: «Ribbentrop è una brava persona, però sta sempre nell'atteggiamento di quello che aspetta la statua. È un uomo che non ha alternative: o gli faranno la statua o lo faranno a pezzi. Per parte mia spero che gli facciano la statua. Sono disposto a portare anche un pezzo di pietra. Mi costerebbe molto più cara l'altra eventualità».

Serrano Sufier mi ha poi parlato di altre questioni minori e contingenti dei rapporti commerciali tra i due paesi.

Come risulta da questa breve rassegna, il Ministro Serrano non aveva alcuna questione specifica da trattare né si può dare un motivo concreto alla sua venuta, tranne quello di riposarsi (cosa che ama moltissimo, perché ha dormito ogni mattina fino a mezzogiorno) nonché quello di rafforzare la sua posizione politica di fronte ai generali e allo stesso Franco. Nei nostri riguardi è come sempre estremamente amichevole. Dice corna di tutti, ma fa una sola eccezione: Mussolini. Per Lui riserba l'ammirazione e il rispetto che, in blocco, nega al resto dell'umanità, ed è sincero nei suoi entusiasmi, così come è imprudente nei suoi giudizi (1).

(1) Il presente documento reca il visto di Mussolini. Del due colloqui che Serrano Sufler ebbe con Mussollni a Roma, il 20 e 23 giugno 1942, non risulta che siano stati redatti verbali. Per essi si veda Ciano, Diario cit., alle rispettive date.

634

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4153j402 R. Tokio, 20 giugno 1942, ore 8,20 (per. ore 2 del 21).

Telegramma ministeriale 408 (1).

Ho fatto rinnovare insistenze per mezzo questo Addetto Milltare a questo Addetto Navale -il quale ultimo aveva ricevuto anche dirette istruzioni dal suo Ministero -presso autorità militari e navali nipponiche per riunione commissione Tripartito, giovandomi sopratutto dell'argomento di cui in fine telegramma al quale risponde. Risposte sono state ancora una volta negative: nettamente per quanto concerne marina; accompagnate dalle abituali generiche assicurazioni di futuro esame, per quanto concerne esercito. Fin da quando Commissioni militari furono contemplate, qui si è avuto costante proposito che esse avessero a funzionare nelle sole capitali europee. Non è detto per altro che situazioni che vanno in questi giorni profilandosi ovest nord e che destano qui molte preoccupazioni non possano indurre da un momento all'altro, in considrazione positivi interessi giapponesi, queste autorità militari e navali a cambiare parere.

635

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE FERRARIIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

r. PER TELEFONO 4148j327 R. Budapest, 20 giugno 1942, ore 19.

Telegrammi di V. E. n. 287 e n. 288 (2).

Ho eseguito oggi alle 15,30, insieme al Ministro di Germania, col quale mi ero precedentemente concordato, passo prescrittomi da V. E. presso Presidente del Consiglio. Questo Ministro di Germania ed io abbiamo dato lettura a Kallay della dichiarazione e dopo aver attirato sua attenzione su carattere amichevole comunicazione ne abbiamo chiesto immediata accettazione da parte del suo Governo. Accettazione ungherese ci è stata comunicata alle ore 16,45 subito dopo udienza concessaci dal Reggente d'Ungheria, al quale Ministro di Germania ed io, separatamente, abiamo dato nota notizia del passo fatto presso Presidente del Consiglio. Tanto Presidente del Consiglio quanto Reggente d'Ungheria hanno espresso viva gratitudine per rapido interessamento Governi dell'Asse e mi hanno incaricato di fare pervenire al Governo Fascista i loro particolari ringraziamenti. Presidente del Consiglio ha aggiunto che intervento Potenze dell'Asse giunge quanto mai tempestivo poiché situazione determinata da requisizioni romene è arrivata ad un punto realmente critico per effetto delle spoliazioni

sempre più vaste che autorità romene compiono a danno del gruppo etnico ungherese. Riferisco più dettagliamente con corriere odierno.

(l) -T. 19963/408 p.r. del 7 giugno 1942, ore 2,30, non pubblicato; riunione a Roma della Commissione militare Tripartito e opportunità di richiedere la riunione della analoga Commissione giapponese per ribadire la solidarietà delle forze armate del Tripartito. (2) -Vedi DD. 629 e 630.
636

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4158j538 R. Bucarest, 20 giugno 1942, ore 23,30 (per. ore 8,30 del 21).

Telegramma di V. E. n. 425 (1).

In ottemperanza alle istruzioni impartitemi, stamane, insieme questo Ministro Germania, ho presentato al Vice Presidente e Ministro degli Affari Esteri Michele Antonescu dichiarazione comunicata col telegramma in riferimento chiedendo in pari tempo di vedere anche il Conducator.

A scanso di errori d'accordo con Ministro di Germania dichiarazione è stata presentata per iscritto.

Prof. Antonescu ha ricevuto dichiarazione senza entrare in discussioni e comunicato che, quantunque momentaneamente ... (manca)..., Maresciallo ci avrebbe ricevuto probabilmente in pomeriggio dato che la questione rivestiva principio di autorità morale e toccava situazione politica interna.

Pomeriggio, Maresciallo Antonescu, che nel frattempo era stato preparato dal Vice Presidente, ha ricevuto Ministro di Germania e me. Maresciallo appariva profondamente turbato. Ha detto che Romania e lui avevano adempiuto loro obblighi in modo più leale e ricordato grandi perdite sofferte dinanzi Odessa e altri settori del fronte. Inoltre ha ricordato che suoi diversi memorandum tendenti a richiamare attenzione Ungheria su osservanza obbligazioni assunte con Arbitrato Vienna, erano rimasti senza risposta. Richieste dei Governi italiano e tedesco non erano richieste fatte a un alleato ma ad uno Stato vassallo. Se tali richieste vengono formulate da alleati, la cosa è particolarmente grave.

Ministro di Germania ha risposto che Governo tedesco non aveva in alcun modo intenzione assumere tono che si usa nei confronti vassallo, ma che si doveva eliminare grave pericolo insito in aperto conflitto tra Romania e Ungheria. Ha continuato che Germania riconosce pienamente grandi meriti Romania, che Fiihrer considera Maresciallo come uno dei più fedeli alleati e che Governo germanico era stato indotto a questo passo soltanto da preoccupazione che comune condotta della guerra potesse esserne pregiudicata.

Dal canto mio, ho cercato persuadere Conducator che senso del passo collettivo era da cercarsi nel desiderio delle due Potenze di creare organo imparziale per esame e soluzione delle questioni pendenti, ma non è stato possibile condurre Maresciallo su terreno discussioni obiettive.

La richiesta di una immediata accettazione sembrava aver particolarmente eccitato Conducator il quale ha consegnato al Ministro tedesco e a me lettera del seguente tenore: <<Ho ricevuto con sorpresa lettera collettiva dei Governi alleati, del Grande Reich tedesco e dell'Italia.

Storia giudicherà se il popolo romeno ed il suo Conducator hanno meritato essere trattati da vassalli e di ricevere dai loro grandi Alleati, invece della giustizia, una simile lettera che dimostra loro con chiarezza lapidare quale sia ricompensa che viene loro riservata per avere dato e dare tutto con tanta lealtà e fede per la lotta comune.

La risposta lettera verrà data dal competente organo responsabile dello Stato». Risposta definitiva deve pertanto seguire e verrà telegrafata non appena qui pervenuta (1).

(l) Vedl D. 630.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE

T. S.N.D. 21792j431 P.R. Roma, 20 giugno 1942, ore 24.

Vostro 060 (2).

Fate presente codesto Ministro Economia che necessità di ordine militare premono urgentemente ed è quindi indispensabile concessione per mese giugno ulteriore contingente ventimila tonnellate nafta. Fate riservatamente presente necessità nostra flotta che abbisogna predetto maggiore contingente di nafta. Decisione deve essere presa urgenza e invio dovrebbe aver luogo più presto possibile.

Vi informo ad ogni buon fine che interesso Governo tedesco perché Vostro passo sia appoggiato da codesto Ministro di Germania (3).

638

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER (4)

L. P. (5). Roma, 20 giugno 1942 (6).

La battaglia aero-navale nel Mediterraneo si è conclusa con un grave scacco e gravose perdite per il nemico; lo stesso può dirsi delle operazioni nella Marmarica, che stanno per raggiungere il loro coronamento.

È mio avviso e certamente anche il Vostro, Fiihrer, che bisogna consolidare e al più presto possibile ampliare i risultati cosi raggiunti.

(·2) Riferimento errato, si tratta del T. per corriere 17428/069 p.r. del 4 giugno 1942 (per. 1'8), non pubblicato.

U. -CAVALLERo, Comando Supremo, clt., pp. 274-276. p. -174).

Al centro del nostro quadro strategico sta il problema di Malta a riguardo

del quale abbiamo preso a suo tempo le note decisioni.

Desidero dirVi subito che la preparazione per l'azione di Malta è molto

progredita; le operazioni in Marmarica hanno reso necessario di differire que

sta azione all'agosto, ciò è stato vantaggioso perché in agosto avremo al com

pleto i mezzi che per questo scopo sono stati predisposti e costruiti, specie le

motozattere e gli altri natanti.

Questa azione di Malta si impone più che mai. Gli effetti veramente cospicui

dell'azione aerea a massa svolta dall'aviazione dell'Asse e principalmente dalla

II Lutttlotte nell'aprile hanno prolungato la loro efficacia durante il maggio;

ma ormai, in giugno, Malta, rifornita costantemente da apparecchi, ha ricupe

rato le sue capacità offensive belliche, cosicché oggi la nostra navigazione per

la Libia è nuovamente resa molto difficile. Ora, per mantenere i risultati con

seguiti in Marmarica e provvedere alle future esigenze occorre poter eseguire · con su!Iìciente sicurezza i necessari trasporti.

A fondamento di queste esigenze sta il problema della nafta.

La recente battaglia mediterranea ha impedito a due grossi convogli inglesi

di raggiungere Malta. Ma l'uscita delle nostre forze navali ha imposto un consu

mo di circa 15 mila tonnellate e ci ha privato delle ultime disponibilità. Ora le

nostre navi da guerra hanno i depositi di nafta vuoti e non è possibile rifor

nirli; una seconda uscita delle nostre forze navali non è ora possibile e perciò

ad un nuovo tentativo di rifornire Malta noi non potremo opporre che una li

mitata azione di sommergibili in agguato e l'azione, non sempre possibile spe

cie per le condizioni atmosferiche, degli aerosiluranti.

Non mi indugio, Fiihrer, ad esporVi in dettaglio la situazione della nafta

ed i relativi fabbisogni; queste cifre sono note ai vostri esperti che qui, con noi,

seguono il problema con interesse pari al nostro. Mi limiterò a confermarvi

che per l'operazione su Malta è previsto un consumo di 40 mila tonnellate di

nafta e che queste dovrebbero giungere almeno una settimana prima della fine

di luglio perché durante le due settimane e prima dell'azione i trasporti saranno

impiegati per le truppe, che debbono affluire all'ultimo momento.

Una riserva di 30 mila tonnellate è anche richiesta dalla nostra Marina per

fronteggiare i bisogni navali, sopratutto la prevedibile necessità di far uscire

le forze navali di fronte a tentativi avversari come quello che proprio oggi è

in corso ed al quale ho sopra accennato.

Desidero però aggiungere, Fiihrer, che questa operazione su Malta sarà il

mezzo migliore per risolvere il problema della nafta per quanto concerne il

Mediterraneo, giacché, presa Malta, tutti i consumi diminuiranno automatica

mente in una misura che non è oggi possibile precisare ma [che] sarà certo

notevole. Io penso che, effettuata l'operazione, questo problema della nafta do

vrà esere riesaminato dai nostri esperti per venire a definitive conclusioni.

Mi è anche doveroso aggiungere che l'agosto è l'epoca ultima dell'anno

che permette di eseguire l'operazione su Malta; dopo di che sarebbe giocoforza

attendere l'estate del 1943 con le conseguenze che Voi, Fiihrer, perfettamente

conoscete.

L'occupazione di Malta, oltre che risolvere il problema dei traffici nel Me

diterraneo (Libia-Egitto), ci restituirebbe la piena disponibilità delle nostre forze aeree che sono oggi vincolate al settore mediterraneo e così rimarranno fino a che Malta resti in possesso del nemico. Lo svincolo delle forze aeree, sommato con gli altri vantaggi della presa di Malta, significherebbe per noi il riacquisto della libertà di manovra, fattore di primordiale importanza per la vittoria.

Anche il problema del carburante per le forze aeree italiane deve essere affrontato, in rapporto all'operazione di Malta, ed al riguardo sono già in corso pratiche fra i nostri Stati Maggiori. Ma anche in questo campo, la conquista di Malta arrecherà un alleggerimento del quale, a operazione compiuta, non sarà difficile determinare la portata in relazione ai programmi operativi che allora si formuleranno.

Sono fiducioso, Fiihrer, che, nonostante le gravi difficoltà delle quali mi rendo pienamente conto, il Vostro personale intervento condurrà a felice soluzione questo problema che ha importanza assolutamente vitale per la nostra situazione in Mediterraneo e per i suoi futuri svolgimenti.

(l) Con successivo T. s.n.d. per telefono 4205/541 r. del 23 giugno, ore 12,30, Oerbore comunicò ancora quanto segue: «Nella notte di Ieri vice presidente Antonescu ha inviato al ministro di Germania suo segretario per informare che governo romeno è In principio d'accordo con proposte governi Roma e Berlino ma si riserva presentare domani mercoledì sua risposta ».

(3) -Per la risposta vedi D. 644. (4) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Ed., con varianti, in (5) -La minuta è stata preparata dal Comando Supremo. Non è stata data copia della lettera al Ministero degli ESTERI, Ciano ne ha solo avuto notizia (vedi Diario 1939-1943, clt., vol. II, (6) -Non risultano le modalità di trasmissione della lettera.
639

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ITALIANA DI ARMISTIZIO CON LA FRANCIA, VACCA MAGGIOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

R. 39113 PR. (1). Torino, 20 giugno 1942.

Dal giorno 10 al 17 corrente si sono svolti a Friedrichshafen (lago di Costanza) i previsti colloqui fra le due Presidenze delle Commissioni di armistizio italiana e tedesca.

Gli argomenti esaminati sono quelli di cui all'anne5SO elenco, oltre a varie questioni di dettaglio.

Durante le riunioni -svoltesi ininterrottamente per tutta la durata del convegno -è stato compiuto un esame molto ampio sia dei problemi generali relativi all'attuale situazione armistiziale, sia delle singole questioni all'ordine del giorno. Ancora una volta si è confermato lo spirito di cordialità che ispira le due Commissioni nel pers·eguimento dei comuni interessi.

Le accoglienze tributate dai camerati tedeschi sono state improntate ad una palese simpatia e ad una larga e signorile ospitalità.

Naturalmente, come era già d'altronde noto a codesto Comando supremo, le vedute di entrambe le Commissioni non potevano essere in tutto e per tutto coincidenti. La divergenza di apprezzamento si è manifestata specialmente nei riguardi della valutazione della situazione francese e nella determinazione dell'atteggiamento da seguire verso la Francia.

Le ragioni di tale divario possono sommariamente riassumersi nei seguenti punti che chiariscono il pensiero tedesco nei riguardi della Francia: a) -La ricerca tedesca della collaborazione economica colla Francia. Tale atteggiamento si spiega in funzione della situazione di fatto per cui due

48 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

terzi della Francia si trovano attualmente occupati dalle forze germaniche, ed è logica la preoccupazione tedesca di sfruttare a proprio vantaggio la condizione di dipendenza nella quale la Francia si trova. La collaborazione economicoindustriale della Francia con la Germania è oggi l'elemento dominante nei rapporti franco-tedeschi; tuttavia è evidente che tale collaborazione per le fabbricazioni di guerra (cui la Germania fornisce le materie prime) postula e rende necessaria anche una, sia pur limitata, collaborazione politica.

b) -Il desiderio tedesco d'indurre la Francia a contribuire, sia pure indirettamente, alla difesa contro i tentativi anglo-americani di creare un secondo fronte nella Francia metropolitana o nell'Africa occidentale o settentrionale. A tale scopo si ritiene da parte tedesca essere necessario rafforzare la volontà di difesa e di resistenza delle forze armate francesi, di cui la resistenza opposta in Siria, nel Madagascar ed altrove costituirebbe già buona testimonianza.

Tali due punti di vista sono così fortemente radicati e rappresentano effettivamente -occorre riconoscerlo -necessità così vitali per la Germania, che questa ne è indotta, quasi istintivamente, ad illudersi sui veri sentimenti e sui reali interessi della Francia (gli uni e gli altri favorevoli alla sconfitta dell'Asse), talché gli elementi responsabili del Reich si lasciano nella pratica trascinare a quelle stesse concessioni di cui, teoricamente, non possono negare i gravi rischi.

A tali considerazioni si aggiungono ancora, ad accrescere il divario fra i tedeschi e noi:

-la convinzione tedesca che si possa fare affidamento sulla lealtà francese nello stadio attuale delle operazioni belliche e nell:;~. presente situazione internazionale. Tale convinzione è rafforzata dalla presenza al governo di Laval, ritenuto dai tedeschi persona pienamente acquisita all'idea del nuovo ordine europeo;

-la mancanza, per i tedeschi, dei problemi derivanti dalla presenza di un forte numero di connazionali in territorio francese, da cui consegue che non si pongono per la Germania problemi analoghi a quelli che si pongono per l'Italia in conseguenza delle larghe masse di italiani tuttora residenti in Francia e nei possedimenti francesi.

Ben diverso è invece il punto di vista italiano, soprattutto perché esso tiene giusto conto dei sentimenti e degli interessi francesi che, come già si è accennato, ci sono decisamente ostili, talché la Francia non esiterà a schierarsi contro l'Asse non appena le si presenti un'occasione che le appaia favorevole.

Non esiste per la parte italiana la ragione economico-industriale che spinge i tedeschi alla collaborazione con la Francia. Esiste e pesa invece acutamente sulla nostra situazione armistiziale il problema degli italiani in Francia e del loro trattamento. Pesano inoltre evidentemente, sui nostri rapporti con la Francia, le nostre legittime rivendicazioni territoriali; i problemi riguardanti il Mediterraneo ed il Nord Africa sono da noi sentiti con sensibilità particolarmente acuta; le conclusoni alle quali conducono le concordi osservazioni dei nostri organi di controllo, inducono ad escludere un serio affidamento sulla lealtà delle forze armate francesi.

Da questo diverso punto di vista sono derivate le diverse valutazioni che la C.I.A.F. e la C.T.A. hanno avuto dinnanzi agli occhi nel considerare i problemi in esame nelle riunioni testè concluse. Mentre la parte tedesca si è dimostrata propensa nei riguardi della Francia alla via conciliativa, la parte italiana, pur concordando circa la necessità di evitare nel momento attuale complicazioni con la Francia, ha sollevato obiezioni ad un suo ulteriore rafforzamento, no11 ritenendo di poter fare affidamento sulla lealtà francese, almeno sino a quando la situazione in Russia non sarà del tutto chiarita, e prevedendo la possibilità che i rinforzi concessi -specie nel Nord Africa -possano ritorcersi a nostro danno in caso di dissidenza alimentata dagli anglo-americani con la propaganda e con eventuali atti ostili.

Quantunque le due parti amiche siano rimaste ferme sulle proprie posizioni, è da ritenere tuttavia che la parte tedesca sia stata assai impressionata dagli argomenti portati dalla C.I.A.F. a sostegno della propria tesi; e per quanto sia difficile ottenere un radicale cambiamento su questioni di principio, è certo che un risultato non indifferente è stato ottenuto dalla C.I.A.F. nel fare intendere alla parte tedesca la realtà della situazione e nel metterla in guardia contro i pericoli di un atteggiamento troppo corrivo verso la Francia.

Debbo soggiungere che dalle ampie e vigorose discussioni dei giorni scorsi la C.T.A. è stata certamente e profondamente convinta -ne sono certo -sia della necessità di ottenere dal governo di Vichy e dalle autorità che ne dipendono un più equo trattamento delle collettività italiane stanziate in Francia e, nelle sue Colonie, sia della indefettibile volontà dell'Italia che siano soddisfatte le sue rivendicazioni. Argomento quest'ultimo di cui ho dovuto far cenno perché non potevo lasciare senza risposta una frase pronunciata al riguardo della Tunisia dal Presidente della C.T.A. nel corso delle discussioni.

I risultati concreti delle riunioni di Friedrichshafen possono, ad ogni modo, dirsi pienamente soddisfacenti, perché, sulla base dell'accordo raggiunto, le concessioni militari accordate alla Francia sono minime e da esse si trova esclusa la Tunisia.

Sui principali argomenti trattati riferirò in lettere separate che riguarderanno: 1°) l'atteggiamento italiano e tedesco verso la Francia;

2°) il potenziale bellico del Nord Africa francese;

3°) il problema degli italiani in Francia;

4°) le trattative franco-americane per le Antllle;

5°) le misure per mettere la Francia in grado di meglio provvedere alla difesa del cielo e delle acque territoriali tunisine.

Gli altri problemi discussi riguardano più che altro questioni interne della C.I.A.F.; verranno quindi inseriti nell'insieme dei lavori che essa ha in corso e su di essi sarà riferito -come di consueto -in sede di relazione mensile sulla attività della Commissione di armistizio.

In conclusione, durante la riunione di Friedrichshafen è stata rilevata ancora una volta la grande utilità di questi incontri, perché, anche se talune premesse delle due parti sono in funzione di propri particolari punti di vista, è possibile ottenere alla fine piena concordanza nei provvedimenti applicativi. L'intesa comune raggiunta si può riassumere nel criterio di risolvere le questioni, che man mano si presentano nello sviluppo dei rapporti armistiziali, caso per caso, ed in funzione della loro rilevanza sulla condotta della guerra e sugli interessi militari e politici delle due Potenze alleate.

Gli accordi ottenuti sono stati il frutto di discussioni molto laboriose, nou solo per l'ingente numero di casi concreti che si sono esaminati, ma a:J?-che per la divergenza sopra rilevata sulla valutazione della situazione francese in conseguenza dei problemi diversi che Italia e Germania hanno da risolvere nei riguardi della Francia.

Di grande giovamento è stata la perfetta lealtà dei camerati tedeschi, l'aperta discussione, lo spirito di comprensione e di cameratismo che ancora una volta la C.T.A. ha dimostrato nei riguardi della C.I.A.F.

(l) Non è stato rintracciato Il documento di trasmissione.

640

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4167/S.N. R. Atene, 21 giugno 1942, ore 3,25 (per. ore 17).

Autorità germaniche hanno chiesto a Governo ellenico per spese occupazione mese giugno somma 17 miliardi dracme. Da parte nostra sono stati richiesti miliardi 6,750 milioni anche per opportunità adeguazione fortissime mensili crescenti richieste germaniche. Di fronte a tali richieste Governo ellenico ha ·inviato a me e Incaricato degli Affari tedesco nota che Presidente del Consiglio

dei Ministri è venuto appoggiare verbalmente.

Nota in questione ricorda che Grecia ha finora versato per spese occupa

zione oltre 84 miliardi. Di fronte a tali ingenti cifre, entrate bilancio statale

ellenico ammontano a 16 miliardi e spese ordinarie 31 miliardi.

Nota conclude Governo ellenico non è più in grado continuare soddisfare

richieste suddette Autorità occupazione in tale misura e che pertanto prega due

Plenipotenziari trasmettano preghiera Governo ellenico per urgenza esame in

comune situazione.

Generale Tsolacoglu e Ministro delle Finanze mi hanno ambedue dichiarato

che sarà molto difficile per loro continuare assumere responsabilità Governo

ove non intervenga al più presto possibile una [soluzione].

Mi permetto attirare ogni Vostra attenzione, Eccellenza, su gravità e urgen

za tale stato di cose per atteggiamento Governo ellenico quanto per reale grave

situazione.

Considerando infatti calcoli di tutti esperti italiani e tedeschi e conside

rando che in vista continuo aumento del prezzo, richieste Autorità militari sa

ranno certamente sempre più elevate in avvenire è da prevedere che a breve

scadenza dracma perderà definitivamente ogni valore.

Si constata ogni giorno impressionante aumento costo vita e sempre più numerosi i casi nei quali produttori si rifiutano cedere loro prodotti se non contro altro merci.

Situazione esige pertanto provvedimenti adeguati se si vuole evitare completo collasso economia greca con relative ripercussioni carattere politico e ordine pubblico. Ne deriverebbero ovvie gravi conseguenze sia per vita nostre truppe occupazione sia per nostre iniziative carattere commerciale e industriale che hanno preso in questo momento promettente sviluppo.

Come ho riferito più sopra, sia Rappresentanza Reich che esperti finanziari convengono pienamente mio punto di vista. A tale radicale limitazione non si oppone nemmeno nostro Comando Superiore, che si rende conto crisi imminente. Difficoltà provengono dalle tante Intendenze germaniche esercito, aviazione e marina. Queste intendenze si preoccupano unicamente portare a fine alcuni lavori carattere militare per i quali cercano sul posto una parte del materiale necessario.

Naturalmente Intendenze in questione e servizi militari da cui dipendono non mostrano minimo interesse per la situazione Paese dato che in definitiva non ne portano responsabilità e Autorità politica germanica non ha sufficiente autorità per fare prevalere suo punto di vista. Intendenze tedesche di fronte sempre maggiore rarefazione materiali da costruzione e altri generi (sia merci che prodotti alimentari) procedono agli acquisti senza alcuna considerazione di prezzi, senza alcuna possibilità di controllo fiscale e spesso altresì in concorrenza fra loro e con gli Organi italiani. Ritengo sia giunto il momento di constatare che Grecia è completamente spremuta e che, a parte qualche produzione ciclica, come tabacco e olii, nonché produzione mineraria per la quale nostra azione è in pieno sviluppo, sono stati ormai prelevati tutti i prodotti manufatti e tutti i materiali che era possibile trovare.

Mi onoro pertanto prospettare opportunità che tale situazione sia rappresentata massima urgenza a Governo tedesco e che si arrivi a questa constatazione prima che sia giunta una crisi irreparabile.

In via subordinata, e per dare qualche soddisfazione alle autorità militari, potrebbero alternativamente essere stabilite seguenti direttive.

1°) Divieto alle Autorità militari di procedere ad acquisti a prezzi cervellotici e senza registrazione contratti e favorendo da parte fornitori greci evasione da tutte le disposizioni fiscali del Governo greco, il quale non è pert~nto in condizioni ricuperare attraverso imposte nemmeno minima parte, spese occupazione.

2°) Stabilire mediante decreto del Governo greco e contemporaneo bando delle autorità militari competenti denunzia obbligatoria materiali occorrenti per lavori di carattere militare e loro graduale requisizione a prezzi di imperio da pagarsi da Governo ellenico in tutto o in parte con assegni.

3°) Disporre che tutti i pagamenti da effettuarci da parte Comandi Militari ed appaltatori greci per contratti ed agli operai per salari dovranno essere liquidati dal Governo greco anziché direttamente da autorità militari. In tal modo Governo Ellenico avrebbe possibilità disciplinare detti salari con quelli vigenti per altre industrie e avrebbe infine modo colpire i percipienti con misure fiscali previste per le loro attività.

Tali proposte possono essere senz'altro accolte da nostro Comando Superiore che troverebbe egualmente modo assicurare proprie necessità.

È da prevedersi invece che queste Autorità Militari germaniche formulerebbero obbiezioni, perché ritengono che, pagando floridi prezzi, possono trovare più comodamente materiali. Probabilmente esse procedono anche a vari acquisti di altri generi.

Però data la presenza di un Governo greco da noi nominato e controllato non vedo come si possa sostenere che autorità militari debbano fare gli acquisti in evasione a tutte le necessità fiscali e tutti i controlli.

In relazione a quanto precede sarei grato a V.E. volermi cortesemente telegrafare se sarà possibile convocare prima della fine mese corrente una riunione itala-tedesca se, meglio ancora, sia possibile ottenere da Governo germanico diretta adesione alle proposte sopra formulate (1).

Se infatti ala fine del mese ci troveremo di fronte a richieste che possono prevedersi almeno raddoppiate da una parte e dall'altra in relazione al rincaro prezzi, è probabile che dovremo affrontare la crisi politica del Governo e quella definitiva ·monetaria del Paese. Dovremo in tal caso preparare! a nuovi sistemi di finanza, e riordinamento di amministrazione.

641

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, AGLI AMBASCIATORI A SHANGAI, TALIANI, E A TOKIO, INDELLI

T. 21791 P.R Roma, 21 giugno 1942, ore 23.

(Solo per Tokio) Vostro 371 (2).

(Solo per Shangai) Vostro 205 (3).

(Per tutti) Questo ambasciatore del Giappone ha il 17 corrente comunicato

d'ordine del suo Governo sua viva deplorazione per decisione vaticana relativa

nomina rappresentante Chung King presso Santa Sede e ci ha chiesto di

voler possibilmente adottare la misura necessaria per impedire il passaggio

attraverso il territorio nazionale, in modo che egli non possa raggiungere sua

destinazione.

Gli è stato, in risposta, comunicato quanto segue:

l) In ragione dei precisi termini dei Trattati del Laterano non ci è possibile impedire indefinitivamente, senza rischio di suscitare incidenti che conviene per ragioni ovvie, evitare, l'ingresso nel Regno del Rappresentante cinese.

2) Tuttavia, per continuare a dar prova della sua migliore buona volontà, il Governo Italiano, con scuse procedurali, ritarderà al massimo la concessione all'interessato del visto per l'Italia.

•tol!co ed il vice Ministro degli Esteri giapponese circa l'instaurazione di relazioni diplomatiche fra Santa Sede e Chung King.

3) Farà d'altra parte sapere alla Santa Sede che non intende consentire il soggiorno del predetto Rappresentante in Italia, il quale, appena giunto, dovrà per conseguenza essere ospitato in Vaticano. Ciò che costituirà un'ulteriore ragione di ritardo, non essendovi ancora per qualche tempo in Vaticano alloggi pronti per ospitarlo.

4) Il R. Governo continuerà inoltre ad insistere presso la Santa Sede perché voglia esaminare la possibilità di allacciare rapporti almeno de facto col Governo di Nanchino.

(Solo per Tokio) Confermate anche da parte Vostra quanto precede costì, assicurando ancora una volta che abbiamo svolto e continueremo a svolgere, nei limiti del possibile, ogni opportuna azione per giungere, sulle linee indicate, sollecita soluzione controversia.

(Solo per Shangai) Informate di quanto precede codesto Ministero degli Affari ESTERI, sopra tutto di quanto è detto al punto 4° presente telegramma ed assicurando ancora una volta che continueremo a svolgere ogni possibile azione per giungere soddisfacente soluzione controversia.

(l) -Non è stata rinvenuta risposta a questo telegramma, ma si veda il D. 655. (2) -T. 3917/371 r. del 9 giugno, ore 1,50, non pubblicato: colloquio fra il delegato apo

(3) T. 18384/205 p.r. del 17 giugno 1942 ore 12, non pubblicato: richiesta che l'Italia si adoperi per ritardare la presentaz:one delle credenziali da parte del ministro di Chung King presso il Vaticano.

642

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALFIERI, E A TOKIO, INDELLI

T.u.s.N.D. 21955/850 (Berlino), 451 (Tokio) P. R. Roma, 22 giugno 1942, ou:, 1:1.

Comunicate d'urgenza codesto Governo che noto volo sperimentale per Estremo Oriente avrà probabilmente luogo a brevissima scadenza e che è nostra intenzione, in conformità al vivissimo desiderio espresso a suo tempo da Bose sia a Roma che a Berlino e Tokio, interpellarlo al riguardo per sua eventuale partecipazione (1). Prima di farlo, ci occorre preventivamente conoscere con estrema urgenza se nulla eventualmente osti da parte codesto Governo. Telegrafate (2).

643

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4213/573-574 R. Santiago, 22 giugno 1942, ore 21,47 (per. ore 23,30 del 23).

Mio telegramma n. 559 (3). Mentre la stampa annunzia con gran rumore prossime trascendentali decisioni colloquio Washington e mentre, malgrado manovre messe in atto, appare

T. -s.n.d. 19191/417 p.r. del 25 giugno 1942, ore 7 (per. alle ore 17,15), Indelll riferì la risposta del generale Tojo riprodotta nel D. 660.

ormai anche qua incontrovertibile realtà grave scacco britannico Mediterraneo, nuovo Gabinetto e partito estremista come obbedienti parola d'ordine hanno ripreso nuova violenta campagna per trascinare Cile rottura delle relazioni Asse. Presidente della Repubblica allo scopo evitare ed arginare tale agitazione ha a mezzo Ministro Affari Esteri chiesto per domani convocazione straordinaria Senato per consultarlo circa sue direttive politica internazionale, all'intento ottenere possibilmente consenso precedentemente concesso politica Repubblica per opporlo suoi avversari estrema sinistra. Vari influenti Senatori tra cui ex Ministro ESTERI, nostro amico Senatore Erràzuriz e stesso ex Presidente Alessandri, mi hanno assicurato che a meno di un voltafaccia ultima ora, i membri del partito estremista Senato dovrebbe concordare in massima con direttive Presidente della Repubblica. Stessi e soprattutto Alessandri, non mi hanno però nascosto loro preoccupazione per questa procedura adottata Presidenza della Repubblica che, pur essendo costituzionale e messa in atto in altra occasione se pure non cosi precipitosamente, rivela debolezza decisione Presidente della Repubblica per questa sua affannosa ricerca consenso materia esecutiva sua competenza e responsabilità e che può esporlo grave scacco in caso

pericoloso blocco combinazioni politiche.

Mi hanno tuttavia assicurato unanimemente che il Presidente della Re

pubblica sarebbe più che mai fisso note sue direttive politica internazionale,

anche in seguito a rinnovate pressioni ingiuriose e anche prepotenti nord

americane, nonché inabile e villana condotta questo ambasciatore S.U.A. verso

suo provvedimento. A detta suindicati uomini politici posizione internazionale

Cile non dovrebbe cambiare ad onta campagna e pressioni contrarie nord

americane, a meno che non producasi fatto nuovo. Aggiungo infine che da

informazioni riservate di fonte attendibile risulterebbemi che Consiglio Su

premo Difesa, riunitosi venerdì scorso, avrebbe fatto presente a Presidenza

della Repubblica che Cile resti estraneo conflitto per non andare incontro

inevitabili scacchi, data debolezza suoi armamenti e sua posizione geografica.

(l) -Ma si veda tuttavia li D. 624. (2) -Con T. s.n.d. per telescr. 4222/1071 r. del 24 giugno 1942, ore 18,30, Alfieri comunicò: «Mi è stato assicurato che mi verrà data con ogni possibile urgenza una risposta». Con (3) -Con T. 4123/559 r. del 18 giugno 1942, ore 14 (per. il 19 alle 13), non pubblicato, De Rossi aveva riferito su un colloquio con il ministro degli esteri cileno nel quale questi gli aveva assicurato che li Clie era deciso a resistere alle pressioni degli Stati Uniti.
644

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.s.N.D. 19093/544 P. R. Bucarest, 23 giugno 1942, ore 21 (per. ore 8 del 24).

Telegramma di V. E. n. 431 (1).

Accompagnato da Ministro Neustrasser e da lui energicamente appoggiato

ho presentato nota richiesta a questo Ministro Economia Nazionale.

Signor Marinescu ha rappresentato situazione disponibilità nafta romena

già completamente assegnata per necessità belliche Asse. Ritienesi che quanti

tativo da esportare mese corrente ascenderà circa 50 mila tonnellate comprese

disponibilità tedesche a noi cedute. Ciò nonostante Ministro ha promesso di fare

ulteriori sforzi per venire incontro nostre necessità anche a pregiudizio fabbisogno interno romeno; ha precisato però che eventuale supplemento potrà rappresentare soltanto limitata parte quantitativo richiesto.

(l) Vedi D. 637.

645

IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI (l)

L.P. (traduzione). Berlino, 23 giugno 1942 (2).

Vi ringrazio per la Vostra lettera (3). Le questioni specifiche sono attualmente allo studio presso gli uffici militari ed economici. Questo posso però assicurarvi, Duce: che da molti mesi consideriamo l'approvvigionamento di materie prime soltanto come un problema comune e che lo trattiamo in conformità di questo criterio.

Seguirà, quindi, Duce, fra pochi giorni una risposta precisa ai Vostri desideri.

Vorrei però in questo momento, che dal punto di vista militare mi sembra ,ma svolta storica, esporvi nel modo più breve il mio pensiero su una questione, che può essere di importanza decisiva per l'esito della guerra. Il destino, Duce, ci ha offerto una possibilità che in nessun caso si ripresenterà una seconda volta sullo stesso teatro di guerra. Il più rapido e totalitario sfruttamento di essa costituisce a mio avviso la principale prospettiva militare. Fino ad ora ho sempre fatto tanto a lungo e completamente inseguire ogni nemico battuto quanto è stato consentito dalle nostre possibilità. L'Ba Armata inglese è pratimente distrutta. In Tobruch, i cui impianti portuali sono quasi intatti, Voi possedete, Duce, una base ausiliaria, il cui significato è tanto più grande in quanto gli stessi inglesi hanno costruito da lì una ferrovia fin quasi in Egitto. Se ora i resti di quest'Armata britannica non venissero inseguiti fino all'ultimo respiro di ogni uomo, succederebbe la stessa cosa che ha fatto sfuggire il successo agli inglesi, quando, giunti a poca distanza da Tripoli, si sono improvvisamente fermati per inviare forze in Grecia. Soltanto questo errore capitale del Comando inglese ha allora reso possibile che il nostro sforzo fose premiato dalla riconquista della Cirenaica.

Se adesso le nostro forze non proseguono fino all'estremo limite del possibile nel cuore stesso dell'Egitto, si verificherà innanzi tutto un nuovo afflusso di bombardieri americani che, come aeroplani da lunga distanza, possono facilmente raggiungere l'Italia. Inoltre ne seguirebbe un concentramento di tutte le bande inglesi e americane ovunque raccoglibili. In breve tempo ne deriverebbe un cambiamento della situazione a nostro sfavore. Ma l'inseguimento senza tregua

del nemico condurrà al suo disfacimento. Questa volta l'Egitto può, sotto certe condizioni, essere strappato all'Inghilterra. Ma le conseguenze di un colpo simile saranno d'importanza mondiale! L:;t nostra offensiva, per la quale ci apriamo la strada mediante la conquista di Sebastopoli, contribuirà a portare alla caduta di tutta la costruzione orientale dell'Impero inglese. Quindi se io, Duce, in quest'ora storica che non si ripeterà, posso darvi un consiglio che viene dal cuore più premuroso, esso è questo: ordinate il proseguimento delle operazioni fino al completo annientamente delle truppe britanniche, fino a che il Vostro Comando e il Maresciallo Rommel credono di poterlo fare militarmente con le loro forze. La dea fortuna nelle battaglie passa accanto ai condottieri soltanto una volta. Chi non l'afferra in un momento simile, non potrà molto spesso raggiungerla mai più. Il fatto che gli inglesi abbiano, contro tutte le regole dell'arte bellica, interrotto la loro prima marcia su Tripoli per cimentarsi su un altro terreno, ci ha salvato, Duce, e ha condotto in seguito gli inglesi alle più dure sconfitte. Se ora noi tralasciamo di inseguire gli inglesi fino all'annientamento, il risultato sarà che più tardi avremo una quantità di preoccupazioni.

Accogliete, Duce, questa preghiera soltanto come il consiglio di un amico, che da molti anni considera il suo destino come inseparabile dal Vostro e che agisce in conseguenza.

(l) -Ed., senza le prime quattro frasi, e con qualche variante di forma, in U. CAVALLERO, Comando Supremo, cit., pp. 277-278. (2) -Non risultano le modalità di consegna. La copia che qui si pubblica fu data da Mussolln! a d'Ajeta, il quale, r!cevendola, redasse !l seguente appunto: «27 giugno 1942. Il Duce nel consegnarmi la lettera del Ftihrer mi ha detto che, per quanto riguardava !l proseguimentodell'offensiva !n Egitto, " egli aveva già prevenuto" il Flihrer dell'investimento di Marsa Matruk ». (3) -Vedi D. 638.
646

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 23 giugno 1942.

Concordi segnalazioni del Comando Supremo, della R. Legazione in Zagabria, del R. Consolato Generale in Ragusa, mettono in rilievo l'opera dl propaganda che agenti tedeschi della Gestapo, su direttive che molto verosimilmente provengono dalla Legazione germanica in Zagabria, svolgono nella fascia costiera contro la nostra politica di penetrazione, diffondendo il sospetto .mi nostri intendimenti e alimentando la speranza che al termine della guerra la Germania farà restituire la Dalmazia italiana alla Croazia.

Questa politica che scalza gli interessi adriatici dell'Italia dovrebbe avere come organo di accentramento un Consolato che la Germania si proporrebbe di istituire a Ragusa. Il Comando Supremo e il R. Ministero della Marina e in particolare la R. Legazione a Zagabria fanno presente l'opportunità di evitare l'istituzione di tale Consolato. In particolare il Comando Supremo fa osservare che poiché Ragusa rientra nella nostra zona di occupazione, l'istituzione di tale ufficio non potrebbe aver luogo senza previa consultazione del

R. Governo.

La situazione è analoga a quella che i tedeschi hanno adottato nei nostri confronti per i territori di loro occupazione dove è stata espressa la contrarietà alla istituzione di nostri Consolati.

Se Voi, Eccellenza, lo riteniate del caso, l'Ufficio potrebbe discretamente fare un cenno della cosa a questa Ambasciata di Germania nel senso che gradiremmo essere preavvertiti qualora si pensasse di istituire dei Consolati nella fascia costiera (1).

647

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 23 giugno 1942.

La Legazione di Svezia ha fatto conoscere che i Governi britannico e americano hanno approvato la proposta della Croce Rossa Internazionale di eoncentrare tutte le azioni di soccorso straniere a favore della Grecia (2) -e quindi anche l'iniziativa della Croce Rossa Svedese di inviare forniture di grano dal Canadà -in un'unica Commissione di controllo, presieduta dal Delegato della Croce Rossa Internazionale in Grecia e composto fra l'altro di rappresentanti delle Croci Rosse Svizzera e Svedese.

L'iniziativa della Croce Rossa Internazionale coincide con il punto di vista già espresso dal R. Governo alla Legazione di Svezia circa le modalità secondo le quali avrebbe potuto aver luogo il controllo sulla distribuzione del grano c~:madese alle popolazioni civili della Grecia.

Il Governo Svedese ha preso atto che i belligeranti sono d'accordo sui principi atti a realizzare l'opera di soccorso progettata dalla Croce Rossa Svedese a favore della Grecia e si è riservato di dare quanto prima attuazione pratica all'iniziativa domandando ai Governi italiano e germanico l'autorizzazione per i viaggi delle navi svedesi che saranno adibite a tali trasporti.

Di quanto precede sono state informate questa Ambasciata di Germania e la R. Rappresentanza in Atene.

648

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4233 j413 R. Tokio, 24 giugno 1942, ore 9,10 (per. ore 21).

A questo Ministero degli Affari Esteri mi è stato detto, ripetendo formula che sembra sia quella adottata ufficialmente in argomento -che, nel collo

quio avuto il 15 corrente a Mosca dall'Ambasciatore Sato Naotake con Molotov, questi avrebbe esposto contenuto accordo con S.U.A. ed Inghilterra in termini analoghi a quelli usati dinanzi Consiglio Supremo sovietico ed avrebbe escluso esistenza di qualsiasi accordo o clausola segreta concernente Giappone.

(l) -Un successivo appunto di Pietromarchi, in data 13 luglio 1942 notava: «Nonostante 11 nostro amichevole accenno a questa Ambasciata di Germania di essere preavvertiti qualora si intendesse aprire un Consolato tedesco a Ragusa, è stato insedlato in quella città il Console Oenerale Ludwig Hedelberg, Il quale per l'occasione è stato accompagnato dal Ministro croato delle Finanze Kosak ». (2) -Vedi D. 570.
649

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4229/212-213-214 R. Parigi, 24 giugno 1942, ore 15,30.

Ho segnalato col mio telegramma per corriere 0127 (l) i termini dell'accordo franco-germanico per l'invio di 150 mila operai specializzati francesi in Germania contro la restituzione di 50 mila prigionieri da scegliersi fra gli operai agricoli, ed ho indicato come la richiesta germanica urti contro difficoltà di ordine politico e tecnico, nonché l'importanza che da parte germanica si annette alla questione.

Quando Lavai è andato al potere era generale nel pubblico la persuasione e la preoccupazione che egli fosse l'uomo della Germania. Finora egli non si è regolato verso l'Inghilterra e Stati Uniti d'America diversamente da quello che avrebbe preannunziato Darlan, e verso la Germania ha fatto del collaborazionismo economico (mio rapporto del 24 maggio scorso) (2). Verso gli Stati Uniti d'America ha portato anzi una nota propria, di cui non è dubbio il significato (oggetto del telegramma precitato). Il risultato è stato che parecchie prevenzioni sono cadute, pur restando tuttora difficile la sua posizione.

L'invio in un prossimo futuro di 150 mila operai francesi in Germania, e successivamente di altrettanti, costituisce la prima grossa prova di collaborazionismo, che la Germania esige da Lavai. Pur espressa in termini economici essa riveste un evidente contenuto politico, e sembra dover mettere seriamente alla prova la sua abilità politica ed il progressivo accordo dinanzi all'opinione pubblica.

Il discorso di ieri dà la misura dell'importanza della questione.

Lavai ha ripetuto e accentuato i concetti espressi nel suo primo discorso del 20 aprile. Ha marcato, come mai prima, la fiducia nella vittoria della Germania. Ha identificato il nemico nel bolscevismo e, da questo carattere della guerra, ha dedotto la necessità che anche la Francia, nel suo stesso interesse, porti il suo contributo alla vittoria col lavoro dei suoi operai. Per evidenti ragioni di opportunità politica ha taciuto i termini dell'accordo e quindi il numero degli operai francesi che dovrebbero andare in Germania e la proporzione tra questi e i prigionieri da restituire.

Mentre nel discorso che egli ha fatto subito dopo la sua assunzione al Governo, ha accennato all'Italia solo per ricordare gli accordi dell'anno 1935, questa volta ha asociato l'Italia alla Germania per quanto riguarda il suo desiderio di ristabilire nei riguardi di entrambe relazioni normali e fiduciose.

Quantunque rivolto contro Mosca, c non contro Londra e Washington, il

discorso distingue tra Inghilterra e Stati Uniti d'America.

Pel Madagascar parla di aggressione, per le Antille di intervento.

Il discorso come lo stesso Lavai ha dichiarato, ha uno scopo immediato ben preciso, quello di adoperare le resistenze che la richiesta della Germania incontra nel Paese, il quale si mantiene, nonostante tutto, recalcitrante opposista.

Interessante anche sotto altri aspetti. Tra l'altro esso conferma, seppure ve ne era bisogno, la preoccupazione di Lavai di assicurare alla Francia la possibilità di aver voce in capitolo nel regolamento finale dei conti e di preparare per quanto sta in lui, questa possibilità.

Riferirò ulteriormente.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 560.
650

IL PLENIPOTENZIARIO POLITICO A PARIGI, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. CONFIDENZIALE PER CORRIERE 4287/0129 R. Parigi, 24 giugno 1942

(per. il 28).

Il giorno 22, contemporaneamente al discorso di Lavai, è stata annunciata la riorganizzazione della <<Legione antibolscevica», la Legione cioè dei volontari francesi combattenti contro la Russia, organizzazione come si sa, del tutto distinta dalla Legione degli ex-combattenti a capo della quale si trova Pétain.

Sulla Legione antibolscevica, la sua consistenza e la sua reale partecipazione alla guerra in Russia ho a suo tempo inviato dati e informazioni fornitimi in via confidenziale (mio telegramma n. 038 del 27 febbraio) (1).

Da allora vari tentativi sono stati compiuti per darle una consistenza ed una efficienza che le è invece sempre mancata; ma si può dire, con risultati nulli. Le cose, come ho indicato nel mio telespresso n. 2939 del 20 giugno (2), sono rimaste quelle che erano.

A seguito dell'annunciata riorganizzazione vengono fusi i due Comitati d'onore esistenti rispettivamente in zona libera e zona occupata in un unico Comitato d'onore al quale parteciperanno quattro membri del Governo (Bonnard, de Brinon, Benoist-Méchin (l) e Marion), e viene creato un Comitato centrale esecutivo con a capo il Segretario di Stato Benoist-Méchin. La Legione potrà essere inoltre impiegata, secondo lo statuto, oltre che in Russia « dovunque sia in giuoco l'interesse della Francia>>. Essa cambia di nome: da « Legione dei volontari francesi contro il bolscevismo » diventa «Legione tricolore». La sua organizzazione tecnica, infine, viene affidata a un Commissario generale.

Dell'intera riforma, l'elemento più importante è rappresentato dalla diretta partecipazione dei Ministri alla sua direzione, e la riforma è più ampia di tutte le precedenti ed è stata annunciata con molto maggiore pubblicità.

Quanto alla sua reale portata, mi riferisco a quello che ho osservato con altro mio telegramma odierno (mio telegramma n. 212 e seguenti) (1). Si può infatti ritenere che l'odierna riorganizzazione della Legione rientri in quell'assieme di atti coi quali Lavai, alle prese con un Paese che è e resta recalcitrante e attesista, cerca faticosamente di suscitare forze e assumere e far assumere atteggiamenti «collaborazionisti» o « pseudo collaborazionisti», coll'aspirazione di non restare escluso un giorno dal regolamento delle partite conseguenti alla guerra.

(l) -T. per corriere 1565/038 r. del 27 febbraio 1942, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
651

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. R.P. 1/3541. Roma, 24 giugno 1942.

Ho desiderato che la visita del Ministro degli Esteri spagnolo fosse prossima al termine, per informarti compiutamente sugli argomenti trattati nelle conversazioni. Tanto a Livorno quanto a Roma l'Eccellenza il Ministro ha avuto con Serrano Sufier numerosi, cordiali colloqui. Come ti avevo preannunciato non è stata trattata nessuna questione specifica. Tuttavia è stato fatto un ampio «giro d'orizzonte».

In sostanza, si è avuta l'impressione che Serrano, con questo prolungato soggiorno in Italia, abbia voluto più che altro consolidare la sua posizione interna. Non ha, infatti, prospettato nulla di nuovo circa l'atteggiamento spagnolo rispetto ai problemi internazionalmente interessanti.

Alla restaurazione monarchica è stato da lui accennato come evento inevitabile ma non urgente né tanto meno imminente. Il Generalissimo ha contribuito a renderla necessaria, sia preannunciandola a più riprese pubblicamente, come pure impedendo l'affermarsi in Spagna di un regime imperniato sull'autorità incontrastata di un unico, forte partito. Ciò nonostante, egli è tuttora contrario alla restaurazione, che non può aver luogo contro di lui. Non si può, del resto, ignorare che l'Inghilterra svolge in Spagna un'attiva propaganda monarchica, appoggiata agli elementi aristocratici filo-britannici. Concludendo: Serrano considera favorevolmente la restaurazione, a patto che avvenga più tardi, d'accordo con Franco, sotto gli auspici della Falange e -beninteso -delle Potenze dell'Asse (sopratutto dell'Italia). Da parte nostra non sono stati presi su questa questione impegni di nessun genere.

La situazione interna spagnola è tuttora instabile politicamente e precaria economicamente. Ciò fa si che nessun mutamento sia da prevedersi nell'atteggiamento della Spagna rispetto alla guerra. Quantunque l'avvenire della Spagna sia legato alla vittoria dell'Asse, mancano i presupposti materiali e militari per un intervento. Serrano Sufier ha l'impressione che anche i tedeschi se ne rendano conto, a differenza di quanto -forse -è av~enuto in passato. Ne consegue un miglioramento dell'atmosfera ispano-tedesca.

Di quanto precede, e che ti comunico per tua personale conoscenza, l'Eccellenza il Ministro ha messo sommariamente al corrente questo Ambasciatore di Germania.

(l) Vedi D. 649.

652

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4243/550-551 R. Bucarest, 25 giugno 1942, ore 3,45 (per. ore 14).

Seguito telegramma n. 541 (1).

Alle ore 9 di stasera Presidente Michel Antonescu ha consegnato al Ministro di Germania ed a me risposta definitiva Governo romeno a passo collettivo eseguito 20 corrente. Documento consta di 17 pagine dattilografate e sarà trasmesso con corriere aereo.

Nota romena riepiloga sviluppo relazioni ungaro-romene dopo l'arbitrato di Vienna tenendo dimostrare come Governo Budapest sia costantemente venuto meno a impegni assunti dinanzi Governo italiano e tedesco. Ricorda passi romeni compiuti Roma e Berlino per presentare lagnanze e asserisce che «non ha mai ricevuto alcun genere di risposta ai casi concreti presentati ed ai formali appelli fatti». Riassumo situazione gruppi etnici romeni in Ungheria come vista da Bucarest:

1°) continuazione espulsioni e coazione esercitata su popolazioni romene Transilvania affinché vendano beni ed emigrino;

2°) mancati risarcimenti a danneggiati a spoliazione profughi alla frontiera;

3°) mancato accordo circa statuto minoranze.

Nota rileva che commissioni miste non hanno potuto impedire espulsioni ed incidenti di frontiera.

Governo romeno asserisce che esso «non ha proceduto a espulsioni né ha commesso violenze. Non ha fatto campagna di stampa e di radio fuorché quando era leso suo onore ma si è limitato a constatare il 15 settembre 1941 inappli· cabilità del lodo Vienna a motivo volontà unilaterale ungherese» (2). Continua «soltanto qualche volta, quando si è reso conto che non esisteva alcun'altra via per rispondere atti provocazione che avrebbero abbattuto prestigio regime Antonescu dinanzi popolo romeno, Governo ha risposto con alcuni atti di rappresaglia, cessati tuttavia appena venuti meno motivi determinanti».

Documento manifesta « dolore prodotto da nota collettiva presentata a nome Governi Roma e Berlino in base situazione creata dalle requisizioni presso gruppi etnici ungheresi in Romania>> enumera atti ungheresi contro gruppi romeni che non avrebbero ricevuto «alcun sussidio dal dicembre 1940 fino ad oggi » ciò da a Governo Bucarest sensazione sua ineguaglianza di fronte all'Un

gheria nei rapporti con grandi alleati che se conosciuta da opinione pubblica romena potrebbe apparire come privilegio accordato all'Ungheria».

Circa requisizione nota pur insistendo su legittimità rappresaglia osserva «che provvedimento aveva carattere generale e che Governo romeno ha attirato modo speciale attenzione suoi organi dipendenti affinché non proceda!lo modo discriminatorio di fronte minoranza magiara >>.

Circa espulsioni Governo romeno asserisce che «non ha incoraggiato e commesso un solo atto per determinare espulsione o cacciata ungheresi da Fredie, e che pertanto non ha niente da modificare suo atteggiamento.

Circa proposta Governo itala-tedesco inviare incaricati speciali in Transilvania, Governo romeno manifesta suo vivo desiderio che si faccia al più presto severa inchiesta ma che questa abbia carattere generale e si estenda ad aspetti tutti della situazioni in Transilvania settentrionale. Ma esso non è del parere che la procedura sia svolta da [commissione] mista ufficiali in quanto esse sono di competenze limitate e con carattere speciale. Governo romeno si attende inchiesta molto più vasta e propone che «questa inchiesta svolgasi amichevolmente attraverso Legazioni Germania-Italia Bucarest» accettando tuttavia che « presso queste Legazioni vengano inviati con missione speciale Ministri Plenipotenziari ». Governo romeno si dichiara pronto offrire a questi inviati speciali tutti i mezzi idonei per espletamento indagini purché inchiesta altrettanto profonda venga svolta Transilvania settentrionale.

Per quanto riguarda attuali commissioni miste Governo romeno è pronto mettere loro disposizione «qualunque nuovo organismo affinché esse possano adempiere a loro effettiva missione impedire espulsioni e incidenti di frontiera».

Nota termina invocando giustizia dal Condottiero spirituale della latinità e grande costruttore Europa di domani» (1).

(l) -Vedi D. 636 nota 2. (2) -Vedi serle IX, vol. VII, D. 610.
653

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI

T. PER CORRIERE 22291 P.R. Roma, 25 giugno 1942, ore 12.

Vostro rapporto 1831 (2) del 22 maggio e Vostro telegramma 410 (3).

Politica italiana nei Balcani è intesa ad assicurare pacifica convivenza e svluppo vari Paesi nel quadro dei comuni interessi. Tra i principi basilari per lo svolgimento di tale politica sono gli amichevoli rapporti di collaborazione itala-bulgara che geograficamente si localizzano nell'armonizzazione degli interessi risultanti dalla comunanza della frontiera tra l'Albania e la Bulgaria.

È pertanto intendimento del R. Governo chiarire ed eliminare le difficoltà che si presentano o si possano presentare tra Albania e Bulgaria, allo scopo di assicurare ai rapporti albano-bulgari una definitiva sincera base di collabo

(l} In riferimento a questo telegramma con T. s.n.d. 19322/554 delle ore 16, Oerbore comunicò ancora quanto segue: «Delegati tedeschi commissione mista Brassov hanno informato questo ministro di Germania che autorità romene hanno cessato requisizione presso gruppi etnici magiari ».

razione che sia nel contempo vantaggiosa per l'Albania e per la Bulgaria e che superi litigiosi egoismi locali.

La delicata e complessa situazione del momento in relazione ai sovrastanti imprescindibili interessi bellici non consente però di procedere oggi radicalmente ad una definitiva sistemazione delle varie questioni e più specialmente di quelle confinarie e relative minoranze.

Per quanto si riferisce a dette questioni confinarie sembra opportuno ricordare che l'Italia non è animata da aspirazioni espansionistiche, ma bensì dal fermo desiderio di assicurare una chiara e giusta regolamentazione di frontiera che eviti il ripetersi di incresciosi incidenti di carattere locale e consenta nello stesso tempo lo svilupparsi di intense correnti di traffico utili ai due Paesi.

Sembra superfluo sottolineare quali difficoltà sorgerebbero nell'attuale momento da una emigrazione in massa verso l'Albania di tutti gli elementi albanesi che vivono in territorio bulgaro e dalla reciproca trasmigrazione dal territorio dell'Albania di elementi non albanesi; nonché il nostro interesse evidente a non perdere i 200 mila albanesi che costituiscono una si importante minoranza etnica nel territorio di codesto Stato.

Il provvedimento adottato dal Governo bulgaro nei riguardi delle varie minoranze giunge in un momento particolarmente delicato e con la sua applicazione verrebbe a creare nuove difficoltà e nuovi disagi, profondamente dannosi alla tranquillità balcanica; difficoltà e disagi che influirebbero direttamente sulla condotta della guerra e si ripercuoterebbero negativamente sui comuni interessi dei Paesi dell'Asse e quindi della stessa Bulgaria.

Valendovi degli argomenti suaccennati richiamate l'attenzione di codesto Governo sulle conseguenze del provvedimento da esso adottato e prospettate l'evidente opportunità che la sua applicazione venga dilazionata alla fine della guerra o, comunque, al momento in cui la situazione balcanica e diretti accordi con il R. Governo, ne consentiranno l'applicazione senza inutili e pericolose scosse.

Vogliate, intanto, in attesa che Governo bulgaro chiarisca o riveda il suo atteggiamento, esercitare vigile ed opportuna azione affinché minoranze albanesi conservino integri loro legami con la madre Patria.

Per quanto concerne riflessi tali misure nei riguardi popolazioni greche si fa riserva ulteriori elementi già richiesti telegraficamente a R. Rappresentanza Atene

(2) -Non rinvenuto. (3) -Con T. 3968/410 r. dell'll giugno 1942, ore 20,30 (per. ore 11 del 12), Magistrati Informava Ciano della emanazione del regolamento relativo alla cittadinanza degl! ex sudditi.
654

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.u. 19414/1243 P.R. Lisbona, 25 giugno 1942, ore 21,25 (per. ore 18,30 del 26).

«Comunicazione al Paese» che, preannunziata improvvisamente ieri l'altro, Presidente Salazar farà stasera a mezzo radio e di cui ho già potuto leggere testo, è in buona parte esposizione dottrinaria su fatti in corso. Nella parte politica si destreggia rilevando e allo stesso tempo preoccupandosi spiegare avve

49 -Documenti diplomatici -Serie IX -Vol. VIII

nimenti per lui gravi come condotta anglo-americana verso Russia. Circa neutralità afferma che desiderio di essa non può essere superiore ad interesse nazionale. Principale preoccupazione Salazar, come già noto, è dopo guerra invocando che possa allora esistere ancora forza materiale e morale per evitare disastrosi disordini; ma depreca ipertrofia autorità nel campo politico come in quello economico e sociale.

Salazar riconferma in questo suo discorso sue preoccupazioni e sua mentalità.

655.

IL PLENIPOTENZIARIO D'ITALIA PER LA GRECIA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4441/0133 R. Atene, 25 giugno 1942 (per. il 6 luglio).

Con riferimento al telegramma ministeriale n. 20948/TC in data 15 corrente (1), eccomi riferire che Ministro Clodius si è fermato ad Atene dal 13 al 15 corrente. Durante il suo soggiorno ad Atene ha avuto conversazioni con il Vice Presidente del Consiglio Logothetopulos, in assenza del Presidente del Consiglio, nonché col Ministro delle Finanze Gotzamanis.

Nel corso dei colloqui da me avuti con Clodius ho avuto modo di esporgli nei suoi vari aspetti la situazione economica della Grecia e in particolare quella valutaria che, come ho di recente telegrafato (2), si aggrava in maniera preoccupante di giorno in giorno.

Alla partenza del Ministro Cloudius la R. Rappresentanza ha fatto pubblicare sulla stampa il seguente comunicato:

«L'altro giorno è giunto ad Atene il dott. Clodius, Consigliere Economico del Reich. Durante il suo soggiorno nella nostra città egli ha avuto alcune conversazioni con i Ministri Logothetopoulos e Gotzamanis e col Governatore della Banca di Grecia.

Le Conversazioni del dott. Clodius hanno interessato principalmente la questione degli approvvigionamenti e la questione monetaria della Grecia. Stamane il Consigliere Economico del Reich è ripartito in aereo».

656

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, VITETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 25 giugno 1942.

Nell'eventualità di una prossima occupazione dell'Egitto, sembra urgente stabilire alcune direttive generali e predisporre alcune misure pratiche.

l. -Per definire il nostro atteggiamento politico verso l'Egitto;

2. -per provvedere all'amministrazione del Paese in regime di occupazione militare.

7lf

I

Per quello che riguarda l'atteggiamento politico delle Potenze dell'Asse, sembra conveniente procedere senz'altro a una dichiarazione comune italagermanica -alla quale dare la massima diffusione -per ribadire il concetto che le Potenze dell'Asse intendono non solo rispettare la sovranità dell'Egitto. ma assicurare all'Egitto, per l'avvenire, la sua piena indipendenza.

Tale dichiarazione, della quale si unisce un progetto, dovrebbe essere concordata d'urgenza col Governo tedesco.

II

L'attuale Governo egiziano verrà naturalmente eliminato, e si dovrà procedere alla costituzione di un nuovo Governo, impegnato a collaborare con le Potenze dell'Asse.

È da tener presente che il Re Faruk ha dimostrato in varie occasioni sentimenti di simpatia verso di noi, e che vi sono in Egitto elementi politici e militari di primo piano. Fra gli altri l'ex Presidente del Consiglio Alì Maher Pascia e l'ex Capo di Stato Maggiore dell'esercito egiziano Aziz el Masri, i quali sono notoriamente ostili all'Inghilterra e favorevoli ad appoggiarsi a noi per ottenere l'indipendenza dell'Egitto.

Sembra essenziale che, per quanto riguarda la forma, noi rispettiamo la dinastia e l'autonomia del Governo egiziano, per ottenere la loro attiva collaborazione nell'amministrazione del Paese durante il periodo di occupazione.

Questa nostra direttiva è facilitata dal fatto che l'Egitto non è stato mai in guerra con le Potenze dell'Asse e travasi teoricamente in stato di neutralità. Esso quindi assumerebbe la figura di un Paese neutrale che, già occupato dal nemico, viene ora occupato dalle Potenze dell'Asse.

III

L'occupazione militare implica per quanto si vogliano rispettare le forme esterne della sovranità egiziana, precise necessità alle quali bisogna far fronte.

È ovvio che, in regime di occupazione, l'autorità militare ha i poteri supremi, e che questi poteri devono far capo al Comanùante delle truppe di occupazione.

Se tale comandante, sarà, come è da presumersi, un Ufficiale generale italiano, l'Italia avrà, per questo stesso fatto, durante il periodo di occupazione, la suprema podestà in Egitto.

Nell'esercizio di tale podestà il Comando Superiore dovrebbe ispirarsi al concetto di rispettare, nei limiti del possibile, l'autorità del Governo egiziano, che noi costituiremo, in modo di dare al popolo egiziano la sensazione che è nostro intendimento assicurare in definitiva la sua sovranità e indipendenza.

IV

Il problema più immediato che si porrà sarà la sostituzione degli inglesi in tutti quei posti da essi attualmente occupati nell'amministrazione egiziana. È chiaro che infatti, per quanto possa essere nostro intendimento rispettare l'autorità del Governo egiziano. non potremo di colpo abbandonare agli egiziani i gangli fondamentali dell'amministrazione oggi detenuti dagli inglesi, mentre perdura lo stato di guerra, e quando gli egiziani non sarebbero neanche preparati ad assumere tali funzioni.

Il problema è veramente imponente, poiché si tratta di sostituire un grandissimo numero di funzionari e di tecnici, con persone idonee e competenti.

Il Ministero degli Esteri ha già da tempo preparato, d'accordo con gli altri Ministeri interessati, il quadro nominativo di un primo gruppo di funzionari e di tecnici italiani che dovrebbero essere inviati in Egitto per provvedere ai bisogni più urgenti.

Inoltre è necessario provvedere con la massima sollecitudine:

l. alla ricostituzione ed assistenza delle collettività italiane in Egitto;

2. -alla soluzione del grave problema dell'approvvigionamento alimentare del Paese.

Tutto questo implica che, alle dirette dipendenze del Comando Superiore delle forze di occupazione, si costituisca immediatamente un Ufficio civile, il quale abbia la particolare incombenza di assicurare la collaborazione con il Governo egiziano per quel che riguarda l'Amministrazione Civile del Paese e gli approvvigionamenti diriga e coordini l'opera dei funzionari e dei tecnici italiani nell'amministrazione egiziana. e tuteli gli interessi delle collettività italiane in Egitto.

Al funzionario che sarà preposto a tale ufficio civile non converrà dare il titolo di Alto Commissario per l'Egitto, che richiama agli egiziani il regime di Protettorato britannico e che non si confarrebbe ai rapporti di dipendenza dal Comando Superiore; converrebbe piuttosto la denominazione di Delegato Politico, qualifica che concilierebbe la sua posizione di dipendenza dal Comando Superiore con la necessità di assicurargli una posizione di prestigio di fronte alle Autorità egiziane.

Ove tali principi venissero approvati, sarebbe necessario prendere subito accordi con il Comando Supremo.

v

Ad asscurare l'opera di coordinamento delle attività del Delegato politico con le Amministrazioni italiane, sarebbe necessario costituire subito, in seno al Ministero degli Affari ESTERI, un Ufficio speciale per l'Egitto (1).

ALLEGATO.

PROGETTO DI DICHIARAZIONE

Le potenze dell'Asse, nel momento in cui le loro forze armate avanzano vittoriosamente in territorio egiziano, riconfermano solennemente la loro precisa intenzione di rispettare ed assicurare l'indipendenza e la sovranità dell'Egitto.

Le forze dell'Asse non entrano in Egitto come in Paese nemico, ma con lo scopo di

O) Per 11 seguito di questo progetto, vedi DD. 676 e 687.

71 (l

espellere gli inglesi dal territorio eg1z1ano e di proseguire contro l'Inghilterra le operazioni militari, che dovranno liberare il Vicino Oriente dal dominio britannico.

La politica delle Potenze dell'Asse è ispirata al concetto che l'Egitto è degli egiziani.

Liberato dai vincoli che lo legano alla Gran Bretagna -e che lo hanno portato a soffrire le conseguenze della guerra -l'Egitto è destinato a prendere il suo posto tra le Nazioni indipendenti e sovrane (1).

(l) -Rltrasmissione del T. 3971/512 r. dell'Il giugno 1942, ore 21,30 da Bucarest, non pubblicato, in cui Bova Scoppa riferiva che Clodius aveva ottenuto dalla Romania 20.000 tonnellate di grano da destinare all'Italia. (2) -Vedi D. 640.
657

IL MINISTRO A STOCCOLMA, RENZETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1140/235. Stoccolma, 25 giugno 1942 (per. il 2 luglio,.

Telespresso n. 818/163 del 14 maggio u.s. (2). Il patto anglo-russo, malgrado gli sforzi, di recente intensificatisi in modo notevole, della propaganda demo-bolscevica, è stato accolto salvo qualche eccezione senza importanza, in Svezia da scetticismo generale. Sono stati segnalati

con le Stefani Speciali i commenti della stampa. Quanto alle reazioni ufficiali, cito quella espressami, in un colloquio da me avuto recentemente con lui, dal Ministro degli Esteri stesso: essere suo parere che il patto non viene ad apportare alcuna modifica alla situazione politico-strategica delle parti in conflitto.

Tale atteggiamento svedese non ha mancato di essere notato con soddisfazione a Berlino, dove si è tenuto a metterlo in rilievo in quella conferenza stampa per i corrispondenti ESTERI,

Al Ministro Gtinther ed a personalità svedesi con cui ho avuto occasione di intrattenermi ho ritenuto ancora una volta di far presente come la Russia bolscevica continui a costituire per la Svezia il grande ed immediato pericolo. È di fatto affiorato qua e là, sulla stampa, non nuovo ma sempre attuale, l'interrogativo sulla sorte riserbata, in caso di vittoria russa, ed al lume delle intese anglo-bolsceviche al nord in genere ed alla Svezia in particolare. -«Danaro spicciolo » qualcuno ha definito tale settore europeo nell'assestamento previsto per il dopo-guerra dai nemici dell'Asse: non vedendosi chi potrebbe in un tal momento trattenere la Russia dal perseguire impunemente i suoi tradizionali sogni imperialistici, anche in questa direzione. Né sembrano destinati a convincere qualche pubblicazione e qualche articolo, recentemente apparsi, in cui si cerca invece di dipingere la Russia come meno pericolosa per la Svezia della Germania.

L'atteggiamento della stampa svedese nei nostri riguardi può continuare a definirsi normale. Certo è da registrarsi, come accennavo più sopra, un notevole rafforzamento della propaganda nemica in Svezia: opuscoli, riviste, libri, manifestazioni, contatti. È in corso di pubblicazione, a cura di questa Legazione

britannica, un volume, in gran parte illustrato, che si chiamerà Africa, per il quale sembra non si sia badato a spese. Gli americani fanno molto chiasso sulla loro produzione bellica, in specie quella aeronautica, ed un opuscolo intitolato «Le fortezze volanti>> ha fatto oggetto di separato rapporto. Varie personalità inglesi sono venute di recente in Svezia a tenervi cicli di conferenze: ecclesiastici, letterati, uomini d'arte. Il Ministro degli Stati Uniti, Johnsson, cura molto i contatti con l'ambiente accademico, che ha anche in Svezia non poco peso. Quale risultato di tutto questo lavorio, qualche articolo tendenzioso appare di tanto in tanto ispirato all'ormai ben noto tentativo di creare l'impressione di un'Italia stanca della guerra, sfiduciata, in rapporti difficili con la sua alleata Germania. Si direbbe anzi che in tale azione si possano riscontrare i sintomi di una tentata riscossa, da parte avversaria all'opera che questa Legazione sta svolgendo ormai da un anno per creare simpatie e comprensione al nostro Paese, opera su cui ho riferito più volte in dettaglio. Una pronta ed energica reazione presso i competenti organi di questo Ministero degli Esteri hanno provocato volta per volta, nei limiti consentiti dalle vigenti disposizioni in materia di stampa, ammonimenti ai giornali interessati, e minacce di sequestro Ottima impressione hanno del resto suscitato le concordi testimonianze dei corrispondenti romani dei tre principali quotidiani svedesi sulla saldezza del nostro fronte interno, e l'evidente unanime volontà del nostro popolo di continuare la lotta fino alla vittoria. E con il debito rilievo è apparsa su tutta la stampa svedese la notizia della brillante riscossa delle nostre armi in Africa setten

trionale.

Sono anche riapparsi, dopo anni di assenza, in Svezia quotidiani britannici. e ciò in seguito ad un intensificato traffico aereo fra i due paesi, di cui è stata ammessa l'esistenza da fonte ufficiale. Una certa pubblicità viene data anche al viaggio, in corso, di un gruppo di inviati speciali di quotidiani svedesi in Inghilterra e negli Stati Uniti. L'iniziativa non mancherà di produrre a suo tempo un po' di <<colore>> propagandistico a favore delle democrazie, ma potrà forse anche fornire agli osservatori in Svezia utili elementi informativi.

Con la Germania i rapporti sulla cui normalità, malgrado la questione norvegese sempre aperta, ho più volte riferito, hanno avuto una ulteriore distensione a seguito della nota con cui il Governo del Reich ha presentato a quello svedese le sue scuse per i ripetuti sconfinamenti di aerei germanici su questo territorio. La questione degli sconfinamenti era stata evidentemente presa come pretesto per creare imbarazzi al Ministro Glinther dagli avversari della sua politica: questi pensavano di poter costringere il Governo ad un atteggiamento in contrasto con il prudente equilibrio seguito finora, e la comprensione dimostrata specialmente dal Ministro degli ESTERI, della necessità per la Svezia di curare le buone relazioni con la Germania. Si sono cosi denunciati gli sconfinamenti come intenzionali e facenti parte di un sistematico spionaggio, si è richiesto che la difesa antiaerea anziché limitarsi a sparare a salve abbattesse gli apparecchi in questione, si è fatta pubblicare una lettera di protesta firmata dalle maestranze della fabbrica d'armi Bofors, si è portata la cosa in parlamento sotto forma di interpellanza. A nome del Governo, il Ministro della Difesa ha escluso che gli sconfinamenti potessero essere intenzionali, resi come sono più che plausibili dalle circostanze climatiche e geografiche: ed ha fatto presente come sconfinamenti siano avvenuti anche per parte di aerei !1on germanici. La Svezia ha tuttavia inviato una nota di protesta sia a Berlino che a Londra. Il Governo del Reich rispondeva scusandosi.

Non vi è dubbio che tale significativo gesto germanico rientra nell'intenzione di Berlino di nulla modificare allo stato attuale delle relazioni fra i due paesi, ed ha voluto inoltre frustrare la manovra contro il Giinther, dando alla Svezia una soddisfazione certo molto apprezzata.

Certo la questione norvegese permane: ma si direbbe che un certo alleggerimento della pressione tedesca in Norvegia stia avendo luogo. Se si tratti dell'inizio di un nuovo orientamento di Terboven, o di una semplice battuta di arresto non si può dire: è comunque opinione degli ambienti svedesi responsabili, -ed il Ministro Giinther me lo ha riconfermato ultimamente -che la campagna di stampa alimentata dai fatti norvegesi è inutile e dannosa alle due nazioni scandinave: e che se i tedeschi desistessero dall'insistere sull'ordine nuovo, qui tanto temuto, in Norvegia ed altrove, i rapporti svedo-tedeschi migliorerebbero decisamente, anche nei riguardi della stampa, e dell'opinione pubblica.

Sembra che i tedeschi abbiano compreso ciò. Da colloqui avuti a Berlino con personalità germaniche, ho tratto l'impressione che con la Svezia si voglia perseguire una linea di condotta ispirata a serenità e comprensione. Verranno qui dalla Germania sportivi, artisti, case di moda, conferenzieri, e non si parlerà né di ordine nuovo né di politica. Quanto facciamo noi in Svezia è seguito dai tedeschi con attenzione: più volte sono stato richiesto del mio parere sulla situazione e sulla condotta da tenere, e con franchezza ho consigliato moderazione e senso pratico.

I preparativi militari della Svezia continuano ininterrotti, senza che la Germania li disturbi. Nelle forze armate le simpatie per la Germania sono evidenti: molti militari hanno chiesto di potere essere arruolati dai tedeschi. Anche a questa Legazione sono giunte domande di arruolamento da aviatori.

Nei rapporti svedo-finlandesì nessun fatto nuovo di rilievo si è verificato. I bambini finlandesi ospitati in Svezia ammontano finora a 24 mila. Ed in questi giorni sono giunti i ringraziamenti ufficiali del Guverno finlandese e del Maresciallo Mannerheim per tale assistenza fraterna ed umanitaria. Grande rilievo è stato dato qui alla visita in Finlandia del Fiihrer; ed all'altra onorificenza italiana conferita al Maresciallo ed al telegramma inviatogli dal Duce. Si è registrato con sincera simpatia il riconoscimento dell'Asse all'eroico comportamento della sorella nordica, anche se qualcuno non ha mancato di sofisticare sulle vere intenzioni di tali dimostrazioni, affermando che si vuole chiedere alla Finlandia ulteriori sforzi che essa non è in condizioni di produrre.

Sul siluramento di navi mercantili in acque territoriali svedesi ho riferito con telegramma per corriere n. 09 del 23 giugno (1). La reazione contro i russi è stata decisa e violenta. Essa dimostra ancora una volta come in questo Paese, per cui la neutralità è divenuta un culto, si sia decisi a farla rispettare contro chiunque, anche con ricorso alle armi.

(l) -Questo documento, approvato dal Governo tedesco senza variazioni, fu reso pubblico, nel pomeriggio del 3 luglio 1942, come «Dichiarazione Ufficiale delle Potenze dell'Asse circa l'indipendenza dell'Egitto». (2) -Vedi D. 542.

(l) Non pubblicato.

658

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4298/0102 R. Berlino, 26 giugno 1942 (per. il 29).

Le vittorie dell'Asse seguitano ad avere una fortissima ripercussione molto lusinghiera nei confronti dell'Italia. Da rilevare soprattutto che nonostante il rapido conferimento del bastone di Maresciallo a Rommel l'opinione pubblica, specialmente quella del popolo, si è spontaneamente orientata verso un riconoscimento del valore e della potenza dei soldati italiani.

E la fortunata coincidenza dei nostri successi in Africa con il passaggio dalle nostre truppe in Germania costituisce una efficacissima propaganda a favore dell'Italia Fascista.

Completamente dimenticate ormai le giornate e le difficoltà del dicembregennaio-febbraio 1940-41 (giornate che sono state, per la loro gravità, largamente superate da quelle che si sono vissute in Germania nel mese di dicembre-gennaio 1941-42) si viene sempre più radicando nel popolo tedesco la convinzione della capacità di resistenza del popolo italiano e della necessità di averlo prezioso alleato per vincere la guerra e per trovare una adeguata sistemazione di pace.

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IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

L. R.P. 1/3579 (1). Roma, 26 giugno 1942.

Non ti sarà certamente sfuggita la cura che il Regime pone nel reprimere con opportuna fermezza il cosidetto «mercato nero » e in generale tutti quei fenomeni speculativi determinati dalle condizioni eccezionali della produzione e degli scambi. Allo scopo di avere ogni utile elemento di confronto, interessa qui di essere tenuti al corrente di quanto si fa in Germania in questo campo. Anche dalle notizie dei giornali appare che i reati contro le disposizioni annonarie non sono sempre un nostro monopolio e che spesso le autorità tedesche sono costrette ad intervenire con decreti caratteristici.

Tutti quei dati che ti riuscirà di raccogliere riguardanti le disposizioni in proposito, saranno superiormente... (2).

«Caro Ambasciatore, l'unita richiesta di dati sembra sia dovuta ad " amichevoli" insinuazioni che solamente in Italia è tollerata una " borsa nera" e che soltanto tra di noi peninsulari avvengono continue violazioni alle disposizioni in materia annonaria>>.

no

(l) Un appunto del Gabinetto allegato al presente documento dice: <<L'unita lettera era accompagnata da una lettera autografa del Capo di Gabinetto del seguente tenore:

(2) Le ultime parole del documento, gravemente deteriorato dall'umidità, sono illeggibili. Per la risposta di Alfieri vedi D. 675.

660

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T.S.N.D. 225453/883 P.R. Roma, 27 giugno 1942, ore 2.

Comunicate d'urgenza Bose che Primo Ministro nipponico Generale Tojo ci ha fatto sapere di preferire, tutto considerato, che suo arrivo venga rimandato ad uno dei viaggi successivi. Sarà lo stesso Governo giapponese che richiederà sua presenza al momento che riterrà opportuno (1). Informate Bose che siamo particolarmente dolenti di non poter assecondare, come sarebbe stato nostro proposito, suo desiderio. Ma, dovendo egli atterrare su territorio controllato dai nipponici, non ci è possibile non tener conto del parere negativo espresso per il momento da Tokio. D'altra parte, partenza aereo è imminentissima e non ci è possibile ulteriormente insistere.

Comunicate in pari tempo quanto precede Auswartiges Amt. Aggiungete che per quel che ci concerne riteniamo che decisione nipponica sia, per quanto riguarda India, pregiudizievole. Ulteriore permanenza Bose in Europa non ha alcun scopo utile e non giova indubbiamente al suo prestigio in Patria (2).

661

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI

T. S.N.D. 22163/469 P.R. Roma, 27 giugno 1942, ore 23.

Vostro 417 (3).

Sta bene. Ma bisognerà che costi si rendano conto che ulteriore presenza Bose in Europa non sembra avere alcuno scopo utile e non giova certamente al suo prestigio in patria. Egli è d'altra parte vivamente contrariato decisione negativa nipponica, e potrebbe anche raggiungere frontiera indiana altrimenti che per via aerea (4).

662

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 19556/1095 P.R. Berlino, 27 giugno 1942, ore 23,30.

Telegramma n. 883 del 27 giugno (5). Ho fatto a questo Ministero Affari Esteri comunicazioni di cui precedente telegramma.

(-4) Per la risposta di Indelli, vedi D. 667.

Segretario di Stato mi ha informato che era stato telegrafato all'Ambasciatore Mackensen di informare il R. Governo che il Ministro von Ribbentrop e lo stesso Ftihrer ritenevano troppo pericoloso il viaggio per aereo di Bose. Essi infatti pensavano che una eventuale cattura di Bose da parte delle autorità britanniche, se il nostro aereo fosse stato costretto ad atterrare in territorio nemico, avrebbe costituito un grande successo politico per l'Inghilterra ed un grave insuccesso per noi.

In queste condizioni essi ritenevano più opportuno di studiare un altro metodo per fare giungere Bose in India, che presentasse minori pericoli.

Visto per altro l'atteggiamento giapponese al riguardo, di cui al sopracitato telegramma, la questione non presentava più alcun carattere d'urgenza ed avrebbe potuto essere esaminata con maggiore tranquillità.

Non mancherò ad ogni modo di fare a Bose, che è assente da Berlino per due giorni, le comunicazioni di cui al telegramma predetto 883.

(l) -Vedi D. 642 nota 2. (2) -Per la risposta di Alfieri, vedi D. 662. (3) -Vedi D. 642 nota 2. (5) -Vedi D. 660.
663

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI

T.u. 22639/366 P.R. Roma, 27 giugno 1942, ore 24.

Senza farne oggetto di una comunicazione diretta trovate modo far sapere a Salazar che Duce ha letto con molto interesse suo coraggioso chiaro discorso ed in particolare ha apprezzato sua espressionP. di fede nei principi che hanno ispirato Stato Corporativo Fascista nonché sua visione della funzione che corporativismo è chiamato ad assolvere nell'Europa di domani (2).

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IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO, AL COMANDANTE SUPERIORE DELLE FORZE ARMATE IN AFRICA SETTENTRIONALE, BASTICO

D. 31307/0P. (3) [Roma], 27 giugno 1942.

Il proseguimento delle operazioni dalla base di partenza Golfo degli Arabi

El Quattara, dopo che siano state battute le forze avversarie che ancora con

trastano la nostra avanzata, viene concepito come segue:

1°) obiettivo il Canale di Suez, mirando a Suez e ad Ismallia; da Ismailia,

appena possibile, su Port Said. Scopi: bloccare il Canale ed impedire afflusso

di rinforzi dal Medio Oriente;

2) presupposto di questa avanzata è che sia assicurata la occupazione di Cairo, anche fronte a sud (aeroporti compresi);

3°) bloccare le provenienze da Alessandria, in modo da garantirsi da quella direzione fin che non sia possibile occupare la piazza;

4°) garantirsi le spalle contro possibili sbarchi da mare mantenendo presidiati i punti principali della costa e conservando alla mano una sufficiente forza mobile per accorrere ai punti eventualmente minacciati.

5°) Il Duce prevede che nella avanzata al Canale le forze italiane e germaniche siano egualmente rappresentante. Norme per il comportamento dei comandi militari verso autorità e popolazioni dell'Egitto verranno comunicate al più presto (1).

(l) -Per la risposta vedi D. 669. (2) -In Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (3) -L'oggetto del documento è cosi indicato: <<Direttive del Duce per il proseguimento delle operazioni oltre la linea Golfo degli Arabi -depressione di Quattara ».
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, GERBORE

T. 22834/443-444-445 P.R. Roma, 30 giugno 1942, ore 1.

Di concerto con vostro collega germanico, che riceverà da Berlino istruzioni corrispondenti, recatevi dal Vice Presidente del Consiglio e comunicategli verbalmente quanto segue, in risposta a nota romena del 24 giugno (2):

« l0 ) Governi italiano e germanico hanno preso nota della risposta del Governo romeno. Essi non vorrebbero nascondere che prima reazione che passo comune Potenze Asse in data 19 giugno ha trovato in Bucarest, ha sorpreso sia Roma che Berlino, poichè due Governi hanno riportato impressione che intenzioni dell'Italia e della Germania, che portarono al predetto passo del 19 giugno, siano state fraintese completamente dal Governo romeno. A chiarimento si vorrebbe in primo luogo fare ancora una volta notare che Governi italiano e germanico hanno indirizzato ai Governi romeno e ungherese insistente raccomandazione del 19 giugno esclusivamente nell'intento di impedire -sia nell'interesse della Romania e dell'Ungheria sia anche nell'interesse del potenziamento di tutte le forze delle Potenze del Tripartito e dei loro Alleati lo scoppio di un conflitto aperto tra due alleati. È infatti evidente grave ripercussione che avrebbe per lotta comune contro bolscevismo e contro anglo americani lo scoppio di un conflitto in Transilvania durante immane lotta che stanno combattendo attualmente potenze tripartito. Unicamente questo è stato motivo del passo dei Governi italiano e germanico da cui esula un qualsiasi disconoscimento dello sforzo popolo romeno e suo Conducator per la causa comune.

2°) Dalla nota del Governo romeno i Governi italiano e tedesco rilevano che esso è pronto ad aderire alla raccomandazione di cui al punto l della dichiarazione itala-tedesca del 19 giugno e cioè a sospendere requisizioni speciali presso gruppo etnico ungherese in Romania e ad effettuarle senza criteri discri

minatori. Essendosi inoltre rilevato dai rapporti della Commissione degli Ufficiali di Brasov che requisizioni presso gruppo etnico ungherese sono state nel frattempo sospese e che in alcuni distretti si è già cominciato a restituire l'eccesso di farina requisita, i Governi italiano e tedesco constatano che in merito a questo punto della dichiarazione del 19 giugno il Governo romeno ha già iniziato attuazione della raccomandazione.

3°) Circa raccomandazione di cui al punto 2 della dichiarazione del 19 giugno, che cioè Governi romeno e ungherese facciano senza indugio cessare reciproco movimento fuggiaschi, Governo italiano e tedesco prendono nota della comunicazione romena che Governo romeno non intraprende alcuna azione che possa incoraggiare o causare l'esodo o l'espulsione degli ungheresi dal territorio dello Stato romeno. Questione se da parte romena si debbano prendere ancora particolari misure per arginare movimento fuggiaschi, può essere rimandata dopo che incaricati speciali avranno presentato loro rapporto.

4°) Circa l'invio degli Incaricati Speciali, Governi italiano e germanico prendono nota della comunicazione del Governo romeno che esso stesso desidera indagine e anzi la richiede, quale unica soluzione per accertare reale situazione.

Non si intende -come evidentemente Governo romeno ha erroneamente compreso -di fare eseguire indagini a mezzo commissione ufficiali italo-germanica. I due Governi intendono piuttosto di inviare all'uopo in Transilvania Incaricati speciali del rango di Ministri Plenipotenziari e cioè i Ministri Plenipotenziari Rogeri di Villanova ed Hencke, a disposizione dei quali verrebbero posti membri commissione ufficiali per coadiuvarli. Del desiderio manifestato da Governo romeno, che le Legazioni d'Italia e di Germania a Bucarest vengano incaricate delle indagini in territorio romeno, i due Governi terranno volentieri conto nel senso che un membro di ognuna delle predette Legazioni sarà assegnato agli Incaricati Speciali per aiutarli nel loro compito, venendosi così ad inserire queste Legazioni nell'attuazione delle indagini. Parimenti due membri delle Legazioni a Budapest saranno assegnati agli Incaricati delle indagini in territorio ungherese. I Governi italiano e germanico prendono nota ringraziando della promessa del Governo romeno di mettere a disposizione degli incaricati per le indagini sul luogo tutti i mezzi per ogni e qualsiasi esame e accertamento. Come è già stato comunicato al Governo romeno gli incaricati non avranno naturalmente da prendere decisioni sul luogo ma saranno tenuti a redigere rapporto sull'esito delle loro indagini ai Governi italiano e germanico, i quali si riservano di indirizzare in base a questo rapporto. ulteriori raccomandazioni ai Governi romeno e ungherese.

5°) Si intende che indiscutibile base di tutto l'ulteriore trattamento della questione deve essere il lodo di Vienna e che attuazione delle indagini sarà svolta nello spirito del Patto Tripartito, colla più rigida osservanza della parità tra Romania ed Ungheria. Allo scopo di far tornare il più sollecitamente possibile la tranquillità nelle relazioni tra Romania ed Ungheria i Governi italiano e tedesco ritengono assolutamente necessario che l'attuazione delle indagini si m1z1 senz'altro con la massima sollecitudine. Dato che Governo ungherese ha dato il suo consenso fin dal 19 giugno e che Governo romeno si dichiara

ora d'accordo con la proposta dei Governi italiano e tedesco, i Ministri Plenlpotenziari conte Rogeri e Hencke riceveranno ordine di riunirsi immediatamente e recarsi al più presto possibile dai due Governi nelle Capitali dei due Paesi e di iniziare poi il lavoro in Transilvania.

Nei prossimi giorni comunicherete al Vice Presidente del Consiglio data precisa dell'arrivo dei due Incaricati».

Codesta Legazione di Germania riceve istruzioni di delegare proprio Consigliere Stelzer ad assistere Incaricati Speciali. Analogamente codesta Legazione delegherà Gerbore.

(l) -Vedi DD. 676 e 687. (2) -Vedi D. 652.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R.s. 5481/1863. Madrid, 30 giugno 1942 (per. il 4 luglio).

Serrano Sufier è ritornato a Madrid il 28 corrente in forma strettamente privata così come ne era partito. Egli ha disposto che nessuna accoglienza umciale gli venisse fatta né alla frontiera, né a Madrid e nella stampa si è limitato a fare pubblicare un brevissimo comunicato informando semplicemente del suo ritorno. Questo atteggiamento trova la sua origine nel desiderio di evitare ogni pubblicità, per non dare presa alle critiche mossegli in precedenti occasioni di volersi mettere troppo in vista, ciò che gli aveva valso acerbi attacchi soprattutto da parte degli esponenti militari nella riunione dei Generali presieduta dal Caudillo al principio dell'anno corrente.

Il ritorno del Ministro degli Esteri ha acuito le curiosità di questi ambienti politici che continuano nel gioco delle congetture sui risultati del recente incontro italo-spagnolo.

Consentitemi, Eccellenza, anche se Voi siate ora in possesso di dati ed elementi assai più precisi sul punto di vista di questo Governo, di esporvi brevemente quanto si dice negli ambienti più vicini al Ministro degli Esteri e al Caudillo e tra gli esponenti del movimento monarchico.

Da parte di tutti si qualifica come abile la visita di Serrano in Italia nell'attuale momento. Le cordiali accoglienze riservategli e gli importanti colloqui di Livorno e di Roma hanno rafforzato la sua posizione personale contro i numerosi avversari politici che egli conta anche nell'esercito e nella stessa Falange. Il fatto che Serrano abbia ravveduto nel suo viaggio in Italia un mezzo per accrescere il proprio prestigio rivela ancora una volta la sua indubbia abilità e la sua conoscenza del polso dell'opinione pubblica spagnola, le cui maggiori simpatie si dirigono istintivamente, fra i due poli dell'Asse, di preferenza verso l'Italia Fascista di cui si ricorda il decisivo contributo nella guerra di liberazione, e che è tanto più vicina alla Spagna per tradizioni, cultura, carattere e amnità di interessi.

Subito dopo il suo ritorno il Ministro degli Esteri si è recato dal Caudillo per metterlo al corrente delle conversazioni di Roma, ed il colloquio viene ritenuto di capitale importanza non solo per le decisioni che da esso potranno scaturire, ma altresì in vista delle relazioni personali che intercorrono tra il Capo dello Stato ed il Ministro degli ESTERI, relazioni che sembrano non rivestire più quel carattere di fiducia e di cordialità cui erano improntate nei primi tempi della loro collaborazione. La maggiore capacità, intelligenza e preparazione politica del giovane cognato non mancherebbero infatti di destare nel Generalissimo qualche diffidenza dovuta al timore che i contatti di Serrano Sufier coi Capi dell'Italia Fascista ed il suo atteggiamento favorevole alla Restaurazione monarchica, possano indurlo a sviluppare una propria politica personale. Giova infatti ricordare che il Generalissimo è ben !ungi dall'essere considerato come insostituibile. Egli è ritenuto nell'Esercito un << primo inter pares » giunto alla sua altissima carica per un complesso di circostanze favorevoli, senza peraltro possedere le qualità che avrebbero dovuto assicurargli un predominio e una autorità indiscussa.

Nel problema della Restaurazione, che dal punto di vista della politica interna primeggia oggi su tutti gli altri, i monarchici gli rimproverano di non aver voluto adottare un atteggiamento chiaro e leale. Fin dai primi tempi essi dicono -il Generalissimo avrebbe dovuto assumere la Reggenza nel nome del Sovrano o quanto meno dichiararsi aperto fautore del ritorno del Re preparando il terreno affinché la Restaurazione potesse compiacersi senza scosse violente e nel momento più adatto. Ciò gli avrebbe conferito maggiore prestigio e avrebbe assicurato la sua permanenza al potere anche con la Monarchia, mentre oggi, in mezzo a continue incertezze ed esitazioni, egli dà l'impressione di preoccuparsi più della propria posizione personale che non dei veri interessi del Paese.

Di fronte a queste facili critiche che non presentano alcun aspetto costruttivo, quali sono gli intendimenti dei fautori della Monarchia per assicurare il passaggio dei poteri senza provocare pericolosi turbamenti nella compagine interna della Spagna? Il pensiero delle personalità che sono più vicine a Don Juan e che vanno considerate come interpreti delle idee del Pretendente, si può riassumere nelle sue linee generali come segue.

Anzitutto il Caudillo. Non si ritiene che egli possegga le qualità necessarie per diventare il principale collaboratore della Monarchia. Sarebbe d'altro lato un errore di metterlo da parte, in quanto potrebbe rivelarsi un temibile avversario attorno al quale si polarizzerebbero le resistente e le opposi2ioni al Regime monarchico. Nel nuovo assetto statale dovrebbe dunque essere conferita al Generalissimo una posizione preminente, che gli assicurasse i massimi onori, togliendogli peraltro dalle mani le redini del comando.

In secondo luogo la Falange. È innegabile che essa non ha saputo rispondere all'aspettativa generale, né risolvere i problemi dell'ora, né organizzarsi così estesamente e capillarmente da assicurarsi il controllo effettivo della Spagna. Le direttive della politica del Partito nel campo sociale ed economico rispondono ad una sentità necessità del Paese, ma esse sono state applicate senza un piano prestabilito e con scarsa autorità e competenza. La Falange deve pertanto subire profonde e radicali revisioni.

Da quanto precede scaturisce la necessità che, sotto il segno della Monarchia, lo Stato venga totalmente riorganizzato. Ciò non significherebbe tuttavia un ritorno agli antichi istituti di carattere parlamentare e democratico, che hanno lasciato dietro di sé soltanto un cumulo di rovine. Il regime della Spagna del domani, in un'Europa ricostruita sotto la guida dell'Asse, dovrebbe necessariamente ispirarsi ai principi degli Stati totalitari cosi come sono stati enunciati e realizzati dal Duce, con gli adattamenti richiesti dalle particolari esigenze e dal clima politico e psicologico della Spagna. Esso dovrebbe poggiare su istituti di carattere permanente che diano una base di costituzionalità al Governo, contrariamente alla situazione attuale, in cui, ad es., dell'istituzione parlamentare non è rimasta alcuna traccia se non sotto forma di un Consiglio Nazionale esistente solo sulla carta e che non viene mai riunito neppure per sancire formalmente le decisioni adottate dal potere esecutivo.

Ma il problema più difficile che la Monarchia dovrà risolvere è quello degli uomini. Secondo i monarchici, i futuri dirigenti della politica spagnola non potranno identificarsi con i generali noti per aver fatto della politica un secondo mestiere ma che non posseggono la preparazione necessaria, né tanto meno con i vecchi screditati capi delle democrazie e del liberalismo. Bisognerà dunque rivolgersi a uomini nuovi, fedeli all'idea monarchica, ma consci della necessità di contemperare i principi del tradizionalismo spagnolo con quelli di un rinnovamento ispirato alle dottrine che reggeranno il nuovo ordine europeo. Ed è forse dalle file della vecchia Falange, depositaria dei principi della rivoluzione nazionale secondo il credo di José Antonio Primo de Rivera, che si potranno trarre in buona parte i capi della Spagna del domani.

Quanto alle convinzioni politiche del Pretendente, i monarchici affermano che le sue simpatie sono orientate verso l'Asse, sopratutto perché egli è sinceramente persuaso che solo la vittoria delle armi italo-germaniche potrà ridare all'Europa, e quindi alla Spagna, un assetto stabile e fecondo ponendola al riparo dal ritorno dell'anarchia comunista.

I recenti trionfi dell'Asse nel Mediterraneo ed in Libia che, come ho segnalato, hanno avuto e seguitano ad avere qui enorme ripercussione, potrebbero sortire l'effetto -secondo quanto asseriscono i più impazienti assertori di una politica attiva sia all'estero che all'interno -di accelerare i tempi tanto nei riguardi del ritorno della Monarchia quanto in quelli di una più stretta collaborazione colle Potenze dell'Asse.

Il popolo spagnolo è contrario all'entrata in guerra, perché le ferite del conflitto civile non sono ancora rimarginate. La preparazione militare e la situazione economica del Paese lasciano poi molto a desiderare per la mancanza di aeroplani e carri armati, per le deficienze della marina e per la povertà di scorte alimentari e di carburanti. D'altro canto i monarchici e gli imperialisti temono di lasciar sfuggire il momento propizio alla restaurazione e al conseguimento delle rivendicazioni spagnole, e di arrivare troppo tardi se l'attuale assenteismo fosse di troppo prolungato.

Perciò si seguono con palpitante interesse le vicende del conflitto e si spera, col ritorno di Serrano, di avere notizie sui recenti incontri italo-spagnoli per trarre qualche indicazione che valga a schiarire l'atmosfera e a lasciar prevedere in quale senso si orienterà la politica della Spagna nel prossimo futuro.

667

L'AMBASCIATORE A TOKIO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'l'.S.N.D. 4360/432 R. 7'okio, I" luglio 1942, ore 7,25 (per. ore 17).

Telegramma Ministeriale 469 (1).

Questo Stato Maggiore è d'avviso che, qualora lo si ritenga opportuno per calmare sua contrarietà, possa essere confermato a Base che quello che non si è potuto fare, per ragione di riservatezza, in questa prima occasione, potrà essere realizzato nelle successive. In via strettamento confidenziale poi Stato Maggiore fa sapere che non ha, per quanto lo concerne, alcun interesse alla venuta di Base in Giappone e che non ha obiezioni acchè egli possa raggiungere frontiera indiana per altra via che quella proposta (2).

668

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'l'.S.N.D. PER TELESCR. 4354/1118 R. Berlino, 1" luglio 1942, ore 19,35.

Nel settore meridionale e in quello centrale del [fronte] russo è cominciata un'azione offensiva in grande stile cui partecipano anche, fra le truppe alleate, prevalentemente quelle ungheresi. Intanto le operazioni per l'occupazione di Sebastopoli si avviano alla fine. Negli ambienti della Wilhelmstrasse si dichiara che è imminente la caduta completa della piazzaforte, tanto che per domani stesso può attendersi la notizia ufficiale.

L'attenzione generale è tuttavia rivolta verso il fronte africano. All'Auswartiges Amt regna una atmosfera di vivo ottimismo e si prevede rapidissima la marcia su Alessandria, valutandosi con attenzione alcune notizie secondo cui unità da guerra inglesi sarebbero state già ritirate da quel porto. Assolutamente ottima nei suoi effetti propagandistici si giudica l'affermazione recentemente fatta da Gayda nella Voce d'Italia sulla volontà di ristabilire per l'Egitto piena libertà politica. Si attribuisce a tale dichiarazione <<fatta non un giorno prima né un giorno dopo di quando era opportuno » e quindi perfettamente tempista, importanza per influire sull'atteggiamento della popolazione egiziana.

Ritenendosi che Re Faruk sia favorevolmente orientato verso l'Asse, si esprime la speranza che egli sventi le mene inglesi con cui si tenterà probabilmente da parte dell'Inghilterra a quanto si presume qui, di indurlo a costringerlo ad abbandonare il Paese.

Si seguono con enorme interesse all'Auswartiges Amt le reazioni dell'opinione pubblica inglese contro lo scacco africano la cui portata non può essere ormai diminuita dalle manovre propagandistiche di Churchill.

Lo sviluppo di una crisi interna inglese sarebbe il quarto elemento favorevole all'Asse, aggiungendosi ai tre già acquisiti che sono: progressi decisivi nella Russia meridionale, crollo britannico in Egitto, perdite insormontabili di tonnellaggio mercantile da parte anglo-americana.

(l) -Vedi D. 661. (2) -Con T. s.n.d. 4678/465 r. del 16 luglio 1942, ore 8 (per il 17 alle 24), Indelli aggiungeva: «Da fonte che ho motivo di credere sicura mi viene riferito in via confidenziale che governo giapponese, a prescindere dal suo scarso interesse al viaggio di Bose data fase in cui si trova questione indiana, sarebbe stato Indotto alla sua risposta sostanzialmente negativa da pres~ sionl fattegli da Berlino in tal senso».
669

IL MINISTRO A LISBONA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 20016/1269 P.R. Lisbona, 1° luglio 1942, ore 21,10 (per. ore 18,50 del 2).

Telegramma di V. E. n. 366 (1).

Ho colto ieri occasione per far conoscere al Segretario Generale di questo Ministero Esteri interessamento e giudizio del Duce sul discorso pronunciato dal Presidente Salazar. Ambasciatore Sampayo dopo avermi ascoltato con manifesta viva soddisfazione, mi ha detto che Presidente Salazar sarà certamente molto sensibile ad apprezzamento espresso dal Duce.

670

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 4392/1125 R. Berlino, 2 luglio 1942, ore 20,25.

Il Gran Mufti è stato ricevuto in questi giorni dal Ministro Ribbentrop, al quale ha dichiarato che la situazione venuta a crearsi fra lui e Gailani in seguito agli intrighi del Ministro Grobba era insostenibile (2).

Ha dichiarato di rifiutare la sua collaborazione per il futuro a meno che la situazione stessa venga chiarita una volta per tutte, dato che lo stato delle cose attuali non gli permette alcun proficuo lavoro ed è assolutamente contrario agli interessi sia dei Paesi Arabi che dell'Asse.

Il Ministro Ribbentrop, a quanto· assicuratomi dal Mufti, gli ha dato assicurazione che sarà provveduto. Il Mufti ha risposto che rimaneva in attesa delle decisioni per proseguire il lavoro. Sua impressione è favorevole. Egli ritiene che il suo colloquio avrà per lo meno l'effetto di diminuire e forse anche di eliminare l'influenza di Grobba. Il Mufti ha dichiarato che fra qualche giorno parlerà anche con Gailani dandogli ancora una possibilità di collaborare sinceramente con lui. Se Gailani se la lascerà sfuggire egli lo eliminerà, come a suo tempo ha fatto agire tutta la sua personale influenza per portarlo al potere.

5<1 -Documenti tliplmnatir·i -Serie IX -Vùl. Vlll

(l) -Vedi D. 663. (2) -Vedi D. 674.
671

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4426/0239 R. Berna, 2 luglio 1942 (per. il 5).

Il Consigliere commerciale della Legazione di Germania, signor von Selzam, ha detto ad Alessandrini, in via strettamente confidenziale, e con preghiera, riferendo, di non fare il suo nome, che:

a) il Governo germanico annette grande importanza alla indisturl.lata continuazione da parte dell'industria svizzera delle forniture belliche per la Germania e per l'Italia;

b) che pertanto, pur rendendosi conto delle nostre ragioni e del nostro atteggiamento nelle attuali trattative con la Svizzera, spera in un favorevole risultato di esse. Soprattutto confida che non si giunga da parte nostra fino alla minacciata chiusura del porto di Genova, attraverso il quale affluiscono alla Svizzera prodotti che, direttamente od indirettamente, sono indispensabili alla locale industria. È tuttora frequente il caso che importanti materie prime transitino per Genova, provenienti dall'America, in seguito a diretta e riservata richiesta della Germania;

c) deve escludersi la possibilità che, in seguito a definitiva rottura delle trattative itala-svizzere, parte dei prodotti necessari all'Italia siano da questa acquistati attraverso i crediti di cui gode ancora la Germania in Svizzera. Tali conti sono pressoché esauriti non tanto per forniture già ricevute dalla Germania quanto per altre già in corso;

d) si domanda perché l'Italia non ottiene i noti e contestati crediti dalla Svizzera fornendo a quest'ultima, come gli svizzeri stessi desiderano, quantità sufficienti di « tonerde » (bauxite). Degli industriali svizzeri affermano che nel porto di Marghera vi sono grandi quantità di bauxite inutilizzata che minaccia anzi di arrugginire. Tale ultima affermazione degli svizzeri è probabilmente esagerata, ma non vi è dubbio che tali depositi esistano.

e) la proposta di fornire bauxite alla Svizzera è già stata fatta all'Italia, ma quest'ultima avrebbe richiesto che tutti i quantitativi forniti le venissero ritornati lavorati;

f) nell'aprile scorso il Maresciallo Goering ha inviato una lettera al Duce (l) richiamando la Sua attenzione sull'estrema importanza delle forniture svizzere per l'aeronautica tedesca e quindi delle forniture di bauxite italiana alla Svizzera;

g) tali considerazioni dovrebbero essere tenute presenti nell'attuale fase finale delle trattative e facilitare la conclusione di un accordo che egli e il suo Governo vivamente auspicano.

(l) Non rinvenuta.

672

IL CAPO DELL'UFFICIO ARMISTIZIO-PACE, PIETROMARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 2 luglio 1942.

Come è noto, per le insistenze del Ministro Kosak in occasione della sua visita a Roma nel maggio scorso (1), nonchè a seguito delle replicate richieste in tal senso del Ministro Peric, il Comando Supremo ha acconsentito a ritirare i presidi dell'Armata Slovenia-Dalmazia dalla maggior parte delle località della terza zona. All'evacuazione di dette località avrebbe dovuto tener dietro quella di alcuni vresidi anche della seconda zona. Senonchè i croati, nelle conversazioni avute da Roatta a Zagabria (2), hanno pregato di soprassedere a tale ulteriore evacuazione, data la difficoltà che essi hanno di sostituire con le loro le nostre guarnigioni.

Oggi la situazione è la seguente: i Croati sono nella assoluta impossibilità di assolvere il compito che si sono addossati. Mentre nella seconda zona la pacificazione, grazie al concentramento delle truppe italiane ivi raccolte, ha fatto in queste ultime settimane notevolissimi progressi, come è dimostrato dall'esiguo numero delle perdite, che è forse il più basso da alcuni mesi a questa parte la rivolta sta divampando in tutto il resto della Croazia. E ciò non solo nella Bosnia Orientale, dove nuclei di ribelli si stanno organizzando su posizioni fortificate, ma nella Bosnia Occidentale dove nonostante l'intervento delle forze tedesche i ribelli tengono fortemente le loro posizioni. Qualche presidio croato è circondato; puntate di ribelli penetrano persino nella Croazia Settentrionale, nella Slavonia e nel Sirmio.

È perciò da attendersi che per aver voluto rinunciare in parte alla collaborazione preziosissima che la 2a armata rendeva alla Croazia, a costo di duri sacrifici e di dure perdite, la situazione in Croazia andrà fatalmente aggravandosi.

673

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A KABUL, QUARONI

T. S.N.D. 23127/95 P.R. Roma, 3 luglio 1942, ore 2,15.

Vostro 359 (3).

Anche questo Ministro Afghanistan ha fatto qualche giorno fa richiesta analoga e gli è stato risposto negli stessi termini, cioè che trasmissioni Abdul Aziz sono in lingua persiana e dirette alla Persia e rigorosamente limitate alla traduzione di un notiziario cui interessato non aggiunge nè toglie nulla. Niente egli ha detto o dirà che possa comunque riguardare Governo afghano. In queste condizioni, data scarsità elementi che conoscono lingue orientali e necessità nostra propaganda, ci verrebbe dificile rinunziare suoi servizi.

Vi prego di approfittare di questa occasione per spiegare costì che attività Aman Ullah continua ad essere da parte nostra rigorosamente controllata ed è, in sostanza, nulla (1).

Questo Ministro dell'Afghanistan -se dispone di un servizio informazioni appena rudimentale -non può ignorarlo. Comunque è chiaro che ex Sovrano potrebbe, se volessimo, fare ben altro. E di ciò Governo afghano deve rendersi conto.

Ciò Vi conferma che non (dico non) è nostra intenzione, nelle circostanze attuali, rompere i ponti con codesto Governo, bensì mantenerli; pur lasciando costì una qualche atmosfera d'incertezza, che può giovarci come uno dei pochi elementi concreti di pressione che per il momento ci restano o come base per le eventuali determinazioni avvenire ancora non valutabili.

Vi prego di attenervi a questa direttiva, come del resto molto opportunamente avete sin qui fatto (2).

(l) -Vedi D. 550. (2) -Vedi D. 597. (3) -Non pubblicato: il documento è tanto deteriorato da risultare illegibile.
674

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4453/0105 R. Berlino, 3 luglio 1942 (per. il 6).

Con riferimento al mio telegramma 1125 in data 2 luglio (3), riferisco il contenuto di una conversazione di più di due ore avuta ieri con il Gran Mufti dall'incaricato di questa R. Ambasciata per il collegamento.

L'Eminenza El Husseini ha iniziato il suo dire facendo una breve storia del modo con cui Gailani è stato assunto al potere in Irak. Egli disse che nei Paesi arabi non sono le persone che contano, ma la «Organizzazione araba » a cui egli appartiene fin dal 1912, e senza la quale nessun arabo potrà reggersi al potere. Gailani che ha cominciato a far parte solo di recente dell'organizzazione stessa è stato da essa sostenuto. È stato per l'influenza da essa esercitata sui Capi dell'Esercito iracheno che egli ha potuto ottenere il posto di Presidente del Consiglio dei Ministri. E questo è stato fatto nella convinzione che egli fosse un uomo sicuro e fedele alla causa araba.

Dopo il suo arrivo a Berlino però il Gailani ha subito una trasformazione che si è andata giorno per giorno accentuando fino alla creazione di una situazione assolutamente insostenibile, dato che alla sua personalità è andata a mano a mano sostituendosi quella di un altro e cioè la personalità del Ministro Grobba.

Il piano del Grobba secondo il Gran Mufti può descriversi con poche parole:

Egli desidera diventare il Lawrence della guerra attuale. E questo, aggiungeva l'Eminenza, senza possedere nemmeno una delle grandi qualità possedute indubbiamente dal noto emissario dell'Intelligence Service inglese.

Sin dall'arrivo del Mufti e di Gailani in Europa il Grobba ha tentato di mettere in pratica il suo piano, ma in maniera talmente grossolana e pesante da dare fin dall'inizio al Mufti la sensazione di avere da fare con un individuo

assolutamente mancante delle doti necessarie per condurre a termine anche piani di ben minore entità di questo.

Visto che dopo numerosi tentativi non gli era riuscito possibile di influenzare in alcun modo il Gran Mufti, il Grobba ridusse le sue aspirazioni, e dal piano di divenire il Lawrence di tutti i Paesi arabi, passò a quello ben più modesto di divenire il Lawrence iracheno (vedi mio rapporto 9714 del 22.6.42) (1).

Per condurre a termine questo suo proposito, non appena il Gailani arrivava a Berlino, egli iniziava tutta una campagna di pressioni e di influenze basata soprattutto sul fatto di riuscire a convincere il Presidente del Consiglio dei Ministri iracheno che dietro ad ogni sua parola stava tutta l'autorità del Ministro Ribbentrop. Strumento attraverso il quale il Grobba ha lavorato è stato pure il fratello del Gailani che egli è riuscito a guadagnarsi con mezzi alquanto primitivi (donne, feste ecc.: vedi mio rapporto 9714 del 22.6) (1). I progressi che l'influenza del Grobba faceva sul Gailani potevano dal Mufti essere regolarmente misurati a seconda del crescere o del calare della deferenza che gli dimostrava il Presidente del Consiglio dei Ministri iracheno. Infatti dopo aver rinunciato a divenire l'eminenza grigia per tutti i Paesi arabi, il Grobba aveva rivolta tutta la sua attività a creare tra il Mufti e Gailani un abisso insormontabile sì da separare la causa della Palestina-Siria da quella dell'Iraq ove più facile gli sarebbe stato, Gailani succube, d'imporre la sua volontà.

Gli intrighi del Grobba contro il Mufti presero le forme più varie. Accuse di fronte alla collettività araba di Berlino di essere un agente pagato daìl'Italia, propaganda nello stesso senso fra i profughi arabi a Costantinopoli, influenze esercitate affinché da parte tedesca poco o nulla venisse fatto a favore del Generale Salal-ed-Din internato in Turchia, al quale egli pensava sostituire Fawzi el Kawzi quale Capo futuro dell'Esercito iracheno, pensando così di sottrarre questo organismo all'influenza del Mufti al quale il Salal-ed-Din è legato da trentennale amicizia (vedi mio rapporto 9714 del 22.6). Sintomatico a questo proposito è il trattamento fatto a Fawzi el Kewzi il quale da capo banda del deserto è stato improvvisamente trasformato in un importantissimo personaggio politico con a disposizione una villa più bella di quella di Gailani, con numeroso personale di servizio e con un segretario a sua disposizione ecc. ecc.

Il Gran Mufti disse che, nonostante egli vedesse la situazione sempre più complicarsi, egli ha sempre taciuto ed ha cercato fino a che è stato possibile, di non dare troppo la sensazione di fronte ad italiani e tedeschi delle discordie intestine fra lui ed il rappresentante dell'Iraq.

Il Grobba per influenzare l'anima in fondo primitiva del Presidente del Consiglio dei Ministri iracheno gli ha montato la testa circa la sua posizione definendola ben superiore a quella del Mufti, ha dato ordine agli Arabi messigli attorno di dargli il titolo di Zaim (Duce) che mai prima di allora gli era stato dato da nessuno, e gli ha consigliato di essere assolutamente intransigente per quello che riguardava la precedenza protocollare che egli quale Capo di Governo aveva sempre diritto di pretendere sul Mufti.

E l'intransigenza e la suscettibilità del Gailani in materia avevano raggiunto un punto tale da arrivare a quanto è successo il giorno 24 giugno (vedi

mio precedente rapporto sull'argomento), giorno in cui per 11 fatto che sul biglietto di invito ad un ricevimento organizzato dalla collettività araba di Berlino in onore dei due personaggi, il nome del Mufti era posto prima di quello di Gailani, questi si astenne con tutto il suo seguito dal parteciparvi, dando così, sia di fronte agli arabi di Berlino che ai funzionari tedeschi invitati la misura di un dissidio che il Gran Mufti aveva sempre tentato fino allora di risolvere in famiglia.

Giunta la cosa a questo punto, il Mufti chiedeva la settimana scorsa. senza passare per l'intermediario di Grobba, una udienza al Ministro Ribbentrop che gliela accordava.

Nel corso della conversazione il Mufti afferma di aver posto chiaramente al Ministro degli Esteri del Reich il seguente questito: « Chi avrà la futura guida del popolo arabo, io o Grobba? ».

E nel contempo mostrava a Ribbentrop copia delle dichiarazioni fattegli dal Fuehrer e dal Reichsminister stesso all'epoca del primo incontro, dichiarazioni nelle quali viene da essi riconosciuta in modo inequivocabile la posizione di assoluta predominanza del Gran Mufti nella futura guida dei Paesi arabi. L'Eminenza concludeva il suo dire dicendo che se il Grobba non veniva rimesso al posto che gli compete, egli con suo grande rammarico si troverebbe costretto a rinunciare alla collaborazione.

E ciò facendo era convinto di far cosa giovevole non solamente alla causa del mondo arabo, ma anche agli interessi dell'Asse nel vicino oriente.

Il Gran Mufti ha affermato che queste sue dichiarazioni e la fermezza con cui sono state pronunciate, hanno fatto grande impressione sul Ministro Ribbentrop, il quale ha promesso di provvedere in merito.

Come riferito con mio telegramma di cui al riferimento, il Gran Mufti si è dimostrato assai ottimista per le conseguenze che il suo passo potrà avere sulla posizione del Grobba.

In quanto al Gailani egli ha detto che gli darà ancora una possibilità di ravvedersi, quando fra qualche giorno egli gli proporrà di partire con lui per l'Italia. Se Gailani aderirà immediatamente, bene, altrimenti verrà lasciato al suo destino e l'« Organizzazione araba» che ha lavorato per metterlo al potere userà della sua influenza per spodestarlo.

Con relazione anche a questo il Gran Mufti ha pregato di voler menzionare solamente il suo nome nella dichiarazione di impegno che dovranno sottoscrivere i volontari arabi.

(l) -Vedi D. 684. (2) -Per la risposta di Quaroni, vedi D. 689. (3) -Vedi D. 670.

(l) Non pubblicato.

675

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. 10331 (1). Berlino, 3 luglio 1942.

Fin dall'inizio della guerra si è cercato in Germania di organizzare con cura un meticoloso sistema di razionamento delle derrate alimentari, dei tessili

e delle calzature, con l'intenzione di evitare ogni forma di speculazione e di accaparramento, e già il primo settembre 1939, il giorno stesso dell'inizio del conflitto, in quasi tutte le grandi città tedesche venivano distribuite le tessere da tempo preparate, mentre i giornali pubblicavano il testo di ordinananze comminanti severissime pene ai colpevoli di violazioni alle norme distributive emanate dal Governo.

A quasi tre anni di distanza, può ora interessare un riassuntivo esame dei risultati raggiunti e dei fenomeni verificatisi in tale campo ove peraltro si deve rilevare che la tempestività delle misure di razionamento, il disciplinato spirito della grande magioranza dei cittadini e la severità delle pene minacciate hanno senza dubbio insieme contribuito ad evitare generali accaparramenti da parte di un popolo che, come il germanico, troppo vivo aveva il ricordo delle privazioni sofferte nella guerra passata per non essere indotto alla costituzione di provviste e che, data la relativamente alta mole dei risparmi e la conseguente forte capacità di acquisto dei singoli, in breve avrebbe con le compere portato ad una riduzione delle scorte grave di pericoli per la condotta di una guerra prolungata.

Le condanne di cui quasi ogni giorno viene data notizia in questa stampa dimostrano tuttavia che speculazioni ed accaparramenti, e in genere quelle forme di libera contrattazione di merci razionate più o meno diffusesi in tutta Europa sotto il nome di borsa o mercato neri, si sono verificati e continuano a verificarsi in tutto il teritorio del Reich. Lo dimostra anche una recentissima ordinanza del Maresciallo Goering, nella quale vengono aggravate le pene già stabilite per chi si renda colpevole di azioni recanti danno all'approvvigionamento del paese, sia distruggendo, mettendo in serbo od occultando materie prime e prodotti destinati a soddisfare necessità vitali della popolazione, sia appropriandosi indebitamente o falsificando buoni di prelevamcnto dei prodotti stessi.

Le condanne molto spesso... (l) e senza pietà vengono comminate a chi, valendosi delle sue funzioni, come funzionario o come impiegato, ha compiuto irregolarità nella distribuzione di generi razionati, traendone profitto; verso il postino che ha sottratto viveri od oggetti nei pacchi destinati ai soldati, verso l'infermiera che ha prelevato a suo favore le più abbondanti razioni dei feriti, verso il raccoglitore di lana che non ha versato ai centri di raccolta l'intera quantità consegnatagli dagli offerenti, verso chi, infine, ha in un modo

o nell'altro compiuto speculazioni di rilevante importanza. Molto più miti si è verso il consumatore che, senza speculare, abbia cercato di fare qualche provvista e si chiude poi un occhio e magari anche due per la massaia che si sia illecitamente procurato l chilogramo di burro, di lardo o di carne.

Infrazioni ad ogni modo vi sono state e vi sono e -se con sicurezza si può escludere che mai sia esistito in Germania un mercato nero, quale istituzione tollerata dalle autorità, così come esisterebbe ad esempio in Francia e della cui tolleranza è stato fatto qui anche di recente appunto a quel paese di tali infrazioni può essere interessante fare un poco la storia, anche perchè essa in fondo rispecchia quella delle reazioni psicologiche dell'intero popolo germanico in questi tre anni di guerra.

In un primissimo tempo le evasioni sono state assai poco numerose. Anche se il tedesco è entrato in guerra più con disciplinata rassegnazione che con entusiasmo, molti, pur essendo alla fin fine consci di illudersi, speravano nella guerra lampo e a bella posta evitavano di rattristarsi col pensiero di troppo lunghe privazioni avvenire, da lenirsi con preveggenti scorte. Se il tesseramento non fosse stato immediato questa mentalità non avrebbe di certo impedito di accaparrare, ma, così stando le cose, si manifestò forse in parte per inerzia una generale osservanza della disciplina del consumatore. Avevano allora buon successo filmetti di propaganda ben fatta in cui due comuni renani, diventati di colpo popalarissimi, ridicolizzavano il tipo dello «Hamsterer », l'accaparratore delle merci e oggetti più vari, che finiva sempre per avere il danno e le beffe, e il pubblico credeva e rideva, come oggi -e i due uomini sono infatti spariti dagli schermi -di sicuro non farebbe.

Se ciò valeva per i consumatori in generale, un particolare spirito di disciplina, una speciale coscienza di classe valse per i venditori al minuto. In un paese ove l'ultima sguattero di ristorante risponde malvolentieri o non risponde del tutto se non lo si chiama Herr Ober, signor Primo Cameriere, e ove ci si rivolge al garzone di macellerie col titolo di Meister, Maestro d'Arte, gli appelli rivolti all'importanza sociale della persona e delle funzioni quasi di pubblico ufficiale dell'esercente fecero presa quanto i severi controlli delle autorità annonarie, e salumaio e fruttivendolo resistettero alle eventuali pressioni allettanti dei clienti, sentendosi sinceramente ministri di una superiore giustizia distributiva.

Quando in un secondo tempo, prolungatasi la guerra, fattesi maggiormente sentire le privazioni del tesseramento da una parte mentre dall'altra lo spirito di lucro sempre più debolmente resisteva alle offerte lusingatrici di altissimi prezzi, le contrattazioni di mercato non ebbero notevole alimento dalle merci provenienti dai paesi occupati. Era il periodo della guerra bella e dei facili bottini nei ricchi territori conquistati, ove i marchi d'occupazione si cambiavano in alto numero di corone, di zlotj, di fiorini e di franchi, tutte monete con sorprendente capacità d'acquisto agli occhi tedeschi, e dal Protettorato, dal Governatorato Generale, dalla Norvegia, dal Belgio, dall'Olanda e dalla Francia, negli stipatissimi bauli dei soldati, giunsero i prosciutti, i salami, le oche, le stoffe, le sardine in scatola, il caffè, il cioccolato, il burro, le calze da donna, le volpi argentate e lo sciampagna.

Fu allora l'epoca più aurea del mercato nero in Germania, e poiché ufficiali e soldati pensarono sopratutto ai bisogni delle famiglie, che potevano rifornire soltanto in occasione delle piuttosto rare licenze aveva certo fondamento la voce che i maggiori fornitori e profittatori del mercato fossero gli SS. Proprio questi e questi soltanto avevano la possibilità e l'occasione di compiere frequenti viaggi dalle terre occupate alla madrepatria, senza dover temere importuni controlli e disponendo per di più di un regolare, fitto servizio di corrieri. E proprio gli SS, mi è stato assicurato da fonte degna della massima fede, ebbero in quel periodo nelle mani la vera borsa nera delle valute, acquistando e rivendendo dollari e non disdegnando di valersi nel loro commercio dell'aiuto degli ebrei dei ghetti di Praga e di Varsavia.

Nello stesso periodo altro, meno considerevole ma non trascurabile alimento al mercato nero fu dato dagli stranieri residenti in Germania che intensifica

rono i loro viaggi nei paesi d'origine per tornarne con tutto quanto era stato loro possibile racimolare, facendo a volte anche una magra speculazione, come lo spagnolo di cui mi è stato riferito, rifornitosi di alcune valige di calze da donna della misura corrente per i piedini di Madrid o di Siviglia, risultate poi molto troppo piccole per le signore di Berlino o di Monaco.

La fonte alimentatrice dei territori occupati era però destinata ad inaridirsi e fu ridotta a pochissime gocce proprio or è un anno, quando ebbe inizio la brutta guerra di Russia, ove l'avanzata costava molto sangue e portava in città rase al suolo, in insidiose steppe desolate. Dopo due anni di guerra il razionamento faceva sentire di più il suo peso, e il tedesco, cui in genere è ignoto «l'arrangiarsi» -che presuppone iniziativa individuale -scopri sotto la spinta della necessità le virtù di tale agire. E venne la moda della «Vitamina B », con il che non si intendeva affatto quella vera e propria, sotto forma di pillole, raccomandatissima dai medici per combattere i pericoli di un'alimentazione deficiente ed anche assai in voga per un certo tempo (ora le farmacie ne sono sprovviste, come di moltissimi altri medicinali), bensì invece la «Vitamina Beziehungen » o «Vitamina relazioni». Si organizzarono allora gite in campagna e ci si ricordò di vecchie governanti pensionate, in grado forse di procurare qualche rifornimento alimentare, con conseguente reazione delle autorità e divieto ai produttori di frutta e verdura di vendere direttamente ai consumatori.

In pari tempo, rarefacendosi sempre più la quantità di oggetti destinati al consumo civile per il passaggio delle imprese alla sola produzione importante a fini bellici, cominciò ad assumere aspetti assai preoccupanti la caccia all'acquisto di tutto l'ancora trovabile. I mobili, i tappeti, i libri, i più correnti oggetti dellP botteghe degli antiquari conobbero prezzi mai visti, i rigattieri fecero fortune e nelle aste e nel commercio degli oggetti usati si salì a sorprendenti quota7,ioni. Il commissario per i prezzi corse ai ripari e ai banditori d'asta fu ordinato di fermare ad una data altezza la salita delle offerte, affidando alla sorte l'assegnazione dell'oggetto conteso fra gli offerenti; mentre si decretò che gli oggetti usati non potessero venir venduti a prezzo superiore al settantacinque per cento di quello d'acquisto come nuovi e ai giornali fu fatto divieto di pubblicare annunzi economici che non indicassero il nome dell'offerente ed il prezzo della cosa offerta.

Le ordinanze ebbero in questo campo scarso efietto, e ben lo sa chi desideri ora acquistare un'usatissima radio o uno sdrucito seggiolone, per cui deve sborsare sino al decuplo dell'anteguerra.

In seguito, anche offrendo molto, sempre più difficile è diventato l'acquisto di qualsiasi oggetto contro semplice offerta di denaro, e in questo popolo, che tanti tristi ricordi ha dell'inflazione, è andata via via diffondendosi una certa indifferenza per la banconota, che, si dice esagerando, ma con un fondo di verità, non serve più a nulla. Le misure prese per istituire il risparmio bloccato, le pene decretate per chi tesoreggi trattenendo il denaro in casa, le esortazioni ad accantonare per tempi migliori versando i risparmi alle banche e le promesse di dare dopo la guerra la precedenza negli acquisti a chi avrà risparmiato non impediscono all'artigiano, quando gli pagate il conticino, o al cameriere cui date una mancia di sussurarvi: <<Non avreste invece un paio di sigari o alcuni bollini pel pane?».

Tale indifferenza nei riguardi della moneta è venuta così a porre un certo freno alle vendite «nere », perché il sarto che disponga ancora di qualche stoffa, il decoratore in possesso di qualche tessuto e il ciabattino con una scorta di pelli non si lasciano più allettare a cedere senza punti contro semplice denaro. Ed è poi proprio questa indifferenza che da un anno in qua in misura sempre maggiore ha generalizzato come forma di scambio il primitivo baratto, sia di merce contro merce che di merce contro prestazione d'opera.

In un primo tempo il baratto non soltanto fu permesso, ma fu addirittura favorito. Fece la sua prima apparizione con lo scambio di appartamenti fra quartiere e quartiere e fra città e città (data la paurosa crisi degli alloggi è oggi impresa impossibile trovare abitazione in Germania se non si dispone di una da offrire in cambi a volta complicatissimi fra più famiglie) e per iniziativa delle autorità vennero in parecchi centri istituiti uffici per lo scambio di scarpe usate. Poi il baratto diventò sistema e tutti si diedero ai « Tauschgeschafte », ricorrendo agli annunzi delle quarte pagine o addirittura, come è stato da qualche giorno osservato a Berlino -e perché, data l'enorme richiesta e la riduzione del numero delle pagine, occorrono sei settimane prima che avvenga la pubblicazione di un annunzio sui quotidiani -i foglietti di carta contenenti le offerte incollati sulle colonne pubblicitarie nei pressi delle stazioni della metropolitana. Si può bensi leggere ogni giorno che, ad esempio, un aspirapolvere quasi nuovo viene offerto contro un paio di stivaletti da donna misura trentanove, oppure che una macchina da scrivere portatile o, a scelta, un lampadario a nove luci può esser dato in cambio di un mantello possibilmente di lana. Sino ad un paio di mesi or sono, prima cioè di altra ordinanza vietante sotto pene severissime gli scambi con offerte di oggetti tesserati, ho potuto raccogliere alcuni esempi ancora più tipici, di cui, spulciando, cito qualcuno. Così il signor Stefan Gai, commerciante in cioccolato in Bielitz (Slesia) ha diramato una circolare a numerosi negozianti di strumenti musicali, esprimendo il desiderio di avere una fisarmonica ed offrendo in cambio cioccolatini; sul «Giornale dei filatelici» è apparso un annunzio del signor Hermann Lindloff, di Ebstorf, offrente selvaggina in cambio di francobolli da collezione; mentre Emil Lamb di Lauterecken offriva tabacco per aver carta da lettera e Robert Muench di Norimberga si sarebbe volentieri privato di focacce, vini ed alcoolici per procurarsi pasta dentifricia.

Naturalmente tale fenomeno non poteva non preoccupare e fu emanata la ordinanza cui più sopra ho accennato. Ma certo mai disposizioni di legge tedesca ebbe tanti trasgressori. È ormai consuetudine dare oltre ai prescritti punti le sigarette o la farina o la bottiglia o quell'altro vochissimo di cui ci si può privare per avere fatto il vestito in meno di un anno o riparata la bicicletta od ottenere che l'elettricista aggiusti il ferro da stiro e il calzolaio risuoli le scarpe. Mentre con sistema analogo, dopo un conciliabolo sottovoce col commesso e furtiva stretta di mano -simili scenette sono facilmente osservabili nei negozi berlinesi e non destano né sorpresa né proteste -la massaia può diventare felice acquirente di una testa d'insalata o di un mazzo di rapanelli.

Appare ad ogni modo che il mercato nero germanico ha oggi ampiezza meno rilevante che mai sia per il rigore dei controlli annonari che per il rarefarsi dei prodotti. Si sente dire che qua e là -specialmente essendo conosciuti nei nPgozi presso cui si riforniscono Ufficiali delle SS, che pretenderebbero ed otterrebbero più delle normali razioni, assicurando in certo qual modo l'esercente da troppo attente verifiche delle autorità annonarie -esisterebbe a volte la possibilità di acquistare un po' di burro a novanta marchi il chilo e una bottiglia di cognac a ottanta o una saponetta a dieci e si dice pure che esista un piccolo commercio di « Urlaubskarten », le tessere viveri concesse a chi si rechi in ferie, avendo dimostrato con certificati medici di averne assoluto bisogno. Pare inoltre che a Vienna le evasioni siano relativamente più numerose, ma in generale il tedesco anche ricco e disposto a spendere assai può far ben poco conto su rifornimenti alimentari di mercato nero, come chiaramente lo provano perdite di peso dell'ordine di dieci, quindici e più chili, di cui oggi .>i lamentano molte persone facoltose, e il nostalgico ricordo del recente passato in cui proprio il mercato nero, sebbene sempre di modeste proporzioni, ancora permetteva di arrotondare di tanto in tanto le quantità di prodotti acquistati sulla base del tesseramento ufficiale Cl).

(l) Questo rapporto risponde al D. 659. Il riferimento è contenuto in una breve lettera di Alfieri e d'Ajeta, non pubblicata.

(l) Parola non decifrata.

676

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S. N. D. 157/922 R. Roma, 4 luglio 1942, ore 14,30.

La complessa e delicata situazione dell'Egitto ha formato oggetto di varie riunioni interministeriali durante le quali si sono concretati i seguenti punti che dovrebbero venir al più presto portati alla conoscenza del Governo del Reich allo scopo di poter agire d'accordo e nel miglior modo possibile nelle terre di nuova occupazione.

Il Governo italiano ritiene che nella occupazione dell'Egitto non si debba prescindere dalla particolare situazione di quel Paese e, cioè:

a) -che esso non è nemico ma neutrale, sebbene abbia rotto le relazioni diplomatiche, che l'occupazione lascia sussistere nella sua pienezza Governo locale sostituendo soltanto gli organi direttivi e consultivi fm qui tenuti dagli inglesi;

b) -che non si deve in alcun modo compiere atti di accaparramento che impoverirebbero l'economia egiziana sia perché non conviene aver nemica la popolazione, sia perché il Governo italiano non ha alcuna possibilità di addossarsi oneri per la alimentazione della popolazione o del suo mantenimento.

Da queste premesse derivano le seguenti proposte che mi affretto a comunicarVi e che ove trovino l'approvazione del Governo germanico dovrebbero essere subito comunicate alle autorità tedesche competenti:

l) -In Egitto saranno per il momento adoperati soltanto i Buoni della Cassa Mediterranea di Credito per l'Egitto finché non si saranno ottenute dalla Banca egiziana le lire egiziane necessarie. Alle Forze germaniche saranno messi

a disposizione i predetti Buoni. I Buoni di Cassa predetti saranno computati nel rapporto di una lira egiziana per lire italiane 72.50.

2) -Le autorità militari italiane e germaniche si asterranno da ogni requisizione o acquisto ad eccezione di quello che è strettamente necessario per i bisogni militari delle Forze Armate su posto.

3) -Gli acquisti di ordine commerciale nell'interesse dei due Paesi saranno fatti a mezzo di una organizzazione mista itala-germanica che dovrebbe essere subito costituita.

Quanto precede è stato approvato dal Duce. Attiro la Vostra particolare attenzione sulla grande importanza che ha per noi l'urgente accettazione delle nostre proposte da parte del Reich. Confido nella Vostra azione perché io possa ricevere al più presto la conferma che il Governo germanico è d'accordo su quanto sopra (1).

(l) Il presente documento nota il visto di Mussolini.

677

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELESCR. 4420/1145 R. Berlino, 4 luglio 1942, ore 18,40.

Telegramma di V. E. 922 (2).

Ho immediatamente portato a conoscenza del Governo germanico proposte di cui al telegramma sopra citato. Sottosegretario di Stato Affari ESTERI, al quale ho consegnato un appunto al riguardo in assenza del Ministro von Ribbentrop, mi ha subito e spontaneamente dichiarato che trova le nostre proposte giuste ed opportune. Egli mi ha assicurato che le avrebbe portate immediatamente alla conoscenza del Ministro e contemporaneamente avrebbe informato anche gli uffici competenti per poter essere in grado di darmi colla massima urgenza una risposta al riguardo che mi riservo di comunicare (3).

678

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA DAJETA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S.N.D. PER CORRIERE 160 R. Roma, 8 luglio 1942, ore 11.

Vostro telegramma per corriere n. 091 del 15 giugno u.s. (4).

Si è preso atto che il Governo del Reich non intende sospendere la corrente di deflusso verso la Germania degli alto-atesini che hanno optato per la cittadinanza germanica, ma che intende mantenere l'attuale cifra di deflusso.

Si approva che a complemento degli accordi vigenti vengono scambiate tra il Ministro degli Esteri del Reich e il H. Ambasciatore a Berlino lettere di cui al testo tedesco, trasmesso col telegramma in riferimento e che il corrispondente testo italiano della lettera che sarà da Voi firmata dovrà essere del seguente tenore:

«Secondo le norme per il rimpatrio dei cittadini tedeschi e l'emigrazione degli allogeni tedeschi dall'Alto Adige firmate a Roma il 21 ottobre 1939, n. 8, l'emigrazione degli allogeni tedeschi deve essere ultimata entro il 31 dicembre 1942.

Il Governo germanico e il R. Governo italiano hanno di comune accordo constatato che in seguito alle particolari circostanze causate dalla guerra non sarà possibile di ultimare entro tale termine l'emigrazione degli optanti. Essi concordano che l'emigrazione debba essere effettuata anche durante la guerra in quanto ciò sia possibile in vista delle circostanze e tenendo conto in modo particolare del desiderio che la sistemazione degli emigrati nel Reich avvenga per quanto possibile in modo compatto. In vista di ciò essi si sono accordati di prolungare fino al 31 dicembre 1943 il termine entro il quale tale emigrazione deve essere ultimata. I due Governi sono d'accordo che si addiverrà ad una ulteriore proroga se ciò dovesse dimostrarsi necessario nel corso dell'anno 1943 ».

(l) -Per la risposta di Alfieri vedi DD. 677 e 688. (2) -Vedi D. 676. (3) -Vedi D. 688. (4) -Vedi D. 623.
679

IL MINISTRO A BUCAREST, BOVA SCO PPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D PER CORRIERE 4521/078 R. Bucarest, 8 luglio 1942 (per. l'11).

Seguito telegramma n. 074 del 2 luglio (1). Mihai Antonescu mi ha di sua iniziativa lungamente parlato della questione concernente la promessa fornitura di 2000 vagoni di grano all'Italia.

Egli ha precisato che se non aveva preso un impegno scritto ciò era conseguenza del fatto che sinora nessun accordo era intervenuto tra i romeni e i tedeschi sul problema del rifornimento alle truppe romene sollevato dal Ministro Clodius durante l'ultimo suo soggiorno qui.

Il problema è sorto per queste ragioni: il Gen. Antonescu aveva fin da alcuni mesi or sono espresso il desiderio di costituire un comando di grande unità e precisamente un gruppo d'armate romeno in vista del sempre maggiore sforzo che il suo esercito è chiamato a svolgere -ed anche per impedire che le divisioni romene venissero frazionate nelle grandi unità tedesche come è accaduto sinora. Questo desiderio del Conducator ha determinato i tedeschi a stabilire che ormai tutto il problema dei rifornimenti alle truppe romene dovrà essere assunto direttamente al Governo di Bucarest.

«Voi vi rendete conto -mi ha precisato Antonescu -che il Governo romeno non può assumersi questo onere. Lo sforzo che ci si domanda è troppo

forte perché l'organizzazione economica e finanziaria della Romania possa sostenerlo. Noi siamo già alla vigilia d'una crisi. Finché' la guerra è stata alle porte di casa ci è stato facile stabilire un'organizzazione logistica conveniente. Ma ormai la guerra si è allontanata ed è destinata ad allontanarsi sempre di più. Né con i trasporti, né con i mezzi finanziari, né con le risorse economiche già enormemente depauperate siamo in grado di far fronte a questa pretesa.

Abbiamo proposto un compromesso. A tal fine ho inviato al Quartier Generale del Fi.ihrer il gen. Rosin per dire chiaramente che se ci si obbliga a rifornire completamente il nostro esercito noi siamo in conseguenza costretti a diminuire il numero delle divisioni che potremo inviare al fronte. È una questione di evidenza palmare che non possiamo dare più grano e più alimenti di quanto ne possediamo. Finché la questione dunque dei rifornimenti al nostro esercito non sarà risolta mi sembra impossibile parlare di forniture di grano all'estero malgrado il vivissimo desiderio che abbiamo di farvi cosa grata».

Nel mio telegramma a V. E. n. 512 dell'll giugno (l) 'avevo scritto «in base alle esperienze finora fatte consiglio di non fare molto affidamento sulle garanzie date a Clodius ». Le circostanze non hanno tardato a provarlo.

(l) Con precedente comunicazione, non pubbl!cata (T.r.r.s.n.d. per corriere 4427/074 r. del 2 luglio, per. il 5) Bova Scoppa riferiva come M. Antonescu lo avesse informato confidenzialmente di aver rifiutato la proposta tedesca per l'approvvigionamento completo del proprio esercito, per poter eseguire le forniture all'Italia.

71 l

680

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 23826/045 P .R. Roma, 9 luglio 1942, ore 2.

Vostro n. 1155 (2).

Prego informare Gran Mufti e Gailani che li vedremo con piacere a Roma.

Prego anche di voler esprimere codesto Ministero degli Esteri che è nostra intenzione provvedere al più presto all'attuazione del programma di azione per il Vicino Oriente, che gli avvenimenti in Egitto rendono particolarmente attuale. Il ritorno a Roma del Mufti e di Gailani è pertanto desiderabile e saremmo grati al Governo tedesco se volesse facilitare questo ritorno.

681

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. 23827/946 P .R. Roma, 9 luglio 1942, ore 2

Seguito telegramma odierno (3). Anche per l'Ambasciatore Gabbrielli. Avvenimenti Egitto dànno in questo momento a questione araba un particolare rilievo.

Inoltre è più urgente che mai iniziare il pratico funzionamento della Legione Araba; nell'assenza dei Capi arabi, dato il carattere autonomo e volontaristico che si è d'accordo di dare alla Legione, qui è tutto praticamente fermo. Gli arabi che raccogliamo hanno bisogno di un Capo.

Per suddetti motivi è particolarmente urgente prC>senza a Roma del Gran Mufti, eventualmente con Gailani.

Circa la delicata situazione che si è verificata fra i due Capi arabi, da parte nostra dobbiamo continuare a mostrare il desiderio di favorire -come abbiamo fatto sinora -i buoni rapporti fra i due Capi arabi. Tuttavia l'Ambasciatore Gabbrielli è nel contempo autorizzato a far conoscere confidenzialmente al Mufti che noi teniamo particolarmente al suo ritorno a Roma per la fiducia che riponiamo in lui e data la sua preminente posizione nel mondo arabo, e le possibilità d'azione che nell'attuale momento si presentano per lui.

Fregasi continuare riferire.

(l) -T. 3971/512 r. dell"11 giugno 19~2. ore 21.30. non pubblicato. (2) -Non rinvenuto. (3) -Vedi D. 680.
682

IL MINISTRO A BUDAPEST, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 1920/930. Budapest, 9 luglio 1942.

Come ho riferito col mio telegramma n. 365 dell'S corrente (1) questo Presidente del Consiglio ha ricevuto Rogeri e Hencke accompagnati da Jagow e da me. Il giorno successivo li ha trattenuti a colazione insieme ad altri membri del Governo ed a funzionari della Presidenza del Consiglio e del Ministero degli Afiari ESTERI,

In allegato trasmetto le dichiarazioni che tanto Kallay quanto il Vice Ministro degli Esteri Ghiczy hanno fatto a Rogeri ed a Hencke in occasione della loro presentazione (2). Ciò che Kallay in quest'occasione ha detto, costituisce il noto punto ufficiale magiaro sulla questione transilvana e non esula dalle pre~cdenti dichiarazioni che sono state formulate anche attraverso la stampa. Sugli antecedenti, sugli sviluppi c su quest'ultima fase della controversia ungarorumena, ho avuto poi con Kallay una conversazione che praticamente si ricollega a quanto ho a varie riprese riferito e che per necessità di cose ripeto, cioè a dire: il dissidio ungaro-rumeno trascende dalla questione transilvana che è solo il pretesto più ampio e deteriore per invelenire, acutizzare, rendere più che possibile insanabile una controversia già nata con un male eterno. Kallay mi ha confidato molto francamente che per quanto l'Ungheria abbia chiesto l'attuale inchiesta e abbia insistito perché venga messo in chiaro l'operato rumeno, Egli non può in buona fede ritenere che le accuse anzi gli odii che sono sorti fra i due Paesi possano comporsi nelle conclusioni di una Commissione d'inchiesta. Kallay mi ha ripetuto che Egli non sottovaluta l'avversario, anzi tiene in gran conto le armi della diplomazia romena. Nell'azione della Commissione il Presidente del Consiglio ungherese vede soltanto una remora al rinato sciovinismo romeno, galvanizzato dai recenti successi militari conseguiti con il concorso delle armi dell'Asse. Mettere il dito sulla piaga --dice Kallay -non è sanarla. La

questione transilvana non è che il motivo dominante di questo dramma di incomprensione che dal 1918 rappresentano i due Paesi, dramma che ha origini più remote e più profonde del conflitto di razze e di interessi che si combatte nella stessa Transilvania: esso è innanzi tutto determinato dalla caratteristica delle due religioni, quella ortodossa che allinea i rumeni contro il cattolicesimo ungherese, germinando tutte le perniciose derivazioni politiche e ideologiche della ortodossia, che danno la possibilità alla Rumania di allearsi, quando è necessario, anche con gli slavi, pur di sottrarsi al cattolicesimo.

Il Presidente del Consiglio vede l'attuale Commissione come una prova della necessaria, costante vigilanza che le potenze dell'Asse sono obbligate a portare verso la Rumania. Tutto, egli dice, può avvenire in quel Paese, dalle stragi belluine alla rivolta contro l'Asse; l'intervento anche periodico dell'Asse nella controversia può stornare le resipiscenze rumene e impedire che da un giorno all'altro avvenga una catastrofe. È difficile per un Governo ungherese resistere alle provocazioni rumene, come evidentemente non è facile per il Governo rumeno calmare gli spiriti disillusi e sovraeccitati i quali vanno in cerca della sola guerra «popolare » possibile: quella contro l'Ungheria. Fin qui Kàllay.

Il Governo ungherese pensa attualmente di poter dire alla sua opinione pubblica che le Potenze dell'Asse seguono da vicino il movimento rumeno volto contro l'arbitrato di Vienna. Evidentemente esso sa che questa più che una pausa della controversia è· semplicemente una fase. Il dissidio non potrà essere risolto alla periferia cioè in Transilvania, ma al centro: a Bucarest e a Budapest, dove, allo stato attuale delle cose è inutile cercare ogni buona volontà. Comunque è utile che la Commissione abbia iniziato i suoi lavori ed a mio avviso sarebbe vantaggioso che li prolungasse il più possibile in quanto la sua opera potrà essere più proficua ai fini di una possibile distensione non per ciò che essa potrà concludere, quanto per il fatto che essa ci sia e che i due Governi sappiano che esista. Questo, nell'interesse generale della guerra condotta dall'Asse. Per quello che si riferisce all'Italia, il Reggente e il Presidente del Consiglio hanno particolarmente apprezzato la maniera dignitosa con la quale il Governo Fascista ha aderito al passo proposto da Berlino, passo che non è stato improntato alla solita << routine » diplomatica e che ha permesso all'Ungheria di scorgere come l'Italia, nella visione dei suoi interessi politici, consideri la Nazione ungherese come la sua naturale e più antica alleata in questa parte d'Europa.

(l) -T. 4497/765 r. delle ore 20.50, non pubblicato. (2) -Non pubblicate.
683

IL MINISTRO A SOFIA, MAGISTRATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4554/0335 R. Sofia, 10 luglio 1942, (per. il 13).

Il noto episodio costituito dalle dichiarazioni fatte nel mese di giugno, nella Macedonia greca, dal Presidente del Consiglio ellenico, signor Tsolal.:.oglu (1), continua ad avere ripercussioni in Bulgaria.

7H

La verità è che, come mi è stato dato di constatare da una nuova conversazione avuta ieri con questo Presidente del Consiglio, i Bulgari non riescono a comprendere l'origine di quanto è accaduto. Essi cioè continuano ancora oggi a domandarsi, e con viva ansietà, e per quanto da parte tedesca non siano mancate le assicurazioni in proposito, come mai il signor Tsolacoglu abbia (l) Florina, e pronunciarvi apertamente i noti discorsi nettamente antibulgari e irredentistici nei confronti della stessa Tracia. In altre parole, il dubbio che per un tale atteggiamento sia esistito un preventivo tacito assenso da parte italatedesca, permane ancora oggi e ad onta, ripeto, delle varie dichiarazioni tedesche atte a smentire e disapprovare l'operato del Presidente ellenico.

Su tale argomento aggiungo che, naturalmente, i sospetti nei nostri confronti non sono piccoli. E per quanto non si ignori a Sofia che il Signor Tsolacoglu sia ben visto anche dai tedeschi, e per quanto l'episodio sia accaduto in Macedonia, ossia in zona di controllo germanico, non sono qui mancate, nell'occasione, le solite voci, più o meno in buona fede, che vorrebbero un'ltalia pronta a sostenere domani nuove rinvedicazioni greche ai danni della Bulgaria (2).

(l) Tsolacoglu aveva tra l'altro detto, con riferimento alle popolazioni delle zone limitrofe cedute alla Bulgaria, che «la situazione attuale>> sarebbe stata modificata e che «i tiranni» sarebbero stati allontanati.

684

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 10 luglio 1942.

L'ex Re Aman Ullah ha diretto una lettera al Duce per esporgli il suo desiderio di essere autorizzato ad uscire dalla riserva e dal silenzio in cui sinora è stato mantenuto e a prendere apertamente e pubblicamente posizione contro la Gran Bretagna (3).

Il desiderio dell'ex Sovrano contrasta col proposito italiano e tedesco di non fare almeno per il momento e sino a nuove, favorevoli circostanze, niente che possa condurre a una definitiva rottura tra le due Potenze dell'Asse e l'attuale Governo afgano, ciò che indubbiamente avverrebbe se l'ex Re fosse autorizzato ad agire nel senso da lui richiesto.

La carta Aman Ullah è cioè probabile che possa e debba essere giuocata, ma tempestivamente, allo scopo sopra tutto di evitare una sterile e dannosa ripetizione dei casi Iran, Iraq, ecc. Molta parte del malcontento dell'ex Sovrano deve comunque essere certamente attribuita alle sue condizioni finanziarie, diventate con l'aumento del costo della vita, effettivamente non facili, anche in considerazione del suo rango e del numero dei suoi famigliari.

51 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Egli si mostra particolarmente dolente, confrontando il trattamento che si fa da parte nostra a lui con quello, molto più generoso, fatto al Gran Mufti e Gailani.

Se Voi, Eccellenza, approvate, sarebbe indubbiamente in questo momento opportuno rivedere il contributo mensile che questo Ministero versa all'ex Sovrano, portandolo possibilmente dalle L. 15.000 attuali alle 25.000, a partire dal corrente mese.

(l) -Nella trascrizione a macchina del testo di questo telegramma manca l'ultima riga della prima pagina. (2) -Con T. 25364/413 p.r. del 20 luglio 1942, ore 17,15 Ciano rispose: «Presentandosene occasione potrete a Vostra volta assicurare signor Fllow che dichiarazioni fatte scorso giugno nella Macedonia Greca da Presidente Consiglio Ellenico non avevano ricevuto alcun preventivo assenso da parte nostra ». (3) -Su questa frase è annotato a matita rossa: «No».
685

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, GARBACCIO

T. 24101/672 P.R. Roma, 11 luglio 1942, ore 4,30.

Come Vi è noto, il 15 giugno scorso codesto Governo ha adottato, con tre decreti contemporanei, misure discriminatorie particolari nei confronti di Ditte, Imprese e persone singole non americane.

I tre decreti si riconnettono a conformi deliberazioni dell'ultima Conferenza panamericana. Benché apparentemente diretti contro Stati belligeranti non americani, è peraltro pressocché certo che essi non saranno applicati contro gli alleati degli Stati Uniti e cioè contro Gran Bretagna, Russia, Cina di Ciung King. Si risolveranno, cioè, in pratica, in provvedimenti unicamente diretti contro il Tripartito. Codesto Governo sa che il Governo italiano si rende perfettamente conto della delicata e difficile situazione in cui pressioni e intimidazioni nordamericane hanno posto l'Argentina. Né vuole né intende aggravarla. Deve peraltro constatare che tali provvedimenti, non motivati da alcun gesto o misura italiana meno che favorevole nei riguardi argentini, minacciano, se attuati, di ledere interessi, imprese e cittadini italiani perfettamente legittimi gli uni perfettamente leali gli altri. Il Governo italiano si augura per questo vivamente che tale minaccia sia destinata a non avere applicazione pratica nei nostri confronti, particolarmente se risulti accertato che altri Stati non americani resteranno in sostanza esclusi da ogni analoga misura, nonostante la formale dizione dei decreti stessi.

Vi prego di esporre quanto precede a codesto Ministero degli Affari ESTERI, d'intesa coi Vostri colleghi tedesco e giapponese, se e quando ambedue riceveranno istruzioni analoghe. Non si tratta di passo collettivo, ma di azione da svolgere separatamente dai Rappresentanti delle tre Potenze.

Date alle Vostre parole tono e forma amichevole, accennando peraltro al pericolo che misure argentine finiscano col provocare, se approvate, eventuali contromisure altrui e comunque col pregiudicare le possibilità italiane di continuare ad esercitare quell'azione di conciliazione e di moderazione che il R. Governo ha sin qui svolto con successo e intende con lo stesso amichevole spirito di continuare a svolgere fra gli alleati del Tripartito e l'Argentina.

686

IL MINISTRO A BELGRADO, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3162/883. Belgrado, 11 luglio 1942 (per. il 15).

Durante una recente conversazione il mio collega di Germania mi ha domandato, ex abrupto, se sapessi ove si trova attualmente Draza Mihajlovié. Ho risposto che certamente egli era meglio informato di me su tale punto,

e che io potevo quindi porgli tale domanda. Benzler ha replicato che Draza Mihajlovié, secondo le ultime notizie si trova in territorio sotto controllo italiano..

Ho osservato a Benzler che già ripetute volte questa voce era stata sparsa, e che sempre era poi risultato che si trova in territorio serbo ove, cosa strana, non viene mai catturato. A mia domanda Benzler quindi ha precisato che Draza Mihajlovié si troverebbe ora nel Sangiaccato. Ho ancora osservato che il cosidetto Sangiaccato è in parte sotto controllo italiano e in parte sotto controllo germanico.

Benzler ha allora domandato se mi constasse che Draza Mihajlovié fosse in relazione con nostri Comandi Militari. Ho risposto che tale domanda mi meragliava e che lo pregavo di dirmi di dove simili notizie provenissero. Benzler ha risposto che voci del genere circolano «tra i serbi'>. Subito dopo mi ha domandato: da parte italiana considerate Draza Mihajlovié amico o nemico?

Ho domandato a mia volta come fosse considerato da parte germanica. Nemico, ha risposto Benzler. Ho concluso che non vedevo da parte mia perché noi dovessimo considerarlo diversamente.

Ho quindi domandato a Benzler come Nedié e il suo Governo, sostenuti e controllati dalle Autorità germaniche, considerino Draza Mihajlovié. Con qualche esitazione Benzler mi ha risposto che «egli personalmente pensava che Nedié ne fosse nemico'>, ma che tale opinione « non era condivisa da tutti'>. Ha affermato che prima della guerra vi era stato tra i due un contrasto, e che Nedié, Ministro della Guerra, aveva dovuto punire disciplinariamente il Colonnello Draza Mihajlovié. Ho damandato a mia volta se non fosse di pubblica ragione che Nedié, Presidente del Consiglio dell'attuale Serbia, avesse condotto insistenti trattative per attirare Draza Mihajlovié. Benzler ha dovuto convenirne.

Il mio collega di Germania si è quindi interessato alla situazione in Montenegro per sottolineare che l'appoggio da noi dato a nazionalisti non è senza pericoli.

Ho risposto che noi ci gioviamo degli elementi utili e responsivi sul posto -che del resto ci hanno assecondato lodevolmente nella lotta anticomunista senza farci illusioni sui loro scopi o speranze definitive e non senza una oculata sorveglianza e scelta dei vari elementi. Così come il Comando militare della Serbia si vale nella lotta contro i ribelli dei vari elementi nazionali serbi con la dovuta cautela e, non ne dubitavo, senza farsi illusioni sui loro sentimenti verso la Germania, né sulle loro speranze definitive.

Ho anche detto a Benzler che non ignoravo affatto -come certo egli non li ignorava -i collegamenti tra i nazionalisti e gli ultra nazionalisti serbi e quelli montenegrini. Anche qui Benzler ha dovuto convenire.

Alcune delle puntate insolitamente più accentuate di Benzler possono essere state determinate dal fatto che proprio in quel giorno aveva saputo dell'avanzata dei nostri posti in zona di Mitrovitza (mio telegramma n. 324 bis del 9 corrente) (1).

Per quanto sempre mantenuta nella forma amichevole, consuetudinaria tra il mio collega di Germania e me, la conversazione non è meno dimostrativa -se ancora ve ne fosse bisogno -della irreducibile diffidenza della maggior parte di queste autorità di occupazione nei riguardi della nostra azione ai margini della Serbia e della nostra stessa politica coi serbi.

Le stesse autorità agiscono del resto come ben noto, a compartimenti stagni.

Mentre con Benzler -sempre un passo indietro al Comando Militare propriamente detto -molte autorità di affannano a contrastare i nostri interessi, non manca una eccellente intesa reciproca tra non pochi organi militari e civili. Non ultima quella tra alcuni servizi informativi.

687

IL CAPO DI GABINETTO, LANZA D'AJETA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S.N.D. PER CORRIERE 24243 P.R. Roma, 12 luglio 1942, ore 8.

Per Vostra opportuna riservata conoscenza si comunica, che, in base alle istruzioni del Duce, in data 2 corrente veniva comunicato a questo Ambasciatore di Germania che il Duce stesso aveva determinato che il Comandante delle Truppe di occupazione in Egitto sarà il Maresciallo Rommel, Comandante dell'Armata Corazzata italo-tedesca, rimanendo alle dipendenze del Supercomando A.S.I.; che per converso il Delegato Politico dovrà essere italiano con collegamento germanico; e che si desiderava al riguardo conoscere se il Governo tedesco era d'accordo.

L'Ambasciatore di Germania prese atto della comunicazione ed assicurò che si sarebbe messo subito in contatto col suo Governo, riservandosi appena possibile una risposta.

Nel corso della stessa conversazione Mackensen ebbe a dichiarare di aver proprio quel giorno ricevuto personali istruzioni da Ribbentrop di accertare quali fossero le intenzioni del Governo fascista circa l'occupazione e l'organizzazione dell'Egitto data la riconosciuta preminenza degli interessi italiani in detto settore.

In data 4 luglio l'Ambasciatore Mackensen comunicava che il Fiihrer concordava sulla nomina di Rommel a comandante forze occupazione in Egitto

rimanendo alle dipendenze del Supercomando A.S.I. e che per quanto concerneva l'istituzione di un delegato politico italiano riservavasi di fornire al più presto una risposta dopo aver esaminato la questione in rapporto anche alla rappresentanza tedesca in Egitto. Mackensen aggiunse che il Ftihrer riteneva la questione dei rappresentanti politici delle Potenze dell'Asse in Egitto meno urgente. È stato risposto a Mackensen che si sarebbe subito portato a conoscenza deli Duce le sue comunicazioni, mentre lo si pregava nel contempo di far di nuovo presente al Governo germanico l'importanza di giungere al più presto ad una soluzione intesa a far fronte alle esigenze politiche dell'occupazione.

In data 7 luglio Mackensen ha fatto sapere che Ribbentrop, d'ordine del Ftihrer, lo aveva incaricato di comunicare che il Governo del Reich è «assolutamente d'accordo » circa la decisione presa dal Duce di nominare un delegato politico italiano cui facciano capo tutti i contatti politici e tutte le attività civili in Egitto, inquadrandosi tale provvedimento nella concezione politica germanica che ha sempre riconosciuto la preminenza degli interessi italiani in Egitto.

Circa l'invio di un rappresentante germanico in Egitto, Mackensen ha aggiunto che il suo Governo, non considerando urgente la questione, non ha ancora proposte da formulare.

(l) Non pubblicato.

688

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. U. S.N.D. PER TELESCR. 4560/1201 R. Berlino, 13 luglio 1942, ore 17.15.

Telegramma di V. E. n. 922 del 4 corrente Cl).

Sottosegretario Woermann mi ha or ora consegnato risposta Governo germanico in merito alle proposte per comune azione in territorio egiziano contenute nel telegramma di V. E. in riferimento.

Risposta comunicata per iscritto sotto forma di promemoria è formulata come segue:

«Il Ministero degli Affari Esteri del Reich ha l'onore di comunicare alla

R. Ambasciata d'Italia che il Governo tedesco assume nei confronti delle singole proposte contenute nell'appunto italiano il seguente atteggiamento: A) I mezzi di pagamento necessari in Egitto alla Germania ed all'Italia dovranno essere messi a disposizione della Banca egiziana. Finché ciò non sarà possibile, nei territori occupati dalle truppe tedesche ed italiane saranno valevoli soltanto i buoni della «Cassa Mediterranea di Credito per l'Egitto». Questi buoni vanno calcolati al cambio una lire egiziana = 72 lire italiane = marchi 9,50. L'accordo del 14 marzo 1942 relativo alle riciproche prestazioni e forniture tra le Forze Armate tedesche ed italiane non trova applicazione in Egitto. I buoni della Cassa Mediterranea vengono messi a disposizione delle truppe tedesche a semplici richieste per l'ammontare desiderato senza bisogno di spiegazioni sul loro impiego. B) Il Governo tedesco è d'accordo con la nostra proposta che le

Autorità militari tedesche ed italiane, a parte soddisfacimento dei bisogni delle truppe che si trovano in Egitto, non facciano acquisti e non procedano a requisizione definitiva. Propone però che sia le truppe tedesche che quelle italiane nel corso della loro ulteriore avanzata possano provvisoriamente mettere al sicuro beni di importanza economica la cui definitiva ripartizione sarà successivamente concordata fra i due Governi. C) Per il momento Governo tedesco non ritiene necessario la creazione di una speciale organizzazione mista tedesca italiana per procedere agli acquisti. Propone di discutere eventualmente problema acquisti in epoca posteriore>>.

Woermann ha dichiarato che competenti autorità tedesche in Africa hanno ricevuto istruzioni conformi alle decisioni sopracitate.

(l) Vedi D. 676.

689

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4655/394 R. Kabul, 14 luglio 1942, ore 11,55 (per. ore 20 del 19).

Vostro 95 (1). Ho fatto a questo !Ministero degli Affari Esteri comunicazione prescritta: questa volta se ne è dichiarato completamente soddisfatto. Non ho mancato approfittare occasione per toccare argomento Aman Ullah nella forma desiderata da V. E.

Avevo del resto più volte accennato questo argomento nei miei contatti con questo Governo: non avevo mai potuto però farlo così apertamente non essendo stato finora autorizzato.

Della minaccia potenziale che costituisce presenza Aman Ullah nelle nostre mani questo Governo si rende perfetto conto: sopratutto sua partecipazione attività Gran Mufti e amici indiani, sebbene nessuna protesta né indiretta né diretta speciale sia stata fatta al riguardo, ha fatto come già riferito impressione profonda; questa é principale ragione per la quale anche nei momenti in cui situazione generale appariva qui per noi poco favorevole tutti i loro tentativi offensivi si sono più o meno spuntati di fronte nostro atteggiamento fermo.

Ultime notizie dalla Russia hanno avuto ripercussioni profonde. Ho l'impressione che qui si ritenga che colpi inflitti all'esercito sovietico siano assai più gravi di quanto non appaia ancora dai nostri comunicati. Ciò sta creando in seno al Governo qualche dubbio circa saggezza atteggiamento sin qui assunto e opportunità dar colpo timone nella direzione opposta. Non conviene però ancora farsi molte illusioni in proposito data ben nota indecisione Primo Ministro. Sorte di questo Governo è strettamente legata sviluppi operazioni militari sia contro Russia che contro l'Inghilterra e a loro ripercussione su situazione interna: sue prospettive appaiono oggi come oggi poco brillanti -sebbene non necessariamente nel senso di una restaurazione Amanullista -ma siamo

in un paese instabile ed è assai problematico far previsioni a lunga scadenza; situazione può mutare radicalmente da un giorno all'altro ed il Governo potrebbe ancora far molto per salvarsi.

Credo quindi interpretare giustamente pensiero V. E. espresso ultima parte telegramma n. 95 nel senso non escludere a priori collaborazione con questo Governo purché si converta in tempo e che in ogni caso preferite che situazione locale, in quanto ciò non sia strettamente contrario ai nostri interessi, maturi per conto suo senza che debba particolarmente cercare influenzarla in un senso

o nell'altro.

Qualora mi sia sbagliato prego V. E. correggermi: altrimenti è in questo senso che conto regolarmi.

(l) Vedi D. 673.

690

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI

T. S.N.D. 24664/1007 P.R. Roma, 14 luglio 1942, ore 24.

Vostro telegramma n. 1201 (l) è stato immediatamente portato conoscenza Duce dal quale si attendono istruzioni.

Frattanto poiché Woermann vi ha dichiarato verbalmente che competenti. autorità tedesche in Africa hanno ricevuto istruzioni in conformità al punto di vista espressoVi nel promemoria tedesco, pregaVi interessare Woermann a far sospendere dette istruzioni, in attesa che si giunga ad un previo accordo fra i due alleati, accordo che nelle circostanze appare assolutamente indispensabile (2).

691

L'AMBASCIATORE A MADRID, LEQUIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4610/072 R. Madrid, 14 luglio 1942 (per il 16).

Collega tedesco mi ha detto che conversazioni Livorno e Roma sono state seguite con massimo interesse da Governo Reich, il quale Vi è grato averlo tenuto costantemente e dettagliatamente al corrente. Quel Governo è invece non poco irritato verso Serrano per non essere stato da lui tempestivamente informato su argomenti che intendeva trattare in Italia. Antipatia e sfiducia di Ribbentrop per Ministro affari esteri spagnolo, su cui ho più volte riferito, sarebbero dunque aumentate questi ultimi tempi e istruzioni ricevute da collega tedesco circa eventuale restaurazione monarchica sarebbero per ora negative riducendosi alla solita formula «non immischiarsi di politica interna, osservare e riferire~ (mio telegramma 28 (3), e precedenti).

Ambasciatore tedesco nel dirmi quanto precede insinuava che solo Voi, Eccellenza, potreste al momento opportuno migliorare situazione Ministro Esteri spagnolo presso Governo Reich, ed al riguardo rilevava come Serrano sia, fra gli uomini politici spagnoli, quello con noi più compromesso e quindi a noi maggiormente legato.

(l) -Vedi D. 688. (2) -Con T. s.n.d. 21526/1230 del 15 luglio 1942, ore 18, l'Ambasciatore a Berlino assicurò che «competenti autorità germaniche hanno ricevuto istruzioni di attendere per applicazione che sia raggiunto un accordo completo fra i due alleati ». (3) -Vedi D. 122.
692

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4635/087 R. Istanbul, 14 luglio 1942 (per il 18).

Comunico a V. E. le seguenti informazioni e notizie di carattere assolutamente segreto sulla recente crisi ministeriale turca. Esse possono fornire utili elementi di giudizio e di eventuale azione.

Da tempo serpeggia ed affiora nel Paese un vivo malcontento sia per la situazione interna dove impera il disordine nell'amministrazione e la disorganizzazione nella produzione, nella distribuzione, nei trasporti, sia per la politica estera che appare a molti incerta precaria pericolosa. Su questa base si innesta una latente scissione nei quadri delle forze armate: la giovane ufficialità dell'esercito, e cioè quella che ha avuto maggiori possibilità di contatti con tecnici ed istruttori inglesi, tende a distaccarsi dal vecchio Stato Maggiore ritenuto di essere tuttora sotto la prevalenza influenza di concetti e metodi tedeschi. Le critiche anche apertamente mosse dalla giovane ufficialità agli esponenti dell'alto comando (!smet Inònti e Fevzi Cakmak) hanno fatto perfino pensare che si potrebbe giungere ad un «pronunziamento >> dell'esercito a favore di una dittatura militare con a capo giovani generali non infatuati di teoria germanica. Occorre subito avvertire che la grande massa del pubblico è al di fuori di questo movimento -per ora ideologico -determinatosi nelle forze armate. Ma nel campo dell'opposizione è balenata per un attimo la speranza che morto Refik Saydam si mutassero radicalmente sistemi ed uomini. Comunque l'ambiente militare è il solo Ghe non abbia accolto con compiacimento la nomina a Presidente di Saraéoglu considerato uomo duttile ma pauroso e refrattario alle questioni ed allo spirito militari.

A parte questa riserva, il consenso è stato unanime. Gli ebrei dicono: Saraéoglu è il meno peggio perché saprà barcamenarsi e prendere in giro tutti all'unico scopo di non fare entrare la Turchia in guerra. I commercianti e i ricchi pensano: Saraéoglu è l'uomo di tutte le combinazioni, da cui non è difficile ottenere autorizzazioni e concessioni. I politicanti osservano: Saraéoglu è antirusso, ma è anche sostanzialmente contrario ai tedeschi se pure cerchi di non dimostrarlo. Gli italofobi -e sono ancora numerosi in Turchia -riconoscono che Saraéoglu ha sempre dimostrato simpatia per l'Italia, ma soltanto perché ritiene che l'Italia non costituisce un pericolo per la Turchia; comunque poiché il Duce e il Conte Ciano hanno molta influenza su Hitler e il Governo del Reich, conviene tenersi buona l'Italia. Il Partito Repubblicano del Popolo ha fiducia in Saraéoglu che considera l'esponente più autentico della furberia asiatica, l'uomo che occorre alla Turchia nelle attuali contingenze. Inft.ne il Presidente della Repubblica nello scegliere il successore di Refik Saydam ha tenuto conto sopratutto delle qualità di arrendevolezza e di subordinazione di Saraéoglu.

Per completare il quadro aggiungerò essere notissimo che Saraéoglu teneva enormemente alla sua carica di Ministro degli ESTERI, considerata da lui come uno scalino per raggiungere più alta meta. Perciò egli ha trattato con la massima affabilità tanto l'Asse quanto le Democrazie. Oggi che ha raggiunto l'apice della sua carriera non è da escludere che assuma altri atteggiamenti in politica estera. Intanto ha immediatamente compiuto due atti di imperio; ha eliminato i Ministri dell'Agricoltura e del Commercio che non facevano parte della sua cricca sostituendoli con due elementi il cui primo merito è quello di godere la sua fiducia; ha fatto collocare a riposo -senza dargli la soddisfazione di alcuna altra carica remunerativa -il suo nemico personale Rustil Aras.

693

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALFIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4650/1262 R. Berlino, 18 luglio 1942, ore 22,30 (per. ore 8 del19).

Questo Ministero Esteri mi ha confidenzialmente informato di essere in possesso di una circolare segreta del Ministro di Stato a Washington diretta ai rappresentanti americani all'estero, nella quale è detto fra l'altro che è desiderio dell'America convincere il sedicente Governo abissino della necessità di dichiarare guerra alla Germania. Se Governo di Tafari seguirà il consiglio americano, l'America esaminerà la possibilità di ammettere l'Etiopia nel consiglio delle Potenze alleate cosa che finora si era rifiutato di fare.

Nell'informarmi di quanto precede il Sottosegretario di Stato ha creduto di dover aggiungere che mi comunicava tale notizia a puro titolo di curiosità visto che la cosa non poteva presentare alcun altro interesse.

694

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, CAVALLERO

APPUNTO. .., 19 luglio 1942.

CONSIDERAZIONI SULLA SITUAZIONE MILITARE

1

La battaglia che ebbe inizio il 26 maggio e che può essere chiamata la battaglia di Tobruch, è finita ai primi di luglio davanti al caposaldo di Bir el Alamein. Essa ha avuto risultati grandiosi perché un'intera armata nemica è stata distrutta, ma gli obiettivi prospettati come raggiungibili -Cairo ed Alessandria -non sono caduti, perché le truppe dell'Asse dopo aver tallonato per oltre 500 km. il nemico, sono giunte esauste. È bastato uno schieramento aereo e l'apparire di modeste forze fresche, per fermare un'avanzata che non aveva alcuna riserva da mettere in linea.

La battaglia di Tobruch è chiusa; quella di domani sarà la battaglia del Delta. Il tempo per preparare questa battaglia dev'essere numerato a settimane, ma non bisogna perdere un minuto solo di tempo a prepararla in questa gara dt velocità oramai impegnata fra il nemico e noi.

2. Prima conditio sine qua non per preparare la nuova battaglia è quella di

conservare a qualunque costo le attuali basi di partenza. Ogni altra ipotesi deve essere scartata a priori.

3. Per conservare e rafforzare l'attuale schieramento rendendo sterili più o meno parziali conati nemici, occorre: a) creare vaste, profonde fascie di campi minati di fronte e ai fianchi delle fanterie, in modo che queste eternamente sacrificate unità non siano alla mercé di improvvise irruzioni di carri nemici; b) rendere il più efficiente possibile lo schieramento delle artiglierie, rastrellando in Libia tutto quanto si può togliere senza pericolo e facendo venire dall'Italia il resto. c) rendere il più efficiente possibile lo schieramento dell'aviazione, la quale deve agire sul terreno strettamente tattico, tormentando implacabilmente uomini e mezzi del nemico; d) rimettere in pristino le nostre divisioni corazzate aumentando la quantità dei semoventi dato che il nostro M 14 può ritenersi superato nella lotta già accesa fra corazza e cannone;

e) riordinare le divisioni normali di fanteria completandole negli effettivi e nei mezzi;

f) fare affluire gradatamente verso lo schieramento le divisioni non ancora impegnate («Bologna», «Giovani Fascisti»), e quelle in arrivo o predisposte ( « Paracadutisti », « Pistoia », « Brennero ») a vendo cura di non stipare eccessivamente il fronte con unità che non posseggono un minimo di automobilità;

g) togliere non meno gradatamente dai reparti schierati gli uomini logori avvicendabili e la cui ulteriore permanenza costituisce un pericolo.

Trasporti

Data la accentuata proiezione del fronte verso est, il porto di Tripoli e anche quello Bengasi devono passare in seconda linea. Tutto il traffico deve essere concentrato nei porti più vicini allo schieramento che sono TobruchSollum-Marsa Matruh. Soprattutto Tobruch. Questo produrrà un alleggerimento per quanto riguarda il chilometraggio camionale, alleggerimento che sarà accentuato dall'esercizio della ferrovia Sidi Rezegh-Marsa Matruh.

Sarò felice il giorno in cui mi verrà annunciato che il primo treno è partito ed arrivato.

Secondo fronte

Il secondo fronte viene oramai disperatamente invocato dalla Russia e patrocinato da grandi correnti in Gran Bretagna e in America. Il secondo fronte si farà e avrà due aspetti: il primo aereo ed è già in atto col bombardamenti massicci delle città tedesche. Colonia, ad esempio, è stata semldistrutta, secondo la testimonianza degli stessi giornali tedeschi (Vedi Berliner Borsen Zeitung del 30 giugno).

L'altro aspetto cioè il fronte terrestre non si farà in Norvegia e in nessun dei paesi rivieraschi dell'Atlantico e nemmeno nei paesi africani rivieraschi dello stesso oceano (Marocco).

Il secondo fronte si farà nel medio-oriente e cioè in Egitto, Palestina, Siria, Iraq, cioè in quei paesi nei quali uomini e mezzi sbarcano senza combattere, in paesi che costituiscono il grande quadrivio dell'impero britannico. Masse imponenti di uomini e di mezzi saranno concentrate in questa zona con uno scopo strategico logico e defintivo: impedire che le forze del Tripartito gravitanti da Nord, Est, Ovest possano congiungersi. Le avanguardie di queste forze aree e terrestri sono già in sito, e altre vengono annunciate. Sarebbe peccare di imprevidenza, se non si provvedesse -senza indugio -a sistemare potentemente a difesa la porta della Cirenaica e sopratutto quell della Tripolitania e a presidiarle, l'una e l'altra, nella necessaria misura, secondo lo sviluppo degli eventi.

Sede dei comandi superiori

Insisto perché siano avvicinati allo schieramento e ciò soprattutto per ragioni morali. Ritengo che la zona di Bardia offra la possibilità di sistemare il Comando Superiore-Asi nei suoi elementi essenziali.

695

IL MINISTRO A ZAGABRIA, CASERTANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4714/0130 R. Zagabria, 20 luglio 1942 (per. il 22).

Ieri liena ferroviaria Zemun-Zagabria ha subito ad opera partigiani varie interruzioni (sembra tre) sui tronchi di Dugoselo e di Sisak. In linea generale situazione Sirmio e Slavonia va gradualmente aggravandosi e desta preoccupazioni sia nello Stato maggiore croato sia nel comando tedesco in Croazia. In tal senso ebbe anche recentemente ad esprimersi il generale Gleise von Horstenau col nostro addetto militare.

Maggiori preoccupazioni sono dovute:

l) alla grave minaccia che gli ulteriori sviluppi della ribellione apportano al regolare funzionamento del collegamento ferroviario Zagabria-Belgrado, alla vigilanza del quale i tedeschi hanno attualmente adibito sette-otto compagnie. Gli attentati di ieri sono prova che questa minaccia è immanente;

2) ai danni rilevanti che subiscono le aziende agricole di quelle fertili regioni, con forti ripercussioni sulla già scossa situazione alimentare della Croazia.

Per fronteggiare ulteriori prevedibili sviluppi della ribellione in quelle regioni, croati e tedeschi non dispongono attualmente di forze adeguate ,avendo impegnate tutte quelle disponibili nella Boemia orientale e occidentale e nella rimanente parte della Croazia, ove l'attività partigiana permane vivissima malgrado i rastrellamenti compiuti, e presenta segni di sempre maggiore diffusione ed organizzazione. Anche le zone prevalentemente cattoliche e la stessa regione circostanze Zagabria sono giornalmente teatro di aggressioni ed attentati.

Le popolazioni subiscono la minaccia ribelli senza potere opporvisi e i pochi reparti di truppa dislocati in Slavonia e nel Sirmio non sono etncienti, e presentano i noti pericoli della diserzione e della connivenza. Nella stessa Milizia formata da elementi del Gruppo Nazionale tedesco del Sirmio si sono verificati casi non isolati di passaggio al nemico.

In questa situazione lo Stato Maggiore croato è più che mai impossibilitato a sostituire convenientemente nella seconda e terza zona le unità italiane, alcune delle quali dovrebbero essere ritirate nei prossimi giorni perché destinate ad altri settori. Qualora i tedeschi non provvederanno -come sembra -ad accrescere e rinforzare i loro presidi in Croazia, non è da escludere che le nuove zone di ribellione sfuggano al controllo delle autorità del Paese.

Mi permetto attirare l'attenzione di codesto Ministero sulla importanza fondamentale anche per noi delle regioni della Slavonia e del Sirmio, soprattutto per il regolare transito dei trasporti di petrolio provenienti dalla Romania e diretti in Italia. Tale preoccupazione è motivata anche dal fatto che un aggravarsi della situazione alimentare della Croazia, venendole a mancare i raccolti delle sue regioni più ricche, si ripercuoterebbe decisamente sulle masse e potrebbe portare a rivolgimenti interni.

Ne consegue, a mio parere, la necessità di prevedere fin d'ora l'eventualità che dobbiamo nuovamente intervenire nella 2a e 3a zona e forse anche oltre la linea di demarcazione per concorrere con le truppe croato-tedesche a fronteggiare la nuova situazione in Slavonia e nel Sirmio.

Il nostro intervento in tal senso richiederebbe prevedibilmente l'impiego di alcune divisioni e potrebbe da un momento all'altro presentarsi con carattere d'urgenza su richiesta dei croati o anche dei tedeschi, dato che non sembra che questi siano in grado di aumentare la consistenza attuale dei loro presidi.

Mi riservo di seguire la situazione nelle varie regioni e riferirne a V. E.

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APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1° aprile 1942)

AFGHANISTAN

Kabul -QuARONI Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANZILOTTI Enrico, primo segretario.

ARGENTINA

Buenos Ayres -BoscARELLI Raffaele, ambasciatore; GARBACCIO Livio, consigliere; BARBARICH Alberto, primo segretario; SENSI Federico, secondo segretario; ZAMPARI C., capitano di corvetta, addetto navale; TEMPESTI C., colonnello, addetto aeronautico.

BOEMIA e MORAVIA (Protettorato di)

Praga -CARuso Casto, console generale; AILLAUD Enrico, vice console.

BULGARIA

Sofia -MAGISTRATI Massimo, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo; DANEO Silvio, primo segretario; TAssoNI EsTENSE Alessandro, secondo segretario; SICARDI G., tenente colonnello, addetto militare e aeronautico.

CILE

Santiago -DE ROSSI DEL LION NERO Pier Filippo, ambasciatore; MIGONE Bartolomeo, consigliere; NAVARRINI Guido, primo segretario; GUASTONE BELCREDI Enrico, secondo segretario.

CINA Nanchino -TALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, ambasciatore; STRANEO Carlo Alberto, consigliere; SPINELLI Pier Pasquale, primo segretario; PRUNAS Pasquale, secondo segretario.

CROAZIA

Zagabria -CASERTANO Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GrusTINIANI Raimondo, primo segretario; SoRo Giovanni Vincenzo, secondo segretario; MESCHINELLI Giuseppe, terzo segretario; MANCA DI VILLAHERMOSA Enrico, quarto segretario.

DANIMARCA

Copenaghen -SAPUPPO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FERRETTI Raffaele, primo segretario; ARCHI Pio Antonio, secondo segretario.

FRANCIA

Parigi -BUTI Gino, plenipotenziario politico; DEL BALZO DI PRESENZANO Giulio, primo segretario (dal 22 aprile); STRIGARI Vittorio, primo segretario; PAVERI FoNTANA Alberto, secondo segretario; TALLARIGO Paolo, terzo segretario.

FINLANDIA

Helsinki -CrccoNARDI Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SEGANTI Vittorio, primo segretario.

GERMANIA

Berlino -ALFIERI Dino, ambasciatore; CosMELLI Giuseppe, primo consigliere; FECIA DI CossATO Carlo, secondo consigliere; CASARDI Alberico, primo segretario; NICHETTI Carlo, primo segretario; LANZA Michele, secondo segretario; EMo CAPODILISTA Gabriele, terzo segretario; LuciOLLI Mario, terzo segretario; DEL ToRso Germanico, quarto segretario; GIRETTI Luciano, quarto segretario; BoLLA Luigi, quinto segretario; BENAzzo Agostino, quinto segretario; VALDETTARO DELLA ROCCHETTA LUigi, addetto; MARRAS Efisio, generale di divisione, addetto militare; DE ANGELIS Carlo, capitano di vascello, addetto navale; TEucci GIUSEPPE, colonnello addetto aeronautico.

GIAPPONE

Tokio -INDELLI Mario, ambasciatore; JANNELLI Pasquale, consigliere; MAccHI DI CELLERE Pio, primo segretario; BAISTROCCHI Ettore, secondo segretario; PIGNATTI MORANO DI CUSTOZA Girolamo, terzo segretario; SIMONETTI Diego, quarto segretario; BERTONI Guido, colonnello, addetto militare; PRELLI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale; BRUNETTI Nerio, tenente colonnello, addetto aeronautico.

GRECIA

Atene -GHIGI Pellegrino, plenipotenziario d'Italia per la Grecia; VENTURINI Antonio, primo segretario; PRATO Eugenio, secondo segretario; PuRI PuRINI Giuseppe, terzo segretario.

IRLANDA

Dublino -BERARDIS Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MALASPINA Folchetto, primo segretario.

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -TAMBURINI Antonio, console generale.

MANCIUKUO

Hsin king -NEYRONE Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MussA Paolo Emilio, vice console.

NORVEGIA

Oslo -MoscATO Nicolò, primo segretario, gerente per gli affari consolari.

PAESI BASSI

L'Aja -AMBROSETTI Gino, primo segretario, gerente per gli affari consolari.

PORTOGALLO

Lisbona -FRANSONI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIARDINI Renato, primo segretario; SILJ Francesco, primo segretario; GENTILE Benedetto, secondo segretario; MACCAFERRI Franco, terzo segretario; MANZINI Raimondo, terzo segretario; MONICO Umberto, contrammiraglio, addetto navale; TERRAGNI Vittorio Emanuele, colonnello, addetto militare.

ROMANIA

Bucarest -BovA ScoPPA Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FORMENTINI Omero, primo segretario; ALOISI DE LARDEREL Folco, secondo segretario; DE LuiGI Pier Giuliano, terzo segretario; VALFRÈ DI BoNzo Corrado, colonnello, addetto militare; RESTAGNO G., capitano di vascello, addetto navale.

SANTA SEDE

Roma -GuARIGLIA Raffaele, ambasciatore; BABUscro Rizzo Francesco, consigliere; CATTANI Attilio, primo segretario; CLEMENTI DI SAN MICHELE Raffaele, secondo segretario.

SERBIA Belgrado -MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SLOVACCHIA

Bratislava -RONCALLI Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CORTESE Paolo, consigliere; DE VERA D'ARAGONA Carlo Alberto, primo segretario; REVEDIN DI SAN MARTINO Giovanni, primo segretario.

S2 -Doeumenli rliplomatiei -Serle IX -Vol. VTTT

SPAGNA

Madrid -LEQUIO Francesco, ambasciatore; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, consigliere; SOARDI Carlo Andrea, primo segretario; MARCHIORI Carlo, secondo segretario; FAVRETTI Luciano, terzo segretario; SroTTO PrNTOR Aureliano, quarto segretario; RICCARDI Pietro, colonnello, addetto militare; BoNA Aristotele, capitano di vascello, addetto navale; APPIGNANI Rocco, colonnello, addetto aeronautico.

SVEZIA

Stoccolma -RENZETTI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SPALAZZI Giorgio, primo segretario; COLONNA DI PALIANO Guido, secondo segretario.

SVIZZERA

Berna -TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALESSANDRINI Adolfo, primo segretario; ScoLA CAMERINI Giovanni, primo segretario; BOMBASSE! Giovanni, secondo segretario; MURAR! DALLA CORTE BRÀ Alessandro, secondo segretario; BoccHINI Marcello, terzo segretario.

THAILANDIA

Bangkok -CROLLA Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BRUGNOLI Alberto, primo segretario.

TURCHIA

Ankara -DE PEPPO Ottavio, ambasciatore; BERIO Alberto, consigliere; Lo FARO Francesco, primo segretario; D'AQUINO Alfonso, secondo segretario; DE GIOVANNI Luigi, terzo segretario; ZAVATTARI Edmondo, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; PONTREMOLI Riccardo, capitano di vascello, addetto navale.

UNGHERIA

Budapest -ANFuso Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FERRARIIS SALZANO Carlo, primo segretario; FARACE Ruggero, secondo segretario; FERRONE CAPANO Carlo, terzo segretario; ÙRLANDI CONTUCCI Corrado, quarto segretario; VoLI Emilio, tenente colonnello, addetto militare; NANNINI U., colonnello, addetto aeronautico.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al 1° aprile 1942)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO

CIANO DI CoRTELLAzzo conte Galeazzo, ambasciatore.

GABINETTO DEL MINISTRO

Coordinamento generale -Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti con la Real Casa, con la Presidenza del Consiglio e col P.N.F. -Relazioni del Ministro col Senato, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni e col Corpo Diplomatico -Udienze -Tribuna diplomatica.

Capo del Gabinetto: LANZA D'AJETA Blasco, primo segretario di legazione di seconda classe. Capo della Segreteria Particolare: NATALI Umberto, console generale di prima classe.

Ufficio del Gabinetto: SETTI Giuseppe; MAJOLI Mario, consoli di seconda classe; DE NOVELLIS Gennaro, console di terza classe; FARACE Alessandro, vice console di prima classe; POMPEI Gianfranco, vice console di seconda classe; PROFILI Mario, addetto consolare.

Ufficio della Segreteria: BELLIA Franco, console di seconda classe; MARIENI Alessandro, console di terza classe; MoRozzo DELLA RoccA Antonino; MONDELLO Mario, vice consoli di seconda classe.

ALLE DIPENDENZE DEL GABINETTO DEL MINISTRO

Direttore generale per gli affari concernenti la Grecia, il Montenegro, la Dalmazia, la Slovenia, la Croazia, l'armistizio ed i confini: PIETROMARCHI Luca, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe.

Segretari: BALDONI Corrado; FoRNARI Giovanni, primi segretari di legazione di prima classe; DE BosDARI Girolamo, PLETTI Mario, consoli di seconda classe; C~TTADINI CEsr Gian Gaspare; THEODOLI Li vi o; CIRAOLO Giorgio, consoli di terza classe; GHENZI Giovanni; PROFILI Giacomo; Russo Augusto; Duccr Roberto; BAsso Maurizio; DE FERRARI Giovanni Paolo, vice consoli di prima classe; BAGLI Roberto; GuAzzARONI Cesidio, addetti consolari.

UFFICIO ALBANIA

Capo ufficio: CoRRIAS Angelino, primo segretario di legazione di seconda classe. Segretari: SOLARI Pietro, console di seconda classe; STAMPA Guidobaldo, ToNCI OTTIERI DELLA CIAIA Francesco, addetti consolari; CusANI Giovanni, vice segretario per i servizi tecnici. A disposizione dell'ufficio: SADIK Hito, segretario di terza classe nel ruolo per gli affari albanesi; EvANGJELI Jani, vice segretario di seconda classe nel ruolo per gli affari albane:>i; VRIONI Ali, addetto nel ruolo per gli affari albanesi.

CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Visite e passaggi di Capi di Stato, e autorità estere Elenco precedenze e Alte Dignità Nazionali -Lettere reali -Credenziali -Exequatur -Pieni poteri -Gradimenti -Personale e uffici consolari esteri in Italia -Elenchi del corpo diplomatico estero e dei consoli esteri nel Regno -Onorijicienze nazionali, albanesi ed estere -Franchigie doganali, immunità e privilegi -Passaporti diplomatici e di servizio stranieri -Passaporti diplomatici, di R. servizio e ordinari di nazionali -Autorizzazioni di espatrio Carte di identità, carte annonarie ecc. per il Corpo Diplomatico ed i Consoli esteri nel Regno.

Capo del Cerimoniale: GEISSER CELESIA DI VEGLIAsco Andrea, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe. Capo ufficio: PANSA Mario, primo segretario di legazione di prima classe.

Segretari: SALLIER DE LA TouR CoRro Paolo, primo segretario di legazione di seconda classe; DALLA RosA PRATI Rolando, console di seconda classe; SANFELICE Antonio, MANSI Stefano, consoli di terza classe; MAYR Giovanni, MAsSIMO LANCELLOTTI Paolo Enrico, addetti consolari; NATALE Antonio, vice segretario per i servizi tecnici.

A disposizione dell'ufficio:

GUERRINI MARALDI Agostino, console di prima classe.

COLLEGAMENTO COMANDO SUPREMO STATO MAGGIORE GENERALE

SCAMMACCA Michele, consigliere di legazione.

UFFICIO PUBBLICAZIONI ARCHIVIO STORICO E GENERALE, BIBLIOTECA

Pubblicazioni -Archivio storico -Archivio generale -Biblioteca.

Capo ufficio: ToscANI Angelo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe. Addetto all'ufficio: LANDINI Amedeo, console generale di prima classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI DI EUROPA E DEL MEDITERRANEO

Direttore generale: VITETTI Leonardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe. Vice Direttore generale: GUARNASCHELLI Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe.

UFFICIO I

Belgio -Danimarca -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo Paesi Bassi -Portogallo -Protettorato di Boemia e Moravia -San Marino Spagna -Stati Scandinavi -Svizzera -Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste.

Capo ufficio: GoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, primo segretario di lega:done di prima classe. Segretari: HIERSCHEL DE MINERBI Oscar, console di terza classe.

UFFICIO II

Bulgaria -Romania -Serbia -Slovacchia -Turchia -Ungheria -Affari concernenti le Isole Italiane dell'Egeo.

Capo ufficio: BoRGA Guido, primo segretario di legazione di prima classe.

Segretario CERULLI IRELLI Giuseppe, vice console di prima classe.

UFFICIO III

Mediterraneo -Paesi del Mediterraneo e del Mar Rosso -Africa Oriental~ Italiana.

Capo ufficio: GuARNASCHELLI Giovanni Battista, predetto. Segretari: MELLINI PoNcE DE LEON Alberto, primo segretario di legazione di seconda classe; FRANZÌ Mario, addetto consolare.

UFFICIO IV

Affari con la Santa Sede

Capo ufficio: GuGLIELMINETTI Giuseppe, consigliere di legazione. Segretario: MACCHI DI CELLERE Francesco, primo segretario di legazione di seconda classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI Direttore generale: PRuNAS Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe. Vice Direttore generale: N.N. Addetto alla direzione generale: JEZZI Alberto, addetto consolare.

UFFICIO I

Africa (eccetto i paesi di competenza di altri U!!ici).

Capo ufficio: GoBBI Giovanni, console di prima classe. Segretario: N. N.

UFFICIO II

Asia (eccetto i paesi di competenza di altri Uffici) -Oceania.

Capo ufficio: N. N. Segretari: BouNous Franco, GuADAGNINI Piero, consoli di terza classe.

UFFICIO III

America del N ord.

Capo ufficio: N. N. Segretario: PASQUINELLI Cesare, vice console di seconda classe.

UFFICIO IV

America Latina.

Capo ufficio: N. N. Segretario: ToscANI MILLO Antonio, vice console di prima classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: VroAu Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe. Vice Direttore generale: N. N.

UFFICIO I

Istituti internazionali -Conferenze e congressi internazionali -Coordinamento culturale.

Capo ufficio: DE AsTIS Giovanni, consigliere di legazione. Segretari: MAccoTTA Giuseppe, vice console di seconda classe; CALENDA Carlo, addetto consolare.

UFFICIO II

Coordinamento militare, navale ed aeronautico -Missioni militari -Commissione suprema di difesa -Materiali da guerra.

Capo ufficio: GALLINA Vitale, primo segretario di legazione di seconda classe. Segretari: TOFFOLO Giovanni Battista, console di seconda classe; MoLAJONI Paolo, addetto consolare.

UFFICIO tU

Trattati ed Atti.

Capo ufficio: LANZARA Giuseppe, console generale di seconda classe. Segretari: TELESIO Giuseppe, primo segretario di legazione di prima classe; BENZONI Giorgio, console di prima classe.

UFFICIO IV

Affari riservati.

Capo umcio: N. N. Segretari: MoNTECCHI Romeo, console di prima classe; MARINUCCI Costanzo, vice console di seconda classe; BEVILACQUA Michele, ispettore capo per i servizi tecnici; CoRsi Fernando, ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO V

Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali -Schedari -Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico -Sezione geografica.

Capo umcio: MoscATI Riccardo, console di prima classe. Segretari: ASINARI SIGRAY DI SAN MARZANO Luigi Gabriele, console di seconda classe; MoNTANARI Franco, console di terza classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI

Direttore generale: GIANNINI Amedeo, ambasciatore, presidente di sezione del Consiglio di Stato, senatore del Regno. Vice Direttore generale: CANTONI MARCA Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe.

UFFICIO I

Affari Generali -Comunicazioni aeree, terrestri e marittime -Fiere, Congressi, Esposizioni.

Capo umcio: MoscA Bernardo, consigliere di legazione.

Segretari: D'AcuNzo Benedetto, console di prima classe; LIBOHOVA Ali Neki, addetto consolare; VALLE Antonio, vice segretario per i servizi tecnici.

UFFICIO II

Commercio coi paesi di Europa e del Mediterraneo.

Capo umcio: LA TERZA Pierluigi, primo segretario di legazione di prima classe. Segretari: Gozzi Giorgio, console di seconda classe; PANSA Paolo, addetto consolare.

UFFICIO III

Commercio transoceanico.

Capo Ufficio: CANTONI MARCA Antonio, predetto. Segretario: FoRMICHELLA Giovanni, console di prima classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: DE Cicco Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe, Consigliere Nazionale, Segretario dei Fasci all'Estero. Vice Direttore generale: CAROSI Mario, console generale di seconda classe.

UFFICIO I

Case d'Italia -Dopolavoro all'Estero -Propaganda e Assistenza -Soccorsi giornalieri alle famiglie, residenti all'estero, dei militari alle armi.

Capo ufficio: Lo SAVIO Pio, console di seconda classe. Segretari: PIERANTONI Aldo, vice console di prima classe; TEDEsco Pietro Paolo, ispettore capo per i servizi tecnici.

UFFICIO II

Scuole all'estero -Attività culturali -Istituti di Cultura.

Capo ufficio: CAROSI Mario, predetto. Segretario: Lo Jucco Giacomo, console di seconda classe.

UFFICIO III

Lavoro italiano all'Estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, ispettore generale capo per i servizi tecnici. Segretari: MAsi Corrado, ispettore superiore per i servizi tecnici; MANCA Elio, ispettore capo per i servizi tecnici; CANNONE Niccolò, ispettore per i servizi tecnici; DINo Ottavio, ispettore per i servizi tecnici; MIGNECO Mario Ttùlio, LEONE Antonio, vice segretari per i servizi tecnici.

SERVIZIO AFFARI PRIVATI

Assistenza legale -Assistenza amministrativa e sociale -Danni di guerra e affari economici e valutari connessi -Consulenza giuridica -Legalizzazioni.

Capo servizio: MACCOTTA Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe.

SEZIONE l"

A/fari Privati (esclusi quelli di competenza della Sezione 3a) relativi ai Puest dell'Europa e del Mediterraneo.

Capo sezione: VATTANI Mario, console di seconda classe.

Segretario: N. N. Addetto alla sezione: SPAGNOLETTI LUigi, giudice.

SEZIONE 2"

Affari Privati (esclusi quelli di competenza della Sezione 3a) relativi ai paest Transoceanici.

Capo sezione: Dr RovASENDA Vittorio, consigliere di legazione. Segretario: N. N.

SEZIONE 3"

Danni di guerra ed affari economici e valutari connessi -Pensioni del Governo italiano o di Enti italiani a connazionali all'Estero -Pensioni a carico di Governi nemici.

Capo sezione: BOLLATI Attilio, console generale di seconda classe. Segretari: VAGNETTI Leonida, ispettore superiore per i servizi tecnici; TORRES

Oreste, commissario consolare di quarta classe. Addetto ala sezione: BIONDI Vincenzo, giudice di tribunale. Consulenza giuridica: BENEDETTI Dante, sostituto Procuratore generale di Corte

d'Appello.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELL'AMMINISTRAZIONE INTERNA Direttore generale: DEL DRAGO Marcello, consigliere di legazione. Vice Direttore generale: GROSSARDI Antonio, console generale di prima classe. Consigliere giuridico: ALBERTAZ zr Enrico, primo presidente onorario della Corte di Cassazione. Addetti alla Direzione generale: RosTAGNO Domenico, ispettore generale per i servizi tecnici; EMILIANI Luigi, commissario consolare di terza classe.

UFFICIO I

Ufficio del Personale

Questioni di carattere generale relative all'organizzazione ed al funzionamento del Ministero degli Affari ESTERI, degli Uffici dell'Amministrazione Centrale, degli Uffici periferici del Regno, degli Uffici all'estero e delle carriere di

pendenti.

Personale delle carriere dipendenti dal Ministero degli Affari Esteri (escluso il personale delle scuole italiane all'estero) -Personale appartenente ad altre Amministrazioni e comandato presso il Ministero degli Affari Esteri -Personale avventizio, salariato, cottimisti e di servizio.

Addetti militari, navali, aeronautici, commerciali, stampa e loro Uffici -Personale consolare di seconda categoria -Personale locale in servizio presso le RR Rappresentanze diplomatico-consolari.

Tesseramento P. N.F. -Premi squadrismo -Tessere riconoscimento -Passaporti diplomatici, di servizio ed ordinari (Ordine di servizio n. 6 del 1° aprile 1941-XIX) -Libretti e richieste ferroviarie.

Capo ufficio: CAPECE GALEOTA Giuseppe, primo segretario di legazione di prima classe.

Segretari: PEsCATORI Federico, console di seconda classe; ALVERÀ Pier Luigi, vice console di prima classe; SELVAGGI Vincenzo, vice console di seconda classe; FABBRICOTTI Fabrizio, addetto consolare; CroTTI Luigi, vice segretario per i servizi tecnici.

UFFICIO II

Crittografico

Capo ufficio: MARZIANI Luigi, ispettore generale capo per i servizi tecnici.

Segretario: GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore per i servizi tecnici.

UFFICIO III

Edifici demaniali e non demaniali per uso dei RR. Uffici all'estero. Acquisto, vendita, affitto, permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento, arredamento, assicurazioni, inventari, contratti, ecc.

Capo ufficio: AssERETO Tommaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe. Segretario: FossATI Mario, segretario per i servizi tecnici.

UFFICIO IV

Ufficio amministrativo. Bilancio -Assegni ed indennità varie al personale del Ministero e carriere dipendenti -Interpretazione della tariffa consolare Fondazioni varie -Spese per Commissioni, Consigli e Comitati, missioni ed incarichi, contributi ad istituzioni diverse -Rimpatri militari e nazionali indigenti -Sussidi vari -Fitti, arredamento e manutenzione delle sedi allo estero, fitti locali Amministrazione Centrale e Uffici periferici -Spese per i

servizi tecnici -Spese cancelleria, illuminazione e riscaldamento dei RR. Uffici all'estero -Revisioni relative contabilità -Contabilità speciali -Liquidazione fatture fornitori vari -Spese per corrispondenza postale e telegrafica; per trasferimenti; per missioni all'estero ed all'interno; per viaggi in corriere e trasporti; per contributi ad Enti vari; per congressi e conferenze Liquidazione di pensioni -Assicurazioni personale avventizio.

Capo ufficio: MONTESI Giuseppe, console generale di seconda classe. Segretari: LIVINALI Alessandro, commissario consolare di prima classe; BLANDI Silvio, ispettore capo per i servizi tecnici; PISANI Salvatore commissario consolare di quarta classe.

UFFICIO STRALCIO AMMINISTRATIVO S.S.A.A.

Capo ufficio: BERTUCCIOLI Romolo, console generale di seconda classe. Segretario: CERACCHI Giuseppe, commissario consolare di prima classe.

UFFICIO V

Movimento della corrispondenza e dei valori, loro registrazione ed assegnazione -Valige e corrieri diplomatici -Viaggi del personale -Tipografia riservata.

Capo ufficio: GRossARDI Antonio, predetto. Segretario: N. N.

Tipografia Riservata

Direttore tecnico ed amministrativo: BERNI Fedele.

UFFICIO VI

Cifra

Capo ufficio: PERVAN Edoardo, console generale di prima classe. Segretari: TORNIELLI DI CRESTVOLANT Carlo Cesare, console di prima classe; SAFFI Giorgio, LoGOLuso Antonio, consoli di seconda classe; RUBINO EUGENIO, vice console di seconda classe; TRABALZA Folco, addetto consolare; PoLLICI Dante, vice commissario tecnico per l'Oriente di seconda classe.

SERVIZIO INTENDENZA

Servizi tecnici ed amministrativi relativi alla gestione ed alla manutenzione di tutti gli stabili ad uso dell'Amministrazione Centrale e degli Uffici dipendenti nel Regno -Esercizio e manutenzione degli automezzi -Ufficio del Consegnatario -Custodia cd arredamento della sede del Ministero -Telefoni -Marche consolari e passaporti -Deposito e distribuzione cancelleria, stampati e materiale vario -Magazzino.

Capo servizio: PATRIZI DI RIPACANDIDA Ernesto, console di seconda classe. Segretario: N. N.

UFFICIO STRALCIO DELL'EX SOTTOSEGRETARIATO DI STATO PER GLI AFFARI ALBANESI OPERE PUBBLICHE ED INDUSTRIALI

Capo ufficio: GIORGI Guido, ispettore generale del Ministero delle Corporazioni. Segretario: N. N.

RAGIONERIA CENTRALE

Direttore capo della ragioneria: CROCE Paolina.

UFFICIO AFFARI GENERALI E PERSONALE

Affari Generali -Personale della Ragioneria Centrale -Apertura e assegnazione del corriere -Esame dei provvedimenti da sottoporre al Ministero delle Finanze ed in genere di tutti quelli aventi comunque eftetti finanziari -Documenti finanziari riepilogativi e situazioni periodiche -Riassunto degli elementi per la preparazione degli stati di previsione dell'entrata e della spesa e relative variazioni -Conto consuntivo, parte finanziaria e parte patrimoniale -Esame degli inventari -Riscontro del Giornale di cassa per le gestioni di bilancio ed extra bilancio -Conto corrente injruttifero col Tesoro dello Stato -Partitario dei depositi ricevuti dai privati -Contabilità speciali -Registrazione dei valori provenienti dall'estero, sia direttamente, sia a mezzo Banche corrispondenti -Riscontro dei valori non monetari e degli effetti in deposito, presso il Cassiere del Ministero -Operazioni relative al finanziamento dei RR. Uffici all'estero; accettazione delle tratte emesse dai titolari di essi e registrazione delle aperture di credito -Conto corrente con il Contabile del Portafoglio e conti dei relativi capitoli di entrata e di spesa della categoria -Movimento di capitali -Servizio di archivio e copia.

Capo ufficio: DE ANNA Giuseppe, direttore capo divisione. Capo Sezione: Tosi Emilio. Segretario: ZrcARr Eugenio, primo segretario.

DIVISIONE I

Revisione e controllo delle spese di competenza della Direzione Generale del Personale -Decreti, mandati, rendiconti -Competenze e pensioni relative a tutto il personale dipendente dal Ministero degli Affari Esteri escluso quello delle Scuole italiane all'Estero -Liquidazione ed approvazione delle contabilità per le spese relative agli uffici di emigrazione -Tenuta dei conti impegni e delle scritture partitarie e riassuntive relativi ai servi.zi suddetti -Emissione e registrazione dei mandati.

Direttore capo divisione: TARINI Ugo. Capo sezione: BrscoNTI Alfredo. Segretari: OccHIONERO Matteo, primo segretario; URBANI FALLANI Velia, ragioniera.

DIVISIONE II

Scritture riguardanti il patrimonio dell'ex tondo dell'emigrazione -Revisione e controllo delle spese per la difesa dell'italianità all'estero, per la fondazione «Figli del Littorio » e per il rimpatrio degli Italiani all'estero -Riscontro degli atti amministrativi e servizio cambiario per le scuole italiane all'estero -Locali scolastici e demaniali all'estero -Gestioni speciali e scritture relative Revisione, approvazione e liquidazione delle spese indicate nelle contabilità scolastiche mensili e varie -Tenuta degli impegni e scritture partitarie riassuntive per il servizio delle scuole italiane all'estero e per la difesa dell'italianità, ecc. -Monte pensione dei maestri elementari -Emissione e registrazione dei mandati di pagamento relativi ai suddetti servizi.

Direttore capo divisione: Tuzì Alberto.

Capo sezione: VoLPE Mario, consigliere (reggente).

Segretari: GARGANO Guglielmo, primo segretario; DE ANGELÌS Alfonso, vice segre

tario; GumoTTI Guido, vice segretario in prova.

DIVISIONE III

Revisione, approvazione e liquidazione delle contabilità dei RR. Uffici diplomatici e consolari all'estero, nonché di quelli di pubblica sicurezza di confine -Contabilità degli agenti della riscossione -Conti giudi.ziali -Servizio marche consolari -Accertamento, riscossione e versamento delle entrate disposte dalla legge e dal regolamento dell'Emigrazione -Servizio delle marche da applicarsi sugli atti di arruolamento -Tenuta degli impegni relativi alle spese di funzionamento dei RR. Uffici all'estero, emissione e registrazione dei mandati di pagamento -Conti correnti del personale diplomatico e consolare in dipendenza delle gestioni all'estero -Esame dei rendiconti di spesa sulle aperture di credito e sugli ordini di accreditamento -Liquidazione dei conti delle Società di navigazione per il rimpatrio dei nazionali indigenti -Revisione bilanci e contabilità del Possedimento delle Isole Italiane dell'Egeo.

Direttore capo divisione: AsBOLLI Attilio, capo sezione (reggente). Capo sezione: RoMANO Giuseppe, consigliere (reggente). Segretari: Bosco Antonino, CATANIA Antonino, primi segretari: MAURO Sebastiano,

segretario; LEONARDI Salvatore, vice segretario.

DIVISIONE IV

Calle dirette dipendenze del Direttore Capo della Ragioneria)

Vigilanza e controllo sugli impegni e sui pagamenti riguardanti le spese di competenza dell'Ufficio Albania e Montenegro -Tenuta delle scritture relative Competenze al personale della Luogotenenza Generale in Albania -Revisione, liquidazione e approvazione delle contabilità delle spese dei RR. Uffici diplomatici e consolari e dei servizi scolastici interessanti l'Albania -Esame dei provvedimenti di carattere finanziario e delle proposte di variazioni relativi ai capitoli di spesa per l'Albania -Bilancio di previsione -Rendiconto consuntivo -Previsione di cassa e statistiche varie riguardanti le spese stesse.

Direttore capo divisione: N. N.

Capo sezione: N. N.

Segretari: BALDI Leo, primo segretario; AsTARITA Adriano, vice segretario.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al 1° aprile 1942)

Afghanistan: Abdul SAMAD Khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoHAMMED ALì Khan, primo segretario.

Argentina: Manuel E. MALBRAN, ambasciatore; Oscar ONETO AsTENGO, consigliere; Horacio GARCIA TuN"oN, colonnello, addetto militare ed aeronautico; Guido COMOLLI, consigliere commerciale.

Bulgaria: Detchko KARADJOFF, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Anton KARANDJULOFF, consigliere; Ivan ENTCHEV, secondo segretario; Konstantin OzouNSKY, colonnello di S. M., addetto militare, aeronautico e navale; Vitan GHEORGHIEV, addetto per la stampa; Simeon BLASKOV, consigliere commerciale.

Cile: Ramòn BRIONES Luco, ambasciatore; Jorge BARRIGA EnnA.zunrz. consigliere; Osvaldo VALENCIA, colonnello, addetto militare; Adalberto FERNANDEZ, maggiore d'aviazione, addetto aeronautico; Miguel RrosEco, addetto; Victor VrLLAGRAN, addetto.

Cina: N.N.

Croazia: Stiepo PEnrc, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Antun SuGJA, consigliere; Nikola RusiNovrc, consigliere; Janko VERNIC, maggiore di cavalleria, addetto militare; Luigi SIMURINO, maggiore, addetto aeronautico; Ivan DusnAvcrc, addetto commerciale; Antun NrzETEO, segretario addetto speciale per le relazioni culturali; Josip ZAPPALORTO, segretario; Ante VIKARIO, segretario; Antun PETEK, segretario; Zvonimir CrcHLAR, addetto stampa; Antonio BonozAN, segretario.

Danimarca: Otto WADSTED, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Tage BuLL, consigliere; Hans BERTELSEN, segretario.

Finlandia: Onni TALAS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Olavi SAIKKU, segretario; Kuno JANARMO, tenente colonnello, addetto militare, incaricato delle funzioni di addetto navale e aeronautico.

Germania: Hans Georg von MACKENSEN, ambasciatore; Otto von BISMARCK, ministro plenipotenziario; Johann von PLESSEN, ministro plenipotenziario, consigliere; Max ritter von PoHL, generale di squadra aerea, addetto aeronautico; Enno von RINTELEN, generale di divisione, addetto militare; Werner LowiSCH, contrammiraglio, addetto navale; Wilhelm 0TzEN, colonnello, secondo addetto militare; Herbert von VELTHEIM, colonnello, secondo addetto aeronautico; Bruno STILLER, consigliere di prima classe; Emil EHRICH, consigliere di prima classe; Hamilkar HoFMANN, consigliere di prima classe; Hans MOLLIER, consigliere di prima classe, addetto per la stampa; Giinther BocK, consigliere di prima classe; Ulrich DoERTENBACH, consigliere di prima classe; Gerhard PRETZELL, tenente colonnello, addetto militare aggiunto; Heinz HEGGENREINER, tenente colonnello, addetto militare aggiunto; Hubert ScHWENCKE, ingegnere con rango di tenente colonnello, addetto aeronautico aggiunto; Hans Joachim ritter von REICHERT, consigliere; Friedrich GRAEFF, consigliere, addetto commerciale; Harald LEITHE-JASPER, consigliere; Wolfang MULLER-CLEMM, maggiore, addetto aeronautico aggiunto; Kurt HEINTz, capitano di corvetta, addetto navale aggiunto; Walter von KAMPTZ-BORKEN, capitano di corvetta, addetto navale aggiunto; Herbert KAPPLER, maggiore della S. S., commissario; Cari Cristoph von BuLOw, maggiore, addetto militare aggiunto; Hans Joachim WENDENEURG, segretario; Fritz Wussow, segretario; Eberhard RITTER, segretario.

Giappone: Zembei HoRIKIRI, ambasciatore; Take YUMOTO, consigliere finanziario (residente a Berlino); Moriakira SHIMizu, colonnello di S. M., addetto militare ed aeronautico per l'esercito; Kintaro MAsE, primo segretario; Toyo MITUNOBU, capitano di vascello, addetto navale ed aeronautico per la marina; Masatake GoNDO, tenente colonnello di S. M., addetto militare ed aeronautico per l'esercito aggiunto; Tokitj SAIDA, segretario commerciale; Mikio OHKAWA, tenente colonnello di S. M., addetto aeronautico per l'esercito e militare aggiunto; Yukio KADOOKA, tenente colonnello di S. M., addetto aeronautico per l'esercito e militare aggiunto; Dengo YAMANAKA, capitano di corvetta, addetto navale ed aeronautico per la marina aggiunto; Hiroto SHIBA, maggiore tecnico, addetto militare aggiunto: Kenso INOUYE, terzo segretario; Masahide KANAYAMA, terzo segretario; Tomoyosi SIRAHATA, addetto; Noboru SuGIURA, addetto; Yoshikazu KANAKURA, addetto.

Irlanda: Michael MAc WHITE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Denis R. McDONALD, segretario.

Manciukuo: Lo CHEN PANG, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Akio MISHIRO, consigliere; Atsushi ITOGA, segretario.

Monaco: Fernand CouGET, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Portogallo: José LoBo D'AVILA LIMA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; José PEDRoso DE LIMA, segretario.

Romania: Basilio GRIGORCEA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Mihai CÀMÀRÀscEscu, consigliere; Mihai CoRBULEANU, colonnello di S. M., addetto militare e aeronautico; Nicolae ANTONEscu, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); Constantin ENEscu, consigliere commerciale e delegato della Romania al comitato permanente dell'Istituto Internazionale d'Agricoltura; Vladimir IONEscu, consigliere di stampa; Sever PoP, consigliere culturale; Constantin CESIANU, segretario; Nicolae TIMIRAS, segretario; Horia GEORGEscu, segretario; Ion CRISTEscu, capitano di marina, addetto navale aggiunto; Leon HANTZIU, capitano pilota, addetto aeronautico aggiunto; Ion GHERGHEL, segretario di stampa; Virgil VÀTASANU, segretario culturale; Teodor IvANOVICI, addetto commerciale.

Santa Sede: monsignor Francesco BORGONGINI DucA, arcivescovo di Eraclea, nunzio apostolico; monsignor Ambrogio MARCHIONI, primo segretario; monsignor Giuseppe PAUPINI, secondo segretario.

Slovacchia: Bohdan GALVÀNEK, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Stefan JuRECH, tenente colonnello, addetto militare; Jozef KIRSCHBAUM, consigliere; Frantisek STEVEK, addetto.

Spagna: N. N., ambasciatore; Eduardo GnoiZARD, ministro plenipotenziario, consigliere, incaricato d'affari ad interim; José Mu:Noz VARGAS, conte di Bulnes, ministro plenipotenziario aggiunto; Rafael FoRNS, primo segretario; Ramon PADILLA, primo segretario; Fedro LOPEZ GARCIA, primo segretario; Emilio HARmssoN, secondo segretario; Manuel VILLEGAS, tenente colonnello di S. M., addetto militare; Alvaro EsPINOSA DE LOS MONTEROS, capitano di vascello, addetto navale; Luis NAVARRO, tenente colonnello di aviazione, addetto aeronautico; Mario URENA, maggiore di aviazione, addetto aeronautico aggiunto; Antonio MosQUERA, addetto commerciale; Rafael MuN'oz, addetto commerciale aggiunto; Luis GoNZALEZ ALoNso, addetto per la stampa; Manuel CARRAsco, addetto culturale (residente a Bologna); José de la GANDARA, addetto; Manuel HALCON, addetto.

Svezia: Hans BEcK-Fnns, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, Torsten HAMMARSTROM, consigliere; Harry WESTER, magg1ore di artiglieria, addetto militare e aeronautico; O. H. L. HAMMARGREN, capitano di corvetta, addetto navale ed aeronautico per la marina (assente); Goran RYDING, addetto; Cari Henrik VON PLATEN, addetto; S. 0. Olof LANDENIUS, tenente di artiglieria, addetto militare aggiunto.

Svizzera: Louis H. MICHELI, consigliere, incaricato d'affari ad interim, Charles DE WATTEVILLE, colonnello, comandante di brigata, addetto militare e aeronautico; Peter von SALIS, consigliere; Bernard MALLET, primo segretario; Max TnoENDLE, primo segretario, incaricato degli affari commerciali; Arturo MARCIONELLI, segretario; Otto SEIFERT, segretario; Oscar ROSSETTI, addetto; Fritz BuRKHALTER, primo tenente, addetto militare aggiunto.

Thailandia: Luang SIRI RAJMAITRI, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Mom SNIDVONGSSENI, colonnello di S. M., addetto militare, navale ed aeronautico; Phra VICHITR NAvi, capitano di vascello, addetto navale Luang CHIARA WoLAKARN, capitano di vascello, addetto navale aggiunto; Khun BIBIDH VIRAJJ AKAR, secondo segretario; Xem DIBAKOMUDA, terzo segretario.

53 -Documenti diplomatici -Serle IX -Vol. VIII

Turchia: Huseyin RAGIP BAYDUR, ambasciatore; Nureddin VERGIN, primo segretario; Adnan KuRAL, primo segretario; Fuat INAL, addetto commerciale; Arif KoRAL, capitano di S. M., addetto militare ed aeronautico aggiunto; Sadun TEREM, secondo segretario; Fuat KEPENEK, terzo segretario; Mahmut Nedim HAYIROGLU, addetto per la stampa.

Ungheria: Zoltan MARIASSY de Markus e Batizfalva, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Gabriele PAPP DE Ov.Aa, consigliere di seconda classe; Felice DE PoGRANYI-NAGY, consigliere di seconda classe; Dionisio !?E NEMESTÒTHY, segretario di prima classe; Oberto PALLAVICINI, segretario; Stefano HuszKA, addetto per la stampa; Antonio PA.LL, addetto culturale; Vitéz Ladislao SzABÒ, generale di S. M., addetto militare e aeronautico (assente); Ladislao RAKOLCAI, tenente colonnello di S. M., addetto militare aà interim; Elemér TòTH, tenente colonnello, addetto aeronautico aggiunto; Eugenio Vitez DE PuY, addetto militare aggiunto.